Studio P_CARE: dal paziente alla persona malata. I risultati dell'indagine
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Journal of Health Care Education in Practice (Special Issue - Sep, 2021) Atti del convegno “P_CARE: dal paziente alla persona” 16/04/2021 Scientific Article- DOI: 10.14658/pupj-jhcep-2021-3-8 Studio P_CARE: dal paziente alla persona malata. I risultati dell’indagine Natascia Bobbo Università degli studi di Padova Abstract: La mancata aderenza terapeutica, particolarmente diffusa tra le persone affette da patologie cronico-degenerative, rappresenta un fenomeno le cui proporzioni sono causa di costi altissimi sia per le organizzazioni e i sistemi sanitari nazionali e sovranazionali che devono farsi carico delle sue conseguenze, sia per le persone stesse che, colpite da complicanze e riacutizzazioni, vedono degradare la qualità delle loro vite e sono costrette ad affrontare indicibili sofferenze, esponendosi talvolta perfino alla morte. A partire da tali evidenze, lo studio osservazionale, quasi-sperimentale randomizzato, P_Care ha visto l’ideazione, l’implementazione e la sperimentazione di percorsi personalizzati di educazione terapeutica finalizzati a migliorare l’aderenza alle prescrizioni mediche assegnate, nonché a migliorare il processo di adattamento alla propria condizione di cronicità per ogni paziente considerato prima di tutto in quanto persona. Il contributo presenta i risultati dell’analisi quantitativa sui dati raccolti nell’anno di sperimentazione. Introduzione La mancata aderenza terapeutica, particolarmente diffusa tra le persone affette da patologie cronico-degenerative, rappresenta un fenomeno le cui proporzioni sono causa di costi altissimi sia per le organizzazioni e i sistemi sanitari nazionali e sovranazionali che devono farsi carico delle sue conseguenze (in termini di incremento dei ricoveri e delle terapie farmacologiche o chirurgiche), sia per le persone stesse che, colpite da complicanze e riacutizzazioni, vedono degradare la qualità delle loro vite e sono costrette ad affrontare indicibili sofferenze, esponendosi talvolta perfino alla morte (WHO, 2003). Secondo alcuni studi di area psicologica e medica, sono diverse le dimensioni che possono incidere in modo rilevante sulla capacità e volontà di un paziente affetto da una patologia cronica di adattarsi efficacemente alla propria condizione di malattia, aderendo alle prescrizioni mediche definite per essa. In particolare, si individuano: a) l’efficienza e la fruibilità dei servizi sanitari del proprio territorio di afferenza; b) la situazione economico-sociale che caratterizza la storia e la vita del paziente; c) le variabili legate al tipo di patologia di cui è affetto o alla terapia che deve seguire (Ajzen & Fishbein, 1980; Morisky et al., 1986; Deccache, 1995; Cooper et al., 2001; Kessels, 2003; WHO, 2003, pp. 3-5). Tuttavia, gli studi di area socio-pedagogica consentono di annoverare ulteriori elementi rilevanti nella presa di decisione autoprotettiva del soggetto: a) il bagaglio di conoscenze sulla salute che la persona già possiede sulla propria condizione, la così detta Health Literacy (Lee et al., 2018); b) la sua capacità e modalità di apprendere in modo significativo quanto le viene chiesto di sapere, ricordare, gestire; c) le sue capacità di gestione degli imprevisti e quindi di presa di decisione e problem solving; d) le sue capacità comunicative e di relazione; e) lo stile motivazionale che supporta tali comportamenti e apprendimenti; e) le singole rappresentazioni significanti che connotano il suo orizzonte di senso e il suo progetto di vita (Kolb & Fry, 1979; Flemming & Mills,1992; Flemming, 1995; Hudani et al., 2016; Gatwood et al., 2016; Lyons et al., 2016; Charmaz, 1983, 1997; Becker, 1997; Radley, 1994). Si
Journal of Health Care Education in Practice (Special Issue - Sep, 2021) tratta, quindi, di abilità diverse che attengono alla sfera cognitiva da una parte, valoriale ed etica dall’altra. La mole di studi indirizzati a quest’area di ricerca è indicativa della complessità delle dinamiche che soggiacciono a tale tematica. La persona, cui venga comunicata una diagnosi di patologia cronica, fatica ad accettare una nuova identità di soggetto malato, piuttosto tende a rifiutarla, arroccandosi in una nostalgica, quanto pericolosa, posizione involutiva (Frank, 2002). Le rinunce, i limiti e i divieti che la malattia le impone vengono vissuti con un misto di incredulità e di frustrazione che rischia di trovare forma in reazioni difensive e di mancato adattamento (Charmaz, 1997). Così, non solo ella non rinuncia alla sua vita di persona sana (un'identità che di fatto non esiste più) e alle abitudini che la connotavano, ma rischia contestualmente di perdere la speranza nella possibilità di raggiungere un nuovo stato di equilibrio tra ciò che desidera essere e fare e ciò che oggi la malattia le impone: il caos in cui è precipitata sembra irrisolvibile (Becker,1997). In questo stato emotivo non è in grado di apprezzare quanto determinati apprendimenti potrebbero fornirle, tanto più se i contenuti in oggetto (conoscenze sulla patologia, abilità di autocura, attitudini all'aderenza terapeutica) le vengono proposti secondo modalità informativo-didattiche del tutto inadeguate rispetto alle sue capacità e preferenze di ascolto o di apprendimento significativo (Knowls, 1975; Knowls et al., 2014). È noto come, anche nell’area della cronicità, per rendere un percorso educativo efficace sia necessario rispettare alcuni presupposti: in particolare, il livello di personalizzazione, l’analisi dei bisogni della persona e la presa in carico della dimensione esperienziale della stessa. Il livello di personalizzazione dei percorsi educativi è stato individuato come fattore discriminate in alcuni studi in area medica, ma dal punto di vista delle scienze umane è storicamente sancita la singolarità della persona e il suo non essere codificabile in nessuna categoria precostituita: non è quindi possibile calare dall’alto un intervento educativo definito per un gruppo di pazienti accumunati solo da una diagnosi (Golas et al., 2021; Ricoeur, 1983). L’analisi dei bisogni della persona appare un elemento dirimente nel garantire l’efficacia di un qualsiasi intervento educativo: prima di realizzare o progettare un qualsiasi intervento che preveda di provocare un cambiamento nella persona, anche se paziente, è necessario infatti operare una valutazione delle sue competenze di base, di quelli che vengono definiti i prerequisiti di apprendimento e di quelli che sono i suoi bisogni vitali (psicologici e sociali), gli stessi che sostengono la sua motivazione ad ascoltare, capire ed accogliere quello le verrà proposto di apprendere (Bobbo, 2014; Deci & Ryan, 2008). La necessità di prendere in carico nel processo educativo del paziente il vissuto esperienziale dello stesso viene suggerito già nel cambiamento di prospettiva suggerito nel documento di nascita dell’Organizzazione Mondiale della sanità nel 1948, ma approfondito soprattutto nello scorcio finale del secolo scorso dagli studi di Kleinmann (1992, 2014), Leventhal e Cameron (1987), e dalla sociologia della salute, fino ad arrivare alle ricerche di area pedagogica della Aujoulat (2007, 2008) nella prima decade di questo secolo. Da tali consapevolezze, ha avuto origine nel 2018 lo studio P_CARE, una ricerca-azione orientata a operare un tentativo di accompagnamento della persona affetta da una patologia cronica verso un adattamento evolutivo alla sua condizione patologica, senza trascurare la dimensione umana che in essa permane. Le finalità dello studio sono rintracciabili fin dall’acronimo che ne contraddistingue il titolo e che diviene sintesi dei suoi assunti: P_CARE infatti sta per, rispettivamente, Paziente/Persona, Conoscenze, Autonomia, Relazioni, Esperienza vissuta. Nello specifico: persona: secondo la prospettiva pedagogica, nella presa in carico di un paziente cronico da un punto di vista educativo non è possibile prescindere dalla persona che egli è e resta, nonostante e oltre la diagnosi (Bobbo, 2012; Bobbo, 2020; Bruzzone, 2020). conoscenze: l’adattamento della persona alla sua condizione patologica ha come prima condizione la conoscenza da parte di quest’ultima di alcune informazioni che definiscano la natura della patologia e la tipologia di prescrizioni che ad essa sono legate (WHO, 2003). autonomia: il concetto di libertà di scelta nell’approccio al paziente che ha contraddistinto lo studio è centrale, questo perché la persona malata deve poter avere la possibilità di scegliere in base ad un suo orizzonte valoriale e al suo specifico progetto di vita se adottare 32
Journal of Health Care Education in Practice (Special Issue - Sep, 2021) un comportamento autoprotettivo e allo stesso tempo, deve possedere abilità di presa di decisione di tipo adattivo ed evolutivo per affrontare tutta una serie di problemi o ostacoli che la malattia potrà comunque porle dinanzi (Ricoeur, 1983; Mounier, 1964). relazione: sono molti gli studi che attestano la connessione positiva tra rete sociale supportiva e adattamento del paziente alla sua condizione, ragione per cui i legami e la qualità degli stessi che la persona ha già costruito precedentemente alla malattia e la loro capacità supportiva nei suoi confronti diventano oggetto di attenzione particolare da un punto di vista educativo (Kitko et al., 2020; Bobbo, 2020). esperienza vissuta: ultima ma non di minore importanza, l’esperienza che il paziente vive dopo la diagnosi diventa di fatto un elemento centrale della persea in carico del paziente, poiché il contenuto mentale, emotivo e psicologico, che la condizione di cronicità scatena nella persona può incidere fortemente sulla sua capacità e volontà di adattarsi alla malattia così come di percepirne le conseguenze, con effetti sull’equilibrio psichico della persona (Bobbo, 2012). Disegno dello studio Lo studio realizzato si configura come una ricerca pilota, empirica basata sull’approccio mutuato dall’Experimental Action Reserach (Lewin, 1940, Perneky, 1963), per il quale lo studio e l’esperienza si intrecciano, cosicché diviene possibile per il ricercatore ridefinire i suoi obiettivi e i suoi metodi nel corso della realizzazione dei suoi interventi, nell’incontro con ciascun paziente. Concretamente, è stato scelto un approccio di tipo interventistico, quasi sperimentale perché pur avendo previsto un arruolamento con randomizzazione in gruppo sperimentale e di controllo dei pazienti, il campione di soggetti che era possibile coinvolgere non sarebbe stato comunque statisticamente rappresentativo, ma di convenienza. Obiettivi dello studio Gli obiettivi che lo studio si poneva si identificavano nella volontà di: ideare e implementare alcuni percorsi educativi personalizzati per pazienti affetti da un quadro di cronicità e sperimentarne l’efficacia in termini di miglioramento dell’aderenza terapeutica (condizione sine qua non per il benessere complessivo del paziente), sia di un miglioramento dello stato di benessere soggettivamente percepito in termini globali da parte del paziente. valutare se fosse possibile evidenziare delle differenze tra un modello di intervento di tipo personalizzato — il modello P_CARE — e un modello di tipo tradizionale — basato esclusivamente sul trasferimento di conoscenze ed informazioni attraverso una tecnica trasmissiva di tipo standardizzato su di un gruppo di pazienti definito in base alla patologia che li affliggeva—. Materiali e metodi Lo strumento della diagnosi educativa Una delle idee fondanti lo studio, vale a dire la necessità di personalizzare i percorsi di educazione e accompagnamento del paziente verso una condizione di maggiore adattamento, ha indotto i ricercatori a scegliere di applicare lo strumento della diagnosi educativa (Bobbo, 2020). Tale strategia si basa sulla raccolta di un ampio spettro di informazioni che riguardano solo in parte la componente clinica della diagnosi, includendo infatti anche alcuni dati anagrafici (età, sesso, titolo di studio, stato civile, professioni, figli) e una valutazione de: a) qualità e forza della motivazione del paziente ad aderire; b) livello di aderenza auto-percepita; c) vissuto esperienziale di malattia; e) stile di presa di decisione; f) conoscenze possedute sulle prescrizioni mediche e sulla sua patologia. Per operare tale analisi si è scelto di utilizzare uno specifico protocollo di raccolta dati, composto da strumenti validati e creati ad hoc. In particolare, in base alle dimensioni ritenute di interesse: per valutare il livello e la qualità della motivazione del paziente ad un adattamento evolutivo alla sua condizione si è fatto riferimento alla teoria dell’autodeterminazione di Deci e Ryan (2008). Secondo gli autori, il livello di soddisfazione percepito dalle persone rispetto ad alcuni 33
Journal of Health Care Education in Practice (Special Issue - Sep, 2021) bisogni definiti come vitali (autonomia, competenza e relazione) sembra direttamente collegato alla motivazione che una persona può sentire rispetto allo sforzo richiesto per adattarsi in termini evolutivi alle sfide che la vita le impone. Tanto più è alta la soddisfazione dei bisogni tanto più sono motivati i pazienti ad avere un comportamento proattivo. Lo strumento elaborato da Deci e Ryan per la valutazione dei livelli di soddisfazione dei bisogni psicologici di base è il Basic Psychological Need Scale BPNS (scoring per le tre dimensioni da 1- 5); per comprendere il vissuto di malattia che apparteneva al paziente si è fatto riferimento invece al modello elaborato da Leventhal e Cameron nel 1987 (Weinman et al., 1996; Gardini et al., 2007), con l’utilizzo del corrispondente strumento Illness Perception Questionair- IPQR. Esso consente di valutare le seguenti dimensioni: sintomi percepiti (scegliendo tra 14 sintomi quali egli percepisce ); identità percepita dal paziente (identificando nei 14 sintomi percepiti quelli che percepisce come associabili alla sua diagnosi); percezione di durata della sua patologia, che consente di distinguere tra una percezione acuta (punteggi più bassi) e cronica (punteggi più alti) (scoring 6-30); gravità delle conseguenze seguite alla diagnosi (scoring 6-30); livello di controllo personale percepito dal paziente sulla propria malattia (scoring 6-30); controllo percepito dal paziente sul proprio trattamento terapeutico (scoring 5-25); livello di comprensibilità della propria condizione, definito come coerenza interna (scoring 5-25); percezione di una sequenzialità regolare che contraddistingue la propria condizione, come alternanza di momenti di benessere e momenti di difficoltà dovuti a complicanze o acutizzazioni (durata ciclica) (scoring 4-20); infine la tonalità emotiva che contraddistingue il paziente, tanto più alto il punteggio tanto più negative sono le emozioni provate (6-30). è noto come lo stile di presa di decisione possa divenire un fattore dirimente per coloro che, come i pazienti cronici, necessitano di assumere decisioni quotidianamente su fatti e situazioni che possono poi risultare essenziali per la loro qualità di vita (gestione effetti collaterali dei farmaci, modulazione della terapia etc.); di conseguenza si riteneva utile comprendere quanto adattivo potesse esser lo stile di presa di decisione delle persone coinvolte nello studio. Lo strumento scelto è stato General Decision Making Scale - GDMS (Scott, Bruce, 1995), che consente di valutare quattro stili di presa di decisione, due adattivi (razionale e intuitivo) e tre non adattivi (spontaneo, dipendente ed evitante); (scoring 1-5). la percezione soggettiva di aderenza è stata invece valutata secondo il modello definito da Morinsky e colleghi (1986), mediante la corrispondente scala che presenta uno scoring da 0-4, con 0 bassa aderenza percepita — i.e.: un risultato con punteggi approssimabili al 4 può essere indicativo di una maggiore consapevolezza del paziente dei propri errori —. le conoscenze che il paziente già possedeva sulla patologia e sulle prescrizioni sono state valutate mediante quattro questionari creati ad hoc, uno per patologia, che sono stati redatti con la supervisione dei medici delle unità operative coinvolte nell’indagine. Ciascuno strumento si componeva di dieci domande a risposta chiusa, con tre alternative di risposta. Il protocollo si componeva inoltre di una scheda anagrafica iniziale (utile a valutare, età, anno di diagnosi, stato civile, professione, titolo di studio, presenza di figli). I dati raccolti mediante il protocollo consentivano di formulare per ciascun paziente del gruppo sperimentale una diagnosi educativa specifica che individuava punti di forza e criticità che caratterizzavano il soggetto, nelle diverse dimensioni considerate. La diagnosi definita era alla base della modulazione dell’intervento educativo che diveniva così personalizzato per ogni paziente, prevedendo la scelta di specifiche strategie di trasmissione delle informazioni e di strumenti di mediazione del dialogo educativo coerenti al profilo delineato. Metodi di intervento informativo-educativo e fasi dell’indagine Si è realizzato uno studio empirico, quasi-sperimentale, con gruppo di controllo e randomizzazione dei pazienti arruolati. Per il gruppo sperimentale e il gruppo di controllo si sono previsti due percorsi distinti. gruppo sperimentale: dopo un primo incontro (personale) finalizzato a raccogliere le informazioni utili per la diagnosi educativa, tutti i soggetti inclusi in questo gruppo sono stati coinvolti in tre incontri educativi (sempre personali) che avevano come obiettivi: I. aumentare le conoscenze del paziente sulla propria patologia e sulle proprie prescrizioni terapeutiche; II. 34
Journal of Health Care Education in Practice (Special Issue - Sep, 2021) aumentare e rinforzare le strategie di self-management e di adattamento del soggetto rispetto al comportamento di aderenza; III. accompagnare un processo di elaborazione del suo vissuto esperienziale, quindi di integrazione dell’idea di sé malato (quindi di un’identità connotata dalla malattia cronica) all’interno dell’identità complessiva. Ogni intervento educativo prevedeva l’utilizzo di una serie di strumenti educativi di mediazione del dialogo (come esemplificato nel contributo della dott.ssa Bottaro). L’ultimo passaggio vedeva un quinto incontro personalizzato di valutazione dell’intervento e dell’esperienza realizzata. gruppo di controllo: dopo un primo incontro (personale) con l’educatore di prima conoscenza e presentazione, tutti i soggetti arruolati e inclusi in questo gruppo sono stati coinvolti in due incontri (di gruppo) che avevano come obiettivo quello di aumentare le loro conoscenze sulla patologia e sulle prescrizioni terapeutiche definite per la propria condizione; infine, si è realizzato un ultimo incontro di valutazione, anche questo personalizzato con ciascun paziente. Circa a metà realizzazione dell’indagine si è manifestata l’emergenza sanitaria in seguito alla diffusione del virus SARS-CoV-2. Le misure di contenimento del contagio, in particolare il lockdown nazionale, hanno richiesto di rimodulare le modalità di realizzazione degli incontri educativi e informativi. Per alcuni pazienti è stato possibile effettuare il tutto tramite le piattaforme digitali Zoom meeting o Skype, in altri casi invece è stato necessario inviare a mezzo posta o consegnare a mano presso i domicili dei pazienti i plichi contenenti gli strumenti educativi (materiali cartacei da compilare, tabelle per la micro-progettazione, etc.), successivamente procedere mediante colloqui telefonici e, infine, recuperare gli strumenti compilati, il tutto nel rispetto delle disposizioni di legge per la sicurezza ai fini della prevenzione del contagio. Metodo di analisi dei risultati Gli obiettivi dello studio erano di valutare l’eventuale emergenza nel gruppo sperimentale di cambiamenti in alcune variabili significative che fossero in qualche modo attribuibili al percorso educativo che avevamo realizzato. Si voleva inoltre verificare se, alla fine dei percorsi, vi fossero delle differenze tra i pazienti del gruppo sperimentale e del gruppo di controllo, sempre nelle medesime variabili ritenute significative. Di conseguenza, l’obiettivo dell’analisi dei dati quantitativi si definisce come verifica delle differenze statisticamente significative che si presentassero nella distribuzione delle medie rilevate nelle dimensioni di interesse tra il momento inziale (T0) e il momento finale (T1)s sia nel gruppo sperimentale (GS) che nel gruppo di controllo (GC); inoltre, si voleva verificare l’emergenza di eventuali differenze statisticamente significative nel momento T1 tra il GS e il GC nella distribuzione delle medie per le medesime dimensioni. A tale scopo, è stata applicata una modalità di valutazione pre-post, con la somministrazione del medesimo protocollo di raccolta dati sia al GS che al GC. Tra il momento T0 di valutazione iniziale e quello T1 della valutazione finale sono trascorsi circa sei mesi, il tempo nel quale sono stati realizzati gli interventi educativi e informativi. Aspetti etici Lo studio P_CARE è stato preventivamente sottoposto al parere di due comitati etici. Il protocollo è stato presentato ai due comitati nello stesso mese (dicembre 2018), tuttavia si è ottenuto il parere positivo per AULSS 5 di Rovigo il 17/04/2019 e per L’Azienda Ospedaliera di Padova 28/10/19. Questo ha avuto come conseguenza un ritardo su Padova per tutti i tempi di organizzazione e per il numero di soggetti arruolati. Risultati Come è possibile osservare dalla tabella n. 1, sono stati arruolati in tutto 65 pazienti, con età media di 62 anni (DS 11.8). Si può inoltre notare una certa omogeneità tra il gruppo sperimentale e quello di controllo per le variabili età, genere e anni dalla diagnosi (sono stati arruolati soprattutto pazienti con più di cinque anni dalla diagnosi). 35
Journal of Health Care Education in Practice (Special Issue - Sep, 2021) Tab. n. 1: Caratteristiche del campione Confronto T0 e T1 Per quanto concerne la valutazione di eventuali differenze tra il momento iniziale e quello finale nei livelli di soddisfazione dei bisogni psicologici di base, come illustrato nel grafico n. 1, alla fine del percorso è possibile registrare un incremento nel grado di soddisfazione dei bisogni di autonomia (M=3.25-3.31) e di relazione (M=3.47-3.42), mentre un abbassamento statisticamente significativo nel grado di soddisfazione del bisogno di competenza (M=2.99-3.25; p
Journal of Health Care Education in Practice (Special Issue - Sep, 2021) decrescita risulta statisticamente significativa (11.1-14.5, p
Journal of Health Care Education in Practice (Special Issue - Sep, 2021) 17.3). L’unica dimensione per la quale però si registra un cambiamento, con diminuzione, statisticamente significativo, è il controllo personale (20.3-19.0, p
Journal of Health Care Education in Practice (Special Issue - Sep, 2021) Differenza tra patologie È stata effettuata una analisi della varianza al fine di verificare l’eventuale presenza di differenze statisticamente significative nella distribuzione delle medie nei gruppi di pazienti considerati in base alla loro patologia. Si è scelto di inserire in un'unica categoria i pazienti che avevano subito un trapianto di rene e di fegato, per poter realizzare un’analisi su gruppi numericamente omogenei. Si sono osservati alcuni riscontri nella dimensione concernente il numero dei sintomi associati alla diagnosi (identità), nel GS in T0 (p=0.018), nel GC (in T0 p=0.035; in T1 p=0.031), e nella popolazione totale (PT) (in T0 p=0.002; in T1 p=0.057): i pazienti affetti da diabete, come si può notare nella tabella n.2, sembrano associare un numero inferiore di sintomi alla propria patologia rispetto agli altri gruppi, affetti da osteoporosi secondaria o trapiantati. Anche nella dimensione delle conseguenze percepite si evidenziano alcune differenze statisticamente significative: in T1 nel GS (p=0.028) e nel GC (p=0.034), così come nella PT (in T0 p=0.002; in T1 p=0.025), con i pazienti che hanno subito un trapianto che raggiungono punteggi più altri rispetto a quelli affetti da osteoporosi. Nella dimensione della durata ciclica si può notare in tabella una differenza statisticamente significativa in T1 per tutte e tre le popolazioni considerate (GS p=0.02; GC p=0.034; PT p=0.001). Infine, per quanto concerne le conoscenze si evidenzia una significatività nella PT (in T0 p= 0.002; in T1p=0.055), con punteggi più alti nei trapianti e più bassi nei diabetici. 39
Journal of Health Care Education in Practice (Special Issue - Sep, 2021) Tab. 2: Risultati analisi della varianza sulle distribuzioni delle medie tra gruppi di soggetti con patologie diverse. Discussione I risultati raccolti e le analisi effettuate, nel loro complesso, hanno restituito un quadro di moderata efficacia del percorso ideato e realizzato. In particolare, alcuni dati sembrano supportare tale ipotesi, tanto nel confronto tra T0 e T1 nel gruppo sperimentale e in quello di controllo, quanto nell’analisi comparativa tra i gruppi di pazienti considerati in base alla patologia che li affliggeva. Nel GS, composto da pazienti per i quali abbiamo personalizzato l’intervento educativo, si è rilevato un cambiamento tra il momento T0 e il momento T1 in alcune variabili di particolare interesse. Nello specifico: - soddisfazione del bisogno personale di competenza: la diminuzione statisticamente significativa dei punteggi attribuiti a questa dimensione sembra supportare l’idea che i pazienti coinvolti nei nostri percorsi personalizzati abbiano preso consapevolezza delle lacune e dei limiti rispetto alle conoscenze e alle abilità che possedevano ed esprimevano nella quotidianità. Tale differenza, se confrontata con l’aumento dei punteggi legati a questa stessa dimensione nel confronto T0-T1 nel gruppo di controllo fa supporre che mentre in quest’ultimo l’intervento esclusivamente informativo ha reso questi soggetti più sicuri delle loro conoscenze acquisite mediante la trasmissione frontale di informazioni, l’affiancamento alla semplice informazione di spazi di riflessione e di meta riflessione ha consentito alle persone coinvolte nel gruppo sperimentale di comprendere come le informazioni pur acquisite (anche in questo gruppo il numero di conoscenze è aumentato in modo 40
Journal of Health Care Education in Practice (Special Issue - Sep, 2021) significativo) non sia di per sé sufficiente a gestire il carico e l’impegno in termini non solo pratico- procedurali (nella gestione delle terapie) ma soprattutto emotivo-sociale che la malattia porta con sé. - percezione del controllo personale sulla propria patologia: anche in questo caso abbiamo una diminuzione dei punteggi attribuiti a questa dimensione nel gruppo di pazienti coinvolti nel percorso personalizzato. La diminuzione del controllo personale percepito sulla propria condizione appare un dato confortante i nostri obiettivi se si considera come spesso la volontà di avere tutto sotto controllo diventi in queste persone una sorta di strategia compensatoria rispetto alla sensazione di smarrimento che la diagnosi porta nelle loro vite (Bury, 1982; Charmaz, 1997; Bruzzone, 2020). Tuttavia, come afferma Aujoulat: “accepting the loss of control is not necessarily an end-point leading to a devalued sense of self, but may be part of a personal transformational process, in which people do not become adjusted to their illness, but in which the illness becomes an element of a person’s personal and social identities, thereby allowing the person to develop a new sense of coherence in life … to assign a meaning to their illness experience, so as to perceive their lives as meaningful, coherent and worth to live” (2008). - stile di presa di decisione evitante: anche in questo caso si è ottenuta una diminuzione nel gruppo sperimentale dei punteggi attribuiti a questa dimensione dopo il percorso realizzato. Coerentemente alla presa di consapevolezza della insufficienza della semplice informazione per poter gestire la propria condizione, nonché all’idea di non poter, da soli, controllare la propria patologia, l’idea di doversi assumere l’onere di imparare ad affrontare giorno per giorno, anche mediante piccole decisioni di cui si diventa responsabili, i problemi che la malattia impone diventa un segnale di maggiore maturità intellettuale rispetto alla condizione di malato: ciò che sembra si sia ottenuto è una sorta di empowerment del paziente che, forte di una nuova consapevolezza maturata mediante percorsi di riflessione e metariflessione, comprende di poter credere di più nelle sue possibilità ma di doversi comunque impegnare in un percorso di ricerca attiva di un proprio, personale, adattamento alla malattia (Aujoulat, 2008; Mohajer, Earnest, 2009). - conoscenze possedute dal paziente sulla malattia e sulle prescrizioni terapeutiche: in entrambi i gruppi di pazienti le conoscenze possedute sono aumentate dopo i percorsi affrontati, sia che fossero solo informativi o anche educativi. Tuttavia, nel gruppo sperimentale, l’aumento registrato è maggiore. Tale dato sembra interpretabile alla luce del fatto che anche nella trasmissione di informazioni in questo gruppo di pazienti si è adottato uno stile personalizzato, mediante la differenziazione delle strategie di trasmissione in base allo stile preferenziale di apprendimento che il soggetto possedeva. Tale dato sembra quindi confermare come la semplice trasmissione di informazioni e conoscenze possa avere un valore maggiore se vengono rispettate le esigenze e le preferenze del paziente, così come dimostrato da alcuni studi in campo didattico (Flemming, 2008; Kolb, 1984). Nel confronto tra GS e GC in T1 invece non si sono evidenziate differenze significative, questo forse perché comunque entrambi i gruppi di pazienti sono stati coinvolti in attività stimolanti. Nel confronto tra patologie, si sono rilevate alcune differenze significative nella dimensione dell’identità, delle conseguenze, della durata ciclica e delle conoscenze. Tali variazioni possono essere ricondotte alla diversa natura delle patologie considerate, così come già notato da altri studi precedenti: mentre il trapianto si caratterizza come un esperienza emotivamente molto pervasiva, il diabete risulta essere una patologia per lo più silente e quindi spesso sottovalutata, esattamente come per l’osteoporosi che però nel momento di acutizzazione, che spesso corrisponde ad una frattura o ad un crollo vertebrale, diventa fortemente intrusiva per la qualità di vita della persona (Wentlandt et al., 2017; Polonsky et al., 2017; Yeam et al., 2018; Adawi et al., 2017). L’approccio personalizzato, nel quale la dimensione informativa si è congiunta e intersecata alla dimensione educativa, sembra aver inciso sulla presa di consapevolezza dei pazienti partecipanti allo studio circa la necessità in primo luogo di non poter procedere da soli ma di aver comunque bisogno di un confronto con l’equipe, di dover assumere delle decisioni in prima persona e, infine, di avere “fame” di competenza, non solo da intendersi come conoscenza ma soprattutto come spazi di riflessione che consentano di accettare la malattia e di integrare la propria identità di persona malata elaborando il lutto per quel sé sano che oramai non appartiene più loro (Bobbo, 2020). Ciò che sembra essersi prodotto in queste persone è una sorta di apprendimento trasformativo, così come 41
Journal of Health Care Education in Practice (Special Issue - Sep, 2021) descritto da Mezirow (1991), per il quale non si sono modificate soltanto le conoscenze possedute dalla persona, ma piuttosto esse hanno preso consapevolezza del fatto che occorre restare aperti e in ascolto per imparare ancora e ancora non solo dai medici, non solo sulla patologia, ma soprattutto su sé stessi, sulla propria identità di paziente o, meglio, sulla propria nuova identità come persona affetta da una malattia cronica. Nel gruppo di controllo sono comunque aumentate le conoscenze possedute dai pazienti. Tuttavia, in queste persone non possiamo affermare sia avvenuto un apprendimento trasformativo proprio perché nessuno l’ha provocato, o aiutato questi individui a sentirne il bisogno. Tale apprendimento, puramente di tipo conoscitivo, rischia però di mantenersi su di un piano meccanico poco significativo e quindi di scemare nel tempo piuttosto velocemente (Jonassen, Strobel, 2006; Bonaiuti, 2013). Conclusioni Da un punto di vista educativo e pedagogico, i risultati sembrano confermare la nostra ipotesi di partenza, vale a dire la rilevanza di un approccio personalizzato che coinvolga oltre alla dimensione conoscitiva anche quella emotiva, sociale e metariflessiva nell’accompagnare un paziente affetto da patologia cronica verso la presa di consapevolezza della sua situazione e la rielaborazione del suo vissuto personale, premessa all’accettazione e quindi all’aderenza. I limiti dello studio risiedono nel campione esiguo, non selezionato con criteri statistici rigorosi, ma di convenienza e poco omogeneo. Si tratta comunque di risultati interessanti, che danno riscontro alle nostre ipotesi, e alle teorie sulle quali le nostre ipotesi si sono basate. La diffusione del virus Sars-Cov- 2 e l’emergenza pandemica che ne è seguita a partire da marzo 2020 ha introdotto un bias difficilmente valutabile. La possibilità, eventuale, futura di applicare il modello di TPE definito da questo studio ad una popolazione più ampia potrà forse offrire nuovi spunti di riflessione e conferma o rivalutazione dei risultati ottenuti. Bibliografia Ajzen, I., Fishbein, M. (editors) (1980). Understanding attitudes and predicting social behavior. Englewood Cliffs NJ: Prentice Hall. Al Adawi, R., Jassim, Z., Khanjar, I., Abdelgelil, M., & Abdallah, I. (2017). Assessment of Medication Adherence and Factors Contributing to Non-Adherence to Calcium and Vitamin D as Mainstay in Treatment and Prophylaxis of Osteoporosis. Journal of Basic and Clinical Pharmacy, 8(3). Aujoulat, I., d’Hoore, W., & Deccache, A. (2007). Patient empowerment in theory and practice: polysemy or cacophony? Patient education and counseling, 66(1), 13-20. Aujoulat, I., Marcolongo, R., Bonadiman, L., & Deccache, A. (2008). Reconsidering patient empowerment in chronic illness: a critique of models of self-efficacy and bodily control. Social science & medicine, 66(5), 1228-1239. Becker, G. (1997). Disrupted lives. Berkley CA: University of California Press. Bobbo, N. (2012). La persona e il suo vissuto nell’esperienza di malattia. Padova: Cleup. Bobbo, N. (2014). Medical Education. Metodi e strumenti per insegnare medicina all’università. Padova: Padova University Press. Bobbo, N. (2020). La diagnosi educativa in sanità. Roma: Carocci. Bonaiuti, G. (2013). Apprendimento significativo, in G. Marconato (a cura di). Ambienti di apprendimento per la formazione continua. Rimini: Guaraldi, pp. 291-306. Bruzzone, D. (2020). L’anima della cura: la vita emotiva dei professionisti della salute come sfida per la formazione. Studium Educationis, (2), 90-100. Bury M. (1982), Chronic illness as biographical disruption. Sociology of health & illness, 4(2), 167- 82. Charmaz K. (1983), Loss of self: a fundamental form of suffering in the chronically ill. Sociology of health & illness, 5(2), 168-95. 42
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