ARISTOTELE LA NATURA DELL'AMICIZIA

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                                       ARISTOTELE

                          LA NATURA DELL’AMICIZIA
                                       Etica Nicomachea
                            (Libro VIII, 1155a-1160a;1162b-1163b)
                                         LIBRO OTTAVO

1. Dopo di ciò, seguirà che trattiamo dell'amicizia. Essa infatti (1155a) è una virtù o
s'accompagna alla virtù; inoltre essa è cosa necessarissima per la vita. Infatti nessuno
sceglierebbe di vivere senza amici, anche se avesse tutti gli altri beni (e infatti sembra che
proprio i ricchi e coloro che posseggono cariche e poteri abbiano soprattutto bisogno di
amici; infatti, quale utilità v'è in questa prosperità, se è tolta la possibilità di beneficare, la
quale sorge ed è lodata soprattutto verso gli amici? O come essa potrebbe esser salvaguardata
e conservata senza amici? Infatti quanto più essa è grande, tanto più è malsicura). E si ritiene
che gli amici siano il solo rifugio nella povertà e nelle altre disgrazie; e ai giovani l'amicizia è
d'aiuto per non errare, ai vecchi per assistenza e per la loro insufficienza ad agire a causa
della loro debolezza, a quelli che sono nel pieno delle forze per le belle azioni:

                          “Due persone che insieme vanno”(Omero).

E così sono più capaci a pensare e ad agire. Sembra poi che l'amicizia sia insita per natura in
chi genera verso il generato e in chi è generato verso il genitore, e ciò non solo negli uomini,
ma anche negli uccelli e nella maggior parte degli animali; e sia insita negli animali della
stessa specie tra di loro e soprattutto negli uomini tra di loro, per cui noi lodiamo i 'filantropi'.
E anche durante i viaggi si può osservare come ogni uomo sia familiare e amico ad altro
uomo.
Sembra che persino le città siano tenute unite dall'amicizia, e i legislatori si preoccupano di
essa ancor più che della giustizia; infatti la concordia sembra essere qualcosa di simile
all'amicizia ed essi mirano essenzialmente a quella e vogliono tener lontana soprattutto la
discordia, che le è nemica. E poi, quando si è amici, non v'è bisogno per nulla di giustizia,
mentre, anche essendo giusti, si ha bisogno dell’amicizia, e il più alto punto della giustizia
sembra appartenere alla natura dell'amicizia.
L'amicizia poi non è solo una cosa necessaria, ma è anche decorosa: infatti noi lodiamo gli
amanti dell'amicizia e l'abbondanza di amici sembra essere una delle cose decorose: e alcuni
ritengono che l'esser buoni e l'esser amici siano propri delle medesime persone.

Ma anche intorno all'amicizia si sollevano molte questioni. Alcuni infatti la considerano una
specie di somiglianza e dicono che i simili sono amici, da cui il detto che “il simile cerca il
suo simile”, o che la cornacchia cerca la cornacchia, e cose siffatte.
Altri invece dicono che tutti i simili sono tra loro come gli stovigliai in concorrenza. E
intorno a queste cose argomentano più dall'alto e da un punto di vista più fisico, come
Euripide, che dice che la terra inaridita ama la pioggia e che il venerando cielo, pieno di
pioggia, ama riversarsi sulla terra, ed Eraclito, che dice che l'utile nasce dal contrasto e che
dai contrari sorge la più bella armonia e che tutte le cose sorgono per la discordia. Al
contrario di questi invece parlano altri, tra cui Empedocle, secondo cui ogni simile tende a
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cercare il suo simile.
Ma lasciamo da parte le questioni della fisica (esse infatti non appartengono alla presente
ricerca). Esamineremo invece quelle che sono proprie dell'uomo e che riguardano i costumi e
le passioni: ad esempio se l'amicizia sorge in tutti gli uomini; e se i malvagi non possono
essere amici; e se vi è una sola specie di amicizia o se invece ve ne sono molte. Infatti quelli
che ritengono che ve ne sia una sola, giacché è possibile che in essa vi sia un più e un meno,
non si fondano su un argomento probante: infatti presentano un più e un meno anche cose di
specie differente. E di cose siffatte s'è parlato anche prima.

2. Facilmente si deluciderebbero queste questioni se si conoscesse ciò che è suscettibile
d'amicizia: sembra infatti che non ogni cosa sia amata, bensì solo ciò che è suscettibile
d'amicizia: e questo sembra essere ciò che è buono o piacevole, o utile. Sembrerebbe poi che
sia utile ciò per cui sorge qualche bene o piacere, cosicché sarebbero suscettibili d'amicizia,
in quanto fini, il buono e il piacevole.
Dunque si ama ciò che è buono in sé o ciò che è buono per noi? Queste due cose infatti talora
sono discordi. Altrettanto dicasi anche del piacevole. Sembra infatti che ciascuno ami ciò che
è buono per lui; e che, assolutamente parlando, sia suscettibile d'amicizia il bene in sé, ma
che per ciascuno sia poi tale ciò che è bene per lui. Anzi ciascuno ama non ciò che è bene per
sé, bensì ciò che gli sembra tale. Ma per nulla importa questa differenza: considereremo
infatti suscettibile d'amicizia ciò che appare buono. Essendo dunque questi tre i motivi per
cui si ama, non si adoprerà il termine 'amicizia' a proposito dell'affetto per le cose inanimate.
In esse infatti non v e ricambio d'affetto, né possiamo voler del bene ad esse (sarebbe infatti
ridicolo voler del bene al vino; se non che si desidera che si conservi, per poterlo avere);
invece si dice che si deve voler bene all'amico per lui stesso. Quelli che poi vogliono in tal
modo del bene, anche se da parte dell'altro non v'è ricambio, si chiamano benevoli: infatti
quando vi è ricambio, la benevolenza si chiama amicizia. E forse si deve aggiungere “quando
non è nascosta”? Molti infatti sono benevoli verso uomini che non hanno mai visto, ma che
suppongono che siano persone convenienti e utili (1156a): e qualcuna di quelle persone
potrebbe provare per loro lo stesso sentimento. Costoro dunque appaiono benevoli
reciprocamente: ma come si potrebbe dirli amici, se non palesano i loro sentimenti reciproci?
Bisogna dunque esser benevoli reciprocamente e volersi bene senza nasconderlo, a causa di
uno dei motivi suddetti.

3. Questi motivi differiscono tra loro per specie: e quindi differiscono anche gli affetti e le
amicizie. Tre dunque sono le specie di amicizie, come tre sono le specie di qualità suscettibili
d'amicizia: e a ciascuna di esse corrisponde un ricambio di amicizia non nascosto. E coloro
che si amano reciprocamente si vogliono reciprocamente del bene, riguardo a ciò per cui si
amano.
Quelli dunque che si amano reciprocamente a causa dell'utile non si amano per se stessi,
bensì in quanto deriva loro reciprocamente un qualche bene; similmente anche quelli che si
amano a causa del piacere. Infatti essi amano le persone facete non perché queste abbiano
date qualità, ma perché sono piacevoli. Quindi coloro che amano a causa dell'utile amano per
via del bene che proviene a loro, e quelli che amano a causa del piacere amano per via di ciò
che di piacevole proviene a loro e non in quanto la persona amata è quella che é, bensì in
quanto essa è utile o piacevole. Perciò queste amicizie sono accidentali; infatti colui che è
amato non viene amato per via di quello che è, ma in quanto procura chi un bene chi un
piacere.
Quindi simili amicizie sono facilmente caduche, poiché le persone non restano sempre eguali:
se infatti esse non sono più piacevoli o utili, cessano di essere in amicizia. E l'utile non dura,
ma cambia a seconda delle circostanze. Svanendo quindi il motivo per cui costoro erano
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amici, si scioglie anche l'amicizia, giacché l'amicizia era in rapporto a esso. Soprattutto
nelle persone anziane sembra sorgere una tale amicizia (infatti gli uomini di tale età non
ricercano ciò che è piacevole, ma l'utile) e anche in quelli degli uomini maturi e dei giovani
che ricercano l'utile. E costoro non conducono tra loro neppure una vita in comune; infatti
talora non sono neppure piacevoli a frequentarsi, per cui gli amici non desiderano neppure
una tal compagnia, quando essi non siano utili; infatti essi sono piacevoli solo nella misura in
cui offrono la speranza di qualche bene. Tra queste amicizie si collocano pure quelle coi
forestieri.
L'amicizia dei giovani invece sembra essere a causa del piacere: essi infatti vivono secondo la
passione e ricercano soprattutto ciò che è piacevole a loro e nel presente; quando però l'età
muta, anche le cose piacevoli divengono diverse. Perciò rapidamente essi divengono amici e
rapidamente cessano di esserlo: infatti insieme con ciò che è piacevole, muta anche
l'amicizia, e di un siffatto piacere rapido è il mutamento.
(1156b) E i giovani poi sono portati all'amore erotico: infatti la maggior parte di tale amore
avviene secondo la passione e a causa del piacere: perciò essi amano e rapidamente smettono,
mutando sentimento più volte nello stesso giorno. Ed essi vorrebbero passare tutto il giorno
insieme e fare vita in comune: infatti così sorge per essi ciò che è conforme all'amicizia.

L'amicizia perfetta è quella dei buoni e dei simili nella virtù. Costoro infatti si vogliono bene
reciprocamente in quanto sono buoni, e sono buoni di per sé; e coloro che vogliono bene agli
amici proprio per gli amici stessi sono gli autentici amici (infatti essi sono tali di per se stessi
e non accidentalmente); quindi la loro amicizia dura finché essi sono buoni, e la virtù è
qualcosa di stabile; e ciascuno è buono sia in senso assoluto sia per l'amico. Infatti i buoni
sono sia buoni in senso assoluto, sia utili reciprocamente. E altrettanto sono anche piacevoli;
infatti in generale i buoni sono anche reciprocamente piacevoli; infatti a ciascuno sono
piacevoli le azioni a lui conformi e quelle simili; e le azioni dei buoni sono appunto eguali o
simili. Una tale amicizia logicamente è stabile. Infatti in essa s’incontrano tutte le qualità che
sono necessarie agli amici. Infatti ogni amicizia sorge o in vista di un bene, o per il piacere, o
assolutamente o in vista della persona amata, e in seguito a una certa somiglianza; in questo
tipo di amicizia dunque sono presenti tutte le cose suddette per via degli amici stessi (essendo
essi simili in ciò e nel rimanente) e ciò che è assolutamente bene è anche assolutamente
piacevole. Queste dunque sono le cose soprattutto suscettibili d'amicizia e l'esser amico e
l'amicizia si trovano soprattutto e perfettamente in esse. È naturale poi che tali amicizie siano
rare: pochi infatti sono gli uomini siffatti. Inoltre per questo si richiede tempo e consuetudine;
infatti, secondo il proverbio, non è possibile conoscersi reciprocamente prima di aver
consumato insieme il sale, come esso dice; né si può accogliere un amico né essere amici,
prima che ciascuno appaia all'altro suscettibile di amicizia e sia creduto tale. Quelli che poi
fanno subito amicizia tra loro vogliono essere amici, ma non lo sono, se non quando siano
anche suscettibili di amicizia e non lo sappiano; infatti la volontà di amicizia sorge in fretta,
ma non così l'amicizia. Questa dunque è l'amicizia perfetta sia rispetto alla durata che agli
altri elementi e sorge in base a tutte queste qualità identiche o simili tra entrambi, come
appunto deve essere tra due amici.

4. (1157 a) L’amicizia invece che sorge a causa del piacevole ha con questo soltanto
somiglianza (in quanto i buoni sono anche piacevoli tra loro), e altrettanto è di quella che
sorge a causa dell'utile (in quanto i buoni sono anche utili tra loro). E tra costoro le amicizie
durano soprattutto quando da entrambe le parti ne derivi il risultato eguale (ad esempio il
piacere) non solo, ma anche della stessa natura, com'è tra gli uomini faceti e non com'è,
nell'amore erotico, tra amante e amato.
Costoro infatti non godono delle stesse cose, bensì quegli gode nel vedere l'amato, questi
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nell'essere corteggiato dall'amante; e quando passa l'avvenenza dell'età talora cessa anche
l'amicizia (all'amante non è  piacevole la vista dell'amato, questi a sua volta non riceve i
corteggiamenti); molti tuttavia perdurano ancora in questa amicizia, se siano venuti con la
consuetudine ad amare il carattere, essendo simili in esso. Quelli poi che nell'amore erotico
non si contraccambiano il piacere bensì l'utile, sono meno amici, e durano meno
nell'amicizia. Infatti coloro che sono amici in vista dell'utile, cessano di esserlo col cessare
dell'utilità; infatti così non erano amici l'uno dell'altro, bensì erano amici del proprio
vantaggio.
A causa dunque del piacere e a causa dell'utile è possibile che anche i cattivi siano amici tra
loro e che gli uomini convenienti lo siano coi cattivi e che chi non è né l'uno né l'altro con
chicchessia; ma amici per se stessi è chiaro che lo sono solo i buoni, infatti i cattivi non
godono di loro stessi, se non sorga una qualche utilità. E soltanto l'amicizia dei buoni è
inattaccabile dalla calunnia: infatti non è facile prestar fede ad alcuno intorno a una persona
che è stata da essi messa alla prova per lungo tempo. E in essi è insita la fiducia e il non
commettere mai ingiustizia e tutte le altre cose che si ritengono degne di una vera amicizia.
Invece nelle altre forme di amicizia nulla impedisce che sorgano quei difetti. Infatti, poiché
gli uomini sogliono chiamare amici anche quelli che lo sono in vista dell'utile, come avviene
delle città (sembra infatti che le alleanze tra le città si facciano a causa dell'utilità) e anche
quelli che, come i fanciulli, si amano reciprocamente in vista del piacere, forse conviene che
chiamiamo amici anche costoro, ma che distinguiamo più specie di amicizia e che poniamo in
primo luogo e come fondamentale l'amicizia dei buoni in quanto buoni, mentre le altre
amicizie le consideriamo tali solo per somiglianza: cioè solo in quanto hanno qualcosa di
buono e qualcosa di simile a quella, parliamo anche in questo caso d'amici; giacché anche il
piacevole è un bene per chi ama il piacere. Ma queste forme d'amicizia non sono
generalmente congiunte tra loro, giacché le stesse persone non diventano
contemporaneamente amiche per l'utile e per il piacevole: raramente s'accoppiano le qualità
accidentali. (1157b) Essendo dunque stata divisa l'amicizia in queste specie, i cattivi saranno
amici o a causa del piacere o a causa dell'utile, essendo simili da questo punto di vista; i
buoni invece saranno amici di per se stessi, in quanto cioè sono buoni. Questi dunque sono
amici in senso assoluto, quelli invece lo sono solo accidentalmente e in quanto assomigliano
a questi.

5. Come, per quanto riguarda la virtù, alcuni sono detti buoni per la loro disposizione
d'animo, altri per la loro attività, così accade anche per quanto riguarda l'amicizia. Alcuni
infatti godono del vivere insieme tra loro e si procurano reciprocamente dei beni; altri invece,
come dormendo, o separati dalla distanza dei luoghi non hanno un'amicizia attiva, ma sono in
tal disposizione da avere un amicizia attiva; la lontananza dei luoghi infatti non scioglie
assolutamente l'amicizia, ma solo l'attività di essa. Se poi l'assenza diventa lunga, sembra che
provochi la dimenticanza dell'amicizia, per cui s'è detto:

                            Molte amicizie ha già sciolto il silenzio

Né i vecchi, né i burberi, poi, sembrano esser atti all'amicizia; infatti v'è poco in essi che
riguarda il piacere, e nessuno può passare la giornata con chi è portato ad addolorarsi o con
chi non è piacevole; infatti la natura sembra fuggire soprattutto ciò che è doloroso e
perseguire ciò che è piacevole. Quelli poi che si accolgono bene reciprocamente, ma non
vivono in familiarità, sembrano essere più benevoli che amici. Nulla infatti è tanto proprio
degli amici quanto il vivere insieme; infatti gli amici bisognosi desiderano aiuto, quelli beati
desiderano passare i giorni insieme; ad essi infatti non giova minimamente il vivere isolati.
Ma non è possibile stare insieme reciprocamente se non si è piacevoli e se non si gode delle
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stesse cose, il che sembra esser proprio dell'amicizia cameratesca.
Dunque, come già abbiamo detto più volte, l'amicizia per eccellenza è quella dei buoni.
Sembra infatti che suscettibile d'amicizia e di scelta sia ciò che è buono o piacevole
assolutamente, e a ciascuno ciò che è tale per lui: e per entrambe queste ragioni l’uomo
buono è per chi è buono suscettibile di amicizia. (L'affetto infatti assomiglia a una passione,
l'amicizia invece a una disposizione d'animo: infatti l'affetto si ha non di meno anche verso le
cose inanimate, invece il ricambio d'amicizia accompagnato dal proponimento e il
proponimento deriva da una disposizione d'animo.) E si vuol bene alle persone amate a causa
di queste stesse, non per via di una passione, ma per disposizione. E amando l'amico si ama il
proprio bene; infatti la persona buona quando diviene amica, diventa un bene per colui al
quale è amica. Ciascuno dei due quindi ama il proprio bene e rende un ricambio equo nella
buona volontà e nel piacere: (1158 a) infatti si dice che l'equità sia spirito amichevole. E ciò
accade soprattutto nell'amicizia dei buoni.

6. Nei burberi e negli anziani poi l'amicizia sorge tanto meno, quanto più sono di cattivo
temperamento e quanto meno godono delle relazioni. Queste infatti sembrano essere le cose
più atte all'amicizia e più suscitatrici di amicizia. Per questo i giovani divengono subito
amici, mentre gli anziani no: infatti non si diventa amici se non si gode l'un dell'altro; e
altrettanto è dei burberi. Gli uomini di tal genere sono invero benevoli tra loro (essi infatti si
vogliono del bene e si aiutano nei bisogni); però non sono del tutto amici, giacché non
trascorrono insieme i giorni, né godono l'uno dell'altro, cose che sono le maggiormente atte
all'amicizia.
Non è poi possibile essere amico a molti di perfetta amicizia, come non è possibile essere
innamorato contemporaneamente di molti; l'amicizia perfetta infatti è simile a un eccesso, il
quale per sua natura può sorgere solo verso una persona; non è facile infatti che molte
persone piacciano fortemente e contemporaneamente a una stessa persona, e forse non è
neppur possibile ch'esse siano tutte buone. Inoltre occorre averle messe alla prova ed esser
venuti con loro in familiarità, il che è difficilissimo. Invece è possibile piacere a molti a causa
dell'utile o del piacevole; giacché molti sono siffatti e i servigi si possono rendere in breve
tempo. Di queste specie d'amicizia è più simile alla vera amicizia quella che sorge per il
piacere, quando vi siano gli stessi rapporti da entrambe le parti e gli amici godano l'un
dell'altro o delle stesse cose: e tali sono le amicizie dei giovani. In tali amicizie vi è
maggiormente generosità; invece l'amicizia in vista dell'utilità è propria di gente di piazza. E
gli uomini beati non hanno per nulla bisogno di cose utili, bensì di cose piacevoli. Essi infatti
desiderano vivere insieme a qualcuno; e siccome ciò che è doloroso lo sopportano pur per
poco tempo, ma nessuno ci resisterebbe di continuo, anche se si trattasse del bene, se questo
gli è doloroso: per questo essi ricercano amici piacevoli. Forse però conviene che questi loro
amici siano buoni  oltre che per loro: così infatti vi sarà in essi tutto ciò che deve
esserci negli amici.

Le persone poi che sono al potere sembrano servirsi di due tipi diversi di amici: alcuni infatti
sono loro utili, altri piacevoli; ma non è facile che le stesse persone siano le due cose
[insieme]: essi infatti non li cercano contemporaneamente piacevoli e virtuosi, né utili in
vista di cose decorose, bensì essi da un lato, mirando al piacevole, cercano persone facete,
dall'altro persone abili a compiere ciò che viene comandato: e queste qualità non si trovano
facilmente nella stessa persona. Però, come si disse, l'uomo virtuoso è contemporaneamente
piacevole e utile; ma un tale uomo non diviene amico di chi gli è superiore, a meno che questi
gli sia superiore anche per virtù; se non lo è, quello che è superato non può stabilire la giusta
relazione tra i due. E non facilmente sogliono sorgere uomini di tal genere. (1158b)
Le amicizie suddette dunque si basano sull'eguaglianza: infatti da entrambe le parti
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provengono gli stessi rapporti ed essi desiderano cose eguali, o si contraccambiano
una cosa con un'altra, come il piacere in cambio dell'utilità. Che queste siano meno amicizie e
durino meno, s'è detto. E, a seconda della loro somiglianza e dissomiglianza dalla vera
amicizia, sembrano essere o non essere amicizie: infatti per la somiglianza con l’amicizia
secondo virtù sembrano amicizie (l'una specie ha per scopo il piacere, l'altra l'utilità ed
entrambe queste cose si trovano anche nell'amicizia virtuosa); invece, siccome quella è
inattaccabile dalle calunnie e stabile, queste invece si mutano rapidamente in altre e
differiscono poi in molte altre cose, esse non sembrano essere amicizie a causa della
dissomiglianza da quella.

7. Un'altra specie di amicizia è quella secondo rapporti di superiorità; ad esempio quella del
padre verso il figlio e in genere dell'uomo anziano verso il più giovane, quella del marito
verso la moglie e di ogni comandante verso il comandato. Anche queste amicizie differiscono
l'una dall'altra; infatti non è la stessa quella che esiste nei genitori verso i figli e quella nei
comandanti verso i comandati; non solo, ma non sono la stessa quella del padre verso il figlio
e quella del figlio verso il padre, né sono la stessa quella del marito verso la moglie e quella
della moglie verso il marito. Infatti in ciascuno di questi differente è la virtù, differente è
l'opera e differenti sono anche i motivi per cui amano: quindi anche gli affetti e le amicizie
sono differenti. E quindi né provengono gli stessi rapporti a ciascuno da parte dell'altro, né si
devono cercare gli stessi; ma se i figli danno ai genitori ciò che è dovuto a chi li ha generati, e
i genitori danno ai figli ciò che è dovuto alle proprie creature, la loro amicizia sarà stabile e
conveniente. Anche l'affetto poi deve seguire la norma della proporzione in tutte le amicizie
che sono secondo superiorità; ad esempio che chi è superiore sia amato più di quanto ami, e
altrettanto per quello che è più utile e per ciascuno degli altri casi; infatti quando l'amicizia è
secondo il merito, allora sorge in certo modo un'equità, il che sembra esser proprio
dell'amicizia.
Però ciò che è equo sembra non esserlo allo stesso modo nella giustizia e nell'amicizia: nella
giustizia infatti è equo anzitutto ciò che è proporzionato al merito, e in secondo luogo ciò che
è proporzionato alla quantità, nell'amicizia è equo invece anzitutto ciò che è proporzionato
alla quantità, e in secondo luogo ciò che è proporzionato al merito. Ciò è evidente quando vi
sia molta diversità nella virtù, o nel vizio, o nella ricchezza, o in qualcosa d'altro: in tal caso
non solo non si è amici, ma non si pretende neppure di esserlo. E ciò è poi evidentissimo a
proposito degli dei, in quanto essi sono moltissimo superiori riguardo a tutti i beni. Ed è
evidente anche a proposito dei re: infatti quelli che (1159a) sono di molto inferiori non
pretendono neppure di essere amici ad essi; e così neppure quelli che non valgono nulla
pretendono d'essere amici a uomini ottimi o sapientissimi. In simili cose invero non vi è un
limite esatto che dica fino a dove si può essere amici; infatti l'amicizia dura ancora, anche se
vengono a mancare molte cose; se però uno si isola di molto, come un dio, non sussiste più.
Perciò si pone anche la questione se un amico possa desiderare per il suo amico i più grandi
dei beni, come di essere un dio: infatti in tal caso questi non gli sarebbe più amico, né gli
sarebbe un bene, giacché gli amici sono dei beni. Se dunque s'è detto giustamente che l'amico
vuole del bene all'amico ai fini di esso, però questi dovrebbe rimanere tale quale è quello:
l'amico dunque desidererà i beni più grandi per lui, ma come a un uomo. E forse non
desidererà per lui tutti i beni; infatti soprattutto ciascuno vuol bene a se stesso.

8. La maggior parte degli uomini sembra, per ambizione, voler essere amata piuttosto che
amare (perciò i più sono amici degli adulatori: infatti l'adulatore ama come un inferiore o
simula d'essere tale e di amare più che essere amato); e l'essere amato sembra qualcosa di
simile all'essere onorato, cosa a cui la maggior parte aspira. Tuttavia gli uomini non
sembrano ricercare l'onore di per se stesso, ma accidentalmente. Infatti i più godono di essere
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onorati da coloro che sono potenti per la speranza (essi infatti ritengono di ottenere da
parte di essi ciò di cui difettano; e quindi godono dell'onore come di un segno che si
riceveranno dei favori); altri poi, aspirando all'onore da parte di uomini convenienti e dotti,
aspirano a rafforzare la reputazione comune intorno a se stessi. Essi quindi godono di essere
buoni, fidandosi del giudizio di coloro che lo dicono. E godono anche del fatto in sé
dell'essere amati. Perciò sembrerebbe che l'essere amati sia cosa migliore dell'essere onorati e
che l'amicizia sia cosa desiderabile di per se stessa. E sembra che essa consista più nell'amare
che nell'essere amati. Prova ne è che anche le madri godono di amare: alcune infatti danno i
loro figli a balia, e li amano consapevolmente, pur non cercando d'essere ricambiate, se
entrambe le cose non sono possibili; bensì ad esse sembra essere sufficiente il vederli star
bene, e li amano anche se essi non rendono alla madre, in quanto la ignorano, nulla di ciò che
è dovuto alla madre. E poiché l'amicizia consiste più nell'amare, e giacché sono lodati coloro
che amano gli amici, la virtù degli amici sembra essere l'amare; cosicché coloro in cui ciò
avviene proporzionalmente al merito, (1159 b) costoro sono amici costanti e costante è la loro
amicizia. In tal modo soprattutto potrebbero essere amici quelli che sono ineguali: così infatti
potrebbero divenire eguali.
Ma sono l'eguaglianza e la similitudine che determinano l'amicizia, e soprattutto la
somiglianza nella virtù; infatti le persone virtuose sono costanti in se stesse e tra di loro, e
non hanno bisogno di cose cattive, né si prestano a tali cose, ma anzi, per così dire le
impediscono, essendo proprio degli uomini buoni di non commettere peccati essi stessi, né di
permettere agli amici di commetterne. Gli uomini perversi, invece, non hanno una stabile
costanza, e neppure persistono ad esser coerenti con se stessi: e in breve tempo diventano
amici, godendo della reciproca malvagità. Gli uomini utili e quelli piacevoli, invece,
perseverano più a lungo: sino a quando cioè si procurino reciprocamente piaceri o utilità.
L'amicizia poi che sorge a causa dell'utile sembra sorgere soprattutto tra i contrari: ad
esempio tra un povero e un ricco, tra un ignorante e un dotto; infatti mirando ciascuno a ciò
di cui si trova a difettare, dà in contraccambio qualcos'altro. E si potrebbe far rientrare in
questo caso, a proposito dell'amore erotico, l'amante e l'amato, il bello e il brutto. Per questo
talora gli amanti sembrano anche ridicoli, pretendendo essi d'esser amati nel modo in cui
amano: e si potrebbe giustificarli se fossero egualmente atti ad essere amati, ma se non hanno
affatto tale qualità, sono ridicoli. Forse però il contrario non ama il suo contrario per esso
stesso, bensì accidentalmente, mentre invece egli appetisce il medio: questo infatti è bene,
come per ciò che è secco non è bene diventar umido, bensì raggiungere il giusto mezzo, e
similmente per chi è caldo e per gli altri casi. Lasciamo da parte dunque queste questioni
(infatti sono piuttosto estranee al nostro argomento).

9. Sembra che, come si disse in principio, l'amicizia e la giustizia riguardino gli stessi oggetti
e risiedano nelle stesse cose e persone. Infatti sembra che in ogni comunanza vi sia una certa
giustizia e un amicizia; infatti si chiamano amici i compagni di bordo e i compagni d'arme, e
similmente anche i compagni delle altre comunanze. E in quanto si accomunano, in tanto v'è
amicizia; giacché v'è anche giustizia. Ed è giusto il .proverbio: “le cose degli amici sono
comuni”; infatti l'amicizia si manifesta nella comunanza. Anche poi tra fratelli e camerati
tutte le cose sono comuni, mentre tra gli altri uomini sono divise e alcuni ne posseggono di
più, altri di meno; e anche tra le amicizie alcune lo sono di più, altre di meno. E anche i
rapporti di giustizia sono differenti: infatti non sono gli stessi quelli dei genitori verso i figli e
quelli dei fratelli tra loro, quelli tra i camerati e quelli tra i cittadini; e similmente per le altre
specie di amicizia. Anche le ingiustizie tra ciascuno di questi sono differenti e diventano più
gravi quanto più si è amici: ad esempio è più grave privare di ricchezze un camerata che non
un concittadino, è più grave non soccorrere un fratello che un estraneo, e percuotere il padre
che una qualsiasi altra persona. E la giustizia poi ha per sua natura di accrescersi insieme con
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l'amicizia, in quanto risiede nelle stesse cose e persone e ha eguale estensione.
   Tutte le comunanze poi sembrano esser parti della società politica. Infatti gli uomini si
riuniscono in vista di qualche utilità e per procacciarsi qualcosa di ciò di cui si abbisogna per
la vita; e la società politica sembra sia essere sorta da principio come una comunanza in vista
dell'utilità sia durare in quanto tale. A ciò infatti mirano anche i legislatori, e dicono che è
giusto ciò che è utile alla comunità. Le altre comunanze mirano all'utilità parziale, ad
esempio i naviganti mirano all'utilità della navigazione riguardo al procacciarsi ricchezze o a
qualcosa di simile, i compagni d'arme mirano all'utilità della guerra, sia che desiderino
ricchezze, oppure la vittoria, oppure una città, e altrettanto dicasi dei compagni di tribù o di
demo; alcune comunanze poi sembrano sorgere in vista del piacere, come quella dei
compagni di tiaso o delle società di banchetto: esse infatti hanno per scopo le cerimonie
religiose e i convegni.
Tutte queste comunanze sembrano essere subordinate alla società politica (infatti questa non
mira all'utilità del momento, bensì a quella di tutta la vita); sia facendo cerimonie religiose e,
durante esse, adunanze, sia tributando onori agli dei, sia procurando a se stessi dei piacevoli
svaghi. Infatti le antiche cerimonie religiose e riunioni sembra che sorgessero dopo la
raccolta dei frutti, come offerte; infatti soprattutto in quest'occasione avevano tempo per lo
svago. Quindi tutte le comunanze sembrano essere parti della società politica: e a tali
comunanze conseguono siffatte amicizie. (…)

13. Tre dunque essendo le specie d'amicizia, come s'è detto in principio, ed essendovi in
ciascuna di esse amici in rapporto d'eguaglianza e amici in rapporto di superiorità (1162b)
(infatti egualmente divengono amici i buoni tra loro quanto uno migliore con uno peggiore, e
altrettanto è anche degli uomini piacevoli e di quelli che dal punto di vista dell'utile sono
eguali oppure differiscono quanto ai benefici); dunque bisogna che gli eguali siano su base
d'eguaglianza quanto all'essere amici e che si eguaglino anche nelle altre cose, e che i
diseguali si eguaglino col contraccambiarsi in proporzione alla superiorità. Le accuse e i
biasimi poi sorgono soltanto o soprattutto nell'amicizia basata sull'utile, e ciò logicamente.
Infatti quelli che sono amici a causa della virtù desiderano beneficarsi reciprocamente (ciò
infatti è proprio della virtù e dell'amicizia), e tra essi che gareggiano per questo non vi sono
né accuse né lotte (infatti nessuno si adira con chi lo ama e gli fa del bene, bensì, se è
sensibile, se ne schermisce ricambiandolo; e chi eccede in ciò, raggiungendo ciò a cui mira,
non può accusare l'amico, giacché entrambi desiderano il bene). E neppure v’è per nulla ciò
negli amici a causa del piacere (infatti se essi godono del vivere insieme, si realizza
contemporaneamente per entrambi ciò che desiderano; infatti sembrerebbe ridicolo chi
accusasse l'amico che non gli dà piacere, essendo in sua facoltà il non passare il tempo con
lui). Invece l'amicizia basata sull'utile è suscettibile di accusa. Infatti tali amici, servendosi
l'uno dell'altro per l'utilità, sempre desiderano di più e ritengono d'aver di meno del dovuto e
rimproverano di non ottenere tanto quanto avrebbero bisogno e di cui sarebbero degni; e
quelli che beneficano non possono soddisfare tanto quanto richiedono coloro che ricevono.
E sembra che, come la giustizia è di due specie, quella non scritta e quella codificata dalla
legge, così anche dell'amicizia basata sull'utile sembra esservi una specie etica, un'altra
legale. E le accuse sorgono soprattutto quando gli uomini stringono l'amicizia e la sciolgono
nella stessa maniera.
L'amicizia legale sorge in base ai rapporti convenuti e può essere o quella del tutto
commerciale dello scambio da mano a mano, o quella più liberale a distanza di tempo, sulla
base concordata di una cosa in cambio di un'altra (e in essa il debito è stabilito chiaramente e
non è controverso; e ha come elemento comune all'amicizia il fatto ch'esso è differito; perciò
presso taluni non vi sono cause giuridiche su di ciò, bensì pensano che quelli che hanno
stretto un contratto sulla fiducia debbano amarsi).
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L'amicizia etica invece non sorge in base a rapporti convenuti, ma sia che si doni o si
faccia altro, lo si fa in quanto si tratta d'un amico. Tuttavia chi dona pensa di dover ricevere
altrettanto o di più, come se non avesse donato, bensì prestato. E se l'amicizia viene prima
stretta, poi sciolta non nello stesso modo, vi saranno accuse. Ciò accade perché tutti, o i più,
vogliono il bello, ma preferiscono l'utile (1163a). E il bello è il beneficare non in vista del
contraccambio, utile invece l'esser beneficati. Perciò chi può deve contraccambiare il valore
di ciò che ricevette, e farlo volentieri. Infatti non si può essere ritenuti amici controvoglia,
come se, avendo commesso un errore al principio, si fosse stati beneficati da chi non si
doveva, non cioè da un amico, né da uno che lo facesse proprio per amicizia. Si dovrà quindi
ripagare il beneficio come si fa nei rapporti convenuti. E ci si dovrà impegnare a restituirlo
quando si possa; da chi invece non possa ricambiare, neppure il benefattore dovrebbe
richiederlo; insomma, si deve ricambiare, se è possibile. E da principio si deve esaminare da
chi si riceve il beneficio e a quali condizioni, per sottostare oppure no a quelle condizioni.
Sorge poi la questione se si debba commisurare il contraccambio al vantaggio ricevuto dal
beneficato e renderlo in tal misura, oppure se si debba commisurarlo all'intenzione benefica
del benefattore. Invero i beneficati sogliono dire che le cose ricevute dai benefattori erano
piccole per loro e che era possibile riceverle anche da altri, cercando di sminuirle; i
benefattori, dal canto loro, dicono che sono state date da loro le più grandi cose, e tali che non
era possibile riceverle da altri, sia nei momenti del pericolo, sia in tali necessità. Dunque, se
l'amicizia è basata sull'utile, non è forse misura di essa l'utilità di chi riceve benefici? Costui
infatti è colui che ha bisogno e il benefattore lo aiuta per riceverne un eguale contraccambio;
quindi l'aiuto è stato tanto grande di quanto il beneficato ne è stato avvantaggiato, e bisogna
contraccambiare al benefattore quanto s'è ottenuto, e anche di più: ciò infatti è più bello.
Invece nelle amicizie basate sulla virtù non vi sono accuse, e il proponimento del benefattore
sembra esserne la misura; infatti l'essenziale della virtù e del costume risiede nel
proponimento.

14. Vi sono differenze anche nelle amicizie basate sulla superiorità. Ciascuno dei due amici
pretende di avere di più, e in tal caso si scioglie l'amicizia. Infatti il migliore ritiene che
convenga ch'egli abbia di più (infatti al buono si attribuisce di più); e altrettanto pensa anche
il più utile. Infatti si dice che chi è inutile non debba avere una parte eguale, giacché avviene
una servitù e non un amicizia, se i vantaggi derivati dall'amicizia non sono proporzionati al
valore delle opere; si pensa infatti che, come nelle associazioni finanziarie ricevono di più
quelli che contribuiscono di più, così debba accadere anche nell'amicizia. Chi invece è
bisognoso e chi è inferiore pensa il contrario: che cioè sia proprio del buon amico l'aiutare chi
ha bisogno; infatti, dicono, quale utilità avrebbe l'esser amico a un uomo virtuoso e potente,
se non se ne può ricavare alcun vantaggio (1163 b)? Sembra invero che ciascuno dei due
abbia ragione nella sua pretesa, e che ciascuno dei due debba ricavare dall'amicizia qualche
cosa di più; ma questo qualcosa di più non è dello stesso tipo per entrambi; infatti chi è
superiore deve di più nell'onore, chi ha bisogno qualcosa di più nel vantaggio; infatti la
ricompensa della virtù e del beneficio è l'onore, mentre il sollievo del bisogno è il guadagno.
E sembra che così accada anche nei governi: non è onorato chi non apporta alcun bene alla
comunità. Infatti non si concede qualcosa di comune se non a chi benefica la comunità, e
l'onore è qualcosa di comune; giacché non è possibile contemporaneamente arricchirsi con le
cose pubbliche ed essere onorato. In ogni cosa nessuno sopporta di ricevere il meno; perciò a
chi riceve meno nel denaro si attribuisce onore e invece a chi è venale si danno ricchezze;
infatti, come si disse, il tener conto del merito pareggia e salva l'amicizia. Così dunque
bisogna regolare la relazione tra persone diseguali: e a chi ha giovato quanto a ricchezze o
quanto a virtù, bisogna dare in contraccambio onore, contraccambiando per quanto è
possibile. Infatti l'amicizia richiede solo il possibile, non ciò che richiederebbe il merito.
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Quest'ultima cosa infatti non è nella possibilità di tutti, come accade negli onori
che si attribuiscono agli dei e ai genitori: ad essi infatti nessuno potrebbe dare il
contraccambio secondo il merito, ma sembra essere conveniente chi serve ad essi per quanto
può. Perciò può sembrare anche che, mentre non è permesso al figlio scacciare il padre, sia
permesso al padre scacciare il figlio. Infatti chi è in debito deve restituire e il figlio, per
quanto faccia, non avrà mai compiuto qualcosa degno dei benefici ricevuti, per cui è sempre
in debito; e quelli che sono in credito hanno il potere di scacciare, e così pure è del padre. Ma
forse è altrettanto vero, come sembra, che nessuno voglia scacciare il proprio figlio, a meno
che questi ecceda in perversità (anche prescindendo dall'amicizia naturale, è umano non
rifiutare l'aiuto); ma il figlio, se è perverso, è possibile che eviti l'aiuto al padre o non se ne
dia cura. I più vogliono ricevere il bene, ma evitano di farlo, come cosa non vantaggiosa.
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