Fabio Puelli Il sogno infinito - www.fabiopuelli.it
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Tanto tanto tempo fa in un posto molto lontano da qua la bella figlia di Peri, reale ortolano nonché sovrintendente ai frutteti del Faraone, morì partorendo una bellissima bimba: Irune. La piccola ebbe subito una particolare protezione degli dei, forse perché orfana di madre, qualcuno invece sussurrò si trattasse di un momentaneo favore del Faraone nei riguardi di sua madre. Due mogli dell’ortolano reale, invidiose e gelose della figliastra, raccontarono di frequenti incontri, in un fresco angolo del deposito di frutta, consumati sopra vasi di datteri, ceste di pere, fichi, melograni, caschi di banane. Niente è certo, tutto è probabile quanto improbabile il verosimile è inverosimile, fatto sta che gli dei Sobek e Kthot presero subito a favore la neonata e come dono
scelsero per lei una vita da sogno, ciò fu decretato alla lettera: imposero che dovesse dormire per sempre sognando di loro e dei cinque angoli del mondo. Così Irune dopo il suo primo vagito cadde in un sonno profondo ricco di sogni, gli anni passavano la bimba si fece fanciulla e crebbe sana, alta, bella e in carne senza mai destarsi. Dormiva in un enorme letto sopra una piramide di materassi di raso, alta per lo meno tre cubiti, avvolta da freschissime lenzuola di lino. La sua camera era grande e bella, una finestra spaziava dai palmeti agli orti e godeva anche la vista su un piccolo angolo dei reali giardini, sullo sfondo all’orizzonte splendeva l’oro del Nilo, il pavimento, unica stanza della grande casa di Peri, era fatto di pietra decorato da una miriade di frammenti marmorei multicolori, scarti e avanzi della lavorazione degli splendidi edifici del Faraone.
Un cassofono era stato sistemato in un angolo. Il nano Bes nelle sembianze di scimpanzè impegnava le sue venti dita sugli unici tre tasti dello strumento musicale, mentre la popputa Tueret dentro il cassone grugniva una tenerissima ninnananna, il suo copioso alito guarnito di schizzi di saliva rinfrescava i sogni della dormiente. Sull’altissima sponda del letto si disputavano un posto vari dei e semidei per vegliare, proteggere e ammirare Irune. L’ammirazione degli dei era anche l’unico nutrimento della dormiente, infatti questa dormendo sempre non mangiava mai, l’aroma e il profumo della frutta e della verdura stipata nei magazzini sottostanti per quanto dolce e zuccherino non poteva bastare così i due principali protettori di Irune: Sobek il dio coccodrillo e Kthot il dio marabù decisero che nutrimento di Irune sarebbero stati gli sguardi delle divinità preposte alla veglia.
Più veniva guardata e ammirata più la fanciulla cresceva, all’inizio tutto filò liscio ma crescendo e aumentando di peso e statura le cose iniziarono a complicarsi infatti per la buona crescita e per il mantenimento della forma occorreva che lo sguardo di una divinità fosse intenso e piuttosto circoscritto; così sempre più divinità si dovevano appollaiare, per motivi di spazio assumevano quasi tutte l’aspetto di
uccelli, sull’altissima tastiera del letto. Diventando fanciulla e giovane donna le cose si complicarono ulteriormente: gli sguardi pesavano e cadevano di più su certe parti del corpo piuttosto che in altre, quindi c’era il rischio che Irune crescesse sproporzionata. Sobek e Kthot intervennero con un nuovo decreto divino che diede regole, spazi, tempi e turni di rotazione per gli sguardi ammiratori, in breve la ragazza riprese l’aspetto armonioso e anche se certe parti del corpo erano sottoposte naturalmente a sguardi più intensi e quindi tendevano ad essere lievemente più accentuate ciò non toglieva nulla alla bellezza e alle divine proporzioni del corpo. Venne nominato anche un suggeritore di sogni: Ki un uccello color cobalto, ma forse era proprio di cobalto, con la sua mangiatoia piena di semi di sogni, fu sistemato in una bella gabbia d’oro appoggiata su un altissimo
treppiede di modo che potesse essere all’altezza del cuscino e quindi dell’orecchio di Irune; “mens sana in corpore sano” sentenziò Kthot, Sobek se avesse avuto le sopracciglia ne avrebbe inarcato uno. Ki fece bene il suo lavoro, era abilissimo a scegliere il seme adatto alla situazione, non solo, ma ogni sogno aveva una relazione con il precedente, inoltre nel sceglierlo un po’ della sua saliva inumidiva il seme e così facendo gli trasferiva parte della sua fantasia e Ki ne aveva da vendere, il sogno veniva così arricchito e non ce n’era uno uguale all’altro. Irune smise di sognare gli infiniti tramonti sul Nilo, i soliti paesaggi fiabeschi, le immagini scolpite in arenaria e granito di fronte e di profilo degli innumerevoli dei e più entrò finalmente in un nuovo mondo ricco più vario più
avventuroso in una parola meno noioso del primo. I nuovi sogni le piacquero moltissimo, qualche volta riusciva in modo quasi autonomo a modificarli, quindi a farli secondo i suoi desideri. Il suo appagamento fu tale che iniziò a trasbordare i confini della sua mente e dilagò sommergendo le divinità veglianti e lo stesso suggeritore Ki questi a loro volta vennero influenzati e tutto questo mescolarsi di sogni, pensieri, sentimenti e umori dilagò per la sala. Questo insieme impalpabile, multiforme, invisibile, cominciò a estendersi a espandersi come un vapore, una nebbia che esala da uno stagno e girando e vorticando finì per avvolgere Maraborsabù. Maraborsabù era un dio, anche lui, aveva l’aspetto di un marabù dal becco d’oro, questi era cosi orgoglioso del
suo becco d’oro dai riflessi multicolori da custodirlo chiuso in un bellissimo astuccio di legno di cedro, esternamente incrostato di lapislazzuli e turchesi, data la considerevole dimensione del becco, un cubito tre palmi due dita e un unghia l’astuccio era così grande e pesante da essere impossibile da trasportare e quindi il dio aveva adibito a dimora l’astuccio stesso, praticamente viveva segregato a casa. Nelle notti più calde soleva alzare il coperchio e per avere un po’ di ristoro. Fu proprio durante una caldissima notte che i sogni vaporosi d’Irune, avvolsero il dio orobeccuto. Questi fu così preso e avvinto che, sui due piedi palmati, prese una decisione incredibile: uscì dal suo astuccio e seguendo i cosiddetti vapori onirici, erano impregnati dall’odore di Tueret per cui fu facile, trasferì l’astuccio e quindi il suo domicilio di fianco alla piramide di materassi di Irune. Le divinità veglianti e il
suggeritore di sogni ebbero, sulle prime, da ridire ma Maraborsabù pur eccentrico era un collega e alla fine il trasferimento fu accettato, inoltre la scatola rivestita di lapislazzuli e turchesi era splendida e faceva la sua bella figura di fianco al letto di Irune. Il dio orobeccuto di notte alzava il coperchio e faceva capolino, stando ben attento a non mostrare lo splendore del suo becco, n’era molto geloso e temeva gli invidiosi, si lasciava allora avvolgere dall’atmosfera di sogno che pulsava nella stanza, alla fine accadde l’inevitabile: s’innamorò d’Irune. Non si sa come avvenne forse complice fu Ki, forse Irune percepì la sua presenza e lo provocò, niente di ciò è certo, tutto
è probabile quanto improbabile l’inverosimile è verosimile, fatto sta che il dio Belbecco, così era anche chiamato, prese una seconda incredibile decisione: si sarebbe mostrato in tutto il suo intero splendore a Irune, per intero si intende, becco d’oro compreso. I colori i riflessi le iridescenze del becco avrebbero di sicuro ammaliato Irune, lei si sarebbe svegliata e si sarebbe sicuramente innamorata di lui. Così una notte alzò il coperchio si drizzò sui piedi palmati, e con infinita cautela iniziò a liberare l’enorme becco, dalla profondità del prezioso astuccio, attento a non sfregarlo contro le pareti della scatola per non rovinarne i riflessi e la lucentezza…
Durchblick – via Padova 70 (quinta vetrina su via Conegliano) Milano 5-18 aprile 2008 www.durchblick.it
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