ASPETTI DI ETICA, ECOLOGIA E SALUTE UMANA RELATIVI AL CONSUMO DI PRODOTTI DI ORIGINE ANIMALE

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ASPETTI DI ETICA, ECOLOGIA E SALUTE UMANA RELATIVI AL CONSUMO DI PRODOTTI DI ORIGINE ANIMALE
Enrico Ceccaroni

ASPETTI DI ETICA, ECOLOGIA E
SALUTE UMANA RELATIVI AL
CONSUMO DI PRODOTTI DI
ORIGINE ANIMALE
1- L’IMPATTO AMBIENTALE
DELL’ALIMENTAZIONE NELLA PROSPETTIVA
DELLA CUSTODIA DEL CREATO
Secondo la disciplina dell’ecologia della nutrizione il prezzo degli alimenti dovrebbe includere
tutti i costi causati dal sistema alimentare sulla salute, sull'ambiente, sulla società e sull'economia.
(Leitzmann 2003)

Stima in litri dell’acqua necessaria per produrre 1 kg di alcuni prodotti di origine vegetale ed
animale:

Prodotto                                  L acqua consumata
                                          /kg di prodotto
Patate                   500
grano                   900
Mais                   1400
Riso                   1912
Soia                    2000
Pollo da carne         3500
Manzo                  da 100.000 a > 200.000

Produrre 1 kg di proteine animali richiede una quantità di acqua circa 100 volte maggiore rispetto
alla produzione di 1 kg di proteine vegetali (Pimentel e Pimentel 1996).

Deiezioni
In Italia le deiezioni prodotte dagli allevamenti inquinano quanto le deiezioni di 137 milioni di
persone (Moriconi 2007)

Negli Stati Uniti gli animali allevati producono una quantità di deiezioni 130 volte maggiore di
quella prodotta da 300 milioni di esseri umani (= 39 miliardi di persone). (Marlow et al, 2009).

“Oltre allo spreco d'acqua, gli allevamenti causano inquinamento delle acque, eutrofizzazione e
degenerazione delle barriere coralline. I maggiori agenti inquinanti sono proprio le deiezioni degli
animali (ricche di antibiotici e ormoni usati nell'allevamento), le sostanze chimiche usate nelle

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concerie, i fertilizzanti e pesticidi usati nella coltivazione dei mangimi. Inoltre l'eccessivo
sfruttamento dei pascoli disturba il ciclo dell'acqua, riducendo le falde acquifere.” (FAO 2006)

Gas serra. Il bestiame è la causa della produzione:
- del 37 % di tutto il metano attribuibile alle attività umane; esso ha un potere riscaldante 23 volte
maggiore della CO2;
- del 64 % del totale di ammoniaca, che contribuisce notevolmente alle piogge acide (FAO 2006);
- del 65% del protossido di azoto, che ha 296 volte il potenziale di riscaldamento globale rispetto
alla CO2;

                                               Contributo nella produzione dei gas serra
                                               da parte delle varie categorie alimentari.
                                               Da notare che i prodotti di origine animale
                                               comportano una produzione di gas serra (58%) più che
                                               quintupla rispetto a vegetali e frutta (11%). (SSNV
                                               2008).

                                               Com’è noto, i gas serra sono i fattori maggiormente
                                               implicati nel fenomeno del riscaldamento globale del
                                               pianeta Terra, con negative ripercussioni climatiche a
                                               livello planetario.

Deforestazione
Tra il 1990 ed il 2000 l'Amazzonia Brasiliana ha perso un'area di foresta pari a due volte il
Portogallo; il 10% di questa superficie è stata destinata alla coltivazione della soia (usata come
mangime per gli animali allevati) e la restante parte è divenuta pascolo per i bovini (Kaimowitz
2003).

FAO, report del 2006:
  «Il bestiame è uno dei contributi più significativi ai più gravi problemi ambientali di oggi. È
necessario intervenire immediatamente per porre rimedio alla situazione».

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ASPETTI DI ETICA, ECOLOGIA E SALUTE UMANA RELATIVI AL CONSUMO DI PRODOTTI DI ORIGINE ANIMALE
Differenze ecologicamente rilevanti tra produzione di proteine dalla carne e da
alimenti proteici trasformati a base di soia (fonti: Reijnders e Soret 2003; ADA
2007; Marlow et al, 2009)

Effetti rilevanti       Effetti della           Effetto relativo
per l'ambiente          produzione di proteine della produzione di
                        ottenute dagli alimenti proteine dalla carne
                        trasformati a base di
                        soia
Suolo utilizzato                    1                   6 – 17
Acqua richiesta                        1                       4.4 – 26
Carburante fossile                     1                        6 – 20
richiesto
Fertilizzanti                          1                          13
Sostanze                               1                         >7
acidificanti emesse
Pesticidi distribuiti                  1                       1.4 - 6
Rame distribuito                       1                       > 100
Energia richiesta                      1                       2.5-50

«La presenza del bestiame in vaste estensioni di terreno e la richiesta di colture per la sua
alimentazione contribuisce anche alla perdita della biodiversità». (FAO 2006)

In definitiva, il concetto di sostenibilità proprio dell’ecologia della nutrizione è in linea con una
dieta a base vegetale che limita fino – idealmente - ad eliminare i prodotti di origine animale
(Leitzmann 2003; NEIC 2011).

Ogni ciclo di allevamento necessariamente finisce con l’uccisione dell’animale per mano dell’uomo
(Nanni Costa 2006), che per definizione è la cessazione dell’esistenza, quindi dell’essere, quindi
anche del ben-essere; il benessere è infatti definito lo «stato di buona salute, di prosperità» (Hoepli
2011) e – sempre per definizione – è sinonimo di esistenza.

                         BILANCIO ENERGETICO DEI PRODOTTI DI
                         ORIGINE ANIMALE
Valutiamo ora il bilancio energetico dei prodotti di origine animale, a partire dalla coltivazione del
vegetale che l’animale consuma.
Considereremo l'energia utilizzabile dall'uomo: i termini “energia perduta”, “caduta di energia” o
simili sono riferiti all'energia che l'uomo non può utilizzare.

I fase della perdita di energia
I prodotti agricoli non ci rendono tutta l'energia che richiedono per la loro crescita ed il loro
sviluppo; l'energia che ci rende il prodotto finale è infatti minore dell'energia richiesta per la sua
coltivazione. L'energia utilizzata per unità di prodotto è maggiore nelle colture intensive (ad
esempio la soia), rispetto a quelle ottenute in modo estensivo (come il pascolo).

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Più i metodi di coltivazione sono semplici ed estensivi, meno energia serve per unità di prodotto; in
questi casi infatti - al contrario di quanto succede nelle colture intensive - il contributo lavorativo è
dato principalmente da manovalanza, l'utilizzo di macchinari e di gasolio è molto modesto, come
pure i trattamenti chimici.

II fase di perdita di energia
Questo step riguarda l'utilizzo da parte dell'organismo animale dell'alimento vegetale.
L'energia assunta con l'alimento viene ulteriormente “perduta” una volta che l'animale se ne nutre:
infatti solo una piccola percentuale di quest'energia andrà a costituire l'alimento destinato all'uomo
che l'animale produce (sia esso carne, latte o uova). Come possiamo osservare nello schema
successivo (fonte: Bittante et al, 1999), che mostra le varie tappe dell’utilizzazione dell’energia
alimentare negli animali, la netta maggioranza dell'energia fornita dall'alimento viene “dissipata”
dall’organismo:
    • per mantenere costante la propria temperatura corporea, essendo essi omeotermi;
    • tramite l’evaporazione, l’espirazione, le feci, le urine, il sudore;
    • per le esigenze del proprio metabolismo;
    • per il movimento fisico;
Il rapporto tra l’energia che l’animale introduce con l'alimento vegetale (energia lorda, EL) e
l’energia che sarà “depositata” nel prodotto di consumo umano è ovviamente diverso, in quanto
varia a seconda:
    - del tipo di produzione zootecnica considerata;
    - della specie e, all'interno della stessa specie, della razza;
    - della fase del ciclo vitale.
    -
L'animale è visto in allevamento praticamente come una macchina, che però utilizza la maggior
parte del proprio “carburante” (cioè l'alimento) per le proprie funzioni vitali, mentre – come si può
osservare dallo schema seguente – la parte più esigua la destina alla produzione di carne e grasso,
oppure latte o uova.

Energia Lorda (100%)

       ↓→            E fecale
Energia digeribile (ED, 40-90%)

       ↓→            E gas di fermentazione, E urinaria
Energia metabolizzabile (EM, 35-85%)

       ↓→           E persa come incremento di calore *
Energia netta (EN, 15-65%) **
   - di mantenimento (ENm): metabolismo basale, movimento, termoregolazione;
   - di produzione: accrescimento-ingrasso, latte, uova, lana, ecc

* lavoro digestivo e assorbitivo, rendimento metabolico imperfetto
** nei monogastrici: EN = 80% EM
    nei ruminanti:    ENm = 65-75% EM
                      ENlattazione (ENl) = 55-65% EM
                      ENaccrescimento-ingrasso (ENa) = 30-65%
                      ENgravidanza (ENg) = 10% EM

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Nella seguente tabella osserviamo quanti kg di mangime servono per accrescere il peso corporeo di
alcuni animali “da carne” nella misura di 1 kg:

Tabella                (Fonte: Moriconi 2007)
               kg di mangime
               somministrato
    polli        2,5 - 3
    vitellone    11
    vitello    > 13
    agnello      24
Per la produzione di carne, bisogna ricordare infine che dell’animale vivo diventerà carne solo una
parte, realizzando un ulteriore spreco di energia (rese al macello: vitello e vitellone 60-65%, suino
80%, pollo 70%; agnelli 50-55%; agnelloni 49-51%). (fonte: SCA 2007; Biozootec 2011, Mi.P.A.F.
2010).

Lo spreco di risorse è notevole anche consumando pesci; si dimostra infatti ecologicamente
insostenibile sia la loro pesca sia il loro allevamento. Basti pensare che nei paesi industrializzati i
pesci allevati sono carnivori (ad es salmone, tonno, spigole), cioè si nutrono di altri pesci, che
quindi è necessario catturare quindi per alimentarli; ciò comporta un enorme spreco, dato che
servono da 2,5 a 5 kg di pesce pescato per "produrre" 1 kg di pesce allevato. Non è possibile
nutrire i pesci d'allevamento in altro modo, perché altrimenti essi poi non presenterebbero un
contenuto adeguato degli acidi grassi omega3 tanto ricercati. L'aumento della produzione
dell'acquacoltura porta dunque ad un aumento della pressione sulle riserve di pesci selvatici
insostenibile ecologicamente (Jenkins et al, 2009).

Nutrire a cereali e legumi gli animali e poi con questi ultimi nutrire l’uomo comporta un basso
rendimento in quanto è fonte di dispersione di una grande quantità di energia, che invece sarebbe in
gran parte utilizzabile se l'uomo stesso consumasse direttamente i cereali ed i legumi (opzione più
vantaggiosa), come del resto le sue naturali caratteristiche anatomiche e fisiologiche suggeriscono.
Se scegliamo l’alternativa più dispendiosa energeticamente, si rende inevitabilmente necessario
coltivare estese superfici a cereali e legumi da destinare agli animali, con tutte le notevoli
conseguenze negative a riguardo di impatto ambientale. (Moriconi 2007)

I dati di queste tabelle mostrano l’enorme perdita di energia che comporta la conversione da cereali
a carne, per varie tipi di animali. Per produrre 1 kcal di proteine dalla carne servono in media
25 kcal di combustibile fossile, cioè 11 volte la quantità necessaria per produrre la stessa
quantità di energia dalle proteine dal grano (2,2 kcal circa) (Pimentel 2003). La scelta alimentare
del tipo di proteine (vegetali o animali) può fare una differenza significativa nella quantità di
energia che consumiamo (ADA 2007)

Tabella        (Fonte: Pimentel 2003)

P.o.a.                Rapporto
Carne di agnello      57/1
Carne di manzo        40/1
Uova                  39/1
Latte                 14/1
Carne di maiale       14/1
Carne di tacchino     10/1
Carne di pollo        4/1

                                                                                                     5
La precedente tabella mostra il rapporto, per vari prodotti di origine animale (p.o.a.), tra energia
fossile necessaria per ottenere 1 kcal di proteine animali ed energia fossile necessaria per ottenere 1
kcal di proteine dal grano.

Consumo di energia
La prossima tabella mostra, per le principali categorie di prodotti, il rendimento in calorie (calorie
ottenute/calorie apportate):

Tabella        (Fonte: Marlow et al, 2009)

                      Rendimento
Cereali e legumi      2-3
Frutta e verdura      0.5
Prodotti di
origine animale       0.01-0.05

Da notare le differenze di rendimento delle classi “cereali e legumi” e la classe “prodotti di origine
animale”; questi ultimi sono sostituiti nelle diete vegane coi prodotti vegetali che hanno un
rendimento nettamente più favorevole; è interessante notare in particolare la notevole differenza di
rendimento tra la carne (che si trova nel range 0.01-0.05) e la classe cereali-legumi (2-3); le
diete vegetariane si differenziano proprio per il consumo di cereali e legumi al posto della carne.
Dagli studi emerge inoltre che l'energia in entrata per i prodotti animali è 2,5-5,0 volte maggiore
rispetto ai prodotti vegetali (Marlow et al, 2009).

Studiando l’utilizzo di terra, acqua ed energia, i ricercatori hanno scoperto che per produrre proteine
dalla carne, rispetto alla produzione di proteine vegetali, servono quantità nettamente superiori di
queste risorse, come si può osservare nella prossima tabella:

Tabella        (Fonte: ADA 2007)

Rapporto tra la quantità di risorse necessarie per la produzione di proteine dalla carne e la quantità
di risorse necessarie per la produzione di proteine vegetali

Risorse        Rapporto energetico¹
Terra          6-17
Acqua          26 ²
Energia        2.5-50

¹I valori cambiano a seconda del tipo di coltivazione praticata
² si fa riferimento alla produzione di proteine vegetali su terreni irrigati (ADA 2007)

Anche l’Adventist Health Study (uno studio condotto in California su 34.000 persone) ha mostrato
che l’impatto ecologico delle diete onnivore è molto più elevato, per ogni voce di risorsa analizzata
(acqua, energia, fertilizzanti, pesticidi) (Tabella 1.12). È risultato che queste differenze sono dovute
primariamente all’inclusione o all’esclusione della carne dalla dieta, che si presenta quindi come il
prodotto in assoluto a maggior impatto ambientale. Questi risultati sono confermati dagli altri studi
effettuati negli USA, in Europa, in Giappone ed in Australia.

Dai dati della seguente tabella emerge che le diete onnivore, rispetto alle diete vegetariane,
comportano un consumo maggiore del 190% di acqua, del 150% di energia primaria, del 1200% di
fertilizzanti e del 130% di pesticidi.
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Per i governi dell’Unione Europea e degli USA - alla luce dei dati disponibili sull’impatto
ambientale complessivo che hanno le diete onnivore rispetto alle diete prive di carne - si potrebbe
rendere necessario:
- rivalutare i sussidi destinati ad agricoltura e zootecnia;
- destinare parte dei finanziamenti per supportare ricerche in questo ambito;
- incentivare metodi di produzione compatibili con l’ambiente e con la salute umana;
- finanziare programmi di sensibilizzazione per educare ed informare le persone sui benefici per la
salute e per l'ambiente che comportano le diete prive di carne e quelle a base vegetale. (Marlow et
al, 2009)
La tabella seguente confronta le diete onnivore e diete vegetariane in termini di inputs di rilevanza
ambientale per la produzione degli alimenti delle rispettive diete

Tabella       (Fonte: Marlow et al, 2009)

Input            Rapporto1
Acqua            2.9
Energia primaria 2.5
Fertilizzanti    13
Pesticidi        1.4

1
  Espresso come rapporto tra quantità di inputs attribuiti alle diete onnivore e quantità di inputs
richiesti dalle diete vegetariane.

                             INQUINAMENTO CHIMICO

Secondo le statistiche della FAO, metà dei cereali e il 90% della soia prodotti nel mondo sono
usati come mangimi per animali; di conseguenza, se la terra fosse usata per produrre cibo per il
consumo umano diretto, sarebbero necessarie quantità di sostanze chimiche, di energia e di acqua
notevolmente inferiori.

Gli animali allevati sono davvero inefficienti come “macchine” per convertire proteine vegetali in
proteine animali; di conseguenza ottenere prodotti animali richiede una quantità di risorse
notevolmente maggiori rispetto a quelle necessarie per la produzione del cibo vegetale
nutrizionalmente equivalente. Questo spreco di risorse causa un enorme impatto ambientale sul
pianeta. “Come affermato dal World Watch Institute, con l'evolversi della scienza
dell'ecologia, è ormai assodato che gli appetiti umani per la carne animale sono la vera forza
scatenante di tutte le principali categorie di danno ambientale che in questo momento
minacciano il futuro dell'umanità: la deforestazione, l'erosione, la scarsità d'acqua,
l'inquinamento dell'aria e dell'acqua, i cambiamenti climatici, la perdita di biodiversità,
l'ingiustizia sociale, la destabilizzazione delle comunità e la diffusione delle malattie.” (NEIC
2011)

Nonostante questo, mentre la popolazione è in continua crescita, nella seconda metà del secolo
scorso è più che raddoppiato il consumo pro capite di carne, mentre il consumo totale è
aumentato di 5 volte. Questo ha a sua volta comportato una pressione sempre più alta sulla
disponibilità di acqua, di terra, di mangime, di fertilizzanti, di combustibile e sulla maggior parte
delle altre risorse non rinnovabili del pianeta; questo trend ha conseguenze importanti anche sullo
smaltimento dei rifiuti (WWI 2004).

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I VANTAGGI ECOLOGICI DEGLI ALIMENTI
                              VEGETALI
Le motivazioni che possono spingere all’astinenza dalla carne possono essere di carattere etico,
sanitario, ecologico, religioso, filosofico. Le conseguenze ecologiche negative complessivamente
causate dai prodotti di origine animale sono notevoli; in media, per produrre proteine animali
serve una quantità di terra 10 volte maggiore di quella che serve per la produzione di proteine
vegetali. Circa il 40% del raccolto mondiale di grano è somministrato agli animali; la metà di
questo grano sarebbe più che sufficiente per saziare tutte le persone affamate del nostro
pianeta. Le deiezioni animali, che come abbiamo visto sono prodotte in quantità enormi dagli
allevamenti intensivi, comportano un pericoloso innalzamento dei livelli di nitrati - potenzialmente
cancerogeni- nell'acqua potabile e nelle verdure. L’allevamento richiede quantità di energia e di
risorse notevolmente più alte rispetto ai sistemi alimentari che prevedono il consumo diretto dei
vegetali da parte dell’uomo; di conseguenza le produzioni animali causano a livello mondiale
ingenti danni agli ecosistemi terrestri (deforestazione, sfruttamento eccessivo dei pascoli, ecc); pure
la pesca e l’allevamento ittico possono avere gravi ripercussioni sugli ecosistemi acquatici.

Alla luce delle evidenze scientifiche, è possibile ridurre l’impatto ecologico causato dagli
allevamenti diminuendo l’assunzione dei prodotti di origine animale, in particolare della carne. I
positivi effetti ecologici di uno stile alimentare di questo tipo possono essere ulteriormente
incrementati minimizzando il consumo anche degli altri prodotti di origine animale fino,
idealmente, a consumare esclusivamente alimenti vegetali. Per ridurre l’impatto ambientale è bene
altresì consumare frutta e verdura di stagione, cibi locali, biologici anziché alimenti elaborati e
confezionati, direzionando i propri acquisti su filiere che sostengano una produzione il più possibile
etica sotto tutti i punti di vista e che considerino anche gli aspetti socio-economici dei prodotti
acquistati. Le diete a basso o nullo contenuto di prodotti di origine animale presentano anche
notevoli vantaggi di natura etica, in quanto la filiera alimentare dei prodotti di origine animale è
associata inevitabilmente alla sofferenza ed all’uccisione degli animali.
Gli stili alimentari maggiormente ecocompatibili, inoltre, favoriscono la biodiversità degli
ecosistemi, che a sua volta è alla base della varietà alimentare incentivata dalle linee guida
alimentari internazionali.

Una dieta basata su questi principi ha basi scientifiche e presenta numerosi vantaggi sotto tutti i
punti di vista analizzati dall’ecologia della nutrizione; i professionisti della nutrizione hanno il
compito di informare il pubblico sui principi di questa scienza interdisciplinare. In questo modo
possono essere stimolate le motivazioni a praticare comportamenti alimentari sani ed ecosostenibili
e a prendere consapevolezza in prima persona che ogni singola scelta quotidiana in campo
alimentare ha conseguenze importanti. (Leitzmann 2003).

2- ALCUNE RIFLESSIONI DI ETICA SUGLI
ALLEVAMENTI ANIMALI

Benessere animale (secondo la definizione del Farm Animal Welfare Council 1993):
      1) libertà da sete, fame e malnutrizione;
      2) libertà da lesioni e malattie;
      3) libertà da dolore e stress eccessivo;
      4) libertà di manifestare modelli di comportamento normali;
      5) libertà da situazioni di mancato comfort.

Queste libertà sono sistematicamente violate negli allevamenti moderni, intensivi ma non solo.

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I prodotti animali derivano perlopiù da allevamenti intensivi
Alcune cause di sofferenza:
            - Alta densità degli animali allevati;
            - Ambiente innaturale ed artificiale (capannoni, box, cemento);
            - Alimentazione innaturale e “spinta” ◊ patologie anche gravi;
            - Sofferenze di tipo etologico e sofferenze psicologiche;
            - Morte in giovane età per mano dell’uomo.

Durata della vita in natura di qualche specie animale (A) e relativa età di macellazione (B)
(Moriconi 2007)

             A                   B
Bovini      40 anni         6-24 mesi (carne)
                            5-7 anni (vacche)

Suini       14-18 anni      9 mesi (ingrasso)
                            2 anni (scrofe)

Ovini       10-15 anni      3 mesi (agnelli)
                            3-4 anni ovi-caprini

Pollame     20 anni       40 giorni (polli)
                          1-2 anni (galline ovaiole)
Negli allevamenti odierni, gli animali sono considerati come macchine, “cose” da sfruttare ed
uccidere quando non servono più;

L’industria dei prodotti animali nel sistema alimentare occidentale moderno implica la perdita di
numerose libertà e della dignità delle creature, che vengono trattate alla stregua di meri oggetti del
business.

Numerose sono le pratiche diffuse che meriterebbero un discernimento per cercare di comprendere
se sono eticamente lecite o meno; ecco solo alcuni esempi:

   -     gli animali vengono sottoposti ad un’alimentazione molto spinta ed innaturale necessaria
         per la superproduzione di latte (le bovine da latte ad alta produzione ad esempio arrivano a
         produrre fino ad oltre 50 litri di latte al giorno); ciò predispone gli animali a patologie
         anche gravi (ad esempio per quanto riguarda i bovini: ruminiti, acidosi, ascessi al fegato,
         malattie podali) che inducono l’allevatore a macellare i capi malate anziché a curarli se le
         cure non sono economicamente convenienti;

   -     gli animali vengono costretti a vivere in contesti sociali anomali che causano loro stress e
         sofferenza psicologica. Le bovine da latte, ad esempio, subiscono la separazione forzata dai
         loro vitelli subito dopo la nascita (in questo modo le madri non possono allattarli nemmeno
         una volta); i vitelli vengono poi allontanati dalle madri, rinchiusi in piccole gabbie ed
         alimentati con latte ricostituito, composto da surrogati di minor qualità rispetto al latte
         materno; essi vivranno 6 mesi circa in un box solitamente all’interno di un capannone
         assieme ad altri 4-5 vitelli, poi verranno macellati per produrre le “carni bianche”, cioè
         pallide a causa della carenza di ferro; i vitelli vengono infatti tenuti costantemente in uno
         stato di anemia.

                                                                                                         9
Fecondazione artificiale e fecondazione assistita
         - controllo umano della sfera sessuale e riproduttiva degli animali, sincronizzazione
             dei calori tramite somministrazioni di ormoni;
         - gli operatori si arrogano il diritto di gestire arbitrariamente, di lasciar vivere o
             uccidere, a seconda del proprio tornaconto, embrioni e feti;

Embryo transfer (ET)
         – È un metodo di riproduzione mediante il quale gli ovuli fecondati prelevati da una
            femmina donatrice (indotta preventivam a superovulazione) vengono immessi
            nell’utero di altre femmine (riceventi), adeguatamente sincronizzate sessualmente
            con la donatrice; esse provvederanno alla gestazione dell’embrione loro trasferito.
         – L’uomo potrà così ottenere una discendenza dalla “donatrice” 10-20 volte più
            numerosa.

Per prevenire la diffusione delle malattie infettive degli animali allevati, si può praticare la
soppressione di TUTTI gli animali di uno o più allevamenti (“stamping out”) che presentano uno o
più animali infetti o talora solo sospetti.
Per la diagnosi delle malattie infettive si ricorre frequentemente a sperimentazioni su animali “da
laboratorio”. Ecco alcuni esempi:

   •   Afta epizootica: se c’è sospetto, intervenire tempestivamente con stamping out rigoroso
       negli allevamenti-focolaio.
   •   Blue tongue: inoculazione EV in embrioni di pollo di 10 gg; dopo 2-3 gg di incubazione a
       34°C  morte embrione con emorragie (sistema più usato oggi); inoculazione intracerebrale
       in topini con morte in 3-7 giorni. Se il veterinario conferma la diagnosi  abbattimento capi
       necessari per impedire epidemia, stamping-out negli allevamenti-focolaio.
   •   Chlamidiosi: prove biologiche in topino e cavia.
   •   Brucellosi ovi-caprina: i capi infetti vengono marcati con taglio a T all’orecchio destro e
       macellati entro 30 gg
   •   Malattia vescicolare: stamping out immediato se in un allevamento ci sono animali risultati
       positivi ai test; possibile stamping out allevamenti sospetti. Anche gli animali positivi ma
       senza sintomi, se risultano sieropositivi  macellazione.
   •   Peste suina classica e peste suina africana  stamping out

3- ALIMENTI VEGETALI, PRODOTTI ANIMALI E
SALUTE UMANA

Gli stili alimentari si possono sommariamente suddividere in:
             – Onnivoro: comprende anche carne, pesce, latticini, uova, prodotti dell’apicoltura
                (tutti i prodotti di origine animale);
             – A base vegetale: può comprendere qualsiasi prodotto di origine animale, ma in
                quantità limitata (alimentazione composta per lo più da vegetali);
             – Vegetariano: alimentazione che non prevede né carne né pesce; può contenere o
                menagli altri prodotti di origine animale (latticini, uova, prodotti dell’apicoltura);
→ Vegetariano completo o vegano: stile alimentare basato esclusivamente su cibi vegetali.

                                                                                                         10
Piramide alimentare vegetariana, sviluppata dal Dipartimento di Nutrizione
dell’Università di Loma Linda (California – U.S.A.) nel 2008:

                                                                             11
Piramide alimentare vegetariana giapponese (fonte: Nakamoto et al, 2009):

                                                                            12
La scienza ha ampiamente dimostrato che un adeguato stile alimentare vegetariano (compreso
quello vegano) è non solo salutare per ogni fase del ciclo vitale della persona, ma presenta anche
numerosi vantaggi per la salute rispetto alle abitudini alimentari onnivore.

Il Comitato Consultivo Americano sulle Linee Guida Dietetiche ha introdotto la dieta vegetariana
nelle linee guida ufficiali; il Comitato dei Medici per una Medicina Responsabile ha accolto
l’avvenimento con grande favore ed ha affermato:
«Precedenti comitati consultivi hanno notato il valore delle diete vegetariane, ma esse non sono
mai state ufficialmente raccomandate nelle linee guida finali, che sono spesso alterate da forze
politiche». (PCRM 2010).

L’American Dietetic Association (“la più grande organizzazione del mondo di professionisti della
nutrizione”¹) afferma nella sua posizione ufficiale sulle diete vegetariane che:

 «le diete vegetariane correttamente pianificate, comprese le diete vegetariane totali o vegane, sono
salutari, adeguate dal punto di vista nutrizionale e possono conferire benefici per la salute nella
prevenzione e nel trattamento di alcune patologie. Le diete vegetariane ben pianificate sono
appropriate per individui in tutti gli stadi del ciclo vitale, inclusa gravidanza, allattamento, prima e
seconda infanzia, adolescenza, e per gli atleti.» (ADA 2009)

   •   ¹ sito internet ufficiale: http://www.eatright.org/

Quali sono le malattie che colpiscono maggiormente i popoli occidentali?
Ogni anno le malattie cardiovascolari (sptt cardiopatie coronariche e ictus) uccidono più di 4,3
milioni di persone in Europa e sono causa del 48% di tutti i decessi (2 milioni/anno nell’UE: 40%
dei decessi);
Ogni anno a 3,2 milioni di europei viene diagnosticato un tumore (COMMISSIONE EUROPEA
2012).
E’ altissima l’incidenza di diabete a livello mondiale, che raddoppierà entro il 2030; 50 milioni di
persone in Europa (di cui il 50% ne è inconsapevole); negli U.S.A. l’8% delle persone e 150.000
giovani (DFI-IDF 2004).
In varie parti d’Europa l’obesità causa il 10-13% delle morti. La sua diffusione è triplicata in molti
paesi Europei dal 1980, e il numero di persone colpite continua a crescere ad un ritmo
allarmante,soprattutto tra i bambini (WHO 2012).
In Europa più di 25 milioni di persone sono affette da demenza (il 50-70% dei casi è dovuto
all’Alzheimer); l’incidenza è in continuo aumento: si stima che i casi di demenza saranno più di 40
milioni nel 2020 e più di 80 milioni nel 2040.

Alcuni vantaggi di una sana dieta vegetariana rispetto alle diete onnivore:

   -   maggior longevità;
   -   assunzioni più adeguate (cioè minori) di acidi grassi saturi e colesterolo;
   -    maggiori assunzioni di frutta, verdura, cereali integrali, frutta secca, prodotti della soia,
       fibre e fitocomposti benefici; migliori parametri di: pressione arteriosa, colesterolo (totale -
       LDL), indice di massa corporea (BMI); minore incidenza di malattie croniche e
       degenerative (come cancro, diabete, demenza senile, Alzheimer), di malattie cardiovascolari
       (sia acute che croniche) e di altre patologie(ADA 2009).

Cancro.
L’alimentazione inadeguata causa il 35% delle neoplasie (Willett 2000; Anand et al, 2008). Le diete
vegetariane sono «una strategia utile per la prevenzione del cancro» (Lanou and Svenson, 2011) e
permettono di ridurne l’incidenza del 10%-12% (Key et al., 2009 A; Key et al., 2009 B; Fraser
1999).

                                                                                                     13
Cancro (Fraser 1999), ipertensione (Appleby et al, 2002), sovrappeso, sindrome metabolica (Rizzo
et al, 2011), diabete (Tonstad et al, 2009) e cataratta (Appleby et al, 2011) hanno un’incidenza tanto
maggiore quanto maggiore è l’inclusione di prodotti di origine animale nella dieta.

L'aggiunta di quantità anche piccole di alimenti di origine animale è stata associata ad un aumentato
rischio di malattie cronico-degenerative (Campbell et al, 1994).

L'incidenza di cardiopatia ischemica è risultata essere inferiore nei vegetariani e nei vegani dalla
nascita rispettivamente del 24% e del 57% rispetto agli onnivori (Key et al., 1999;Appleby et al,
2002).

I vegetariani hanno una probabilità dimezzata di sviluppare diabete di tipo II rispetto agli onnivori
(Barnard et al., 2009); migliore gestione del diabete, minore rischio di complicanze nei soggetti
diabetici, migliore gestione del prediabete (Brand-Miller and Brand-Miller, 2011).

Incidenza di sindrome metabolica del 36.5% più bassa (Rizzo et al, 2011).

Minore incidenza di: diverticolite (Gear et al, 1979; Aldoori et al, 1994), calcoli della colecisti
(Pixley et al, 1985); vantaggi nel decorso dell'aterosclerosi (Barnard et al., 2009) e nel trattamento
dell’artrite reumatoide (Muller et al, 2001).

Incidenza fino a 4.5 volte inferiore, nella terza età, di demenza senile e di Alzheimer (Campbell et
Campbell 2011);

La maggior parte degli studi indica che il latte non è necessario per la salute umana, ed il suo
consumo è anzi associato a varie patologie(Lanou 2009), come la malattia di Parkinson (Park et
al, 2005; Chen et al, 2007).

Noi produciamo bassi livelli di radicali liberi per tutta la vita (esposizione al sole, inquinanti,
alimentazione scorretta, ecc), che nel tempo causano danneggiamento ed invecchiamento dei
tessuti. Gli antiossidanti delle piante agiscono tal quali come scudi nel nostro organismo
proprio come agiscono nelle piante. Gli antiossidanti si mostrano con diversi colori attraenti nei
frutti.

4- LA SICUREZZA E L’EQUITA’ DEGLI
APPROVVIGIONAMENTI A LIVELLO MONDIALE;
RIFLESSIONI IN PROSPETTIVA
In prospettiva, si rendono necessarie importanti riflessioni:

Nazioni Unite, report del 2010:
« Si prevede che gli impatti dell'agricoltura aumentino in modo sostanziale a causa dell'aumento di
popolazione e del conseguente aumento del consumo di alimenti animali. Una riduzione sostanziale
di questo impatto sarà possibile solamente attraverso un drastico cambiamento dell'alimentazione
globale, scegliendo di non usare prodotti animali».

La seguente figura, tratta da un report delle Nazioni Unite, rappresenta la classifica dei contributi
all’impatto ambientale mondiale da parte di ogni categoria di prodotti ed attività umane
(Fonte: UNEP 2010)

                                                                                                      14
15
-   Al 3° posto assoluto figurano gli allevamenti animali; essi sono di gran lunga la maggiore
        causa di consumo di risorse biologiche planetarie (33%), di acidificazione delle acque
        (assieme alla lavorazione della carne) ed è la 3° maggiore responsabile di produzione di gas
        serra;
    -   al 5° posto figura la lavorazione della carne e al 7 la lavorazione del latte (attività che
        consuma da sola circa il 15% delle risorse biologiche);
    -   estremamente inferiore è l’impatto ambientale dovuto alla produzione di vegetali.

I cereali e la soia divengono meno accessibili alle popolazioni più povere perché:
        - divenendo disponibili in minor quantità per il consumo umano diretto aumenta il prezzo
della quota disponibile per l’uomo;
        - una parte enorme va direttamente, ma soprattutto indirettamente (tramite le carni) ad
alimentare i ricchi; le carni dirigono una quota enorme di cereali e soia verso le popolazioni più
benestanti, che altrimenti non potrebbero consumarne in così grande quantità.
    • Il 40% del raccolto mondiale di grano è somministrato agli animali; la metà sarebbe più che
        sufficiente per saziare tutte le persone affamate del nostro pianeta. (Leitzmann 2003).
    • Il 90% della soia prodotta a livello mondiale è destinata agli animali allevati.

Molti paesi (in particolare in quelli in via di sviluppo) stanno “copiando” lo stile alimentare tipico
dell’occidentale medio, ricco di prodotti di origine animale; esso, per come utilizza le risorse
«sembra un tumore maligno (…) che guida l'intero sistema al fallimento. Il crescente consumo da
parte delle economie emergenti degli alimenti che consumano i paesi benestanti, è paragonabile
alle metastasi del cancro ad altri organi. Una dieta basata sui vegetali può permettere di risolvere
numerosi problemi che dobbiamo affrontare nel sistema alimentare di oggi.» (Chiu e Lin 2009).

5- Conclusioni
Accreditate fonti scientifiche mostrano i notevoli vantaggi - sia in ambito ecologico che della salute
umana – di un ridotto / assente contenuto di prodotti di origine animale nella dieta umana a favore
dell’incremento del consumo degli alimenti vegetali. La diffusione di tali tipi di diete permetterebbe
di ridurre gran parte dei problemi ecologici e sanitari dovuti alla filiera alimentare (inquinamento da
fertilizzanti, pesticidi ed altri prodotti chimici, deiezioni, emissioni di gas serra e di altri gas tossici).
Gli allevamenti degli animali da reddito comportano, a livello planetario, un’imponente emissione
di gas serra, corresponsabili del riscaldamento del pianeta. Rispetto agli alimenti vegetali, i prodotti
di origine animale sottintendono inoltre un gravoso dispendio di energie e di risorse (superfici
coltivabili, acqua, legumi e cereali, combustibili, prodotti chimici), che potrebbero essere utilizzati
con profitto molto maggiore per la coltivazione finalizzata all’alimentazione umana diretta; la metà
dei cereali coltivati in tutto il mondo per l’alimentazione del bestiame basterebbe a sfamare la
popolazione dell’intero pianeta. La diffusione delle diete a ridotto / assente contenuto di prodotti di
origine animale assume un’importanza ancor più evidente in previsione futura, dato il trend di
crescita della popolazione mondiale e le implicazioni relative al continuo aumento della richiesta
dei prodotti di origine animale, in particolare da parte dei paesi in via di sviluppo. L’espansione su
larga scala di stili alimentari di questo tipo favorirebbe inoltre le politiche mondiali di sicurezza
alimentare e permetterebbe di ridurre una buona parte dei problemi di salute pubblica connessi al
rapporto uomo-animale.
Dal punto di vista medico, le diete vegetariane e vegane adeguatamente pianificate sono
nutrizionalmente complete, adatte ad ogni fase del ciclo vitale umano e presentano numerosi ed
importanti vantaggi; rispetto alle diete onnivore esse favoriscono infatti il mantenimento di un
migliore stato di salute e la prevenzione di numerose ed importanti patologie (molto diffuse a livello
mondiale) come tumori (10-12% in meno di rischio complessivo), patologie cardio-vascolari,
diabete, demenza senile, Alzheimer ed altre.
                                                                                                           16
Autorità mondiali come Nazioni Unite, FAO hanno illustrato gli effetti negativi dell’allevamento
del bestiame sotto vari aspetti, e si sono espresse favorevolmente sul consumo dei prodotti vegetali
anziché di quelli animali, ponendo tra gli obiettivi necessari la riduzione su larga scala del consumo
di carne.
Rispetto alle diete onnivore, i vantaggi summenzionati sono via via crescenti nelle seguenti
tipologie di dieta: dieta a base vegetale, dieta vegetariana, dieta vegana (esse prevedono un
decrescente contenuto di prodotti di origine animale).
Nonostante per definizione non si possa parlare di benessere considerando l’intera filiera dei
prodotti di origine animale (in quanto ogni ciclo di allevamento termina necessariamente con
l’uccisione), dal punto di vista etico, è realisticamente necessario che gli animali posti alla custodia
dell’uomo godano del maggior grado di benessere possibile. A ciascuno di noi spetta decidere quale
posizione prendere a riguardo della sofferenza che viene inevitabilmente inflitta agli animali allevati
per ottenere alimenti.

In quanto consumatori, ogni nostro acquisto di prodotti di origine animale ha importanti
implicazioni etiche e conseguenze sul piano sia individuale sia globale, in quanto ci rende
direttamente responsabili:
    - della sofferenza e dell’uccisione degli animali allevati, trattati, all’interno di in un business
        miliardario come “cose” anziché come esseri senzienti con una propria dignità;
    - di effetti dannosi sulla nostra salute;
    - dell’elevato impatto ambientale che i prodotti di origine animale comportano;
    - degli squilibri di cibo e di risorse che si creano a danno delle popolazioni più povere e
        svantaggiate, a causa della diffusione della dieta onnivora a livello mondiale.

La dieta a base vegetale dunque «non è solo etica, ma è anche vitale per la salute della nostra
popolazione» (Chiu e Lin 2009); i vantaggi sono proporzionali al grado di riduzione del consumo di
carne in primis e dei prodotti di origine animale in generale, a favore dei cibi vegetali. Questo stile
alimentare ha le proprie radici nel rispetto della vita ed ha notevoli conseguenze positive sul piano
etico, della salute umana ed ambientale.

Per giungere ad una collaborazione volta al bene comune è imprescindibile il rispetto della vita di
ogni creatura e della salute del pianeta: è questa una strada che la scienza dimostra essere non
solo realmente percorribile, ma anche auspicabile. Questi valori dovrebbero guidare ogni azione
quotidiana di tutti noi in prima persona.

Nella storia dell’uomo, numerosi filosofi ed uomini di scienza -pur non avendo a disposizione le
evidenze scientifiche che abbiamo noi oggi- hanno intuito secoli (talvolta millenni) or sono i
notevoli vantaggi della dieta vegetariana.

La tradizione cristiana è straordinariamente ricca, nella sua storia, di virtuosi esempi di vita
caratterizzati dall’astinenza, come i padri del deserto ed innumerevoli santi, tra cui anche i Padri
della Chiesa.
Secondo la visione cristiana, l’uomo è corresponsabile della continuità creativa di Dio ed ha
l’«obbligo di prendersi responsabilmente cura di tutto il creato e quindi degli animali» (Przewozny
1999);

La scienza è uno strumento moderno che ci permette di riscoprire aspetti importantissimi delle
nostre origini che noi credenti ritroviamo all’alba della creazione, nella Genesi:

Dio disse: «Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra, e ogni
albero fruttifero che produce seme: saranno il vostro cibo» (Genesi 1,29).

                                                                                                     17
«La coppia prototipo, prima del peccato, si vede affidate quattro consegne: essere fecondi,
moltiplicarsi, riempire la terra, sottometterla, allorché Dio le assegna un regime vegetariano (Gn
1,28-29)» (Pontificia Commissione Biblica 2011)

                                                                                               18
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