Azienda Sanitaria Locale n. 2 Lanciano Vasto Chieti - RASSEGNA STAMPA Martedì 12 maggio 2015

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Azienda Sanitaria Locale n. 2 Lanciano Vasto Chieti - RASSEGNA STAMPA Martedì 12 maggio 2015
Regione Abruzzo
Azienda Sanitaria Locale n. 2
   Lanciano Vasto Chieti

    RASSEGNA STAMPA
    Martedì 12 maggio 2015
Azienda Sanitaria Locale n. 2 Lanciano Vasto Chieti - RASSEGNA STAMPA Martedì 12 maggio 2015
CHIETI                           Lunedì, 11 maggio 2015

                        Paura a Chieti, bimba di 5 anni
                           colpita dalla meningite

CHIETI - L’allarme è scattato quando, in preda e febbre e mal di testa, i genitori l’hanno portata in
ospedale: e la diagnosi ha confermato, purtroppo, i sospetti iniziali.

Una bambina di 5 anni che frequenta la scuola dell’infanzia di Villaggio Celdit allo Scalo, è stata
colpita da meningite batterica, la forma più grave di meningite, quella che può avere effetti letali. Ma
a tremare sono anche i bambini e i familiari del suoi compagni anche se per questi ultimi è stata
esclusa quasi forma di contagio.

I SINTOMI E IL RICOVERO - E' venerdì scorso quando la bambina arriva in ospedale e mostra
alcuni dei sintomi propri della meningite batterica ovvero febbre e mal di testa ma in casi del genere
possono manifestarsi anche altri sintomi, come vomito e convulsioni. La bambina viene ricoverata
per accertamenti e sottoposta ad esami specifici che rivelano la grave patologia in atto: scatta
dunque il ricovero in isolamento, nel reparto di Pediatria del policlinico. La bambina non sarebbe in
pericolo di vita, la meningite che l’ha colpita potrebbe essere legata una otite purulenta.

I TIMORI DELLE ALTRE FAMIGLIE - La notizia del ricovero della bambina arriva però anche alle
famiglie degli altri bambini che frequentano la stessa classe ma anche la stessa scuola: è la Asl a
contattarli, alcuni vengono raggiunti sul cellulare nella tarda serata di sabato perchè ormai l'allarme è
scattato. I genitori accompagnano immediatamente i figli, una quarantina in tutto, nelle strutture
sanitarie: alcuni arrivano al Pronto soccorso del policlinico, diretto dalla dottoressa Maria Di Felice,
altri alla Guardia Medica: a tutti gli alunni, ma anche a genitori della bambina di cinque anni, è stata
applicata una profilassi comune in questi casi ovvero un'iniezione di un antibiotico il cui principio
attivo è la cefalosporina. Gli esami a cui sono stati sottoposti tutti i bambini hanno escluso che
abbiano contratto la meningite, stanno tutti bene e sembra dunque scongiurato il pericolo che ci sia
stato il temuto contagio. Ma resta la paura.

L’IMPORTANZA DEL VACCINO- Oggi la scuola resterà chiusa ma solo perchè a Chieti si festeggia il
patrono San Giustino, non per motivi sanitari. Le famiglie di batteri responsabili della quasi totalità dei
casi di meningite batterica sono lo pneumococco, il meningococco e l’emofilo. E la vaccinazione
rappresenta l’unica prevenzione efficace: esistono vaccini per ciascuna famiglia dei principali batteri
responsabili. Ancora oggi, l'80% delle meningiti è dovuta a germi per i quali sono disponibili vaccini;
questo significa che 800 dei mille casi di meningite che si verificano in Italia potrebbero essere evitati.
CHIETI   Martedì, 12 maggio 2015
VASTO   Martedì, 12 maggio 2015
LETTERE   Martedì, 12 maggio 2015
SULMONA   Martedì, 12 maggio 2015
TAGLIACOZZO   Martedì, 12 maggio 2015
TERAMO   Martedì, 12 maggio 2015
Lunedì, 11 maggio 2015

ANSA/ Pronto soccorso, mancano 300 medici e un piano antifolla
Al via Settimana nazionale, per 53% italiani accedervi è impresa
   (di Manuela Correra)
   (ANSA) - ROMA, 11 MAG - Sono 844 in tutta Italia ed accolgono
in media un paziente ogni secondo, per un totale di 24 milioni
l'anno, sono aperti h24 e 7 giorni su 7. I Pronto soccorso
rappresentano 'la porta sempre aperta' per fare fronte alle
emergenze, ma si trovano a fare i conti con uno stato di
gravissima difficoltà: i medici che vi lavorano sono circa
12mila ma ne sarebbero necessari almeno altri 300 e mancano, ad
oggi, piani ad hoc per la gestione del sovraffollamento.
Risultato: per oltre il 53% degli italiani, secondo dati Istat
2014, accedervi è una vera impresa. E' il quadro tracciato dalla
Società italiana di medicina di emergenza urgenza (Simeu), che
oggi ha lanciato la seconda edizione della Settimana nazionale
del Pronto soccorso dal 16 al 24 maggio.
   ''Il sistema dell'emergenza-urgenza - rileva il presidente
Simeu Gian Alfonso Cibinel - è ormai in uno stato di grave
difficoltà strutturale, evidente a tutti all'inizio del 2015,
quando i Pronto soccorso (Ps) hanno dovuto fronteggiare
l'epidemia influenzale più pesante dell'ultimo decennio''. Da
qui la richiesta dei medici di Ps di introdurre negli ospedali
un Piano di gestione del sovraffollamento (PGS): ''Ogni ospedale
dispone di un PEIMAF (Piano di Emergenza Interno per Massiccio
Afflusso di Feriti), ma quasi nessuno di un PGS - afferma
Cibinel - eppure il massiccio afflusso di feriti è un evento
raro e non prevedibile, mentre il sovraffollamento dei PS si
ripete regolarmente tutti gli inverni, con aumento significativo
dei rischi per i pazienti. Alcune regioni, come Lombardia e
Piemonte, hanno prodotto delibere che vincolano o invitano le
aziende sanitarie ad elaborare i PGS, ma bisogna passare dalle
indicazioni alle risposte concrete''. I Ps, precisa però
Cibinel, ''non chiedono più risorse, ma una migliore gestione:
il ministero prevede circa 30 posti l'anno per le scuole di
specializzazione in emergenza e con i posti aggiunti dalle
regioni si arriva a circa 80 posti, ma sarebbero necessari
almeno altri 300 medici in più l'anno''. Fondamentale è però
anche far conoscere ai cittadini l'organizzazione dei Ps: per
questo, per il secondo anno, si svolgerà la Settimana nazionale
dei Pronto soccorso, con giornate 'open day' di accesso ai Ps in
varie città, incontri e attività pubbliche nelle piazze, nelle
scuole e anche nei centri commerciali, con i medici che
spiegheranno come funziona il sistema dell'emergenza e
ascolteranno le esigenze dei pazienti. Sarà diffuso anche un
video in collaborazione con il gruppo musicale Africa Unite e si
farà conoscere l'iniziativa Simeu per i Ps 'senza dolore' con la
diffusione di protocolli per il controllo tempestivo del dolore.
Novità dell'edizione 2015 è inoltre una partnership con il
Tribunale dei diritti del malato (Tdm), grazie alla quale verrà
realizzato un monitoraggio nei Ps per arrivare alla proposta di
azioni mirate. La Settimana, ha sottolineato il ministro della
Salute Beatrice Lorenzin, ''sarà una preziosa occasione per far
comprendere alla popolazione le dinamiche dei servizi di
emergenza e ascoltare le richieste, affinché tutti insieme
possiamo affrontare le inefficienze e carenze che, di fatto,
ancora affiggono il sistema di emergenza''. A partire appunto
dal dato Istat, ha ricordato il coordinatore del Tdm Tonino
Aceti, che vede i Ps come ''il servizio di pubblica utilità con
la maggiore difficoltà di accesso, come denunciato dal 53% degli
italiani, seguito da Forze dell'ordine e uffici comunali''.
(ANSA).
      CR
11-MAG-15 17:33
Lunedì, 11 maggio 2015

Mammografie:Tdm,garantire prestazioni Ssn nei tempi giusti

   (ANSA)- ROMA, 11 MAG - "Fa bene il ministro Lorenzin a parlare
dell'importanza delle mammografie, ma bisogna che prestazioni
appropriate siano effettivamente garantite nei tempi giusti
rispetto al bisogno e all'interno dell'Ssn, senza che le persone
siano costrette ad effettuarle nel privato". Così Tonino Aceti,
coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del
malato-Cittadinanzattiva. "Secondo dati del rapporto Pit 2014
relativi al 2013 il tempo di attesa medio per effettuare una
mammografia come controllo ulteriore dopo una precedente
diagnosi di tumore o a scopo preventivo se prescritto dal medico
al di fuori dei programmi di screening è di 14 mesi, un tempo
inaccettabile" aggiunge Aceti, che evidenzia anche come un
altro problema riguardi i programmi di screening, nella fascia
50-69 anni, da cui restano fuori oltre un milione di donne
rispetto a quelle invitate ad aderire. "Secondo i dati del
rapporto 2013 dell'Osservatorio civico sul federalismo in
sanita' - evidenzia - le lettere inviate nell'ambito dei
programmi di screening mammografico sono state 2.611.719, ma
hanno aderito un milione e mezzo di donne: bisogna migliorare
l'adesione anche per garantire risultati concreti rispetto agli
sforzi fatti, le Regioni devono fare di più ma anche
l'istituzione centrale,il ministero della Salute,che garantisce
i Lea, livelli essenziali di assistenza, deve monitorare". "In
Italia si destinano alla prevenzione 16,2 euro pro-capite e in
generale ticket e tempi di attesa sono il vero banco di prova,
ciò su cui lavorare per rilanciare l'Ssn" sottolinea ancora
Aceti, che denuncia anche come "il Piano nazionale sul governo
dei tempi di attesa, un accordo Stato Regioni, sia scaduto nel
2012 e da allora le Regioni abbiano fatto poco o nulla,
organizzandosi in modo autonomo, ma senza una verifica". (ANSA).
     Y09
11-MAG-15 17:36
Lunedì, 11 maggio 2015

ANSA/ Ebola: caso sospetto a Sassari, ricoverato infermiere
Rientrato da Sierra Leone dove ha lavorato per tre mesi

   (ANSA) - SASSARI, 11 MAG - Un infermiere sardo, che ha
lavorato per un'associazione di volontariato in Sierra Leone dal
15 febbraio al 6 maggio scorso, oggi è stato ricoverato con
sintomi compatibili con l'infezione da virus Ebola nel reparto
di Malattie infettive dell'ospedale di Sassari.
   A diffondere la notizia è stato la Regione Sardegna,
ricordando che secondo le direttive dell'Assessorato della
Sanità, proprio nella struttura di Sassari da novembre erano
state individuate apposite stanze di degenza perché dotate degli
standard previsti per la presa in carico di pazienti con sintomi
sospetti.
   Secondo quanto previsto dai protocolli, attivati per
garantire la massima sicurezza per tutti i cittadini, questo
caso viene trattato come un codice rosso (febbre oltre i 38,6 e
permanenza in zone a rischio Ebola nei 21 giorni precedenti).
   L'uomo, rientrato dall'Africa nei giorni scorsi, ha avuto una
puntata di febbre oggi a 39,2 ma non ha avuto contatti con altre
persone né con animali domestici. L'Assessorato regionale della
Sanità ha ricordato, infatti, che il virus diventa contagioso
solo nel momento in cui compare la febbre.
   Il paziente è stato prelevato dalla sua casa da un'ambulanza
del 118 alle 15. Sono state rispettate tutte le procedure di
sicurezza previste dai protocolli nazionali e regionali da parte
del personale del 118 e del personale del reparto di malattie
infettive che ha utilizzato maschera, occhiali e scafandro per
evitare qualunque contatto diretto.
   L'associazione per la quale il cooperante ha lavorato come
volontario certifica intanto che l'infermiere non ha avuto
contatti non protetti con casi noti o sospetti di Ebola, né con
animali morti o malati o altre possibili esposizioni alla
malattia.
   In queste ore sono in corso gli accertamenti diagnostici in
collaborazione con il centro di riferimento nazionale situato
presso l'ospedale Spallanzani di Roma. "La situazione è sotto
controllo e le nostre Unità di crisi hanno funzionato
perfettamente - assicura l'assessore della Sanità Luigi Arru -
Adesso sono in atto tutti gli accertamenti per capire se si
tratta davvero di un caso di contagio da Ebola o di una semplice
influenza, come potrebbe tranquillamente essere. Intanto voglio
rassicurare tutti cittadini, non ci sono motivi per avere alcun
timore: il virus diventa contagioso solo nel momento in cui
compare la febbre, il che è avvenuto oggi quando il paziente non
ha avuto contatti con nessuno". (ANSA).
     FO
11-MAG-15 20:54
Lunedì, 11 maggio 2015

ANSA/ Dietro grandi catastrofi storia c'è stata carenza sonno
Da Chernobyl allo shuttle Challenger, ricerca scopre legame
   (di Adele Lapertosa)
   (ANSA) - ROMA, 11 MAG - E' la capacità di adattarsi agli
imprevisti a fare la differenza tra la vita e la morte quando si
è un campo di battaglia, in una sala operatoria o in una
sparatoria. Un'abilità che viene compromessa dalla mancanza di
sonno. Alcune delle peggiori catastrofi degli ultimi anni sono
un esempio di situazioni dove la carenza di sonno ha giocato un
ruolo importante dal disastro della centrale nucleare di
Chernobyl fino all'incidente della petroliera Exxon Valdez e
l'esplosione dello shuttle spaziale Challenger.
   Nel caso di Chernobyl, avvenuto durante un turno di lavoro
notturno, è stato riportato che gli ingegneri fossero al lavoro
da oltre 13 ore, mentre nel caso del Challenger alcune dei
manager della Nasa avevano dormito solo due ore, e anche nel
caso della petroliera Exxon Valdez c'erano sempre ufficiali al
comando privi di sonno da molte ore. Una ricerca della
Washington State University, pubblicata sulla rivista Sleep, è
riuscita ora a dimostrare come la privazione di sonno impedisca
di decidere nelle situazioni di crisi. Per la prima volta si è
trovato il modo di simulare in laboratorio l'effetto della
carenza di sonno in momenti critici, quando bisogna prendere
decisioni in situazioni della vita reale, dove serve un alto
grado di sorveglianza. Si è così visto che in queste situazioni,
medici, paramedici e militari privati del sonno prendono
decisioni dagli effetti catastrofici.
   Già precedenti ricerche avevano dimostrato come la carenza di
sonno portasse ad un calo dell'attenzione, ma sembrava che gli
effetti sulle abilità decisionali fossero minimi. Nella vita
reale, quello di decidere è un processo dinamico. Un chirurgo ad
esempio può notare un cambiamento nei parametri vitali del
paziente durante un intervento, e usare questa informazione per
cambiare e scegliere una strada migliore. ''Abbiamo usato un
semplice compito di laboratorio per catturare l'aspetto
essenziale del dover decidere nel mondo reale - spiega John
Hinson, uno dei ricercatori - e cioè quello di adattarsi alle
nuove informazioni che possono arrivare nel momento in cui
cambiano le circostanze''. Nello studio sono state reclutate 26
persone. Di queste 13 sono state 62 ore senza dormire nell'arco
di oltre due giorni, mentre l'altra metà ha potuto dormire. Per
sei giorni e notti tutti hanno vissuto in un laboratorio simile
a un hotel, dove sono stati sottoposti a test. Gli è stata
mostrata una serie di numeri, e ad ognuno dovevano decidere in
meno di un secondo se rispondere o meno, rischiando di perdere o
guadagnare soldi. Dopo un po' tutti hanno iniziato a capire e
selezionare i numeri giusti. Poi però sono state invertite le
risposte assegnate ai numeri, e si è visto che quelli privati
del sonno andavano in confusione, arrivando a zero risposte
corrette. Non importa dunque quanto una persona voglia prendere
la decisione giusta, conclude lo studio: la privazione di sonno
spinge il cervello a non usare in modo efficace le nuove
informazioni che arrivano in una situazione di crisi, non
adattandosi alle circostanze e commettendo errori. (ANSA).
    Y85
11-MAG-15 19:27
Martedì, 12 maggio 2015

                                               Lavoro e professione

                      Che stress resto a casa: ricerca Fiaso
             per attivare gli antidoti a un male che costa 3 miliardi
                                                di Ernesto Diffidenti

Che stress oggi resto a casa. E’ un pensiero ricorrente tra i lavoratori sempre più sfiduciati alle prese con
la spending review delle aziende e i crescenti oneri familiari. Un peso che schiaccia a letto i dipendenti che
accumulano ogni anno 30 milioni di giornate di assenza per un costo di circa 3 miliardi di euro. Per la
Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere (Fiaso) lo stress lavoro-correlato può diventare il
«male del secolo» e per questo ha avviato una ricerca per tracciare l’identikit dei sintomi ma anche attivare
gli antidoti.

E’ stata l’Europa per prima a capire la serietà del problema tanto che nel 2008 ha stipulato uno specifico
accordo tra imprese e parti sociali. L’Italia ha recepito l’intesa con un decreto ad hoc, entrato in vigore dal
1 gennaio del 2012. E in sanità il Laboratorio Fiaso ha fatto da apripista, sperimentando una politica di
promozione del benessere nelle aziende sanitarie che ha portato negli uffici e nelle corsie un tasso di
assenze ben al di sotto della soglia del 10%, contro un buon 25% di partenza. Che è poi la media europea
dei lavoratori colpiti da quella sindrome da stress correlato al lavoro che alle economie dei Paesi Ue costa
ben 20 miliardi di euro l’anno, tra calo della produttività e il 60% di tutte le giornate di malattia riscontrate
nei luoghi di lavoro. I risultati, presentati oggi a Roma, sono stati raccolti in un dossier di oltre 200 pagine
che si propone come stimolo per affermare un nuovo welfare non solo nella sanità ma anche nel resto del
mondo lavorativo.

Migliorare l’habitat lavorativo aumenta la produttività
Individuate le difficoltà, proposte le soluzioni, dunque, la «cura» si è rivelata efficace. Nelle 19 aziende
campione, infatti, oltre il 77% dei dipendenti, dai medici agli infermieri, dai tecnici agli impiegati, ha
dichiarato di stare benissimo da un punto di vista psicologico. Al contrario, la quota dei dipendenti rimasti
«stressati» è scesa sotto il 10%. Ma resta il fatto che la lotta allo stress lavoro-correlato ha contribuito a
migliorare sensibilmente la produttività e ad abbattere le giornate di assenza per malattia. Tant’è che la Asl
Cuneo 2 e la Asl 12 di Viareggio, capofila del progetto, risultano essere anche in cima alla classifica delle
aziende con minor tasso di assenteismo.

I comportamenti e le situazioni che stressano i lavoratori
Cosa A influire positivamente su questi risultati sono 13 variabili sul benessere organizzativo, rilevate dalla
ricerca Fiaso. In una scala a 1 a 5, a influenzare maggiormente lo stato di benessere sul lavoro sono valori
legati alle capacità lavorative, come l’abilità (4,26) e la capacità di utilizzare risorse proprie (4,20). Ma
particolarmente rilevanti sono anche la chiarezza del proprio ruolo (3,95), la capacità di fronteggiare gli
eventi avversi (3,92), la soddisfazione lavorativa in genere (3,92). Da non trascurare anche le altre
variabili. In primis la condivisione degli obiettivi (3,77) e il senso di comunità (3,58). Fattori di disagio
lavorativo sono invece prima di tutto i carichi di lavoro (3,57), frutto non solo della politica di
quasi permanente blocco delle assunzioni in sanità, ma anche di inefficienze organizzative a cui le
aziende stanno ponendo rimedio. Seguono poi i problemi di conciliazione lavoro-famiglia e i trasferimenti o
cambi di mansione.

Le proposte operative del Laboratorio Fiaso
Molte e variegate sono le iniziative proposte dal Laboratorio Fiaso e messe in atto per migliorare lo stato di
benessere dei 65mila lavoratori coinvolti nella sperimentazione: dall’assistenza allo studio e nel tempo
libero per i dipendenti della Asl di Bergamo ai percorsi «per fare squadra» della Asl Cuneo 2, dalle
giornate dedicate all'inserimento dei neo-assunti nella Asl di Firenze al training per l’inserimento degli
infermieri nella prima linea delle aree di emergenza/urgenza.

Per i direttori generali delle aziende sanitarie è strategico conciliare al meglio la vita con il lavoro e per
questo suggeriscono di introdurre gli asili per i figli dei dipendenti, la flessibilità in entrata e in uscita, bus
navetta, la rimodulazione del part-time a misura delle esigenze del dipendente.

Il fattore “maternità”
Un discorso a parte, secondo Fiaso, meritano poi le dipendenti in dolce attesa. Per le donne che lavorano
in sanità lo stato di gravidanza può diventare più che per altre lavoratrici un fattore di stress lavoro-
correlato, che colpirebbe una gestante su due a causa delle difficoltà riscontrate nella ricollocazione
lavorativa dopo la maternità e delle tensioni che a volte si creano con i colleghi. Anche loro stressati dal
fatto che in oltre il 60% dei casi le lavoratrici che vanno in maternità in Asl e Ospedali pubblici non
vengono sostituite, per via delle sempre più austere politiche di bilancio imposte dai tagli alla sanità
pubblica.

Investire nel capitale umano e professionale
«La ricerca condotta da Fiaso - sottolinea il presidente, Francesco Ripa di Meana - dimostra che,
soprattutto in tempo di crisi, assume valore strategico investire nel capitale umano e professionale. Il
Laboratorio mostra però che il perseguimento del benessere organizzativo, oltre che attraverso la
conciliazione fra vita privata e lavoro, passa anche per la capacità del management di generare un forte
senso di appartenenza aziendale e di individuare soluzioni organizzative che prendono di petto il tema
dell'innovazione. Quello che spesso in questi anni di blocchi contrattuali e del turn-over ha permesso di
continuare a incentivare professionisti e lavoratori della nostra sanità pubblica, centrando obiettivi
economici e di qualità altrimenti impensabili».

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