Venerdì 6 Ottobre 2017 - Calino
←
→
Trascrizione del contenuto della pagina
Se il tuo browser non visualizza correttamente la pagina, ti preghiamo di leggere il contenuto della pagina quaggiù
Venerdì 6 Ottobre 2017 IL SANTUARIO DI GRECCIO Probabilmente S. Francesco visitò questo luogo già nel 1209, durante la prima venuta nella valle reatina e sicuramente vi transitò altre volte negli anni successivi, durante i suoi viaggi in Italia. Greccio è un paese di antica origine medioevale disposto tutt’intorno a una vasta piazza, a mezza costa della catena boscosa dei monti Sabini. Nella Chiesa Parrocchiale, dedicata a S. Michele Arcangelo e fiancheggiata dalla torre medioevale del Castello trasformata in campanile, alcuni dipinti cinquecenteschi. Dal paese si vede il CONVENTO FRANCESCANO omonimo, aggrappato alla parete di roccia d’un costone boscoso di monte, e lo si raggiunge (circa 2 Km) per una strada che attraversa una bella contrada rustica nella quale i campi coltivati si alternano ai folti querceti. La tradizione narra che nel 1217 S. Francesco cominciò a dimorare sulla sommità del monte Lacerone dominante Greccio, facendovisi un rifugio tra due carpini in un luogo ove sorse, nel 1792, una Cappellina commemorativa. Da quel rifugio scendeva frequentemente a Greccio per predicarvi agli abitanti che conducevano vita irreligiosa e, non solo li ricondusse alla fede, ma se li affezionò talmente che essi lo pregavano con insistenza di rimanere presso di loro. Il Santo allora, avvicinatosi un giorno alla Porta del paese, pose in mano ad un fanciullo un tizzone acceso e disse che avrebbe eletto la sua dimora ove il tizzone scagliato fosse andato a finire. Questo, miracolosamente trasvolando per l’aria e superando la valle, andò a colpire la parete rocciosa ove fu fondato il primo ritiro e più tardi, ai tempi di S. Bonaventura, il Convento. 1
La strada conduce a una spianata dominata da una rigogliosa quercia donde muove una comoda cordonata che porta sulla soglia dell’edificio conventuale. Si percorre uno stretto corridoio e si raggiunge la Cappella di S. Luca ricavata nella Grotta dove, nella notte di Natale dell'anno 1223, S. Francesco rievocò, in presenza d’una folla di fedeli accorsi da Greccio e dai casolari circostanti, il divino mistero della Natività del Redentore istituendo la rappresentazione del Presepio. Sul fondo della Cappella, sopra l’Altare, si vede infatti un affresco del quattrocento di Scuola Umbra rappresentante, a destra, la Natività di Cristo e, a sinistra, il Presepio di Greccio. Tra i personaggi, si riconosce il ricco notabile Giovanni da Greccio, devotissimo del Santo e ricordato in un importante documento successivo alla morte di quest’ultimo tra coloro che furono chiamati a testimoniare sulla verità delle Stigmate. Usciti dalla Cappella del Presepio e visitati il primo dormitorio dei frati, la cella ove il Santo dormiva sulla nuda roccia e il luogo dove si trova il pulpito di S. Bernardino, si passa alla suggestiva Chiesina della prima metà del duecento, con volta a botte, decorata di stelle e dell'immagine dei B. Giovanni da Parma; essa conserva i rudi stalli del coro, il leggio e il supporto ligneo girevole della lanterna che serve a illuminare le pagine dei libro corale. All’Altare si trova una tavola cinquecentesca di Scuola Umbra rappresentante la Deposizione tra Santi, e, sulla parete sinistra, sopra un interessante affresco trecentesco che raffigura il Santo a cui un Angelo annuncia la remissione dei peccati, è incastrato un bel tondo del quattrocento attribuito al fiorentino Biagio di Antonio, rappresentante la Madonna coi Figlio. In un piccolo Oratorio attiguo, a sinistra, è collocata una tela incollata su tavola probabilmente del tardo cinquecento, rappresentante S. Francesco che si asciuga gli occhi con un pannolino. La visita si conclude percorrendo l’ascetico Dormitorio di nude celle lignee risalenti ai tempi di S. Bonaventura. Si possono ammirare anche alcuni interessanti arredi sacri duecenteschi, tra i quali i ferri per fare le ostie di cui si serviva il Santo; lungo il sentiero che conduce al bosco, si incontra la roccia del tizzo, il romitorio del B. Giovanni da Parma e una loggia, quasi sospesa, arditissimamente, a mezz’aria, donde si gode un vastissimo panorama. Chi non può compiere questa parte della visita, non manchi tuttavia di soffermarsi sulla terrazza antistante all’ingresso dei Convento per contemplare la veduta della feconda pianura sovrastata dal maestoso massiccio dei Terminillo. 2
RIETI Le tracce della fondazione di Rieti si perdono all'inizio dell'età del ferro. Infatti nel quarto anno dalla fondazione dell'Urbe, Romolo, nel tentativo di trovare mogli ai suoi uomini, organizzò il famoso ratto delle Sabine. Il console Manio Curio Dentato, artefice della vittoria romana operò la prima importante bonifica della pianura reatina, occupata in gran parte dalle acque del Lacus Velinus, scavando un emissario nella montagna delle Marmore, in territorio umbro. Dopo la bonifica (271 a.C.) Rieti divenne una città prospera. Rieti mantenne il grado di prefettura fino al tempo di Augusto; poi, in tempi imperiali, fu elevata a municipio. Accolse molti veterani sotto l'imperatore Vespasiano, nativo di Rieti come M. Terenzio Varrone. La Cattedrale di Santa Maria Assunta La Cattedrale di Rieti fu costruita sulle basi dell'antica basilica di Santa Maria, ma quasi certamente nessuna traccia e rimasta a testimoniarne la discendenza. Lo stile originario è romanico anche se la completa ridecorazione barocca ne ha radicalmente mutato l'aspetto. Dell'antica architettura rimane, all'esterno, la facciata divisa da semicolonne in tre arcate cieche che fanno intuire le navate interne. Tre sono le porte d'accesso di cui le due laterali con imposte e bussole e la maggiore centrale, romanica, con architravi marmorei ornati con fregi vegetali e animali. L'interno, a croce latina, con tre navate divise da pilastri su cui poggiano archi a tutto sesto, termina con un 'abside ampliata più volte nel corso degli anni. Il tetto, in origine a travatura scoperta, presenta delle volte realizzate tra il XVI e il XVII secolo. Undici sono le cappelle laterali costruite a partire dalla fine del '300 grazie alle donazioni di cittadini privati. Fra queste e senz'altro da visitare, nella navata sinistra, la cappella di Santa Barbara del 1501. L'edicola fu rinnovata tra il XVII e XVIII secolo ad opera degli architetti Gian Lorenzo Bernini, Giovan Battista Garzani, Carlo Fontana e Sebastiano Cipriani. Sull'altare maggiore e posta una statua della santa realizzata da Giovannantonio Mari, su disegno del Bernini. La cappella contiene affreschi e quadri sulla vita e il martirio di Santa Barbara di Antonio Concioli e Giovanni Odazi. Sopra l'altare un bassorilievo marmoreo, la Concezione, di Lorenzo Ottoni autore anche delle statue poste nelle nicchie ai quattro angoli della cappella. 3
La cripta, sotto il transetto della chiesa superiore, è suddivisa da sedici colonne, in nove navatelle. Le colonne sono tutte diverse e provengono da antichi edifici; la prima di esse è la XXXVII colonna militare della via Salaria e ha una scritta in onore degli imperatori Valentiniano, Valente e Graziano. Basilica minore di Sant'Agostino Innalzata a metà del XIII secolo, è una delle più importanti chiese di Rieti. La facciata, in stile romanico-gotico, è in pietra e presenta un portale di ingresso sovrastato da un timpano ed un rosone, e termina con un attico leggermente sporgente. L'interno, a navata unica, è sormontato da capriate in legno e termina in tre absidi sulle quali si aprono una finestra trifora e due bifore. Chiesa di San Francesco Costruita nel 1253, affaccia sull'omonima piazza; fu la seconda chiesa ad essere dedicata al culto del santo, dopo la basilica di Assisi. Realizzata in stile gotico- romano con una facciata a frontone molto semplice, in pietra, dotata di un portone a strombatura sovrastato da una lunetta e da un piccolo rosone. L'interno è a tre navate, con una copertura a capriate che sostituisce l'originale volta barocca che crollò durante il terremoto del 1898. Resti del Ponte Romano Costruito nel III secolo a.C., il Ponte Romano era parte dell'antica consolare Via Salaria, e rappresentava il principale accesso alla città da sud, nonché il collegamento tra centro storico e quartiere Borgo. Fu demolito negli anni Trenta a causa dell'altezza insufficiente rispetto al livello del fiume, che più volte lo aveva inondato e danneggiato. I resti del ponte furono adagiati nelle acque ed emergono dal fondale del Velino, a fianco del ponte moderno costruito nel dopoguerra. Palazzo Vescovile o Palazzo Papale Innalzato nel 1283 in ragione della presenza a Rieti della curia papale, il Palazzo Vescovile è stato la dimora di diversi pontefici. Si trova a destra della Cattedrale, con la fiancata lungo via Cintia. La facciata romanica contiene una loggia, riportata all'aspetto originario con un restauro ad inizio novecento. Il piano terra ospita delle maestose volte a crociera gotiche a due navate, sorrette da sei 4
pilastri; al primo piano si trova invece il salone delle udienze, che dal 2005 ospita la pinacoteca del museo diocesano. Palazzo Vincentini (della Prefettura o del Governo) È un palazzo rinascimentale che sorge su piazza Cesare Battisti; oggi è sede della prefettura. La sua ristrutturazione nella forma attuale iniziò nel 1589 su un progetto di attribuzione dibattuta: in passato venne attribuito al Vignola per via delle forme che lo ricordano, ma oggi si ritiene che sia opera di Giovan Domenico Bianchi. Il lato rivolto verso la Cattedrale è munito di una splendida loggia formata da due ordini di archi, che affaccia su un giardino all'italiana da cui si gode una visuale panoramica sul lato sud della città; il giardino è pubblicamente accessibile dal 1927, quando la famiglia Vincentini cedette l'edificio alla neonata provincia reatina. Il Centro d'Italia La tradizione che vuole Rieti quale "Umbilicus Italiae" è antichissima. A Marco Terenzio Varrone (116-27 a.C.) è affidata la prima citazione che vuole la piana reatina a metà della penisola. Virgilio, poi, nel VII° libro dell'Eneide afferma: "Est locus Italiae in medio, sub montibus altis" la locuzione "locus" è interpretato da molti studiosi come l'agro reatino. Durante il medioevo Rieti continuò ad essere ritenuta Centro d'Italia. Infatti all'epoca si diceva che, per quanto riguarda la larghezza dell'Italia dall’Adriatico al Tirreno se si interseca la città di Rieti, si contano 52 miglia italiane a destra e altrettante a sinistra; e cosi per la lunghezza partendo da Augusta Pretoria (Aosta) a Capo dell'Armi (Calabria), la distanza è di 620 miglia; da Rieti punto centrale della linea, risultano 310 miglia fino ad Aosta e 310 miglia da Rieti a Capo dell’Armi. La tradizione più tardi spostò definitivamente "l’umbilicus" dall'agro reatino all'interno della città di Rieti e precisamente nella piazzetta di San Rufo. Qui fu posta una colonnetta di granito che vi restò fino al 1800, quando il brigadiere pontificio Giuseppe Capelletti la fece sotterrare nel medesimo luogo ove era eretta e la sostituì con una pietra con scolpito "Medium Totius Italiae". Questa pietra, rubata in anni recenti, fu sostituita dall'attuale lapide il 29 marzo 1950 e reca la scritta "Centro d'Italia" in 20 lingue. 5
La Rieti sotterranea Sotto l'odierna via Roma, è possibile ammirare un meraviglioso scorcio dell'Italia sotterranea: i resti del viadotto romano costruito nel III secolo a.C. come conseguenza della conquista romana ed affiancato all'opera di bonifica della piana. Questo manufatto, superando il fiume Velino, permetteva alla Via Salaria, l'antica via del sale, di raggiungere la città evitando allagamenti ed impaludamenti, assumendo così un ruolo di estrema importanza per la Reate romana che necessitava di un diretto collegamento con l'Urbe. La struttura, inglobata nei sotterranei di alcune nobili dimore reatine, è formata da grandiosi fornici costruiti con enormi blocchi squadrati di travertino caverno, a sostegno del piano stradale. Sabato 7 Ottobre 2017 L’AQUILA CATTEDRALE DEI SANTI MASSIMO E GIORGIO La Cattedrale metropolitana dei Santi Massimo e Giorgio è il Duomo della città de L'Aquila, sede dell'arcidiocesi cittadina e uno dei più importanti luoghi di culto del capoluogo abruzzese. Costruita nella seconda metà del XIII, contestualmente alla fondazione della città e della sua diocesi, la Cattedrale fu ricostruita per ben due volte, dopo il sisma del 1315 e dopo quello del 1703, di volta in volta modificando lo stile, che passò dal barocco al neoclassico. Dalla meravigliosa struttura barocca all'interno, ricchissima di decorazioni murarie e sulle volte, la cattedrale fu sostanzialmente riallestita nel XVIII secolo, in base a una pianta a croce latina con navata unica che raggiunge i 70 metri di lunghezza. In seguito al tragico terremoto del 2009, la Cattedrale dell'Aquila ha subito enormi danni, con il crollo parziale della facciata, del transetto e delle mura portanti laterali. CHIESA DI SAN BERNARDINO La chiesa di San Bernardino. Insieme a quella di San Giuseppe, è l’unico edificio di culto del centro storico visitabile anche all’interno. La chiesa di San Bernardino è intitolata a San Bernardino da Siena che visse a L’Aquila i suoi ultimi anni di vita e 6
dove morì nel 1444. Gli abitanti riuscirono a fare in modo di conservare in città le sue spoglie e nel 1454 cominciarono i lavori di costruzione della grandiosa basilica che oggi si può ammirare nuovamente in tutto il suo splendore, dopo gli accurati lavori di ristrutturazione. La facciata ha una forma quadrangolare, secondo lo stile tipico delle chiese abruzzesi, è divisa in tre piani e ritmata da tre ordini di colonne binate. La lunetta sopra il portale contiene il bassorilievo della Madonna con Bambino e Santi. L’interno della chiesa è particolarmente scenografico grazie alle tre navate, lunghe cento metri. Quella centrale è ricoperta da un soffitto a cassettoni intagliato e laminato d’oro, realizzato nel 1730da Ferdinando Mosca, a cui si deve anche l’imponente organo della controfacciata. Nella quinta cappella di destra si trova il mausoleo di San Bernardino, concluso nel 1505. CHIESA DI SAN GIUSEPPE ARTIGIANO La chiesa di San Giuseppe artigiano si trova in piazza San Biagio (il precedente nome della chiesa era S. Biagio d’Amiternum), all’inizio di via Sassa, alle spalle di piazza Duomo, in mezzo a quello che era uno dei quartieri più ricchi di negozi e dii locali e che oggi è in attesa di tornare a nuova vita. La chiesa risale al 1257 e oggi presenta una facciata del 1700. È stata la prima chiesa della città ad essere completamente restaurata e riaperta al pubblico dopo il sisma grazie alla Fondazione Roma. La chiesa ospita le reliquie di S. Pietro Celestino, portate a L’Aquila nel 1327 da due monaci, in attesa della conclusione dei lavori di ristrutturazione dell’interno della basilica di Santa Maria di Collemaggio, dove si trova il sepolcro del santo. LA FORTEZZA SPAGNOLA La fortezza spagnola e l’auditorium di Renzo Piano. Il forte si può ammirare soltanto dall’esterno, visto che all’interno sono in corso i restauri. La costruzione della fortezza, definita comunemente castello, iniziò nel 1534 ad opera del vicerè don Pedro di Toledo. La struttura di difesa è davvero impressionante: il fossato è profondo 14 metri e largo 23 metri, i muri tra i bastioni sono alti 30 metri e molto spessi. La fortezza è decisamente imponente, a pianta quadrata e con bastioni distanti 130 metri l’uno dall’latro, ma fu usata soprattutto come caserma e come carcere. Prima del terremoto ospitava la Soprintendenza e il museo nazionale d’Abruzzo. Davanti all’ingresso della fortezza dal 2012 si trova l’auditorium di legno, formato da tre volumi cubici e progettato da Renzo Piano. Finanziato dalla Provincia di 7
Trento per dare alla città uno spazio provvisorio in cui assistere a concerti e spettacoli dopo che il sisma ha reso inagibile quello all’interno del castello, l’auditorium ospita un palcoscenico per un massimo di 40 musicisti e 250 posti a sedere. La zona intorno al forte è una delle più frequentate del centro storico: nell’ampio parco verde gli abitanti amano passeggiare, fare jogging, sostare sulle panchine e bere un aperitivo al chiosco. È prima zona della centro a tentare di tornare a una nuova vita. LA FONTANA DELLE 99 CANNELLE La fontana delle 99 cannelle. Simbolo di L’Aquila, costruita nel XIII secolo, per fortuna non ha riportato troppi danni e si può ammirare ancora oggi in tutta la sua bellezza. Si trova subito dopo Porta Rivera, nella parte bassa della città. La fontana ha una forma originale, delimitata su tre lati da pareti di marmo a scacchi bianchi e rosa. Dalle bocche di 99 mascheroni di forma diversa l’uno dall’altro inseriti nelle pareti escono le cannelle da cui sgorga l’acqua che termina in due file di grandi vasche. La fontana è metafora della città: secondo la leggenda infatti sono 99 i castelli che a metà dal 1254 in poi decisero di unirsi per fondare la città di L’Aquila. LA BASILICA DI COLLEMAGGIO La basilica di Collemaggio e il Parco del Sole. È la chiesa più nota e preziosa di L’Aquila. La costruzione iniziò nel 1287 per volere di Pietro da Morrone, fondatore dei celestiniani e futuro papa Celestino V, alla cui storia l’edificio rimase sempre legato. In onore di Celestino dal 23 al 29 agosto si celebra anche la più grande e importante festa della città, la “Perdonanza”. Consacrata nel 1288, la costruzione prosegui nei secolo fino al 1400, a causa dei danni provati dai diversi terremoti. La splendida facciata rettangolare, realizzata all’inizio del XV secolo e decorata con i tipici marmi rosa e bianchi, è sopravvissuta al sisma del 2009 perché fasciata da due anni dai ponteggi del restauro in corso. Nella parte superiore si trova il rosone inquadrato dalle lesene, mentre la parte inferiore è caratterizzata da due rosoni più piccoli e tre portali sormontati da lunette affrescate. Oggi la facciata è completamente restaurata, mentre sono in corso gli importanti lavori di ristrutturazione dell’interno, eseguito secondo un progetto finanziato dall’Eni. La chiesa è preceduta da un prato verde sempre affollato di giovani che chiacchierano e giocano. A fianco della chiesa si apre il Parco del Sole, un’ampia area verde su più livelli molto amata e frequentata. 8
SAN GABRIELE DELL’ADDOLORATA San Gabriele nasce da famiglia aristocratica ad Assisi (Perugia) il 1° marzo 1838, da Sante Possenti, governatore della città, e Agnese Frisciotti. Lo battezzano lo stesso giorno con il nome dell’illustre concittadino, Francesco. Nel 1841 Sante è nominato assessore al tribunale di Spoleto (Perugia), dove si trasferisce con tutta la famiglia. A tredici anni Francesco affronta gli studi liceali nel collegio dei gesuiti. È intelligente, esuberante, vivace, gli piace studiare, riesce ottimamente soprattutto nelle materie letterarie. Compone poesie in latino, le recite scolastiche lo vedono sempre protagonista. Vince numerosi premi scolastici. Elegante, vivace, spigliato, diventa un punto di attrazione per la sua allegria. Gli piace seguire la moda, veste sempre a puntino. Vuole primeggiare in tutto, “la bella vita non gli dispiace”. Organizza partite di caccia, partecipa a passeggiate e scampagnate, va volentieri a teatro col padre e le sorelle, va a ballare (in città è anche conosciuto come “il ballerino”), anima le serate nei salotti di Spoleto, legge i romanzi e lo attirano gli autori del tempo, il Manzoni, il Grossi, il Tommaseo. Ma è anche di animo buono, generoso, sensibile alle sofferenze dei poveri, ama la preghiera. Sprizza vita da tutti i pori. Niente di strano se qualche ragazza fa sogni su di lui. Lui si presenta sempre più ricercato nei vestiti e sempre più raffinato nelle sale da ballo e nei salotti. È un bel ragazzo e ne è consapevole. Alto (circa m.1,70), snello, moro, viso rotondo fragile, occhi neri vividi, labbra ondulate con finezza sempre in sorriso, capelli castano scuri dal ciuffo ribelle. “Checchino” della vita è innamoratissimo, ma sul futuro sembra ancora indeciso. Egli “aveva sortito da natura un carattere molto vivace, soave, gioviale, insinuante, insieme risoluto e generoso, ed aveva un cuore sensibile e pieno d’affetto… di parola pronta, propria, arguta, facile e piena di grazia, che colpiva e metteva in attenzione”. I ripetuti lutti familiari e alcune brutte malattie in cui è incappato gli hanno fatto apparire le gioie umane brevi ed inconsistenti; come l’ultimo dramma, la morte dell’amatissima sorella Maria Luisa, il 17 giugno 1855. Segue un anno tribolato senza riuscire a fare una scelta. Le cose non sono più quelle di prima, l’idea del convento torna con più insistenza. 9
Il 22 agosto 1856, durante la processione, quando l’immagine della Madonna del duomo passa davanti a lui, gli risuonano nel cuore chiare parole: “Francesco, cosa stai a fare nel mondo? Segui la tua vocazione!”. Questa volta non riesce a resistere. Il 6 settembre parte da Spoleto e va a Morrovalle (Macerata) per iniziare il noviziato. Lui, il ballerino elegante, il brillante animatore dei salotti di Spoleto, ha scelto di entrare nell’istituto austero dei passionisti, fondato nel 1720 da San Paolo della Croce con lo scopo di annunciare, attraverso la vita contemplativa e l’apostolato, l’amore di Dio rivelato nella Passione di Cristo. A 18 anni dunque Francesco volta pagina, affronta una nuova vita e cambia anche nome: d’ora in poi si chiamerà Gabriele dell’Addolorata, perché sia chiaro che il passato non esiste più. La scelta della vita religiosa è radicale fin dall’inizio: si butta anima e corpo, da innamorato, per sempre. Ha trovato finalmente la pace del cuore e la felicità. Non gli fanno certo paura le lunghe ore di preghiera, le penitenze e i digiuni, perché ha trovato quello che cercava: Dio che gli riempie il cuore di gioia. Lo scrive subito al papà: “La mia vita è una continua gioia…La contentezza che io provo è quasi indicibile… Non cambierei un quarto d’ora di questa vita”. Il 22 settembre 1857 emette la professione religiosa. Il 10 luglio 1859 arriva nel conventino dei passionisti a Isola del Gran Sasso (Teramo) per prepararsi al sacerdozio con lo studio della teologia. A fine 1861 si ammala di tubercolosi; ogni cura risulta vana. Non riesce a diventare sacerdote anche perché difficoltà politiche impediscono nuove ordinazioni. Gabriele si rende conto che non c’è niente da fare. Il viaggio è già finito. Ma non si sconvolge. È proprio quello che aveva chiesto qualche anno prima. Quel che conta è solo la volontà di Dio: “Così vuole Dio, così voglio anch’io”, scrive. La mattina del 27 febbraio 1862 “al sorgere del sole” Gabriele saluta tutti, promette di ricordarli in paradiso, chiede perdono e preghiere. Poi muore confortato dalla visione della Madonna che invoca per l’ultima volta: “Maria, mamma mia, fa’ presto”. La sua è ritenuta da tutti la morte di un santo. Tutti ricordano i suoi brevi giorni, all’apparenza comuni. Il quotidiano è stato il suo pane, la semplicità il suo eroismo. Le piccole fragili cose di ogni giorno che diventavano grandi per lo spirito con cui le compiva. Lo ripeteva spesso: “Dio non guarda il quanto ma il come; la nostra perfezione non consiste nel fare le cose straordinarie ma nel fare bene le ordinarie”. 10
Tutti ricordano la sua vita trascorsa all’ombra del Crocifisso e di Maria Addolorata, che è stata la ragione della sua vita. Il suo direttore, padre Norberto Cassinelli, rivela a tutti il segreto della sua santità: “Gabriele ha lavorato con il cuore”. Nel 1866 la comunità passionista di Isola è costretta ad abbandonare il conventino ai piedi del Gran Sasso, in forza del decreto di soppressione dei religiosi. La tomba di Gabriele sembra abbandonata per sempre, ma non è così. Qui si chiude solo la prima fase della storia del giovane passionista. La seconda fase inizia nel 1892, a trent’anni dalla morte di Gabriele, quando sulla sua tomba accadono i primi strepitosi prodigi. Il 17 e 18 ottobre 1892 si procede alla riesumazione sotto stretta sorveglianza della gente che non vuole sentire parlare di trasferimento delle ossa. Sono presenti dalle quattro alle settemila persone. In quella stessa giornata si parla di “almeno sette prodigi di rilievo”. Così Gabriele resta definitivamente in Abruzzo e da allora ha inizio una catena ininterrotta di prodigi, grazie e miracoli operati per sua intercessione. Gabriele viene dichiarato beato da san Pio X il 31 maggio 1908 e in suo onore viene innalzata la prima basilica. Il 13 maggio 1920 Benedetto XV lo proclama santo e nel 1926 diventa compatrono della gioventù cattolica italiana. I PASSIONISTI Paolo della Croce radunò compagni perché vivessero insieme e annunciassero il vangelo di Cristo. Pose a fondamento della loro vita e del loro apostolato la Passione di Gesù Cristo. Egli infatti, discernendo i mali del suo tempo, ne scoprì e proclamò il rimedio nella Passione di Gesù “la più grande e stupenda opera dell’amore divino”. Il popolo li chiamò “Passionisti” – Per la Chiesa, che ne approvò la regola di vita, essi formano la “Congregazione della Passione di Gesù Cristo”. I Passionisti, fedeli al carisma del fondatore: - Vivono e lavorano in comunità fraterne coltivando lo spirito dì preghiera, di solitudine, di povertà, per conseguire una più intima unione con Dio ed essere testimoni del suo amore. - Seguono il Cristo crocifisso facendo del Vangelo la regola della loro vita e la fonte perenne del loro apostolato. - Esprimono la consacrazione alla Passione del Signore con voto speciale. Consapevoli infatti che la Passione di Gesù continua nel mondo di oggi, 11
condividono le ansie e le tribolazioni degli uomini, specialmente dei poveri e degli abbandonati. - Guidano i fratelli verso la pienezza della vocazione cristiana, sostenendo il loro cammino con la forza redentrice della morte e resurrezione di Cristo, messaggio centrale della loro multiforme predicazione. - Portano sull’abito un simbolo o “segno”: un cuore bianco sormontato dalla croce, con la scritta “JESU XPI PASSIO”(Passione di Gesù Cristo). Questo simbolo ricorda a tutti il “mandato” di S. Paolo della Croce: “Ci dedichiamo a fare memoria delle sofferenze di Gesù e a promuovere, nei cuori della gente, una vera spiritualità della passione”. IL SANTUARIO (Antico) Il santuario di San Gabriele, nella stupenda cornice del Gran Sasso teramano. Quando nel 1215, al termine del concilio Lateranense IV, San Francesco d’Assisi, insieme al beato Anastasio, vescovo di Penne, si recò nella zona per pacificare alcune nobili famiglie in dissidio per un confine di proprietà, vi trovò una chiesetta campestre dedicata all’Annunziata. Nel 1216, sul confine contestato, iniziarono i lavori per la realizzazione di una piccola sede francescana da erigere come “monumento di pace”. Nel corso del XVI secolo i Conventuali ristrutturarono e abbellirono sia il convento che la chiesa dell’Annunziata (nel frattempo divenuta dell’Immacolata). Il convento fu abbandonato dai francescani nel 1809, in seguito alla leggi di soppressione emanate da Gioacchino Murat. Fu poi restaurato dal vescovo di Penne monsignor Domenico Ricciardoni e donato ai passionisti che vi entrarono nel 1847. La sera della domenica del 10 luglio 1859, insieme ad altri studenti guidati dal servo di Dio Norberto Cassinelli, vi giungeva da Pievetorina (Macerata), San Gabriele che vi rimase fino alla morte avvenuta all’alba del 27 febbraio 1862. Nel 1866 il convento fu nuovamente abbandonato in seguito alla nuova soppressione voluta dal governo liberal-massonico italiano. Nel 1894, i passionisti poterono tornare ad officiare nella chiesetta antica, divenuta meta di pellegrini. Nel 1908, in occasione della beatificazione di San Gabriele, l’antica chiesetta, che misurava circa 12 metri, fu ingrandita e portata alle attuali 3 navate. A cura del nuovo postulatore padre Luigi Besi, nel 1917 venne eseguita l’urna del santo in bronzo dorato e in raffinato stile gotico, da collocare sotto il nuovo 12
altare donato dalla Curia generale dei passionisti. Nello stesso anno fu terminata la Cappella dedicata al santo, iniziata nel 1914. In elegante stile gotico inglese, la Cappella nel suo insieme costituisce un vero capolavoro di arte sacra per i temi svolti, per la straordinaria finezza di esecuzione e per la rara policromia del cemento che sembra sfidare i graniti. La Cappella fu inaugurata solennemente la domenica del 22 febbraio 1920. Per le feste della santificazione, avvenuta il 13 maggio 1920, sul transetto della chiesa fu eretta la Cupola e, nel 1929, il prospetto si arricchì dell’armoniosa artistica facciata, con colonne di granito rosa, sulla quale si possono ammirare 5 statue (L’Immacolata, San Paolo della Croce, San Vincenzo Maria Strambi e 2 Angeli) e 3 mosaici (San Gabriele nella gloria, la vocazione del santo, la morte del santo). Il 1° luglio 1929 la chiesa fu dichiarata “Basilica” da Pio XI. A ridosso della colonna destra del transetto, dal 1908, un piccolo recinto protegge uno dei luoghi più cari ai devoti, la Tomba di San Gabriele, sulla quale continuano ad accadere, dal 1892, strepitosi prodigi. Qui il santo rimase sepolto dal 28 febbraio 1862 al 17 ottobre 1892, quando, con il concorso di migliaia di persone, le autorità procedettero alla ricognizione dei suoi resti mortali. IL SANTUARIO (Nuovo) Il santuario di San Gabriele dell’Addolorata, ai piedi del Gran Sasso, in provincia di Teramo, è tra i più conosciuti in Italia e in Europa. Una classifica vaticana lo colloca tra i quindici santuari più frequentati del mondo. Due milioni di pellegrini vi arrivano ogni anno per pregare sulla tomba del giovane studente passionista San Gabriele dell’Addolorata. A causa del continuo aumento del flusso dei pellegrini, il 26 febbraio 1970, sotto la direzione dell’ingegnere Rino Rossi di Bologna, fu iniziata la costruzione di una nuova, grandiosa basilica dedicata al santo, dopo quella innalzata nel 1908. Nelle intenzioni dei progettisti si trattava di “Un progetto semplice e felice, come semplici e felici furono i giorni del giovane San Gabriele dell’Addolorata, come i luoghi dei suoi ultimi anni: il paesaggio fatto di sentieri, di verde e i bianchi grigi che azzurrano, in alto, la corona del Gran Sasso. Il santuario vuole esser un’isola di serenità nella serenità di questi luoghi, un grande giardino, un modo per stare insieme, una collina che sale lenta, a gradoni, quasi un invito per una passeggiata tra il verde, una passeggiata che concorre e ripropone il luogo della preghiera. La semplicità dell’opera è concretizzata dalla verità e dalla semplicità dei materiali: le strutture di cemento e ferro, libere e forti, per ricoprire le zone della preghiera: un manto di umiltà, impreziosito dal verde, dalla luce del cielo, dal disegno delle 13
montagne. La struttura è considerata solo come un manto per proteggere la voce della preghiera. Un’opera destinata all’uomo di oggi e ancora più a quello di domani, perché nel silenzio e nella serenità l’uomo possa riaprire un colloquio con se stesso e con Dio per darsi ragione dei suoi giorni, per amare e credere ancora”. Il nuovo santuario (a forma di croce greca), lungo 90 metri e largo 30, è stato realizzato in cemento bianco, vetro e acciaio cor-ten. D’ispirazione ecumenica, la nuova basilica protende le braccia ai quattro punti cardinali e nella cupola richiama la sagoma di una grande tenda. La nuova basilica può contenere 10 mila persone, di cui 6 mila nelle navate. È uno dei santuari moderni italiani più grandi, dopo quello di Padre Pio a San Giovanni Rotondo e quello della Madonna delle lacrime a Siracusa. Agli angoli delle quattro navate sono stati ricavati ampi spazi per il servizio ai pellegrini: moderna cappella della riconciliazione, cappella per benedizioni, sala congressi, sale per mostre e sale per gruppi. Un ampio porticato accoglie i pellegrini all’ingresso sud-est della basilica. Nella parete di fondo della navata nord risalta la grande vetrata del Cristo-luce del mondo. A sinistra, sul mosaico a tutta parete l’artista ha riprodotto il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci; sulla destra campeggia la Vite mistica, al cui centro è inserito il tabernacolo, come un cuore gigantesco in bronzo dorato. Al centro della basilica è collocato il grande presbiterio sopraelevato. Agli angoli delle quattro navate sei scalinate immettono alla cripta del santo, progettata dall’architetto Abruzzini, che fu solennemente benedetta da Papa Giovanni Paolo II, in visita al santuario, il 30 giugno 1985. Entrando dal portale principale a sud, si accede, sulla destra, alla Cappella della riconciliazione. A sinistra dell’atrio di ingresso la grande vetrata istoriata dai colori policromi, che racconta in tre tempi la parabola del figliol prodigo. Sulla parte di fondo della cappella risalta il grandioso mosaico del Mistero pasquale. Le due opere d’arte sono state realizzate dall’artista frate cappuccino Ugolino da Belluno. Il Portale centrale del santuario, in acciaio, vetro istoriato e cosmati, è stato realizzato nel 2004 dall’artista Guido Strazza di Roma. La via crucis in ceramica è stata realizzata nel 2008 dall’artista Nino Di Simone di Castelli (Teramo). Nel 2008 sono state realizzate, sempre dall’artista Di Simone, due pale a fianco del presbiterio. Le pale (ognuna misura metri 5,20×6), una dedicata alla Risurrezione e l’altra alla Crocifissione, sono state modellate in ceramica. 14
Domenica 8 Ottobre 2017 LORETO "La Santa Casa di Loreto è il primo Santuario di portata internazionale dedicato alla Vergine e vero cuore mariano della cristianità" (Giovanni Paolo II) Il Santuario di Loreto conserva infatti, secondo un'antica tradizione, oggi comprovata dalle ricerche storiche e archeologiche, la casa nazaretana della Madonna. La dimora terrena di Maria a Nazaret era costituita da due parti: da una grotta scavata nella roccia, tuttora venerata nella basilica dell'Annunciazione a Nazaret, e da una camera in muratura antistante, composta da tre pareti di pietre poste a chiusura della grotta. Secondo la tradizione, nel 1291, quando i crociati furono espulsi definitivamente dalla Palestina, le pareti in muratura della casa della Madonna furono trasportate "per ministero angelico", prima in Illiria (a Tersatto, nell'odierna Croazia) e poi nel territorio di Loreto (10 dicembre 1294). Oggi, in base a nuove indicazioni documentali, ai risultati degli scavi archeologici a Nazaret e nel sottosuolo della Santa Casa (1962-65) e a studi filologici e iconografici, si va sempre più confermando l'ipotesi secondo cui le pietre della Santa Casa sono state trasportate a Loreto su nave, per iniziativa della nobile famiglia Angeli, che regnava sull'Epiro. La Santa Casa, nel suo nucleo originario è costituita solo da tre pareti perché la orientale, ove sorge l'altare, era aperta verso la grotta. Le tre pareti originarie - senza fondamenta proprie e poggianti su un'antica via - si innalzano da terra per tre metri appena. Il materiale sovrastante, costituito da mattoni locali, è stato aggiunto in seguito, compresa la volta (1536), per rendere l'ambiente più adatto al culto. Il rivestimento marmoreo, che avvolge le pareti della Santa Casa, fu voluto da Giulio II e fu realizzato su disegno del Bramante (1507 circa), da rinomati artisti del Rinascimento italiano. La statua della Vergine col Bambino, in legno di cedro del Libano, sostituisce quella del sec. XIV, distrutta da un incendio nel 1921. Grandi artisti si sono succeduti lungo i secoli per abbellire il Santuario la cui fama si è diffusa rapidamente in tutto il mondo divenendo meta privilegiata di milioni di pellegrini. 15
Lodi - Venerdì 6 ottobre 2017 - B. V. Maria del Rosario C: O Dio, vieni a salvarmi. T: Signore vieni presto in mio aiuto C: Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo T: Come era nel principio, ora e sempre, nei secoli dei secoli. Amen. Alleluia. INNO O Gesù salvatore, luce vera del mondo, accogli le primizie della nostra preghiera. Risveglia in noi la fede, la speranza, l'amore; dona pace e concordia e letizia perfetta. Lenisci con le lacrime la durezza dei cuori, accendi il desiderio della patria beata. A te sia gloria, o Cristo, speranza delle genti, al Padre e al Santo Spirito nei secoli dei secoli. Amen. 1 ant. Un cuore affranto e umiliato non disprezzarlo, o Signore. SALMO 50 Pietà di me, o Signore Pietà di me, o Dio, secondo la tua misericordia; * nel tuo grande amore cancella il mio peccato. Lavami da tutte le mie colpe, * mondami dal mio peccato. Riconosco la mia colpa, * il mio peccato mi sta sempre dinanzi. Contro di te, contro te solo ho peccato, * quello che è male ai tuoi occhi, io l'ho fatto; perciò sei giusto quando parli, * retto nel tuo giudizio. Ecco, nella colpa sono stato generato, * nel peccato mi ha concepito mia madre. Ma tu vuoi la sincerità del cuore * e nell'intimo m'insegni la sapienza. Purificami con issopo e sarò mondato; * lavami e sarò più bianco della neve. Fammi sentire gioia e letizia, * esulteranno le ossa che hai spezzato. Distogli lo sguardo dai miei peccati, * cancella tutte le mie colpe. Crea in me, o Dio, un cuore puro, * rinnova in me uno spirito saldo. Non respingermi dalla tua presenza * e non privarmi del tuo santo spirito. Rendimi la gioia di essere salvato, * sostieni in me un animo generoso. Insegnerò agli erranti le tue vie * e i peccatori a te ritorneranno. Liberami dal sangue, Dio, Dio mia salvezza, * la mia lingua esalterà la tua giustizia. Signore, apri le mie labbra * e la mia bocca proclami la tua lode; poiché non gradisci il sacrificio * e, se offro olocausti, non li accetti. 16
Uno spirito contrito * è sacrificio a Dio, un cuore affranto e umiliato, * tu, o Dio, non disprezzi. Nel tuo amore fa' grazia a Sion, * rialza le mura di Gerusalemme. Allora gradirai i sacrifici prescritti, * l'olocausto e l'intera oblazione, allora immoleranno vittime * sopra il tuo altare. 1 ant. Un cuore affranto e umiliato non disprezzarlo, o Signore. 2 ant. Nel tuo sdegno, Signore, ricordati della tua misericordia. CANTICO Ab 3, 2-4. 13a. 15-19 Dio appare per il giudizio Signore, ho ascoltato il tuo annunzio, * Signore, ho avuto timore della tua opera. Nel corso degli anni manifestala † falla conoscere nel corso degli anni. * Nello sdegno ricordati di avere clemenza. Dio viene da Teman, * il Santo dal monte Paràn. La sua maestà ricopre i cieli, * delle sue lodi è piena la terra. Il suo splendore è come la luce, † bagliori di folgore escono dalle sue mani: * là si cela la sua potenza. Sei uscito per salvare il tuo popolo, * per salvare il tuo consacrato. Hai affogato nel mare i cavalli dell'empio * nella melma di grandi acque. Ho udito e fremette il mio cuore, * a tal voce tremò il mio labbro, la carie entra nelle mie ossa * e sotto di me tremano i miei passi. Sospiro al giorno dell'angoscia * che verrà contro il popolo che ci opprime. Il fico infatti non metterà germogli, † nessun prodotto daranno le viti, * cesserà il raccolto dell'olivo, 17
i campi non daranno più cibo, † i greggi spariranno dagli ovili * e le stalle rimarranno senza buoi. Ma io gioirò nel Signore, * esulterò in Dio mio salvatore. Il Signore Dio è la mia forza, egli rende i miei piedi come quelli delle cerve e sulle alture mi fa camminare. 2 ant. Nel tuo sdegno, Signore, ricordati della tua misericordia. 3 ant. Glorifica il Signore, Gerusalemme, loda, Sion, il tuo Dio. † SALMO 147 La Gerusalemme riedificata Glorifica il Signore, Gerusalemme, * loda, Sion, il tuo Dio. † Perché ha rinforzato le sbarre delle tue porte, * in mezzo a te ha benedetto i tuoi figli. Egli ha messo pace nei tuoi confini * e ti sazia con fior di frumento. Manda sulla terra la sua parola, * il suo messaggio corre veloce. Fa scendere la neve come lana, * come polvere sparge la brina. Getta come briciole la grandine, * di fronte al suo gelo chi resiste? Manda una sua parola ed ecco si scioglie, * fa soffiare il vento e scorrono le acque. Annunzia a Giacobbe la sua parola, * le sue leggi e i suoi decreti a Israele. Così non ha fatto con nessun altro popolo, * non ha manifestato ad altri i suoi precetti. 3 ant. Glorifica il Signore, Gerusalemme, loda, Sion, il tuo Dio. † LETTURA BREVE - Ef 2, 13-16 Ora in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate i lontani siete diventati i vicini grazie al sangue di Cristo. Egli infatti è la nostra pace, colui che ha fatto dei due un popolo solo, abbattendo il muro di separazione che era frammezzo, cioè l'inimicizia, annullando, per mezzo della sua carne, la legge fatta di prescrizioni e di decreti, per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo, facendo la pace e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo, per mezzo della croce, distruggendo in se stesso l'inimicizia. 18
RESPONSORIO BREVE C. Invocherò l'Altissimo: * da lui ogni mio bene. T. Invocherò l'Altissimo: da lui ogni mio bene. C. Dal cielo manderà la sua salvezza: T. da lui ogni mio bene. C. Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo. T. Invocherò l'Altissimo: da lui ogni mio bene. Ant. al Ben.: Nella sua misericordia il nostro Dio ci ha visitati dall'alto come sole che sorge. Benedetto il Signore Dio d'Israele, * perché ha visitato e redento il suo popolo, e ha suscitato per noi una salvezza potente * nella casa di Davide, suo servo, come aveva promesso * per bocca dei suoi santi profeti d'un tempo: salvezza dai nostri nemici, * e dalle mani di quanti ci odiano. Così egli ha concesso misericordia ai nostri padri * e si è ricordato della sua santa alleanza, del giuramento fatto ad Abramo, nostro padre, * di concederci, liberati dalle mani dei nemici, di servirlo senza timore, in santità e giustizia * al suo cospetto, per tutti i nostri giorni. E tu, bambino, sarai chiamato profeta dell'Altissimo * perché andrai innanzi al Signore a preparargli le strade, per dare al suo popolo la conoscenza della salvezza * nella remissione dei suoi peccati, grazie alla bontà misericordiosa del nostro Dio, * per cui verrà a visitarci dall'alto un sole che sorge per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre * e nell'ombra della morte e dirigere i nostri passi * sulla via della pace. Ant. al Ben.: Nella sua misericordia il nostro Dio ci ha visitati dall'alto come sole che sorge. 19
INVOCAZIONE Cristo, Agnello senza macchia, si è offerto al Padre per purificare le nostre coscienze dalle opere del male. A lui diciamo umilmente: Nella tua volontà è la nostra pace, o Signore. Dalla tua bontà abbiamo ricevuto questo nuovo giorno, - fa' che segni l'inizio di una vita nuova. Hai creato il mondo e lo conservi con la tua provvidenza, - donaci uno sguardo di fede, perché vediamo la tua presenza in ogni creatura. Nel tuo sangue, versato per noi, hai costituito la nuova ed eterna alleanza, - fa' che, osservando la legge dell'amore, restiamo fedeli al nuovo patto. Sulla croce hai fatto sgorgare dal costato sangue ed acqua, - in questo fiume di grazia lava le nostre colpe e allieta la città di Dio. Padre Nostro ORAZIONE C. Accogli, Dio onnipotente, la nostra lode del mattino e fa' che ci uniamo un giorno al coro dei tuoi santi per cantare in eterno la tua gloria. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. T. Amen Il Signore ci benedica, ci preservi da ogni male, e ci conduca alla vita eterna. T. Amen. 20
Secondi vespri – Domenica 8 ottobre 2017 C: O Dio, vieni a salvarmi. T: Signore vieni presto in mio aiuto C: Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo T: Come era nel principio, ora e sempre, nei secoli dei secoli. Amen. Alleluia. INNO O Trinità beata, luce, sapienza, amore, vesti del tuo splendore il giorno che declina. Te lodiamo al mattino, te nel vespro imploriamo, te canteremo unanimi nel giorno che non muore. Amen. 1 ant. Dio ha detto a Cristo Signore: Siedi alla mia destra, alleluia. SALMO 109, 1-5. 7 Il Messia, re e sacerdote Oracolo del Signore al mio Signore: * «Siedi alla mia destra, finché io ponga i tuoi nemici * a sgabello dei tuoi piedi». Lo scettro del tuo potere stende il Signore da Sion: * «Domina in mezzo ai tuoi nemici. A te il principato nel giorno della tua potenza * tra santi splendori; dal seno dell'aurora, * come rugiada, io ti ho generato». Il Signore ha giurato e non si pente: * «Tu sei sacerdote per sempre al modo di Melchisedek». Il Signore è alla tua destra, * annienterà i re nel giorno della sua ira. Lungo il cammino si disseta al torrente * e solleva alta la testa. 1 ant. Dio ha detto a Cristo Signore: Siedi alla mia destra, alleluia. 2 ant. Celebriamo il ricordo dei tuoi prodigi, e ti rendiamo grazie, Signore. SALMO 110 Grandi le opere del Signore Renderò grazie al Signore con tutto il cuore, * nel consesso dei giusti e nell'assemblea. Grandi sono le opere del Signore, * le contemplino coloro che le amano. Le sue opere sono splendore di bellezza, * la sua giustizia dura per sempre. 21
Ha lasciato un ricordo dei suoi prodigi: * pietà e tenerezza è il Signore. Egli dà il cibo a chi lo teme, * si ricorda sempre della sua alleanza. Mostrò al suo popolo la potenza delle sue opere, * gli diede l'eredità delle genti. Le opere delle sue mani sono verità e giustizia, * stabili sono tutti i suoi comandi, immutabili nei secoli, per sempre, * eseguiti con fedeltà e rettitudine. Mandò a liberare il suo popolo, * stabilì la sua alleanza per sempre. Santo e terribile il suo nome. * Principio della saggezza è il timore del Signore, saggio è colui che gli è fedele; * la lode del Signore è senza fine. 2 ant. Celebriamo il ricordo dei tuoi prodigi, e ti rendiamo grazie, Signore. 3 ant. Dio regna: a lui la gloria, alleluia, alleluia. CANTICO Ap 19, 1-7 Le nozze dell'Agnello Alleluia, Salvezza, gloria e potenza sono del nostro Dio; * veri e giusti sono i suoi giudizi. Alleluia, Lodate il nostro Dio, voi tutti suoi servi, * voi che lo temete, piccoli e grandi. Alleluia, Ha preso possesso del suo regno il Signore, * il nostro Dio, l'Onnipotente. Alleluia, Rallegriamoci ed esultiamo, * rendiamo a lui gloria. Alleluia, Sono giunte le nozze dell'Agnello; * la sua sposa è pronta. 3 ant. Dio regna: a lui la gloria, alleluia, alleluia. LETTURA BREVE - 1 Pt 1, 3-5 Sia benedetto Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo; nella sua grande misericordia egli ci ha rigenerati, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una speranza viva, per una eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce. Essa è conservata nei cieli per voi, che dalla potenza di Dio siete custoditi mediante la fede, per la vostra salvezza, prossima a rivelarsi negli ultimi tempi. RESPONSORIO BREVE C. Benedetto sei tu, Signore, * nell'alto dei cieli. T. Benedetto sei tu, Signore, nell'alto dei cieli. 22
C. A te la lode e la gloria nei secoli, T. nell'alto dei cieli. C. Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo. T. Benedetto sei tu, Signore, nell'alto dei cieli. Ant. al Magn.: I malvagi saranno perduti, e la vigna del Signore passerà ad altri, che rendano il frutto a suo tempo. L'anima mia magnifica il Signore * e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l'umiltà della sua serva. * D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente * e Santo è il suo nome: di generazione in generazione la sua misericordia * si stende su quelli che lo temono. Ha spiegato la potenza del suo braccio, * ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, * ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, * ha rimandato i ricchi a mani vuote. Ha soccorso Israele, suo servo, * ricordandosi della sua misericordia, come aveva promesso ai nostri padri, * ad Abramo e alla sua discendenza, per sempre. Ant. al Magn.: I malvagi saranno perduti, e la vigna del Signore passerà ad altri, che rendano il frutto a suo tempo. INTERCESSIONE Dio ha creato e redento il mondo e sempre lo rinnova con l'azione del suo Spirito. Uniti in fraterna esultanza invochiamo la sua paterna misericordia: Rinnova, o Dio, i prodigi del tuo amore. Ti rendiamo grazie, Signore, perché riveli la tua potenza nella creazione, - e manifesti la tua provvidenza nella storia dell'umanità. Nel nome del tuo Figlio, vincitore della morte e principe della pace, - liberaci dal dubbio e dall'angoscia, perché ti serviamo sempre nella letizia e nell'amore. 23
Assisti tutti coloro che amano la giustizia, - perché cooperino lealmente a edificare il mondo nella pace. Soccorri gli oppressi, consola i miseri, libera i prigionieri, nutri gli affamati, rafforza i deboli, - fa' risplendere in tutti la vittoria della croce. Tu, che hai glorificato il tuo Figlio dopo l'umiliazione della morte e della sepoltura, - fa' che i defunti giungano con lui allo splendore della vita eterna. Padre Nostro ORAZIONE O Dio, fonte di ogni bene, che esaudisci le preghiere del tuo popolo al di là di ogni desiderio e di ogni merito, effondi su di noi la tua misericordia: perdona ciò che la coscienza teme e aggiungi ciò che la preghiera non osa sperare. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. T. Amen. Il Signore ci benedica, ci preservi da ogni male, e ci conduca alla vita eterna. T. Amen. PREGHIERA …PER IL NUOVO VESCOVO Signore Dio, onnipotente e buono che hai scelto il presbitero Pierantonio per inviarlo e donarlo quale vescovo alla Chiesa di Brescia: sii benedetto nei secoli. Il suo ministero episcopale sia strumento di grazia e manifestazione del tuo amore per gli uomini. Guidato dal tuo Santo Spirito coltivi sempre la carità evangelica per essere sollecito alle necessità della tua santa famiglia e dei poveri, tuoi prediletti. La sua vita sia sempre animata dall’ ascolto della tua Parola, dalla celebrazione dei divini Misteri, dall’ ascolto attento e dalla condivisione concreta delle sofferenze umane. Fa’ che trovi consolazione nell’accoglienza dei fedeli e nella docilità dei presbiteri e, saldo nella speranza, sappia offrire alla tua Chiesa cammini che conducano all’incontro con Te. Maria, Regina degli apostoli, custodisca la Comunità a lui affidata nella comunione e nell’unità ed accompagni lo scorrere dei giorni nella pace che sgorga copiosa dal cuore trafitto ed amante del suo Figlio Gesù, che vive e regna nei secoli dei secoli. Amen 24
Puoi anche leggere