Un 'cultural network' per la valorizzazione delle risorse culturali di Napoli

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      Un ‘cultural network’ per la valorizzazione
      delle risorse culturali di Napoli
      Aldo Aveta

      La ricchezza del patrimonio culturale
      Negli ultimi decenni a Napoli, pur in presenza di un patrimonio culturale di straordinaria entità e valore,
      la maggior parte delle iniziative, prese da Amministratori pubblici, Enti ed operatori privati per la tutela,
      il restauro, la valorizzazione e la fruizione dello stesso è risultata inadeguata e frammentaria.
      Eppure ci troviamo di fronte ad una città eccezionale, la cui unicità nel mondo consiste nell’aver conservato
      le testimonianze di tutte le epoche delle sue trasformazioni, in un rapporto intenso tra le culture succedutesi
      e le opere di varia natura che esse produssero: si ritrova l’impianto greco-romano ancora perfettamente
      integro, ma anche i cospicui interventi urbanistici e architettonici di fine ‘800 della Società del Risanamento
      e così via. Preesistenze altomedievali si intrecciano con i segni tangibili della cultura rinascimentale,
      barocca, settecentesca, fino alle espressioni locali del Liberty.
      La compenetrazione e l’integrazione di tante culture abbraccia, dunque, duemila anni di storia, a partire
      dalle modifiche dei caratteri geomorfologici e dall’uso della pietra locale, il tufo, scavato nel sottosuolo
      per dar luogo a caverne antichissime, dal Chiatamone a Capodimonte, a necropoli e a catacombe, a reti
      infrastrutturali come gli antichi acquedotti. La stratificazione è presente e palpabile nella struttura urbana
      complessiva come in ogni singolo manufatto: il volto che la città presentava dal mare alla fine del XIX
      secolo, con quasi tutte le sue costruzioni,si ritrova sostanzialmente identico dietro le nuove costruzioni
      sorte sulle colmate realizzate in quel tempo, da Mergellina a S. Lucia, nonché con il tessuto urbano ai lati
      degli interventi del Risanamento.
      I manufatti religiosi che caratterizzano la città sembrano fondere sacro e profano, fede e superstizione, pa-
      ganesimo e cristianesimo. Definita nel Settecento «la città delle 500 cupole», Napoli testimonia , attraverso
      l’arte e l’architettura, la fertilità di una vita credente legata alle sue radici. Le chiese napoletane di grande
      valore storico – artistico e architettonico, sembrano esaltare il ruolo fondamentale della città come luogo
      di scambio e di integrazione di diverse espressioni culturali, palesando ‘contaminazioni culturali’.
      Napoli, dopo Roma, è la città con maggior numero di Santi e Beati. Coniugando passato e presente,
      aperta all’altro e alla differenza, Napoli potrebbe ancora consegnare al futuro il significato profondo della
      memoria e dell’identità di una città. Un grande storico dell’arte italiano, Roberto Longhi, ha indicato
      proprio nell’incrocio delle culture, delle tradizioni, delle eredità storiche e artistiche il carattere che fa di
      Napoli un unicum: «Una capitale mediterranea, più classicamente antica di Roma stessa, e insieme spa-
      gnolesca e orientale».
      Ciascuna delle civiltà che si sono succedute nella città partenopea (greci, romani, angioini, normanni, spa-
      gnoli, frances) ha lasciato una traccia nella forma e nel carattere, nell’abitare e nelle abitudini, nella lingua
      e nella gastronomia, nell’artigianato e nella musica, determinando un’identità napoletana come integrazione
      di influssi mediterranei. I viaggiatori del Grand Tour, da Montaigne a Cervantes, da Goethe a Montesquieu,
      da John Ruskin a Alexandre Dumas, da Rainer Maria Rilke a Walter Benjamin, sono sempre stati attratti
      dalla straordinaria compresenza di tali culture che si manifesta negli usi e nei costumi della città.
      La tradizione linguistica napoletana è il supporto essenziale della letteratura, della poesia, della
      canzone e del teatro partenopei: nella prosa in volgare napoletano, divenuta celebre grazie a Giam-
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battista Basile nel XVII secolo con Lo cunto de li Cunti – tradotto in italiano da Benedetto Croce –
ha raggiunto nella letteratura espressioni di altissimo livello, tra gli altri con Salvatore Di Giacomo.
È presente nella nostra città una perenne vitalità di una rilevante civiltà musicale, da secoli diffusa e rico-
nosciuta nel mondo, che deve il suo massimo splendore nel XVIII secolo grazie alla realizzazione di
attività che vedevano collegate formazione, produzione, diffusione. L’attività di scuole musicali, nate come
istituzioni caritatevoli e dirette da insigni maestri, insieme alla presenza di molti teatri e di una grande
quantità di feste e di ricorrenze ha prodotto una eccellenza musicale riconosciuta dovunque. Oggi questa
tradizione continua a dare frutti davvero significativi attraverso il Conservatorio di S. Pietro a Majella, il
centro di Musica antica Pietà dei Turchini, l’Accademia Mandolinistica Napoletana, ecc.
La ‘lingua’ ha vissuto anche nella ‘musica’ una delle espressioni artistiche più caratteristiche, molto
apprezzata nel mondo. Oltre ai brani più famosi, esiste un ricco repertorio di canti popolari considerati
classici della canzone occidentale, legati ai nomi di Enrico Caruso, Sergio Bruni, Renato Carosone e
Roberto Murolo. In tempi recenti il napoletano si è espresso con modalità innovative, con contaminazioni
della lingua italiana e inglese, con la musica pop di Pino Daniele, la Nuova Compagnia di Canto Popolare,
i 99 Posse e molti ancora. Molto si è fatto negli ultimi decenni per valorizzare l’antica tradizione musicale
(come non ricordare l’opera di Roberto De Simone ), ma tanto ancora si può fare, incrementando i ‘labo-
ratori’ musicali, creando centri di documentazione e musei virtuali, ecc.
Nel Settecento, si esalta il grande ‘Teatro’ napoletano, frutto di infinite confluenze e culture, contaminazioni
ricche della memoria, della cultura della lingua di Spagna, di Portogallo, di Francia, di Germania, di
Austria, di sovrani generosi che adottarono gli artisti, gli attori, i musicisti, gli scrittori, i geniali talenti per
le loro corti. E tutto ciò è proseguito fino all’epoca contemporanea, grazie alla valenza internazionale di
autori come Raffaele Viviani, Ferdinando Russo, Eduardo Scarpetta, Eduardo De Filippo ed i suoi fratelli,
fino ad attori come Totò, Nino Taranto, Pupella, Beniamino e Rosalia Maggio, Carlo e Aldo Giuffrè. Ana-
logamente può dirsi per autori come Luigi Pistilli, Giuseppe Patroni Griffi, Roberto De Simone, Manlio
Santanelli, Annibale Ruccello, Enzo Moscato, Ruggero Cappuccio, le cui commedie vengono tradotte e
rappresentate in tutto il mondo, alimentando ogni giorno una straordinaria orizzontalità della produzione
e della cultura teatrale, dello scambio culturale, dell’emozione e della creatività di intere generazioni di

Fig. 1. Street art su facciata del Teatro San Ferdinando.
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    teatranti e di spettatori. Nel teatro e nel cinema, ai già citati personaggi si lega chi ha saputo aggiornare,
    conservando la tradizione, come Massimo Troisi. Nellla cinematografia e nella letteratura attuali, in parti-
    colare, si evidenzia l’apporto di scrittori come Fabrizia Ramondino, Raffaele La Capria, Erri De Luca,
    Giuseppe Montesano, Roberto Saviano, Maurizio de Giovanni e registi come Matteo Garrone, John Tur-
    turro, Paolo Sorrentino e altri.
    Analogo discorso vale per la letteratura: tutta la storia della città è pervasa dagli apporti degli intellettuali
    e dei letterati. Basti qui ricordare il già citato Giambattista Basile, Giambattista Vico e riferirsi all’apporto
    culturale che tali personalità e tante altre hanno fornito nei secoli trascorsi, come magistralmente analizzato
    nei diversi volumi della Storia di Napoli.
    In termini di patrimonio ‘fisico’, chiese, congreghe, arciconfraternite, cappelle, complessi conventuali,
    palazzi nobiliari ed altre espressioni architettoniche stratificate sono presenti dovunque, nel centro antico
    e nel centro storico, testimoniando l’elevata capacità artistica e la creatività dei tanti architetti, scultori,
    pittori ed artigiani che hanno operato in tanti secoli di vita della città partenopea. Si aggiungono, poi, le
    eccezionali evidenze archeologiche presenti a Napoli, fuori terra e nel sottosuolo: per le proposte inerenti
    la loro auspicabile conservazione e valorizzazione si rinvia agli apporti specifici presenti nel volume.
    L’elenco di tutte tali risorse è estesissimo e a queste si aggiungono i tanti ‘contenitori’ all’interno dei quali
    si conservano beni davvero unici. Beni storico-artistici, archivistici, librari si ritrovano in molte strutture,
    pubbliche e private, connotando il tessuto urbano: affreschi e sculture, ma anche quadri, oggetti e arredi
    arricchiscono palazzi e monumenti napoletani. Tutte testimonianze di una committenza e di un collezionismo
    artistico che ha sempre caratterizzato la vita della città, nel cui centro storico, e non solo, si concentrano
    musei, archivi, biblioteche.
    Nel tessuto urbano storico si ritrova un elevato numero di ‘musei’ (circa trenta), in prevalenza a gestione
    statale, e gallerie d’arte. A questi si aggiungono musei di istituzioni religiose, di privati, delle università,
    ecc. Ai beni conservati in tali strutture si aggiunge il patrimonio storico-artistico presente nei monumenti.
    Le ricche comunità religiose ebbero il ruolo di generosa committenza di pittori, scultori, intarsiatori,ceramisti,
    stuccatori ecc. Basti citare il soffitto a S. Maria La Nova, splendido esempio della pittura napoletana
    prima di Caravaggio, le opere di Cosimo Fanzago a S. Martino, quelle di Domenico Antonio Vaccaro e di
    Ferdinando Sanfelice. Ma anche nei monumenti civili si ritrovano straordinarie testimonianze artistiche,
    come l’Arco di Alfonso d’Aragona a Castel Nuovo, e ancora nei palazzi nobiliari come il cabinet del Duca
    di Corigliano. La promozione dell’arte da parte dei Borboni fu poi particolarmente significativa: basti
    citare le trasformazioni del Palazzo reale di Capodimonte e la sistemazione della collezione farnesiana. Al

    Fig. 2. Napoli, chiesa di Sant’Anna dei Lombardi, Cappella del Vasari.
    Fig. 3. Caravaggio, Sant’Orsola, Napoli, Palazzo Zevallos di Stigliano, collezione Intesa San Paolo.
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Museo Archeologico Nazionale, tra i più importanti al mondo ed oggi con incassi record grazie ad una il-
luminata gestione, si aggiungono i Musei dell’Opera di S. Lorenzo maggiore e di S. Chiara, il Museo
Civico Filangieri e quelli di S. Martino e di Castel Nuovo; ed ancora il Museo di Palazzo reale, quello del
Pio Monte della Misericordia, il Museo del S. Carlo e tanti altri. L’elenco è lungo e straordinario e non è
possibile in questa sede citarli tutti: basti aggiungere il Museo nazionale delle Ceramiche Duca di Martina,
nella villa Floridiana, quello di Villa Pignatelli, del Monte di Pietà, del Tesoro di S. Gennaro, della Cappella
S. Severo, la Quadreria dei Gerolamini, ecc.
Vi sono, poi, sono quelli di Arte contemporanea, come il MADRE, il PAN, il PLART, il Museo Novecento
a Castel S. Elmo, il Museo Morra Greco, il Museo del tessile e dell’abbigliamento Elena Aldobrandini, il
Museo artistico industriale, il Museo Nitsch e altri ancora.
Nel centro storico esistono, altresì, storici e straordinari Musei della Scienza, come quelli universitari di
Mineralogia, di Antropologia,di Paleontologia, di Zoologia, in via Mezzocannone; e poi il Museo degli
strumenti astronomici nell’Osservatorio di Capodimonte, la Stazione zoologica Anton Dohrn in Villa Co-
munale. A Bagnoli si ritrova il Museo del Mare, riconosciuto dal 1992 Museo Navale Europeo, per il suo
patrimonio che testimonia l’eredità culturale marittima e nautica di Napoli.
Gli ‘archivi’ costituiscono un ulteriore patrimonio di valore documentario incommensurabile : l’Archivio
di Stato, quello del Banco di Napoli, oggi nella sede della omonima Fondazione, l’Archivio Diocesano,
quello Storico Municipale, quello Notarile, oltre a quelli privati.
Altrettanto rilevante è il patrimonio costituito dalle ‘biblioteche’: oltre a quelle monastiche e conventuali,
situate in ogni quartiere, la straordinaria Biblioteca Nazionale, che incorpora antiche librerie, come la
Brancacciana, la S. Martino, la S. Giacomo, la Provinciale e la parte più cospicua della Palatina. Si citano
ancora la Biblioteca Universitaria, quella della Società Napoletana di Storia Patria, legata ai nomi di Bar-
tolomeo Capasso e di Benedetto Croce, quella dei Girolamini, quella del Conservatorio di S. Pietro a
Maiella, a Port’Alba, quella dell’Orto Botanico, la biblioteca di Benedetto Croce ; ancora, la biblioteca di
S. Domenico Maggiore, ovvero la biblioteca di Provincia, tra le più rappresentative della cultura umanistica
napoletana, che raccoglie fonti e studi del pensieri di Tommaso d’Aquino e la storia dei domenicani
nell’Italia meridionale.
Altra significativa risorsa culturale è rappresentata dall’ ‘editoria’, per la quale vanno segnalate le tante
‘case editrici’ presenti in città, alcune delle quali hanno sofferto negli anni recenti la crisi del mercato ed il
mancato adeguamento alle nuove tecnologie. L’elenco è molto ampio e se ne citano alcune, distinguendole
per ambiti tematici. Per le edizioni antiche, di storia, filosofia e letteratura, Colonnese, Guida, ESI,
D’Auria, Officine Giannini, la Città del Sole,Bibliopolis, ecc. Per l’arte e l’architettura, Arte Tipografica
(che purtroppo ha chiuso e nella quale si stampava Napoli Nobilissima, la rivista Restauro e tanti altri fon-
damentali volumi sulla cultura della nostra città), Clean, Electa Napoli, Paparo, Elio de Rosa; per la for-
mazione Jovene, Ferraro, Liguori, Loffredo, Luciano, Marotta e Cafiero, Simone, L’Orientale Editore, Pi-
ronti, ecc.
In tema di formazione e ricerca, esistono ben cinque Università, dalla Federico II la più antica d’Europa,
istituita nel 1224, a Suor Orsola Benincasa, da L’Orientale alla Parthenope e a quella della Campania
Vanvitelli. Si aggiungono prestigiosi e storici Istituti per la formazione delle lingue straniere: British
Council, Goete, Cervantes, Grenoble, Confucio, quelli per la formazione delle arti dello spettacoli. Ancora
vi sono centri di ricerca, come l’Accademia Pontaniana, la Società Nazionale di scienze, Lettere e Arti in
Napoli, la citata Stazione zoologica Anton Dohrn, la Società Napoletana di Storia Patria, l’Istituto Italiano
dei Castelli, l’Istituto Italiano per gli Studi storici,fondato nel 1946 da Benedetto Croce, il Centro interna-
zionale per lo studio dei papiri ercolanesi Marcello Gigante, il Centro internazionale di Studi Numismatici,
l’Istituto Italiano per gli Studi filosofici, l’Istituto Nazionale di Studi su Rinascimento Meridionale, l’Istituto
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    Italiano di Scienze Umane, l’Istituto per la diffusione delle Scienze Naturali, la Fondazione Banco Napoli
    ed il suo Archivio Storico, ed altri ancora. A questi si aggiungono le tante Associazioni e Fondazioni per
    la promozione culturale.
    Oltre a tali ‘scrigni’ del sapere e dell’arte, delle testimonianze fisiche della vita sociale, economica e
    culturale della città, cioè a beni ‘tangibili’, si aggiungono quelli ‘immateriali’, segnalati anche a livello inter-
    nazionale, in ultimo dalla Dichiarazione di Firenze, ICOMOS 2014, relativa a Heritage and Landscape as
    Human Values. L’identità culturale del popolo napoletano, infatti, è definita da un patrimonio di beni in-
    tangibili in cui sono comprese tradizioni ed espressioni orali, il linguaggio, le arti dello spettacolo, riti e
    culti, le processioni, la musica popolare e la danza, le feste e gli spettacoli pirotecnici, l’artigianato
    tradizionale, ecc. Tra questi, vanno ricordati ‘feste’ e ‘culti’: il calendario delle ricorrenze estive a Napoli è
    legato a vicende religiose, a credenze popolari ed a riti legati alla produzione agricola. La sopravvivenza
    delle processioni, dei cortei funebri, dei matrimoni, dei riti domenicali o stagionali viene motivato dalla
    particolare inclinazione alla festa ed all’osservanza delle ricorrenze del popolo napoletano. Si segnalano,
    tra le altre, le celebrazioni per S. Gennaro, patrono dell’Arcidiocesi di Napoli, la festa di S. Maria di Pie-
    digrotta, la festa della Madonna del Carmine, quella di S. Vincenzo Ferrer detto O Munacone alla Sanità,
    la festa del ‘cippo’ di Sant’Antonio, il culto dei morti e delle anime del Purgatorio, il culto di Santa Maria
    Francesca,quello dell’Immacolata di Don Placido, quello di S. Giuseppe Moscati, il culto del Volto Santo
    di Gesù. Oltre alle celebrazioni religiose ed ai culti popolari esiste a Napoli un rituale di gesti e di abitudini
    ereditate dalla storia e dalla leggenda. Tra le più significative e ricorrenti si ricordano: la tarantella,affermatasi
    nel Seicento, il corno, contro il malocchio e la iettatura, la riffa, gioco popolare natalizio; in campo gastro-
    nomico il caffè, il ragù, le zeppole di S. Giuseppe,il torrone, la pastiera,il babà ed altre prelibatezze. Tali
    offerte legate alla tradizione resistono ancora, ma sono insidiate dal proliferare di locali nelle più affollate
    vie cittadine ove si servono a basso prezzo fritture di ogni specie e cibi ‘spazzatura’.
    Al centro dell’attenzione è, dunque, la ‘Cultura napoletana’, nelle sue diverse ed articolate espressioni,
    sulle quali si sono soffermate alcune autorevoli personalità in occasione dell’approvazione del Piano di
    Gestione del Centro Storico UNESCO del 2011, laddove argomentavano le ragioni dell’universalità del
    centro storico di Napoli. In particolare, Aldo Masullo ha evidenziato che la ‘filosofia’ napoletana rappresenta
    una delle grandi porte d’accesso alla Modernità. Molto sensibile alle ventate innovatrici di matrice europea,
    soprattutto dall’Inghilterra e dalla Francia, la filosofia napoletana dinanzi all’avanzare delle scienze naturali
    avvertiva il bisogno di nuovi e adeguati quadri teorici, entro i quali assicurare l’ordine del sapere. Perciò a
    Napoli, nell’epoca di Vico, la cultura si lasciò fecondare da altri, e ben diversi, stimoli. Tra Sei e Settecento,
    nella Napoli barocca, la cultura scientifica si presentò, sul lato metodologico, nella versione del cartesiane-
    simo, comunque sempre con una spiccata vena antiaristotelica. L’Illuminismo a Napoli appartenne con
    una propria originalità alla circolazione di questo grande movimento culturale e civile europeo, così come
    nel XIX secolo l’Università di Napoli fu attiva centrale di elaborazione filosofica. Nel ‘900, con Benedetto
    Croce, Napoli fu per mezzo secolo, perfino nel ventennio fascista, il crocevia di una rete fitta di rapporti
    tra le voci più alte della cultura liberale e storicistica d’Europa, e la filosofia svolse un ruolo determinante
    nel rispondere ai quesiti che la realtà e la storia ponevano. Oggi Napoli costituisce un importante luogo di
    incontri internazionali grazie all’ Istituto italiano per gli studi filosofici, fondato e sostenuto per decenni
    dall’avv. Gerardo Marotta, nello storico palazzo Serra di Cassano. Dal 1975 l’Istituto, dotato di un ecce-
    zionale patrimonio librario, è un centro di libera ricerca, di convegni e dibattiti in cui si confrontano nello
    spirito filosofico tutti i saperi.
    Nel campo delle ‘arti’, poi, Nicola Spinosa ha sottolineato che Napoli, Capitale del regno meridionale
    dalla fine del Duecento agli inizi del Cinquecento, fu fino alla metà dell’Ottocento e all’Unità d’Italia
    anche riconosciuto e prestigioso centro di qualificata produzione artistica, con forte caratterizzazione in
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senso cosmopolita e con livelli di rilievo europeo. Condizione, questa, favorita dalla costante presenza in
città, soprattutto dal Trecento al primo Ottocento, di numerosi artisti di diversa provenienza e varia for-
mazione, con specializzazione in campi diversi del fare artistico – dall’architettura alla pittura, dalla
scultura alle cosiddette arti decorative – e sempre in strette e feconde relazioni e scambi con le maestranze
locali. Con la presenza del Caravaggio e della sua opera in città inizia quello che la critica moderna ha
definito il secolo d’oro della pittura napoletana : pittori, scultori e artigiani operanti in città di volta in
volta con soluzioni tra naturalismo, classicismo e barocco, toccarono nuovi altissimi vertici qualitativi, ri-
conosciuti in Italia e in Europa. Una lunga e felice stagione che si protrasse anche nel Settecento, quando
fu tappa quasi obbligata del viaggio di studio e di piacere – il Grand Tour d’Italie – effettuato da esponenti
della colta aristocrazia internazionale e da artisti d’ogni parte d’Europa, francesi e inglesi, tedeschi, olandesi
e scandinavi. Nella seconda metà del secolo scorso, a partire dal 1970 Spinosa sottolinea che, dopo l’attiva
presenza a Napoli di artisti internazionali come Andy Warhol, Joseph Beuys, Daniel Buren, Janniss
Kounellis e Gino de Dominici, numerosi artisti napoletani, grazie anche all’attività di alcuni galleristi
locali, hanno restituito la città alla sua originaria dimensione cosmopolita e internazionale.

Le prospettive
Tutto ciò premesso con rapida sintesi e senza alcuna pretesa di essere esaustivi, quale è oggi il grave
problema che affligge tali straordinarie risorse? La mancanza di una organica e adeguata politica per la
loro tutela, la loro conservazione, la loro fruizione e valorizzazione. La mancanza di un approccio sistemico
e di una visione integrata con obiettivi, strategie, azioni da condividere in modo diffuso, nonché l’assenza
di una reale sinergia tra gli attori responsabili: nonostante le tante iniziative di Enti pubblici e non, che ne
detengono la proprietà o l’uso, non si riescono a determinare effetti reali che si riverberino sulla fruizione
corretta ed ampliata degli stessi. Effetti che potrebbero portare ad una crescita culturale della stessa
comunità e ad una crescita sostenibile, durevole, del turismo (culturale, convegnistico, crocieristico,
termale, ecc), e dell’economia ad esso legata.
L’auspicio per superare tale condizione è che si possa realizzare un tavolo di concertazione, stabile, una
sorta di conferenza dei servizi allargata, alla quale possano partecipare tutti gli attori coinvolti e gli
stakeholder, per avviare un’azione a vasto raggio.

Fig. 4. Napoli, Castel Nuovo.
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    Napoli ed il suo centro storico, patrimonio dell’Umanità UNESCO dal 1995, sono unici al mondo e
    meritano uno sforzo straordinario per superare disfunzioni e anomalie attuali. I ritardi registrati sono co-
    spicui: nonostante il citato inserimento nel 1995 nella Lista del Patrimonio mondiale, diversamente da
    altre città presenti nella stessa Lista in cui sono stati istituiti uffici speciali che curano i molteplici aspetti
    legati ai rispettivi Piani di Gestione, a Napoli ciò manca e andrebbe realizzato subito.
    D’altra parte, qualunque azione dovrebbe essere finalizzata alla creazione di posti di lavoro durevole, so-
    prattutto per le giovani generazioni, attratte più che altrove, in mancanza di occupazione, dalle forme en-
    demiche della criminalità: in tal senso va citata, quale esempio virtuoso, la straordinaria iniziativa di padre
    Antonio Loffredo e i risultati dallo stesso raggiunti nel quartiere della Sanità nelle Catacombe di S. Gennaro
    con il recupero e il lavoro stabile offerti ai giovani in difficoltà. Dunque, particolare attenzione va posta alle
    nuove funzioni delle architetture storiche e monumentali oggetto di restauro e di valorizzazione e, collegate
    a queste, vi è il tema della gestione di tali immobili, vero problema da decenni trascurato nella nostra città.
    La proposta che qui si avanza è quella di mettere in ‘rete’ l’intero patrimonio culturale di Napoli.
    Ma mettere in ‘rete’ il patrimonio culturale napoletano che cosa significa e come si può realizzare? Un
    elenco così straordinariamente ricco determina, senza dubbio, una difficoltà di approccio, ma è necessario
    uno sforzo congiunto di tutti i soggetti coinvolti senza del quale purtroppo non si potrà determinare la
    svolta auspicata. Uno sforzo che tenga oggi conto anche della nuova realtà amministrativa, ovvero la Città
    metropolitana. È, infatti, evidente che i processi di rigenerazione e riqualificazione urbana non possono
    più riguardare il solo territorio comunale del capoluogo campano, bensì quello dei novantadue comuni
    dell’ex Provincia di Napoli: occorrono, pertanto, ipotesi di progetto in grado di delineare processi di rige-
    nerazione urbana, ecosostenibile dal punto di vista ambientale e produttivo, quale presupposto per un re-
    cupero sociale ed economico.
    In questo quadro il recupero, il risanamento ed il restauro di architetture e siti storici, nonché del
    patrimonio di beni culturali mobili e intangibili, ovvero di ciò che oggi definiamo ‘Paesaggio Storico
    Urbano’ (Historic Urban Landscape), rappresentano, nel medio e lungo periodo, una straordinaria occasione
    di sviluppo culturale, economico e sociale. In tal senso, bisogna puntare al potenziamento delle attività
    fondate sull’innovazione, legate alla ricerca scientifica ed alla formazione, alla valorizzazione del patrimonio
    culturale, al rafforzamento del sistema terziario: tutti obiettivi che dovrebbero essere perseguiti adottando
    strategie efficaci e promuovendo azioni coerenti. Occorre, in sostanza, da subito dibattere nell’ambito
    della nuova città metropolitana in termini di riequilibrio territoriale, valorizzando sì il centro storico di
    Napoli, ma anche i centri storici minori; riequilibrio che riconnetta realtà urbane molto diverse, anche in
    condizioni urbanistiche disastrose, ma tutte espressioni di un processo storico già ben indagato e studiato.
    Città minori nelle quali, come a Napoli, i caratteri identitari rischiano, giorno dopo giorno, di essere
    distrutti in maniera irreversibile.
    Come si è cercato di delineare sinteticamente, le straordinarie opportunità offerte dal capoluogo partenopeo
    configurano una risorsa culturale ‘diffusa’ sul territorio e identificativa della comunità, che richiede un ap-
    proccio integrato, che tenga in considerazione insieme il patrimonio di beni fisici costituito da immobili
    quali chiese, palazzi nobiliari, musei e loro contenuti e tutti i beni già segnalati, nonchè da beni immateriali
    e intangibili. La stretta interrelazione tra tali beni determina la peculiare identità del sito urbano: un’identità
    polivalente in cui confluiscono tantissime componenti.
    L’avvio di una operazione di tale rilevanza presenta molti ostacoli: il contesto fisico e sociale oggi così
    degradato rende difficile e complesso ogni iniziativa tendente al miglioramento delle condizioni di
    vivibilità nella città, che è strettamente connessa alla tutela, valorizzazione e fruizione del patrimonio
    di beni culturali.
    Le condizioni urbane mortificano tante ricchezze e potenzialità. A determinare la situazione molto grave,
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mai come oggi, contribuiscono scelte politiche di gestione del territorio del tutto assenti o inadeguate:
perchè, ad esempio, non si è ancora avviato un progetto di tutela e di riqualificazione degli spazi verdi,
pubblici e privati, piuttosto che, per motivi di sicurezza, tagliare indiscriminatamente i pini nelle zone più
suggestive della città, senza garantire la ripiantumazione di piante ed alberi meno vulnerabili al vento?
Perché non si è ancora operato per la riappropriazione della relazione percettiva e funzionale con il mare
che bagna la città e si da luogo a discutibili liberazioni del traffico veicolare ed all’allestimento di ‘apparati’
effimeri? Perchè non si è ancora avviato il sistema per tutelare e valorizzare le tante evidenze archeologiche
presenti in città e ridotte a pattumiere? Si potrebbe continuare a lungo a porsi tali interrogativi, ma si pre-
ferisce rinviare, in tema di aspetti critici e di proposte migliorative del contesto urbano, ai tanti autorevoli
contributi specialistici che arricchiscono il presente volume.
Orbene, di fronte alla molteplicità di situazioni difficili e complesse che riguardano il diffuso patrimonio
culturale e paesaggistico della nostra città, in tutte le sue variegate espressioni, si ritiene indispensabile un
approccio diverso da quello sino ad oggi adottato, o per meglio dire non adottato. Infatti, se ciascun Ente
pubblico o privato, ciascuna Associazione continua ad agire in maniera autonoma e nell’ambito delle ri-
spettive competenze, non si raggiungeranno mai risultati utili. Parliamo, dunque, di sinergia, una parola
molto abusata, ma poco praticata nel nostro contesto. Per invertire radicalmente la rotta occorre un cam-
biamento sostanziale nei comportamenti, una vera e propria rivoluzione culturale, e soprattutto si deve
tendere ad un approccio sistemico che si fondi sulla Conoscenza, ma non si fermi a questa.
L’auspicio è che il ‘mosaico’ di risorse, materiali ed immateriali, che caratterizzano il Sistema Cultura a
Napoli, sia valutato come fattore essenziale dello sviluppo sostenibile della nostra città e della sua comunità
e come tale debba diventare parte integrante di una ‘ Rete virtuale’. Una Rete che possa essere utile per la
conoscenza delle risorse da parte della comunità locale e dei turisti, ma non solo. Infatti qui si auspica che
tale rete possa servire per creare le indispensabili connessioni tra enti pubblici e privati, con l’apporto di
università, centri di ricerca e di esperti, per un continuo scambio di informazioni e di servizi utili soprattutto
ai decisori politici per definire obiettivi chiari,strategie efficaci, azioni mirate.
Un cultural network, dinamico,attivo, aggiornabile, una rete che favorisca lo scambio di idee tra i diversi
soggetti responsabili a vario titolo dei beni e della gestione urbana.
Non sarà una cosa facile, in quanto presuppone un cambio di mentalità e soprattutto una visione di lungo
respiro, non coerente con chi intende raccogliere risultati in tempi brevi. Ma l’auspicio per una nuova sta-
gione della nostra città è condiviso dai tanti – come dimostra la intensa partecipazione alla presente
iniziativa pubblicistica – che si augurano che finalmente si possa avviare un nuovo processo, responsabile
e condiviso, che determini lo sviluppo sostenibile della comunità, dal punto di vista culturale, economico
e sociale, grazie alla tutela e valorizzazione del Patrimonio culturale, in un rinnovato contesto urbano
vivibile e degno di una ex capitale.

Riferimenti bibliografici

AVETA A., MARINO B.G., AMORE R., a cura di (2017), La Baia di Napoli. Strategie integrate per la conservazione e la fruizione
  del paesaggio culturale, artstudiopaparo, Napoli.
AVETA A., a cura di (2017), Castel Nuovo in Napoli. Ricerche integrate e conoscenza critica per il progetto di restauro e di va-
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AVETA A., CASTAGNARO A., a cura di, (2015), Rigenerazione e riqualificazione urbana, artstudiopaparo, Napoli.
AVETA A. (2009), Restauro e rinnovamento del centro storico di Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli.
AA.VV. (1967-1978), La Storia di Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, Volumi I - XI, Napoli.
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