"Vino nuovo in otri nuovi" - La Chiesa che siamo, la Chiesa che vogliamo - Arcidiocesi di Matera - Irsina

Pagina creata da Raffaele Simone
 
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Instrumentum Laboris
                  Sinodo diocesano 2019

           “Vino nuovo in otri nuovi”
             La Chiesa che siamo, la Chiesa che vogliamo
            Per una Chiesa missionaria guidata dallo Spirito

Introduzione

1.La Chiesa di Matera – Irsina, denominata da san Giovanni Paolo II
“della Visitazione e del Magnificat” vive il suo primo Sinodo dal 12
gennaio 2019 al 25 gennaio 2020.
L’attuale configurazione dell’Arcidiocesi di “Matera - Irsina” risale al
1976, quando furono ridefiniti i confini delle diocesi lucane perché
coincidessero con i confini della regione civile. Da quel momento alcuni
paesi della Diocesi di Matera (Ginosa e Laterza) furono uniti alla diocesi
di Castellaneta, mentre altri dalla diocesi di Tricarico (Salandra) e dalla
diocesi di Anglona -Tursi (Montalbano Jonico, Scanzano Jonico e Craco)
e Irsina dalla Diocesi di Gravina e Irsina passarono alla nostra, tanto
che la Diocesi si chiama da allora di Matera – Irsina. Dopo oltre

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quarant’anni il processo di integrazione è concluso e, dopo l’ultima
Visita pastorale tenuta da S.E. Mons. Salvatore Ligorio negli anni 2010
– 2014, aderendo alle sollecitazioni di Papa Francesco e del Convegno
della Chiesa italiana di Firenze del novembre 2015, che hanno spinto
la chiesa tutta verso uno stile sinodale, si è avvertita la necessità di
intraprendere un percorso di tale fatta in vista della celebrazione del
Sinodo 2019.
2.L’anno pastorale 2017 – 2018 è stato dedicato allo studio e
all’approfondimento       delle     quattro     Costituzioni     conciliari:
Sacrosanctum Concilium, Dei Verbum, Lumen gentium e Gaudium et
spes, coniugate con i cinque verbi del Convegno di Firenze
(trasfigurare, annunciare, abitare, educare, uscire). Un anno intenso di
ascolto delle varie realtà ecclesiali e di confronto fra quanti erano stati
scelti per interrogarsi sulla vita della nostra Chiesa, anche in ordine alla
ricezione del Concilio e della Esortazione apostolica Evangeli gaudium
di papa Francesco.

3.Con il presente documento che chiamiamo Instrumentum laboris
intitolato             “Vino nuovo in otri nuovi.
               La Chiesa che siamo, la Chiesa che vogliamo
             Per una Chiesa missionaria guidato dallo Spirito”

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(il titolo è lo stesso della Lettera pastorale) si offre a tutti gli organismi
di partecipazione diocesani e parrocchiali (Consiglio Presbiterale e
Consigli Pastorali), a tutte le comunità parrocchiali, alle associazioni e
movimenti, agli uffici diocesani la possibilità di offrire suggerimenti,
formulare proposte, indicare percorsi, affinché i “padri sinodali” nelle
diciotto sessioni di lavoro, possano esercitare il discernimento
necessario e offrire al Pastore il volto nuovo di una Chiesa in cammino
e in ascolto, che con slancio missionario porti con gioia il Vangelo nelle
periferie esistenziali.
4.Ogni parrocchia si preoccuperà di scegliere un referente per il
Sinodo in comunione con il parroco o tra quelli che già hanno fatto
parte del percorso sinodale o, dove la parrocchia non fosse già stata
rappresentata, indicandone uno nuovo.
L’IL si articola in sei capitoli corredati da una breve riflessione teologica
e da una scheda operativa per formulare proposte di conversione
pastorale:
    1. La sinodalità come stile ordinario della vita della Chiesa
    2. La parrocchia missionaria in stato permanente di “conversione
        pastorale”
    3. Associazioni e movimenti per una Chiesa che coltiva e valorizza
        i carismi per la comunione

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4. La liturgia esperienza del mistero e dell’incontro con Cristo che
   trasfigura la vita
5. L’evangelizzazione e la catechesi perché a tutti sia offerta la
   gioia del Vangelo
6. La dimensione sociale dell’evangelizzazione e la testimonianza
   della carità come accoglienza degli ultimi e integrazione nella
   comunità, la cura della “casa comune”.

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La sinodalità,
                 stile ordinario della vita della Chiesa

5.Per quanto la parola sinodalità sia abbastanza nuova nel linguaggio
ecclesiale e sia non presente nei documenti conciliari, è però
antichissima e interpreta bene l’anelito del Concilio ed è la traduzione
pratica della Chiesa mistero di comunione. Dal Concilio sono scaturiti
per la Chiesa indicazioni per gli organismi di partecipazione, luoghi di
ascolto comune, di discernimento comunitario, prima espressione di
sinodalità. Così dal Concilio in poi la Chiesa si è data appuntamenti
triennali, i Sinodi appunto, che in questi ultimi anni, con il pontificato
di papa Francesco, sono diventati molto più partecipati e aperti
all’ascolto, non solo degli episcopati ma di tutte le realtà ecclesiali.
Il primo livello di esercizio della sinodalità si realizza nelle Chiese
particolari. Dopo aver richiamato la nobile istituzione del Sinodo
diocesano, nel quale Presbiteri e Laici sono chiamati a collaborare con
il Vescovo per il bene di tutta la comunità ecclesiale, il Codice di diritto
canonico dedica ampio spazio a quelli che si è soliti chiamare gli
"organismi di comunione" della Chiesa particolare: il Consiglio
presbiterale, il Collegio dei Consultori, il Capitolo dei Canonici e il
Consiglio pastorale. Soltanto nella misura in cui questi organismi
rimangono connessi col "basso" e partono dalla gente, dai problemi di

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ogni giorno, può incominciare a prendere forma una Chiesa sinodale:
tali strumenti, che qualche volta procedono con stanchezza, devono
essere valorizzati come occasione di ascolto e condivisione” (Discorso
di papa Francesco ai 50 anni dell’istituzione dei Sinodi).
6.Il Sinodo diocesano non vuol essere un evento solo celebrativo, ma
intende innanzitutto valorizzare gli organismi di partecipazione come
occasione di ascolto e di condivisione.

1. Esistono in diocesi e in ogni parrocchia gli “organismi di
   comunione”? Quali in particolare?
2. Sono effettivamente e puntualmente consultati al fine di
   conoscere i reali problemi e le attese che la gente vive?
3. Si riuniscono in modo particolare per la programmazione
   pastorale e per la verifica della vita pastorale?

7.Una Chiesa sinodale non solo ascolta ma discerne e condivide la
passione di evangelizzare e di offrire a tutti la gioia e la speranza che
scaturiscono dal Vangelo.

Come Chiesa di Matera - Irsina, abbiamo bisogno di dotarci di “otri nuovi”,
accogliendo il “vino nuovo”. Il nuovo è Gesù Cristo, il Vangelo, la buona
notizia, da riprendere e gustare, riproposto nella sua attualità all’uomo

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d’oggi. L’uomo, in tutte le condizioni sociali e professionali, con i propri dubbi
e perplessità, con i propri giudizi sprezzanti, con le proprie povertà interiori e
miserie, con la mentalità dello scarto e la tentazione d’innalzare muri. Il nuovo
è sempre Gesù Cristo, che si accosta all’uomo, piegandosi sulla sua umanità
defraudata della dignità e lasciata in mezzo ad una strada (il buon
samaritano). Si accosta a coloro che, delusi, disgustati e rassegnati, cadono
in una sorta di rassegnazione e pessimismo, camminando con loro,
condividendone la strada, spezzando il pane di vita per loro (i discepoli di
Emmaus) (Lettera pastorale 2018/19 di Mons. Caiazzo, Vino nuovo in otri
nuovi).
La programmazione pastorale diocesana e parrocchiale deve essere
sempre più frutto di un’ampia consultazione, sempre più in stile
sinodale, ovvero di ascolto reciproco, non solo degli organismi
preposti, ma anche delle parrocchie di uno stesso Comune o delle
sottozone      della    città.   La    programmazione         parrocchiale      e
interparrocchiale deve essere poi condivisa con gli uffici diocesani,
perché sia la traduzione fedele e creativa della programmazione
diocesana, risponda alle reali esigenze del territorio e sia quanto più
possibile missionaria, aperta cioè alle persone che sono ai margini della
vita ecclesiale o del tutto estranee.
Oggi la parrocchia da sola non può e non riesce a far fronte a tutte le
esigenze di una pastorale che deve essere sempre più attenta alle
persone e ai loro reali bisogni spirituali, per lo più inespressi Deve

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entrare in dialogo con culture e mentalità diverse, deve far fronte al
generalizzato clima di sfiducia nei confronti della Chiesa, soprattutto
deve farsi prossima, vicina, alle tante forme di povertà materiale
spirituale.

1. Gli Organismi di partecipazione ecclesiale a vario livello sono
   fondamentali    per una Chiesa-comunione.          Come possono
   veramente essere espressione di comunione e laboratori di una
   pastorale unitaria ed integrata?
2. Quale ruolo hanno i Consigli Pastorali Parrocchiali ed eventualmente
   Vicariali, per creare armonia e formare all’unità e allo spirito di
   comunione?
3. Che cosa si propone per renderli più determinanti in questa
   prospettiva?
4. Gli Uffici diocesani sono i “ministeri” del governo del Vescovo: cosa
   si suggerisce perché siano più propositivi ed in grado di
   accompagnare il cammino pastorale delle comunità e nelle
   periferie?
5. In vista del raggiungimento dello stesso scopo, che cosa si chiede
   agli altri Organismi diocesani: Consiglio Presbiterale, Pastorale,
   Consulta delle Aggregazioni laicali?

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6. Ritenete utile, se non addirittura necessario, che le parrocchie di
   uno stesso comune o quelle delle sottozone della città possano
   programmare insieme la vita pastorale, superando la logica del
   “si è fatto sempre così”, aprendosi alle tante realtà che
   rimangono ai margini della vita della Chiesa?
7. Naturalmente questo comporta non solo fare delle iniziative
   insieme, ma pensare insieme la pastorale in chiave missionaria.

8.La sinodalità, che prevede un camminare insieme, comporta un
ascolto non solo di tutti i membri della Chiesa a cominciare dal popolo
di Dio nel quale risiede, per virtù del battesimo, il sensus fidei, ma
innanzitutto l’ascolto della Parola di Dio ispirata dallo Spirito Santo.

Senza Parola di Dio il nostro amore per il Signore e per i fratelli sarà
come “fuoco che non riscalda” e come “un amore insignificante che non
attira a Cristo”.

1. Come colmare il vuoto di conoscenza della Bibbia?
2. Cosa si propone perché la Parola di Dio riprenda a dare mordente
   alle scelte e ai comportamenti quotidiani dei fedeli?

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3. Che tipo di incontri o percorsi si possono studiare per educare a tutti
   i livelli (personale, familiare, parrocchiale, diocesano) a prendere
   dimestichezza con la Parola di Dio?
4. Si ritiene opportuno impiantare percorsi di studio della Parola di Dio
   a livello zonale? Con quali modalità?
5. È possibile la creazione di una “scuola di preghiera diocesana” con
   percorsi di “lectio divina” sulla Parola? Si ritiene praticabile e
   possibile l’iniziativa? Con quale organizzazione e metodologia?

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La parrocchia missionaria in stato permanente di
                        “conversione pastorale”

9.Sogno una scelta missionaria capace di trasformare ogni cosa,
perché le consuetudini, gli stili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura
ecclesiale diventino un canale adeguato per la evangelizzazione del
mondo attuale, più che per l’autopreservazione. La riforma delle
strutture, che esige la conversione pastorale, si può intendere solo in
questo senso: fare in modo che esse diventino tutte più missionarie, che
la pastorale ordinaria in tutte le sue istanze sia più espansiva e aperta,
che ponga gli agenti pastorali in costante atteggiamento di “uscita” e
favorisca così la risposta positiva di tutti coloro ai quali Gesù offre la
sua amicizia. Come diceva Giovanni Paolo II ai Vescovi dell’Oceania,
«ogni rinnovamento nella Chiesa deve avere la missione come suo
scopo per non cadere preda di una specie d’introversione ecclesiale».
La parrocchia non è una struttura caduca; proprio perché ha una
grande plasticità, può assumere forme molto diverse che richiedono la
docilità e la creatività missionaria del pastore e della comunità.
Sebbene certamente non sia l’unica istituzione evangelizzatrice, se è
capace di riformarsi e adattarsi costantemente, continuerà ad essere
«la Chiesa stessa che vive in mezzo alle case dei suoi figli e delle sue
figlie». Questo suppone che realmente stia in contatto con le famiglie

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e con la vita del popolo e non diventi una struttura prolissa separata
dalla gente o un gruppo di eletti che guardano a se stessi. La parrocchia
è presenza ecclesiale nel territorio, ambito dell’ascolto della Parola,
della crescita della vita cristiana, del dialogo, dell’annuncio, della carità
generosa, dell’adorazione e della celebrazione. Attraverso tutte le sue
attività, la parrocchia incoraggia e forma i suoi membri perché siano
agenti dell’evangelizzazione. È comunità di comunità, santuario dove
gli assetati vanno a bere per continuare a camminare, e centro di
costante invio missionario. (EG 27-28)”

10.“La parrocchia non è una struttura caduca”, bando, quindi, allo
scoraggiamento per gli insuccessi o per le insensibilità da parte dei
fedeli, bando anche all’autoreferenzialità o alla pretesa di essere
autosufficiente. Alla logica del “si è fatto sempre così” deve subentrare
il desiderio di rinnovare non solo e non tanto le strutture quanto le
modalità dell’annuncio, nella fedeltà alla sua vocazione di “essere
chiesa tra le case degli uomini”, depositaria dei tesori più preziosi che
Dio ha donato agli uomini per salvarsi: la Parola e i Sacramenti. Essa è
chiamata ad amministrarli non come proprietaria ma come
dispensatrice di grazia.
11.“La parrocchia è presenza ecclesiale nel territorio”. Non esaurisce
in se stessa tutta la missione della Chiesa, ma la sua azione è tanto più

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efficace quanto più è unita alla Chiesa diocesana di cui è parte ed è in
comunione      con     le   altre   comunità      del    territorio.   L’opera
evangelizzatrice e tutte le altre attività proprie della parrocchia
aiuteranno le persone a incontrare il Cristo, a vivere la fede, a unirsi a
Lui nella preghiera, a testimoniare la carità, a sentire forte la spinta
missionaria. “Versare “vino nuovo” in “otri nuovi” non significa aprire strade
nuove, percorsi nuovi. Vuol dire ritornare al gusto del Vangelo, all’essenziale.
La Parrocchia, oggi come ieri, è chiamata ad essere sempre più “popolare”: in
mezzo alle case abitate da battezzati e non” (Lettera pastorale 2018/19 di
Mons. Caiazzo, Vino nuovo in otri nuovi).
1. Uno stile autonomista e narcisista fa ripiegare una parrocchia su se
   stessa. Che cosa si propone per uscire da una pastorale
   autoreferenziale, chiusa ed incartata in un “si è fatto sempre
   così”, non aperta al nuovo e all’ascolto del mondo esterno, magari
   lontano e indifferente?
2. Che cosa fare per aiutare a maturare una più vitale coscienza di Chiesa
   e per rieducare a un più significativo e serio senso di appartenenza alla
   Chiesa – Popolo di Dio testimone di speranza e di gioia?
3. È stato rilevato da qualcuno che manca tra i fedeli e tra gli stessi
   sacerdoti il senso ed il sentimento della “diocesanità”. Cosa si può fare
   perché con l’impegno di tutti si esca da questo disagio?

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4. Chiesa “in uscita” è diventata un’espressione di moda. Dovrebbe
   spingere a un nuovo stile di Chiesa più missionaria, aperta, pronta
   a farsi carico delle situazioni. Siamo pronti e disponibili a uscire
   dalle sagrestie? Che cosa può significare in particolare per la nostra
   Chiesa locale?
5. Siamo preoccupati di salvare il salvabile, o ci sentiamo invogliati ad
   essere creativi e pronti a lasciarci interpellare dalla Parola di Dio e
   dalle sfide del territorio?
6. “Cristo sì! Chiesa no!”. Quali possono essere e come rispondere
   alle ragioni che spingono gli adolescenti e i giovani ad allontanarsi
   dalla vita della parrocchia?
7. La presenza di parrocchie “piccole” a c c a n to a q u e l l e p i ù g r a n d i
   c o s ti tu i s c e un problema annoso: 50 parrocchie per meno 150
   mila abitanti sono eccessive e rendono la pastorale poco incisiva nel
   formare personalità cristiane capaci di testimoniare uno stile di vita
   evangelico. Che cosa si suggerisce per favorire la collaborazione
   fraterna tra parrocchie vicine?
8. Le Unità pastorali (più parrocchie affidate in solidum a più sacerdoti)
   per organizzare una pastorale unitaria e integrata possono costituire
   una soluzione?

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Associazioni e movimenti per una Chiesa
          che coltiva e valorizza i carismi per la comunione

12.Le altre istituzioni ecclesiali, comunità di base e piccole comunità,
movimenti e altre forme di associazione, sono una ricchezza della
Chiesa che lo Spirito suscita per evangelizzare tutti gli ambienti e
settori. Molte volte apportano un nuovo fervore evangelizzatore e una
capacità di dialogo con il mondo che rinnovano la Chiesa. Ma è molto
salutare che non perdano il contatto con questa realtà tanto ricca
della parrocchia del luogo, e che si integrino con piacere nella
pastorale organica della Chiesa particolare. Questa integrazione
eviterà che rimangano solo con una parte del Vangelo e della Chiesa,
o che si trasformino in nomadi senza radici. (EG 29) … Lo Spirito Santo
arricchisce tutta la Chiesa che evangelizza anche con diversi carismi.
Essi sono doni per rinnovare ed edificare la Chiesa. Non sono un
patrimonio chiuso, consegnato ad un gruppo perché lo custodisca;
piuttosto si tratta di regali dello Spirito integrati nel corpo ecclesiale,
attratti verso il centro che è Cristo, da dove si incanalano in una spinta
evangelizzatrice. Un chiaro segno dell’autenticità di un carisma è la
sua ecclesialità, la sua capacità di integrarsi armonicamente nella vita
del Popolo santo di Dio per il bene di tutti. Un’autentica novità
suscitata dallo Spirito non ha bisogno di gettare ombre sopra altre
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spiritualità e doni per affermare sé stessa. Quanto più un carisma
volgerà il suo sguardo al cuore del Vangelo, tanto più il suo esercizio
sarà ecclesiale. È nella comunione, anche se costa fatica, che un
carisma si rivela autenticamente e misteriosamente fecondo. Se vive
questa sfida, la Chiesa può essere un modello per la pace nel mondo
(EG 130).
13.La ricchezza di associazioni, movimenti, aggregazioni laicali,
confraternite, con i rispettivi carismi suscitati dallo Spirito, all’interno
della Chiesa e delle singole comunità, lascia ben sperare in un
rinnovamento missionario delle parrocchie e della Chiesa diocesana.
La loro necessaria integrazione nella pastorale organica della Chiesa
particolare eviterà “che si trasformino in nomadi senza radici” e darà
nuovo slancio all’opera evangelizzatrice e sociale della Chiesa stessa.
Palestre di formazione di un laicato maturo nella fede e luoghi di
spiritualità vissuta possono fermentare la società con lo spirito del
Vangelo e portare Cristo nelle periferie esistenziali.

1. La Consulta diocesana delle aggregazioni laicali (CDAL) raccoglie
   insieme le diverse realtà aggregative della diocesi, per conoscersi
   tra loro, per integrarsi nella Chiesa diocesana e per operare
   insieme: come rendere sempre più efficace e coinvolgente il
   percorso della CDAL?

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2. Gli ambiti della vita sociale (famiglia, scuola, lavoro, cultura,
  politica, sanità…) sono gli ambiti propri della vita delle persone:
  come permeare dello spirito evangelico questi ambiti?
3. La Dottrina sociale della Chiesa illumina tutte le realtà umane ed
  educa al bene comune e al senso di responsabilità verso la casa
  comune: come un laicato formato e maturo nella fede può
  aiutare tutta la Chiesa a incidere nella realtà sociale e politica?
4. Quali forme si possono mettere in atto perché la Dottrina sociale
  della Chiesa sia conosciuta e applicata?

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La liturgia esperienza del mistero
            e dell’incontro con Cristo che trasfigura la vita

14.La Costituzione conciliare Sacrosanctum Concilium ha recepito le
istanze del rinnovamento liturgico cominciato già prima del Concilio,
ma ancora, dopo oltre cinquant’anni, si stenta a vederne i frutti.
Un rigurgito di devozionismo e di estetismo, di pietismo
individualistico e di creatività disordinata non permettono alla liturgia
di formare “santi”. La liturgia, risorsa di umanità, favorendo
l’esperienza reale del mistero e dell’incontro con Cristo, nella misura
in cui permette un’attiva e fruttuosa partecipazione dei fedeli è
capace di trasfigurare la vita dei credenti per renderla trasparenza di
Cristo.
15.La liturgia come “fonte e culmine” della vita cristiana e della vita
della Chiesa è il luogo privilegiato dell’evangelizzazione. I riti, i gesti e
le parole di ogni azione liturgica, non solo della Messa, ma della
celebrazione di tutti i Sacramenti, sono gesti che parlano alla vita per
illuminarla, nutrirla, corroborarla della forza dello Spirito, consolarla,
perdonarla, unirla indissolubilmente alla vita stessa di Cristo.
16.La comunità che si raduna, convocata dallo Spirito, è corpo vivente
di Cristo, compagnia nella fede e nell’umanità. Celebrando i divini
misteri la Chiesa diventa più sé stessa, più capace di amare, più pronta
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a incontrare gli uomini per offrire loro la salvezza, diventa più
missionaria.
17.La vera conversione pastorale scaturisce da una conversione
spirituale personale e comunitaria, pertanto la cura della
celebrazione è cura del Corpo di Cristo presente in ogni uomo, nei
poveri e nei sofferenti, soprattutto, dove è possibile accarezzare e
abbracciare la “carne di Cristo”.

1. Esiste il gruppo liturgico in ogni parrocchia per preparare le
   liturgie, formare lettori adatti alla proclamazione della Parola,
   esprimere il ministero dell’accoglienza e del canto?
2. Una delle accuse rivolte alla Chiesa è l’eccesso di cultualismo e di
   estetismo. Sembra prevalere la ricerca dell’apparire e gli stessi
   “segni” rischiano di non esprimere più il mistero che significano:
   come ritrovare il senso vero della celebrazione cristiana?
3. Liturgie che sanno di spettacolo risultano vuote, accademiche,
   senza riscontro nella vita e in definitiva poco evangelizzanti: come
   renderle più vitali e funzionali per favorire relazioni significative
   con Dio e con la comunità? Che cosa si può proporre?
4. La festa cristiana ha il suo senso autentico nella domenica come
   incontro con Dio e con la comunità e ha, pertanto, il suo momento

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culminante ed identificativo nella celebrazione e partecipazione
attiva alla Messa: come mai oggi il bisogno di partecipare alla Messa
festiva è poco sentito o per lo meno è sentito in misura molto
contenuta? Come renderla più coinvolgente?

5. La celebrazione del Battesimo, del Matrimonio, dell’Unzione
   degli infermi sono spesso percepiti come fatti privati: come
   educare al senso comunitario di tutti i Sacramenti? Come
   prepararli adeguatamente?
6. La pietà popolare costituisce a n c o r a n e l l a n o s t r a C h i e s a ,
   anche ai nostri giorni, una dimensione rilevante della vita
   ecclesiale: quali sono gli elementi da valorizzare per renderla
   risorsa pastorale per la Nuova Evangelizzazione?
7. Come la pietà popolare può aiutare a ricuperare il senso di
   identità religiosa e di appartenenza comunitaria?
8. Le feste e le processioni religiose sono un momento corale per
   esprimere e testimoniare la fede e occupano un posto rilevante
   della vita pastorale della Parrocchia: quale deve essere il ruolo dei
   comitati, perché non vi siano derive? Esiste uno statuto dei comitati
   festa?

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9. La presenza di diversi Santuari nella diocesi come può favorire la
  cura della pietà e della retta tradizione popolare? Come
  valorizzarli per la nuova Evangelizzazione?
10.    Che cosa fare perché restino per tutto l’anno e non solo in
occasione della festa luoghi e centri di incontro e di spiritualità
collettiva con programmi specifici e duraturi, magari concertati fra
tutti i rettori dei Santuari diocesani? Come può essere di aiuto un
coordinamento diocesano?

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L’evangelizzazione e la catechesi
             perché a tutti sia offerta la gioia del Vangelo

18. La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che
si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono
liberati   dal   peccato,   dalla   tristezza,   dal   vuoto    interiore,
dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia (EG
1). Il mondo ha bisogno di gioia, quella vera che nasce dall’incontro
con Cristo. Non possiamo dare più per scontato che quanti abitano la
nostra città e i paesi conoscano Cristo, lo abbiano incontrato. Forse
nemmeno quanti frequentano le nostre parrocchie hanno fatto un
vero incontro con Gesù. C’è bisogno che risuoni nelle nostre comunità
il primo annuncio della fede, il kerigma.
Abbiamo riscoperto che anche nella catechesi ha un ruolo
fondamentale il primo annuncio o kerygma, che deve occupare il
centro dell’attività evangelizzatrice e di ogni intento di rinnovamento
ecclesiale. Il kerygma è trinitario. È il fuoco dello Spirito che si dona
sotto forma di lingue e ci fa credere in Gesù Cristo, che con la sua
morte e resurrezione ci rivela e ci comunica l’infinita misericordia del
Padre. Sulla bocca del catechista torna sempre a risuonare il primo
annuncio: “Gesù Cristo ti ama, ha dato la sua vita per salvarti, e
adesso è vivo al tuo fianco ogni giorno, per illuminarti, per rafforzarti,
                                    22
per liberarti”. Quando diciamo che questo annuncio è “il primo”, ciò
non significa che sta all’inizio e dopo si dimentica o si sostituisce con
altri contenuti che lo superano. È il primo in senso qualitativo, perché
è l’annuncio principale, quello che si deve sempre tornare ad ascoltare
in modi diversi e che si deve sempre tornare ad annunciare durante la
catechesi in una forma o nell’altra, in tutte le sue tappe e i suoi
momenti. Per questo anche «il sacerdote, come la Chiesa, deve
crescere nella coscienza del suo permanente bisogno di essere
evangelizzato» (EG 164).
19.La catechesi nelle nostre comunità si identifica prevalentemente
come catechesi rivolta ai fanciulli in vista della celebrazione dei
sacramenti della Confessione, della Prima Comunione e della
Cresima. Poche sono le esperienze di catechesi degli adulti e spesso
si configura come catechesi agli adulti, perdendo di vista la
soggettività degli adulti come protagonisti del loro cammino di fede.
Manca un percorso unitario e diocesano per il catecumenato dei
giovani e degli adulti che chiedono il battesimo. Anche il
coinvolgimento dei genitori nel cammino di fede dei propri figli è
frammentario e finalizzato alla prossimità della celebrazione dei
Sacramenti dei figli.

                                   23
20.La catechesi deve sempre più configurarsi come esperienza
catecumenale e come riscoperta della fede, sia per gli adulti sia per i
fidanzati sia in particolare per i genitori, e deve essere mistagogica.

Un’altra caratteristica della catechesi, che si è sviluppata negli ultimi
decenni, è quella dell’iniziazione mistagogica, che significa
essenzialmente due cose: la necessaria progressività dell’esperienza
formativa in cui interviene tutta la comunità ed una rinnovata
valorizzazione dei segni liturgici dell’iniziazione cristiana. Molti
manuali e molte pianificazioni non si sono ancora lasciati interpellare
dalla necessità di un rinnovamento mistagogico, che potrebbe
assumere forme molto diverse in accordo con il discernimento di ogni
comunità educativa. L’incontro catechistico è un annuncio della
Parola ed è centrato su di essa, ma ha sempre bisogno di un’adeguata
ambientazione e di una motivazione attraente, dell’uso di simboli
eloquenti, dell’inserimento in un ampio processo di crescita e
dell’integrazione di tutte le dimensioni della persona in un cammino
comunitario di ascolto e di risposta. È bene che ogni catechesi presti
una speciale attenzione alla “via della bellezza” (via pulchritudinis).
Annunciare Cristo significa mostrare che credere in Lui e seguirlo non
è solamente una cosa vera e giusta, ma anche bella, capace di colmare

                                   24
la vita di un nuovo splendore e di una gioia profonda, anche in mezzo
alle prove (EG 166.167).

1. Come rendere tutta la comunità soggetto di evangelizzazione e di
  trasmissione della fede?
2. Evangelizzare è il primo compito della Chiesa. Quanto sono
  consapevoli le nostre comunità di questo compito e con quale
  slancio missionario si programmano esperienze di annuncio?
3. La catechesi ai fanciulli spesso si limita alla preparazione ai
  Sacramenti: come aiutare le famiglie a coinvolgersi nel cammino
  di fede dei propri figli perché si sentano responsabili della
  crescita umana e cristiana dei figli e della famiglia stessa?
4. Come liberare la catechesi dei fanciulli dalla ritualità nell'uso di
  colori, libri e quaderni, dalla staticità di banchi e sedie e
  trasformarla invece in una scuola si vita?
5. Quali proposte di catechesi degli adulti perché si sentano
  protagonisti e artefici più che passivi destinatari della catechesi?
6. Più che di corsi o percorsi di preparazione al matrimonio sarebbe
  utile proporre dei veri e propri cammini di fede per i fidanzati che
  facciano nascere un legame con la comunità e il desiderio di
  essere accompagnati per la vita: come rinnovare la proposta ai
  fidanzati?
                                  25
7. La famiglia è esperienza fondamentale di umanizzazione e di
  trasmissione della fede: quale attenzione la comunità cristiana ha
  per le famiglie? Quale accoglienza per le fragilità familiari:
  separazioni, divorzi, convivenze, matrimoni civili…?
8. Come accompagnare le famiglie in difficoltà?
9. I giovani sono una grande risorsa quale posto riserviamo loro
  nella comunità?

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La dimensione sociale dell’evangelizzazione
                    e la testimonianza della carità
                    come accoglienza degli ultimi
                    e integrazione nella comunità;
                     la cura della “casa comune”.

21. Evangelizzare è rendere presente nel mondo il Regno di Dio… Il
kerygma possiede un contenuto ineludibilmente sociale: nel cuore
stesso del Vangelo vi sono la vita comunitaria e l’impegno con gli altri.
Il contenuto del primo annuncio ha un’immediata ripercussione
morale il cui centro è la carità. Confessare un Padre che ama
infinitamente ciascun essere umano implica scoprire che «con ciò
stesso gli conferisce una dignità infinita». Confessare che il Figlio di
Dio ha assunto la nostra carne umana significa che ogni persona
umana è stata elevata al cuore stesso di Dio. Confessare che Gesù ha
dato il suo sangue per noi ci impedisce di conservare il minimo dubbio
circa l’amore senza limiti che nobilita ogni essere umano. La sua
redenzione ha un significato sociale perché «Dio, in Cristo, non redime
solamente la singola persona, ma anche le relazioni sociali tra gli
uomini».[142] Confessare che lo Spirito Santo agisce in tutti implica
riconoscere che Egli cerca di penetrare in ogni situazione umana e in
tutti i vincoli sociali: «Lo Spirito Santo possiede un’inventiva infinita,
                                   27
propria della mente divina, che sa provvedere e sciogliere i nodi delle
vicende umane anche più complesse e impenetrabili».[143]
L’evangelizzazione cerca di cooperare anche con tale azione
liberatrice dello Spirito. Lo stesso mistero della Trinità ci ricorda che
siamo stati creati a immagine della comunione divina, per cui non
possiamo realizzarci né salvarci da soli. Dal cuore del Vangelo
riconosciamo l’intima connessione tra evangelizzazione e promozione
umana, che deve necessariamente esprimersi e svilupparsi in tutta
l’azione evangelizzatrice. L’accettazione del primo annuncio, che
invita a lasciarsi amare da Dio e ad amarlo con l’amore che Egli stesso
ci comunica, provoca nella vita della persona e nelle sue azioni una
prima e fondamentale reazione: desiderare, cercare e avere a cuore il
bene degli altri (EG 176-178).
22.Prima di pensare alle tante lodevoli iniziative ed esperienze di
carità presenti nella nostra Chiesa conviene interrogarsi se abbiamo
effettiva consapevolezza di quanto il Vangelo richieda un cambio di
mentalità, una conversione appunto, che faccia superare la divisione
tra la fede e la vita, tra espressioni di religiosità e radicamento in una
mentalità di fede, tra una carità ostentata e una vita intrisa di amore
per Dio e per il prossimo. Sovente capita anche a chi frequenta la
Messa di non riuscire a perdonare, di rifiutare gli altri, di non vivere

                                   28
nella legalità, di non corrispondere il dovuto salario agli operai, di
evadere le tasse, di non rispettare l’ambiente…
23.Alle tante e benemerite forme di volontariato sia dentro la Chiesa
sia fuori non corrispondere sempre un senso di appartenenza piena e
leale alla comunità ecclesiale o sociale.
Non di rado i poveri danno fastidio, siano
immigrati o persone che vivono varie forme di disagio sociale, peggio,
spesso, ci sono indifferenti. Nel mondo globalizzato bisogna
globalizzare la solidarietà. In un mondo multiculturale bisogna non
solo accogliere ma soprattutto integrare.
24.I temi cruciali del lavoro o della mancanza di lavoro, della politica,
dell’ambiente e della custodia della casa comune sono appannaggio
di pochi addetti ai lavori e poco interessano la comunità cristiana;
sono poco presenti nella predicazione e nelle catechesi.
Una scarsa conoscenza della Dottrina sociale della Chiesa porta a
sottovalutare temi così importanti per una migliore vita sociale e
comunitaria.
Il Vangelo ha una dirompente forza profetica non tanto per la
denuncia (che fa chiasso e non risolve i problemi) quanto per la
proposta di uno stile di vita attento agli altri perché fratelli e al creato
perché riflette la bellezza del Creatore.

                                    29
1. “Il contenuto del primo annuncio ha un’immediata ripercussione
  morale il cui centro è la carità”: viviamo la carità come virtù
  teologale, come dono di Dio che ci spinge a donare la vita al
  prossimo?
2. Quanto l’impegno e il lavoro pedagogico della Caritas per le
  nostre comunità aiuta a operare quella necessaria conversione
  perché i poveri siano considerati fratelli?
3. Le nostre comunità vivono all’interno la carità che porta tutti ad
  amarsi e a collaborare per la crescita della comunità e della sua
  missione verso gli ultimi?
4. Quanto i temi sociali sono dibattuti alla luce del Vangelo nelle
  nostre comunità e quanto stanno a cuore ai cristiani per il bene
  comune?
5. Lavoro, sviluppo, impresa, ambiente, custodia del creato,
  ecologia integrale… sono problemi comuni che non possono non
  interessarci: come contribuiamo ad affrontarli con altri strati
  della società civile?
6. Giovani e anziani rischiamo di essere considerati lo scarto della
  società: quale attenzione a queste preziose risorse? Come
  rilanciare il Progetto Policoro? Come integrare la saggezza degli
  anziani nella comunità?

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7. La Dottrina sociale della Chiesa getta su questi temi la luce del
  Vangelo: come far diventare tale dottrina patrimonio di tutto il
  popolo di Dio?
8. Matera Capitale europea della Cultura 2019: come coniugare
  cultura e carità?

Appendice:
    Altri temi da affrontare nel Sinodo in apposite Commissioni
   1. I Giovani
   2. Le famiglie
   3. La vita presbiterale
   4. La vita consacrata
   5. Direttorio diocesano per il catecumenato
   6. Il dialogo con le culture
   7. La valorizzazione del patrimonio artistico culturale al fine
       dell’evangelizzazione e dello sviluppo

                       Calendario del Sinodo
 18 ottobre ‘18         Consegna Instr. Labor.   Cattedrale
 12 gennaio ’19 sab     Apertura Sinodo          Cattedrale

                                  31
31 gennaio ’19 giov    Prima Sessione          h 17 – 20 - S. Anna
16 febbraio ’19 sab    Seconda Sessione        h 17 – 20 - S. Anna
28 febbraio ’19 giov   Terza sessione          h 17 – 20 - S. Anna
9 marzo ’19 sab        Quarta sessione         h 17 – 20 - S. Anna
23 marzo ’19 giov      Quinta sessione         h 17 – 20 - S. Anna
11 aprile ’19 giov     Sesta sessione          h 17 – 20 - S. Anna
26 aprile ’19 venerdì Settima sessione         h 17 – 20 - S. Anna
11 maggio ’19 sab      Ottava sessione         h 17 – 20 - S. Anna
30 maggio ’19 giov     Nona sessione           h 17 – 20 - S. Anna
8 giugno ’19 sab                               Veglia di Pentecoste

15 giugno ’19 sab      Decima sessione         h 17 – 20 - S. Anna
12 settembre ’19 gio Undicesima sessione       h 17 – 20 - S. Anna
28 settembre ’19 sab Dodicesima sessione       h 17 – 20 - S. Anna
10 ottobre ’19 giov    Tredicesima sessione    h 17 – 20 - S. Anna
26 ottobre ’19 sab     Quattordicesima sess.   h 17 – 20 - S. Anna
9 novembre ’19 sab     Quindicesima sessione h 17 – 20 - S. Anna
28 novembre ’19 gio Sedicesima sessione        h 17 – 20 - S. Anna
12 dicembre ’19 gio    Diciassettesima sess.   h 17 – 20 - S. Anna
11 gennaio ’20 sab     Diciottesima sessione   In Cattedrale
25 gennaio ’25 sab     Celebrazione conclusiv In Cattedrale

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Note di metodo
    Il Sinodo è un evento di Chiesa, fatto da persone responsabili,
      Vescovo, presbiteri, religiosi e religiose, laici e laiche, a cui sta
      a cuore il bene della Chiesa e il suo rinnovamento, per donare
      a tutti la gioia del Vangelo.
    Coinvolge        tutte      le      comunità        nell’accoglienza
      dell’Instrumentum laboris e nel rispondere alle domande, non
      più soffermandosi sull’analisi ma proponendo cose pratiche e
      concrete, che dicano la Chiesa che vogliamo e che ci
      impegniamo a costruire anche dopo il Sinodo.
    A quanti hanno partecipato finora al percorso sinodale sarà
      espressamente chiesto di dare la propria adesione personale
      che li impegna a partecipare a tutte le 18 sessioni del Sinodo,
      come da calendario su presentato e a cui sarà data una
      nomina personale da parte dell’Arcivescovo, presterà il
      giuramento di fedeltà e farà la professione di fede all’apertura
      del Sinodo.
    Si aggiungeranno a chi ha già partecipato al percorso sinodale
      i nuovi membri del Consiglio presbiterale, anch’essi
      riceveranno una nomina personale, presteranno il giuramento
      di fedeltà e faranno la professione di fede.

                                   33
 Ogni parroco individuerà e segnalerà alla Segreteria del
   Sinodo, entro il 28 ottobre 2018, una persona responsabile
   della propria parrocchia (diversa da chi ha già ha partecipato
   al percorso sinodale), che
       o seguirà       lo       svolgimento         degli    incontri
          sull’Instrumentum laboris nella propria parrocchia,
       o si raccorderà con altre persone di parrocchie dello
          stesso Comune o delle sottozone della città, per
          individuare in forma sinodale, ovvero insieme, le
          proposte venute dalle rispettive parrocchie dalle
          risposte all’Instrumentum laboris e inviarle alla
          Segreteria del Sinodo entro il 9 gennaio 2019,
       o parteciperà alle sessioni del Sinodo come gli altri
          “padri sinodali”, riceverà una nomina personale,
          presterà il giuramento di fedeltà e farà la professione
          di fede all’apertura del Sinodo,
       o terrà     aggiornata        la   propria   parrocchia   dello
          svolgimento delle sessioni sinodali.
 Le sessioni del Sinodo si terranno alcune in forma assembleare
   e altre in sottogruppi o in commissioni che affronteranno
   alcuni temi specifici, periodicamente i sottogruppi e le
   commissioni relazioneranno all’assemblea.
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