Associazione Italiana di Psicologia Giuridica - AIPG

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Associazione Italiana di Psicologia Giuridica - AIPG
Associazione Italiana di Psicologia Giuridica

                 Corso di Formazione in
   Psicologia Giuridica e Psicopatologia Forense
     Teoria e Tecnica della Perizia e della Consulenza Tecnica
            in ambito Civile e Penale, adulti e minorile

    “La valutazione del danno nel minore vittima di
              bullismo e cyberbullismo”

                                                     Candidata
                                              Luciana Chiarello
“Si prova una vergogna tremenda ad essere vittima di bullismo, perché ad un certo punto cominci a pensare che ci sia un
                                                                                             motivo per cui sei stato preso di mira.”
                                                                                                                   MATT REEVES

        (…)la capacità di rendersi conto del valore di un atto entra nel patrimonio di conoscenza di una persona attraverso processi
                                                                                                              continui di comunicazione
                                             con la realtà circostante e più che la personalità astratta sono le azioni dell'individuo che
                                                                         esprimono i diversi livelli di comunicazione. Dosi ,1985 p.83

Nei testi consultati, in questa mia ricerca sul bullismo e sul cyberbullismo, ho letto di storie in cui si
ritrova un susseguirsi di vissuti che negli anni si sono ripetuti “sulla pelle” dei giovani protagonisti.
Mi stupisco nel leggere che : “Già nel 1982 in Norvegia un giornale riporta la storia di un suicidio di
3 ragazzi, tra i 10 Ei 14 anni, la cui causa viene attribuita ad una grave forma di bullismo perpetrata
nei loro confronti da un gruppo di coetanei, come emerge dal ritrovamento delle lettere lasciate alle
famiglie. Quasi 30 anni dopo, in Inghilterra una ragazza di 15 anni, tornando da scuola si getta da un
ponte, a casa lascia una lettera di addio ai suoi genitori in cui spiega il suo gesto descrivendolo gli
anni di continue angherie sofferte fuori e dentro la scuola. La ragazza, a causa delle ripetute
prepotenze subite, era stata trasferita dalla famiglia in un altro istituto, ignara del fatto che i precedenti
compagni avrebbero contattato i nuovi creando una alleanza contro di lei. Gli scherzi e le prese in
giro non si arrestano anzi continuano e si amplificano la quindicenne viene inondata per mesi di
messaggi derisori, insultanti e denigratori, minacce ed insulti veicolati attraverso il suo profilo
presente sui social network” (Al di là del) Bullismo,2010.
In effetti, oggi queste notizie possono apparire non più indecifrabili rispetto a qualche decennio fa.
Molti sono infatti gli studi sul bullismo che riconoscono il fenomeno come generatore di grande
sofferenza ed una minaccia per la personalità della vittima, con danni che possono manifestarsi anche
dopo molto tempo. Non stupisce pertanto scoprire che a livello internazionale il bullismo sia
considerato uno dei più significativi fenomeni di devianza di gruppo attualmente esistenti (Smith,
Howard e Thompson, 2007) nonché un problema importante di salute pubblica e sul quale è
necessario intervenire.
Non stupisce nemmeno quanto si legge nella “Dichiarazione di Kandersteg contro il bullismo nei
bambini e negli adolescenti”; il documento sottoscritto dai partecipanti alla conferenza “Joint Ef
Against Victimization” tenutasi a Kandesterg nei giorni 8 e 10 giugno 2007 : “ Oggi si stima che
circa 200 milioni di bambini e di giovani nel mondo siano abusati dai loro compagni. E riconosciuto
in tutto il mondo come un problema serio e complesso. Ha molte facce a seconda dell'età del genere
della cultura e può attuarsi anche mediante l'utilizzo improprio delle moderne tecnologie. I bambini
e gli adolescenti che sono coinvolti nel fenomeno ne soffrono profondamente. Il bullismo e la
vittimizzazione iniziano in età precoce e per alcuni individui possono durare tutta la vita. A livello
scientifico si conoscono molti fattori di rischio e di protezione a associati al bullismo e alla
vittimizzazione in diversi paesi si stanno realizzando programmi di prevenzione con risultati
incoraggianti le conseguenze mentali fisiche sociali scolastiche del bullismo hanno un impatto
enorme sul capitale umano e sociale. I costi del bullismo gravano sul sistema scolastico e sanitario,
sui servizi sociali, sull'amministrazione della giustizia e anche sulla produttività e sull'innovazione
nel campo del lavoro.”
Un problema quindi che coinvolge tutti, il sistema scuola, il sistema famiglia, ma anche l'intera
società, le vittime come i bulli, entrambi espressione di un disagio spesso sommerso che trova nella
prevaricazione –agita/subita- una modalità per manifestarsi, una forma di comunicazione.               Il
bullismo, però, è anche un fenomeno dinamico e multidimensionale che rischia spesso di essere
confuso con altre forme di disagio che si manifestano durante l'infanzia o l'adolescenza con altre
forme di condotte aggressive.
Esistono diverse definizioni di bullismo presenti in letteratura e/o costruire dall’immaginario
collettivo. Denominatore comune è la considerazione di questo fenomeno come una forma di
aggressività. (Dodge, 1991, Olweus,1993; Smith e Thomson, 1991)
In Italia, gli studiosi hanno tradotto il termine bullying con il termine “prepotenza”(Genta 2002;
Genta et al.,1996)       e condiviso la definizione internazionale che vede il bullismo come
un'oppressione, psicologica o fisica, reiterata nel tempo, perpetuata da una persona o da un gruppo
di persone più potenti nei confronti di un'altra persona percepita come più debole (Gini, 2002;
Olweus, 1993;Smith e Sharp, 1994,Farrington, 1998): Un ragazzo subisce delle prepotenze quando
un altro ragazzo un gruppo di ragazzi gli dicono cose cattive e spiacevoli. E’ sempre prepotenza
quando un ragazzo riceve colpi, pugni, calci o minacce, quando viene rinchiuso in una stanza, riceve
i bigliettini con offese e parolacce, quando nessuno gli rivolge la parola e altre cose di questo genere.
Questi fatti capitano spesso e chi subisce non riesce a difendersi. Si tratta di prepotenze anche quando
un ragazzo viene preso in giro e con cattiveria. Non si tratta di prepotenze quando due ragazzi
all'incirca della stessa forza, litigano fra loro e fanno la lotta (Menesini, 2000, p.27)
Le caratteristiche distintive di questa tipologia di condotta che si vengono a delineare secondo
Menesini, Fonzi e Caprara 2007 sono pertanto: l'intenzionalità, la persistenza nel tempo, l’asimmetria
di potere e la natura sociale del fenomeno.
Intenzionalità: un'azione viene definita offensiva quando una persona infligge intenzionalmente o
arreca un danno ad un'altra, il bullo agisce deliberatamente con il preciso scopo di dominare sull'altra
persona e di arrecarle disagio.
Persistenza nel tempo: sebbene anche un singolo episodio grave possa essere considerato una forma
di bullismo, solitamente le prevaricazioni hanno un carattere di cronicità. Nel cyberbullismo, questo
aspetto, non è dato tanto dalla frequenza e dalla ripetitività delle prevaricazioni come nel bullismo
tradizionale, ma soprattutto dalla possibilità di accedere ad un numero illimitato di volte ad un
contenuto offensivo pubblicato online o diffuso tramite cellulare di cui è impossibile mantenere il
controllo.
Asimmetria di potere: alla base della maggior parte dei comportamenti sopraffattori c'è un abuso di
potere è un desiderio di intimidire e dominare ( Farrington,1993; Smithe Sharp,1994)
Natura sociale del fenomeno: come testimoniato da molti studi, la condotta prevaricatoria avviene
frequentemente alla presenza di altri coetanei che possono assumere un ruolo di rinforzo del
comportamento del bullo o semplicemente legittimare il suo operato, ad esempio non intervenendo
in aiuto della vittima o non parlandone con gli adulti.
Il bullismo può pertanto essere considerato come un comportamento aggressivo intenzionale,
reiterato nel tempo, direttamente o indirettamente collegato al contesto scolastico e agito da un
bambino/adolescente (considerato) più forte (bullo) contro un altro bambino/adolescente considerato
più debole (vittima), sempre alla presenza di altri bambini/adolescenti (spettatori, sostenitori del bullo
e/o difensori della vittima).
Bullismo e Cyber-bullismo forme e tipologie.
Alcuni ricercatori (Witney e Smith,1993; Smith e Shu,2000; Kristensen,Smith,2003) (Tabella1,I)
hanno suddiviso le esperienze di bullismo in 5 tipologie: fisico, verbale, indiretto, legato al
danneggiamenti o alla sottrazione di un oggetto di proprietà della vittima o alla sua esclusione dal
gruppo .
Tipologie di bullismo secondo Witney e Smith(1993), Smith e Shu (2000), Krinsten e Smith “2003)

 Tipologie                       Descrizione
 Fisico                          Colpire, prendere a calci spintonare
 “Attacco alla                   Sottrarre e/o danneggiare oggetti e/o denaro
 proprietà”
 Verbale                         Apostrofare con appellativi e/o volgari e/o insultare minacciare (con
                                 ulteriore distinzione tra forme di bullismo verbale di natura razzista e non
                                 razzista)
 Indiretto                       Raccontare bugie /o spargere voci negative su qualcuno
 “isolamento sociale”            Escludere e/o ignorare di proposito

Secondo Wolke e Samara (2004) tutte le tipologie di bullismo riscontrate – verbale, gestuale, fisico
e relazionale- possono assumere sia una forma diretta che indiretta. I comportamenti tipici del
bullismo indiretto sono l’esclusione dal gruppo dei pari, l’isolamento, la diffusione di calunnie e di
pettegolezzi, la manipolazione dei rapporti di amicizia, l’uso ripetuto di smorfie e gesti volgari.
Denominatore comune di tutte le manifestazioni delle condotte bullistiche – fisiche, verbali e
psicologiche- è l’intenzione di escludere la vittima socialmente.
Per quanto concerne il contesto in cui si sviluppano queste condotte, la letteratura esaminata fornisce
una indicazione sulla prevalenza dei fenomeni di bullismo in ambito scolastico, anche se, tra le
diverse espressioni della condotta prevaricatoria, c’è da tenere in considerazione anche una forma
abbastanza recente di bullismo, quella che nasce e si sviluppa in un contesto altro, il cyber spazio.
Questo fenomeno definito “cyber-bulling” si riferisce all’utilizzo delle informazioni elettroniche e
dispositivi di comunicazione per molestare una persona o un gruppo.
Mentre il bullismo tradizionale avviene di solito in luoghi e momenti specifici, a causa di limiti
spazio-temporali, il cyber-bullismo investe la vittima ogni volta che si collega al mezzo elettronico.
Nello scenario virtuale, azioni di bullismo reale possono essere fotografate o videoriprese, pubblicate
e diffuse sul web (socialnetwork, siti di foto-video sharing, email, blog, forum e chat) trasformandosi
in vere e proprie azioni di prepotenza informatica, di persecuzione, di molestia e di calunnia.
Si tratta di azioni molto aggressive che possono ledere fortemente il benessere psico-fisico della
vittima “designata” e che possono essere perpetrate all’interno di servizi web di social – networking,
di messaggistica, di chat, di forum e di giochi di ruolo.
Willard (2007) distingue otto tipologie di cyber-bullismo, differenti per la modalità attraverso la quale
si manifestano e lo “spazio” e contesto virtuale in cui si inseriscono:
flaming: invio di messaggi violenti e/o volgari mirati a suscitare scontri verbali;
harassment: l’invito ripetuto di messaggi insultanti con l’obiettivo di ferire qualcuno;
denigration: il parlar male di qualcuno per danneggiare la sua reputazione, via email, messaggistica
istantanea, etc;
impersonation: la sostituzione di persona, di farsi passare per un’altra persona per spedire messaggi
o pubblicare testi reprensibili,
exposure: la pubblicazione online di informazioni private e/o imbarazzanti su un’altra persona;
trickery: l’inganno ovvero ottenere la fiducia di qualcuno per poi pubblicare e condividere con altri
le informazioni confidate;
exclusion: escludere deliberatamente una persona da un gruppo per ferirla;
cyberstalking: ripetute e minacciose molestie e denigrazioni.
La natura spesso indiretta dell’attacco – quando ad esempio gli autori delle prepotenze rimangono
nell’anonimato – unita al numero di persone che possono assistere all’episodio e alla risonanza
mediatica che assumono messaggi scritti, foto o filmati, rendono particolarmente gravose le
conseguenze di tali azioni per la vittima. E’ doveroso precisare che come per il bullismo tradizionale,
si parla di cyber-bullismo se entrambi i soggetti coinvolti sono minorenni; a tal proposito, alcun
studiosi inglesi differenziano appunto il cyberbulling dal cyberharassement, una molestia che avviene
invece tra adulti o tra adulti e minori.
Una sintesi delle principali tipologie di bullismo e cyberbullismo (Al di là del Bullismo), 2010
 Tipologia                               Modalità diretta                         Modalità indiretta
 Verbale                                 Insultare, prendere in giro,             Fare telefonate anonime,
                                         offendere , fare dei brutti              diffondere pettegolezzi
                                         scherzi , minacciare                     malevoli, persuadere un’altra
                                         apostrofare con appellativi              persona a criticare, offendere,
                                         offensivi o volgari.                     denigrare e prendere in giro
                                                                                  anche via mail, farsi passare
                                                                                  per un’altra persona
 Non verbale o visivo                    Gesticolare in modo                      Allontanare o distogliere
                                         minaccioso o osceno                      deliberatamente
 Fisico                                  Colpire, prendere a calci                Fra si che un’altra persona
                                         spintonare                               aggredisca qualcuno
                                         Sottrarre e/o danneggiare                Spostare e nascondere oggetti
                                         oggetti e/o denaro                       personali
 Relazionale                             Formare apertamente una                  Persuadere un’altra persona o
                                         coalizione contro qualcuno               altri ad escludere qualcuno
                                         con l’effetto di isolarlo,
                                         escludere deliberatamente una
                                         persona da un cyber gruppo

Il danno alla persona
Nelle linee guida dell’ Ordine degli Psicologi del Lazio per l’accertamento e la valutazione
psicologico giuridica del danno alla persona, la personalità viene definita come espressione peculiare
dell’individuo ed il risultato della naturale interazione di molteplici e multiformi fattori. La
personalità è “un’organizzazione di modi di essere, di conoscere e di agire, che assicura unità,
coerenza, continuità, stabilità, e progettualità alle relazioni dell’individuo con il mondo” Ogni
individuo reagisce in maniera diversa ai vari eventi con i quali è costretto ad interagire, e gli eventuali
traumi causati da eventi esterni non necessariamente configurano lo stesso livello di problematicità,
infatti la risposta patologica dipende da numerosi fattori tra cui, oltre alle condizioni mentali della
persona al momento del verificarsi dell’evento, il modo del tutto personale di spiegarsi l’evento
all’interno della storia della propria vita ed il significato personale che la persona stessa attribuisce
all’evento. Toppetti F., 2005
Nella Valutazione del danno alla persona, gli illeciti ed i reati si configurano come eventi psicosociali
stressanti che possono generare un trauma di natura psichica. I traumi si configurano come un lutto
reale o simbolico, tra ciò che era prima e ciò che è ora., l’illecito inoltre si caratterizza come una
ferita, una lacerazione, o una frattura fra l’individuo ed il mondo in cui le persone devono affrontare
un percorso esterno (iter legale) e interno (elaborazione psichica) lungo e difficile, si tratta di percorsi
che le persone non hanno scelto e in cui sono state costrette a sacrificare la loro vita. Ci si trova,
dunque, nel sacrificio senza scelta, subito dal destino nella forma dell’altro, che impersona
d’improvviso il trauma. Capri P. 2009
Quando mi sono imbattuta nel trattare il tema del danno alla persona, sin dalle prime letture ho
percepito la complessità dell’argomento e la necessità di approfondirle. In effetti anche a livello
legislativo, non è stato semplice raggiungere, in breve periodo, il riconoscimento del risarcimento del
danno non patrimoniale, salvo in caso di reato. Solo attraverso un lungo processo si è raggiunto il
riconoscimento del valore della persona nei suoi aspetti vitali e umani.

Addentrandoci nel percorso storico sul tema del danno alla persona, scopriamo che questa categoria
comprende tutti i danni, patrimoniali e non, che sono cagionati ad un essere umano. Si tratta di un
genere, che oggi , racchiude al suo interno molte categorie: danno alla salute, danno biologico, danno
esistenziale, danno morale, danno non patrimoniale, danno patrimoniale, danno all’onore, alla
riservatezza, ecc. Qualsiasi danno che faccia capo ad un soggetto, di qualsiasi tipo o entità, è
inquadrabile in questa categoria. Questa configurazione ha subito nei decenni un progressivo
cambiamento, partendo da un’ottica squisitamente patrimoniale, ove erano considerati eccezionali i
risarcimenti per le voci di danno che non fossero calcolabili dal punto di vista economico, ad un’ottica
non patrimoniale, per cui qualsiasi tipo di lesione, qualunque sia la sua natura, deve essere risarcita.
Il danno alla persona dal 1942 agli anni '70, all’indomani dell’uscita del codice civile, e per diversi
decenni, è stato per dottrina e giurisprudenza senza dubbi un danno alla persona risarcibile solo se
legato all’aspetto patrimoniale. Per danno patrimoniale si intendeva una perdita secca del patrimonio,
quantificabile e calcolabile, che fosse dimostrata in modo inequivocabile.
Il danno non patrimoniale invece era considerato irrisarcibile, salvo in caso di reato; l’articolo 2059
cod. civ. infatti, che limita il risarcimento del danno non patrimoniale ai soli casi previsti dalla legge,
era interpretato in modo restrittivo, e nei “casi previsti dalla legge” vi si faceva rientrare il solo
risarcimento del danno morale previsto dal diritto penale.
Per fare un esempio, se una persona perdeva una gamba in un incidente, non si valutava il danno alla
salute in sé e per sé, ma si valutavano le ripercussioni patrimoniali di tale lesione: un calciatore o un
avvocato in carriera potevano essere risarciti con somme elevatissime, mentre poco o nulla veniva
risarcito a casalinghe, studenti, disoccupati, ecc. A meno che il fatto illecito da cui scaturiva la lesione
non costituisse anche reato, nel qual caso la somma ottenibile a titolo di risarcimento poteva essere
molto elevata, sub specie di danno morale.
Si delineavano così i tipi di danno:
danno patrimoniale (articolo 2043): risarcibile sempre, ma solo se sussisteva una comprovata perdita
patrimoniale;
danno non patrimoniale, identificabile col danno morale (articolo 2059): risarcibile solo in caso di
reato. Il sistema era giustificato perché si sosteneva che il diritto civile potesse occuparsi solo degli
interessi patrimoniali, mentre quelli non patrimoniali (come il danno alla salute, o alla vita) potessero
essere disciplinati solo dal codice penale. Per giunta, si aggiungeva, non sarebbe stata quantificabile
patrimonialmente la perdita della vita, o della salute, per l’impossibilità di attribuire valore economico
a tali voci. Alcuni giungevano a sostenere che attribuire un prezzo alla vita umana, o a valori come
la salute, sviliva addirittura il valore della persona, riducendola alla stregua di un oggetto di mercato,
valutabile secondo prezzi, listini o mercuriali, assimilando l’essere umano a quello degli animali da
macello. Un simile stato di cose (ingiusto, perché finiva per risarcire i danni alla persona solo alle
persone che avevano un loro reddito e che potevano giustificare una perdita patrimoniale a seguito
dell’illecito) trovava dei correttivi nella giurisprudenza, che riconosceva come danni patrimoniali
anche quelli che, in teoria, non lo sarebbero stati: il danno alla vita di relazione, il danno da perdita
della capacità lavorativa generica (quando il soggetto non aveva un reddito e non poteva quindi
dimostrare il danno al patrimonio), il danno estetico, ecc.
In pratica si risarciva come danno patrimoniale, con una vera e propria “finzione giuridica”, anche
danni che non producevano alcuna perdita patrimoniale concreta al soggetto danneggiato.
A partire dagli anni '80 la giurisprudenza giunge a riconoscere la risarcibilità del danno biologico e
del danno alla salute, dando la prevalenza all’articolo 32 della Costituzione sull’articolo 2059 che
pure, in teoria, ne precluderebbe il risarcimento. Le argomentazioni poste a sostegno di questo cambio
di rotta furono diverse: anzitutto sarebbe stato sommamente ingiusto un sistema che avesse tutelato
la vittima solo in caso di reato, oppure nell’unica ipotesi in cui avesse avuto un patrimonio da tutelare,
a fronte di lesioni che, dal punto di vista personale, sono da considerarsi identiche; il sistema
patrimoniale del danno alla persona, lungi dal tutelare il valore dell’essere umano lo sviliva ancor di
più.
il codice civile del 1942 era improntato alla patrimonialità perché nell’epoca in cui fu redatto ancora
si tendeva a privilegiare gli aspetti patrimoniali della persona; ma tale concezione poteva reggere
difficilmente in un’epoca più moderna, alla luce delle innovazioni introdotte dalla costituzione, che
tendono a rivalutare la persona nei suoi aspetti di vita soprattutto non patrimoniali ed umani; da qui
l’applicazione dell’articolo 32 ai rapporti giuridici e quindi il riconoscimento del danno alla salute
indipendentemente da una proibizione da parte dell’articolo 2059.
Il danno biologico viene definito come “il danno all’integrità psico-fisica del soggetto” e
comprende il risarcimento di tutti i danni che la persona ha subito a seguito dell’illecito,
indipendentemente dalle conseguenze sul patrimonio .Il diritto civile si apre quindi alla tutela di
posizioni, soggetti, e fatti che un tempo erano delegati solo alla tutela penalistica, o che addirittura
non erano tutelati per niente; si pensi al risarcimento per la perdita dell’animale d’affezione, o al
risarcimento dei disagi subiti a seguito di una cartella esattoriale inesatta. Negli anni '80 quindi il
sistema del danno alla persona era così schematizzabile: danno patrimoniale (risarcibile ex articolo
2043): risarcibile in caso di comprovata perdita patrimoniale; danno non patrimoniale o morale
(articolo 2059): risarcibile solo in caso di reato; danno alla salute (da alcuni considerato danno
patrimoniale, da altri non patrimoniale), risarcibile in ogni caso, indipendentemente dalla sua
patrimonialità o meno, grazie all’applicazione diretta dell’articolo 32 della Costituzione.
A partire dagli anni 2000, grazie soprattutto all’opera dottrinaria di Paolo Cendon, inizia a essere
riconosciuta dalla giurisprudenza la figura del danno esistenziale, definibile come la perdita della
facoltà di godersi la vita, o come “il disagio arrecato all’esistenza e al benessere della vita
quotidiana”. In un primo momento i giudici hanno stentato a riconoscere tale figura, e anche parte
della dottrina era fermamente contraria all’introduzione di un istituto che, si diceva, era dai contorni
incerti, di difficile quantificazione, e costituiva una mera duplicazione del danno morale. Nonostante
queste opposizioni la giurisprudenza risarcì spesso questo tipo di danno, il cui cammino fu pressoché
inarrestabile.
In linea di massima si viene in questo periodo a staccare il risarcimento del danno alla salute dalle
altre voci di danno alla persona di tipo non patrimoniale, mentre in precedenza il danno morale e non
patrimoniale venivano risarciti solo come conseguenza di un danno biologico o alla salute, negli
ultimi anni si risarciscono i danni non patrimoniali anche quando non è dimostrato un danno biologico
o alla salute di base (Cass. 22585/2013: la mancanza di danno biologico non esclude in astratto la
configurabilità di un danno morale e di un possibile danno relazionale).
A giustificare questo new deal del diritto civile concorrono molti fattori. Da una parte, come si è
detto, la rilettura in chiave costituzionalmente orientata del sistema del diritto civile; dall’altra però
anche il ripensamento del ruolo del diritto civile all’interno del sistema giuridico nel suo complesso.
Fino a qualche decennio fa infatti prevaleva una visione che separava nettamente il diritto penale dal
diritto civile, il primo destinato a punire e sanzionare i comportamenti umani moralmente più
riprovevoli, il secondo destinato prevalentemente a riparare i danni e a regolare diritti patrimoniali.
In questi ultimi anni si è visto che la scelta di inquadrare una disciplina nell’ambito del diritto penale
o del diritto civile non è sempre così netta; vi sono dei comportamenti infatti che possono essere
moralmente riprovevoli ma che possono trovare un’adeguata sanzione anche (o solo) col diritto civile,
specie a fronte dell’attuale tendenza del diritto penale a rinviare a tempo indefinito l’erogazione della
pena, per giunta a fronte di sanzioni penali sempre più deboli e inefficaci. Il sistema a partire dal 2000
(data approssimativa in cui è emersa la figura del danno esistenziale) e fino al 2008 era quindi
schematizzabile in questo modo:
danno patrimoniale (risarcibile ex articolo 2043): risarcibile sempre;
danno non patrimoniale o morale ( articolo 2059): (risarcibile solo in caso di reato);
danno alla salute, risarcibile in ogni caso, indipendentemente dalla sua patrimonialità o meno, per
l’applicazione diretta dell’articolo 32 della Costituzione;
danno esistenziale, considerato – secondo la dottrina e la giurisprudenza prevalenti - come danno
non patrimoniale, risarcibile nel caso si possa dimostrare una effettiva compromissione della capacità
di godere di alcuni aspetti della vita.
Il sistema attuale dopo le SS.UU del 2008: il sistema bipolare con le note sentenze nn. 26972, 26973,
26974 e 26975 dell’11 novembre 2008 le Sezioni Unite della Cassazione delineano in modo
definitivo i contorni del danno alla persona, risistemando, e per certi versi innovando profondamente,
la materia del danno alla persona. Il sistema poggia ora sui seguenti punti fondamentali:
l’articolo 2059 non limita il risarcimento del danno non patrimoniale al solo danno morale da reato,
ma lo limita ai soli casi previsti dalla legge; e per legge deve intendersi qualsiasi legge, primaria,
secondaria, costituzionale o comunitaria, e persino i principi fondamentali dell’ordinamento;
il danno alla salute è danno non patrimoniale, risarcibile perché l’articolo 2059 lo consente
espressamente, così come il danno esistenziale, essendo necessario unicamente che la posta
risarcibile trovi fondamento in una norma giuridica; non esiste una autonoma categoria di danno
esistenziale, o di danno alla salute; esiste invece come categoria autonoma solo la categoria del danno
patrimoniale, affiancata da quella del danno non patrimoniale. In altre parole, il danno alla persona si
fonda sul bipolarismo “danno patrimoniale – danno non patrimoniale”, all’interno delle quali
categorie devono essere ricomprese tutte le altre, che vanno considerate mere sottocategorie, o
specificazioni, delle due categorie principali; il danno patrimoniale, previsto dall’articolo 2043, è
atipico; il danno non patrimoniale, previsto dall’articolo 2059, è tipico, essendo risarcibile nei soli
casi previsti dalla legge. Questa lettura, che non ha precedenti in dottrina e giurisprudenza, viene
introdotta per la prima volta dalla Cassazione. Le sezioni unite danno per la prima volta una lettura
non solo innovativa, ma anche intelligente e coerente con il sistema, che in teoria dovrebbe sopire le
discussioni e sanare i contrasti; il risarcimento del danno non patrimoniale non conosce differenze a
seconda che sia chiesto in via extracontrattuale, o contrattuale. Se negli anni precedenti alcuni autori
sostenevano che in via contrattuale potesse chiedersi il solo danno patrimoniale alla persona
(nonostante non ci fosse traccia nella legge di un simile limite), e dunque il danneggiato che voleva
l’integrale ristoro dei danni dovesse agire con entrambe le azioni, cumulativamente, da adesso in poi
potrà affermarsi con certezza che il danno non patrimoniale può essere chiesto anche in via
contrattuale, senza limiti di sorta.
Il sistema del danno alla persona può quindi essere, oggi, schematizzabile in questo modo:
danno patrimoniale (articolo 2043): risarcibile sempre;
danno non patrimoniale (articolo 2059): risarcibile in sede civile nei casi previsti dalla legge
(ordinaria, costituzionale, o comunitaria).
Tale sistema è detto “bipolare” perché anziché disarticolare il danno alla persona in una pluralità di
voci di danno, si compone di due sole grandi voci (danno patrimoniale e non patrimoniale) al cui
interno rientrano tutte le altre.
La conseguenza, sul piano operativo, rispetto al sistema multipolare, è la seguente:
in caso di domanda risarcitoria, è sufficiente che il danneggiato chieda il risarcimento dei soli danni
patrimoniale e non patrimoniale per vedersi riconosciute tutte le voci che in teoria sono comprensibili
dentro a queste due categorie (mentre in precedenza il danneggiato aveva l’onere di indicare
espressamente tutti tipi di danno che intendeva ottenere);
la richiesta in sede di appello o di comparsa conclusionale di una voce non richiesta con l’atto
introduttivo (ad esempio il danno esistenziale) non è considerata domanda nuova;
il giudice può – senza violare il principio della corrispondenza tra il chiesto e il giudicato –
riconoscere il danno alla salute o quello esistenziale, anche se non è stato richiesto dal danneggiato,
sol che costui abbia indicato genericamente la voce del “danno non patrimoniale”.
Finiscono finalmente tutte le dispute sull’inquadramento di singole figure: ad es., il danno alla vita di
relazione è danno alla salute, danno morale, o danno patrimoniale (con la conseguenza che veniva
risarcito solo in alcuni casi)? Il danno da perdita di un parente è danno morale, danno alla salute,
patrimoniale o danno esistenziale? E tali danni sono risarcibili solo iure proprio o anche iure
hereditatis? A questo stadio dell’evoluzione del danno alla persona ben può riconoscersi che questi
danni rientrano un po’ in tutte queste categorie, ma il problema del loro corretto inquadramento non
sussiste più perché verranno ricompresi nell’ampia categoria del danno non patrimoniale,
indipendentemente poi dalla ulteriore difficoltà di collocamento in una o più delle sottocategorie
citate; il danneggiato che agisce con l’azione contrattuale può chiedere il risarcimento del danno non
patrimoniale, senza necessità di intentare entrambe le azioni col cosiddetto concorso cumulativo. La
Costituzione della Repubblica Italiana (art. 32) riconosce specifica tutela alla salute delle
persone che, in quanto diritto del singolo e interesse della collettività, rappresenta un «bene
giuridico» primariamente protetto. La lesione alla salute è prova di per sé dell’esistenza del
danno.
La Corte osserva infatti che la persona che non abbia ancora, o che non abbia più, o che non abbia
affatto una capacità di reddito subisce – ove la sua salute riceva una qualsiasi lesione – un pregiudizio
ad un bene primario tutelato dall’art. 32 della Costituzione, che va risarcito di per sé,
indipendentemente da qualsiasi altro eventuale danno concorrente. Il problema si complica
ulteriormente quando il dramma esistenziale non riguarda una persona adulta (maggiorenne)
ma un bambino o un adolescente (minorenne), cioè una “persona” non ancora in grado di dare
un senso, fare scelte e badare a sé stesso in modo autonomo.
Qual è oggi il panorama attuale per quanto riguarda la valutazione del danno alla persona riguardo i
minorenni? Non esistono norme ad hoc, la legge vigente non si è occupata in modo specifico della
valutazione del danno nei bambini o negli adolescenti promuovendo approfondimenti e suggerendo
una disciplina particolare. Sotto il profilo risarcitorio, i minori sono equiparati agli adulti. Per la Corte
il danno biologico è:
“la menomazione dell’integrità psico-fisica della persona in sé e per sé considerata, in quanto
incidente sul “valore uomo” in tutta la sua concreta dimensione, che non si esaurisce nella sola
attitudine a produrre ricchezza, ma si collega alla somma delle funzioni naturali afferenti al
soggetto nell’ambiente in cui la vita si esplica, ed aventi rilevanza non solo economica, ma anche
biologica, sociale, culturale ed estetica.
È stato un lungo cammino quello che ha portato a valutare il danno alla persona come pregiudizio
all’uomo inteso come portatore di valori extraeconomici. I danni all’uomo, inteso come portatore di
valori non patrimoniali, sono tutti relativi alla sua esistenza, alla sua qualità della vita. Non tutte le
avversità della vita costituiscono danni in senso giuridico. Esse concretizzano un pregiudizio
giuridicamente apprezzabile solo quando siano considerate illecite. L’ordinamento stabilisce se un
fatto pregiudizievole è illecito o meno in base alla valutazione degli interessi contrapposti di chi lo
provoca e chi lo subisce. Impone una sanzione solo se valuta che l’interesse di chi ha subito il danno
debba prevalere sull’interesse di chi lo ha generato. Ciò che conta ai fini di una loro precisa
definizione è il modo in cui la qualità dell’esistenza viene pregiudicata. I danni al valore uomo
possono consistere in:
- Menomazioni psicofisiche;
- Sensazioni di dolore fisico nel momento in cui si verifica il fatto dannoso;
- Sofferenza psichica, priva di carattere patologico, nell’immediatezza del fatto dannoso;
- Alterazioni delle attività, delle relazioni e delle opportunità con le quali si realizza la personalità
individuale;
- Sensazioni di dolore fisico successive a quelle provate nel momento del fatto dannoso;
- Sofferenze psichiche, prive di carattere patologico, successive a quelle provate nell’immediatezza
del fatto dannoso.
Sono state individuate cinque diverse fasce corrispondenti ad altrettanti intervalli percentuali. Il
criterio di attribuire un valore in punti percentuali ad una determinata configurazione del disagio
esistenziale è in linea con l’obbiettivo della personalizzazione del danno.
- Danno lieve (6 - 15%): lieve alterazione dell’assetto psicologico, delle relazioni familiari – affettive
e delle attività realizzatrici.
- Danno moderato (16 - 30%): moderata alterazione dell’assetto psicologico, delle relazioni familiari
- affettive e delle attività realizzatrici.
- Danno medio (31 - 50%): media alterazione dell’assetto psicologico, delle relazioni familiari ‐
affettive e delle attività realizzatrici.
- Danno grave (51 - 75%): grave alterazione dell’assetto psicologico e della personalità, delle
relazioni familiari‐affettive e delle attività realizzatrici.
- Danno gravissimo: (76 - 100%): gravissima alterazione dell’assetto psicologico e della personalità,
delle relazioni familiari‐affettive e delle attività realizzatrici.
I pregiudizi che “in quanto attengono all’esistenza della persona, per comodità di sintesi possono
essere descritti come esistenziali”, secondo l’art. 2059 c.c. sono risarcibili: nei casi in cui la
riparazione è espressamente prevista dalla legge, quando è stato commesso un reato (cfr. art. 185
c.p.), qualora derivino dalla lesione di un diritto inviolabile garantito dalla Costituzione.

Il danno ingiusto da “bullismo” e “ cyberbullismo”
Pennetta (2019) descrive che un’indagine svolta da Eurodap (associazione europea disturbi da
attacchi di panico) diretta a monitorare i comportamenti antisociali diffusi nel mondo degli
adolescenti, emerge che nella fascia di età compresa tra i 25 ed i 45 anni l'80% di coloro che hanno
risposto al sondaggio considera i comportamenti di cui abbiamo parlato in precedenza come qualcosa
di negativo è pericoloso ma tende a considerarli bravate di cui i social sono i maggiori responsabili;
solo il 20% del campione pensa che si dovrebbero fare i corsi ai genitori per migliorare la loro capacità
nel gestire la crescita dei figli” nella fascia di età tra i 45 Ei 65 anni invece l’80% delle persone si
dice consapevole della gravità di questi comportamenti giovanili ma sposta sulla scuola e sui social
la responsabilità di questo problema generazionale assolutamente allarmante.
La realtà normativa e giurisprudenziale riconosce invece anche una precisa responsabilità ai genitori.
Responsabilità derivante dal loro dovere di educare, nonostante si sia ormai in presenza di una
discontinuità nelle cure e nell’ attenzione da parte dei genitori i quali occupati nel mondo del lavoro,
per produrre il reddito necessario ad offrire i figli ogni bene materiale da loro desiderato invero li
privano di tutto ciò che è per loro importante vale a dire quell’ appoggio, quella protezione, la
trasmissione dei concetti del bene e del male e la presenza che offre anche un esempio
comportamentale ed in particolare l’ ascolto. Fatta questa premessa, possiamo vedere cosa prevede
il nostro sistema giuridico. (Pennetta,) 2019
Il principio generale che riguarda l’obbligo del risarcimento del danno è espresso nell’articolo
sopracitato 2043 del codice civile che così recita “qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad
altri un danno ingiusto obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”. Prendendo in
considerazione le obbligazioni risarcitorie da fatto illecito, intendendosi per illecito la lesione di un
interesse giuridicamente protetto, tali obbligazioni si fondono sull’esigenza di riparare al danno
ingiusto. Gli atti di devianza minorile fra i quali sono ricompresi gli atti di bullismo e cyberbullismo
possono determinare la responsabilità civile al risarcimento del danno per effetto della sofferenza
psicologica sofferta alla vittima È ovvio che tale responsabilità si riferirà sia il soggetto minorenne,
sia i suoi genitori, che ai suoi docenti nonché nell’istituto scolastico a secondo del luogo in cui si sono
verificati i fatti attribuitigli. Mentre il riferimento all’ordinamento giuridico significa un rinvio in
generale a tutta la normativa e quindi anche i principi di rango costituzionale, il legislatore con
l’espressione utilizzata nell’ articolo 2043 del codice civile qualunque fatto ha optato per un sistema
aperto che consente di far derivare l’obbligo al risarcimento del danno per ogni comportamento
illecito doloso o colposo che provochi un danno ingiusto. Da ciò deriva la tipicità dell’illecito civile
rispetto alla tipicità dell’illecito penale e richiede la descrizione della figura di reato illecito civile
altresì caratterizzato dalla sua antigiuridicità o meglio dalla antigiuridicità del comportamento
manifestato dalla lesione di un interesse protetto a causa di un atto doloso o colposo.
Questa elasticità determinata dalla scelta del legislatore nella scelta della definizione di atto illecito
nell’ambito della responsabilità civile, ha consentito alla giurisprudenza di esprimersi con creatività
caso per caso. Ed infatti anche la Corte Costituzionale ha precisato che l’articolo 2043 del codice
civile è una sorta di norma in bianco: mentre nello stesso articolo espressamente e chiaramente
indicata l’obbligazione risarcitoria che consegue il fatto doloso o colposo, non sono individuati i beni
giuridici la cui lesione è vietata, l’illeicità oggettiva del fatto che condiziona il sorgere
dell’obbligazione risarcitoria, viene indicato unicamente attraverso l’ingiustizia del danno prodotto
dall’illecito. Costituiscono elementi costituitivi, il fatto lesivo, il dolo o la colpa del danneggiante
l’antigiuridicità o l’ingiustizia del danno, il nesso di causalità il danno. E’ il danno ingiusto che
legittima la vittima all’azione risarcitoria. Non può infatti esistere un fatto illecito giuridicamente
rilevante senza il danno ingiusto. Ma cosa si intende per danno ingiusto? Si intende la lesione di un
interesse giuridicamente protetto. E la lesione in sé che dà vita al diritto al risarcimento e del resto
quando si pensa al danno ingiusto si fa riferimento alla lesione di un bene di rilievo costituzionale. Si
pensi agli atti lesivi della vita, della salute del patrimonio dell’integrità fisica, della dignità. Tutti beni
costituzionalmente garantiti.
Le lesioni, come ho ampiamente discusso prima, possono derivare non solo da atti materiali ma anche
da atteggiamenti parole che possono provocare per chi le riceve sofferenza morale, e del resto, il
diritto penale, prevede e riconosce reati quali la minaccia, la diffamazione e gli apprezzamenti che
offendono l’altrui reputazione.
Come abbiamo potuto vedere sopra, negli ultimi anni il dibattito dottrinale e giurisprudenziale sul
concetto di danno alla persona è stato particolarmente vivace e la riscoperta dei diritti
costituzionalmente garantiti e quindi dei diritti di rilievo costituzionale , hanno portato a due sentenze
della Corte di Cassazione comunemente denominate Sentenze gemelle le numero 8827/ 8828/2003
che hanno ridisegnato la struttura del danno alla persona con effetto simile a quella di una riforma
legislativa. Le sentenze appena richiamate hanno affermato il diritto al risarcimento patrimoniale in
ogni caso in cui venga leso un interesse di rilievo costituzionale. Nel bullismo e nel cyberbullismo il
giovane deviante non provoca sempre malattia valutabile sotto il profilo medico legale; la lesione si
presenta in maniera più subdola, circostanza che prima dell’intervento delle sentenze richiamate,
provocava l’impossibilità di tutela risarcitoria. E quindi con l’evoluzione giurisprudenziale per effetto
delle sentenze del maggio 2003 le lesioni derivanti da malversazioni di tipo psicologico hanno invece
la possibilità di tutela risarcitoria nei casi in cui rientrino nell’ambito delle lesioni di interesse di
rilievo costituzionale. (Pennetta,) 2019
Con le sentenze delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione del 2008 sentenze di San Martino e
una ridefinizione dei contorni del danno alla persona si afferma che il danno non patrimoniale
rappresenta una categoria generale e non deve essere oggetto di tipologie di danno autonomo, con la
conseguenza per la quale il danno morale danno biologico, che rispondono alle esigenze di
classificazione non giustificano l’esigenza di autonome categorie di tale danno. In particolare la Corte
di Cassazione ha precisato che non sono meritevoli di tutela risarcitoria invocata a titolo di danno
esistenziale i pregiudizi consistenti in disagi fastidi disappunti ansie ed ogni altro tipo di
insoddisfazione concernente gli aspetti più disparati nella vita quotidiana che ciascuno con conduce
nel contesto sociale al di fuori dei casi determinati dalla legge ordinaria solo la lesione di un diritto
inviolabile della persona concretamente individuato è fonte di responsabilità di risarcimento non
patrimoniale. L’orientamento è stato confermato dalla successiva sentenza della Suprema Corte di
Cassazione emessa 12 novembre 2013 recante il numero e 25409. La differenza che esiste tra illecito
civile è illecito penale consiste nella necessità per quest’ultimo dell’esistenza della volontà dell’
intenzione di offendere, mentre per responsabilità civile ai sensi dell’articolo citato 2043 del codice
civile è sufficiente la colpa. Quanto sinora espresso rappresenta in estrema sintesi l’evoluzione del
concetto del danno alla persona che si è venuto sviluppando nell’ultimo decennio e costituisce la base
di riferimento per trattare dei vari tipi di responsabilità derivanti dalle azioni di bullismo e
cyberbullismo, individuare i soggetti tenuti al risarcimento del danno conseguente, valutare la
normativa applicabile dando una interpretazione costituzionalmente orientata.
L’articolo 10 del codice civile vieta di pubblicare l’immagine di una persona quando non ne sia
giustificata l’esposizione per la notorietà, per motivi didattici, ecc, e nel ricordare questi principi che
sono basilari del vivere civile prima ancora della normativa dei codici, vengono in mente gli episodi
di cyberbullismo realizzati attraverso la pubblicazione e la diffusione nell’etere, non solo di immagini
dei minori ma addirittura di minori ripresi in momenti rubati alla vita intima, da parte di loro coetanei.
Ed ecco che le problematiche che si devono affrontare sono particolarmente rilevanti, per le
conseguenze che derivano dai comportamenti dei minorenni in capo agli adulti di riferimento poichè
, per il sistema giuridico “le colpe dei figli minori, ricadono sui genitori” riconosciuti responsabili, ai
sensi dell’articolo 2048, insieme ai tutori, ai precettori ed ai maestri d’arte “per il danno cagionato
dal fatto illecito dei figli minori non emancipati o delle persone soggette a tutela, che abitano con
essi” e non di minore interesse, sotto il profilo dell’educazione o rieducazione dei giovani minori di
età. E’ opportuno osservare che tutti i soggetti che hanno partecipato a qualunque titolo ad episodi di
bullismo e/o cyberbullismo sono corresponsabili e particolare attenzione deve essere dedicata, per
fare un esempio, ai like e alle chat. Colui che non ha capacità di intendere e di volere non risponde
alle conseguenze del fatto dannoso. In tal caso sarà il Magistrato che dovrà verificare, caso per caso,
se il minorenne autore del comportamento dannoso fosse capace di intendere e di volere.
Per concludere, il danno non patrimoniale sarà risarcibile in tutti i casi, sia in quelli previsti dalla
legge ordinaria sia nei casi in cui vi sia stata lesione di valori costituzionalmente garantiti e interessi
in una persona umana si pensi alla famiglia all’onore alla salute eccetera e le sezioni unite della Corte
di Cassazione hanno affermato che il danno non patrimoniale non deve essere oggetto di tipologie di
danno autonome e che il giudice deve tenere comunemente punto nel liquidare l’unica somma
spettante in riparazione di tutti gli aspetti che danno non patrimoniale assume nel caso concreto,
danno alla vita e la salute, rapporti affettivi e familiari e sofferenze psichiche. Viene così assicurato
alle vittime di bullismo e cyberbullismo il diritto ad un risarcimento per i danni subiti siano essi
patrimoniali che non patrimoniali. Ne deriva che nella liquidazione equitativa dei pregiudizi ulteriori
il giudice in relazione alla meno alla menzionata funzione unitaria del risarcimento del danno alla
persona non può non tenere conto di quanto già eventualmente riconosciuto a titolo di danno morale
soggettivo pure esso risarcibile quando vi sia la lesione di un tale tipo di interesse anche se il fatto
non sia configurabile come reato. Il danno non patrimoniale costituisce quindi una categoria unitaria
che comprende al proprio interno e danno biologico e danno esistenziale e danno morale voci queste
che avranno un valore descrittivo che non rientreranno nella categoria del danno non patrimoniale
Ma che non costituiscono voci di danno autonome . L’Articolo 2059 del codice civile che prevede
l’obbligo del risarcimento del danno non patrimoniale utilizza una locuzione molto ampia e generica
che in realtà confligge con l’espressione danni morali adottata dalla dottrina. La stessa Corte
Costituzionale ha riconosciuto che per danno non patrimoniale deve intendersi ogni danno non
succettibile direttamente di valutazione economica e che conseguentemente in esso devono intendersi
ricompresi sia il danno morale sia il danno alla salute Le voci di danno risarcibili alla vittima dell’atto
di bullismo e cyberbullismo saranno quindi costituite dal danno patrimoniale e o dal danno non
patrimoniale. La vittima di fatti di bullismo e cyberbullismo può subire un danno psichico non
patrimoniale ed in tal caso se non sia configurabile anche una astratta fattispecie di reato, ma solo un
illecito civile, la vittima ha come unica possibilità di ottenere il risarcimento del danno patrimoniale
attraverso l’interpretazione costituzionalmente orientata nell’articolo 2059 del c.c. Nell’ipotesi in cui
invece le violenze psichiche derivino da un illecito penale sarà sicuramente possibile il risarcimento
del danno non patrimoniale. In questo caso infatti non vi saranno le imitazioni risarcitorie derivanti
dall’interpretazione costituzionalmente orientata dall’articolo 2059 del codice civile in cui è
necessario provare la lesione di un diritto inviolabile della persona caratterizzato da lesione seria e da
pregiudizio grave.

La valutazione del danno nel minore
La psicologia giuridica, in ambito evolutivo, sottolinea la necessità di procedere attraverso un’analisi
multicategoriale che analizzi simultaneamente le caratteristiche individuali, i pattern di relazioni
interpersonali e i contesti ambientali in cui è collocata la persona in età evolutiva. Un principio di
base che guida la ricerca nell’ambito della psicopatologia dello sviluppo è, infatti, che la conoscenza
dello sviluppo normale è necessaria al fine di comprendere eventuali aspetti psicopatologici
(Cicchetti, 1989; Cicchetti e Cohen, 1995).
Il danno biologico di natura psichica, inteso come menomazione dell'integrità psichica della persona,
è stato definito come: "la compromissione durevole di una o più funzioni della personalità
(intellettive, emotive, affettive, volitive, di capacità di adattamento e di adeguamento, di relazionarsi
con gli altri) che possono giungere fino a condotte devianti etero o autoaggressive e che incide anche
sul rendimento scolastico" (Introna e Raimondo, 1998). Un danno biologico di natura psichica si
configura, quindi, quando un dato evento comporta una menomazione peggiorativa del modo
di essere psichico del soggetto" (Brondolo e Marigliano, 1996) e determina una lesione
temporanea o permanente all’integrità mentale della persona, suscettibile di accertamento
medico-legale, che esplica un’incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti
dinamico-relazionali della vita del danneggiato (Cendon & Negro, 2011). Per poter essere
considerato tale, il danno psichico deve aver causato una vera e propria patologia psichica che inficia
l'equilibrio di personalità del soggetto, provocandone uno stato di disagio e di sofferenza (Cfr. Cass.
11 giugno 2009, n. 13530). L’obiettivo della valutazione del danno è di identificare se, e se sì in quale
misura, l’evento traumatico ha causato nel soggetto l’insorgenza di un danno biologico di natura
psichica. L’esperto ha il compito di determinare il grado in cui un certo evento ha contribuito alla
condizione psicopatologica dell’individuo oggetto di valutazione. Nell'eziologia del danno è
fondamentale esaminare lo "stato di malattia" sopravvenuto, adottando un criterio comparativo tra il
prima e il dopo, al fine di comprendere il significato che ha assunto per quella persona quel particolare
evento psicolesivo sul suo diritto fondamentale alla salute. La questione non è quindi quanto
l'individuo sia danneggiato nel momento attuale, ma piuttosto quanto sia diverso ora da ciò che
era prima che intervenisse l'evento traumatico. L'insorgenza di un danno biologico di natura
psichica è determinata non solo dalla gravità dell'evento critico, ma anche e soprattutto dal modello
di risposta personale del soggetto agli eventi critici della vita e dal modo soggettivo in cui egli elabora
le esperienze. Nono sono gli eventi ad essere traumatici di per sé, ma la reazione ad essi.
Quando si effettua una valutazione psicodiagnostica riguardo un soggetto in età evolutiva, non si può
prescindere dal tener conto in primo piano il concetto di sviluppo in tutte le sue componenti
individuali ed ambientali (Camerini, Sabatello, Sartori e Sergio, 2011). In proposito il modello della
"Psicopatologia dello sviluppo" consiste nello studio delle origini e del decorso dei pattern individuali
e del disadattamento comportamentale, qualunque sia l'età di inizio, di qualunque tipo siano le cause
e le manifestazioni comportamentali nel percorso di sviluppo (Rutter, 2002). Secondo tale approccio,
l'insorgere di un disagio o di un vero e proprio disturbo (quindi di una condizione psicopatologica)
rappresenta l'esito di un processo complesso legato al rapporto tra "fattori di rischio e fattori
protettivi" che possono essere individuali (riguardanti la maggiore o minore vulnerabilità del soggetto
allo stress) e ambientali (legati a variabili di contesto relazionale, sociale familiare, ecc.).
Adattamento e vulnerabilità vengono visti, dunque, come risultati opposti dell'interazione tra fattori
protettivi e fattori di rischio.
Un danno psico-fisico è sempre una sofferenza, questa sofferenza diventa totale nel caso di una
sofferenza che cambia la vita, una malattia cronica o una lesione che provoca uno stato di disabilità
permanente. In questo caso si pone il problema, nel minore colpito, di ricostruirsi una visione del
mondo, di rimodellare la propria quotidianità, ridisegnare gli orizzonti della propria esistenza. Il
minore, in questo caso, è chiamato a immaginare un mondo nuovo alla cui costruzione vengono
coinvolte tutte le risorse coscienti in termini soggettivi, nel tentativo di trovare un senso ad una nuova
condizione.
Per valutare la presenza e la consistenza del trauma, occorre un’analisi approfondita del minore, caso
per caso, con aspetti metodologici che dovranno riguardare non soltanto i colloqui clinici, ma anche
test di livello, di personalità, proiettivi e neuropsicologici, al fine di valutare oltre alle eventuali
alterazioni delle funzioni mentali primarie di pensiero, anche gli stati emotivo‐affettivi, la struttura e
la sovrastruttura dell’Io, nonché i meccanismi difensivi. Nei minori, ovviamente, sono necessari i
colloqui con i genitori e con ogni figura di riferimento significativa dell’ambiente circostante. Al
fine di valutare l’esistenza o meno del trauma, è necessario valutare se il danneggiato ha subito una
compromissione, una menomazione, una riduzione della sua capacità di comprendere e di accettare
la realtà, attraverso processi di adattamento non più equilibrati. L’accertamento della preesistenza o
meno di disturbi rappresenta un punto importante delle indagini perché consente di verificare se vi
siano o meno concause in riferimento al disturbo oltre all’evento traumatico.
E’necessario procedere con una accurata raccolta dei dati anamnestici, con l’esame della
documentazione clinica e con l’analisi delle deposizioni testimoniali orientate ai fini clinici per
accertare l’esistenza di patologia psichica in atto o precedente e il suo inquadramento nosografico.
Naturalmente la metodologia psicologica prevede la fase di osservazione, i colloqui clinici ed i test
psicologici. A completamento dell’indagine classica (anamnesi, colloquio clinico e osservazione),
appare necessario un accurato e specialistico esame psicodiagnostico, effettuato rispettando la
metodologia di somministrazione e interpretazione e facendo riferimento alle linee guida relative
all’utilizzazione dei test psicologici in ambito forense.
Secondo Camerini (2011), gli eventi ambientali in grado di produrre un danno psichico di valore
risarcitorio, nell’infanzia e nell’adolescenza sono:
lesioni cerebrali (con compromissione delle funzioni superiori);
eventi incidentali stressanti e/o traumatici;
esperienze di trascuratezza e di vittimizzazione fisica, psicologica e/o sessuale;
perdita luttuosa di un genitore (orfanezza)
coinvolgimento nelle dispute tra i genitori in corso di separazione con ostacolo ai diritti di visita.
In questo elaborato vorrei approfondire alcuni aspetti di criticità che si possono riscontrare nella
valutazione del minore vittima di danno biologico di natura psichica.
Le criticità valutative nel danno biologico di natura psichica in età evolutiva sono molte, possiamo
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