Panorama dell'Antico Testamento - Modulo 5 - Anno accademico: 2011/2012 Docente: Geoffrey Allen
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Panorama dell’Antico Testamento Modulo 5 Anno accademico: 2011/2012 Docente: Geoffrey Allen
I LIBRI PROFETICI – 1A PARTE I PROFETI DEI DUE REGNI 1. Introduzione ai profeti e alla profezia biblica 1.1 I profeti e il profetismo in Israele “Profeta” traduce la parola ebraica nabhi’, di derivazione incerta ma probabilmente da una radice semitica che significa “chiamare”. Il profeta, cioè, è uno che “grida” agli uomini le parole di Dio, o forse uno che è “chiamato” da Dio al suo servizio (cfr. Mosè al pruno ardente). Simile è il termine greco prophetes, “chi parla davanti”, che può comprendere la predizione (dire le cose in anticipo), ma anche “precedere”, come un araldo, per parlare “da parte di” Dio, annunciando i Suoi messaggi (cfr. Mal. 3:1). Nell’A.T. troviamo altri tre termini per il profeta: ro’eh e hozeh, da due verbi per “vedere”, quindi tradotti entrambi “veggente” (vedi 1° Sam. 9:9); e “uomo di Dio”. Prima di parlare, il profeta è un “amico di Dio” (Gen. 18:17, 20:7; Is. 41:8), uno che sta alla presenza di Dio per ascoltare il Suo consiglio (Hab. 2:1) e “vede” ciò che Dio sta facendo o sta per fare (cfr. Amos 3:7). Il profeta, quindi, non è solo un uomo che annuncia il futuro, una specie di chiaroveggente. Anzi, nel concetto biblico non esiste un futuro già prestabilito da “spiare”; piuttosto Dio dichiara le Sue intenzioni, che per alcuni aspetti – soprattutto i grandi progetti della storia – sono immutabili, ma per altri più dettagliati possono anche essere soggetti a cambiamento (vedi Giona 3:4,10). L’incarico dei profeti comprende dunque la rivelazione di avvenimenti del futuro prossimo e anche lontano (profezia messianica ed escatologica); ma la maggior parte dei messaggi profetici era rivolta in primo luogo agli uditori immediati per produrre in loro una risposta (ravvedimento, timore di Dio, obbedienza). Tuttavia, è scritto nel Nuovo Testamento che gli antichi profeti “profetizzarono sulla grazia a voi [cioè, a noi!] destinata”, e che “fu loro rivelato che non per sé stessi, ma per voi, amministravano quelle cose che ora vi sono state annunziate da coloro che vi hanno predicato il vangelo” (1° Pt. 1:10,12). Il messaggio dei profeti è quindi rivolto anche – anzi, soprattutto – a noi oggi. 1.2 I canali della profezia I messaggi di Dio furono comunicati ai profeti in svariati modi, così come avviene oggi nella Chiesa. Sembra che ciascun profeta ascolti la parola di Dio prevalentemente in un modo piuttosto che in un altro: Ezechiele, Daniele, Abacuc e Zaccaria, e nel Nuovo Testamento Giovanni, ricevettero soprattutto visioni profetiche. Panorama dell’Antico Testamento 2 Modulo 5
Isaia, Ezechiele e Osea dovettero vivere o recitare esperienze che illustrarono il messaggio di Dio. Giona, per le note vicende per le quali passò, divenne nella propria persona una dimostrazione vivente del suo messaggio. La maggior parte delle profezie fu comunque comunicata attraverso oracoli profetici, cioè messaggi espressi in parole parlate e/o scritte. Le profezie registrate per noi furono solitamente parlate prima, e successivamente messe in forma scritta (ad es. Ger. 17:19, 30:2; Ezech. 20); altre però furono messe direttamente per iscritto (Dan. 12:4, Hab. 2:2). Talvolta la profezia fu facilitata dall’uso di strumenti musicali (2° Re 3:15). Molti profeti – particolarmente nella prima parte della storia di Israele – sono anche operatori di miracoli (si veda Mosè, Elia, Eliseo): rappresentano cioè Dio non solo con parole, ma con potenza. Fra i “profeti scriventi”, Isaia è forse l’unico di cui abbiamo notizia che abbia operato qualche miracolo (Is. 38). È da notare che solo una piccola parte delle profezie date ai tempi biblici (Antico e Nuovo Testamento) è stata registrata nella Bibbia. Cioè, lo scopo principale della profezia non era – contrariamente a quanto pensano alcuni evangelici della scuola dispensazionalista e fondamentalista – quello di comporre la Scrittura, rivelazione di Dio permanente e valida per tutti i tempi, ma quello di portare la Parola di Dio attuale alla loro generazione. Sono nominati molti profeti di cui non è stata conservata una sola parola di profezia (un esempio per tutti, i 100 profeti ai quali Abdia salvò la vita ai tempi di Elia, 1° Re 18:4)). La Bibbia ci dimostra anche qualcosa del carattere e della personalità dei profeti, uomini con limiti e difetti come noi (cfr. Giona). 1.3 I libri profetici Sono 17 sui 39 dell’Antico Testamento, più uno (l’Apocalisse) del Nuovo Testamento. Ricordiamo però che anche i libri da noi considerati “storici” (Giosuè, Giudici, I e II Samuele e I e II Re) sono chiamati dagli Ebrei “i profeti anteriori”, anche perché buona parte del loro contenuto è dedicato alle attività di profeti quali Samuele, Nathan, Elia ed Eliseo. D’altronde anche diversi dei libri detti “profetici” (Isaia, Geremia, Daniele) contengono consistenti brani narrativi, talvolta identici a brani dei libri dei Re. I profeti dell’Antico Testamento si distinguono convenzionalmente in “Profeti maggiori” (Isaia, Geremia, Ezechiele e Daniele) e “Profeti minori” (Osea, Gioele, Amos, Abdia, Giona, Michea, Naum, Abacuc, Sofonia, Aggeo, Zaccaria, Malachia). Quelli detti “minori” non lo sono per un loro minor grado di ispirazione, ma semplicemente a causa della mole ridotta dei loro scritti, che potevano così essere riuniti in un unico rotolo o “libro”: infatti gli Ebrei conteggiano solo 22 libri nell’Antico Testamento, fra i quali “i Dodici”. (Qualcuno obietterà che i libri di Osea e di Zaccaria non sono in realtà molto più brevi di Daniele. Ma quest’ultimo, nella Bibbia ebraica, non è incluso fra i “Profeti”, bensì tra gli “Scritti” o “Agiografi”). Essi profetizzavano dal IX al V secolo a.C. (vedi tavola cronologica qui sotto). Panorama dell’Antico Testamento 3 Modulo 5
1.4 Principi di interpretazione della profezia La maggior parte delle profezie ha adempimento immediato, cioè sono indirizzate alla stessa generazione del profeta, talvolta entro pochi istanti (si veda ad es. 1° Re 13:1-5, Atti 5:7-10). Sono registrate nella Bibbia: 1) come testimonianza della potenza e dell’affidabilità di Dio, che fa quello che promette o minaccia; 2) perché spesso contengono dei princìpi di validità universale e ci insegnano le vie e i modi di agire di Dio. Altre profezie “tardano” ad adempiersi: ad es. la promessa del “giorno del Signore” (vedi 2° Pt. 3:9-10) Spesso però le profezie hanno adempimenti multipli: talvolta quello primario ed immediato è quello principale ma sembra di intravedere un altro adempimento “secondario” nel futuro distante, altre volte quello immediato è “ombra” (Ebr. 8:5) di quello definitivo. Talvolta (es. Matt. 24/Lc. 21) sembrano mescolarsi in un unico discorso elementi vicini e lontani: è come vedere da lontano una catena montuosa, in cui è difficile distinguere le cime più vicine da altre che in realtà sono molto più distanti. 1.5 Organizzazione delle lezioni In questo studio considereremo i libri profetici, non nel loro convenzionale ordine biblico (suddivisi tra “maggiori” e “minori”), ma nell’ordine storico-cronologico, come emerge dalla seguente tabella. In tal modo miriamo a porli maggiormente nel loro contesto storico, chiave indispensabile per interpretare correttamente buona parte dei loro scritti. Nella prima parte studieremo i profeti dei regni di Israele e di Giuda, fino all’ultima fase di Giuda (secc. IX-VII a.C.), a esclusione di Geremia, il cui ministero sta a cavallo della caduta di Gerusalemme e l’inizio dell’esilio babilonese. Nella seconda parte, invece, considereremo i profeti della caduta di Gerusalemme, dell’esilio e del ritorno, incluso Geremia (in quanto contemporaneo di Ezechiele e dei primi eventi del libro di Daniele). Panorama dell’Antico Testamento 4 Modulo 5
2. Cronologia dei profeti In neretto corsivo i nomi dei profeti autori di libri biblici. Per quelli segnati (?), le date sono incerte. SEC. REGNO UNITO PROFETI Davide (1011-971) Gad Salomone (971-931) Nathan RE DI ISRAELE PROFETI DEL RE DI GIUDA PROFETI NOTE NORD (ISRAELE) DEL SUD X (GIUDA) Geroboamo I (931- Ahijah Roboamo (931- 910) 913) Nadab (910-909) Abiiam (913- 911) Baasa (909-886) Asa (911-870) Ela (886-885) Zimri (885) Tibni (885-880) Omri (885-874) Elia, Micaia Giosafat (870- Ieu, Iaaziel IX Acab (874-853) 848) INCURSIONI Acazia (853-852) Eliseo; la Abdia (?) DEI SIRI Ieoram (852-841) “scuola dei Ioram ((848-841) Ieu (841-814) profeti” Atalia (841-835) Gioele Giona Ioas (835-796) Ioacaz (814-798) Ioas (798-782) Amasia (796- Geroboamo II 767) Amos (782-753) Osea Uzzia (767-740) Michea Zaccaria (753-752) Isaia Sallum (752) Menaem (752- VIII 732: conquista 742) di Damasco da Pecachia (742- Iotam (740-732) parte degli 740) Acaz (732-716) Assiri Peca (740-732) Ezechia (716- Osea (732-723) 687) ====== Caduta di Samaria (723) ======= Panorama dell’Antico Testamento 5 Modulo 5
RE DI GIUDA PROFETI NOTE Manasse (687-642) DOMINAZIONE Amon (642-640) ASSIRA Giosia (640-609) Naum (?), Ioacaz (609) Sofonia, Abacuc 612: caduta di Ninive e fine VII Ioiachim (609-597) (?) dell’impero assiro. Geremia 605: Battaglia di Carchemish. Esilio di molti Giudei, fra i quali Ezechiele e Daniele Ioiachin (597) Geremia (segue) Sedechia (597-587) Ezechiele Daniele Caduta di Gerusalemme IL POPOLO GIUDAICO VI ESILIO BABILONESE (605-538) 538: ritorno a Gerusalemme di 539: caduta di Babilonia ai Zorobabel e altri. Inizio della Medi ricostruzione del Tempio Aggeo, Zaccaria 520: Ripresa dei lavori sul Tempio 458: Esdra arriva Gerusalemme V 445: Neemia a Gerusalemme. Malachia Ricostruzione delle mura Panorama dell’Antico Testamento 6 Modulo 5
3. ABDIA Questo è il più breve libro dell’Antico Testamento e uno dei più piccoli di tutta la Bibbia: un solo capitolo (21 versetti), dedicato a una profezia di giudizio contro Edom (i discendenti di Esaù che abitavano a sud-est del Mar Morto, con capitale Petra, cfr. v.3) e del futuro ristabilimento di Israele. Il libro non offre nessun elemento sull’autore né sulla data di composizione, che bisogna dedurre dal contenuto. Esistono tre scuole di pensiero in materia: 1. Il regno di Ioram (848-841). Questa è la data sostenuta dall’antica tradizione giudaica (testimoniata anche dalla posizione del libro fra i Profeti Minori nella Bibbia), e dalla maggior parte degli studiosi evangelici del passato e anche in questo studio. L’attacco degli Edomiti contro Gerusalemme sarebbe in questo caso quello riferito in 2° Re 8:20, abbinato a 2° Cron. 21:16-17. 2. Il regno di Acaz (732-716). Teoria di alcuni studiosi moderni: l’invasione sarebbe quella riferita in 2° Cron. 28:17-18. Ma non risulta che tale invasione sia arrivata fino al saccheggio di Gerusalemme. 3. Dopo l’esilio babilonese (587 a.C.). Questa tesi combacia con il Salmo 137:7 (e con l’apocrifo 1° Esdras 4:45): è il solo saccheggio di Gerusalemme in cui sappiamo per certo che gli Edomiti abbiano partecipato. Una quarta possibilità, non presa in considerazione dalla maggior parte degli studiosi, è che la data della profezia precede il misfatto per il quale si annuncia il giudizio divino: cfr. Is. 45-47 e molte altre profezie. I vv.15-16 riguardano il giudizio finale su tutte le nazioni, e nei vv.17-21 c’è una profezia almeno in parte messianica. I vv.1-9 somigliano notevolmente a Ger. 49:7-22, che potrebbe esserne una citazione. Dopo l’esilio babilonese, gli Arabi spinsero progressivamente gli Edomiti fuori dall’antica patria verso il deserto, e la loro distruzione definitiva di Edom come nazione ebbe luogo al tempo dei Maccabei (2° sec. a.C.). 4. GIOELE Il libro di Gioele non riporta al suo interno nessuna indicazione della data e delle circostanze della sua composizione. Perciò molti commentatori, soprattutto di tendenza “liberale”, gli hanno attribuito una data molto più tardiva di quella tradizionale (cioè dello stesso periodo di Osea, Amos, Isaia e Michea). Ma le loro ragioni sono molto soggettive: lo stile letterario e, magari, il contenuto escatologico. Per quanto breve, il libro di Gioele contiene alcune delle profezie più profonde e più potenti di tutta la Scrittura. Vale bene la pena di meditare il suo messaggio e applicarne i principi alla nostra vita cristiana e comunitaria oggi. Più della metà del libro parla di una tremenda invasione di locuste, accompagnata da siccità e conseguenti incendi che hanno devastato il paese (1:1-2:11). Questa calamità naturale, dice il profeta, è un giudizio divino sugli abitanti del paese, e l’unico rimedio è il ravvedimento, espresso con digiuni, pianti e confessioni dei peccati commessi (1:13-14, 2:12-17). Panorama dell’Antico Testamento 7 Modulo 5
La descrizione della piaga di locuste è fortemente poetica e descrittiva: sono come un esercito di invasori che saccheggiano dappertutto (1:6, 2:2-11). A capo di questo esercito è Dio in persona (2:11). Tuttavia alcune parti della descrizione (ad es. 2:17, 20) suggeriscono anche un esercito di invasori umani (quali erano appunti i Siri ai tempi del libro), dei quali le locuste sarebbero simbolo e avvertimento. È da notare che questa descrizione viene echeggiata nell’Apocalisse (9:2-7); e infatti questo giudizio divino, come ogni altro, prefigura e avverte del tremendo giudizio che dovrà ancora venire al tempo della fine. Il ravvedimento del popolo di Dio produce grandi benedizioni, espresse in termini di abbondanza materiale di raccolti (2:18-27). Questo introduce il tema dell’abbondante “pioggia” dello Spirito, profetizzata per un tempo futuro (2:28-32), profezia citata dall’apostolo Pietro come adempiutasi il giorno della Pentecoste (Atti 2). Probabilmente egli pensava poi a questo brano quando scrisse degli “antichi profeti che profetizzarono sulla grazia a voi destinata” (1° Pt. 1:10). Il cap. 3 poi predice il ritorno di Giuda dalla cattività (ricordiamo che il suo esilio avvenne solo 200 anni dopo questa profezia), ma anche il giudizio di Dio sulle nazioni (v.2), i segni nel cielo del sole e delle stelle che si oscurano (3:15) e la gloria eterna di Gerusalemme, dove l’Eterno abiterà in mezzo al suo popolo (3:17-21). Queste profezie, seppure abbiano un compimento parziale col ritorno di Giuda dall’esilio, sono chiaramente escatologiche e messianiche. 5. GIONA 5.1 Introduzione Uno dei più affascinanti libri dell’Antico Testamento, è diverso da tutti gli altri libri profetici in quanto non è una raccolta di oracoli ma interamente narrativo (raccontato nella 3.a persona, quindi su Giona, non da lui). È largamente considerato oggi come una pia leggenda (si vedano per es. l’introduzione e le note al libro nelle Bibbie cattoliche). Questa tesi è inaccettabile perché: 1. Abbiamo notizie indipendenti di Giona (2° Re 14:25). Da quell’episodio risulta lo stesso tema della grazia come nel nostro libro: infatti Dio salva Israele per mano di un re molto malvagio, Geroboamo II (v.24). 2. Viene citato due volte da Gesù come un racconto di fatti storici. In Matt. 12:39-41, Egli cita sia il soggiorno nel ventre del pesce, sia la conversione dei Niniviti, come segni paralleli alla propria morte e resurrezione e al ravvedimento richiesto alla propria generazione in vista del giorno del giudizio. L’Assiria, della quale Ninive fu la capitale, al tempo di Giona (seconda metà del sec. IX a.C.) non era una grande potenza: raggiunse l’apice del suo potere 100 anni più tardi quando distrusse Damasco e il suo impero, per essere poi a sua volta distrutta dai Babilonesi nel 612. Tuttavia aveva già alle spalle una storia lunga e crudele. Panorama dell’Antico Testamento 8 Modulo 5
È stato obiettato che le dimensioni della città in 3:3-4 siano irrealistiche. Ma il significato delle espressioni usate è incerto: può significare che ci volevano tre giornate perché Giona girasse in ogni sua parte, fermandosi a predicare nelle piazze. Comunque Diodoro Siculo, nel I sec. a.C., riferisce una tradizione secondo la quale aveva un perimetro di circa 100 km. Gli archeologi hanno tracciato un centro abitato lungo 35-40 km; la cittadella fortificata centrale misurava circa 5 x 3 km. Si citano alcuni episodi storici di uomini inghiottiti da balene e successivamente recuperati vivi. Tuttavia la durata dell’avventura di Giona (tre giorni), il fatto che sia rimasto cosciente, e che sia stato poi vomitato sulla spiaggia anziché in mare aperto hanno evidentemente del miracoloso. 5.2 Il messaggio del libro Giona fu fortemente contrariato dalla grazia di Dio verso i pagani immeritevoli (4:1-2): per questo si ribellò all’ordine di Dio (1:3). Ma Dio, che è sovrano, “prepara” prima la tempesta, poi il pesce (o balena: l’ebraico non distingue), così come poi “prepara” la pianta, il verme, il vento (4:6,7,8), per riportare il Suo servo sulla strada dell’obbedienza e quindi i pagani alla conversione. I Niniviti sono citati da Gesù come esempio di vero ravvedimento: digiunano, confessano e abbandonano i peccati, si umiliano per implorare misericordia. Così il giudizio di Dio viene rinviato per 200 anni. Il libro di Giona ci insegna un’importantissima lezione sulla natura della profezia: non è “predizione” di un futuro fisso e immutabile (questa è “chiaroveggenza”), ma piuttosto un annuncio da parte di Dio di ciò che ha intenzione di fare. Ma l’intenzione di Dio è in relazione alle scelte degli uomini: Egli può “pentirsi” (3:10), cioè cambiare idea e non fare il male che ha minacciato. La reazione di Giona (cap. 4) sembra essere dettata in parte da uno spirito vendicativo, in parte dalla “brutta figura” che egli fa perché la sua profezia non si adempie. Dio gli fa una lezione: deve gustare “in piccolo” sulla propria pelle l’esperienza del dispiacere e del giudizio divino. 6. AMOS 6.1 Introduzione Amos profetizzò durante i regni di Uzzia (detto anche Azaria) di Giuda e di Geroboamo II d’Israele, quindi intorno al 760 a.C. Precisa la data delle sue visioni come “due anni prima del terremoto” (1:1): purtroppo non conosciamo la data precisa di questo evento, ma lasciò un’impressione talmente spaventosa da essere ricordato ancora a distanza di secoli (Zacc. 14:5). Panorama dell’Antico Testamento 9 Modulo 5
Questo fu un periodo in Israele di grande prosperità, addirittura di lusso (3:12,15; 6:1, 4- 6): infatti sotto Geroboamo, Israele godeva di grande successo militare ed economico e di un’apparente sicurezza politica (cfr. 2° Re 14:25), come è stato confermato anche dagli scavi archeologici a Samaria. Eppure, solo trent’anni più tardi, Samaria fu distrutta dagli Assiri e il popolo, portato via schiavo tra atroci sofferenze, cessò di esistere come nazione. Almeno due motivi rendono Amos unico tra i profeti del periodo del regno diviso: • Non fu, come Isaia, Geremia e altri, un sacerdote, né proveniva dalle “scuole dei profeti”, anzi sottolinea la propria origine umile e contadina (1:1, 7:14); • Proveniva da Giuda (Tecoa, a 20 km circa a sud di Gerusalemme), ma – come il profeta anonimo di 1° Re 13, ai tempi di Geroboamo I – fu mandato da Dio ad esercitare il suo ministero in Israele, e particolarmente a Betel (7:10-15). 6.2 Il messaggio del libro Il messaggio principale del libro di Amos è: la giustizia. Dopo la presentazione dell’autore e del Dio nel cui nome egli parla (1:1-2), il libro esordisce con una serie di profezie di giudizio contro tutte le nazioni che circondano Israele, Giuda compresa (1:3-2:5). Dio si occupa non solo del proprio popolo, ma manda messaggi anche contro le nazioni pagane: Egli è il Dio di tutta la terra (4:13), non solo di Israele e di Giuda. Le nazioni sono sottoposte a giudizio per i loro delitti contro l’umanità: oppressione, saccheggio, genocidio... Solo Giuda è giudicata per la sua infedeltà a Dio (2:4-5). Il giudizio, cioè, è in relazione alla conoscenza che si ha delle leggi divine. Dal 2:6 in poi, invece, l’attenzione si volge verso Israele. I suoi peccati si possono riassumere, come sempre nei messaggi dei profeti, in due categorie: • ingratitudine, orgoglio, idolatria e indifferenza alle leggi divine (peccati contro Dio: 2:9-13, 3:2, 4:4-5, 5:4-6, 6:4-13). Dio detesta l’osservanza religiosa esteriore e formale (5:21-24). “Cercate me e vivrete!” (5:4,6). • peccati di oppressione, sfruttamento e ingiustizia sociale (peccati contro il prossimo: 2:6-8; 3:9-10, 4:1, 5:7,11-12) A causa di questi peccati, Dio minaccia il giudizio e la distruzione. Gli ultimi capitoli (7-9) contengono infatti una serie di visioni profetiche che avvertono del giudizio che sta per venire. Ci sono comunque due speranze: • se Israele si pentirà e cercherà Dio, il giudizio sarà almeno rinviato (cfr. Ninive e Giona); • l’intercessione del profeta riesce a stornare per il momento l’ira divina (cap. 7). Ma è disprezzato e odiato dagli stessi beneficiari della misericordia di Dio (vv. 10-17). Tuttavia, dopo che il giudizio si sarà abbattuto su Israele (infatti Samaria fu distrutta dagli Assiri e Israele portato in esilio solo 30 anni circa dopo queste profezie), il profeta vede Panorama dell’Antico Testamento 10 Modulo 5
ancora una speranza per il futuro (9:11-15). Noi sappiamo che questa profezia si applica alla Chiesa, “l’Israele di Dio” (Gal. 6:16): infatti essa è citata esplicitamente da Pietro al Concilio di Gerusalemme (Atti 15:16) come adempiuta nella Chiesa. 7. OSEA Osea è uno dei pochi profeti “scriventi” provenienti dal regno settentrionale (Israele). Egli profetizzò intorno alla metà del VIII secolo a.C., quindi fu contemporaneo di Isaia, Michea e Amos in Giuda (vedi la cronologia, sez. 2). Iniziò dunque il suo ministero a 30-40 anni dalla morte di Eliseo, e si può ipotizzare che fosse un prodotto della “scuola dei profeti” che ruotava attorno ad Elia ed Eliseo (2° Re 2:3,7,15, 4:1,38, 6:1-6, 9:1, ecc.). I capp. 1 e 3 sono in prosa, il resto del libro in forma poetica. 7.1 La moglie del profeta Osea non solo parla in nome di Dio, ma gli fu chiesto anche di vivere un’esperienza illustrativa del messaggio affidatogli (capp. 1-3): a prendere in moglie una prostituta, la quale, a quanto pare, anche dopo il matrimonio tornò a prostituirsi, provocando il profeta a sconfessarla e ripudiarla (2:1-5). Non solo, ma egli dovette anche ricomprarla dalla schiavitù nella quale pare si sia venduta (3:1-2). Dopo di che, come Israele, dovette essere posta “sotto disciplina” per un tempo di purificazione e riabilitazione (3:3-5). Questo episodio ha provocato molte perplessità nei commentatori. È possibile che Dio chieda una cosa simile a un suo servo? Così alcuni hanno proposto delle “scappatoie”: Gomer si prostituì solo dopo il matrimonio, e le parole di 1:2 sono dette col senno di poi e non vanno prese alla lettera. Questo è possibile, e corrisponderebbe meglio alla storia di Israele, che fu una sposa “pura” quando Dio la chiamò dall’Egitto (11:1) e solo dopo si allontanò. Tuttavia non è questo il senso più evidente delle parole di Osea. 7.2 Il suo messaggio La nota dominante del messaggio di Osea è la fedeltà e la misericordia di Dio (capp. 3, 11, 14). Ciò non esclude l’ira e il giudizio (ricordiamo che entro 20-30 anni, Israele fu distrutto e portato via in schiavitù dai suoi nemici). Ma Dio è “costretto” a giudicare, Suo malgrado: il Suo desiderio è che il suo popolo si penta perché Egli possa averne misericordia. Per ottenere questo risultato, è necessario trattarlo con durezza (capp. 2-3). Questa lezione sul carattere eterno di Dio è importante anche per noi. Il libro di Osea contiene importanti promesse della gloria futura del popolo di Dio, che vediamo adempiersi in parte nella Chiesa del Nuovo Testamento, mentre in parte si dovranno adempiere nella futura conversione dei Giudei: per esempio, 1:10, 2:14-23 (cfr. Rom. 9:25-26); 3:5; 11:9-10; 14:4-9. Il brano di 6:1-3 è stato interpretato in due modi: 1) come l’espressione di un ravvedimento autentico e profondo; Panorama dell’Antico Testamento 11 Modulo 5
2) come un ravvedimento superficiale e solo apparente. La seconda interpretazione sembra più probabile alla luce di quanto segue (6:4-11, cfr. Is. 58). Solo un ravvedimento profondo e reale può essere premiato dalla misericordia di Dio (4:17). 8. MICHEA Contemporaneo di Isaia, Osea e Amos, Michea proveniva da una cittadina sul confine con la Filistia e profetizzò a metà del secolo VIII. I temi sono gli stessi dei coetanei: la corruzione dei costumi (particolarmente nei capi religiosi), la minaccia del giudizio e la futura gloria messianica. Egli profetizza sia contro Israele che contro Giuda e Gerusalemme. Il libro, tutto in forma poetica, contiene anche non pochi giochi di parole, naturalmente intraducibili (1:10-16). Alcuni brani sono praticamente identici ad alcuni di Isaia (4:1-3 = Is. 2:2-4) e di Geremia (3:12 = Ger. 26:18). Ma non c’è nessun motivo per cui i profeti non dovessero ripetere gli stessi discorsi già dati, così come anche il Nuovo Testamento cita e ripete cose già dette nell’Antico. Il cap. 5:1-4a contiene uno dei più famosi brani messianici (nascita del Cristo, il Re- Pastore, a Betlemme). Il cap. 7:7-20 riguarda invece il ritorno dall’esilio e la ricostruzione di Gerusalemme, la cui distruzione fa parte di un futuro ancora lontano quando profetizza Michea. 9. Isaia 9.1 Autore e caratteristiche del libro Isaia visse a Gerusalemme durante il sec. VIII a.C. e profetizzava – come dice il libro stesso (1:1) – durante i regni di Uzzia (detto anche Azaria), Iotam, Acaz e Ezechia, cioè durante la seconda metà di quel secolo. Si presume che sia stato di famiglia sacerdotale, dal momento che nel cap. 6 descrive una visione che ha luogo nel Tempio. Sua moglie, di cui non conosciamo il nome, è chiamata “la profetessa” (8:3), presumibilmente perché anche lei profetizzava, anziché semplicemente per riflesso della vocazione del marito, anche se la Bibbia non ne parla in termini espliciti. Ebbe almeno due figli, ai quali furono dati nomi profetici come “segni” (7:3, 8:3). In 8:16 si parla dei suoi “discepoli”, espressione che ricorda le “scuole dei profeti” di cui si parla nei libri dei Re ai tempi di Elia e di Eliseo (2° Re 2:5,7). Della morte di Isaia non abbiamo notizia nella Bibbia, ma un’antica tradizione giudaica racconta che sotto il malvagio re Manasse (687-642), per sfuggire alla persecuzione di quest’ultimo, si sarebbe nascosto nel tronco cavo di un cedro e che il re avrebbe dato ordine che si segasse l’albero insieme a lui. È probabile che Ebrei 11:37 si riferisca a questa tradizione. Panorama dell’Antico Testamento 12 Modulo 5
Gran parte del libro – come la maggior parte dei libri profetici – è scritto in forma poetica e dimostra una notevole sensibilità artistica e letteraria. Come è noto, la maggior parte degli studiosi moderni nega la paternità di Isaia della seconda parte del libro (capp. 40-66), attribuito a un autore ignoto di epoca successiva chiamato – in assenza di qualsiasi notizia sulla sua persona – “Deutero-Isaia”, cioè “il secondo Isaia”. Alcuni suddividono ulteriormente questa seconda parte del libro, attribuendo i capp. 56-66 a un “Trito-Isaia” (terzo Isaia”). È vero che si nota un cambio di tono dal cap. 40 – le profezie di questi capitoli sono soprattutto messianici, cioè riguardano un futuro ancora lontano – ma il motivo principale per questa teoria è il fatto che nei capp. 44-45 si nomina esplicitamente il re persiano Ciro, che conquistò la Babilonia nel 539 a.C. e permise il ritorno degli esuli giudaici e la ricostruzione del Tempio a Gerusalemme (vedi il libro di Esdra). Si presume che Isaia non avrebbe potuto nominare questa persona con 200 anni di anticipo. Chiaramente, per chi crede in un Dio onnipotente e nella realtà della rivelazione e della profezia, questo non è un problema (anche se raramente le profezie anticipano dettagli così particolareggiati come i nomi personali). E sarebbe davvero strano se l’autore di quelli che sono universalmente riconosciuti come alcuni dei capitoli più belli, più profondi e più significativi dell’intera Bibbia (da alcuni chiamati “il quinto Vangelo”!) fosse così completamente caduto nell’oblìo che se ne fosse perfino dimenticato il nome, lasciando attribuire la sua grande opera a un altro! Inoltre Gesù e gli autori del Nuovo Testamento attribuiscono a Isaia i capitoli contestati (Matt. 8:17, 12:17-21; Lc. 3:4, 4:17-19, Rom. 10:16,20-21, ecc.). E il manoscritto di Isaia ritrovato a Qumran, e che risale al I o II secolo a.C., contiene l’intero libro senza fare alcuna distinzione tra i capp. 1-40 e il resto. È evidente che le profezie del libro non sono in stretto ordine cronologico, ma neanche ordinate rigorosamente secondo i temi. I capitolo 36-39 riproducono praticamente gran parte di 2° Re capp. 18-20, lasciando supporre che quei capitoli (che, ricordiamo, fanno parte dei libri chiamati dagli Ebrei “i Profeti anteriori”) siano stati scritti appunto da Isaia: sembra che i profeti abbiano fatto da storiografi d’Israele. 9.2 Profezie dei primi anni di Isaia: capp. 1-5 Il libro inizia con una denuncia dei peccati di Israele, particolarmente dell’idolatria (cap. 1), che ne stabilisce il tema principale. Tuttavia, c’è ancora la possibilità di ravvedimento e di perdono (1:16-20) e, in mezzo alle profezie del giudizio divino, si parla comunque di un futuro glorioso (2:1-5, 4:2-6), che non si adempie pienamente con il ritorno dall’Esilio, ma solo con la venuta del Messia e del Suo regno. Il cap. 5:1-7 è una “parabola” in cui Israele è paragonato a una “vigna del Signore”, tema che sarà usato più volte da Gesù nel Nuovo Testamento. Panorama dell’Antico Testamento 13 Modulo 5
9.3 Visione della gloria di Dio e chiamata di Isaia: cap. 6 Questa grandiosa visione segna la vita e il ministero di Isaia, anche se non è certo che ne segni l’inizio: è possibile che esercitasse già prima un ministero profetico. Come in tutta la Bibbia, la visione della gloria e della santità di Dio (vv.1-4) porta la convinzione del peccato e dell’indegnità dell’uomo (v.5). Il mandato di Isaia (vv. 8-10), come quello di Geremia, Ezechiele e molti altri profeti, non garantisce il “successo” e la popolarità, ma piuttosto sofferenze e persecuzioni. 9.4 Profezie contro Israele e le nazioni e profezie messianiche: capp. 7-23 È notevole il fatto che Dio non si limita a giudicare il Suo popolo, Giuda (e Israele), ma parla di giudizi anche su tutte le nazioni circostanti. È il Dio non solo di Israele ma di tutta la terra, per cui giudica la Siria (capp. 8, 17), l’Assiria (cap. 10, 14:24-27, 18), la Babilonia (capp. 13-14, 21:1-10), la Filistia (14:28-32), Moab (capp. 15-16), l’Egitto (capp. 19-20), Edom (21:11-17), Tiro (cap. 23), oltre a Giuda e Gerusalemme. Questi giudizi sono basati non – come nel caso del Popolo eletto – sull’idolatria e l’infedeltà al patto con Dio (non ancora esteso a loro), ma sulle ingiustizie contro gli altri uomini e popoli, e in particolare contro Giuda e Israele. In questo contesto è particolarmente degno di nota 10:5 e segg. L’Assiria è la “verga dell’ira di Dio”, lo strumento che Egli suscita e usa per punire le infedeltà di Israele. Ma verrà a sua volta punita per l’eccessiva e smisurata crudeltà e violenza adoperata in questo compito, pure concessole da Dio. All’interno di questa sezione, poi, alcuni capitoli poi meritano una menzione particolare: Profezie messianiche: 9:1-6, 11:1-10. Questi brani non necessitano di tanto commento e vengono spesso citati nel Nuovo Testamento e dai predicatori cristiani primitivi. Particolarmente preziosa è la dichiarazione della deità del Messia (9:5). Evidentemente il profeta stesso non può aver avuto una perfetta chiarezza sul significato delle cose meravigliose da lui stesso profetizzate (cfr. 1° Pt. 1:10). La caduta del re di Babilonia: 14:4-23. Dietro al lamento ironico sul tiranno caduto, un’antichissima tradizione cristiana vede “l’ombra” della caduta primordiale di Satana: infatti certe espressioni si adattano meglio a questa interpretazione che non a quella immediata (vv. 12-14). 9.5 Giudizio del mondo intero: capp. 24-27 Questi capitoli contengono una “piccola Apocalisse” in cui i giudizi divini si estendono oltre i confini delle nazioni mediorientali per colpire il mondo intero. Se all’inizio (24:1- 13) il riferimento è ambiguo (infatti l’ebraico ha-eretz è ambiguo quanto l’italiano “la terra”: può significare “il mondo abitato”, ma anche “il territorio” di Israele), più avanti diventa chiaro il riferimento a tutti i popoli (24:15-16, 21-22, 25:6, ecc.). Anche qui però Panorama dell’Antico Testamento 14 Modulo 5
il messaggio di giudizio è accompagnato da un messaggio di speranza, redenzione e salvezza (25:1-5, 26:1-8, 27:6-13). 9.6 Profezie prevalentemente contro Israele e contro Giuda: capp. 28-35 Dio avverte il Suo popolo contro la follia di riporre fiducia nell’aiuto nelle nazioni pagane (in particolare l’Egitto) anziché in Dio (capp. 30-31). Anche qui è sempre presente la nota messianica ed escatologica della salvezza futura (capp. 32-33, 35). 9.7 Capitoli narrativi: Liberazione di Gerusalemme e guarigione di Ezechia: capp. 36-39 Questi capitoli, sostanzialmente uguali a 2° Re capp. 18-20, evidenziano l’influenza di cui godeva Isaia durante il regno del “buon” re Ezechia (716-687) e la sua capacità di influenzarne le scelte. Il miracolo del cap. 37 è uno dei più straordinari dell’intera Bibbia, tanto da lasciar perplessi sul suo meccanismo! La guarigione di Ezechia (cap. 38) è una lezione importante sulla preghiera: non solo sulla sua efficacia, ma fa riflettere il fatto che, durante i 15 anni di vita aggiuntivi concessi al re, non solo ci fu la visita degli ambasciatori babilonesi (cap. 39) – all’epoca, la Babilonia fu una nazione piuttosto insignificante – ma sembra anche che abbia generato il figlio e successore, Manasse, uno dei più malvagi di tutti i re di Giuda, a causa del quale poi vengono su Giuda tutti i giudizi minacciati da Dio. La restaurazione d’Israele e il trionfo del regno di Dio: capp. 40 – 66 Questi capitoli presuppongono l’esilio babilonese (e per questo motivo, come già detto, sono attribuiti dagli studiosi “liberali” a un “altro Isaia” del tempo dell’esilio stesso). Ma quella cattività era stata rivelata a Isaia nel cap. 39, che perciò diventa la necessaria introduzione e presupposto di tutto quello che segue. In molte di queste profezie, comunque, si vede chiaramente un “doppio adempimento”: la liberazione di Israele dalla Babilonia e il suo ristabilimento come nazione è “ombra e figura” della liberazione spirituale del popolo di Dio del Nuovo Patto e la sua costituzione come popolo di Dio nella “terra promessa” spirituale. Il “Servo di Dio” talvolta è Ciro, suscitato da Dio per servire i Suoi scopi, talvolta Israele stesso, ma altre volte il Messia futuro: il culmine di queste profezie è raggiunto nella grande profezia del cap. 52:13 - 53. Per questo motivo questo capitoli sono tra i brani dei Profeti più spesso letti e citati dai cristiani di ogni epoca. 9.8 Introduzione alle profezie che seguono: cap. 40 Questo capitolo introduce i grandi temi delle profezie seguenti e si può suddividere in tre sezioni: 1. Il ritorno dall’esilio: la grazia dopo il castigo (vv. 1-2); Panorama dell’Antico Testamento 15 Modulo 5
2. La gloria e la sovranità di Dio e la vanità dell’idolatria (vv. 6-8, 12-31). In particolare i vv. 12-15 e 21-26 contengono una delle rivelazioni più sublimi della trascendenza e della sovranità del Creatore di tutte le cose; 3. Il trionfo futuro del regno di Dio (vv. 3-5, 9-11). Notiamo la citazione del v.3 nel Nuovo Testamento a proposito di Giovanni Battista, “precursore” della rivelazione della gloria di Dio in Cristo. 9.9 Profezie sulla restaurazione d’Israele e su Ciro, strumento scelto da Dio: capp. 41-49 Come le vittorie degli Assiri (cap. 10), anche quelle di Ciro sono dovute alla mano del Dio vivente, non ai suoi idoli (41:1-7); anche la liberazione d’Israele è opera di Dio e perciò avverrà sicuramente (vv. 8-20). Solo Lui è capace di predire il futuro, perché è Lui che domina sovranamente sulla storia (vv. 21-29). Il cap. 42 ha un duplice adempimento: in un primo tempo si applica a Ciro, liberatore d’Israele sotto la mano di Dio, ma in un senso più profondo guarda avanti verso la venuta del Messia (vv. 1-8). Anche i vv. 13-15 riguardano sia i giudizi operati per mano di Ciro, sia il “giorno del Signore” in un lontano futuro. Al v.19 il “servo del Signore” è evidentemente Israele, “cieca” perché non sa riconoscere l’azione di Dio nelle disgrazie che le accadono. Anche nei capp. 43-44 il riscatto d’Israele prefigura la salvezza messianica che verrà dopo. Israele, pur essendo “cieco” e “sordo”, nondimeno è il “testimone di Dio” perché ora ascolta queste profezie, prima che le cose avvengano (43:8-13 e 44:6-9). In 43:14 si parla esplicitamente di Babilonia e dei Caldei, che – ricordiamo – non erano ancora una “grande potenza” negli anni in cui Isaia profetizzava. In 44:9-20 si mettono in ridicolo coloro che fabbricano e poi adorano gli idoli. Anche 44:21-26 ha un doppio adempimento (riscatto d’Israele e salvezza neotestamentaria), ma alla fine sfocia in una predizione esplicita del liberatore, Ciro (vv. 26-28). Questo introduce 45:1-13, in cui ancora Ciro – “l’unto” di Dio (ebr. mashshiyach, Messia, v.1) è figura del futuro Liberatore. Un’ulteriore polemica contro l’idolatria (45:14- 19) introduce la predizione di una salvezza universale (vv.20-25). Notiamo particolarmente il v.23, ripreso nel Nuovo Testamento in Fil 2:11-12, dove è a Gesù Cristo – Dio incarnato – che ogni ginocchio si dovrà piegare. Capp 47 - 49: anche la predetta caduta di Babilonia prefigura il giudizio escatologico sulla “grande Babilonia” (Apoc. 17-18). Bel e Nebo (47:1) sono dèi babilonesi. In questi capitoli c’è un evidente contrasto tra la “figlia di Babilonia” (cap. 47) e la “figlia di Sion” (cap. 49), personificazioni dei due popoli. I giudizi divini contro Sion sono solo per un tempo, mentre quelli contro Babilonia sono definitivi. In 49:3-4, c’è un’evidente transizione da “Israele, servo di Dio” (v. 3) al “servo” messianico che riconduce Israele a Dio (vv.5-7). Anche il v.8 è citato nel N.T. come profezia della salvezza. Panorama dell’Antico Testamento 16 Modulo 5
9.10 Il Servo del Signore: 50 - 52:12 Queste profezie guardano più avanti, anche se in maniera velata, alla venuta del “Servo" che poi si rivela in Cristo. Il primo “Cantico del Servo” in 50:4-9 contiene evidenti accenni all’ubbidienza di Gesù (vv. 4-5) e alle Sue sofferenze (v. 6), per poi sfumare in un’identificazione con i giustificati per mezzo di lui (vv. 8-10). I capp. 51 - 52 (fino al v.12) sono un canto di trionfo che parla ancora della restaurazione di Gerusalemme. Anche qui, gli ultimi vv. (52:7-12) anticipano anche la salvezza degli ultimi tempi: il v.7 viene citato nel Nuovo Testamento in questo senso (è stato chiamato da alcuni il “Protovangelo”). 9.11 Le sofferenze del Servo redentore: 52:13 - 53 Il brano più famoso di tutti gli scritti profetici parla in maniera chiara, eppure sempre velata, delle sofferenze del Cristo (cfr. Atti 8:27-35). È evidente che qui il “servo del Signore” non può essere Israele, e neanche il profeta stesso: solo con l’adempimento dei sacrifici “ombra” dell’Antico Testamento (vv. 4-6) si poteva comprendere pienamente questo brano (citato anche in Matt. 8:17, 1° Pt. 2:22), che indica anche il senso più profondo dell’intercessione (v.12). È notevole la profezia, non solo delle sofferenze e della morte (vv. 3-8) e del seppellimento (v. 9), ma anche in termini chiari della resurrezione (vv. 10-12). 9.12 La salvezza futura: capp. 54 - 55 Anche il cap. 54 parla in doppio senso della salvezza di Gerusalemme e di quella futura: l’ultima parte del capitolo prefigura chiaramente la Nuova Gerusalemme dell’Apocalisse. Il cap. 55 è un brano prediletto dalla predicazione evangelica: contiene infatti un’esposizione bellissima della salvezza per grazia e dell’invito al ravvedimento. La salvezza è anche aperta a tutti (vv. 4-5) e non segue una logica umana (v.9). 9.13 Inviti alla conversione: capp. 56 - 59 Questi capitoli contengono cose notevoli quali: la prospettiva divina sulla morte e sul giudizio (57:1-2); promesse di benedizione per chi si avvicina umilmente a Dio (57:14- 21), l’invito al digiuno col cuore, non solo esteriore, accompagnato da una vita di giustizia e con relative promesse di benedizione (cap. 58); la spiegazione dell’effetto del peccato nel separare l’uomo da Dio (59:1-2). 9.14 La gloria futura: capp. 60 - 66 Questi capitoli guardano oltre la redenzione di Gerusalemme per considerare la “nuova Gerusalemme” e il regno eterno che rappresenta (capp. 60-62), e il “giorno del Signore” con i giudizi escatologici che l’accompagnano (capp. 63-66). Da notare particolarmente la profezia dell’Unto di Dio e del giorno della redenzione (61:1-3), citata da Gesù nella sinagoga di Nazaret (Lc. 4:18-19), e del sacerdozio universale dei redenti (61:6).Il cap. 62 Panorama dell’Antico Testamento 17 Modulo 5
parla dell’intercessione permanente di Cristo (Rom. 8:34, Ebr. 7:25), ma anche di quella dei credenti che si uniscono a Lui per gridare: “Venga il tuo regno!”. 10. NAUM Anche questo libro ci dice poco dell’autore. La sua profezia comunque parla della caduta di No-Amon (altro nome di Tebe, l’antica capitale dell’Egitto) come un fatto compiuto (3:8). Questo avvenne ad opera di Assurbanipal, re di Assiria, nel 663 a.C., mentre la distruzione di Ninive da parte dei Babilonesi, ancora futura quando scrive Naum, ebbe luogo nel 612. Quindi questo libro deve essere stato composto fra queste due date. Naum era di Elcos, paese altrimenti ignoto: da alcuni è stato identificato con una località in Galilea, da altri nella parte meridionale di Giuda. Dato però che egli profetizzava dopo la caduta di Samaria (722 a.C.), questa seconda tesi sembra la più verosimile. Il suo nome significa “consolazione”. Il breve libro è dedicato tutto a profezie sulla caduta di Ninive, capitale dell’Assiria. La prima parte del cap. 1 è una dichiarazione della maestà di Dio e del suo giudizio sulla malvagità: ancora una volta viene affermata la Sua sovranità non solo su Israele, ma su tutte le nazioni. Poi viene dichiarato il Suo giudizio contro Ninive, anche se non ancora esplicitamente nominata (vv. 8-15). Il riferimento del v.11 potrebbe essere a Sennacherib, il re assiro che assediò Gerusalemme nel 701 a.C., oppure a uno dei suoi successori quale Assurbanipal. Nel cap. 2 viene predetta la caduta di Ninive in termini molto precisi (v.6, cfr. anche 1:8). Infatti i Babilonesi la conquistarono dopo che una grande inondazione aveva fatto breccia nel muro di cinta. È descritto con forza il suo giudizio, punizione per l’oppressione e la crudeltà: Ninive è infatti paragonata a un “covo di leoni” (v.11). Nel cap. 3 si approfondisce il tema dell’ira di Dio contro l’ingiustizia di Ninive: essa è come una prostituta (v.4), descritta in termini molto simili a quelle usate della “grande Babilonia” in Apoc. 18 e 19. Non deve pensare di essere migliore dell’Egitto, che pure è stato invaso e distrutto (vv. 8-10). 11. SOFONIA La genealogia di questo profeta (1:1) traccia la sua discendenza da Ezechia, quasi sicuramente il re di quel nome: Sofonia era quindi un cugino di secondo grado del re Giosia (640-609 a.C.), durante il cui regno egli profetizzava, a quanto pare a Gerusalemme (1:4). È quindi più o meno contemporaneo di Geremia. Ricordiamo che Giosia operò una grande riforma religiosa, togliendo dal Tempio tutti gli oggetti del culto di Baal e di Astarte (2° Re 23); ma evidentemente l’idolatria rimase nei cuori delle persone (1:4-9). Per “quelli che saltano la soglia” (1:9), si veda 1° Sam. 5:5. Panorama dell’Antico Testamento 18 Modulo 5
Come tutti gli altri profeti, Sofonia avverte i Giudei dei meritati giudizi di Dio e li chiama al ravvedimento, anche se Dio ha ormai deciso che la “misura” dei suoi peccati è talmente colma che neanche le riforme di Giosia riescono a salvarlo (2° Re 23:26-27). Nel cap. 2 ci sono anche dei messaggi diretti ad altre nazioni: Filistia, Moab, Ammon, Cus (Etiopia) e Assiria. Il cap. 3 riprende il tema del giudizio contro Gerusalemme, ma poi profetizza un tempo futuro di restaurazione e di benedizione eterna (vv. 9-20). Il v.17 è notevole come unico brano della Bibbia a raffigurare Dio in persona a cantare. 12. ABACUC Anche di questo profeta si sa molto poco. La profezia di 1:5-11 riguarda i Caldei (Babilonesi), quindi risale evidentemente al secolo VII a.C. e comunque prima della loro conquista di Gerusalemme nel 587. La data più ovvia è dunque nel periodo in cui già predominava questa nazione (quindi dopo la caduta di Ninive nel 612). Ma potrebbe essere stata data anche prima (cfr. 2° Re 20:16-18), comunque non di più di una generazione: dice infatti “ai vostri giorni” (1:5). Il libro consiste in un “dialogo” tra il profeta e Dio, in cui Abacuc suscita il classico problema della prosperità dei malvagi (1:3,13-17). Il primo interrogativo riguarda l’oppressione del popolo da parte dei malvagi aristocratici e potenti di Giuda (1:2-4). Dio risponde che li giudicherà e li punirà per mano dei Caldei che Egli sta per suscitare (1:5- 11). Il profeta accetta questa risposta (1:12), ma torna a domandare se poi i Babilonesi, pure essi malvagi, resteranno impuniti per il fatto di compiere i disegni di Dio, potendo così attribuire la gloria del trionfo ai loro dèi pagani (1:12-17). Anche a questo Dio risponde (2:2-20): anche i Babilonesi e i loro idoli saranno a loro volta distrutti (2:16). Questo capitolo contiene il famoso v.4, citato più volte nel Nuovo Testamento: “il giusto [posto in contrasto con il malvagio e prepotente] vivrà per la sua fede”. Il cap. 3 è a tutti gli effetti un salmo che dichiara con linguaggio poetico la grandezza di Dio, anticipando i giudizi che Egli ha annunciato (vv.2-15) e dichiarando la fiducia in Lui nonostante le calamità preannunciate (vv.16-19). Panorama dell’Antico Testamento 19 Modulo 5
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