Psicologia scolastica: un fantasma si aggira per le aule - AltraPsicologia
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DSA, BES, Psicologia scolastica: un fantasma si aggira per le aule… L’intervento sui DSA e i BES, e il più ampio ambito del settore della psicologia scolastica, conosce progressive criticità ben note agli esperti di settore. Come noto, l’attività psicologica relativa ai DSA ha conosciuto un momento di importante strutturazione con la L.170/2010, e il combinato disposto che deriva da quella, dal Decreto Attuativo 5669/11 e dalle varie Leggi Regionali che hanno dettagliato (a volte in modo un po’ eterogeneo) l’implementazione delle relative previsioni di legge a livello locale. Un intervento quadro, che ha avuto il merito originario di dare forma organica al riconoscimento e presa in carico dei DSA nel sistema scolastico italiano. Ma rimangono numerosi problemi aperti. La gestione dei BES, in particolare, si muove in uno spazio a volte non ben definito, normato prevalentemente a livello di Direttive, Circolari MIUR e Determine dei dirigenti locali. La “polisemia funzionale” dei BES rappresenta un mare magnum di non semplice inquadramento e gestione, che mette sullo stesso piano disturbi evolutivi e situazioni di svantaggio linguistico, socio-economico e culturale, spesso lasciata sostanzialmente in mano alla buona volontà di docenti e personale scolastico dei singoli Istituti, con scarso supporto e formazione specifica. La stessa normativa – quadro sui DSA, quella L. 170/2010 che pure ha rappresentato un “salto strutturale” nella gestione degli stessi, necessita ormai di una “messa a punto” ed attento aggiornamento quasi dieci anni dopo la sua entrata in
vigore; anni che hanno permesso di evidenziarne “sul campo” punti di forza e criticità, ma anche anni che hanno visto un rinnovamento delle conoscenze scientifiche in questo ambito. Rispetto alle criticità, i ritardi nelle certificazioni pubbliche sono ad esempio un tema cruciale. Centinaia se non migliaia di valutazioni DSA attendono periodi prolungati per poter essere eseguite nelle ASL, spesso con attese di moltissimi mesi (quando una valutazione tempestiva è invece essenziale per l’accesso ai benefici di legge, alla stesura del PDP, all’ottenimento delle misure compensative e dispensative… con impatti strutturali sul percorso di apprendimento del minore), mentre le diagnosi emesse da privati non accreditati (attraverso procedure diverse definite a livello di politiche regionali) non vengono prese in considerazione dagli Istituti scolastici per l’accesso ai benefici di legge, nonostante siano state eseguite da professionisti abilitati e con specifiche, approfondite, formazioni post-lauream di merito. Quello che forse fino ad ora è mancato è un decisore politico- professionale nazionale (il CNOP) capace di esercitare una forte interlocuzione con il MIUR e il Parlamento, con il supporto tecnico-scientifico delle principali realtà scientifiche di settore (e in Italia abbiamo, come noto, associazioni e ricercatori di levatura internazionale), al fine di intervenire in modo incisivo su queste criticità. Criticità che non permettono un pieno dispiegamento delle potenzialità di valutazione, prevenzione ed intervento della Psicologia sui DSA e sui BES; che creano ritardi e disservizi a decine di migliaia di studenti che necessiterebbero – anche più di altri – di un supporto specifico e qualificato; che lasciano nell’ansia decine di migliaia di famiglie; che impattano disfunzionalmente sul pieno raggiungimento degli obbiettivi formativi del sistema scolastico nazionale per tutti i bambini e ragazzi – e in particolare per coloro che
presentano qualche difficoltà in più. AltraPsicologia riconosce questo come un settore strategico per il futuro della professione in Italia e intende lavorare intensamente, in profonda sinergia e con la consulenza costante delle principali associazioni scientifico- professionali di settore, per posizionare gli Ordini regionali e il futuro Consiglio Nazionale come interlocutore istituzionale determinato, che operi energicamente per un aggiornamento legislativo del settore sostenendo un’azione di lobbying normativa. Oltre alla revisione tecnico-normativa del framework “DSA/BES”, due punti ulteriori e paralleli si presenta come potenzialmente esplorabili da parte del prossimo CNOP: la problematica dello psicologo scolastico e degli Sportelli d’ascolto da un lato, e la gestione della Classe del Sostegno scolastico. Chiariamoci: sono temi molto diversi, da un punto di vista professionale e normativo – e noi psicologi per primi dobbiamo evitare di confonderci in merito. Il docente di Sostegno ad esempio non è, e non va a fare “lo psicologo” (anche se laureato in Psicologia). Sul tema della psicologia scolastica, di cui si parla da decenni con scarsi esiti, vi sono importanti passi che possono e devono essere intrapresi. Uno dei primi è quello della gestione degli “Sportelli d’Ascolto”: esperienze a volte effimere e al contempo complesse, ma che rappresentano una importante finestra di monitoraggio, prevenzione e intervento precoce per la popolazione scolastica nazionale. Purtroppo, troppo spesso le Scuole aprono tali “Sportelli” a figure non qualificate, e spesso ignare della complessità di tali interventi; non sono rari bandi per “counselor” o altre figure prive di abilitazioni pubblicistiche, che si trovano così a gestire processi emotivi, famigliari e relazionali di
chiara natura psicologica. Sono necessari interventi di sistema, a livello di interlocuzioni attive e costanti con gli Uffici Scolastici Regionali e le Dirigenze locali, per creare in modo determinato chiarezza a cascata su questo tema delicatissimo. Ma anche sul tema del Sostegno, si può ipotizzare la costruzione progressiva di un equilibrio “Win-Win” tra adeguato posizionamento lavorativo dei laureati in psicologia e possibilità di garantire un servizio di qualità alla cittadinanza ed al sistema scolastico. Il fatto che a svolgere i delicati compiti del Sostegno (che spesso impatta su situazioni di BES e/o DSA) nelle scuole italiane siano laureati in Architettura, Lettere, Astronomia o Scienze Naturali, che di psicologia dell’apprendimento, pedagogia speciale e psicologia delle disabilità sanno per definizione poco o nulla (se non i sinteticissimi rudimenti dei percorsi abilitanti), crea un paradosso sempre più inaccettabile. Da un lato abbiamo una pletora di laureati in psicologia ampiamente qualificati nella dimensione della psicologia scolastica, dello sviluppo e delle disabilità, con anni di formazione universitaria specifica e lunghi tirocini di merito; ma pochissimi di questi hanno poi modo di diventare docenti di Sostegno. Dall’altro, le esigenze di migliaia di bambini e adolescenti con difficoltà anche significative vengono “tamponate” con docenti provenienti da percorsi completamente avulsi da tali background – e che, pur impegnandosi con buona volontà e sensibilità personale, non hanno il livello di expertise tecnico-professionale che hanno invece psicologi di ambito scolastico-disabilità. Come dice la famosa battuta, è come mettere “i muratori in cucina e i cuochi in cantiere”: non ha senso né per cuochi né per muratori, e nemmeno per chi mangia nella mensa o vive nella casa. Questo mancato incontro tra “domanda di competenze
specialistiche malamente soddisfatta” e “ampia disponibilità inutilizzata di competenze specialistiche” è una criticità del sistema scolastico su cui – come categoria – non possiamo esimerci dal provare a intervenire in modo determinato, con il decisore politico ed il legislatore. Prevedere che – a parità di altri requisiti – l’accesso alle Classi del Sostegno sia prioritizzato a livello nazionale ai laureati in Psicologia (e Scienze della Formazione) proprio al fine di garantire un servizio migliore e più specifico a decine di migliaia di cittadini italiani, è un punto su cui il futuro CNOP a maggioranza AltraPsicologia può e deve impegnarsi con rigore, tramite lobbying attiva, reti interprofessionali, interlocuzioni col MIUR e attento lavoro politico per stimolare in tal senso il legislatore. In sintesi: ci serve, dopo tanti anni di promesse cadute nel vuoto, un intervento organico di solido impulso alle competenze psicologiche – su vari livelli – nel sistema Scolastico. Un primo livello è quello della consulenza specialistica nei DSA/BES, che deve vedere superati ostacoli e problematiche normative. Un secondo livello è quello della risoluzione dell’annoso problema degli “Sportelli” gestiti da soggetti di dubbia qualificazione, e dello sviluppo di una psicologia scolastica come funzione professionale pienamente riconosciuta. Un terzo livello, su piano diverso, è quello dell’adeguata valorizzazione delle competenze psicologiche nelle Classi del Sostegno. Sono tre direttive di lavoro diverse, ma
decisamente complementari tra loro; per disegnare insieme un nuovo e più autorevole ruolo per la Psicologia professionale nella Scuola italiana. AP farà la sua parte, con la massima determinazione che possiamo mettere in campo. Il Presidente Giardina da Vespa: la psicologia va KO Ieri sera su Rai 1, durante il programma “Porta a Porta” di Bruno Vespa, si è consumato il definitivo KO mediatico del Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi (CNOP). Un imbarazzato Fulvio Giardina, il Presidente del CNOP, ha rappresentato nel peggior modo possibile gli Psicologi italiani. Non appagato dalle recenti figuracce in ambito nazionale e internazionale, ieri ha voluto replicare il numero in diretta televisiva da Bruno Vespa Il tema oggetto di discussione è la Depressione. In studio sono presenti un paio di psichiatri e un paio di vip che hanno avuto esperienze di depressione nella loro vita. Il dibattito comincia, si parla dell’utilizzo smodato degli psicofarmaci e di come questi producano effetti negativi sulla salute. A parlare è uno psichiatra che, in collegamento esterno, illustra i danni che gli psicofarmaci fanno alle persone. Le cose sembrano mettersi per il meglio per noi
psicologi, tuttavia Giardina mostra fin da subito i suoi limiti nel cogliere i tempi televisivi: incapace di prendere la parola, tartaglia, alza il dito per prenotarsi (come fosse a scuola), lo si sente balbettare mentre tenta invano di dissentire da ciò che viene detto dalla psichiatra presente in studio, che di contro sostiene che il problema sia il sottodosaggio dei farmaci e l’eventuale autoprescrizione. Dopo i primi scambi, Vespa propone l’argomento di discussione di sempre: una persona che si rende conto di essere depressa si deve rivolgere allo psichiatra o allo psicologo? La domanda è evidentemente mal posta, figlia di una visione antiquata che mette in relazione dicotomica due figure che nella realtà professionale di tutti i giorni di solito lavorano insieme in modo complementare. La psichiatra in studio è agguerrita e, quando il “nostro” cerca di argomentare (male) alcuni concetti (peraltro di una banalità estrema), lei viene inquadrata mentre fa segno di “no” con la testa dissentendo e sminuendo platealmente quanto detto da Giardina. La tensione sale e se da un lato, con il passare del tempo, la psichiatra si trova sempre più a suo agio nel sostenere che i farmaci siano la sola soluzione possibile e che la psicologia faccia effetto dopo qualche mese solo perché quelli sono i tempi della remissione spontanea degli episodi di depressione maggiore, Fulvio Giardina annaspa e nel tentativo di dire qualcosa, in uno dei pochi momenti in cui riesce a prendere la parola, la spara grossa. Propone una metafora paradossale, peraltro con una improbabile caduta dialettale nella domanda retorica finale, dicendo: “l’alcool è un farmaco che facilita le relazioni, cosa vuol dire che ci diviam ber?”. Dopo un momento di imbarazzo generale, viene liquidato da tutti come se avesse detto la tipica stupidaggine che scappa a chi, non avvezzo alla tv,
utilizza paragoni efficaci nelle chiacchiere da bar, ma del tutto inappropriati nel contesto televisivo. Forse consapevole della gaffe appena fatta, lo si sente in sottofondo giustificarsi dicendo “ma no, ma io intendevo due bicchierini!” Il dibattito prosegue e Giardina ormai all’angolo, paonazzo in volto, con una cravatta diventata ormai troppo stretta, cade nella trappola della dicotomia proposta da Vespa e, a sostegno della pari dignità della Psicologia con la Medicina parte con il suo cavallo di battaglia affermando che, dallo scorso anno, la Psicologia è per legge professione sanitaria e sarebbe quindi equiparata alla Medicina. Un discorso debole fatto da un Presidente che sembra non possedere nel suo repertorio altri argomenti se non il richiamo alla normativa vigente, argomentazione che non sembra convincere nessuno. Stremato, ma incapace di reagire, dà il peggio di sé nel giro finale, quando afferma che in definitiva chi ha problemi di depressione deve rivolgersi allo psicologo, pensando ingenuamente che il fatto di averlo detto renda automaticamente vero il messaggio. E invece la percezione è esattamente contraria, sembra uno degli spot anni ’60 di Carosello in cui il suggerimento era esplicito e, forse, allora efficace. Ma, siamo nel 2020, sono passati 60 anni. Le persone ormai comprano narrazioni (mai sentito parlare di story telling?), non si fanno influenzare dal ruolo di Presidente dell’Ordine degli Psicologi. E’ finito il tempo in cui “lo dice la tv!”, oggi per far passare dei messaggi bisogna essere preparati, studiare, argomentare, mostrarsi credibili e autorevoli. Insomma, esattamente il contrario di come è apparso il Presidente del CNOP: impreparato, improvvisato e dunque poco credibile. L’ennesimo danno di questa gestione CNOP è stato fatto.
Una gran figuraccia su uno dei palcoscenici più noti d’Italia. L’ennesima di Fulvio Giardina. A novembre si vota e l’augurio per tutti noi è che gli Psicologi Siciliani facciano capire a Giardina e a chi ancora si ostina a sostenerlo che possiamo fare tranquillamente a meno di situazioni così imbarazzanti. Che il fondo lo abbiamo toccato e che lo ringraziamo. Ora però gli Psicologi italiani hanno bisogno di riemergere dal fondo di quello stagno in cui sono stati trascinati negli ultimi 6 anni dalla gestione di Giardina. Basta figuracce. Abbiamo studiato tanto, facciamo un lavoro complesso, abbiamo il diritto di arrivare a casa la sera stanchi, accendere la Tv e non doverci vergognare di chi ci rappresenta! Norma UNI sul counselor: avanti contro tutto e tutti Vi ricordate il tentativo dei counselor di “normarsi” tramite UNI, dopo aver fallito per altre vie? Ci stanno riuscendo, e grazie all’aiuto diretto o indiretto degli psicologi. Ieri, in rappresentanza dell’Ordine Lazio (a maggioranza AltraPsicologia) ho partecipato al Tavolo per la normazione della figura del counselor non Psicologo presso la sede dell’UNI, e la situazione purtroppo ci è apparsa grave e decisamente fuori controllo. L’UNI, che ricordiamo essere un Ente privato, appare
completamente resistente ed insensibile ad ogni tipo di intervento teso a bloccare questa normazione insensata. Il loro tentativo sta andando avanti nonostante a gennaio 2019 il Ministero della Salute, proprio su sollecitazione dell’Ordine Lazio, ne abbia esplicitamente chiesto la sospensione. Un tale incomprensibile atteggiamento da parte di UNI è gravissimo, perché da un lato un Ente privato si permette di non dare seguito alle richieste esplicite di un Ministero, dall’altro perché così facendo va palesemente contro la stessa Legge 4/2013, che prevede che le professioni siano normabili “con esclusione delle attività riservate per legge a soggetti iscritti in albi o elenchi ai sensi dell’art. 2229 del codice civile, delle professioni sanitarie…” Qualche mese fa, come molti ricorderanno, come AltraPsicologia avevamo fatto un appello chiedendo di partecipare all’“Inchiesta Pubblica” che l’UNI aveva attivato sul proprio sito, ed in cui chiedeva ai cittadini di esprimersi sull’opportunità o meno di normare la figura del Counselor. In teoria, era stata una debacle per i counselor: UNI non aveva mai ricevuto un livello così alto di partecipazione (41.278 votazioni), ed i commenti contrari erano stati il doppio di quelli favorevoli. Una vittoria schiacciante di decine di migliaia di professionisti e cittadini che non vogliono la normazione, perché ritengono tale figura sovrapposta a quella dello Psicologo! Non volendo entrare nel merito sul livello di improvvisazione dell’intera procedura tecnica di voto realizzata da UNI (si poteva votare tranquillamente più volte senza controlli, non c’era alcun sistema di sicurezza finalizzato alla verifica del votante, il server è andato in crash più volte perché inadeguato a gestire un numero così elevato di votazioni, ecc.), ci si sarebbe aspettato che con un risultato del genere alla loro stessa richiesta, le posizioni dure di Enti come l’Ordine degli Psicologi del Lazio, e vista la richiesta
ufficiale di bloccare tutto addirittura del Ministero della Salute, il processo di normazione venisse abbandonato… E invece, incredibilmente, no! UNI si è assunta la responsabilità di andare avanti lo stesso, contro tutto e contro tutti, perfino contro gli esiti della loro stessa Inchiesta Pubblica! Arriviamo dunque all’incontro di ieri, in cui si è istituito il Tavolo di lavoro. Ci siamo andati, per dare battaglia. Erano presenti 14 persone (5 psicologi, 1 medico specializzato in psicologia clinica, 7 counselor e 1 avvocato – il consulente legale dell’Ordine del Lazio). Grande assente come sempre il Consiglio Nazionale degli Psicologi, che non ha ritenuto di dover inviare alcun rappresentante; d’altra parte il disinteresse e l’ammiccamento ai counselor è una costante che si ripete da parte del Presidente Fulvio Giardina. Ciò che comunque maggiormente mi ha colpito, oltre alla pochezza dei contenuti e alla sciatteria con cui sono state affrontate le questioni, è che il Tavolo è stato paradossalmente tenuto in piedi… dagli psicologi stessi! Anche durante le fasi di lavoro, gli unici a dare contributi di (poca) sostanza sono stati gli psicologi: di fatto, una norma contro la categoria degli psicologi la stanno costruendo alcuni di noi. Nonostante il nostro avvocato abbia ripetutamente presentato elementi evidenti rispetto all’illegittimità del tavolo, non c’è stato niente da fare: la Coordinatrice (psicologa) ha ritenuto di andare comunque avanti. La situazione dunque sta volgendo al termine. Ci saranno un paio di ulteriori riunioni, ma probabilmente entro la fine dell’anno si arriverà ad approvare la norma, con UNI va avanti in contrasto con tutti. E ciò avverrà con il benestare implicito del Consiglio
Nazionale e di tutti quegli Ordini regionali che non hanno mai partecipato ai tavoli, non avendo la forza o il coraggio di mettere in piedi un’opposizione dura e totale a questa deriva, che riteniamo grave ed inaccettabile per la nostra categoria. L’UNI sta evidentemente forzando norme, procedure e prassi istituzionali, pur di portare a termine a qualunque costo il processo di normazione; e tale strana determinazione, contrapposta alla collusione di molti psicologi con il mondo del counseling, in barba agli articoli 8 e 21 del Codice Deontologico, sta dando loro l’occasione di riuscirci. Come sempre AltraPsicologia farà di tutto per evitare che ciò accada, come associazione e tramite gli Ordini in cui ha o avrà maggioranza: accettare questa deriva vergognosa non è un’opzione, per chi vuole tutelare la professione di psicologo. Essere psicologi del lavoro Quando si pensa allo psicologo del lavoro molti pensano unicamente all’ufficio del personale o alla selezione. E’ vero, siamo senza dubbio anche questo ma quello che si fa, a volte, è perdere di vista chi siamo e fissarci su cosa facciamo o su cosa le aziende si aspettano che si faccia.
PSICOLOGO DEL LAVORO: UN TRADUTTORE. Dopo più di dieci anni che lavoro in quest’ambito, la conclusione a cui sono arrivata è che ciò che siamo è più importane di ciò che facciamo; o meglio, ciò che facciamo è una conseguenza di ciò che siamo. Nella mia esperienza, lo psicologo del lavoro è prima di tutto un “traduttore”. Qualunque sia il nostro ruolo e qualunque sia il nostro obiettivo, la prima cosa che dobbiamo fare è ascoltare, comprendere e tradurre un problema che ci viene portato dal committente aziendale sotto forma di richiesta, ansia espressa, paura, domanda ecc….Per poterlo fare dobbiamo ascoltare, scrivere, rileggere, ri-esaminare. Molto spesso ciò che ci viene chiesto non è ciò di cui l’azienda ha bisogno. UN CASO TIPICO. Recentemente ho incontrato una piccola azienda agricola che ha chiesto di condurre delle selezioni dicendo però chiaramente di aver già acquistato dei test che dovevano essere necessariamente utilizzati. Per uno psicologo non è certo difficile inserire uno o più test in una selezione ma la cosa importante era capire il senso di quel vincolo. Dopo aver ri-letto gli appunti dell’incontro, letto gli appunti del collega e ascoltato una telefonata fatta dal collega e da me, siamo arrivati a capire che il problema vero era che in azienda mancava la cultura della selezione; hanno sbagliato numerose selezioni in passato e le Risorse Umane, prese dallo sconforto, hanno proceduto ad acquistare dei test che però, mancando la necessaria cultura e competenza, si sono rivelati inutili. Questo ha
gettato ancora di più nello sconforto le Risorse Umane che hanno quindi chiesto aiuto per fare qualcosa che desse credibilità alle loro scelte. Ovviamente fare delle selezioni usando quel test sarebbe stato colludere con una richiesta che non avrebbe avuto alcun impatto positivo. L’esigenza era quella di impostare un lavoro sulla selezione che si rivelasse efficace (e anche dare maggiore credibilità alle Risorse Umane) e quindi guidare l’azienda nella costruzione di un processo di selezione in linea con le necessità. Essere efficaci come “traduttori” ci apre potenzialmente numerose strade che vanno oltre i “compartimenti stagni” della selezione, formazione, assessment ecc. COMPETENZE SPECIFICHE NECESSARIE. Le competenze specifiche sulle organizzazioni sono essenziali. Uno psicologo del lavoro deve saper leggere un organigramma, costruire una job descripion, fare una job analysis, conoscere i processi aziendali (almeno quelli relativi alle Risorse Umane). Tuttavia, questo è inutile se non si sa leggere un bisogno o interpretare una resistenza o comunicare in modo efficace. La comunicazione è un altro elemento chiave del nostro lavoro. Distinguere ciò che è esplicito da ciò che è implicito e, soprattutto, aiutare le persone a farlo, è fondamentale perché, non solo ci serve per capire la domanda, ma ci serve per aiutare il nostro committente ad acquisire consapevolezza.
Se facciamo un focus group o un’analisi di clima, ad esempio, a un certo punto dovremo fare una restituzione all’azienda. Qui è facile perdersi, non comunicare efficacemente quanto emerso. Spesso a mancare è il metodo. METODO E CAPACITA’ DI OSSERVAZIONE. La capacità di osservazione e di analisi attraverso un metodo è un’altra competenza essenziale per lo psicologo che voglia lavorare con le aziende. Se, ad esempio, devo selezionare, valutare il potenziale, fare una formazione ecc…quali sono le variabili su cui devo lavorare? Non posso selezionare persone “capaci di problem solving”, valutare la “capacità di guidare gli altri” o progettare un training sull’ “intelligenza emotiva” o sull’”assertività” se non ho definito in modo chiaro quali sono i comportamenti osservati che definiscono quella variabile (agli occhi miei, del committente e dei destinatari). Se voglio valutare il “problem solving”, potrò farlo definendolo, come la capacità di individuare e comprendere gli aspetti essenziali dei problemi per riuscire ad arrivare in tempi congrui ad una soluzione efficace che si traduce in questi indicatori: I. individua con chiarezza il problema e si confronta con l’eventuale gruppo di lavoro e/o il proprio referente sulla sua definizione; II. prende in considerazione possibili soluzioni alternative, individuando spunti originali e innovativi; III. risolve il problema, anche in autonomia se necessario,
implementando la soluzione più adatta per la persona o l’organizzazione Chiaramente ciascuno può seguire il modello che sente più efficace (questa è la definizione di Levati e Saraò) ma la cosa importante è condividere con il nostro committente ciò su cui andremo a lavorare, altrimenti corriamo il rischio di deludere o comunque non rispondere alle aspettative. Capita spesso che vi vengano chiesti interventi, ad esempio, sull’assertività ma siete sicuri che il modo in cui la intende un cliente sia lo stesso in cui la intendete voi? Qui il metodo ci aiuta. UTILIZZO DEI TEST. L’utilizzo dei test è un’altra competenza chiave e necessaria che uno psicologo del lavoro deve avere, ed è spesso sottovalutata e carente. Il test non è sempre necessario (come ogni altro strumento di lavoro) ma è sempre necessario sapere come funziona; anche perché se qualcuno prima di noi li ha usati e un committente ce li mostra, dobbiamo essere in grado di comprenderne il razionale e il criterio interpretativo. Capacità di lettura, di analisi, sintesi, comunicazione efficace e conoscenza dei metodi penso che siano già un buon bagaglio per essere psicologi del lavoro e poter quindi proporre tante attività in azienda.
Vi racconto la presentazione della Guida Arcobaleno a New York A 50 anni dai fatti di STONEWALL si celebra qui a NYC il 50 PRIDE in occasione del quale è stata organizzata la Conferenza Internazionale per i Diritti Umani , alla quale come Altrapsicologia abbiamo avuto l’onore di partecipare con il progetto GUIDA ARCOBALENO.
A causa dell’impossibilità di Bernardo Paoli, uno dei colleghi autori, insieme a Paola Biondi, Marzia Cikada e Alice Ghisoni, della Guida Arcobaleno, di recarsi qui a NY, mi sono fatta portavoce, in virtù delle mie precedenti partecipazioni ad altri congressi internazioni, di questa bella iniziativa, e così dopo mesi di e-mail con le organizzatrici Amanda Younger e Samantha Johnson, eccomi catapultata nella Grande Mela, a raccontarvi della mia esperienza. L’arrivo a NY è stato piacevole grazie all’accoglienza di Cathy Renna, una delle organizzatrici di origini italiane, che mi ha invitato alla festa di inaugurazione del PRIDE, presentandomi a tutti. L’intera comunità LGBT+ è rimasta molto colpita dal mio racconto di come ALTRAPSICOLOGIA si sia voluta fare portavoce dei diritti delle persone LGBT, attraverso la GUIDA ARCOBALENO, che rappresenta un testo utile non solo per le persone che la leggono ma una posizione scientifica sui temi LGBT +.
Qui a NY, dal tassista all’inserviente dell’albergo, sono tutti molto gentili e cordiali, ed io ho coinvolto tutti raccontando il motivo della mia presenza qui e facendo si che anche persone non addette ai lavori si interessassero al Progetto Italiano GUIDA ARCOBALENO, il Pride qui a NYC è un evento molto sentito, soprattutto quest’anno, per cui tutti ne parlano ed in ogni spicchio della grande mela sono appese bandiere arcobaleno, a testimoniare l’attivazione massiccia della città verso la comunità LGBT+. La HUMAN RIGHTS CONFERENCE che si è tenuta Lunedì 24 e Martedì 25 Giugno, ha visto impegnata tutti gli attivisti del mondo LGBT+ provenienti da ogni parte del globo, a testimoniare l’importanza della trasversalità di tali tematiche in tutto il mondo, ed in un contesto così importante, quest’anno era presente anche ALTRAPSICOLOGIA, un’altra grande comunità che con il suo impegno nella tutela dei diritti, si è fatta portavoce del progetto GUIDARCOBALENO. La presentazione della Guida è stata inserita nel Panel: eduGAYtional Equity: Supporting LGBTQ Students, Families, and Staff Members in K-12 Schools dedicato all’attività di supporto degli studenti, delle famiglie e degli insegnanti nell’affrontare le tematiche LGBT+. Il moderatore della sessione Jared Fox mi ha dato l’opportunità di esporre per prima la mia presentazione così
da dare un quadro di riferimento sulla situazione italiana, è stato molto emozionante aprire la sessione e parlare di fronte ad una platea così vasta, per prima cosa mi sono scusata per il mio inglese che per qualcuno poteva risultare non troppo fluente, ma ho aggiunto che non è colpa mia perché noi italiani di solito parliamo gesticolando con le mani, e così dopo una risata generale e dopo aver rotto il ghiaccio ho presentato il gran lavoro dei colleghi che ha ricevuto molte lodi ed applausi. Inoltre mi è stato chiesto durante il dibattito quale fosse il ruolo dello Psicologo Scolastico e in che modo venissero affrontate le tematiche dell’educazione sessuale a scuola in Italia, forte della mia recente esperienza di Psicologa presso un liceo ho affermato che c’è ancora tanto lavoro da fare rispetto alle esperienze raccontate dai colleghi nel panel, ma che grazie al lavoro di ALTRAPSICOLOGIA e della GUIDA ARCOBALENO, un primo importante passo è stato fatto.
La guida è piaciuta talmente tanto che mi è stato chiesto di tradurla in inglese, chissà che questo non sia il prossimo passo del progetto… ai posteri l’ardua sentenza! E così finalmente soddisfatta e premurata di aver fatto il mio dovere posso godermi tre giorni di vacanza nella città che non dorme mai e partecipare a tutti gli altri fantastici eventi del 50°NYC PRIDE. Ringrazio i colleghi autori della Guida per la fiducia accordatami nel rappresentarli, le organizzatrici del Pride per aver coperto le spese legate al Congresso, Caty per l’accoglienza e l’invito alla festa, Ewan, un volontario che parla italiano, per il supporto e l’aiuto durante la conferenza e Sara Giuffrè, la mia tirocinante, che ha fatto l’Erasmus a Malta per avermi preparato la presentazione. Francesca Andronico Staff AP LAZIO
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