TV digitale: la marcia trionfale di Mediaset
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Uomini & Business – anno 18 N° 1 – Gennaio 2006 ___________________________________________________________ TV digitale: la marcia trionfale di Mediaset Niente switch off in favore del digitale terrestre alla fine del 2006, ha deciso il ministro Landolfi. Almeno fino al 2008 rimangono attivi i ripetitori analogici della TV così come la conosciamo da che esiste. Il rinvio del passaggio al digitale era dato per scontato da un pezzo, fin da quando una legge del 2001 (al governo il centro- sinistra) indicava imprudentemente la fine del 2006 come data buona per spegnere tutti i ripetitori analogici e riutilizzare le frequenze. La più recente legge Gasparri ha entusiasticamente confermato l’improbabile termine, anche a giovamento di Rete4, ma questo è un altro discorso. Eventualmente, se si ha voglia, si può leggere l’articolo “La TV digitale che (non) verrà” pubblicato da questo mensile nel febbraio 2004 o “Il ministro Gasparri e il telecomando” del settembre 2003. La commissione UE indica ora per il tutto digitale una finestra tra il 2008 e il 2012. Il ministro Landolfi, che deve avere ereditato l’ottimismo del suo predecessore, dice che per noi va bene il 2008, ferme restando, dice ancora, le esperienze anticipate di spegnimento dell’analogico in Valle d’Aosta e Sardegna previste per quest’anno (con polemiche). I soliti osservatori, tra i quali mi colloco, ritengono che anche nel 2008 i ripetitori analogici non verranno spenti. Chi vorrà usare quelle frequenze dovrà aspettare ancora. Tra l’altro sarebbe interessante sapere a chi, perché e a quale prezzo verranno riassegnate. Negli Stati Uniti le metteranno all’asta come risorsa limitata di proprietà pubblica e prevedono di ricavarne miliardi di dollari. E qui? In effetti l’Italia non si è data nessun piano in materia, né per la conversione al digitale, né per la riassegnazione delle frequenze né, d’altra parte, per l’assegnazione di quelle già in uso, il che è piuttosto grave. Continua il far west, insomma, ma nel frattempo la TV digitale esiste e attorno alla TV succedono delle cose importanti: la TV va su internet, la TV va sul telefonino, la TV diventa interattiva. La TV su internet: IPTV, o Tv su protocollo internet. Non arriva più soltanto sul PC ma, attraverso una scatolina tecnologica, proprio Massimo Biondi – mail@massimobiondi.it 1
Uomini & Business – Anno 18 Numero 1 – Gennaio 2006 ___________________________________________________________ sullo schermo del televisore. Il cavo di internet invece di quello di antenna. In Italia era già proposta soprattutto da Fastweb, che però finora ha raccolto meno di 200.000 abbonati. Ora la Tv via internet fa parte anche dell’offerta di Telecom Italia, che ha milioni di clienti potenziali. Altri operatori saranno forzati a seguire perché di sola telefonia e accesso internet non si vive. Bisogna cercare ricavi e margini dai contenuti, dalla musica alla televisione, appunto. Chi saranno gli altri non è facile a dirsi, al momento. Tiscali, sembra, anche se c’è chi dice che la vera mission di Tommaso Pompei, ex di WIND, sia quella di vestire Tiscali a festa e darle una bella apparenza per venderla al meglio. D’altra parte la stessa Fastweb sembrerebbe in vendita e di quello che farà WIND dopo avere perso l’azionista ENEL pochi sanno. Rimane il fatto che la TV digitale, che già arriva nelle case dal satellite e dalle antenne terrestri (digitale terrestre), sempre più arriverà anche attraverso il cavo di rete, che è poi il solito vecchio doppino del telefono, salvo pochi casi di fibra ottica direttamente in casa. Secondo una recente stima di Italmedia Consulting e di ICT Consulting, rispettivamente facenti capo agli esperti Augusto Preta e Maurizio Decina, la tecnologia adatta a trasmettere TV digitale più presente attualmente nelle abitazioni è proprio il cavo telefonico in banda larga, ADSL e simili, quello gestito dagli operatori telefonici. Per ora la seconda tecnologia più diffusa è il satellite ma nel 2009 sarà il digitale terrestre (previsti 8,5 milioni contro 12,5 di accessi via cavo e i poco più di 5 del satellite). Questa previsione a favore del cavo non vale per quanto riguarda la Tv a pagamento, che vede primeggiare la TDT fin dal 2007, e potrebbe essere alterata alla luce della forte promozione del digitale terrestre condotta in Italia da Mediaset, che ne è al momento il maggiore protagonista, e dal governo; potrebbero cioè esserci più accessi TDT del previsto e un po' meno cavo, non abbastanza comunque da non ingolosire altri operatori di rete, oltre Telecom Italia. Anche perché nel frattempo il cavo si diffonde comunque per gli usi non-TV che né il satellite né il digitale terrestre garantiscono allo stesso livello di prestazioni. A proposito del digitale terrestre, che avevo già definito la foglia di fico della legge Gasparri, e del forte sostegno pubblico che riceve rimangono sul tappeto alcune comprensibili obiezioni e lamentele. Questa tecnologia è riservata a chi aveva già le licenze analogiche, perciò la legge impedisce il manifestarsi di nuovi importanti Massimo Biondi - mail@massimobiondi.it 2
Uomini & Business – Anno 18 Numero 1 – Gennaio 2006 ___________________________________________________________ operatori oltre i tre che sappiamo (il duopolio RAI-Mediaset con l’aggiunta di Telecom). Per di più lo Stato attraverso la Fondazione Bordoni premia in denaro le applicazioni e-Government realizzate su TDT ma non su altre piattaforme e attraverso incentivi diretti (finanziarie 2004 e 2005) finanzia l’acquisto di decoder TDT, trascurando per esempio quelli satellitari. Situazioni che sicuramente privilegiano la TDT rispetto alle tecnologie concorrenti. Infatti SKY, che è solo satellitare, se l’è presa e attende che la UE intervenga in nome della prevista e richiesta (dalle norme comunitarie) neutralità tecnologica. Anche l’Autorità per le Comunicazioni dovrebbe metterci il naso e anche l’antitrust dirà la sua, però, temo, quello che è fatto è fatto, come è tradizione nella storia della TV in Italia. Una cosa sconcertante è che dopo la Gasparri e fra tante situazioni che portano benefici colossali anche o soprattutto a Mediaset e altre aziende del gruppo Fininvest (come vedremo) la polemica sul conflitto di interessi del premier si concentri sulla partecipazione del fratello in una società che distribuisce decoder per il digitale terrestre. Quisquilie! Pinzillacchere, direbbe Totò. Si è parlato meno della cessione a Mediaset delle frequenze digitali di D-Free, proprietà di Tarak Ben Ammar, da sempre considerato nel giro di amicizie d’affari del gruppo Berlusconi e suo ex socio. Questo signore non è mai stato considerato un vero outsider, semmai un fiancheggiatore. E ora se ne ha conferma nei fatti. Leciti, ci mancherebbe, ma senz’altro in linea con i sospetti dei più maligni. Con le frequenze comprate da D-Free Mediaset non ci farà la televisione normale, per la quale di frequenze ne ha già, ma quella per i telefonini, in gergo tecnologico Dvb-h, una cosa molto vicina al digitale terrestre. Mediaset ha già un cliente che vuole quel servizio: TIM, ora incorporata in Telecom Italia. Tra le due società esiste un accordo quinquennale in base al quale Mediaset fornirà a TIM contenuti non esclusivi. Parallelamente TIM si impegna anche a far realizzare a RTI (gruppo Fininvest) una parte delle infrastrutture di trasmissione. Eppure Telecom Italia una certa esperienza nel costruire reti dovrebbe averla. Mah! L’operazione “fornitura di contenuti” garantisce a Mediaset un minimo di una settantina di milioni, sembra, fra contenuti pagati a forfait (quelli trasmessi anche in chiaro sulla TDT) e minimi garantiti per eventi a pagamento, a cominciare dal calcio. Nemmeno tanti. Se poi dal calcio TIM incasserà più del minimo una parte dei proventi extra verrà trasferito a Mediaset. Massimo Biondi - mail@massimobiondi.it 3
Uomini & Business – Anno 18 Numero 1 – Gennaio 2006 ___________________________________________________________ Anche in questo caso tutto lecito, nel contesto normativo di riferimento, però mi sembra lecito anche osservare che l’accordo fra due operatori dominanti meriterebbe sempre l’attenzione delle Autorità preposte alla tutela dei consumatori, del mercato e della concorrenza. A proposito di operatori dominanti: la Juventus, la società di calcio con più tifosi in Italia. In quanto società numero uno ha meritato le attenzioni dell’altro numero uno, Mediaset, alla quale ha ceduto i diritti per tutte le partite casalinghe fino al 2010 (due anni dal 2007 con opzione sul terzo). La novità consiste nel fatto che i diritti sono ceduti per tutte le piattaforme tecnologiche: terrestre (TDT), cavo (internet), mobile (Dvb-h) e satellitare. Si ritiene che facilmente Mediaset otterrà gli stessi diritti anche dal Milan, nel nome della comune appartenenza al gruppo Fininvest. Un inciso a proposito di conflitto di interessi: Adriano Galliani, ex amministratore Mediaset e notoriamente uomo Fininvest in affari con Fininvest, è anche il presidente vicario del Milan (sostituisce formalmente Silvio Berlusconi) e il presidente della lega calcio, carica che ha difeso accanitamente la scorsa primavera quando qualcuno voleva sostituirlo. La lega calcio è tra l’altro preposta alla definizione degli accordi con le TV per conto di tutte le squadre….. Chiuso l’inciso. Juventus e Milan, per chi non lo sapesse, sono le squadre che si sono divise quasi tutti i campionati degli ultimi 10 o 15 anni. Ce n’è abbastanza per dire che Mediaset ha messo le mani anche sul calcio, che finora e fino al 2006 vedeva SKY in posizione di forza. Anche questa operazione è del tutto lecita, però è opposta ad un modello – per me auspicabile – nel quale il proprietario del contenuto (la partita) lo vende direttamente al fruitore finale tramite un operatore di rete digitale (vendita per evento anziché per canale). Ne riparleremo. Per ora è utile rilevare che il contratto Juventus- Mediaset manifesta delle asimmetrie rispetto ad altre situazioni. Quando è nata SKY, dalla fusione di Tele+ e Stream, aveva tutti i diritti sul campionato, che è il contenuto più prezioso. A SKY è stato consentito di mantenere il monopolio di fatto sulla trasmissione satellitare del calcio ma, per impedire posizioni dominanti, le è stato imposto di cedere quelli per le altre tecnologie. Sono stati fissati anche i prezzi che gli altri operatori dovevano pagare. Su questa base Fastweb ha potuto offrire ai propri clienti praticamente tutta la proposta SKY (calcio, cinema, documentari, Massimo Biondi - mail@massimobiondi.it 4
Uomini & Business – Anno 18 Numero 1 – Gennaio 2006 ___________________________________________________________ eccetera), facendo concorrenza alla SKY stessa non sul contenuto, che era identico, ma sulla piattaforma di trasmissione, cavo invece di satellite. Al momento nessuna norma impone a Mediaset di fare altrettanto, nemmeno per le piattaforme che non ha, come il cavo e il satellite. A SKY invece è impedito di acquisire diritti per le tecnologie che non possiede, cioè tutte escluso il satellite. Se vorrà ancora trasmettere la Juventus dal 2007 dovrà comprare i diritti da Mediaset, a condizioni da discutere. Salvo che non intervenga l’antitrust. Questo è, per ora. In attesa che la RAI dia un segno di vita e che Telecom si impegni nei contenuti, se mai lo farà seriamente, Mediaset si profila come il dominatore assoluto della scena televisiva digitale, più di quanto non domini quella analogica. Dispone di proprie reti di trasmissione, delle frequenze e di contenuti pregiati. E’ il numero uno ma la storia non si fermerà qui. C’è chi dice che l’accordo con TIM per i contenuti dei telefonini potrebbe essere solo il primo di una serie di business con Telecom Italia…. In attesa di tornare sull’argomento bisognerebbe pensare un po' all’opportunità di rivedere le norme che consentono di concentrare in capo ad un unico soggetto il controllo di reti di trasmissione, frequenze e contenuti di interesse generale o di particolare pregio. Proprio gli operatori dei contenuti dovrebbero essere i più attenti in questo senso. Vedremo. Certo che se solo Mediaset ha una vision e la capacità di perseguirla con abilità e chiarezza di intenti per gli altri pretendenti al mercato la vita si farà sempre più difficile. E sarà inutile lamentare il peso politico di Mediaset come fattore decisivo. In questo business chi non ha capacità di lobbying – corretta, all’americana – non può che puntare a posizioni di rincalzo. Massimo Biondi - mail@massimobiondi.it 5
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