A casa con i nostri bambini - AUSL Bologna
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A casa con i nostri bambini UOC Neuropsichiatria Infanzia e Adolescenza Attività Territoriali *Centro Clinico per la Prima Infanzia DSM– DP AUSL di Bologna a cura di: Simona Chiodo neuropsichiatra Infantile Luana Fusaro psicologa Sandra Impagliazzo*psicologa Lucia Paiano neuropsicomotricista Samanta Piana* psicologa
Il bambino piccolo e la fatica di crescere Care mamme e cari papà, al fine di offrirvi un piccolo sostegno a distanza, abbiamo preparato una breve dispensa informativa inerente lo sviluppo dei bambini, con particolare riferimento ad alcune difficoltà che spesso rappresentano motivo di richiesta di consulenza presso il nostro Servizio. Certamente immaginiamo che questo documento non potrà soddisfare il bisogno di alcuni di voi di condividere e comprendere le difficoltà del proprio bambino, ma ci auguriamo possa fornirvi un iniziale e temporaneo supporto, nell’attesa di potervi nuovamente accogliere presso i nostri ambulatori.
Il bisogno di sicurezza dei bambini… e non solo La situazione creata dall’emergenza COVID-19 e le conseguenti misure straordinarie adottate dal Governo per contenere il più possibile il contagio hanno determinato una condizione di isolamento che può a sua volta amplificare emozioni negative (ansia, paura, tristezza…). Abbiamo tutti bisogno di sentirci al sicuro e questo bisogno è tanto più evidente nelle situazioni stressanti, come quella attuale. I bambini cercano per natura protezione e i genitori sono predisposti a garantire loro sicurezza. Ci auguriamo che questa breve dispensa possa supportarvi nel vostro prezioso ruolo di genitore, con una premessa: tutto ciò di cui un bambino ha bisogno è che voi siate genitori “sufficientemente buoni” e ciò significa anche permettersi di fare qualche errore.
Essere genitori… «L’ insieme di comportamenti che attiene alle capacità di proteggere il bambino e sostenerne lo sviluppo» (Stern,1985;Trevarthen,2009) E’ un compito complesso, che deriva dall’intreccio di molte componenti istintuali, personali ed ambientali e che richiede continue riorganizzazioni ed adattamenti. Fin dalla nascita madre e bambino sono, infatti, attratti e predisposti ad interagire reciprocamente per soddisfare i bisogni di base quali la fame, il sonno, la protezione l’accudimento, l’affetto. Questa regolazione reciproca avviene in un contesto comunicativo non verbale che si esprime in un comportamento intuitivo e permette una prima conoscenza relazionale implicita tra madre e bambino.
Relazione primaria genitori-bambino Nei primi mesi di vita, il contatto fisico, corpo a corpo, è reciprocamente motivato e ricercato tra madre e bambino, e questo via via porta al costituirsi di un esclusivo contatto interpersonale. Infatti, già in epoca precoce il bambino è in grado di “leggere” i volti e i toni del genitore, quindi le sue intenzioni. Gradualmente le regolazioni fra genitore e bambino si stabilizzano, creano delle aspettative che via via diventano più consolidate. Ad esempio il bambino si aspetta di essere allattato e curato affettuosamente ogni qual volta insorga il suo bisogno “di latte e di coccole”. L’espressione degli affetti da parte dei genitori è fondamentale nei primi mesi di vita del bambino (Stern, 1985). Gli affetti infatti forniscono al bambino un mezzo per iniziare a creare le prime interazioni sociali. Questi primi scambi sociali tra genitore e bambino, durante il primo anno di vita, vengono memorizzati dal bambino come in un “piccolo contenitore” fatto di movimenti corporei, di sensazioni, di affetti e di aspettative. Lo sviluppo della mente del bambino dipenderà principalmente dalla qualità delle relazioni che si instaureranno tra il bambino e i genitori (o coloro che si prenderanno cura di lui).
Piccoli disagi che si possono riparare Quando capita che il genitore ritardi nel soddisfare il bisogno del bambino, può succedere che il bambino inizi a piangere, ad urlare, creando uno stato di disagio o di forte tensione che può portare il bambino stesso ad avere aspettative negative. Se il genitore riesce ad intervenire con empatia rispetto al disagio del bambino rassicurandolo (es. con il contatto fisico o parlandogli con dolcezza e sicurezza) avviene una riparazione nelle interazioni disturbate. Questo permetterà una regolazione reciproca delle emozioni e ristabilirà una relazione di fiducia tra il genitore e il bambino. Qualora l’adulto percepisca il pianto del bambino come un rimprovero o un attacco alla propria persona, la tensione che si creerà tra genitore e bambino può intensificarsi riattivando precedenti esperienze negative, e queste possono causare un distacco reciproco. Le esperienze riparative hanno una grande rilevanza perché stimolano nel bambino delle aspettative fiduciose verso l’adulto che si prende cura di lui. Inoltre queste esperienze riparative favoriscono l’armonico sviluppo di sé del bambino e della relazione con l’adulto.
Intorno ai 6 mesi iniziano le prime attenzioni verso l’ambiente esterno Nasce un crescente interesse per gli oggetti attorno a sé, Il bambino ricerca il coinvolgimento sociale dell’adulto attraverso vocalizzazioni, contatto fisico, espressioni emotive, Imita alcuni movimenti ed espressioni facciali, come imbronciarsi, sorridere, etc. Può coinvolgersi emotivamente in una interazione sociale reciproca, Produce tipi di pianto differenti se deve esprimere rabbia, sofferenza o stanchezza. È molto importante in questa fase che il genitore sia disponibile e sensibile a rispondere in tempi brevi ai richiami del bambino: lo scambio e l’alternanza dei suoni emessi dal bambino e dalla madre, lo scambio visivo, la compartecipazione faccia a faccia e il contatto fisico favoriscono un attaccamento sicuro
A 9 mesi parte una maggiore consapevolezza di sé Il bambino mostra preferenza per le figure di accudimento primario, generalmente i genitori e distingue tra voci familiari e non, Mostra ed esprime paura per le persone estranee, Protesta se separato dal genitore, Si impegna nella comunicazione intenzionale con un’altra persona utilizzando vocalizzi , gesti e contatto visivo, Si diverte nel gioco con altre persone , in particolare con i genitori, Inizia a usare suoni linguistici, diversi dal pianto, per ottenere l’attenzione ed emette suoni per esprimere gioia o dispiacere, Inizia ad usare gesti per comunicare una sua volontà (ad esempio essere preso in braccio). È utile che il genitore si adatti a tali cambiamenti del bambino accettando le sue prime difficoltà di separazione che coinvolgono generalmente non solo il bambino ma anche la coppia genitore-bambino
Tra 9 e 12 mesi si sviluppano l’attenzione e l’intenzionalità Emerge l’attenzione condivisa cioè la possibilità per il bambino e l’adulto di condividere l’attenzione su di sé e su un oggetto. Ciò si verifica quando il bambino alterna lo sguardo dall’oggetto al volto dell’adulto e poi di nuovo all’oggetto. Questo permette di cogliere l’intenzione dell’altro, Attraverso i gesti il bambino esprime la sua intenzionalità che può essere di due tipi: comunicativa-richiestiva in cui il bambino comunica allo scopo di ottenere qualcosa influenzandone il comportamento dell’adulto; comunicativa-dichiarativa in cui il bambino comunica per condividere un argomento, un oggetto, ad esempio porge il libro al genitore per ascoltarne la storia, Il bambino comprende il concetto del “no” e imita i gesti convenzionali (batte le mani, scuote la mano per salutare), Risponde al proprio nome, Emette diversi suoni e consonanti, pronuncia le prime parole, Si sposta autonomamente da un luogo all’altro a carponi, iniziano i primi passi e l’esplorazione in stazione eretta. È importante favorire l’attenzione condivisa per ampliare le conoscenze esperienziali del bambino partendo da una sua motivazione, così come va supportata l’intenzionalità per interagire con il bambino in modo coerente ed efficace. Interpretare e commentare le sue prime parole è di solito fonte di grande soddisfazione
Dai 12 ai 18 mesi si sperimentano le prime indipendenze Il bambino ricerca con lo sguardo e ripete suoni per attirare l’attenzione degli altri ed è soddisfatto quando le ottiene, Si coinvolge nel gioco con i coetanei e utilizza abilità comunicative complesse integrando gesti, vocalizzi e contatto visivo, ad esempio guarda il genitore, prende la sua mano e la porta verso l’oggetto desiderato, Nei momenti di piacere condiviso con l’adulto, esprime spontaneamente o si fa coinvolgere in manifestazioni di affetto reciproco, Si sintonizza all’emozione dell’altro, ad esempio reagisce con preoccupazione quando qualcuno sembra star poco bene, Aumenta l’uso del vocabolario e si affina la capacità di comprensione linguistica, Dice e scuote la testa per dire “no” e accetta alcuni limiti posti dal genitore, Condivide insieme all’adulto semplici storie o canzoni, Inizia a camminare da solo, a mangiare da solo con le mani e il cucchiaino, a bere da solo, a dormire da solo con la vicinanza di un genitore. Queste forme di indipendenza che il bambino inizia a sperimentare rappresentano delle vere conquiste, che se incoraggiate e valorizzate dal genitore permettono al bambino di maturare la sicurezza in sé e la propria autostima
Dai 2 ai 3 anni inizia il gioco simbolico e aumentano le autonomie Il bambino cerca di frequente di esercitare la sua indipendenza, Imita le azioni complesse degli adulti o dei bambini più grandi e gioca in prossimità di altri bambini, osservandoli e imitandoli fino a coinvolgersi nel gioco di gruppo con i pari, Compare il gioco simbolico, cioè il “far finta di” e inizia l’imitazione/rappresentazione delle situazioni e attività conosciute, Lo scambio relazionale con l’adulto si arricchisce e si iniziano ad esprimere anche verbalmente i sentimenti attraverso il gioco. Può esprimere gioia di fronte alle proprie realizzazioni personali, Via via il bambino riesce ad esprimere una gamma più ampia di emozioni, oltre la gioia, la rabbia, la paura, anche l’orgoglio , la vergogna, l’empatia (ad esempio è piuttosto preoccupato per il pianto di un altro bambino), Aumentano le autonomie personali: mangia con la forchetta, mostra preferenza nei cibi, comunica in modo più chiaro, controlla gli sfinteri di giorno, anticipandone il bisogno, dorme da solo o accompagnato dall’adulto, inizia la collaborazione nelle attività di cura personale (lavarsi le mani, i denti, vestirsi..). E’ importante in questa fase promuovere attività simboliche, imitare attività quotidiane semplici, introducendo piccole “conversazioni” che incrementino gli scambi comunicativi, cercando di collaborare in una alternanza dei turni tra bambino e adulto. Inoltre supportare l’emergere delle crescenti autonomie. Far partecipare il bambino alle sue attività quotidiane mantenendone le routine familiari, preferibilmente in un clima affettivo accogliente, coinvolgente e divertente.
Il bambino piccolo e le emozioni
Il bambino piccolo e le sue emozioni Il bambino è in grado, fin dalla nascita, di esprimere i propri stati emotivi e lo fa, inizialmente, attraverso un insieme di gesti, mimica, vocalizzi, etc. Verso il termine della scuola dell’infanzia, dunque intorno ai 6 anni, normalmente il bambino impara a controllare un’emozione. Al contrario, quando cioè il bambino non è in grado di controllare le proprie emozioni, queste possono interferire con la sua condotta e determinare difficoltà comportamentali.
Difficoltà a gestire le emozioni Le espressioni più frequenti delle difficoltà comportamentali sono: Scarsa capacità di tollerare un’emozione (quando, per esempio, non sopporta i no e i limiti posti dagli adulti), L’emozione interferisce in modo significativo con il comportamento (ad esempio, limitando la sua capacità di rimanere attento e/o di collaborare ad una consegna data dall’adulto), L’espressione dell’emozione avviene in modo inappropriato e/o nel contesto inappropriato, Il passaggio da un’emozione all’altra avviene troppo lentamente o troppo rapidamente. Per riuscire a superare le difficoltà, come quella legata all’esperienza emotiva, il bambino piccolo deve sentirsi al sicuro e vicino al proprio genitore; in altre parole, ogni volta che il bambino non è in grado di regolare autonomamente un’emozione (autoregolazione), ha la necessità di affrontare tale difficoltà insieme al proprio adulto di riferimento (co-regolazione). Come può un genitore garantire la sicurezza? «Essere sempre: PIU’ GRANDI, PIU’ FORTI, PIU’ SAGGI E PIU’ AFFETTUOSI. Quando possibile, assecondare il bisogno del bambino. Quando necessario, imporsi.» Circle of Security- Parenting (COS-P)
La PAURA al tempo del Coronavirus La paura è un’emozione potente e utile, perché pone l’individuo nella condizione di fronteggiare e superare meglio un’emergenza. Tuttavia se l’attivazione diviene troppo elevata, come nel caso di stati emotivi intensi e molto ansiosi, la prestazione diventa meno efficace: perché la paura possa “funzionare bene”, deve essere proporzionata ai pericoli e deve mantenersi ad un livello intermedio. Il Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi ha delineato un “Vademecum psicologico Coronavirus” per i cittadini in cui viene sottolineata l’importanza di attenersi ai fatti e a fonti informative affidabili, per evitare che le paure possano diventare panico: solo la giusta considerazione del pericolo rappresentato dal Coronavirus ci consente di affrontare questa situazione in modo adeguato ed efficiente. Tra le fonti informative vi segnaliamo: - Ministero della Salute: http://www.salute.gov.it/nuovocoronavirus - Istituto Superiore di Sanità: https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/
I bambini e la paura Normalmente ogni bambino nella crescita è accompagnato da angosce e timori. La prima traccia di paura nel bambino è rappresentata dalla paura degli estranei: verso gli 8 mesi egli è in grado di cogliere la differenza tra ciò che è familiare e ciò che è estraneo, e ne ha paura: la paura dell’estraneo ha dunque la funzione di proteggere il bambino dal pericolo. Possiamo allora definire la paura come un istinto fondamentale per la sopravvivenza e per questo non deve essere evitata, ma ascoltata e compresa. Il fatto che il bambino racconti la sua preoccupazione, anche rispetto al virus, è una buona cosa e significa, per il bambino, “sapere che ne può parlare”.
I bambini e la paura del Coronavirus La situazione di emergenza attuale a cui anche il bambino è inevitabilmente esposto può suscitare in lui curiosità ed emozioni nuove, anche in conseguenza ai molteplici cambiamenti cui deve adattarsi. I bambini piccoli sono più vulnerabili ai cambiamenti e alle condizioni esterne avverse e, per questo motivo, la sospensione del percorso scolastico e delle routine quotidiane può generare in loro una condizione di aumentata preoccupazione. Le routine scolastiche, attività ricorrenti e dunque prevedibili, favoriscono nel bambino un maggiore controllo sui suoi stati emotivi interni e sugli eventi esterni ed il venir meno di tale prevedibilità può suscitare una condizione di disorientamento. Per continuare a garantire il senso di sicurezza e la protezione di cui un bambino ha bisogno in questo momento di grandi cambiamenti e restrizioni, può essere utile avere in mente alcune strategie.
Routine e organizzazione della giornata In questo periodo in cui vecchie routine sono saltate, ricordiamoci di strutturare nuovi tempi e attività per organizzare le nostre giornate. Decidiamo insieme: • l’orario in cui ci si sveglia • le routine della mattina (colazione, igiene personale, riordino della casa) • il tempo dedicato ai giochi strutturati • il tempo libero, per il bambino e per noi stessi, dedicato alle attività personali e ai giochi • il tempo della condivisione, dedicato ad attività e giochi della famiglia • Il tempo dei pasti, dove ciascuno ha un proprio ruolo (es. chi cucina, chi apparecchia, chi sparecchia, chi lava i piatti….) • le routine della sera (film, giochi di società, letture, routine dell’addormentamento)
Strategie per dominare la paura Segni e sintomi della paura: Scarsa concentrazione, Nervosismo e comportamento più oppositivo, Incubi e risvegli notturni, pipì a letto …. Strategie per dominare la paura: Innanzitutto è bene ricordare che il lavoro rassicurante va fatto di giorno. Siate disponibili a dare risposta alle loro domande, parlando serenamente di ciò che possono aver ascoltato, visto o di ciò che li spaventa. Potete proporre al bambino di disegnare ciò che gli fa paura o, se è più grande, raccontare ciò che lo spaventa. Dare una forma o un nome alle sue paure è un processo creativo prezioso perché consente di tracciare argini ad angosce sconfinate e ciò permette al bambino di dominarle. Quando possibile, evitate di esporre il bambino ad informazioni allarmistiche.
Il bambino piccolo e il sonno
Il bambino piccolo e il sonno Il sonno dei bambini piccoli dipende sia da caratteristiche di temperamento del bambino che dall’ambiente di accudimento. Per quel che riguarda il temperamento del bambino sono da considerare, per esempio, la capacità di calmarsi da solo o il livello di irritabilità, caratteristiche che possono favorire o sfavorire il comportamento del bambino rispetto al sonno. Le espressioni più frequenti di difficoltà nel sonno sono: difficoltà nell’iniziare il sonno (difficoltà nell’addormentamento), problemi di continuità del sonno (risvegli notturni con difficoltà di riaddormentamento), problemi misti di inizio e di continuità.
L’addormentamento e la qualità del sonno Il momento di andare a dormire rappresenta, sia per il bambino che per il genitore, una separazione e questa può suscitare nel bambino uno stato di maggiore ansia e incertezza: in questo senso i risvegli notturni forniscono al bambino l’occasione per riunirsi con il genitore ed essere consolato. Le difficoltà nell’addormentamento e i risvegli notturni frequenti del bambino nel primo anno di vita non rappresentano un disturbo ma hanno normalmente a che fare con uno sviluppo tipico. Inoltre possono essere presenti disfunzioni legate ad alcuni stadi del sonno o del risveglio: il terrore notturno (pavor nocturnus) e gli incubi. Durante gli attacchi di terrore notturno il bambino si “sveglia” mostrandosi terrorizzato e agitato, talvolta gridando e in preda al pianto, ma in realtà non è sveglio e per questo l’intervento dell’adulto di calmare il bambino può condurre ad una paura più intensa o a reazioni oppositive, poiché il bambino è inconsapevole e disorientato verso ciò che lo circonda. Infine, a partire dai due anni di età, possono presentarsi incubi notturni, anch’essi più spesso segnali normali dei processi di maturazione mentale: a questa età infatti i bambini raggiungono una maggiore consapevolezza di sé e della relazione con gli altri significativi e ciò può determinare lo sviluppo di stati d’ansia che però sono transitori.
L’importanza delle routine “Per potersi addormentare il bambino deve sentirsi al sicuro” (F. Dolto) Le routine sono quelle attività ricorrenti, e dunque prevedibili, che in generale favoriscono nel bambino un maggiore controllo sui suoi stati emotivi interni e sugli eventi esterni. Le routine preparatorie alla fase di addormentamento (lavarsi i denti, mettersi il pigiamino, leggere una storia,..), possono aiutare il bambino ad orientarsi nel passaggio dalla veglia al sonno e di conseguenza agevolano la separazione del bambino dal genitore. Al contrario, la mancanza di routine preparatorie, l’utilizzo del letto del bambino come luogo di punizione oppure un orario inadeguato per il sonno (ad esempio l’addormentamento in orari eccessivamente precoci, quando ancora il bambino non è stanco), può rendere difficile l’addormentamento e determinare problemi del sonno.
Il bambino piccolo e il cibo
Il bambino piccolo e il cibo Il comportamento del bambino al momento del pasto dipende sia da aspetti maturativi che dalle relazioni che si instaurano tra il bambino e le persone che si prendono cura di lui al momento del pasto. Il bambino ha bisogno di cibo adeguato, ricevuto al ritmo che gli è confacente, ma anche, per essere in buona salute, di un’atmosfera affettiva armoniosa. In questo senso, l’allattamento rappresenta la prima forma di nutrimento ma anche la prima forma di “dialogo” tra il neonato e la sua mamma. Allo stesso modo, lo svezzamento è una tappa dello sviluppo importante sia sul piano fisiologico che sul piano psicologico e prevede, normalmente, diverse tappe (il passaggio al biberon con latte vaccino, la prima pappa e infine l’ampio scenario di cibi).
Il bambino piccolo e il cibo Per favorire un buon esito dello svezzamento è necessario venga proposto nel «momento giusto», ossia in presenza di alcune condizioni: il bisogno del bambino di cibi più sostanziosi la comparsa dei denti una maggiore capacità di prestare attenzione a stimoli/oggetti circostanti: tale interesse fa presupporre che il bambino sia maggiormente predisposto ad esplorare e sperimentare anche cibi nuovi, caratterizzati da consistenze e gusti diversi. Infatti, I comportamenti che il bambino manifesta nel corso dell’alimentazione si allineano con lo sviluppo delle sue abilità sensomotorie. Per esempio, un bambino di 11 mesi è in grado di manipolare il cibo con le mani (abilità di motricità fine), bere da un bicchiere (abilità di motricità fine e orale), mentre è seduto (abilità motoria) e dire parole piacevoli (abilità motoria, di linguaggio e sociale) al genitore cha lo alimenta.
Il bambino piccolo e il cibo Quando una di queste abilità è compromessa, il bambino può sviluppare schemi di comportamento disfunzionali nelle modalità di assunzione di cibo. All’età di 7-9 mesi (epoca dello svezzamento e della comparsa dell’angoscia dell’estraneo) o tra i 2-3 anni (passaggio verso l’alimentazione autonoma), il bambino può presentare comportamenti di rifiuto alimentare, caratterizzati da atteggiamenti oppositivi attivi e da un’apparente mancanza di interesse verso il cibo. Per questo i comportamenti di rifiuto del cibo in età prescolare non costituiscono necessariamente un disturbo, ma possono manifestare il bisogno di autonomia del bambino nell’assunzione del cibo, per regolare una sua propria alimentazione indipendentemente dal rapporto affettivo con la mamma.
Quali principi per una sana e armoniosa alimentazione? 1. Incoraggiare l’autonomia del bambino a tavola, evitando atteggiamenti iperprotettivi, che possono interferire con la richiesta del bambino di fare da solo. 2. Ridefinite una “divisione di responsabilità” secondo cui l’adulto decide il cosa, il quando e il dove dell’alimentazione e il bambino decide il quanto e il se dell’alimentazione. 3. Curate e variate il più possibile le tipologie di cibo per il bambino, ma non forzate il bambino a mangiare. 4. Mantenete orari regolari per i pasti, anche al fine di promuovere una maggiore capacità di tollerare l’attesa del pasto. 5. Unificate il momento del pasto, per consentire al bambino di condividere tale momento con gli altri componenti della famiglia, promuovendo anche la curiosità verso cibi diversi da quelli a cui è abituato.
Quali principi per una sana e armoniosa alimentazione? 6. Evitate l’impiego di tv, cellulari o altre fonti di distrazione al momento del pasto: per favorire nel bambino un’esperienza alimentare più consapevole, il bambino deve prestare attenzione a ciò che mangia. È importante riconoscere che non esiste un modo giusto o sbagliato di mangiare, ma diversi gradi di consapevolezza rispetto all’esperienza alimentare (Mindful Eating – mangiare in maniera consapevole). 7. Adeguate il comportamento alimentare del bambino ai suoi segnali interni (fame-sazietà), piuttosto che a regole esterne (diete). 8. E infine, come in qualunque altro ambito, assumete il ruolo di guida, create lo spazio e coinvolgete il bambino (anche nella preparazioni di alcuni cibi); quando necessario, intervenite con gli opportuni aggiustamenti.
Mai come in questo momento, tutti noi facciamo i conti con la dimensione dello spazio che abbiamo a disposizione. Come possiamo utilizzarlo sia all’interno delle abitazioni, che nella limitata possibilità di spostamento? Il limite non è un divieto, ma è l’esperienza di vivere lo spazio
Il riordino Stiamo considerando ciò che è davvero necessario e ciò di cui possiamo fare a meno o possiamo trasformare, abbiamo la necessità di dedicarci al riordino. Abbiamo un’opportunità importante, imparare a scegliere. Possiamo farlo insieme ai nostri bambini, condividendo un’esperienza fondante per lo sviluppo. Lo spazio dei giochi Il riordino della cameretta, dello spazio dei giochi, è un’azione che accompagna i bambini fin da molto piccoli, a casa e nella scuola dell’infanzia. Gli adulti dedicano molte energie in questo insegnamento, perché è un atto educativo che favorisce la capacità di categorizzazione e organizzazione. Richiede collaborazione e attenzione, dunque è anche un’azione terapeutica/riabilitativa, quando queste competenze non sono spontaneamente disponibili e necessitano di particolari training.
La cameretta è uno spazio multifunzionale La cameretta ha diverse funzioni: serve al riposo, al gioco, alle attività a tavolino, allo studio. Contiene molti oggetti che vengono utilizzati per queste attività e accompagnano lo sviluppo e le esperienze dei bambini. Questo ambiente evolve con lo sviluppo del bambino. Lo spazio non è infinito: l’ottimizzazione dello spazio è importante per renderlo più fruibile per le esigenze di attività e movimento e per la scelta appropriata degli oggetti. PROGETTARE UNO SPAZIO/ FARE SPAZIO • Afflusso/deflusso degli oggetti in riferimento alle esigenze delle età, interessi e necessità dei bambini, • Eliminare: non è facile, gli oggetti risvegliano emozioni e ricordi, • Gli adulti non possono scegliere da soli ciò che va messo da parte, • La scelta va fatta insieme ai bambini, rispettando il desiderio di tenere e/o eliminare.
Fare spazio Il riordino è un’occasione per stare insieme, ricordare eventi e giochi. E’ un’esperienza di selezione per approfondire ciò che si desidera veramente fare e avere. E’ una prima esperienza di scelta e di definizione di sé. Osservare gli oggetti : • prenderli fra le mani, ricordarne la loro compagnia, soppesarne l’importanza, • comprendere la loro funzionalità attuale, • la loro condizione: sono in buone condizioni e possono essere donati? Sono rotti? Possono essere trasformati? Il contenitore • Lo spazio deve essere definito, questo è il senso del limite, • Creare spazi ben definiti dove suddividere gli oggetti per categoria, • Definire la regola e l’impegno di rispettare il limite, • Produrre etichette con foto, disegni per il riconoscimento degli oggetti.
Progettare lo spazio per il movimento Dopo aver creato lo spazio agli oggetti destinati alle diverse attività ludiche , forse abbiamo guadagnato spazio per il movimento. I bambini hanno bisogno di movimento, esprimono le loro emozioni attraverso il movimento e il gioco Lo spazio sensomotorio Lo spazio sensomotorio è uno spazio dedicato all’esperienza che attraverso il movimento coinvolge la sensorialità, Non occorre che sia molto ampio, occorre che sia sicuro e regolamentato, Non occorrono materiali specifici o costosi. Occorre creare uno spazio, anche di un metro, dove il bambino può stare a terra (tappeto), saltare e atterrare in zona morbida, rotolare (creare un cilindro), I colori sono molto importanti per il confort.
Misurare lo spazio Lo spazio si può misurare con: • Il movimento • Il tatto • L’olfatto • L’udito • Gli occhi
Il movimento Il movimento si organizza seguendo le coordinate spaziali: alto, basso, vicino, lontano, destra, sinistra E le coordinate temporali: Azione, pausa, prima, dopo Lo spazio diventa come una cornice all’interno del quale fare esperienza. La cornice contiene il quadro che rappresenta la scena all’interno della quale ci possiamo muovere da soli o insieme agli altri e fare esperienza attraverso i sensi
L’esplorazione La percezione aptica è il riconoscimento degli oggetti attraverso il tatto ed è la combinazione tra la percezione sulla pelle e la posizione del corpo rispetto agli oggetti. Lo spazio aptico è l’esplorazione tattile dello spazio e dell’ambiente. Escludendo la vista, come nel gioco «della mosca cieca», possiamo proporre ai bambini un’esperienza sensoriale ricca e sorprendente, una nuova conoscenza degli oggetti, delle relazioni spaziali.
Giochi da poter fare insieme Indovina cosa è? Indovina chi è? Possiamo così aiutare gli altri sensi ad emergere. Senza il supporto visivo è necessario chiedere “aiuto” all’udito, all’olfatto, al tatto, creando una nuova integrazione sensoriale per costruire mappe concettuali dell’ambiente. E’ un gioco semplice, divertente, che può coinvolgere tutta la famiglia: ognuno può indovinare qualcosa e può essere guidato anche da semplici indovinelli per avere qualche riferimento. Gli occhi La funzione visiva ha un ruolo fondamentale nell’organizzazione e sviluppo delle competenze motorie e nella capacità di orientamento. Generalmente è iper-attivata a scapito degli altri sensi. Anche la vista, spesso affaticata da troppi stimoli, necessita di qualche attività giocosa a lei dedicata. Il gioco di luci ed ombre per esempio permette di creare immagini con la luce in un ambiente oscurato. Anche questo è un gioco antico come l’uomo, che risveglia i sensi e la curiosità, la voglia di conoscere e sperimentare in modo creativo.
Il colore I colori dell’arcobaleno sono i colori dello spettro solare. Ogni colore cambia a secondo della materia da cui è costituito e dalla superficie che lo accoglie a causa della rifrazione luminosa. Se la superficie è liscia e lucida il colore avrà un effetto brillantezza, se invece la superficie è ruvida, l’effetto è di morbidezza. Fattori che influenzano la percezione del colore: Locale ( dimensione e tipo di superficie), Tonale (effetti di luci ed ombre), Ambientale (colori riflessi sull’oggetto dalla superficie di ciò che lo circonda). Offrire un angolo colorato composto da materiali di diversa natura e struttura (superfici lisce, rugose, lucide, opache ecc), aumenta il comfort e la variabilità dell’esperienza visiva, aumentando il desiderio di esplorazione e conoscenza.
In sintesi Lo spazio multisensoriale è il luogo dove la compresenza di sensazioni mette in relazione l’intera percezione corporea con l’ambiente costruito
Utilizzare una mappa Cari genitori, questo carteggio vuole essere una mappa che vi può aiutare per orientarvi elaborando le indicazioni a seconda del luogo dove vi trovate e della quantità di spazio che avete a disposizione. Ricordate che i bambini non chiedono molto, a loro basta sapere che hanno uno spazio dedicato. Ricordate di dedicare uno spazio anche a voi stessi!!!
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