Zoomorfismo Definizione - Etimologia - Amazon S3
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Zoomorfismo Definizione – Etimologia In senso generico e in relazione al suo significato letterale, lo zoomorfismo (dal greco ζώον, animale, e -μορφος, forma) consiste nella raffigurazione di forme animali. In campo storico-artistico la sua diffusione ha in taluni casi assunto un valore puramente ornamentale, in altri si è intrecciata con i significati simbolici e allegorici, per altro non sempre chiari, che distinguono il fenomeno in ambito religioso (culto totemico degli animali) e mitologico. Pitture e sculture zoomorfiche integrano spesso strutture architettoniche, mentre più raramente contribuiscono a configurare direttamente edifici e nuclei urbani. Origini Già diffusa in età paleolitica con finalità prevalentemente propiziatorie, la pratica di raffigurare animali o loro attributi si è successivamente caricata di connotazioni simboliche e consolidata nell’usanza, propria di alcune antiche religioni, di attribuire sembianze zoomorfiche alle divinità. Forme animali, talora androcefale, si rintracciano, infatti, sia in alcune statuette votive eblaite (toro androcefalo rinvenuto nel Palazzo Reale “G” di Ebla, probabilmente raffigurante il dio Shamash), sia nelle sculture egizie realizzate a partire dalla dinastia di Psammetico I, quando si rafforza il culto zoomorfico delle divinità (statue di Anubis, dio-sciacallo dell’imbalsamazione e guardiano dei morti, di Horus, il dio-falco, e di Thoth, il dio-scimmia), sia, infine, negli amuleti e nei bassorilievi emersi dagli scavi delle città assire di Ninive e Dur-Sharrukin, i quali, seppur legati comunque a riti religiosi, non rappresentano direttamente divinità, poiché queste, in Mesopotamia, erano presupposte in forma umana o simbolico-astratta. Presso la
civiltà egizia è ricorrente anche la figurazione di animali ritenuti sacri (Gatto nero del Louvre) e, soprattutto, delle sfingi. Queste ultime appaiono come creature leonine accovacciate con testa di uomo, di ariete (criocefale) o di cane (cinocefale); anch’esse spesso considerate incarnazioni di divinità, sono poste a guardia soprannaturale di necropoli (Sfinge di Giza, raffigurante il faraone Chefren) e templi (sfingi criocefale simmetricamente schierate lungo il monumentale viale di accesso al tempio divino di Amon a Kàrnak). Funzioni analoghe assumevano, presso altre popolazioni antiche, i bassorilievi con belve e animali fantastici, fissati o direttamente scolpiti su strutture ossidionali a rafforzarne psicologicamente le funzioni difensive. Oltre alla celebre Porta dei Leoni micenea si ricordano, a tal riguardo, i grandi Lamassù (tori androcefali alati, scolpiti in alabastro calcareo), posti a difesa simbolica dei palazzi assiri, e le diverse figure in mattonelle di ceramica invetriata (tori, leoni e draghi squamati, sacri agli dei) che ornavano la Porta di Išhtar a Nuova Babilonia. Nella civiltà minoica, infine, la presenza di figure zoomorfiche nelle rappresentazioni artistiche si lega ad una particolare familiarità con il mondo animale (divinità “ctonie” dei serpenti, affresco con il gioco del toro). Sviluppi Impiegate nell’arte classica in rapporto a motivi decorativi (bucrani, acroteri, protomi leonine) e narrazioni mitologiche raffigurate su fregi e frontoni di templi, nelle pitture vascolari o in gruppi scultorei (Moschophoros e Laocoonte greci, Chimera e Lupa Capitolina etrusche), le forme animali, reali o fantastiche, saranno nuovamente oggetto di raffigurazioni simboliche in età paleocristiana, con significati allegorici o emblematici (cervi, colombe, pavoni e, soprattutto, agnelli scolpiti a bassorilievo su sarcofagi, amboni e pulvini o dipinti a mosaico su pareti e volte di basiliche e mausolei, come quelli ravennati). Il loro uso nel
Medioevo consisterà, perlopiù, nel concretizzare in espressive forme plastiche, insieme a diavoli e mostri infernali, i contenuti di racconti popolari e bestiari (sculture e rilievi posti a decorare capitelli, amboni, lunette, cornici e altri elementi architettonici delle chiese romaniche), oppure nel sostenere le colonne di protiri e pulpiti (leoni stilofori). Nei secoli dell’Età di mezzo le iconografie zoomorfiche si arricchiscono inoltre di animali in lotta, già peculiari delle prime grandi civiltà figurative, ovvero affrontati, a costituire motivi araldici. Le valenze simboliche e allegoriche dello zoomorfismo torneranno poi, in età moderna, a contrassegnare un discreto numero di giardini, grazie ad un corpus di sculture – talora ‘rupestri’ – ben esemplificate dalla serie di sfingi, elefanti, tartarughe, orsi e delfini disseminati, tra altre figure mitologiche e bizzarre case “pendenti”, ninfei, fontane, teatri e tempietti di gusto rinascimentale, nel cinquecentesco Sacro Bosco di Bomarzo (Viterbo), un suggestivo, unico e per certi versi indecifrabile parco creato dal Vignola per l’aristocratico Vicino Orsini. Tali esperienze, che ben s’inseriscono nella fantasiosa rielaborazione manierista delle forme naturali (la quale, in alcuni studi di Giulio Romano, arrivò a toccare anche oggetti d’uso comune), risultano per altro anticipatrici del mutamento linguistico barocco e rococò, che comprenderà le figure animali nel suo ricco programma di ornamentazione plastica di facciate, fontane e piazze (elefante obeliscoforo del Bernini in piazza della Minerva a Roma), nonché, appunto, di parchi e giardini. Lo zoomorfismo comparirà, ancora con funzione allegorica, in alcuni monumenti funerari neoclassici (il leone accovacciato a ricordare la “Fortezza” di Maria Cristina d’Austria nel sepolcro piramidale ideato dal Canova nella chiesa degli Agostiniani di Vienna) e, con valore eminentemente decorativo, nei raffinati giochi lineari dell’Art Nouveau, specialmente in forma di farfalle, uccelli e pesci stilizzati su vetrate, arredi e ringhiere, pur non mancando esempi di sculture spesso fantastiche e immaginarie. Queste possono trovarsi sulle
facciate degli edifici, così caricate di mistero e di suggestioni discendenti da un certo gusto per l’orrido e il soprannaturale (Villino Broggi Saraceni a Firenze; G. Michelazzi, 1911), oppure, ancora una volta, in giardini e spazi aperti, come dimostrano le creature ideate da A. Gaudì nel Parco Güell di Barcellona. Nell’ambito del Modernismo catalano si rintracciano per altro, sempre ad opera di Gaudì, interessanti contaminazioni fra zoomorfismo e architettura (il tetto della Casa Batlló a Barcellona, vagamente modellato a dorso di armadillo), che trovano alcuni illustri ma sporadici precedenti in opere ossidionali quattro-cinquecentesche (Rocca di Sassocorvaro, Pesaro, il cui impianto ricorda simbolicamente una testuggine). Un caso piuttosto singolare di forma urbana zoomorfica è infine rappresentato dalla città di Brasilia, impostata sul disegno di un uccello ad ali spiegate. Bibliografia Battisti E. et al., Zoomorfiche e fitomorfiche figurazioni, voce in Enciclopedia universale dell’arte, vol. XIV, Firenze, 1966, pp. 902-946; Camiz A., Modelli e atteggiamenti: figure antropomorfe per il significato delle città, in «Architettura Città», 1, 2006, pp. 141-142; Guidoni E., Antropomorfismo e zoomorfismo nell’architettura primitiva, in «L’architettura. Cronache e storia», 222, 1974, pp. 752-763.
Bomarzo (Viterbo), “Sacro bosco”, elefante scolpito nel peperino.
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