Venerdì 18 marzo Marco Aime introduce il tema della XIII edizione

Pagina creata da Benedetta Salvi
 
CONTINUA A LEGGERE
Venerdì 18 marzo Marco Aime introduce il tema della XIII edizione
Venerdì 18 marzo Marco Aime
introduce il tema della XIII
edizione:
Aspettando i Dialoghi di Pistoia 2022
Venerdì 18 marzo Marco Aime introduce il tema della XIII
edizione:

Narrare humanum est. La vita come intreccio di storie e
immaginari
Teatro Bolognini di Pistoia, ore 11 | Live-streaming su FB e
YT dalle 11.15
Iniziano venerdì 18 marzo le lezioni preparatorie ai Dialoghi
di Pistoia, festival di antropologia
del contemporaneo, con l’antropologo Marco Aime, alle ore 11
al teatro Bolognini di Pistoia,

                                  Marco Aime

dalle 11.15 anche in streaming sulla pagina FB e YT del
festival.
Aime approfondisce il tema della XIII edizione: Narrare
humanum est. La vita come intreccio di
storie e immaginari.
Una lezione per le scuole secondarie di secondo grado di
Pistoia e della provincia, ma anche per
gli istituti scolastici di tutta Italia che, da anni ormai,
Venerdì 18 marzo Marco Aime introduce il tema della XIII edizione
seguono in streaming, il mini-ciclo di
antropologia – ideato dalla direttrice del festival, Giulia
Cogoli, e promosso dalla Fondazione
Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia – pensato per
avvicinare gli studenti, con un linguaggio
adatto a loro, ai grandi temi della contemporaneità. Nei 12
anni passati, sono stati circa 30.000 gli
alunni coinvolti.
«Perché gli esseri umani tentano di dare un ordine al mondo?
In realtà il nostro pianeta può vivere
benissimo senza di noi e la natura non ha certo bisogno di
essere “riordinata”. Siamo noi ad avere
bisogno di classificare, di mettere in relazione ciò che
vediamo e anche ciò che immaginiamo,
perché il nostro cervello necessita di concatenazioni logiche,
di elementi messi in sequenze
comprensibili, che abbiano una logica a noi chiara: che
abbiano una trama, che siano un discorso,
una narrazione. Ecco da dove nasce la nostra attitudine alla
narrazione, al racconto» dichiara
Marco Aime «Attitudine dettata dalla necessità di comunicare,
siamo animali sociali, non potremmo
non esserlo, senza questa capacità          di   trasmetterci
informazioni ci saremmo già estinti da migliaia
di anni. La forza dell’homo sapiens sta proprio nel saper
comunicare e, per farlo, ogni comunità
umana ha inventato un linguaggio. Linguaggio che non è solo
una sequenza di suoni ordinati, ma
è una sorta di lente attraverso cui guardare e leggere il
mondo. Cambiare lingua vuole dire anche
cambiare modo di pensare».
«Ciascuno di noi è il prodotto di storie che abbiamo vissuto e
abbiamo ascoltato» conclude Aime
«In questo modo noi costruiamo il nostro essere umani, la
nostra appartenenza a una o più
comunità, la nostra capacità di convivere. Quando perdiamo la
capacità di ascoltare quelle degli
altri, allora nascono le incomprensioni, i pregiudizi, che
sono anch’essi il prodotto di narrazioni.
Cominciamo a raccontare una storia in cui l’altro, il diverso,
diventa l’icona di ogni male. È da
queste narrazioni che nascono il razzismo, l’odio per l’altro,
le guerre. Un pericolo che dobbiamo
evitare e l’unico modo per farlo è ascoltare le storie di
tutti».
Al termine dell’incontro, Aime risponderà alle domande del
pubblico in teatro e a quelle poste dalle classi collegate in
streaming .

La pratica filosofica come
poeticità del mondo
                              Εδιζησάμην εμεωυτόν

                       “Oracolo me stesso ho consultato”

                         Eraclito frammento numero 101

Di fronte a una nuova condizione sociale, in cui tutto acquista carattere di
avvenimento artificiale, intelligenza, velocità, viaggi, là dove il tempo
diventa virtuale, un orizzonte dalla durata regolabile, là dove vita private e
pubblica si mescolano e si confondono, originale e copia si uniscono per
contrazione, e gli oggetti hanno ormai la forza di imporci le loro regole,
dobbiamo essere in grado di premettere una nuova soggettività autoriflessiva e
incline alla trattativa e al confronto, una nuova attività poetico-pratica.
Pratica perché non avrà una fine in se stessa (come Aristotele) ma una continua
trasformazione del soggetto umano un “possibile essere”.

Oggi ci troviamo in mezzo ad una crisi (crisi sociale, politica, estetica ecc.)
la quale supera ogni controllo critico – di rigetto, supera simultaneamente
anche la pretesa di essere comparata al fatto stesso sotto giudizio.

Ecco perché pretendiamo che la rappresentazione sia finita prima ancora di
cominciare, visto che la rappresentazione in quanto copia di un’altra non è
accaduta mai. E’ un “inizio del non inizio” per ricordarvi Derrida. Con la fine
della rappresentazione ricerchiamo la filosofia nella decentralizzazione, la
politica nell’inizio dell’incertezza, e la scrittura poetica al “centro delle
grandi assenze” come direbbe Rilke.

Però dobbiamo riconquistare la poeticità del mondo (Questa poeticità del mondo
esprime la filosofia presocratica). Sapendo che tutte le soluzioni comprendono
la stessa problematica e permangono problematiche, è meglio rimanere nella
problematica della filosofia poetica. A questo pensiero poetico – filosofico
(secondo    me   questo    pensiero     si   chiama    pratica    filosofica)
appartiene “l’attecchimento” (rizoma) di Deleuze – Guattari, il pensiero come
sensazione interiore di Lyotard, la cura (sorge) di Heidegger, le situazioni
limite di Jaspers, la radice quadrata della region pratica di Platone, (Vede:
Leggi, Republica), ο quando cerchi di tracciare la Diagonale del suo quadrato
secondo Pitagora (Ecco la pratica filosofica che cercano molti oggi).

La chiamo, questa, filosofia poetica (dal greco ποιώ) in quanto è in grado di
creare e il suo risultato è o deve essere, in senso rigoroso, quello di far
emergere un altro essere o una esperienza essenziale di rapportarsi alla realtà
(²Poeticamente abita l’uomo…” diceva Holderlin”. Il Poetare edifica l’esenza
dell’abitare² credeva Heidegger cioè solo se l’uomo costruisce nel senso del
poetante misurare, egli abita).

Il pensiero della filosofia poetica (come pratica filosofica) definito come
quello che toglie la nostalgia di essere moderni, cioè programmatici, considera
che la filosofia poetica è l’insinuazione che coesiste in quel che non si può
esprimere. Per questo in nostra epoca rumorosa la poetica filosofica esisterà al
margine del silenzio.

La filosofia poetica non è depriva di qualsiasi valore ontologico (come succede
oggi con le consulenze filosofiche) qualcosa tra una specie di psicologismo –
pragmatismo, che offre realtà visionarie ed un esistenzialismo che offre
profezie realizzate. Si nuove nei limiti della creazione composta dove
coesistono la connessione somatica della contemplazione filosofica e l’ontologia
poetica. Analizza, si avvicina le situazioni, inventa elementi, crea un ritmo
nel progresso dei fatti, organizza fasce omogenee di punti. Con altre parole
possiamo dire che la filosofia poetica è la comprensione dell’uomo e non è altro
che il familiarizzarsi con il nascosto.

E’ una autoanalisi (self-actualisation) e auto-realizzazione (self-realisation)
che si sviluppa la capacità di auto-espressione sotto la luce del significato o
della responsabilità seguendo i “passi sulle sabbie del tempo” cioè la
simeologia della vitta, e della persona del uomo.

La filosofia poetica cerca il significato del Es (Questo) non solo in Freud ma
anche come ci arriva da Nietzsche o anche il complesso di Edipo (come lo
troviamo nella Genesi della Tragedia) ma anche nella Critica della Religione
cosi come la definisce Feurbach. Di certo Freud si è molto ispirato al ²soggetto
trascendentale² di Schopenhauer, sul quale è praticamente basata la libido di
Freud.

In altre parole, la filosofia poetica fuori dal pan-determinismo del terapeuta
che favorisce il fatalismo della psiconevrosi ossessiva con quelle incredibili
attitidini che sono assolutamente superate, per via del deterioramento dei
valori irreali della nostra epoca, e fuori da una pscicoterapia che si nutre
dall’incertezza umana, la mancanza di sicurezza e la predisposizione a
sottomettersi ed i modelli di schematizzazione artificiale dei post freudiani,
esamina la personalità così come appare nell’epoca post-moderna tra il processo
avanzato della relative destrutturazione della società e la destrutturazione o
minore strutturazione della personalità. Sottolinea che bisogna completare il
famoso “Dov’era Es, deve diventare Io” di Freud con “dove sono io bisogna che
emerge Es”.

La nuova immagine del mondo porta il segno di una verità e di una conoscenza
intuitiva superiori alla ragione. Cosi dobbiamo superare la filosofia tipica,
accademica, che nasce il “vuoto ontologico”, uno scetticismo metafisico –
cosmico senza finestre. La tipica filosofica ha uno sguardo deluso e il
movimento della tipica filosofica, è centripeto e, di conseguenza riducibile,
destinato ad esaurirsi appena ha raggiunto il suo scopo, vale a dire il punto di
arrivo.
Per superare la forma tipica morta della filsosofia, dovremmo riaprire lo spazio
– tempo della poeticità. Organizzare, se possibile un pensiero interrogativo che
non sia nè positivo, cioè logico, nè scientifico, cioè funzionalità, né
psicanalitico ossia narrativa e teoria delle proiezioni, né micro-costruzioni
sociologiche ossia ideologie prosaiche. Distinguere l’apertura futura, non detta
e non pensata dell’uomo, capire che la nostra epoca non ci appartiene, come una
proprietà nostra, ma invece che siamo noi che apparteniamo ad essa come se
fossimo suoi figli, in un’apertura culturale e poetica in una produttività
sociale e divergente. Per questo dobbiamo essere aperti al fascino del tutto-
nulla, provando sia il tutto che il nulla. Il gioco del mondo si fa da quando il
mondo è mondo e fino alla fine del mondo con questo disperante ritardo che è
l’eredità delle redenzioni. La questione che si pone è come rispondere
simultaneamente alla corrente sotterranea che si muove all’ombra nello spazio-
tempo e all’orizzonte degli orizzonti lontani che ci procura le sue luci.

da Atene :Apostolos Apostolou.

Professore di filosofia

I Dialoghi di Pistoia La XIII
edizione in programma dal 27
al 29 maggio 2022
I Dialoghi di Pistoia – festival di antropologia del contemporaneo,
promosso dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia e dal
Comune di Pistoia, ideato e diretto da Giulia Cogoli – quest’anno tornano
nelle consuete date di fine maggio: da venerdì 27 a domenica 29.

Dopo il successo delle precedenti dodici edizioni con oltre 200.000
partecipanti, il tema del 2022 sarà: “Narrare humanum est. La vita come
intreccio di storie e immaginari”.
Il racconto è presente in tutti i tempi, in tutti i luoghi, in tutte le
società, il racconto comincia con la storia stessa dell’umanità – scrisse
Roland Barthes – Non esiste, non è mai esistito in alcun luogo un popolo
senza racconti. Siamo una specie che racconta, che si racconta, lo
abbiamo sempre fatto, in varie forme e con vari linguaggi.

Abbiamo creato immaginari multiformi, che costituiscono la ricchezza, la
rappresentazione e la storia del genere umano. Raccontiamo per dare un
senso alla nostra esistenza, per trasmettere informazioni agli altri, per
immaginare il futuro, per condividere, per contrapporci, per rielaborare,
per il piacere di farlo. Raccontiamo il nostro passato, costruendolo,
così come modelliamo il presente, con continue narrazioni, anche
contrastanti. Allo stesso modo immaginiamo il futuro.

Le nostre narrazioni sono la rappresentazione delle nostre realtà: i
nostri immaginari ci dicono chi siamo. Il potere universale della
finzione è probabilmente la nostra caratteristica più distintiva, il
segreto del nostro successo evolutivo, ciò che ha reso l’uomo un animale
diverso dagli altri, permettendo a lui solo di vivere contemporaneamente
molte vite, accumulare esperienze diverse e costruire il proprio mondo
con l’incanto dell’invenzione. Come spiega lo studioso statunitense
Jonathan Gottschall, esperto di letteratura ed evoluzione: Le storie sono
il collante della vita sociale umana, definiscono i gruppi e li tengono
uniti. Siamo l’animale che racconta storie.

Dalle pitture rupestri alla fiaba, dai geroglifici al web, dai miti allo
storytelling cinematografico e delle serie: quest’anno il festival
indagherà come nascono le narrazioni del genere umano.

«Oggi tutto pare dover essere narrazione» dichiara la direttrice del
festival Giulia Cogoli «Siamo passati dall’epoca della comunicazione a
quella dello storytelling: dalla scienza alla politica, dall’economia,
alla medicina, le nuove tecnologie impongono a tutti – nel privato e nel
pubblico – questa forma di espressione. Dietro le campagne pubblicitarie
o quelle politiche si celano sempre più le sofisticate tecniche dello
storytelling management, i Dialoghi di Pistoia, con tante voci diverse,
approfondiranno   perché   abbiamo   bisogno   di   storie   e   perché   le
raccontiamo».
I Dialoghi hanno sempre dedicato grande attenzione ai giovani e, fin
dalla prima edizione, per avvicinare gli studenti al tema del festival,
organizzano un ciclo di incontri per le scuole, che ha coinvolto negli
anni circa 30.000 studenti e che, grazie allo streaming, si è aperto agli
studenti di tutta Italia.

Quest’anno due sono le lezioni in programma, al teatro Manzoni di
Pistoia, ma fruibili anche in diretta streaming: venerdì 18 marzo alle
ore 11 l’antropologo Marco Aime introdurrà e approfondirà il tema della
prossima edizione. Seguirà, venerdì 22 aprile, una lezione del filosofo
Duccio Demetrio, autore di opere dedicate alla pedagogia interculturale e
alle teorie e pratiche autobiografiche nella formazione, dal titolo:
“Leggere la propria vita: le avventure di un genere
letterario ma non solo”.

I Dialoghi di Pistoia – da quest’anno nuova denominazione del festival –
hanno visto in queste edizioni oltre 350 pensatori tra italiani e
internazionali fra cui: Jean-Loup Amselle; Arjun Appadurai; Fernando
Aramburu;   Marc   Augé;    Alessandro   Barbero;   Zygmunt   Bauman;   Sonia
Bergamasco; Enzo Bianchi; Edoardo Boncinelli; Eugenio Borgna; Laura
Bosio; Luciano Canfora; Eva Cantarella; Vinicio Capossela; Elena
Cattaneo; Jared Diamond; Erri De Luca; Roberta De Monticelli; Philippe
Descola; Ugo Fabietti; Maurizio Ferraris; Nicola Gardini; Fabrizio
Gifuni; David Grossman; Francesco Guccini; Serge Latouche; David Le
Breton; Vittorio Lingiardi; Claudio Magris; Michela Marzano; Alessandro
Mendini; Andrea Moro; Moni Ovadia; Carlo Petrini; Gustavo Pietropolli
Charmet; Alessandro Piperno; Nicola Piovani; Massimo Recalcati; Francesco
Remotti; Giacomo Rizzolatti; Stefano Rodotà; Olivier Roy; Pier Aldo
Rovatti; Donald Sassoon; Ferdinando Scianna; Martine Segalen; Amartya
Sen; Richard Sennett; Luca Serianni; Toni Servillo; Salvatore Settis;
Emanuele Severino; Vandana Shiva; Wole Soyinka; Lilian Thuram; Guido
Tonelli; Emanuele Trevi; Gustavo Zagrebelski.

Tutti gli incontri che hanno fatto la storia del festival si possono
rivedere nel vasto archivio di oltre 600 registrazioni audio e video
disponibili sul sito, social e su tutte le maggiori piattaforme. I
Dialoghi di Pistoia sono un vero proprio sistema che produce cultura
proponendo un nuovo modo di fare approfondimento sui temi più attuali
della contemporaneità.

Negli anni, al festival si sono affiancate molte iniziative di produzione
culturale, tra cui una collana di volumi di taglio antropologico, edita
da UTET con 18 titoli e 100.000 copie vendute, e una serie di podcast e
video interviste realizzate ad hoc per la manifestazione.

Informazioni: www.dialoghidipistoia.it

E.L.

Consumatore;                                                      Idiota;
Cittadino
Oggi siamo cittadini o consumatori? C’è una differenza o no? Essere consumatore
significa occuparsi della difesa esclusiva dei propri interessi, restare
ancorato nel proprio particolarismo, come fosse una lobby, mentre essere
cittadino, è tentare di   andare al di là del proprio caso personale, prescindere
dalle proprie condizioni per associarsi e condividere con gli altri la gestione
della vita pubblica. Conosciamo tutti che siamo abitanti del supermercato come
della città ed il nostro attacco alla democrazia è soprattutto un attacco ai
vantaggi smoderati della prosperità. Oggi sono un essere senza qualità aperto a
tutte le sollecitazioni, una personalità prodotta industriale. Il consumo è
consolazione, una tregua nella rivalità, un balsamo alle ferite inflitteci dal
mondo.

L’arruolamento     ripetuto   logora   i   travestimenti.    La   moltiplicazione    dei
cambiamenti   di   dettaglio   esaspera     il   desiderio   di   cambiare   senza   mai
soddisfarlo. E per polis intendiamo, volendo parlare in maniera generale, un
numero di tali persone sufficiente ad assicurare indipendenza di vita. Secondo
Aristotele Politica, III 1 1274 b-1275b. E secondo Eraclito l’uomo deve
partecipare alla dinamica dei rapporti sociali «καθ’ό,τι αν κοινωνήσωμεν
αληθεύομεν, α δε ανιδιάσωμεν, ψευδόμεθα») Facendo precipitare il cambiamento
d’illusioni, il potere non può sfuggire alla realtà del cambiamento radicale. La
moltiplicazione dei ruoli tende non solo a renderli equivalenti, ma anche a
frammentarli rendendoli derisori. La quantificazione della soggettività ha
creato delle categorie spettacolari per i gesti più prosaici o le disposizioni
più comuni un modo di sorridere la dimensione del seno, un taglio di capelli
ecc. Ci sono sempre meno grandi ruoli mentre aumentano le parti da comparsa.
Ecco perché il consumismo guadagna luogo.

L’individuo occidentale è per sua natura un essere ferito che paga il folle
orgoglio di voler essere di una precarietà. L’impero del consumismo e della
distrazione, ha scritto il diritto di regredire all’interno del registro
generale dei diritti dell’ uomo. Le nostre passioni non sono più repubblicane o
nazionali, sono commerciali o private.

L’idiota diventa un eroe nella filosofia Occidentale. Senza sospettarlo,
l’illuminismo va a scivolare nell’aperta estinzione di ciò che esiste in modo
personale. Con interminabili tomi di decine di migliaia di pagine di una
raffinata eleganza stilistica. Scavi dedalei di argomenti per minare il nulla: i
concetti immaginari della teologia sillogistica. Con la polvere da sparo che non
si infiamma: astensioni dal giudizio da scetticismo, confusione da relativismo,
impasse nichilistica. L’esistenza sospesa in aria, sempre in-sensata, la materia
inspiegata, la meccanica dell’universo abbandonata alla casualità trascendere.
Il sentimento di umiliazione non è altro che il sentimento di essere oggetto.
Cosi   inteso   esso   fonda   una   lucidità    combattiva   dove   la   critica
dell’organizzazione della vita non si separa dalla messa in atto immediata di un
progetto di vita diversa. Si non c’è costruzione possibile se non sulla base
della disperazione individuale e del suo superamento gli sforzi compiuti per
camuffare questa disperazione e manipolarla sotto un altro imballaggio
basterebbero a provarlo. Cosi oggi come dirà Jean Baudrillard «Hai un senso e
devi farne buon uso. Hai un inconscio       e bisogna che “questo” parli. Hai un
corpo e bisogna goderne. Hai una libido e bisogno spenderla.» Tutto deve essere
sacrificio a una generazione delle cose di tipo operazionale. Cosi la
comunicazione, sempre, secondo Baudrillard, non è un parlare, ma un fare-
parlare. L’informazione non è un sapere è un far-sapere.

L’ausiliare “fare” indica che si tratta di un’operazione, non di un’azione. In
pubblicità nella propaganda, non si tratta di credere, ma di far-credere. La
partecipazione non è una forma sociale attiva o spontanea è sempre indotta da
una sorta di macchinario o di macchinazione, è un far-agire, come l’animazione e
altre cose del genere. Oggi il volere stesso è mediato da modelli della volontà,
da un far-volere, quali la persuasione o la dissuasione. Con altre parole il
consumo non è più un godimento puro e semplice dei beni, è un far-godere,
un’operazione modellizzata e indicizzata sulla gamma differenziale degli
oggetti-segni. E siccome essere se stessi significa presentarsi sottola doppia.
Il vuoto ontologico, nauseante instabilità, incertezza da oscillazione negli
istanti dell’ effimero. Come limitare, temperare questa puerile fantasmagoria
che proclama tutto è possibile, tutto è permesso?

Da Atene :Apostolos Apostolou Professore di filosofia politica e sociale.

Paolo Rossi presenta il suo
libro a Trieste il 6 nov.
alle 11.00 all’Antico Caffè
San Marco
                                           Dal ricordo tragicomico delle
                                           serate alle Feste dell’Unità
                                           al dialogo in sogno con
                                           Berlinguer, dalla paternità
                                           spiegata a san Giuseppe alla
                                           difficoltà di ritrovarsi
                                           proprietario di un cane lupo
                                           antidroga fin agli incidenti
                                           di scena recitando Beckett
                                           con Gaber e Jannacci: ogni
                                           capitolo del nuovo libro
                                           di Paolo Rossi – artista
                                           iconico    e  irriverente,
affabulatore     e   Maestro
dell’happening – “Meglio dal vivo che dal morto”, edito da
Solferino, mescola l’alto e il basso, il cabaret del Derby e
il Riccardo III, per un viaggio mozzafiato che ha il tono
della commedia dell’arte e la velocità delle montagne
russe. Paolo Rossi presenta il suo libro per la prima volta a
Trieste in un incontro pubblico in programma sabato 6 novembre
alle 11.00 all’Antico Caffè San Marco⁰ e lo fa in compagnia di
un grande amico triestino, lo
scrittore Pino Roveredo. La
biografia-confessione      di
Rossi è in stile monologo ed
è intriso dei suoi tempi
comici,    del   suo   stile
inconfondibile.       Questa
irresistibile «versione di
Paolo» – pensata come un
dialogo immaginario con il
Bardo William Shakespeare – è
una storia rigorosamente
apocrifa  e  anarchica,
disseminata di occasioni e
tentazioni, botte date e prese, donne amate e lasciate, poco
venerati maestri e pessime compagnie di giro. «Per mettere
ordine nella mia vita ci vorrebbe un governo tecnico»,
conclude l’autore, tra sorriso e nostalgia.

E.L.
MONFALCONE : UN’ETICA PER IL
FUTURO    APPUNTAMENTI    DI
FILOSOFIA    con    GIOVANNI
BONIOLO Venerdì 6 nov
“Molti. Discorsi sulle identità plurime ” è il titolo
dell’appuntamento con Giovanni Boniolo, venerdì 6 novembre,
alle 18.00, al Teatro Comunale di Monfalcone, nell’ambito
della rassegna “Un’etica per il futuro”, promossa dal Comune
di Monfalcone e organizzata dalla Biblioteca comunale, insieme
all’Associazione Territori delle Idee, che realizza il
Festival Mimesis, e al Liceo Buonarroti di Monfalcone.
Prendendo spunto dalla letteratura, che è ricca di personaggi
indimenticabili che espongono il racconto della propria vita,
Boniolo affronterà il tema dell’identità, qualcosa di unico e
trasparente o invece di molteplice, sfuggente, composito.
Giovanni Boniolo ha la cattedra di Filosofia della scienza e
Medical Humanities (Dipartimento di Neuroscienze e
Riabilitazione, Università di Ferrara). Ambasciatore Onorario
della Technische Universität (München) è Presidente
dell’Accademia dei Concordi (Rovigo) e Alumnus dell’Institute
for Advanced Study (Technische Universität München). Editor-
in-chief di History and Philosophy of the Life Sciences,
Boniolo è membro e consulente di riviste, case editrici e
istituti culturali internazionali. Il suo lavoro è
testimoniato da circa venti fra monografie e curatele
(pubblicate anche per Cambridge University Press, Palgrave
Macmillan, Routledge, Springer) e da circa 230 saggi
pubblicati su riviste internazionali con arbitraggio.
Prenotazione           via         email          a        via
email: biglietteria.teatro@comune.monfalcone.go.it o presso la
biglietteria del Teatro dal lunedì al sabato, dalle 17.00 alle
19.00).
–

IL FESTIVAL MIMESIS A VILLA
DE CLARICINI DORNPACHER: 5
APPUNTAMENTI IN PROGRAMMA
NELLA   STORICA  DIMORA  DI
BOTTENICCO DI MOIMACCO
Bottenicco di Moimacco, 29 ottobre 2021 – C’è anche la storica
Villa de Claricini Dornpacher fra i partner di FESTIVAL
MIMESIS, giunto alla sua ottava edizione dedicata quest’anno a
DANTE NELL’EPOCA DIGITALE.

5 gli appuntamenti in programma nella storica dimora fino al 6
novembre. Ad aprire la serie, domani 30 ottobre alle 18.00,
Roberta Lanfredini, filosofa e professoressa ordinaria di
Filosofia teoretica presso il Dipartimento di Lettere e
filosofia dell’Università di Firenze e la filosofa Federica
Buongiorno, che si confronteranno su “Emergenza e filosofia”.

La manifestazione, a cura dell’associazione “Territori delle
idee”, dal 2015 porta in regione il meglio della cultura
umanistica e scientifica allo scopo di sviluppare un dialogo
comune sui temi più urgenti della contemporaneità.Quest’anno
come detto il tema è “Dante nell’epoca del digitale”: Dante
Alighieri è stato colui che meglio ha saputo esprimere la
propria epoca in tutte le sue sfaccettature, restituendola
sotto forma di grandiosa allegoria scientifica, filosofica,
artistica, religiosa e – in definitiva – umana.
L’accesso all’evento “Emergenza e filosofia” è libero e aperto
a tutti, previa prenotazione online sul sito eventbrite.it e
info su www.mimesisfestival.it.

Nuove forme di intelligenza
Yann LeCun a BergamoScienza
venerdì 15 ottobre alle ore
21, Centro Congressi Giovanni
XXIII
Venerdì 15 ottobre alle ore 21 al Centro Congressi Giovanni
XXIII, Yann LeCun responsabile della ricerca in Intelligenza
Artificiale di Facebook e uno dei massimi esperti al mondo in
questo    campo,     sarà    in   collegamento      streaming
con BergamoScienza nell’incontro Nuove forme di intelligenza e
proverà a rispondere ad alcune delle domande più difficili
della nostra epoca a proposito dell’intelligenza artificiale.

Infatti, mentre si moltiplicano i servizi intelligenti e
personalizzati capaci di analizzare e influenzare le nostre
scelte quotidiane, l’intelligenza artificiale si perde al
confine tra realtà e fantascienza, tra meraviglia e
allarmismo. Riusciremo mai a creare un’intelligenza
artificiale? Quanto sarà diversa dalla nostra? Saremo in grado
di riconoscerla ed interagire con lei? Esistono dei limiti
tecnologici che dobbiamo superare? E quali domande etiche
dovremmo porci?     BergamoScienza è il primo festival di
divulgazione     scientifica     in   Italia.    Organizzato
dall’Associazione BergamoScienza e giunto alla sua XIX
edizione, il festival anima ogni anno le piazze     e i teatri
della città con ospiti della comunità scientifica   italiana e
internazionale. A chiudere il festival domenica     17 ottobre
sarà il premio Nobel per la Medicina Paul            Nurse in
collegamento video alle ore 17 con il pubblico      del Centro
Congressi Giovanni XXIII.

Tutti gli incontri saranno trasmessi anche in streaming sul
sito www.bergamoscienza.it.

Tom    Battin   ospite    a
BergamoScienza venerdì 15
ottobre   alle ore   18.30,
Centro Congressi Giovanni
XXIII
Venerdì 15 ottobre alle ore 18.30 al Centro Congressi Giovanni
XXIII, Tom Battin, zoologo e docente di scienze ambientali
all’Ecole Polytechnique Fédérale di Losanna, sarà sul palco
di BergamoScienza per affrontare il tema, attualissimo, del
surriscaldamento globale e del conseguente scioglimento dei
ghiacci nella conferenza Delle conchiglie e dello scioglimento
dei ghiacci.    Battin, attualmente impegnato nella ricerca
sull’attività genomica ed ecologica essenziale dei microbi
presenti nei corsi d’acqua, metterà in relazione lo
scioglimento dei ghiacci e l’innalzamento del livello dei mari
con la vita dei microbi marini, una “giungla” ancora
inesplorata che rischiamo di perdere se il nostro pianeta
continuerà a riscaldarsi. BergamoScienza è il primo festival
di divulgazione scientifica in Italia. Organizzato
dall’Associazione BergamoScienza e giunto alla sua XIX
edizione, il festival anima ogni anno le piazze e i teatri
della città con ospiti della comunità scientifica italiana e
internazionale. A chiudere il festival domenica 17 ottobre
sarà il premio Nobel per la Medicina Paul Nurse in
collegamento video alle ore 17 con il pubblico del Centro
Congressi Giovanni XXIII.

Tutti gli incontri saranno trasmessi anche in streaming sul
sito www.bergamoscienza.it.

‘La memoria del Bobolar’, un
progetto teatrale per le
scuole medie
Racconti, testimonianze, ricordi o anche storie fantastiche e
fiabe che abbiano per protagonista i vecchio ‘Bobolar’: la
chiamata è indirizzata a tutta la cittadinanza ed in
particolare ai ragazzi delle scuole medie di Staranzano che
potranno attingere alla memoria dei loro nonni e dei genitori,
o raccontare le loro personali avventure vissute ai piedi del
grande albero. E perché no, potranno anche usare
l’immaginazione e costruire favole e fiabe inedite e
originali. Lo potranno fare usando il metodo più tradizionale,
ovvero l’elaborato scritto da infilare nella cassetta postale
apposita posta ai piedi del bobolar, attraverso video o audio
da mandare su whatsapp al numero 3270575206, o via mail
all’indirizzo lamemoriadelbobolar@gmail.com.

La raccolta del materiale, iniziata lo scorso giugno, prosegue
ed andrà avanti fino a dicembre. Si tratta della prima fase de
‘La memoria del Bobolar’, un progetto ideato da
ArtistiAssociati in collaborazione con il Comune di
Staranzano, Assessorato alla Cultura, che si svilupperà in un
secondo step da febbraio del prossimo anno con un laboratorio
di scrittura teatrale per rielaborare i materiali raccolti e
produrne uno drammaturgico. La fase successiva si trasformerà
nello studio interpretativo e nella messa in scena del testo
prodotto. I ragazzi saranno quindi chiamati a restituire al
pubblico il loro lavoro in uno spettacolo finale in omaggio al
secolare celtis australis. L’illustrazione del materiale è
ideato da La Patty Inkheart.

«Abbiamo voluto coinvolgere le ragazze ed i ragazzi delle
scuole secondarie di primo grado in questo lavoro, perché sono
loro i portatori del nostro futuro ed i testimoni del nostro
passato, ponti necessari tra le tradizioni ed i racconti di
domani- spiega l’assessore alla Cultura, Roberta Russi -. Come
l’albero secolare, simbolo del paese, le giovani generazioni
fondano le loro radici nella terra, nelle famiglie da cui
apprendono storie e tradizioni e si nutrono con racconti e
vita vissuta, per poi rivolgersi come i rami, verso il cielo e
proiettare tutto il loro bagaglio culturale verso gli altri,
il prossimo, il nuovo, il diverso. In questo proiettare e
proiettarsi si inserisce il progetto de ‘La memoria del
Bobolar’, l’anziano del villaggio, colui che racchiude tutte i
segreti e ascolta tutti i fatti per poi tramandarli,
mantenendo viva la nostra cultura, legata al racconto. Un
testimone d’eccezione, silente ed espansivo, che vuole
rimanere più tempo possibile con noi e soprattutto non vuole
essere dimenticato. Per questo abbiamo installato una cassetta
della posta ai suoi piedi che possa raccogliere quanti più
ricordi possibili e invitiamo tutta la cittadinanza a
raccontare ai ragazzi i loro ricordi, affinché nulla vada
perso e non condiviso».
Puoi anche leggere