Psicologia scolastica: un fantasma si aggira per le aule - AltraPsicologia

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Psicologia scolastica: un fantasma si aggira per le aule - AltraPsicologia
DSA,     BES,    Psicologia
scolastica: un fantasma si
aggira per le aule…
L’intervento sui DSA e i BES, e il più ampio ambito del
settore della psicologia scolastica, conosce progressive
criticità ben note agli esperti di settore.
Come noto, l’attività psicologica relativa ai DSA ha
conosciuto un momento di importante strutturazione con la
L.170/2010, e il combinato disposto che deriva da quella, dal
Decreto Attuativo 5669/11 e dalle varie Leggi Regionali che
hanno dettagliato (a volte in modo un po’ eterogeneo)
l’implementazione delle relative previsioni di legge a livello
locale.
Un intervento quadro, che ha avuto il merito originario di
dare forma organica al riconoscimento e presa in carico dei
DSA nel sistema scolastico italiano.

Ma rimangono numerosi problemi aperti.

La gestione dei BES, in particolare, si muove in uno spazio a
volte non ben definito, normato prevalentemente a livello di
Direttive, Circolari MIUR e Determine dei dirigenti locali.

La “polisemia funzionale” dei BES rappresenta un mare magnum
di non semplice inquadramento e gestione, che mette sullo
stesso piano disturbi evolutivi e situazioni di svantaggio
linguistico, socio-economico e culturale, spesso lasciata
sostanzialmente in mano alla buona volontà di docenti e
personale scolastico dei singoli Istituti, con scarso supporto
e formazione specifica.
La stessa normativa – quadro sui DSA, quella L. 170/2010 che
pure ha rappresentato un “salto strutturale” nella gestione
degli stessi, necessita ormai di una “messa a punto” ed
attento aggiornamento quasi dieci anni dopo la sua entrata in
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vigore; anni che hanno permesso di evidenziarne “sul campo”
punti di forza e criticità, ma anche anni che hanno visto un
rinnovamento delle conoscenze scientifiche in questo ambito.

Rispetto alle criticità, i ritardi nelle certificazioni
pubbliche sono ad esempio un tema cruciale.

Centinaia se non migliaia di valutazioni DSA attendono periodi
prolungati per poter essere eseguite nelle ASL, spesso con
attese di moltissimi mesi (quando una valutazione tempestiva è
invece essenziale per l’accesso ai benefici di legge, alla
stesura del PDP, all’ottenimento delle misure compensative e
dispensative… con impatti strutturali sul percorso di
apprendimento del minore), mentre le diagnosi emesse da
privati non accreditati (attraverso procedure diverse definite
a livello di politiche regionali) non vengono prese in
considerazione dagli Istituti scolastici per l’accesso ai
benefici di legge, nonostante siano state eseguite da
professionisti abilitati e con specifiche, approfondite,
formazioni post-lauream di merito.

Quello che forse fino ad ora è mancato è un decisore politico-
professionale nazionale (il CNOP) capace di esercitare una
forte interlocuzione con il MIUR e il Parlamento, con il
supporto tecnico-scientifico delle principali realtà
scientifiche di settore (e in Italia abbiamo, come noto,
associazioni e ricercatori di levatura internazionale), al
fine di intervenire in modo incisivo su queste criticità.

Criticità che non permettono un pieno dispiegamento delle
potenzialità di valutazione, prevenzione ed intervento della
Psicologia sui DSA e sui BES; che creano ritardi e disservizi
a decine di migliaia di studenti che necessiterebbero – anche
più di altri – di un supporto specifico e qualificato; che
lasciano nell’ansia decine di migliaia di famiglie; che
impattano disfunzionalmente sul pieno raggiungimento degli
obbiettivi formativi del sistema scolastico nazionale per
tutti i bambini e ragazzi – e in particolare per coloro che
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presentano qualche difficoltà in più.

AltraPsicologia riconosce questo come un settore strategico
per il futuro della professione in Italia e intende lavorare
intensamente, in profonda sinergia e con la consulenza
costante delle principali associazioni scientifico-
professionali di settore, per posizionare gli Ordini regionali
e il futuro Consiglio Nazionale come interlocutore
istituzionale determinato, che operi energicamente per un
aggiornamento legislativo del settore sostenendo un’azione di
lobbying normativa.

Oltre alla revisione tecnico-normativa del framework
“DSA/BES”, due punti ulteriori e paralleli si presenta come
potenzialmente esplorabili da parte del prossimo CNOP: la
problematica dello psicologo scolastico e degli Sportelli
d’ascolto da un lato, e la gestione della Classe del Sostegno
scolastico.
Chiariamoci: sono temi molto diversi, da un punto di vista
professionale e normativo – e noi psicologi per primi dobbiamo
evitare di confonderci in merito.
Il docente di Sostegno ad esempio non è, e non va a fare “lo
psicologo” (anche se laureato in Psicologia).

Sul tema della psicologia scolastica, di cui si parla da
decenni con scarsi esiti, vi sono importanti passi che possono
e devono essere intrapresi.

Uno dei primi è quello della gestione degli “Sportelli
d’Ascolto”: esperienze a volte effimere e al contempo
complesse, ma che rappresentano una importante finestra di
monitoraggio, prevenzione e intervento precoce per la
popolazione scolastica nazionale.
Purtroppo, troppo spesso le Scuole aprono tali “Sportelli” a
figure non qualificate, e spesso ignare della complessità di
tali interventi; non sono rari bandi per “counselor” o altre
figure prive di abilitazioni pubblicistiche, che si trovano
così a gestire processi emotivi, famigliari e relazionali di
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chiara natura psicologica.

Sono necessari interventi di sistema, a livello di
interlocuzioni attive e costanti con gli Uffici Scolastici
Regionali e le Dirigenze locali, per creare in modo
determinato chiarezza a cascata su questo tema delicatissimo.

Ma anche sul tema del Sostegno, si può ipotizzare la
costruzione progressiva di un equilibrio “Win-Win” tra
adeguato posizionamento lavorativo dei laureati in psicologia
e possibilità di garantire un servizio di qualità alla
cittadinanza ed al sistema scolastico.
Il fatto che a svolgere i delicati compiti del Sostegno (che
spesso impatta su situazioni di BES e/o DSA) nelle scuole
italiane siano laureati in Architettura, Lettere, Astronomia o
Scienze Naturali, che di psicologia dell’apprendimento,
pedagogia speciale e psicologia delle disabilità sanno per
definizione poco o nulla (se non i sinteticissimi rudimenti
dei percorsi abilitanti), crea un paradosso sempre più
inaccettabile.
Da un lato abbiamo una pletora di laureati in psicologia
ampiamente qualificati nella dimensione della psicologia
scolastica, dello sviluppo e delle disabilità, con anni di
formazione universitaria specifica e lunghi tirocini di
merito; ma pochissimi di questi hanno poi modo di diventare
docenti di Sostegno. Dall’altro, le esigenze di migliaia di
bambini e adolescenti con difficoltà anche significative
vengono “tamponate” con docenti provenienti da percorsi
completamente avulsi da tali background – e che, pur
impegnandosi con buona volontà e sensibilità personale, non
hanno il livello di expertise tecnico-professionale che hanno
invece psicologi di ambito scolastico-disabilità.
Come dice la famosa battuta, è come mettere “i muratori in
cucina e i cuochi in cantiere”: non ha senso né per cuochi né
per muratori, e nemmeno per chi mangia nella mensa o vive
nella casa.
Questo mancato incontro tra “domanda di competenze
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specialistiche malamente soddisfatta” e “ampia disponibilità
inutilizzata di competenze specialistiche” è una criticità del
sistema scolastico su cui – come categoria – non possiamo
esimerci dal provare a intervenire in modo determinato, con il
decisore politico ed il legislatore.
Prevedere che – a parità di altri requisiti – l’accesso alle
Classi del Sostegno sia prioritizzato a livello nazionale ai
laureati in Psicologia (e Scienze della Formazione) proprio al
fine di garantire un servizio migliore e più specifico a
decine di migliaia di cittadini italiani, è un punto su cui il
futuro CNOP a maggioranza AltraPsicologia può e deve
impegnarsi con rigore, tramite lobbying attiva, reti
interprofessionali, interlocuzioni col MIUR e attento lavoro
politico per stimolare in tal senso il legislatore.

In sintesi: ci serve, dopo tanti anni di promesse cadute nel
vuoto, un intervento organico di solido impulso alle
competenze psicologiche – su vari livelli – nel sistema
Scolastico.

Un primo livello è quello della consulenza specialistica nei
DSA/BES, che deve vedere superati ostacoli e problematiche
normative.

Un secondo livello è quello della risoluzione dell’annoso
problema degli “Sportelli” gestiti da soggetti di dubbia
qualificazione, e dello sviluppo di una psicologia scolastica
come funzione professionale pienamente riconosciuta.

Un terzo livello, su piano diverso, è quello dell’adeguata
valorizzazione delle competenze psicologiche nelle Classi del
Sostegno.

 Sono tre direttive di lavoro diverse, ma
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decisamente complementari tra loro; per
      disegnare insieme un nuovo e più
     autorevole ruolo per la Psicologia
    professionale nella Scuola italiana.
    AP farà la sua parte, con la massima
  determinazione che possiamo mettere in
                   campo.

Il Presidente Giardina da
Vespa: la psicologia va KO
Ieri sera su Rai 1, durante il programma “Porta a Porta” di
Bruno Vespa, si è consumato il definitivo KO mediatico del
Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi (CNOP). Un
imbarazzato Fulvio Giardina, il Presidente del CNOP, ha
rappresentato nel peggior modo possibile gli Psicologi
italiani.

Non appagato dalle recenti figuracce in ambito nazionale e
internazionale, ieri ha voluto replicare il numero in diretta
televisiva da Bruno Vespa

Il tema oggetto di discussione è la Depressione. In studio
sono presenti un paio di psichiatri e un paio di vip che hanno
avuto esperienze di depressione nella loro vita.

Il dibattito comincia, si parla dell’utilizzo smodato degli
psicofarmaci e di come questi producano effetti negativi sulla
salute. A parlare è uno psichiatra che, in collegamento
esterno, illustra i danni che gli psicofarmaci fanno alle
persone. Le cose sembrano mettersi per il meglio per noi
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psicologi, tuttavia Giardina mostra fin da subito i suoi
limiti nel cogliere i tempi televisivi: incapace di prendere
la parola, tartaglia, alza il dito per prenotarsi (come fosse
a scuola), lo si sente balbettare mentre tenta invano di
dissentire da ciò che viene detto dalla psichiatra presente in
studio, che di contro sostiene che il problema sia il
sottodosaggio dei farmaci e l’eventuale autoprescrizione.

Dopo i primi scambi, Vespa propone l’argomento di discussione
di sempre: una persona che si rende conto di essere depressa
si deve rivolgere allo psichiatra o allo psicologo?

La domanda è evidentemente mal posta, figlia di una visione
antiquata che mette in relazione dicotomica due figure che
nella realtà professionale di tutti i giorni di solito
lavorano insieme in modo complementare.

La psichiatra in studio è agguerrita e, quando il “nostro”
cerca di argomentare (male) alcuni concetti (peraltro di una
banalità estrema), lei viene inquadrata mentre fa segno di
“no” con la testa dissentendo e sminuendo platealmente quanto
detto da Giardina.

La tensione sale e se da un lato, con il passare del tempo, la
psichiatra si trova sempre più a suo agio nel sostenere che i
farmaci siano la sola soluzione possibile e che la psicologia
faccia effetto dopo qualche mese solo perché quelli sono i
tempi della remissione spontanea degli episodi di depressione
maggiore, Fulvio Giardina annaspa e nel tentativo di dire
qualcosa, in uno dei pochi momenti in cui riesce a prendere la
parola, la spara grossa.

Propone una metafora paradossale, peraltro con una improbabile
caduta dialettale nella domanda retorica finale, dicendo:
“l’alcool è un farmaco che facilita le relazioni, cosa vuol
dire che ci diviam ber?”. Dopo un momento di imbarazzo
generale, viene liquidato da tutti come se avesse detto la
tipica stupidaggine che scappa a chi, non avvezzo alla tv,
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utilizza paragoni efficaci nelle chiacchiere da bar, ma del
tutto inappropriati nel contesto televisivo. Forse consapevole
della gaffe appena fatta, lo si sente in sottofondo
giustificarsi dicendo “ma no, ma io intendevo due
bicchierini!”

Il dibattito prosegue e Giardina ormai all’angolo, paonazzo in
volto, con una cravatta diventata ormai troppo stretta, cade
nella trappola della dicotomia proposta da Vespa e, a sostegno
della pari dignità della Psicologia con la Medicina parte con
il suo cavallo di battaglia affermando che, dallo scorso anno,
la Psicologia è per legge professione sanitaria e sarebbe
quindi equiparata alla Medicina.

Un discorso debole fatto da un Presidente che sembra non
possedere nel suo repertorio altri argomenti se non il
richiamo alla normativa vigente, argomentazione che non sembra
convincere nessuno.

Stremato, ma incapace di reagire, dà il peggio di sé nel giro
finale, quando afferma che in definitiva chi ha problemi di
depressione deve rivolgersi allo psicologo, pensando
ingenuamente che il fatto di averlo detto renda
automaticamente vero il messaggio. E invece la percezione è
esattamente contraria, sembra uno degli spot anni ’60 di
Carosello in cui il suggerimento era esplicito e, forse,
allora efficace. Ma, siamo nel 2020, sono passati 60 anni. Le
persone ormai comprano narrazioni (mai sentito parlare di
story telling?), non si fanno influenzare dal ruolo di
Presidente dell’Ordine degli Psicologi. E’ finito il tempo in
cui “lo dice la tv!”, oggi per far passare dei messaggi
bisogna essere preparati, studiare, argomentare, mostrarsi
credibili e autorevoli. Insomma, esattamente il contrario di
come è apparso il Presidente del CNOP: impreparato,
improvvisato e dunque poco credibile.

L’ennesimo danno di questa gestione CNOP è stato fatto.
Una gran figuraccia su uno dei palcoscenici più noti d’Italia.
L’ennesima di Fulvio Giardina.

A novembre si vota e l’augurio per tutti noi è che gli
Psicologi Siciliani facciano capire a Giardina e a chi ancora
si ostina a sostenerlo che possiamo fare tranquillamente a
meno di situazioni così imbarazzanti. Che il fondo lo abbiamo
toccato e che lo ringraziamo.

Ora però gli Psicologi italiani hanno bisogno di riemergere
dal fondo di quello stagno in cui sono stati trascinati negli
ultimi 6 anni dalla gestione di Giardina.

Basta figuracce.

Abbiamo studiato tanto, facciamo un lavoro complesso, abbiamo
il diritto di arrivare a casa la sera stanchi, accendere la Tv
e non doverci vergognare di chi ci rappresenta!

Norma UNI sul counselor:
avanti contro tutto e tutti
Vi ricordate il tentativo dei counselor di “normarsi” tramite
UNI, dopo aver fallito per altre vie?
Ci stanno riuscendo, e grazie all’aiuto diretto o indiretto
degli psicologi.

Ieri, in rappresentanza dell’Ordine Lazio (a maggioranza
AltraPsicologia) ho partecipato al Tavolo per la normazione
della figura del counselor non Psicologo presso la sede
dell’UNI, e la situazione purtroppo ci è apparsa grave e
decisamente fuori controllo.

L’UNI,   che   ricordiamo   essere   un   Ente   privato,   appare
completamente resistente ed insensibile ad ogni tipo di
intervento teso a bloccare questa normazione insensata. Il
loro tentativo sta andando avanti nonostante a gennaio 2019 il
Ministero della Salute, proprio su sollecitazione dell’Ordine
Lazio, ne abbia esplicitamente chiesto la sospensione.

Un tale incomprensibile atteggiamento da parte di UNI è
gravissimo, perché da un lato un Ente privato si permette di
non dare seguito alle richieste esplicite di un Ministero,
dall’altro perché così facendo va palesemente contro la stessa
Legge 4/2013, che prevede che le professioni siano normabili
“con esclusione delle attività riservate per legge a soggetti
iscritti in albi o elenchi ai sensi dell’art. 2229 del codice
civile, delle professioni sanitarie…”

Qualche mese fa, come molti ricorderanno, come AltraPsicologia
avevamo fatto un appello chiedendo di partecipare
all’“Inchiesta Pubblica” che l’UNI aveva attivato sul proprio
sito, ed in cui chiedeva ai cittadini di esprimersi
sull’opportunità o meno di normare la figura del Counselor.
In teoria, era stata una debacle per i counselor: UNI non
aveva mai ricevuto un livello così alto di partecipazione
(41.278 votazioni), ed i commenti contrari erano stati il
doppio di quelli favorevoli.
Una vittoria schiacciante      di   decine   di   migliaia   di
professionisti e cittadini che non vogliono la normazione,
perché ritengono tale figura sovrapposta a quella dello
Psicologo!

Non volendo entrare nel merito sul livello di improvvisazione
dell’intera procedura tecnica di voto realizzata da UNI (si
poteva votare tranquillamente più volte senza controlli, non
c’era alcun sistema di sicurezza finalizzato alla verifica del
votante, il server è andato in crash più volte perché
inadeguato a gestire un numero così elevato di votazioni,
ecc.), ci si sarebbe aspettato che con un risultato del genere
alla loro stessa richiesta, le posizioni dure di Enti come
l’Ordine degli Psicologi del Lazio, e vista la richiesta
ufficiale di bloccare tutto addirittura del Ministero della
Salute, il processo di normazione venisse abbandonato…
E invece, incredibilmente, no!
UNI si è assunta la responsabilità di andare avanti lo stesso,
contro tutto e contro tutti, perfino contro gli esiti della
loro stessa Inchiesta Pubblica!

Arriviamo dunque all’incontro di ieri, in cui si è istituito
il Tavolo di lavoro.
Ci siamo andati, per dare battaglia.
Erano presenti 14 persone (5 psicologi, 1 medico specializzato
in psicologia clinica, 7 counselor e 1 avvocato – il
consulente legale dell’Ordine del Lazio).
Grande assente come sempre il Consiglio Nazionale degli
Psicologi, che non ha ritenuto di dover inviare alcun
rappresentante; d’altra parte il disinteresse e l’ammiccamento
ai counselor è una costante che si ripete da parte del
Presidente Fulvio Giardina.

Ciò che comunque maggiormente mi ha colpito, oltre alla
pochezza dei contenuti e alla sciatteria con cui sono state
affrontate le questioni, è che il Tavolo è stato
paradossalmente tenuto in piedi… dagli psicologi stessi!
Anche durante le fasi di lavoro, gli unici a dare contributi
di (poca) sostanza sono stati gli psicologi: di fatto, una
norma contro la categoria degli psicologi la stanno costruendo
alcuni di noi.

Nonostante il nostro avvocato abbia ripetutamente presentato
elementi evidenti rispetto all’illegittimità del tavolo, non
c’è stato niente da fare: la Coordinatrice (psicologa) ha
ritenuto di andare comunque avanti.

La situazione dunque sta volgendo al termine.
Ci saranno un paio di ulteriori riunioni, ma probabilmente
entro la fine dell’anno si arriverà ad approvare la norma, con
UNI va avanti in contrasto con tutti.
E ciò avverrà con il benestare implicito del Consiglio
Nazionale e di tutti quegli Ordini regionali che non hanno mai
partecipato ai tavoli, non avendo la forza o il coraggio di
mettere in piedi un’opposizione dura e totale a questa deriva,
che riteniamo grave ed inaccettabile per la nostra categoria.

L’UNI sta evidentemente forzando norme, procedure e prassi
istituzionali, pur di portare a termine a qualunque costo il
processo di normazione; e tale strana determinazione,
contrapposta alla collusione di molti psicologi con il mondo
del counseling, in barba agli articoli 8 e 21 del Codice
Deontologico, sta dando loro l’occasione di riuscirci.

Come sempre AltraPsicologia farà di tutto per evitare che ciò
accada, come associazione e tramite gli Ordini in cui ha o
avrà maggioranza: accettare questa deriva vergognosa non è
un’opzione,   per   chi   vuole   tutelare   la   professione   di
psicologo.

Essere psicologi del lavoro

Quando si pensa allo psicologo del lavoro
molti pensano unicamente all’ufficio del
       personale o alla selezione.
E’ vero, siamo senza dubbio anche questo
 ma quello che si fa, a volte, è perdere
  di vista chi siamo e fissarci su cosa
     facciamo o su cosa le aziende si
         aspettano che si faccia.
PSICOLOGO      DEL
                                            LAVORO:         UN
                                            TRADUTTORE. Dopo
                                            più di dieci anni
                                            che lavoro in
                                            quest’ambito, la
                                            conclusione a cui
                                            sono arrivata è
                                            che ciò che siamo
                                            è più importane
                                            di     ciò     che
facciamo; o meglio, ciò che facciamo è una conseguenza di ciò
che siamo.
Nella mia esperienza, lo psicologo del lavoro è prima di tutto
un “traduttore”.
Qualunque sia il nostro ruolo e qualunque sia il nostro
obiettivo, la prima cosa che dobbiamo fare è ascoltare,
comprendere e tradurre un problema che ci viene portato dal
committente aziendale sotto forma di richiesta, ansia
espressa, paura, domanda ecc….Per poterlo fare dobbiamo
ascoltare, scrivere, rileggere, ri-esaminare. Molto spesso ciò
che ci viene chiesto non è ciò di cui l’azienda ha bisogno.

   UN CASO TIPICO. Recentemente ho incontrato una piccola
   azienda agricola che ha chiesto di condurre delle selezioni
   dicendo però chiaramente di aver già acquistato dei test
   che dovevano essere necessariamente utilizzati. Per uno
   psicologo non è certo difficile inserire uno o più test in
   una selezione ma la cosa importante era capire il senso di
   quel vincolo. Dopo aver ri-letto gli appunti dell’incontro,
   letto gli appunti del collega e ascoltato una telefonata
   fatta dal collega e da me, siamo arrivati a capire che il
   problema vero era che in azienda mancava la cultura della
   selezione; hanno sbagliato numerose selezioni in passato e
   le Risorse Umane, prese dallo sconforto, hanno proceduto ad
   acquistare dei test che però, mancando la necessaria
   cultura e competenza, si sono rivelati inutili. Questo ha
gettato ancora di più nello sconforto le Risorse Umane che
   hanno quindi chiesto aiuto per fare qualcosa che desse
   credibilità alle loro scelte. Ovviamente fare delle
   selezioni usando quel test sarebbe stato colludere con una
   richiesta che non avrebbe avuto alcun impatto positivo.
   L’esigenza era quella di impostare un lavoro sulla
   selezione che si rivelasse efficace (e anche dare maggiore
   credibilità alle Risorse Umane) e quindi guidare l’azienda
   nella costruzione di un processo di selezione in linea con
   le necessità.

Essere efficaci come “traduttori” ci apre potenzialmente
numerose strade che vanno oltre i “compartimenti stagni” della
selezione, formazione, assessment ecc.

                                              COMPETENZE
                                              SPECIFICHE
                                              NECESSARIE.   Le
                                              competenze
                                              specifiche sulle
                                              organizzazioni
                                              sono essenziali.
                                              Uno psicologo
                                              del lavoro deve
                                              saper leggere un
                                               organigramma,
                                               costruire una
                                               job descripion,
fare una job analysis, conoscere i processi aziendali (almeno
quelli relativi alle Risorse Umane). Tuttavia, questo è
inutile se non si sa leggere un bisogno o interpretare una
resistenza o comunicare in modo efficace.
La comunicazione è un altro elemento chiave del nostro lavoro.
Distinguere ciò che è esplicito da ciò che è implicito e,
soprattutto, aiutare le persone a farlo, è fondamentale
perché, non solo ci serve per capire la domanda, ma ci serve
per aiutare il nostro committente ad acquisire consapevolezza.
Se facciamo un focus group o un’analisi di clima, ad esempio,
a un certo punto dovremo fare una restituzione all’azienda.
Qui è facile perdersi, non comunicare efficacemente quanto
emerso.
Spesso a mancare è il metodo.

METODO E CAPACITA’
DI OSSERVAZIONE. La
capacità         di
osservazione e di
analisi attraverso
un     metodo     è
un’altra competenza
essenziale per lo
psicologo       che
voglia lavorare con
le aziende. Se, ad
esempio,      devo
selezionare, valutare il potenziale, fare una formazione
ecc…quali sono le variabili su cui devo lavorare? Non posso
selezionare persone “capaci di problem solving”, valutare la
“capacità di guidare gli altri” o progettare un training sull’
“intelligenza emotiva” o sull’”assertività” se non ho definito
in modo chiaro quali sono i comportamenti osservati che
definiscono quella variabile (agli occhi miei, del committente
e dei destinatari). Se voglio valutare il “problem solving”,
potrò farlo definendolo, come la capacità di individuare e
comprendere gli aspetti essenziali dei problemi per riuscire
ad arrivare in tempi congrui ad una soluzione efficace che si
traduce in questi indicatori:

   I. individua con chiarezza il problema e si confronta con
   l’eventuale gruppo di lavoro e/o il proprio referente sulla
   sua definizione;
   II. prende in considerazione possibili soluzioni
   alternative, individuando spunti originali e innovativi;
   III. risolve il problema, anche in autonomia se necessario,
implementando la soluzione più adatta per la persona o
   l’organizzazione

Chiaramente ciascuno può seguire il modello che sente più
efficace (questa è la definizione di Levati e Saraò) ma la
cosa importante è condividere con il nostro committente ciò su
cui andremo a lavorare, altrimenti corriamo il rischio di
deludere o comunque non rispondere alle aspettative. Capita
spesso che vi vengano chiesti interventi, ad esempio,
sull’assertività ma siete sicuri che il modo in cui la intende
un cliente sia lo stesso in cui la intendete voi? Qui il
metodo ci aiuta.

                                    UTILIZZO     DEI       TEST.
                                    L’utilizzo   dei      test è
                                    un’altra competenza chiave
                                    e necessaria che uno
                                    psicologo del lavoro deve
                                    avere,    ed  è   spesso
                                    sottovalutata e carente. Il
                                    test    non    è    sempre
                               necessario (come ogni altro
strumento di lavoro) ma è sempre necessario sapere come
funziona; anche perché se qualcuno prima di noi li ha usati e
un committente ce li mostra, dobbiamo essere in grado di
comprenderne il razionale e il criterio interpretativo.

Capacità    di lettura, di analisi, sintesi, comunicazione
efficace   e conoscenza dei metodi penso che siano già un buon
bagaglio    per essere psicologi del lavoro e poter quindi
proporre   tante attività in azienda.
Vi racconto la presentazione
della Guida Arcobaleno a New
York
A 50 anni dai fatti di STONEWALL si celebra qui a NYC il 50
PRIDE in occasione del quale è stata organizzata la Conferenza
Internazionale per i Diritti Umani , alla quale come
Altrapsicologia abbiamo avuto l’onore di partecipare con il
progetto GUIDA ARCOBALENO.
A causa dell’impossibilità di Bernardo Paoli, uno dei colleghi
autori, insieme a Paola Biondi, Marzia Cikada e Alice Ghisoni,
della Guida Arcobaleno, di recarsi qui a NY, mi sono fatta
portavoce, in virtù delle mie precedenti partecipazioni ad
altri congressi internazioni, di questa bella iniziativa, e
così dopo mesi di e-mail con le organizzatrici Amanda Younger
e Samantha Johnson, eccomi catapultata nella Grande Mela, a
raccontarvi della mia esperienza.

L’arrivo a NY è stato piacevole grazie all’accoglienza di
Cathy Renna, una delle organizzatrici di origini italiane, che
mi ha invitato alla festa di inaugurazione del PRIDE,
presentandomi a tutti.

L’intera comunità LGBT+ è rimasta molto colpita dal mio
racconto di come ALTRAPSICOLOGIA si sia voluta fare portavoce
dei diritti delle persone LGBT, attraverso la GUIDA
ARCOBALENO, che rappresenta un testo utile non solo per le
persone che la leggono ma una posizione scientifica sui temi
LGBT +.
Qui   a   NY,    dal   tassista
                             all’inserviente    dell’albergo,
                             sono tutti molto gentili e
                             cordiali, ed io ho coinvolto
                             tutti raccontando il motivo della
                             mia presenza qui e facendo si che
                             anche persone non addette ai
                             lavori si interessassero al
                             Progetto      Italiano     GUIDA
                             ARCOBALENO, il Pride qui a NYC è
                             un   evento    molto   sentito,
                             soprattutto quest’anno, per cui
                             tutti ne parlano ed in ogni
                             spicchio della grande mela sono
                             appese bandiere arcobaleno, a
                             testimoniare    l’attivazione
                             massiccia della città verso la
                             comunità LGBT+.

La HUMAN RIGHTS CONFERENCE che si è tenuta Lunedì 24 e Martedì
25 Giugno, ha visto impegnata tutti gli attivisti del mondo
LGBT+ provenienti da ogni parte del globo, a testimoniare
l’importanza della trasversalità di tali tematiche in tutto il
mondo, ed in un contesto così importante, quest’anno era
presente anche ALTRAPSICOLOGIA, un’altra grande comunità che
con il suo impegno nella tutela dei diritti, si è fatta
portavoce del progetto GUIDARCOBALENO.

La presentazione della Guida è stata inserita nel Panel:
eduGAYtional Equity: Supporting LGBTQ Students, Families, and
Staff Members in K-12 Schools dedicato all’attività di
supporto degli studenti, delle famiglie e degli insegnanti
nell’affrontare le tematiche LGBT+.
Il moderatore della sessione Jared Fox mi ha dato
l’opportunità di esporre per prima la mia presentazione così
da dare un quadro di riferimento sulla situazione italiana, è
stato molto emozionante aprire la sessione e parlare di fronte
ad una platea così vasta, per prima cosa mi sono scusata per
il mio inglese che per qualcuno poteva risultare non troppo
fluente, ma ho aggiunto che non è colpa mia perché noi
italiani di solito parliamo gesticolando con le mani, e così
dopo una risata generale e dopo aver rotto il ghiaccio ho
presentato il gran lavoro dei colleghi che ha ricevuto molte
lodi ed applausi.

Inoltre mi è stato chiesto durante il dibattito quale fosse il
ruolo dello Psicologo Scolastico e in che modo venissero
affrontate le tematiche dell’educazione sessuale a scuola in
Italia, forte della mia recente esperienza di Psicologa presso
un liceo ho affermato che c’è ancora tanto lavoro da fare
rispetto alle esperienze raccontate dai colleghi nel panel, ma
che grazie al lavoro di ALTRAPSICOLOGIA e della GUIDA
ARCOBALENO, un primo importante passo è stato fatto.
La guida è piaciuta talmente tanto che mi è stato chiesto di
tradurla in inglese, chissà che questo non sia il prossimo
passo del progetto… ai posteri l’ardua sentenza!
E così finalmente soddisfatta e premurata di aver fatto il mio
dovere posso godermi tre giorni di vacanza nella città che non
dorme mai e partecipare a tutti gli altri fantastici eventi
del 50°NYC PRIDE.

Ringrazio i colleghi autori della Guida per la fiducia
accordatami nel rappresentarli, le organizzatrici del Pride
per aver coperto le spese legate al Congresso, Caty per
l’accoglienza e l’invito alla festa, Ewan, un volontario che
parla italiano, per il supporto e l’aiuto durante la
conferenza e Sara Giuffrè, la mia tirocinante, che ha fatto
l’Erasmus a Malta per avermi preparato la presentazione.

Francesca Andronico
Staff AP LAZIO
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