TERREMOTI E VULCANI ALCUNI FENOMENI FISICI CHE SERVONO AL NOSTRO PIANETA COME MECCANISMI DI SFOGO DELLE ENORMI ENERGIE CHE SI TROVANO NEL NOSTRO ...
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TERREMOTI E VULCANI ALCUNI FENOMENI FISICI CHE SERVONO AL NOSTRO PIANETA COME MECCANISMI DI SFOGO DELLE ENORMI ENERGIE CHE SI TROVANO NEL NOSTRO PIANETA.
TERREMOTI Movimento brusco e rapido che si manifesta sulla superficie terrestre con una serie di scosse dovute alle onde sismiche originatesi in un punto più o meno profondo della crosta terrestre o del mantello dove è avvenuta un'improvvisa rottura.
IPOCENTRO L'ipocentro è il punto all'interno della Terra dove ha inizio la fratturazione e lo scorrimento dei blocchi rocciosi. La rottura provoca il rilascio dell'energia accumulata. In superficie, in corrispondenza dell'ipocentro si trova l'epicentro.
EPICENTRO Di solito queste rotture, ed i conseguenti spostamenti, si hanno lungo linee preferenziali chiamate faglie, e il punto preciso da cui si propaga il terremoto è detto ipocentro, mentre lo stesso punto, portato in verticale sulla superficie terrestre, si chiama epicentro
DEFORMAZIONI PLASTICHE E RIGIDE Le deformazioni di tipo plastico sono quelle che modificano la forma, e a volte la struttura della roccia, ma senza che questa subisca delle rotture. Questo processo quindi "piega" le rocce, un po' come si piega una barra di ferro. È questo tipo di deformazione che da vita al fenomeno delle pieghe. Tutti i tipi di roccia possono essere interessati da pieghe, ma i risultati di tali piegamenti si notano più facilmente in rocce sedimentarie che per la loro particolare geometria costituita da strati sovrapposti aiutano l'osservatore ad individuare l'andamento curvilineo della deformazione (vedi figura in alto a sinistra).
PIEGHE La struttura base di una piega è composta dai fianchi che unendosi formano la cerniera; la retta che passa lungo la cerniera è chiamata asse della piega ed individua l'immersione della piega stessa (l'insieme degli assi di una piega costituisce il piano assiale. Dalla disposizione dei fianchi si può risalire all'entità dello sforzo che ha formato la piega; infatti un piccolo sforzo darà vita a pieghe quasi piatte con i fianchi molto aperti (piega lieve), ma più lo sforzo applicato è grande e più i fianchi della piega saranno vicini, cosi si passa da pieghe lievi, a pieghe aperte, chiuse, strette ed isoclinali nelle quali i fianchi della piega sono paralleli. Le pieghe in cui gli strati sono incurvati verso l'alto si dicono sinclinali, mentre quelle con gli strati verso il basso sono chiamate anticlinali (dipendendo sull'età degli strati che si trovano nel nucleo della piega, si distinguono anche le anticlinali sinformi e le sinclinali sinformi). Accanto uno schema che illustra l'immersione degli assi delle pieghe.
P I E G H E
LA DEFORMAZIONE ELASTICA La deformazione elastica è quel genere di deformazione attraverso il quale la materia si deforma solo nel momento della spinta e quando questa viene meno torna nel suo stato iniziale senza aver subito alcuna modificazione. Questo tipo di deformazione in realtà si osserva raramente in natura poiché noi vediamo e studiamo i risultati della deformazione e non mentre questa avviene, inoltre materiali completamente elastici non esistono in natura.
DURANTE UN TERREMOTO Se sei in casa... Mettiti al riparo sotto un tavolo per proteggerti dalla caduta di calcinacci o con le spalle poggiate contro le pareti portanti. Non percorrere le scale. Non uscire dall'edificio, potrebbero cadere vetri, calcinacci, cornicioni. Non usare l'ascensore Stai lontano dalle finestre e dalle pentole sul fuoco. Se sei a scuola... Mettiti sotto un banco. Cerca di fare coraggio a chi ti sta vicino. Non correre fuori dell'edificio. Ricordati delle informazioni ricevute quando in classe avete affrontato l'argomento protezione civile Se sei allo stadio, cinema, tra la folla.... Stai calmo e non muoverti, soprattutto, non cercare di scappare. Ricordati che il maggior pericolo è rappresentato dal panico. Se ti trovi immerso nella folla che scappa, stringi le braccia davanti allo stomaco per garantirti il respiro e proteggere la cassa toracica. Dopo la scossa... Se incontri persone in preda a crisi di paura o leggermente ferite, ciechi, handicappati, innanzitutto contatta le strutture di protezione civile, poi cerca di consolare le persone più bisognose. Collabora attivamente con le forze preposte all'emergenza. Riferisci loro ogni notizia certa di incendi, crolli e persone ferite. Non usare inutilmente il telefono; le linee telefoniche devono essere utilizzate solo da chi ha bisogno di un'ambulanza o dei Vigili del Fuoco.
I TERREMOTI SONO DIVISI GENERALMENTE IN TRE TIPI DIVERSI
Terremoti d’assestamento: se una cavità sotterranea sprofonda improvvisamente può provocare delle scosse d’assestamento talvolta assai violente, ma in un’area assai limitata;
Terremoti d’origine vulcanica: anch’essi possono provocare effetti catastrofici che precedono e accompagnano le eruzioni vulcaniche.
Terremoti d’origine Tettonica: sono i più temibili, a causa delle vaste aree che interessano. Si verificano per assestamento della crosta terrestre dove non è ancora stato raggiunto un equilibrio tra i vari punti della terra.
LE PLACCHE Fino all'inizio del novecento i geologi erano convinti che i continenti e i bacini oceanici fossero forme stabili e immobili della superficie terrestre, ma nel corso degli ultimi decenni una grande quantità di nuove informazioni e dati ha contribuito a mutare radicalmente la nostra interpretazione circa l'attività della Terra e i conseguenti fenomeni che osserviamo sulla sua superficie (vulcani, terremoti ecc…). Adesso interpretiamo la crosta non più rigida ma anzi formata da circa 20 zolle, o placche, di cui le maggiori sono sei: quella africana, quella euroasiatica, quella pacifica, la zolla nordamericana, quella dell'sudamericana e infine quella antartica.
Tutte queste placche poggiano sul mantello, che non è un substrato rigido e quindi permette un certo movimento alle zolle. L'idea che i continenti, in particolare il Sud America e l'Africa si potessero fare coincidere a formare un unico continente, era già stata fatta presente nel 1858 da Antonio Pellegrini ma senza nessuna base scientifica se non il fatto che le coste di queste due placche potevano coincidere in modo quasi perfetto. Ma si deve al metereologo Alfred Wegener il merito di presentare l'idea della deriva dei continenti (1915) accompagnata da una serie di prove ed osservazioni; ipotizzò che un tempo fosse esistito un suprecontinente, che chiamò Pangea, e questo circa 200 milioni di anni fa avesse iniziato a frammentarsi in pezzi più piccoli che sono andati alla "deriva" verso le posizioni attuali.
COME SI FA A MISURARE I TERREMOTI? Per superare questo problema si usa il sismografo. Un sismografo è uno strumento formato da un rotolo di carta e di un "pennino" che scrive sulla carta sul rotolo. Il trucco è che il pennino è tenuto sospeso da una molla che fa mantenere al pennino la stessa posizione, mentre durante il terremoto il rotolo di carta andrà su e giù seguendo i movimenti del terreno. Il pennino sta più o meno nella stessa posizione perché la molla, a cui è attaccato, assorbe i movimenti del terreno e non li trasmette a questo.
Grazie a questi strumenti, e agli stessi terremoti, gli esperti possono studiare l'interno del pianeta e vedere cosa c'è al di sotto della crosta sulla quale viviamo (infatti non si può sapere nulla direttamente visto che nessuno è mai andato nel centro della terra e anche le più moderne tecniche di perforazione petrolifera non consentono di andare a profondità maggiori di 10- 15 Km, e si è anche potuto dividere l'interno della terra in varie parti come la crosta, il mantello e il nucleo
QUALI SONO LE SCALE PER MISURARE I TERREMOTI?
SCALA MERCALLI 1° grado : strumentale – registrata solo dai sismografi 2° grado : leggerissima – avvertita solo da persone particolarmente sensibili 3° grado : leggera – avvertita da persone a riposo, soprattutto ai piani alti 4° grado : mediocre – avvertita anche camminando, oscillazione di oggetti appesi 5° grado : forte – risveglio di persone che dormono, suono di campane, cadute di oggetti 6° grado : molto forte – lievi danni agli edifici, oscillano gli alberi 7° grado : fortissima – allarme generale, crepe nei muri, caduta di intonaci 8° grado : rovinosa – caduta di camini, gravi danni agli edifici 9° grado : disastrosa – crollo di alcuni edifici, rottura di condutture, crepe nel terreno 10° grado : disastrosissima – crollo di molti edifici, rotaie piegate, grandi crepacci nel suolo, frane 11° grado : catastrofica – pochi edifici superstiti, ponti distrutti, tutti i servizi (ferrovie, condutture, cavidotti) fuori uso, grandi frane, inondazioni 12° grado : grande catastrofe – distruzione totale, oggetti scagliati in aria, sollevamenti ed abbassamenti del suolo ad onde
SCALA RICHTER Tale scala non ha divisioni in gradi, limiti inferiori, (se non strumentali) e superiori. La valutazione dell'energia liberata da un sisma è associata ad un indice, detto magnitudo, che si ottiene rapportando il logaritmo decimale dell'ampiezza massima di una scossa e il logaritmo di una scossa campione. Lo zero della scala equivale ad una energia liberata pari a 105 Joule. Il massimo valore registrato, è stato di magnitudo 8.6 equivalente all'energia di 1018 J.
SCALA ESI 2007 Un gruppo di geologi e sismologi italianI, composto da ricercatori del Cnr, Apat e Università dell’Insubria, ha messo a punto un metodo di classificazione dei sismi basato sugli effetti ambientali, che potrebbe far risparmiare migliaia di vite umane e miliardi di euro di danni Si chiama ESI 2007 (Environmental Seismic Intensity Scale) ed è una nuova scala di intensità sismica basata sugli effetti che i terremoti producono sull'ambiente e non solo su edifici e infrastrutture. Uno strumento che consente una migliore conoscenza e valutazione dei sismi e che può essere utilizzato nel prevenire e mitigare gli effetti da questi causati sull'ambiente, predisponendo più accurate pianificazioni territoriali, con la prospettiva di ridurre le perdite umane e la riduzione del danno economico. La scala ESI 2007, costituita da 12 gradi di intensità, analoghi a quelli delle scale tradizionali, si basa invece esclusivamente sugli effetti indotti sull'ambiente fisico.
LA STORIA DEI VULCANI C'è un'isola piccola piccola pochi chilometri a nord della Sicilia che ha dato il nome a tutti i vulcani del mondo: l'isola di VULCANO. Secondo gli antichi greci era su quest'isola che il Dio Vulcano abitava e lavorava nella sua mitica fucina. L'isola di Vulcano fa parte di uno degli arcipelaghi più spettacolari del pianeta: L'arcipelago delle isole Eolie. Un arcipelago formato da sette distinte isole vulcaniche : Alicudi, Filicudi, Panarea, Lipari, Salina, Stromboli e Vulcano.
MAGMA Un vulcano è la via attraverso la quale il materiale fuso, chiamato magma, dall'interno della Terra arriva in superficie, trabocca all'esterno e si faffedda formando la roccia effusiva chiamata generalmente lava. Nel corso di tale movimento porzioni di magma possono rimanere intrappolate entro la crosta e non raggiungere mai la superficie. In questo caso si raffreddano e formano roccia solida all'interno della crosta stessa, dando origine alle rocce plutoniche o intrusive. Se queste porzioni intrusive sono di grandi dimensioni prendono il nome di batoliti.
OGNI TIPO DI FUORIUSCITA DEL MAGMA PORTA A DIVERSE ERUZIONI
ERUZIONI Tra i fattori che determinano la natura di un'eruzione, quelli principali sono: la composizione chimica del magma, la sua temperatura e la quantità di gas disciolti in esso. I primi due controllano principalmente la mobilità del flusso di magma, chiamata più precisamente viscosità; quanto più questo è viscoso tanto maggiore è la sua difficoltà a muoversi e scorrere. Una delle differenze composizionali che più determinano differenti viscosità e quindi differenti tipi di eruzioni è la quantità di silice
I MAGMI DI DIFFERENZIANO IN DUE GRANDI CATEGORIE:
QUELLI POVERI Quelli poveri di silice (detti anche basici) che danno origine alle rocce mafiche, come il basalto, costituite per circa il 50% di silice.
QUELLI RICCHI Quelli ricchi di silice (detti acidi), contenenti oltre il 70% di silice, che danno origine alle rocce sialiche, come i graniti e il loro corrispettivo effusivo le rioliti.
VULCANO ERUZIONE ATTIVITA' MAGMA Hawaiiana Effusiva Fluido Stromboliana Mista Semi-fluido Vulcaniana Mista Viscoso Molto Peleana Esplosiva viscoso
La scala VEI •E’ molto difficile assegnare una magnitudine a un'eruzione in modo quantitativo. Walker (1980) suggerì che occorrono 5 parametri per definire adeguatamente la natura o la dimensione di un'eruzione esplosiva: •Magnitudine di massa, è la massa totale del materiale eruttato. •Intensità , è la ragione a cui il magma è espulso (massa/tempo). • Potere dispersivo, è l'area su cui si distribuiscono i prodotti vulcanici o è correlata all'altezza della colonna eruttiva. •Violenza , è una misura dell'energia cinetica liberata durante le esplosioni, correlata alla capacità dei frammenti lanciati, •Potenziale distruttivo, è una misura dell'estensione della distruzione di edificazioni, terre coltivabili o vegetazione, prodotta da un'eruzione.
•Nel 1957 e nel 1963 si propose di estendere le scale di volume a una scala di Magnitudine di energia , basata sulla relazione di proporzionalità diretta tra la massa del materiale emesso, il suo volume o l'energia liberata. Recentemente, Una misura della dimensione delle eruzioni che combina alcuni dei parametri anteriori (in base alla disponibilità di informazioni), è l' indice di esplosività vulcanica, VEI (Newhall o Self, 1982). Alle eruzioni storiche viene assegnato un numero dallo 0 all'8. I numeri VEI corrispondono alle seguenti caratteristiche di eruzione:
VEI Altezza della Volume dei Classificazione Esempio nube materiali espulsi 0 < 100 m 1000 m3 Hawaiana Kilauea 1 100 m - 1 km 10.000 m3 Hawaiana/ Stromboli Stromboliana 2 1 - 5 km 1.000.000 m3 Stromboliana/ Galeras, 1992 Vulcaniana 3 3 - 15 km 10.000.000 m3 Vulcaniana Ruiz, 1985 4 10 - 25 km 100.000.0000 Vulcaniana/ Galunggung, 1982 m3 Pliniana 5 > 25 km 1 km3 Pliniana St. Helens, 1981 6 > 25 km 10 km3 Pliniana/ Krakatau, 1883 Ultra-Pliniana 7 > 25 km 100 km3 Ultra-Pliniana Tambora, 1815 8 > 25 km 1000 km3 Ultra-Pliniana Yellowstone/ Toba/Campi Flegrei
VULCANI A SCUDO Vulcani a scudo si formano da eruzioni effusive con colate di lava molto fluida; hanno in pianta una forma allargata e fianchi poco inclinati (in generale fra 2° e 10°, raramente più di 15°). Il nome deriva dal fatto che i vulcani a scudo sono grossolanamente rotondi, presentano spesso un piccolo cono al centro e coni laterali che li fanno somigliare a scudi borchiati di antichi guerrieri. Le dimensioni di un vulcano a scudo possono variare di molto e la struttura tende a ingrandirsi e a cambiare forma per l'accumulo di lave emesse alla sommità o lungo i fianchi. Alcuni piccoli vulcani a scudo sono formati da una sola eruzione, ma anche quelli grandi possono derivare da una sola eruzione molto prolungata nel tempo. I vulcani a scudo più estesi si formano per la sovrapposizione di incessanti colate di lave basaltiche.
VULCANI A STRATO- VULCANO Quando un vulcano è formato dalla sovrapposizione di prodotti eruttati sia da eruzioni esplosive che da eruzioni effusive, viene chiamato strato-vulcano (o vulcano composito). I fianchi di questi vulcani hanno pendii molto ripidi e non è raro individuare i resti di precedenti crateri parzialmente distrutti dalle fasi esplosive più intense. Le dimensioni sono spesso rilevanti, ma inferiori a quelle dei vulcani a scudo. In Italia i migliori esempi sono rappresentati dall'Etna (3210 m s.l.m. e una base di 40 km) e dal Vesuvio, mentre tra i più grandi del mondo vi è il Fujiyama, in Giappone, alto 3700 m s.l.m. e con un diametro basale di 30 km. Di dimensioni più o meno simili sono i vulcani Shasta e Rainier nella catena Cascade negli Stati Uniti e Popocatépetl e Orizaba in Messico. Gli strato-vulcani si accrescono per la sovrapposizione di prodotti emessi prevalentemente da un cratere centrale, anche se i loro fianchi sono spesso segnati da conetti eruttivi laterali. I coni laterali sono considerati indicatori di una lunga attività. Infatti, man mano che il vulcano si accresce, diventa sempre più difficile per il magma giungere allo sbocco sommitale e la pressione nel tratto inferiore del condotto diventa così alta da fratturare il cono e iniettare il magma lateralmente.
La posizione dei coni laterali e il loro progressivo spostamento indicano l'andamento delle fratture che si sono prodotte nel cono principale. Quando le eruzioni avvengono da un condotto centrale, la forma dei vulcani compositi è molto vicina a quella di un cono. Se il condotto è costituito da una fessura come, ad esempio, il vulcano Hekla in Islanda, o se il punto di emissione si sposta lungo una frattura, il vulcano assume una forma allungata. Se il condotto principale si sposta con il tempo in maniera irregolare, anche la forma del vulcano diventa irregolare, come nel caso dell'Etna. L'alternarsi di eruzioni effusive e esplosive su uno stesso vulcano, talvolta senza determinanti variazioni nella composizione del magma come nel caso del Vesuvio, è probabilmente favorito dalla chiusura del condotto principale per l'accumulo di magma viscoso. La pressione del magma e del gas sotto un condotto ostruito può crescere fino a provocare un'eruzione esplosiva. Le fasi esplosive tendono a distruggere la parte sommitale del vulcano e ad allargare il condotto, ripristinando le condizioni favorevoli per una successiva attività di tipo effusivo.
VULCANI ITALIANI I vulcani italiani attivi sono quelli siciliani (Isole Eolie, Etna e Canale di Sicilia) e quelli campani (Vesuvio, Campi Flegrei e Ischia). I termini per stabilire se un vulcano inattivo deve essere considerato definitavamente spento o meno non sono molto precisi essendo i tempi di un vulcano, e in generale i tempi geologici, troppo lunghi per l'osservazione umana. Ritenere che un vulcano non tornerà in attività richiede una certa cautela, dal momento che si conoscono vulcani i cui periodi di riposo si sono protratti per molte centinaia di anni.
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