Panorama dell'Antico Testamento - Modulo 5 - Anno accademico: 2011/2012 Docente: Geoffrey Allen

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Panorama dell’Antico Testamento
               Modulo 5

         Anno accademico: 2011/2012
           Docente: Geoffrey Allen
I LIBRI PROFETICI – 1A PARTE
                                  I PROFETI DEI DUE REGNI

1. Introduzione ai profeti e alla profezia biblica

1.1   I profeti e il profetismo in Israele
“Profeta” traduce la parola ebraica nabhi’, di derivazione incerta ma probabilmente da
una radice semitica che significa “chiamare”. Il profeta, cioè, è uno che “grida” agli uomini
le parole di Dio, o forse uno che è “chiamato” da Dio al suo servizio (cfr. Mosè al pruno
ardente). Simile è il termine greco prophetes, “chi parla davanti”, che può comprendere la
predizione (dire le cose in anticipo), ma anche “precedere”, come un araldo, per parlare
“da parte di” Dio, annunciando i Suoi messaggi (cfr. Mal. 3:1).
Nell’A.T. troviamo altri tre termini per il profeta: ro’eh e hozeh, da due verbi per “vedere”,
quindi tradotti entrambi “veggente” (vedi 1° Sam. 9:9); e “uomo di Dio”. Prima di parlare, il
profeta è un “amico di Dio” (Gen. 18:17, 20:7; Is. 41:8), uno che sta alla presenza di Dio
per ascoltare il Suo consiglio (Hab. 2:1) e “vede” ciò che Dio sta facendo o sta per fare
(cfr. Amos 3:7).
Il profeta, quindi, non è solo un uomo che annuncia il futuro, una specie di
chiaroveggente. Anzi, nel concetto biblico non esiste un futuro già prestabilito da
“spiare”; piuttosto Dio dichiara le Sue intenzioni, che per alcuni aspetti – soprattutto i
grandi progetti della storia – sono immutabili, ma per altri più dettagliati possono anche
essere soggetti a cambiamento (vedi Giona 3:4,10).
L’incarico dei profeti comprende dunque la rivelazione di avvenimenti del futuro
prossimo e anche lontano (profezia messianica ed escatologica); ma la maggior parte dei
messaggi profetici era rivolta in primo luogo agli uditori immediati per produrre in loro
una risposta (ravvedimento, timore di Dio, obbedienza).
Tuttavia, è scritto nel Nuovo Testamento che gli antichi profeti “profetizzarono sulla
grazia a voi [cioè, a noi!] destinata”, e che “fu loro rivelato che non per sé stessi, ma per
voi, amministravano quelle cose che ora vi sono state annunziate da coloro che vi hanno
predicato il vangelo” (1° Pt. 1:10,12). Il messaggio dei profeti è quindi rivolto anche –
anzi, soprattutto – a noi oggi.

1.2   I canali della profezia
I messaggi di Dio furono comunicati ai profeti in svariati modi, così come avviene oggi
nella Chiesa. Sembra che ciascun profeta ascolti la parola di Dio prevalentemente in un
modo piuttosto che in un altro:
Ezechiele, Daniele, Abacuc e Zaccaria, e nel Nuovo Testamento Giovanni, ricevettero
soprattutto visioni profetiche.

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Isaia, Ezechiele e Osea dovettero vivere o recitare esperienze che illustrarono il
messaggio di Dio.
Giona, per le note vicende per le quali passò, divenne nella propria persona una
dimostrazione vivente del suo messaggio.
La maggior parte delle profezie fu comunque comunicata attraverso oracoli profetici, cioè
messaggi espressi in parole parlate e/o scritte. Le profezie registrate per noi furono
solitamente parlate prima, e successivamente messe in forma scritta (ad es. Ger. 17:19,
30:2; Ezech. 20); altre però furono messe direttamente per iscritto (Dan. 12:4, Hab. 2:2).
Talvolta la profezia fu facilitata dall’uso di strumenti musicali (2° Re 3:15).
Molti profeti – particolarmente nella prima parte della storia di Israele – sono anche
operatori di miracoli (si veda Mosè, Elia, Eliseo): rappresentano cioè Dio non solo con
parole, ma con potenza. Fra i “profeti scriventi”, Isaia è forse l’unico di cui abbiamo
notizia che abbia operato qualche miracolo (Is. 38).
È da notare che solo una piccola parte delle profezie date ai tempi biblici (Antico e Nuovo
Testamento) è stata registrata nella Bibbia. Cioè, lo scopo principale della profezia non
era – contrariamente a quanto pensano alcuni evangelici della scuola dispensazionalista e
fondamentalista – quello di comporre la Scrittura, rivelazione di Dio permanente e valida
per tutti i tempi, ma quello di portare la Parola di Dio attuale alla loro generazione. Sono
nominati molti profeti di cui non è stata conservata una sola parola di profezia (un
esempio per tutti, i 100 profeti ai quali Abdia salvò la vita ai tempi di Elia, 1° Re 18:4)).
La Bibbia ci dimostra anche qualcosa del carattere e della personalità dei profeti, uomini
con limiti e difetti come noi (cfr. Giona).

1.3    I libri profetici
Sono 17 sui 39 dell’Antico Testamento, più uno (l’Apocalisse) del Nuovo Testamento.
Ricordiamo però che anche i libri da noi considerati “storici” (Giosuè, Giudici, I e II
Samuele e I e II Re) sono chiamati dagli Ebrei “i profeti anteriori”, anche perché buona
parte del loro contenuto è dedicato alle attività di profeti quali Samuele, Nathan, Elia ed
Eliseo. D’altronde anche diversi dei libri detti “profetici” (Isaia, Geremia, Daniele)
contengono consistenti brani narrativi, talvolta identici a brani dei libri dei Re.
I profeti dell’Antico Testamento si distinguono convenzionalmente in “Profeti maggiori”
(Isaia, Geremia, Ezechiele e Daniele) e “Profeti minori” (Osea, Gioele, Amos, Abdia, Giona,
Michea, Naum, Abacuc, Sofonia, Aggeo, Zaccaria, Malachia). Quelli detti “minori” non lo
sono per un loro minor grado di ispirazione, ma semplicemente a causa della mole
ridotta dei loro scritti, che potevano così essere riuniti in un unico rotolo o “libro”: infatti
gli Ebrei conteggiano solo 22 libri nell’Antico Testamento, fra i quali “i Dodici”. (Qualcuno
obietterà che i libri di Osea e di Zaccaria non sono in realtà molto più brevi di Daniele. Ma
quest’ultimo, nella Bibbia ebraica, non è incluso fra i “Profeti”, bensì tra gli “Scritti” o
“Agiografi”).
Essi profetizzavano dal IX al V secolo a.C. (vedi tavola cronologica qui sotto).

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1.4   Principi di interpretazione della profezia
La maggior parte delle profezie ha adempimento immediato, cioè sono indirizzate alla
stessa generazione del profeta, talvolta entro pochi istanti (si veda ad es. 1° Re 13:1-5,
Atti 5:7-10). Sono registrate nella Bibbia:
1) come testimonianza della potenza e dell’affidabilità di Dio, che fa quello che promette
   o minaccia;
2) perché spesso contengono dei princìpi di validità universale e ci insegnano le vie e i
modi di agire di Dio.
Altre profezie “tardano” ad adempiersi: ad es. la promessa del “giorno del Signore” (vedi
2° Pt. 3:9-10)
Spesso però le profezie hanno adempimenti multipli: talvolta quello primario ed
immediato è quello principale ma sembra di intravedere un altro adempimento
“secondario” nel futuro distante, altre volte quello immediato è “ombra” (Ebr. 8:5) di
quello definitivo. Talvolta (es. Matt. 24/Lc. 21) sembrano mescolarsi in un unico discorso
elementi vicini e lontani: è come vedere da lontano una catena montuosa, in cui è difficile
distinguere le cime più vicine da altre che in realtà sono molto più distanti.

1.5   Organizzazione delle lezioni
In questo studio considereremo i libri profetici, non nel loro convenzionale ordine biblico
(suddivisi tra “maggiori” e “minori”), ma nell’ordine storico-cronologico, come emerge
dalla seguente tabella. In tal modo miriamo a porli maggiormente nel loro contesto
storico, chiave indispensabile per interpretare correttamente buona parte dei loro scritti.
Nella prima parte studieremo i profeti dei regni di Israele e di Giuda, fino all’ultima fase
di Giuda (secc. IX-VII a.C.), a esclusione di Geremia, il cui ministero sta a cavallo della
caduta di Gerusalemme e l’inizio dell’esilio babilonese.
Nella seconda parte, invece, considereremo i profeti della caduta di Gerusalemme,
dell’esilio e del ritorno, incluso Geremia (in quanto contemporaneo di Ezechiele e dei
primi eventi del libro di Daniele).

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2. Cronologia dei profeti

In neretto corsivo i nomi dei profeti autori di libri biblici. Per quelli segnati (?), le date
       sono incerte.

SEC.                        REGNO UNITO                                       PROFETI
                                  Davide (1011-971)                             Gad
                                 Salomone (971-931)                           Nathan
         RE DI ISRAELE       PROFETI DEL        RE DI GIUDA       PROFETI              NOTE
                            NORD (ISRAELE)                        DEL SUD
 X                                                                 (GIUDA)
       Geroboamo I (931-        Ahijah         Roboamo (931-
             910)                                   913)
       Nadab (910-909)                          Abiiam (913-
                                                    911)
        Baasa (909-886)                        Asa (911-870)
         Ela (886-885)
          Zimri (885)
        Tibni (885-880)
        Omri (885-874)        Elia, Micaia     Giosafat (870-    Ieu, Iaaziel
 IX     Acab (874-853)                              848)                         INCURSIONI
       Acazia (853-852)        Eliseo; la                         Abdia (?)           DEI SIRI
       Ieoram (852-841)       “scuola dei     Ioram ((848-841)
         Ieu (841-814)          profeti”      Atalia (841-835)     Gioele
                                Giona          Ioas (835-796)
       Ioacaz (814-798)
         Ioas (798-782)                         Amasia (796-
         Geroboamo II                               767)            Amos
           (782-753)             Osea         Uzzia (767-740)      Michea
       Zaccaria (753-752)                                           Isaia
         Sallum (752)
         Menaem (752-
VIII                                                                            732: conquista
             742)
                                                                                di Damasco da
         Pecachia (742-                       Iotam (740-732)
                                                                                  parte degli
             740)                              Acaz (732-716)
                                                                                       Assiri
        Peca (740-732)                          Ezechia (716-
        Osea (732-723)                              687)
         ====== Caduta di Samaria (723)
                    =======

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RE DI GIUDA                  PROFETI                   NOTE
             Manasse (687-642)                                     DOMINAZIONE
               Amon (642-640)                                          ASSIRA
               Giosia (640-609)               Naum (?),
                 Ioacaz (609)              Sofonia, Abacuc   612: caduta di Ninive e fine
VII          Ioiachim (609-597)                  (?)             dell’impero assiro.
                                              Geremia             605: Battaglia di
                                                                    Carchemish.
                                                             Esilio di molti Giudei, fra i
                                                              quali Ezechiele e Daniele
                Ioiachin (597)             Geremia (segue)
             Sedechia (597-587)               Ezechiele
                                               Daniele
           Caduta di Gerusalemme
            IL POPOLO GIUDAICO
VI                  ESILIO
            BABILONESE (605-538)
       538: ritorno a Gerusalemme di                         539: caduta di Babilonia ai
        Zorobabel e altri. Inizio della                                 Medi
           ricostruzione del Tempio        Aggeo, Zaccaria
      520: Ripresa dei lavori sul Tempio
       458: Esdra arriva Gerusalemme
 V      445: Neemia a Gerusalemme.            Malachia
           Ricostruzione delle mura

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3. ABDIA
Questo è il più breve libro dell’Antico Testamento e uno dei più piccoli di tutta la Bibbia:
un solo capitolo (21 versetti), dedicato a una profezia di giudizio contro Edom (i
discendenti di Esaù che abitavano a sud-est del Mar Morto, con capitale Petra, cfr. v.3) e
del futuro ristabilimento di Israele.
Il libro non offre nessun elemento sull’autore né sulla data di composizione, che bisogna
dedurre dal contenuto. Esistono tre scuole di pensiero in materia:
1. Il regno di Ioram (848-841). Questa è la data sostenuta dall’antica tradizione giudaica
  (testimoniata anche dalla posizione del libro fra i Profeti Minori nella Bibbia), e dalla
  maggior parte degli studiosi evangelici del passato e anche in questo studio. L’attacco
  degli Edomiti contro Gerusalemme sarebbe in questo caso quello riferito in 2° Re 8:20,
  abbinato a 2° Cron. 21:16-17.
2. Il regno di Acaz (732-716). Teoria di alcuni studiosi moderni: l’invasione sarebbe
  quella riferita in 2° Cron. 28:17-18. Ma non risulta che tale invasione sia arrivata fino al
  saccheggio di Gerusalemme.
3. Dopo l’esilio babilonese (587 a.C.). Questa tesi combacia con il Salmo 137:7 (e con
  l’apocrifo 1° Esdras 4:45): è il solo saccheggio di Gerusalemme in cui sappiamo per
  certo che gli Edomiti abbiano partecipato.
Una quarta possibilità, non presa in considerazione dalla maggior parte degli studiosi, è
che la data della profezia precede il misfatto per il quale si annuncia il giudizio divino:
cfr. Is. 45-47 e molte altre profezie. I vv.15-16 riguardano il giudizio finale su tutte le
nazioni, e nei vv.17-21 c’è una profezia almeno in parte messianica.
I vv.1-9 somigliano notevolmente a Ger. 49:7-22, che potrebbe esserne una citazione.
Dopo l’esilio babilonese, gli Arabi spinsero progressivamente gli Edomiti fuori dall’antica
patria verso il deserto, e la loro distruzione definitiva di Edom come nazione ebbe luogo
al tempo dei Maccabei (2° sec. a.C.).

4. GIOELE
Il libro di Gioele non riporta al suo interno nessuna indicazione della data e delle
circostanze della sua composizione. Perciò molti commentatori, soprattutto di tendenza
“liberale”, gli hanno attribuito una data molto più tardiva di quella tradizionale (cioè dello
stesso periodo di Osea, Amos, Isaia e Michea). Ma le loro ragioni sono molto soggettive:
lo stile letterario e, magari, il contenuto escatologico.
Per quanto breve, il libro di Gioele contiene alcune delle profezie più profonde e più
potenti di tutta la Scrittura. Vale bene la pena di meditare il suo messaggio e applicarne i
principi alla nostra vita cristiana e comunitaria oggi.
Più della metà del libro parla di una tremenda invasione di locuste, accompagnata da
siccità e conseguenti incendi che hanno devastato il paese (1:1-2:11). Questa calamità
naturale, dice il profeta, è un giudizio divino sugli abitanti del paese, e l’unico rimedio è il
ravvedimento, espresso con digiuni, pianti e confessioni dei peccati commessi (1:13-14,
2:12-17).

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La descrizione della piaga di locuste è fortemente poetica e descrittiva: sono come un
esercito di invasori che saccheggiano dappertutto (1:6, 2:2-11). A capo di questo esercito
è Dio in persona (2:11). Tuttavia alcune parti della descrizione (ad es. 2:17, 20)
suggeriscono anche un esercito di invasori umani (quali erano appunti i Siri ai tempi del
libro), dei quali le locuste sarebbero simbolo e avvertimento.
È da notare che questa descrizione viene echeggiata nell’Apocalisse (9:2-7); e infatti
questo giudizio divino, come ogni altro, prefigura e avverte del tremendo giudizio che
dovrà ancora venire al tempo della fine.
Il ravvedimento del popolo di Dio produce grandi benedizioni, espresse in termini di
abbondanza materiale di raccolti (2:18-27). Questo introduce il tema dell’abbondante
“pioggia” dello Spirito, profetizzata per un tempo futuro (2:28-32), profezia citata
dall’apostolo Pietro come adempiutasi il giorno della Pentecoste (Atti 2). Probabilmente
egli pensava poi a questo brano quando scrisse degli “antichi profeti che profetizzarono
sulla grazia a voi destinata” (1° Pt. 1:10).
Il cap. 3 poi predice il ritorno di Giuda dalla cattività (ricordiamo che il suo esilio avvenne
solo 200 anni dopo questa profezia), ma anche il giudizio di Dio sulle nazioni (v.2), i
segni nel cielo del sole e delle stelle che si oscurano (3:15) e la gloria eterna di
Gerusalemme, dove l’Eterno abiterà in mezzo al suo popolo (3:17-21). Queste profezie,
seppure abbiano un compimento parziale col ritorno di Giuda dall’esilio, sono
chiaramente escatologiche e messianiche.

5. GIONA

5.1    Introduzione
Uno dei più affascinanti libri dell’Antico Testamento, è diverso da tutti gli altri libri
profetici in quanto non è una raccolta di oracoli ma interamente narrativo (raccontato
nella 3.a persona, quindi su Giona, non da lui).
È largamente considerato oggi come una pia leggenda (si vedano per es. l’introduzione e
le note al libro nelle Bibbie cattoliche). Questa tesi è inaccettabile perché:
1. Abbiamo notizie indipendenti di Giona (2° Re 14:25). Da quell’episodio risulta lo stesso
   tema della grazia come nel nostro libro: infatti Dio salva Israele per mano di un re
   molto malvagio, Geroboamo II (v.24).
2. Viene citato due volte da Gesù come un racconto di fatti storici. In Matt. 12:39-41, Egli
   cita sia il soggiorno nel ventre del pesce, sia la conversione dei Niniviti, come segni
   paralleli alla propria morte e resurrezione e al ravvedimento richiesto alla propria
   generazione in vista del giorno del giudizio.
L’Assiria, della quale Ninive fu la capitale, al tempo di Giona (seconda metà del sec. IX
a.C.) non era una grande potenza: raggiunse l’apice del suo potere 100 anni più tardi
quando distrusse Damasco e il suo impero, per essere poi a sua volta distrutta dai
Babilonesi nel 612. Tuttavia aveva già alle spalle una storia lunga e crudele.

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Modulo 5
È stato obiettato che le dimensioni della città in 3:3-4 siano irrealistiche. Ma il significato
delle espressioni usate è incerto: può significare che ci volevano tre giornate perché
Giona girasse in ogni sua parte, fermandosi a predicare nelle piazze. Comunque Diodoro
Siculo, nel I sec. a.C., riferisce una tradizione secondo la quale aveva un perimetro di
circa 100 km. Gli archeologi hanno tracciato un centro abitato lungo 35-40 km; la
cittadella fortificata centrale misurava circa 5 x 3 km.
Si citano alcuni episodi storici di uomini inghiottiti da balene e successivamente
recuperati vivi. Tuttavia la durata dell’avventura di Giona (tre giorni), il fatto che sia
rimasto cosciente, e che sia stato poi vomitato sulla spiaggia anziché in mare aperto
hanno evidentemente del miracoloso.

5.2   Il messaggio del libro
Giona fu fortemente contrariato dalla grazia di Dio verso i pagani immeritevoli (4:1-2):
per questo si ribellò all’ordine di Dio (1:3). Ma Dio, che è sovrano, “prepara” prima la
tempesta, poi il pesce (o balena: l’ebraico non distingue), così come poi “prepara” la
pianta, il verme, il vento (4:6,7,8), per riportare il Suo servo sulla strada dell’obbedienza e
quindi i pagani alla conversione.
I Niniviti sono citati da Gesù come esempio di vero ravvedimento: digiunano, confessano
e abbandonano i peccati, si umiliano per implorare misericordia. Così il giudizio di Dio
viene rinviato per 200 anni.
Il libro di Giona ci insegna un’importantissima lezione sulla natura della profezia: non è
“predizione” di un futuro fisso e immutabile (questa è “chiaroveggenza”), ma piuttosto un
annuncio da parte di Dio di ciò che ha intenzione di fare. Ma l’intenzione di Dio è in
relazione alle scelte degli uomini: Egli può “pentirsi” (3:10), cioè cambiare idea e non fare
il male che ha minacciato.
La reazione di Giona (cap. 4) sembra essere dettata in parte da uno spirito vendicativo, in
parte dalla “brutta figura” che egli fa perché la sua profezia non si adempie. Dio gli fa una
lezione: deve gustare “in piccolo” sulla propria pelle l’esperienza del dispiacere e del
giudizio divino.

6. AMOS

6.1   Introduzione
Amos profetizzò durante i regni di Uzzia (detto anche Azaria) di Giuda e di Geroboamo II
d’Israele, quindi intorno al 760 a.C. Precisa la data delle sue visioni come “due anni prima
del terremoto” (1:1): purtroppo non conosciamo la data precisa di questo evento, ma
lasciò un’impressione talmente spaventosa da essere ricordato ancora a distanza di secoli
(Zacc. 14:5).

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Modulo 5
Questo fu un periodo in Israele di grande prosperità, addirittura di lusso (3:12,15; 6:1, 4-
6): infatti sotto Geroboamo, Israele godeva di grande successo militare ed economico e di
un’apparente sicurezza politica (cfr. 2° Re 14:25), come è stato confermato anche dagli
scavi archeologici a Samaria. Eppure, solo trent’anni più tardi, Samaria fu distrutta dagli
Assiri e il popolo, portato via schiavo tra atroci sofferenze, cessò di esistere come
nazione.
Almeno due motivi rendono Amos unico tra i profeti del periodo del regno diviso:

•   Non fu, come Isaia, Geremia e altri, un sacerdote, né proveniva dalle “scuole dei
    profeti”, anzi sottolinea la propria origine umile e contadina (1:1, 7:14);
•   Proveniva da Giuda (Tecoa, a 20 km circa a sud di Gerusalemme), ma – come il profeta
    anonimo di 1° Re 13, ai tempi di Geroboamo I – fu mandato da Dio ad esercitare il suo
    ministero in Israele, e particolarmente a Betel (7:10-15).

6.2     Il messaggio del libro
Il messaggio principale del libro di Amos è: la giustizia.
Dopo la presentazione dell’autore e del Dio nel cui nome egli parla (1:1-2), il libro
esordisce con una serie di profezie di giudizio contro tutte le nazioni che circondano
Israele, Giuda compresa (1:3-2:5). Dio si occupa non solo del proprio popolo, ma manda
messaggi anche contro le nazioni pagane: Egli è il Dio di tutta la terra (4:13), non solo di
Israele e di Giuda. Le nazioni sono sottoposte a giudizio per i loro delitti contro
l’umanità: oppressione, saccheggio, genocidio... Solo Giuda è giudicata per la sua
infedeltà a Dio (2:4-5). Il giudizio, cioè, è in relazione alla conoscenza che si ha delle
leggi divine.
Dal 2:6 in poi, invece, l’attenzione si volge verso Israele. I suoi peccati si possono
riassumere, come sempre nei messaggi dei profeti, in due categorie:

•   ingratitudine, orgoglio, idolatria e indifferenza alle leggi divine (peccati contro Dio:
    2:9-13, 3:2, 4:4-5, 5:4-6, 6:4-13). Dio detesta l’osservanza religiosa esteriore e formale
    (5:21-24). “Cercate me e vivrete!” (5:4,6).
•  peccati di oppressione, sfruttamento e ingiustizia sociale (peccati contro il prossimo:
   2:6-8; 3:9-10, 4:1, 5:7,11-12)
A causa di questi peccati, Dio minaccia il giudizio e la distruzione. Gli ultimi capitoli (7-9)
contengono infatti una serie di visioni profetiche che avvertono del giudizio che sta per
venire.
Ci sono comunque due speranze:

•   se Israele si pentirà e cercherà Dio, il giudizio sarà almeno rinviato (cfr. Ninive e
    Giona);
•   l’intercessione del profeta riesce a stornare per il momento l’ira divina (cap. 7). Ma è
    disprezzato e odiato dagli stessi beneficiari della misericordia di Dio (vv. 10-17).
Tuttavia, dopo che il giudizio si sarà abbattuto su Israele (infatti Samaria fu distrutta dagli
Assiri e Israele portato in esilio solo 30 anni circa dopo queste profezie), il profeta vede

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Modulo 5
ancora una speranza per il futuro (9:11-15). Noi sappiamo che questa profezia si applica
alla Chiesa, “l’Israele di Dio” (Gal. 6:16): infatti essa è citata esplicitamente da Pietro al
Concilio di Gerusalemme (Atti 15:16) come adempiuta nella Chiesa.

7. OSEA
Osea è uno dei pochi profeti “scriventi” provenienti dal regno settentrionale (Israele). Egli
profetizzò intorno alla metà del VIII secolo a.C., quindi fu contemporaneo di Isaia, Michea
e Amos in Giuda (vedi la cronologia, sez. 2). Iniziò dunque il suo ministero a 30-40 anni
dalla morte di Eliseo, e si può ipotizzare che fosse un prodotto della “scuola dei profeti”
che ruotava attorno ad Elia ed Eliseo (2° Re 2:3,7,15, 4:1,38, 6:1-6, 9:1, ecc.). I capp. 1 e
3 sono in prosa, il resto del libro in forma poetica.

7.1   La moglie del profeta
Osea non solo parla in nome di Dio, ma gli fu chiesto anche di vivere un’esperienza
illustrativa del messaggio affidatogli (capp. 1-3): a prendere in moglie una prostituta, la
quale, a quanto pare, anche dopo il matrimonio tornò a prostituirsi, provocando il profeta
a sconfessarla e ripudiarla (2:1-5). Non solo, ma egli dovette anche ricomprarla dalla
schiavitù nella quale pare si sia venduta (3:1-2). Dopo di che, come Israele, dovette essere
posta “sotto disciplina” per un tempo di purificazione e riabilitazione (3:3-5).
Questo episodio ha provocato molte perplessità nei commentatori. È possibile che Dio
chieda una cosa simile a un suo servo? Così alcuni hanno proposto delle “scappatoie”:
Gomer si prostituì solo dopo il matrimonio, e le parole di 1:2 sono dette col senno di poi
e non vanno prese alla lettera. Questo è possibile, e corrisponderebbe meglio alla storia
di Israele, che fu una sposa “pura” quando Dio la chiamò dall’Egitto (11:1) e solo dopo si
allontanò. Tuttavia non è questo il senso più evidente delle parole di Osea.

7.2   Il suo messaggio
La nota dominante del messaggio di Osea è la fedeltà e la misericordia di Dio (capp. 3,
11, 14). Ciò non esclude l’ira e il giudizio (ricordiamo che entro 20-30 anni, Israele fu
distrutto e portato via in schiavitù dai suoi nemici). Ma Dio è “costretto” a giudicare, Suo
malgrado: il Suo desiderio è che il suo popolo si penta perché Egli possa averne
misericordia. Per ottenere questo risultato, è necessario trattarlo con durezza (capp. 2-3).
Questa lezione sul carattere eterno di Dio è importante anche per noi.
Il libro di Osea contiene importanti promesse della gloria futura del popolo di Dio, che
vediamo adempiersi in parte nella Chiesa del Nuovo Testamento, mentre in parte si
dovranno adempiere nella futura conversione dei Giudei: per esempio, 1:10, 2:14-23 (cfr.
Rom. 9:25-26); 3:5; 11:9-10; 14:4-9.
Il brano di 6:1-3 è stato interpretato in due modi:
1) come l’espressione di un ravvedimento autentico e profondo;

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Modulo 5
2) come un ravvedimento superficiale e solo apparente.
La seconda interpretazione sembra più probabile alla luce di quanto segue (6:4-11, cfr. Is.
58). Solo un ravvedimento profondo e reale può essere premiato dalla misericordia di Dio
(4:17).
8. MICHEA
Contemporaneo di Isaia, Osea e Amos, Michea proveniva da una cittadina sul confine con
la Filistia e profetizzò a metà del secolo VIII. I temi sono gli stessi dei coetanei: la
corruzione dei costumi (particolarmente nei capi religiosi), la minaccia del giudizio e la
futura gloria messianica. Egli profetizza sia contro Israele che contro Giuda e
Gerusalemme. Il libro, tutto in forma poetica, contiene anche non pochi giochi di parole,
naturalmente intraducibili (1:10-16).
Alcuni brani sono praticamente identici ad alcuni di Isaia (4:1-3 = Is. 2:2-4) e di Geremia
(3:12 = Ger. 26:18). Ma non c’è nessun motivo per cui i profeti non dovessero ripetere gli
stessi discorsi già dati, così come anche il Nuovo Testamento cita e ripete cose già dette
nell’Antico.
Il cap. 5:1-4a contiene uno dei più famosi brani messianici (nascita del Cristo, il Re-
Pastore, a Betlemme). Il cap. 7:7-20 riguarda invece il ritorno dall’esilio e la ricostruzione
di Gerusalemme, la cui distruzione fa parte di un futuro ancora lontano quando
profetizza Michea.

9. Isaia

9.1       Autore e caratteristiche del libro
Isaia visse a Gerusalemme durante il sec. VIII a.C. e profetizzava – come dice il libro
stesso (1:1) – durante i regni di Uzzia (detto anche Azaria), Iotam, Acaz e Ezechia, cioè
durante la seconda metà di quel secolo. Si presume che sia stato di famiglia sacerdotale,
dal momento che nel cap. 6 descrive una visione che ha luogo nel Tempio. Sua moglie, di
cui non conosciamo il nome, è chiamata “la profetessa” (8:3), presumibilmente perché
anche lei profetizzava, anziché semplicemente per riflesso della vocazione del marito,
anche se la Bibbia non ne parla in termini espliciti. Ebbe almeno due figli, ai quali furono
dati nomi profetici come “segni” (7:3, 8:3). In 8:16 si parla dei suoi “discepoli”,
espressione che ricorda le “scuole dei profeti” di cui si parla nei libri dei Re ai tempi di Elia
e di Eliseo (2° Re 2:5,7).
Della morte di Isaia non abbiamo notizia nella Bibbia, ma un’antica tradizione giudaica
racconta che sotto il malvagio re Manasse (687-642), per sfuggire alla persecuzione di
quest’ultimo, si sarebbe nascosto nel tronco cavo di un cedro e che il re avrebbe dato
ordine che si segasse l’albero insieme a lui. È probabile che Ebrei 11:37 si riferisca a
questa tradizione.

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Modulo 5
Gran parte del libro – come la maggior parte dei libri profetici – è scritto in forma poetica
e dimostra una notevole sensibilità artistica e letteraria.
Come è noto, la maggior parte degli studiosi moderni nega la paternità di Isaia della
seconda parte del libro (capp. 40-66), attribuito a un autore ignoto di epoca successiva
chiamato – in assenza di qualsiasi notizia sulla sua persona – “Deutero-Isaia”, cioè “il
secondo Isaia”. Alcuni suddividono ulteriormente questa seconda parte del libro,
attribuendo i capp. 56-66 a un “Trito-Isaia” (terzo Isaia”). È vero che si nota un cambio di
tono dal cap. 40 – le profezie di questi capitoli sono soprattutto messianici, cioè
riguardano un futuro ancora lontano – ma il motivo principale per questa teoria è il fatto
che nei capp. 44-45 si nomina esplicitamente il re persiano Ciro, che conquistò la
Babilonia nel 539 a.C. e permise il ritorno degli esuli giudaici e la ricostruzione del
Tempio a Gerusalemme (vedi il libro di Esdra). Si presume che Isaia non avrebbe potuto
nominare questa persona con 200 anni di anticipo.
Chiaramente, per chi crede in un Dio onnipotente e nella realtà della rivelazione e della
profezia, questo non è un problema (anche se raramente le profezie anticipano dettagli
così particolareggiati come i nomi personali). E sarebbe davvero strano se l’autore di
quelli che sono universalmente riconosciuti come alcuni dei capitoli più belli, più profondi
e più significativi dell’intera Bibbia (da alcuni chiamati “il quinto Vangelo”!) fosse così
completamente caduto nell’oblìo che se ne fosse perfino dimenticato il nome, lasciando
attribuire la sua grande opera a un altro!
Inoltre Gesù e gli autori del Nuovo Testamento attribuiscono a Isaia i capitoli contestati
(Matt. 8:17, 12:17-21; Lc. 3:4, 4:17-19, Rom. 10:16,20-21, ecc.). E il manoscritto di Isaia
ritrovato a Qumran, e che risale al I o II secolo a.C., contiene l’intero libro senza fare
alcuna distinzione tra i capp. 1-40 e il resto.
È evidente che le profezie del libro non sono in stretto ordine cronologico, ma neanche
ordinate rigorosamente secondo i temi.
I capitolo 36-39 riproducono praticamente gran parte di 2° Re capp. 18-20, lasciando
supporre che quei capitoli (che, ricordiamo, fanno parte dei libri chiamati dagli Ebrei “i
Profeti anteriori”) siano stati scritti appunto da Isaia: sembra che i profeti abbiano fatto da
storiografi d’Israele.

9.2    Profezie dei primi anni di Isaia: capp. 1-5
Il libro inizia con una denuncia dei peccati di Israele, particolarmente dell’idolatria (cap.
1), che ne stabilisce il tema principale. Tuttavia, c’è ancora la possibilità di ravvedimento
e di perdono (1:16-20) e, in mezzo alle profezie del giudizio divino, si parla comunque di
un futuro glorioso (2:1-5, 4:2-6), che non si adempie pienamente con il ritorno dall’Esilio,
ma solo con la venuta del Messia e del Suo regno.
Il cap. 5:1-7 è una “parabola” in cui Israele è paragonato a una “vigna del Signore”, tema
che sarà usato più volte da Gesù nel Nuovo Testamento.

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Modulo 5
9.3    Visione della gloria di Dio e chiamata di Isaia: cap. 6
Questa grandiosa visione segna la vita e il ministero di Isaia, anche se non è certo che ne
segni l’inizio: è possibile che esercitasse già prima un ministero profetico. Come in tutta
la Bibbia, la visione della gloria e della santità di Dio (vv.1-4) porta la convinzione del
peccato e dell’indegnità dell’uomo (v.5). Il mandato di Isaia (vv. 8-10), come quello di
Geremia, Ezechiele e molti altri profeti, non garantisce il “successo” e la popolarità, ma
piuttosto sofferenze e persecuzioni.

9.4    Profezie contro Israele e le nazioni e profezie messianiche: capp. 7-23
È notevole il fatto che Dio non si limita a giudicare il Suo popolo, Giuda (e Israele), ma
parla di giudizi anche su tutte le nazioni circostanti. È il Dio non solo di Israele ma di
tutta la terra, per cui giudica la Siria (capp. 8, 17), l’Assiria (cap. 10, 14:24-27, 18), la
Babilonia (capp. 13-14, 21:1-10), la Filistia (14:28-32), Moab (capp. 15-16), l’Egitto (capp.
19-20), Edom (21:11-17), Tiro (cap. 23), oltre a Giuda e Gerusalemme. Questi giudizi
sono basati non – come nel caso del Popolo eletto – sull’idolatria e l’infedeltà al patto con
Dio (non ancora esteso a loro), ma sulle ingiustizie contro gli altri uomini e popoli, e in
particolare contro Giuda e Israele.
In questo contesto è particolarmente degno di nota 10:5 e segg. L’Assiria è la “verga
dell’ira di Dio”, lo strumento che Egli suscita e usa per punire le infedeltà di Israele. Ma
verrà a sua volta punita per l’eccessiva e smisurata crudeltà e violenza adoperata in
questo compito, pure concessole da Dio.
All’interno di questa sezione, poi, alcuni capitoli poi meritano una menzione particolare:
Profezie messianiche: 9:1-6, 11:1-10. Questi brani non necessitano di tanto commento e
vengono spesso citati nel Nuovo Testamento e dai predicatori cristiani primitivi.
Particolarmente preziosa è la dichiarazione della deità del Messia (9:5). Evidentemente il
profeta stesso non può aver avuto una perfetta chiarezza sul significato delle cose
meravigliose da lui stesso profetizzate (cfr. 1° Pt. 1:10).
La caduta del re di Babilonia: 14:4-23. Dietro al lamento ironico sul tiranno caduto,
un’antichissima tradizione cristiana vede “l’ombra” della caduta primordiale di Satana:
infatti certe espressioni si adattano meglio a questa interpretazione che non a quella
immediata (vv. 12-14).

9.5    Giudizio del mondo intero: capp. 24-27
Questi capitoli contengono una “piccola Apocalisse” in cui i giudizi divini si estendono
oltre i confini delle nazioni mediorientali per colpire il mondo intero. Se all’inizio (24:1-
13) il riferimento è ambiguo (infatti l’ebraico ha-eretz è ambiguo quanto l’italiano “la
terra”: può significare “il mondo abitato”, ma anche “il territorio” di Israele), più avanti
diventa chiaro il riferimento a tutti i popoli (24:15-16, 21-22, 25:6, ecc.). Anche qui però

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Modulo 5
il messaggio di giudizio è accompagnato da un messaggio di speranza, redenzione e
salvezza (25:1-5, 26:1-8, 27:6-13).

9.6    Profezie prevalentemente contro Israele e contro Giuda: capp. 28-35
Dio avverte il Suo popolo contro la follia di riporre fiducia nell’aiuto nelle nazioni pagane
(in particolare l’Egitto) anziché in Dio (capp. 30-31). Anche qui è sempre presente la nota
messianica ed escatologica della salvezza futura (capp. 32-33, 35).

9.7    Capitoli narrativi: Liberazione di Gerusalemme e guarigione di Ezechia: capp.
       36-39
Questi capitoli, sostanzialmente uguali a 2° Re capp. 18-20, evidenziano l’influenza di cui
godeva Isaia durante il regno del “buon” re Ezechia (716-687) e la sua capacità di
influenzarne le scelte. Il miracolo del cap. 37 è uno dei più straordinari dell’intera Bibbia,
tanto da lasciar perplessi sul suo meccanismo! La guarigione di Ezechia (cap. 38) è una
lezione importante sulla preghiera: non solo sulla sua efficacia, ma fa riflettere il fatto
che, durante i 15 anni di vita aggiuntivi concessi al re, non solo ci fu la visita degli
ambasciatori babilonesi (cap. 39) – all’epoca, la Babilonia fu una nazione piuttosto
insignificante – ma sembra anche che abbia generato il figlio e successore, Manasse, uno
dei più malvagi di tutti i re di Giuda, a causa del quale poi vengono su Giuda tutti i giudizi
minacciati da Dio.

La restaurazione d’Israele e il trionfo del regno di Dio: capp. 40 – 66
Questi capitoli presuppongono l’esilio babilonese (e per questo motivo, come già detto,
sono attribuiti dagli studiosi “liberali” a un “altro Isaia” del tempo dell’esilio stesso). Ma
quella cattività era stata rivelata a Isaia nel cap. 39, che perciò diventa la necessaria
introduzione e presupposto di tutto quello che segue.
In molte di queste profezie, comunque, si vede chiaramente un “doppio adempimento”: la
liberazione di Israele dalla Babilonia e il suo ristabilimento come nazione è “ombra e
figura” della liberazione spirituale del popolo di Dio del Nuovo Patto e la sua costituzione
come popolo di Dio nella “terra promessa” spirituale. Il “Servo di Dio” talvolta è Ciro,
suscitato da Dio per servire i Suoi scopi, talvolta Israele stesso, ma altre volte il Messia
futuro: il culmine di queste profezie è raggiunto nella grande profezia del cap. 52:13 -
53. Per questo motivo questo capitoli sono tra i brani dei Profeti più spesso letti e citati
dai cristiani di ogni epoca.

9.8    Introduzione alle profezie che seguono: cap. 40
Questo capitolo introduce i grandi temi delle profezie seguenti e si può suddividere in tre
sezioni:
1. Il ritorno dall’esilio: la grazia dopo il castigo (vv. 1-2);

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Modulo 5
2. La gloria e la sovranità di Dio e la vanità dell’idolatria (vv. 6-8, 12-31). In particolare i
   vv. 12-15 e 21-26 contengono una delle rivelazioni più sublimi della trascendenza e
   della sovranità del Creatore di tutte le cose;
3. Il trionfo futuro del regno di Dio (vv. 3-5, 9-11). Notiamo la citazione del v.3 nel Nuovo
   Testamento a proposito di Giovanni Battista, “precursore” della rivelazione della gloria
   di Dio in Cristo.

9.9     Profezie sulla restaurazione d’Israele e su Ciro, strumento scelto da Dio: capp.
        41-49
Come le vittorie degli Assiri (cap. 10), anche quelle di Ciro sono dovute alla mano del Dio
vivente, non ai suoi idoli (41:1-7); anche la liberazione d’Israele è opera di Dio e perciò
avverrà sicuramente (vv. 8-20). Solo Lui è capace di predire il futuro, perché è Lui che
domina sovranamente sulla storia (vv. 21-29).
Il cap. 42 ha un duplice adempimento: in un primo tempo si applica a Ciro, liberatore
d’Israele sotto la mano di Dio, ma in un senso più profondo guarda avanti verso la venuta
del Messia (vv. 1-8). Anche i vv. 13-15 riguardano sia i giudizi operati per mano di Ciro,
sia il “giorno del Signore” in un lontano futuro. Al v.19 il “servo del Signore” è
evidentemente Israele, “cieca” perché non sa riconoscere l’azione di Dio nelle disgrazie
che le accadono.
Anche nei capp. 43-44 il riscatto d’Israele prefigura la salvezza messianica che verrà
dopo. Israele, pur essendo “cieco” e “sordo”, nondimeno è il “testimone di Dio” perché ora
ascolta queste profezie, prima che le cose avvengano (43:8-13 e 44:6-9). In 43:14 si parla
esplicitamente di Babilonia e dei Caldei, che – ricordiamo – non erano ancora una “grande
potenza” negli anni in cui Isaia profetizzava. In 44:9-20 si mettono in ridicolo coloro che
fabbricano e poi adorano gli idoli.
Anche     44:21-26      ha   un   doppio   adempimento      (riscatto    d’Israele   e   salvezza
neotestamentaria), ma alla fine sfocia in una predizione esplicita del liberatore, Ciro (vv.
26-28). Questo introduce 45:1-13, in cui ancora Ciro – “l’unto” di Dio (ebr. mashshiyach,
Messia, v.1) è figura del futuro Liberatore. Un’ulteriore polemica contro l’idolatria (45:14-
19)   introduce    la    predizione   di   una   salvezza   universale    (vv.20-25).    Notiamo
particolarmente il v.23, ripreso nel Nuovo Testamento in Fil            2:11-12, dove è a Gesù
Cristo – Dio incarnato – che ogni ginocchio si dovrà piegare.
Capp 47 - 49: anche la predetta caduta di Babilonia prefigura il giudizio escatologico sulla
“grande Babilonia” (Apoc. 17-18). Bel e Nebo (47:1) sono dèi babilonesi. In questi capitoli
c’è un evidente contrasto tra la “figlia di Babilonia” (cap. 47) e la “figlia di Sion” (cap. 49),
personificazioni dei due popoli. I giudizi divini contro Sion sono solo per un tempo,
mentre quelli contro Babilonia sono definitivi. In 49:3-4, c’è un’evidente transizione da
“Israele, servo di Dio” (v. 3) al “servo” messianico che riconduce Israele a Dio (vv.5-7).
Anche il v.8 è citato nel N.T. come profezia della salvezza.

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Modulo 5
9.10   Il Servo del Signore: 50 - 52:12
Queste profezie guardano più avanti, anche se in maniera velata, alla venuta del “Servo"
che poi si rivela in Cristo. Il primo “Cantico del Servo” in 50:4-9 contiene evidenti accenni
all’ubbidienza di Gesù (vv. 4-5) e alle Sue sofferenze (v. 6), per poi sfumare in
un’identificazione con i giustificati per mezzo di lui (vv. 8-10).
I capp. 51 - 52 (fino al v.12) sono un canto di trionfo che parla ancora della restaurazione
di Gerusalemme. Anche qui, gli ultimi vv. (52:7-12) anticipano anche la salvezza degli
ultimi tempi: il v.7 viene citato nel Nuovo Testamento in questo senso (è stato chiamato
da alcuni il “Protovangelo”).

9.11   Le sofferenze del Servo redentore: 52:13 - 53
Il brano più famoso di tutti gli scritti profetici parla in maniera chiara, eppure sempre
velata, delle sofferenze del Cristo (cfr. Atti 8:27-35). È evidente che qui il “servo del
Signore” non può essere Israele, e neanche il profeta stesso: solo con l’adempimento dei
sacrifici “ombra” dell’Antico Testamento (vv. 4-6) si poteva comprendere pienamente
questo brano (citato anche in Matt. 8:17, 1° Pt. 2:22), che indica anche il senso più
profondo dell’intercessione (v.12). È notevole la profezia, non solo delle sofferenze e
della morte (vv. 3-8) e del seppellimento (v. 9), ma anche in termini chiari della
resurrezione (vv. 10-12).

9.12   La salvezza futura: capp. 54 - 55
Anche il cap. 54 parla in doppio senso della salvezza di Gerusalemme e di quella futura:
l’ultima parte del capitolo prefigura chiaramente la Nuova Gerusalemme dell’Apocalisse.
Il cap. 55 è un brano prediletto dalla predicazione evangelica: contiene infatti
un’esposizione bellissima della salvezza per grazia e dell’invito al ravvedimento. La
salvezza è anche aperta a tutti (vv. 4-5) e non segue una logica umana (v.9).

9.13   Inviti alla conversione: capp. 56 - 59
Questi capitoli contengono cose notevoli quali: la prospettiva divina sulla morte e sul
giudizio (57:1-2); promesse di benedizione per chi si avvicina umilmente a Dio (57:14-
21), l’invito al digiuno col cuore, non solo esteriore, accompagnato da una vita di
giustizia e con relative promesse di benedizione (cap. 58); la spiegazione dell’effetto del
peccato nel separare l’uomo da Dio (59:1-2).

9.14   La gloria futura: capp. 60 - 66
Questi capitoli guardano oltre la redenzione di Gerusalemme per considerare la “nuova
Gerusalemme” e il regno eterno che rappresenta (capp. 60-62), e il “giorno del Signore”
con i giudizi escatologici che l’accompagnano (capp. 63-66). Da notare particolarmente
la profezia dell’Unto di Dio e del giorno della redenzione (61:1-3), citata da Gesù nella
sinagoga di Nazaret (Lc. 4:18-19), e del sacerdozio universale dei redenti (61:6).Il cap. 62

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Modulo 5
parla dell’intercessione permanente di Cristo (Rom. 8:34, Ebr. 7:25), ma anche di quella
dei credenti che si uniscono a Lui per gridare: “Venga il tuo regno!”.

10. NAUM
Anche questo libro ci dice poco dell’autore. La sua profezia comunque parla della caduta
di No-Amon (altro nome di Tebe, l’antica capitale dell’Egitto) come un fatto compiuto
(3:8). Questo avvenne ad opera di Assurbanipal, re di Assiria, nel 663 a.C., mentre la
distruzione di Ninive da parte dei Babilonesi, ancora futura quando scrive Naum, ebbe
luogo nel 612. Quindi questo libro deve essere stato composto fra queste due date.
Naum era di Elcos, paese altrimenti ignoto: da alcuni è stato identificato con una località
in Galilea, da altri nella parte meridionale di Giuda. Dato però che egli profetizzava dopo
la caduta di Samaria (722 a.C.), questa seconda tesi sembra la più verosimile. Il suo nome
significa “consolazione”.
Il breve libro è dedicato tutto a profezie sulla caduta di Ninive, capitale dell’Assiria. La
prima parte del cap. 1 è una dichiarazione della maestà di Dio e del suo giudizio sulla
malvagità: ancora una volta viene affermata la Sua sovranità non solo su Israele, ma su
tutte le nazioni. Poi viene dichiarato il Suo giudizio contro Ninive, anche se non ancora
esplicitamente nominata (vv. 8-15). Il riferimento del v.11 potrebbe essere a Sennacherib,
il re assiro che assediò Gerusalemme nel 701 a.C., oppure a uno dei suoi successori
quale Assurbanipal.
Nel cap. 2 viene predetta la caduta di Ninive in termini molto precisi (v.6, cfr. anche 1:8).
Infatti i Babilonesi la conquistarono dopo che una grande inondazione aveva fatto breccia
nel muro di cinta. È descritto con forza il suo giudizio, punizione per l’oppressione e la
crudeltà: Ninive è infatti paragonata a un “covo di leoni” (v.11).
Nel cap. 3 si approfondisce il tema dell’ira di Dio contro l’ingiustizia di Ninive: essa è
come una prostituta (v.4), descritta in termini molto simili a quelle usate della “grande
Babilonia” in Apoc. 18 e 19. Non deve pensare di essere migliore dell’Egitto, che pure è
stato invaso e distrutto (vv. 8-10).

11. SOFONIA
La genealogia di questo profeta (1:1) traccia la sua discendenza da Ezechia, quasi
sicuramente il re di quel nome: Sofonia era quindi un cugino di secondo grado del re
Giosia (640-609 a.C.), durante il cui regno egli profetizzava, a quanto pare a
Gerusalemme (1:4). È quindi più o meno contemporaneo di Geremia.
Ricordiamo che Giosia operò una grande riforma religiosa, togliendo dal Tempio tutti gli
oggetti del culto di Baal e di Astarte (2° Re 23); ma evidentemente l’idolatria rimase nei
cuori delle persone (1:4-9). Per “quelli che saltano la soglia” (1:9), si veda 1° Sam. 5:5.

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Come tutti gli altri profeti, Sofonia avverte i Giudei dei meritati giudizi di Dio e li chiama
al ravvedimento, anche se Dio ha ormai deciso che la “misura” dei suoi peccati è talmente
colma che neanche le riforme di Giosia riescono a salvarlo (2° Re 23:26-27). Nel cap. 2 ci
sono anche dei messaggi diretti ad altre nazioni: Filistia, Moab, Ammon, Cus (Etiopia) e
Assiria.
Il cap. 3 riprende il tema del giudizio contro Gerusalemme, ma poi profetizza un tempo
futuro di restaurazione e di benedizione eterna (vv. 9-20). Il v.17 è notevole come unico
brano della Bibbia a raffigurare Dio in persona a cantare.

12. ABACUC
Anche di questo profeta si sa molto poco. La profezia di 1:5-11 riguarda i Caldei
(Babilonesi), quindi risale evidentemente al secolo VII a.C. e comunque prima della loro
conquista di Gerusalemme nel 587. La data più ovvia è dunque nel periodo in cui già
predominava questa nazione (quindi dopo la caduta di Ninive nel 612). Ma potrebbe
essere stata data anche prima (cfr. 2° Re 20:16-18), comunque non di più di una
generazione: dice infatti “ai vostri giorni” (1:5).
Il libro consiste in un “dialogo” tra il profeta e Dio, in cui Abacuc suscita il classico
problema della prosperità dei malvagi (1:3,13-17). Il primo interrogativo riguarda
l’oppressione del popolo da parte dei malvagi aristocratici e potenti di Giuda (1:2-4). Dio
risponde che li giudicherà e li punirà per mano dei Caldei che Egli sta per suscitare (1:5-
11).
Il profeta accetta questa risposta (1:12), ma torna a domandare se poi i Babilonesi, pure
essi malvagi, resteranno impuniti per il fatto di compiere i disegni di Dio, potendo così
attribuire la gloria del trionfo ai loro dèi pagani (1:12-17). Anche a questo Dio risponde
(2:2-20): anche i Babilonesi e i loro idoli saranno a loro volta distrutti (2:16). Questo
capitolo contiene il famoso v.4, citato più volte nel Nuovo Testamento: “il giusto [posto in
contrasto con il malvagio e prepotente] vivrà per la sua fede”.
Il cap. 3 è a tutti gli effetti un salmo che dichiara con linguaggio poetico la grandezza di
Dio, anticipando i giudizi che Egli ha annunciato (vv.2-15) e dichiarando la fiducia in Lui
nonostante le calamità preannunciate (vv.16-19).

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