DOSSIER NUOVE - TABELLE U.S. NAVY - Stefano Ruia TEAM DWELLER

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DOSSIER NUOVE - TABELLE U.S. NAVY - Stefano Ruia TEAM DWELLER
Stefano Ruia
       TEAM DWELLER

DOSSIER NUOVE

TABELLE U.S. NAVY
DOSSIER NUOVE - TABELLE U.S. NAVY - Stefano Ruia TEAM DWELLER
FIAS Federazione Italaiana Attività Subacquee
Via Andrea Doria, 8 20124 Milano
www.fias.it

1a edizione giugno 2012 - V. 1.0

Testi di Stefano Ruia - team Dweller
Redazione “il Subacqueo”

Impaginazione grafica M.I. Alberto Santini
DOSSIER NUOVE - TABELLE U.S. NAVY - Stefano Ruia TEAM DWELLER
Abbiamo il piacere di pubblicare l’interessantissimo articolo 

A questo proposito ricordo che il CTN non aveva autorizzato l’uso delle nuove tabelle US NAVY nell’attesa
che venissero validate dagli organismi istituzionali Nazionali (M.M.).
Interessantissimi sono i confronti con le vecchie tabelle.

Si ringrazia l’ing. Stefano Ruia, autore dell’articolo e la segreteria di redazione della rivista “Il Subacqueo” per
la concessione dell’autorizzazione alla pubblicazione sul nostro sito.

IL DCTN
(Giovanni Escuriale)

                    Stefano Ruia

                    Notissimo subacqueo di fama nazionale ed internazionale, membro PSS e del team Dwel-
                    ler, scrive per “Il Subacqueo”.
DOSSIER NUOVE - TABELLE U.S. NAVY - Stefano Ruia TEAM DWELLER
DOSSIER NUOVE
TABELLE U.S. NAVY
IMMERSIONE RICREATIVA
Nell’aprile del 2008 la U.S. Navy ha rilasciato la sesta edizione del suo manuale d’immersione, ridefinendo anche molte
cose in merito alle famose tabelle U.S. Navy, dopo ben 52 anni di utilizzo continuo. Su queste tabelle o su loro derivati
intere generazioni di subacquei hanno studiato, fino all’attuale grande diffusione del computer d’immersione, che ha
quasi completamente cancellato l’utilità pratica delle tabelle.
Molte agenzie didattiche oggi insegnano già dal corso di primo livello per subacquei autonomi l’utilizzo di questo fan-
tastico strumento, lasciando alle tabelle un ruolo secondario, quando non vengano addirittura ignorate del tutto. Questa
è ovviamente una netta affermazione dello strumento elettronico, visto che all’inizio della sua era il computer d’immer-
sione era visto con diffidenza da molte agenzie didattiche, che ne sconsigliavano l’uso preferendo quello, allora detto “più
sicuro”, delle tabelle.
Ma il tempo è stato galantuomo e, grazie soprattutto ai fatti, alla fine il computer si è dimostrato più sicuro e di più
semplice uso delle tabelle.
Sicuramente vi starete chiedendo: «Visto che oggi scendiamo tutti con il computer perchè dovremmo prestare attenzione
a questa nuova versione delle tabelle U.S. Navy?». Per diversi motivi di sicurezza, di pianificazione dell’immersione e di
sapere come comportarsi durante la nostra attività. In effetti il computer è figlio (almeno matematicamente) dello stesso
algoritmo che genera le tabelle e talvolta (come nel caso dei limiti della “curva di sicurezza” o della velocità di risalita)
viene calibrato sui loro dati.

Nel tempo, però, se ne è in parte discostato e verrebbe da chiedersi: ma ha ragione il computer o le tabelle? La nuova
versione delle tabelle U.S. Navy per alcuni aspetti sembra dare ragione … al computer.

Approfondiamo in questa prima puntata del dossier sulle Tabelle U.S. Navy del 2008 i più importanti aspetti relativi
alla subacquea ricreativa, per approfondire poi, nelle puntate successive anche quelli che possono essere relazionati alle
immersioni tecniche.

La revisione 2008
Spetta al Capitano J. G. Gray, il “Supervisor of Diving”, l’onore o l’onere (vedremo in futuro cosa accadrà) di varare questa
nuova edizione del manuale U.S. Navy, in cui sono cambiate numerose pagine. Si tratta quindi di una revisione profonda
ma che prelude a una ancora più radicale (del manuale ma non delle tabelle) che avverrà con la settima edizione, sulla
quale la U.S. Navy sta già lavorando da due anni.
In questi due anni e più passati dalla revisione, stranamente nella subacquea sportiva alcuni ne hanno parlato, ma pochis-
simi si sono soffermati a capire cosa e come sia cambiato.
Forse anche perchè i cambiamenti sono andati tutti in favore della sicurezza, cioè della riduzione dei rischi, confermando
quella che era una tendenza generalizzata nei computer d’immersione rispetto alle tabelle precedenti.

Quali sono stati prima di tutto gli eventi che hanno condotto a questa revisione? In particolare dalla stessa U.S. Navy ne
sono stati segnalati tre:
     • Il primo è il fatto che nell’ambiente dei lavori subacquei le Tabelle U.S. Navy non siano più state applicate per
       immersioni a bassa profondità di lunga durata, in quanto ritenute a eccessivo rischio di patologie decompressive.

     • Il secondo motivo è l’elevato tasso di embolie riscontrato durante il recupero, a 30 metri di profondità, dei
       resti del Jumbo Jet del volo TWA800, caduto il 17 luglio del 1996 in Atlantico; tragedia in cui perirono tutte le
       230 persone a bordo.

     • Il terzo motivo è la presentazione, da parte del Com. Thalmann del N.E.D.U., di una revisione dell’algoritmo
       matematico usato per la generazione delle tabelle, sperimentato dal 1998 “sul campo”.

Tabella 1
La tabella 1, come al solito, è quella che definisce i limiti di durata delle immersioni. Prima di confrontare le tabelle nuove con le
vecchie è opportuno ricordare come di queste ne esistessero in realtà ben tre versioni.

                                                                                   Dossier tabelle U.S. Navy                             7
• La prima è quella ufficiale della U.S. Navy.

     • La seconda versione era stata adottata da molte agenzie didattiche ricreative, soprattutto di origine statunitense,
       e riduceva i tempi di permanenza alle basse profondità. In effetti non c’erano discordanze fra le due versioni dalla
       profondità dei 12 metri in poi. Tuttavia a 10,5 metri la tabella ricreativa aveva un limite di 270 minuti contro i
       310 dell’originale, mentre a 9 metri si riduceva a 310 minuti dai 405 dell’originale e ai 7,5 metri arrivava a 315
       minuti dai 595 dell’originale. Inoltre mentre la tabella originale non prevedeva limiti per immersioni fino
       a 6 metri di profondità, quella ricreativa limitava le immersioni a 3,5 metri, 4,5 metri e 6 metri rispettivamente a
       300, 350 e 325 minuti. Bisogna precisare che questi valori non indicavano che si era giunti al limite della curva di
       sicurezza ma erano semplicemente gli ultimi considerati interessanti perchè i successivi superavano i 400 minuti,
       ben oltre qualunque permanenza “ricreativa” anche nelle immersioni ripetitive (quando per entrare in tabella
       alla durata effettiva dell’immersione si deve sommare il Tempo di Azoto Residuo).

     • La terza versione delle tabelle è quella utilizzata da un paio di agenzie che indicava un limite raccomandato della
       curva di sicurezza, ridotto rispetto alle altre versioni, realizzato sulla base delle indicazioni dei primi studi effet-
       tuati utilizzando i rilevatori di bolle a effetto Doppler.

Come si pone la nuova versione delle tabelle rispetto alle tre precedenti? Come abbiamo già anticipato, rispetto alla ufficiale
U.S. Navy la versione 2008 presenta limiti della curva di sicurezza ridotti, ma solo nella fascia fra i 9 e i 24 metri (inclusi).

8        Dossier tabelle U.S. Navy
Tuttavia bisogna tenere presente che proprio questa fascia è quella che maggiormente interessa i subacquei all’inizio della
loro attività. Anche rispetto alla versione ricreativa della vecchia tabella si nota una riduzione dei limiti della curva di
sicurezza fra i 12 e i 24 metri di profondità.
Questa riduzione conferma che i computer (i cui limiti della curva di sicurezza erano inferiori a quelli delle tabelle U.S.
Navy) sostanzialmente avevano ragione.
Le tabelle per attività subacquea ricreativa ovviamente si fermavano alla profondità di 42 metri (subito successiva a quella
dei 39), perchè il limite di profondità assoluto è 40 metri, tuttavia le tabelle U.S. Navy 2008, come nella vecchia versione,
proseguono a indicare i limiti della curva di sicurezza fino alla profondità massima di 57 metri, ben oltre tale limite.
Se confrontiamo i dati della nuova tabella 1 con quelli dei limiti raccomandati per via degli studi con il Doppler, notiamo
che i limiti di questa ultima curva di sicurezza sono a ogni profondità ancora inferiori a quelli della nuova versione U.S.
Navy, anche se il divario si è ridotto.

La tabella 1 è quella che definisce i limiti di durata per le immersioni anche nella nuova versione 2008 delle tabelle
                                                                                                 U.S. Navy. Come al so-
                                                                                                 lito si entra nella prima
                                                                                                 colonna a sinistra con
                                                                                                 la profondità massima
                                                                                                 raggiunta (o quella su-
                                                                                                 bito più grande se man-
                                                                                                 ca l’esatta) e ci si sposta
                                                                                                 sulla riga verso destra
                                                                                                 (saltando la colonna del
                                                                                                 limite della curva di
                                                                                                 sicurezza subito adia-
                                                                                                 cente) fino a trovare il
                                                                                                 tempo di fondo dell’im-
                                                                                                 mersione (o quello subito
                                                                                                 più grande se manca l’e-
                                                                                                 satto). Il tempo di fondo
                                                                                                 include anche la disce-
                                                                                                 sa. Salendo verso l’alto
                                                                                                 dalla casella del tempo
                                                                                                 si determina il Gruppo
                                                                                                 d’Azoto Residuo. Se per
                                                                                                 esempio facciamo una
                                                                                                 immersione a 31 metri
                                                                                                 di profondità di durata
                                                                                                 (discesa e permanenza
                                                                                                 sul fondo) pari a 15 mi-
                                                                                                 nuti, dobbiamo entrare
                                                                                                 con 33 metri (subito più
                                                                                                 grande) per poi spostarci
                                                                                                 fino a 16 minuti (subi-
                                                                                                 to più grande). Salendo
                                                                                                 determiniamo che il no-
                                                                                                 stro gruppo d’azoto re-
                                                                                                 siduo è “F”. Le caselle a
                                                                                                 fondo rosa sono i limiti
della curva di sicurezza, mentre quelle a fondo rosso sono proibite in quanto si trovano oltre il limite massimo di pro-
fondità dell’attività subacquea ricreativa.
Nota: per un confronto omogeneo con le vecchie tabelle sono state tolte le righe relative alle profondità di 13,5 e 16,5
metri.

Nella nuova versione della Tabella 1 c’è anche una diversa distribuzione dei Gruppi di Azoto Residuo, più numerosi e

                                                                           Dossier tabelle U.S. Navy                       9
più dettagliati per ogni livello di profondità. Questa maggiore precisione nella determinazione del gruppo d’azoto
residuo è utile alla luce dei significativi cambiamenti apportati in Tabella 2.

Tabella 2
In Tabella 2 è, come al solito, indicata la variazione del Gruppo d’Azoto Residuo durante l’intervallo di superficie. Questa
tabella è stata completamente riorganizzata e potremmo anche dire che in parte è stata “standardizzata”. Cosa intendia-
mo esprimere con questo termine? In sostanza quasi tutti i gruppi scendono di un livello (da una lettera identificativa del
Gruppo di Azoto Residuo alla precedente) dopo circa 52 minuti, di due livelli dopo circa 1 ora e 45 minuti, di tre livelli
dopo 2 ore e 38 minuti, ecc. Poiché questa regola non è sempre rispettata bisogna in ogni caso controllare sulla tabella i
dati reali.
Molto interessante è il cambiamento fondamentale che ora si è attribuito al termine “immersione ripetitiva”. Per
le vecchie tabelle US Navy era tale ogni immersione svolta fra 10 minuti e 12 ore dal termine delle precedente. Oggi non
è più così: resta sempre valida il termine dei 10 minuti (entro i quali l’immersione è considerata una prosecuzione della
precedente) ma il limite delle 12 ore ora varia da 2 ore e 20 minuti del gruppo A a 15 ore e 50 minuti del gruppo Z.

Chi conosce il funzionamento degli algoritmi matematici sa che questa condizione è molto più realistica della precedente
e si avvicina di più al comportamento dei computer d’immersione. Chiariamone brevemente il motivo.
L’algoritmo alla base della teoria della decompressione, concepito inizialmente da Haldane, calcola l’assorbimento e l’e-
liminazione di gas inerte in diversi compartimenti matematici, che simulano i tessuti del corpo.
I compartimenti differiscono fra loro per la velocità con la quale assorbono i gas inerti in immersione ed eliminano la
parte in eccesso sia durante la risalita che all’uscita dall’acqua.

I computer d’immersione considerano i diversi compartimenti sempre separati fra loro. In sostanza per un computer
d’immersione un compartimento veloce, come quelli che controllano le immersioni profonde, si carica velocemente di
gas inerte, ma altrettanto velocemente lo restituisce all’ambiente nella fase decompressiva e fuori dell’acqua. Un compar-
timento lento (come quelli che controllano le immersioni a bassa profondità) si caricherà di gas inerte lentamente ma
eliminerà la parte in eccesso lentamente.
Per il computer d’immersione non è certo un problema tenere conto di tutti i compartimenti computando per ognuno di
essi il livello di gas inerte in un dato momento. Ciò è valido anche durante l’intervallo di superficie.
Adottare lo stesso metodo per lo sviluppo delle tabelle darebbe luogo non a una sola tabella per il Tempo D’Azoto Resi-
duo (la Tabella 3) ma a infinite tabelle, ognuna dipendente dal tipo di immersione svolta prima della ripetitiva.

La U.S. Navy quindi per ricavare la Tabella 3 a suo tempo decise di non considerare i compartimenti separa-
tamente nell’intervallo di superficie, ma relazionò la quantità di inerte in eccesso presente in essi direttamente con quella
presente nel compartimento più lento: quello dei 120 minuti. Poiché un compartimento arriva a saturazione o elimina
completamente il gas inerte in eccesso dopo un tempo (di permanenza alle nuove condizioni di pressione) pari a sei volte
il suo periodo caratteristico (detto “periodo di emisaturazione” o “emivita” o “emitempo” e in altri modi), ne consegue che
il compartimento più lento, quello dei 120 minuti (cioè due ore), per eliminare tutto il gas inerte in eccesso impiega sei
volte due ore, cioè dodici ore.
Per questo motivo una immersione non era più considerata ripetitiva dopo 12 ore dal termine della precedente.

Nella nuova versione 2008 si è un poco “aggiustato il tiro”: i tempi ora variano a seconda del Gruppo d’Azoto Residuo
da 2 ore e 20 minuti a 15 ore e 50 minuti. In alcuni casi siamo ancora lontani dai tempi dei computer d’immersione, ma
i dati rispetto al passato tendono ad avvicinarsi. Se per esempio facciamo una immersione a 40 metri al limite di curva,
un computer moderno ci permetterà di fare la ripetitiva alla stessa profondità e per lo stesso tempo dopo circa 2/3 ore
(dipende dal modello di computer) mentre le nuove tabelle ci dicono che nelle stesse condizioni possiamo farla dopo 6
ore e 15 minuti, che è comunque una durata pari a quasi metà dell’intervallo di superficie (12 ore) necessario secondo le
vecchie!
Per quanto riguarda l’utilizzo pratico si scopre che la tabella è meno restrittiva per i primi gruppi di basso livello (A, B,
C, D, E e F) e più restrittiva per gli altri, per i quali - a pari intervallo di superficie rispetto alle vecchie tabelle - si ricade
nello stesso Gruppo d’Azoto Residuo o in uno di livello superiore.
Per esempio se ci troviamo in gruppo “N” dopo 9 ore e 45 minuti per le vecchie tabelle eravamo passati in gruppo “A”,
per le nuove siamo ancora in gruppo “C”.

10        Dossier tabelle U.S. Navy
La Tabella 2 definisce la variazione del Gruppo d’Azoto Residuo durante l’intervallo di superficie, che è necessario
conoscere per svolgere una immersione ripetitiva. Si entra a sinistra sulla riga del Gruppo d’Azoto Residuo della
immersione precedente e ci si sposta verso destra fino trovare l’intervallo di tempo passato; scendendo verso il basso si
legge il nuovo Gruppo d’Azoto Residuo. Se per esempio siamo usciti dall’ultima immersione in gruppo “E” notiamo
che se iniziamo la discesa prima di 10 minuti dalla riemersione dobbiamo considerare la nuova immersione come una
prosecuzione di quella già fatta.
Invece se iniziamo la discesa dopo un intervallo di superficie fra 10 minuti e 52 minuti siamo ancora in gruppo “E”.
Con un intervallo di superficie fra 53 minuti e 1 ora e 44 minuti scendiamo invece al Gruppo d’Azoto Residuo “D”.
Man mano che aumenta l’intervallo di superficie si scende, a gradini successivi, verso gruppi più bassi fino a raggiunge-
re, dopo un’attesa fra 3 ore e 56 minuti e 6 ore e 15 minuti il gruppo “A”, l’ultimo (in ordine decrescente). Passate 6 ore
e 15 minuti (per questo accanto al valore c’è l’asterisco) la nuova immersione può non essere più considerata ripetitiva.

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Tabella 3
Anche nella tabella 3 sono cambiati i numeri, in senso più restrittivo per certe coppie di valori “Gruppo d’Azoto Resi-
duo - massima profondità dell’immersione ripetitiva” e in senso meno restrittivo per altre. Ancora una volta è necessario
controllare bene per ogni immersione. Tuttavia come tendenza generale la durata delle immersioni ripetitive è ridotta
rispetto a quella possibile con le vecchie tabelle, a meno che l’immersione non ricada più nel campo della ripetitiva, come
visto prima per la Tabella 2, evento che nella nuova versione accade più velocemente che in passato per i Gruppi d’Azoto
Residuo da “A” a “K”.

Con la Tabella 3 possiamo ricavare il Tempo d’Azoto Residuo in minuti. In pratica questa tabella trasforma la quantità
di gas inerte in eccesso ancora presente nei compartimenti dopo l’intervallo di superficie in minuti già passati sul fondo
in immersione. In pratica quindi
per calcolare l’immersione ripeti-
tiva useremo nuovamente la Ta-
bella 1 ma considerando che ab-
biamo già passato alla profondità
prevista un tempo pari al Tempo
d’Azoto Residuo. Quindi il tem-
po che potremo passare sul fondo
(inclusa la discesa) non può su-
perare la differenza fra il Limite
della Curva di Sicurezza (caselle
rosa di Tabella 1) e il Tempo d’A-
zoto Residuo. In Tabella 3 abbia-
mo evidenziato con il colore rosa
le caselle in cui questa differenza
diventa 0 o negativa: ciò signi-
fica che con quel Gruppo d’Azoto
Residuo a quella profondità non
è possibile svolgere immersioni
ripetitive nei limiti della curva
di sicurezza. Le caselle a fondo
rosso sono proibite in quanto si
trovano oltre il limite massimo
di profondità dell’attività subac-
quea ricreativa.
Il Tempo d’Azoto Residuo si leg-
ge all’incrocio fra la colonna del
Gruppo d’Azoto Residuo dopo
l’intervallo di superficie (ricava-
to sulla Tabella 2) e la riga della
massima profondità pianifica-
ta (o quella subito più grande se
manca l’esatta) dell’immersione
da svolgere. Per esempio un su-
bacqueo in gruppo “F” che deve
andare a 18 metri di profondità
ha un Tempo d’Azoto Residuo di 35 minuti. Poiché il limite della curva di sicurezza per questa quota è 60 minuti
gliene restano a disposizione solo 25 per l’immersione da svolgere.
Le casella con la freccia sulla riga dei 7,5 metri indicano che bisogna passare direttamente alla profondità successiva (9
metri) e usare per la programmazione dell’immersione ripetitiva 9 metri come profondità massima.
Le caselle con “no” (per le profondità di 3, 4,5 e 6 metri indicano che non ci sono limiti alla curva di sicurezza. Se dopo
una immersione ripetitiva a 3, 4,5 o 6 metri di profondità si deve svolgere una immersione a profondità maggiore
e si ha necessità di avere un Gruppo d’Azoto Residuo si deve considerare come gruppo di uscita dall’immersione a 3,
4,5 o 6 metri di profondità quello di entrata. Se per esempio un subacqueo in gruppo “N” deve svolgere una immersione
12       Dossier tabelle U.S. Navy
a 6 metri, non trova in Tabella 3 un Tempo d’Azoto Residuo, ma non è un problema perché può stare indefinitamente.
Tuttavia se dopo questa seconda immersione vuole fare una terza immersione a 12 metri di profondità, deve assumere
che il suo Gruppo d’Azoto Residuo sia ancora “N” indipendentemente da quanto tempo ha passato a 6 metri di profon-
dità; utilizzerà quindi un Tempo d’Azoto Residuo di 152 minuti.
Nota: per un confronto omogeneo con le vecchie tabelle sono state tolte le righe relative alle profondità di 13,5 e 16,5
metri.

Altri parametri
A conclusione di questo breve esame delle nuove Tabelle U.S. Navy, limitatamente al loro uso nella subacquea ricreativa,
bisogna solo dire che la velocità di discesa è stata definitivamente fissata a 75 piedi al minuto (circa 23 m/min) e quella
di risalita confermata in 30 piedi al minuto (circa 9 m/min).
Un ulteriore conferma alla validità delle procedure utilizzate dai subacquei ricreativi viene dalle tabelle con tappe di
decompressione obbligate. Come tutti i subacquei sanno, infatti, la profondità a cui effettuare la sosta di sicurezza è com-
presa dai computer d’immersione fra 3 e 6 metri, ma tutti cercano di restare vicino ai 5 metri. In effetti a questa quota è
più facile controllare la galleggiabilità, si risente meno delle onde in superficie, si contrasta meglio (con la riduzione di
spessore della muta) la maggiore spinta di Archimede data dalla bombola che si è scaricata.

Possiamo dire che in questo è d’accordo anche la U.S. Navy, che nelle sue nuove tabelle per immersioni con tappe
di decompressione obbligatorie ha abolito la sosta dei 3 metri, lasciando come ultima tappa quella dei 6 metri.

                        IMMERSIONE TECNICA AD ARIA
Abbiamo visto come le nuove Tabelle d’Immersione U.S. Navy siano diventate, per procedure e dati decompressivi nelle
attività subacquee ricreative, molto più vicine ai moderni computer d’immersione di quanto accadesse con quelle tradi-
zionali, ormai “vecchie”. Tuttavia nell’ambito delle immersioni svolte nei limiti della curva di sicurezza, che per la Marina
statunitense rappresentano una parte piccola e marginale dei profili studiati, i cambiamenti sono abbastanza limitati,
soprattutto se li confrontiamo con quelli avutisi nel settore delle immersioni “fuori curva”, che suscita maggiore interesse
fra i subacquei militari e “tecnici” in generale.

Approfondiamo quindi questi cambiamenti dividendo in tre tipologie le immersioni tecniche: immersione ad aria con
decompressione ad aria, immersione ad aria con decompressione a aria e ossigeno puro, immersioni a miscele di elio
con decompressione a miscele iperossigenate e ossigeno puro. In questa puntata del dossier tratteremo solo le prime due
tipologie di immersioni tecniche.

Immersioni ad aria
Trattando di immersioni ad aria la prima domanda che ci si pone è: quale è la profondità massima? Per la U.S. Navy i
limiti, utilizzando un normale autorespiratore, sono di 30 o 40 metri a seconda delle attrezzature utilizzate. In alcuni
casi, ben definiti ed eccezionali, è possibile arrivare a 58 metri di profondità, ma solo con una impegnativa assistenza di
superficie, che richiede anche la disponibilità di una camera iperbarica sulla barca appoggio.

Per la U.S. Navy utilizzando un normale autorespiratore non si devono superare i 30 metri se si utilizza una bombola con-
tenente una quantità di aria inferiore a 2.832 Normal-litri (in pratica una bombola di capacità 14,16 litri se conside-
riamo la carica a 200 bar). Utilizzando una bombola che contenga una quantità di aria superiore a 2.832 Normal-litri,
tale profondità può essere estesa a 40 metri. Tuttavia per potere superare i 30 metri di profondità deve essere presente sul
sito d’immersione un impianto di ricompressione (camera iperbarica).
In caso sia necessario il subacqueo può eccezionalmente raggiungere il limite massimo di 58 metri, ma solo
con l’autorizzazione dell’ufficiale in comando dell’operazione. Tale autorizzazione serve anche per immersioni
che oltrepassino il limite della curva di sicurezza. Infine è sempre richiesta la presenza di uno stand-by diver pronto a

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intervenire.
Quindi l’idea che i subacquei della Marina U.S.A. scendano liberamente a 60 metri di profondità, come qualcuno pro-
pugna, è del tutto errata!

Come corollario segnaliamo che ai subacquei della U.S. Navy con apparato autorespiratore normale non è permesso
entrare negli ambienti quasi chiusi (grotte, cavità, relitti, ecc.) perdurando costantemente l’obbligo di potere risalire in
ogni momento direttamente alla superficie. Tali limiti si superano in genere con l’utilizzo di caschi rigidi e alimentazione
dalla superficie.
Ma torniamo a immersioni più usuali per i subacquei tecnici. Prendiamo come esempio la profondità di 45 metri (per
l’esattezza 45,7 metri essendo le tabelle in piedi e scegliendo la profondità di 150 piedi).

Vediamo prima cosa accadeva in passato.

Facciamo tre casi pratici prendendo un’immersione appena superiore al limite di curva (tempo di fondo 10 minuti), una
più impegnativa (tempo di fondo 30 minuti) e una molto impegnativa (tempo di fondo 60 minuti). Nel primo caso per
le vecchie tabelle bastava effettuare una tappa di decompressione a 3 metri per 1 minuto e si poteva risalire; la durata
totale della decompressione era quindi di 6 minuti (5 di risalita e 1 di tappa). Nel secondo caso bisognava effettuare due
tappe di decompressione, una a 6 metri per 8 minuti e una a 3 metri per 24 minuti; la durata totale della decompressione
(inclusa risalita) era, quindi, di 37 minuti.
Nel terzo caso le tappe decompressive erano 4, fra 12 e 3 metri, mentre la durata totale della decompressione (inclusa
risalita) era di 115 minuti.

14       Dossier tabelle U.S. Navy
Andiamo ora a vedere cosa accade in questi tre casi con le nuove tabelle.

Prima di tutto precisiamo che per una maggiore comodità del subacqueo in acqua la sosta ai 3 metri è stata definiti-
vamente cancellata dalla U.S. Navy. Ora l’ultima sosta si effettua a 6 metri. Questa procedura di portare la profondità
dell’ultima sosta più in basso è stata spesso sfruttata dai subacquei tecnici sportivi in fase di programmazione ed
esecuzione dell’immersione. Restare a profondità maggiore significa avere meno problemi di galleggiabilità, collas-
sare di meno l’eventuale muta stagna, sentire di meno l’influenza delle onde in superficie… insomma tanti vantaggi che
ora potranno apprezzare anche i subacquei della U.S. Navy!
Altro elemento che è necessario precisare è che ora si riuniscono in una sola tabella ben tre profili: quello dell’immer-

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sione svolta tutta con aria (rigo superiore), quella della decompressione con ossigeno puro in acqua (rigo inferiore)
e quella del “salto in camera” (colonna “Chamber O2 Periods”), in cui le ultime tappe di decompressione sono eseguite
respirando ossigeno puro in una camera iperbarica posta in superficie. Per ora limitiamoci alla prima, per un confronto
con la precedente versione delle tabelle.

Decompressione più lunga
Nel primo caso che esaminavamo (10 minuti a 45 metri) per le nuove tabelle basta effettuare una tappa di decompres-
sione a 6 metri per 1 minuto e si può risalire; la durata totale della decompressione è di 6 minuti (5 di risalita e 1 di
tappa). Non ci sono quindi differenze con le vecchie tabelle, il che dimostra come lo spostamento della tappa a 6 metri
sia praticamente ininfluente.
Passiamo al secondo caso in esame (30 minuti a 45 metri). Anche per le nuove tabelle bisogna effettuare due tappe di
decompressione: una a 9 metri per 3 minuti e una a 6 metri per 51 minuti; la durata totale della decompressione (inclusa
risalita) diventa così di 58 minuti e 40 secondi.
Rispetto alla versione precedente delle tabelle ci sono stop più profondi e quasi 25 minuti di decompressione in più (in
pratica la durata totale della decompressione raddoppia). Ovvio che questo aumento non sia dovuto solo allo sposta-
mento delle tappe verso il basso come profondità, ma è stato inserito per fare sì che una maggiore sicurezza fosse resa ai
subacquei, visti gli incidenti avutisi in passato.
Se poi confrontiamo il terzo caso in esame (60 minuti a 45 metri) scopriamo che la durata totale della decompressione
(inclusa risalita) passa dai 115 minuti delle vecchie tabelle ai 317 delle nuove, con un fattore di aumento di quasi tre volte!

In definitiva per l’immersione con sola aria le nuove tabelle U.S. Navy rispetto alle vecchie impongono una decompres-
sione molto maggiore, tanto più lunga quanto più ci si allontana dalla curva di sicurezza. Anche in questo caso (come in
quello delle immersioni ricreative visto nella scorsa puntata di questo dossier) le nuove tabelle sembrano dare ragione …
ai computer subacquei, che alcuni subacquei “da vecchia data” ritenevano troppo restrittivi!

16       Dossier tabelle U.S. Navy
Gruppi d’Azoto Residuo superiori
Vogliamo sottolineare anche un’altra evidenza: la maggiore rapidità di raggiungimento di determinati Gruppi d’Azoto
Residuo.
     • nel primo caso (10 minuti a 45 metri) dell’esempio precedente le vecchie tabelle ci facevano uscire in E, mentre
       le nuove ci danno F;

     • nel secondo caso (30 minuti a 45 metri) per le vecchie eravamo in L, per le nuove siamo già in O;

     • nel terzo caso (60 minuti a 45 metri) per le vecchie eravamo al massimo possibile, cioè “Z”, per le nuove siamo già
       nelle esposizioni eccezionali che non permettono immersioni ripetitive.

In sostanza ciò significa che per le nuove tabelle non solo dovremo fare una decompressione maggiore, ma anche le
eventuali ripetitive saranno più penalizzate che in passato.

Immersioni ad aria più ossigeno puro
Come già esposto, la nuova versione della U.S. Navy Tables riunisce in una sola tabella ben tre profili:
     • quello dell’immersione svolta tutta con aria (rigo superiore),

     • quella della decompressione con ossigeno puro in acqua (rigo inferiore)

     • quella del “salto in camera” (colonna “Chamber O2 Periods”)

Questo ultimo sistema è chiamato dalla U.S. Navy “SurDO2” acronimo inglese di “decompressione in superficie con

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ossigeno”.
Quando effettuiamo immersioni con tappe di decompressione obbligate noi subacquei sportivi pensiamo che per essere
“più sicuri” l’ideale sia restare in acqua di più, prolungando le tappe più vicine alla superficie. Nella nostra ottica non è
sbagliato, ma dal punto di vista della U.S. Navy restare in acqua non è più sicuro, anzi!
È un’operazione in cui si perde tempo, l’operatore subacqueo non è certo al massimo del comfort, le condizioni
meteorologiche possono peggiorare, la nave non può proseguire la navigazione e deve restare ferma sul posto… magari
sotto la minaccia di un nemico! Per questo la procedura decompressiva preferita è la “SurDO2”, cioè la decompressione
in superficie (in una camera iperbarica) in ossigeno.

In pratica l’operatore risale dal fondo, alla velocità di 9 m/min, fino alla quota dei 12 metri, effettuando tutte le tappe
decompressive previste. Dopo avere completato la tappa dei 12 metri (se presente sul piano decompressivo) in un mi-
nuto netto l’operatore torna in superficie. Viene issato a bordo e svestito in meno di tre minuti e mezzo (vengono svolte
apposite esercitazioni per raggiungere l’obiettivo). Entra subito nella camera iperbarica e viene compresso per ritornare,
entro 5 minuti dalla riemersione, alla pressione corrispondente ai 15 metri di profondità. La decompressione avviene poi
per “periodi” e “mezzi periodi”: un periodo equivale a 30 minuti di respirazione di ossigeno puro e mezzo periodo a 15
minuti.
Il numero di periodi (ed eventuali mezzo periodo) necessari è indicato in tabella nelle colonna “Chamber O2 Periods”.
In ogni caso il primo periodo consiste in mezzo periodo alla pressione equivalente ai 15 metri di profondità più mezzo
a quella equivalente ai 12 metri di profondità; i periodi (o mezzo periodo) da 2 a 4 sono spesi alla pressione equivalente
ai 12 metri di profondità; se sono richiesti più di 4 periodi i rimanenti sono spesi alla pressione equivalente ai 9 metri di
profondità. Ogni 30 minuti di respirazione di ossigeno puro viene inserito un air-break di 5 minuti ad aria. La “risalita”
(in realtà decompressione) avviene a 9 m/min. La risalita a conclusione della decompressione (quindi dopo l’ultimo pe-
riodo o mezzo periodo) si fa ad aria.

In genere la durata della decompressione (anche per via dell’arrotondamento al mezzo periodo superiore) è maggiore di
quella in acqua, ma tanto l’operatore subacqueo è al caldo e all’asciutto nella camera iperbarica e la nave si può muovere
liberamente. Allora sì che allungare la decompressione è “tutta sicurezza in più”!

In effetti diremmo che la modalità di decompressione preferita dalla U.S. Navy è proprio quella con ossigeno puro. Pren-
diamo come esempio sempre la tabella per i 45 metri (150 feet). Si nota come fino a venti minuti di tempo totale di fondo
non ci siano particolari prescrizioni (riga bianca che interrompe le colonne). Invece prima del profilo dei 25 minuti di
fondo è presente la raccomandazione (riga con scritto “In-Water Air/O2 Decompression or SurDO2 Recommended”)
di utilizzare o la decompressione in acqua con ossigeno o la procedura del salto in camera. Dopo i 35 minuti di fondo
siamo alle esposizioni eccezionali per una immersione svolta completamente in aria e la decompressione in acqua con
ossigeno o la procedura del salto in camera sono richieste (nel senso che si può fare la decompressione ad aria solo in casi
eccezionali, quali pericolo di vita, ultima risorsa, ecc.).
Superando i 50 minuti di fondo si arriva alle esposizioni eccezionali anche per la decompressione in acqua con ossigeno
ed è richiesta la procedura del salto in camera.
Si noti che per la U.S. Navy la decompressione in acqua deve essere fatta tutta ad aria fino alla quota dei 12 metri (inclusi)
per poi passare alla respirazione di ossigeno puro già alla profondità di 9 metri, a differenza dei subacquei tecnici che
preferiscono aspettare i 6 metri, quando la pressione parziale di ossigeno scende a 1,6 atmosfere.
Ovviamente la tappa conclusiva della decompressione a ossigeno è svolta a 6 metri (come avviene per quella ad aria), ma
a rigore di logica decompressiva non c’è alcuna differenza nello svolgere a 6 metri una tappa prevista a 3 metri di pro-
fondità e si respira ossigeno puro, in quanto il gradiente di pressione d’inerte fra tessuti e gas respirato è lo stesso anche
se varia la pressione ambiente; questo è quanto avviene quando i subacquei tecnici dicono di “tirare” a 6 metri la tappa a
ossigeno prevista ai 3.

Confrontiamo per i tre esempi pratici già utilizzati (tempi di fondo 10 minuti, 30 minuti, 60 minuti) la decompressione
ad aria prevista dalle vecchie tabelle con quella ad aria più ossigeno della nuova versione (non presente nelle vecchie se
non come procedura del salto in camera).

Nel primo caso che esaminavamo (10 minuti a 45 metri) per le nuove tabelle basta effettuare una tappa di decompres-
sione a 6 metri per 1 minuto respirando ossigeno e si può risalire; la durata totale della decompressione è quindi di 6
minuti (5 di risalita e 1 di tappa). Non ci sono quindi differenze con le vecchie tabelle e nemmeno con le nuove con

18       Dossier tabelle U.S. Navy
decompressione a sola aria.

Passiamo al secondo caso in esame (30 minuti a 45 metri). Per le nuove tabelle bisogna effettuare due tappe di decom-
pressione a ossigeno: a 9 metri per 2 minuti e a 6 metri per 26 minuti; la durata totale della decompressione (inclusa risa-
lita) diventa così di 32 minuti e 40 secondi. Ciò significa che nonostante l’utilizzo di ossigeno puro la durata totale della
decompressione è poco inferiore rispetto alla versione precedente delle tabelle (in cui valeva 37 minuti). Rispetto alla
decompressione ad aria della nuova versione presenta invece una riduzione del 45%.

Confrontando il terzo caso in esame (60 minuti a 45 metri) scopriamo che la durata totale della decompressione con le
ultime tappe a ossigeno è di 132 minuti e 20 secondi, persino maggiore dei 115 minuti delle vecchie tabelle! Rispetto alla
decompressione ad aria della nuova versione presenta invece una riduzione del 58%.

Da questo confronto possiamo concludere che le nuove tabelle presentano tempi paragonabili alle vecchie solo se la de-
compressione avviene utilizzando per le ultime tappe decompressive l’ossigeno puro. Sostanzialmente si può quindi dare
ragione alle agenzie didattiche che per le immersioni con tappe di decompressione obbligatorie utilizzavano i tempi
delle vecchie tabelle U.S. Navy per aria anche quando il subacqueo respirava in decompressione nitrox od ossigeno puro.
Con la pubblicazione di queste tabelle per la decompressione a ossigeno in acqua trova conforto anche un’altra regola
pratica di emergenza utilizzata dai subacquei tecnici: avendo tabelle ad aria e respirando ossigeno puro la durata della
tappa decompressiva può essere tagliata al massimo di un terzo.

Concludiamo verificando come la pensa la U.S. Navy in merito agli air-break. Le loro procedure impongono che ogni 30
minuti di respirazione di ossigeno puro (anche a 1,9 atm di pressione) ci debba essere una pausa ad aria della durata di
5 minuti. Tale procedura può non essere applicata se la respirazione di ossigeno puro in totale non supera i 35 minuti o
quando l’ultimo periodo di respirazione di ossigeno (dopo un air- break) non dura più di 35 minuti.
È richiesto che il subacqueo torni in superficie respirando ossigeno (probabilmente per evitare il pericolo dell’effetto
“oxygen-off ”). Gli air-breaks per la U.S. Navy non contano come tempo utile di decompressione e vanno quindi aggiunti
al totale della durata della decompressione.

                                         ALTRI PARAMETRI
Velocità di discesa
Anche per questa edizione 2008 delle Tabelle U.S. Navy, la velocità di discesa è confermata in 75 piedi al minuto (circa
23 m/min). Questa è la velocità utilizzata anche nelle vecchie tabelle e non ha subito variazioni. Quindi tutte le discese
effettuate dai subacquei della Marina statunitense si svolgono a velocità quanto più possibile vicina ai 75 piedi per minu-
to. Non ci sono mai state spiegazioni logiche, se non che questa è stata la velocità prescelta per le prove da effettuare per
convalidare i profili decompressivi e pertanto si è rimasto sul tradizionale.

In passato si usavano senza grossi inconvenienti anche velocità di 30 m/min, come quella indicata dal francese G.E.R.S.
(Groupe d’Etudes et de Recherches sous-marines). Oggi i moderni algoritmi a gas libero suggeriscono la convenienza di
velocità maggiori e spesso i subacquei tecnici le adottano.
Si noti però che molte agenzie didattiche ricreative segnalano ai loro allievi che è opportuno adottare velocità
minori, vicine ai 10 metri al minuto, per ridurre l’importanza degli effetti della narcosi d’azoto. La U.S. Navy, invece,
mantiene la sua velocità massima indicando però che essa può essere ridotta se il subacqueo non riesce a compensare
bene, se c’è corrente o scarsa visibilità, se si ha necessità di un approccio cauto al fondo perché non se ne conosce la consi-
stenza. D’altra parte scendendo più piano del previsto si assorbe meno gas e quindi – secondo il modello decompressivo
tradizionale – il profilo della risalita resta lo stesso.
Questo in quanto il “tempo di fondo” delle tabelle U.S. Navy inizia dalla superficie e termina al momento dello stacco
dal fondo.

 DISCESA E NARCOSI
 I moderni algoritmi a gas libero (VPM, RGBM) suggeriscono - dal punto di vista decompressivo – di
 scendere il più velocemente possibile. In questo modo le bolle presenti nel corpo diventeranno sempre meno

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permeabili ai gas man mano che la profondità aumenta e avranno più difficoltà a raccogliere azoto e crescere di vo-
lume. Questa raccomandazione trova maggiore efficacia nelle immersioni ripetitive, quando alcuni tessuti sono
ancora soprasaturi, in quanto non hanno eliminato completamente l’azoto in eccesso. Inoltre scendendo velocemente
si creano turbolenze che tendono a “schiacciare” la bolla (fenomeno detto “crushing”) e, quindi a fare dissolvere il suo
gas nel tessuto.
Tuttavia già nel 1937 era divenuta palese la diretta relazione fra la velocità di discesa e gli effetti della narcosi, con il
loro primo studio sistematico e quantitativo, eseguito (con test aritmetici svolti fra 28 e 93 metri di profondità) da C.
W. Shilling e W. W. Willgrube, della U.S. Navy. Studi più recenti hanno convalidato la tesi, dimostrando che i minori
livelli di narcosi si presentano nelle immersioni fino a 20 metri di profondità, con discese svolte a velocità estremamen-
te ridotte. Insomma l’immersione più sicura, dal punto di vista della narcosi, è quella di un primo livello che si immerga
da riva su un fondale leggermente digradante!

La velocità di risalita
Il fatto di considerare in questo modo il tempo di fondo impose però alla U.S. Navy una precisa definizione della velo-
cità di risalita. Dopo varie vicissitudini tale velocità fu stabilita, in maniera molto pragmatica, in 18 metri al minuto nel
1958, con la prima edizione del “U.S. Navy Diving Manual.”

Esempio di pragmatismo militare
Quando Haldane fece le prime tabelle d’immersione, nel 1907, la Royal Navy adottò una velocità di risalita massima
di 18 m/min (60 piedi al minuto); la ragione principale di questa scelta fu forse la comodità di risalire a un piede al
secondo oppure la possibilità di saltare la prima tappa deco se i palombari dovevano essere fatti risalire rapidamente.
All’inizio la U.S. Navy adottò le tabelle della Royal Navy e il primo manuale d’immersione (1916) riportava una velo-
cità di risalita non superiore a un piede al secondo.
In un momento non precisato, tra il 1916 e il 1943, e senza una motivazione scritta la velocità di risalita fu cambia-
ta. Infatti il Manuale U.S.
Navy del 1943 riportava
che “la velocità di risali-
ta non deve superare i 25
piedi/min (7,5 m/min)”.
Era una velocità di risali-
ta abbastanza pratica per
i palombari e nessuno la
metteva in discussione.
Tanto che apparve anche
nella “Bibbia” dei subac-
quei del tempo: il “Bureau of Ships Diving Manual”, NAVSHIPS250-880, pubblicato nel 1952.
Fu probabilmente nel 1957 che si tenne, a Washington (U.S.A.), una delle tante riunioni fra il personale dell’Experi-
mental Diving Unit per discutere la preparazione del “U.S. Navy Diving Manual” e della nuove tabelle. La velocità di
risalita da scegliere divenne quel giorno oggetto di accanite discussioni. Francis “Doug” Fane, mitico comandante del
West Coast Underwater Demolition Team (alle origini dei moderni incursori Navy S.E.A.L.s) insisteva che i suoi
uomini non potevano essere vincolati a risalite così lente come 25 piedi al minuto e suggeriva di adottare una velocità
di almeno 100 piedi al minuto.

D’altra parte i palombari insistevano che non era possibile fare risalire tanto velocemente un uomo che indossava
un completo da palombaro. Da parte loro i ricercatori affermavamo, giustamente, che avere due diverse velocità
di risalita avrebbe comportato l’obbligo di calcolare due complete serie di tabelle, cioè raddoppiare il loro lavoro; era
quindi necessario sceglierne una. Alla fine si raggiunse un compromesso sulla velocità di
60 piedi/min, facile da ricordare (un piede per secondo), alta ma ancora accettabile per tirare un palombaro in superficie
e lenta ma praticabile per un subacqueo con autorespiratore. Nessuno si accorse che così facendo si tornava all’antico!

Con la revisione 3 del Manuale, nel 1993, tuttavia, la velocità di risalita fu ridotta a 30 piedi al minuto (9 metri m/

20       Dossier tabelle U.S. Navy
min). Sembra che fu proprio l’insorgenza di alcune embolie inspiegabili a consigliarne la riduzione. Questa velocità
è rimasta tale nell’edizione del 2008.
Oggi quasi tutti i computer subacquei adottano velocità introno ai 9-10 m/min, quindi sono perfettamente in sintonia
con le Tabelle U.S. Navy. Lo stesso vale per le procedure di risalita oggi più diffuse fra i subacquei.
Forse il termine “perfettamente” è eccessivo. Infatti le tabelle indicano che sebbene la velocità media dovrebbe essere
9 metri m/min, sono accettabili valori fra i 6 e i 12 metri al minuto. Ma alla velocità di 12 m/min la maggior parte dei
computer subacquei ha già dato l’allarme per risalita troppo rapida!

La velocità di risalita per la U.S. Navy è costante dal fondo alla superficie. Invece alcuni computer d’immersione inizial-
mente avevano velocità diverse a seconda della fascia di profondità, con valori sempre più bassi man mano che ci si avvi-
cina alla superficie. Il concetto è che l’eliminazione dell’azoto in eccesso e i limiti di soprasaturazione dei compartimenti
dipendono dai rapporti di pressioni assolute e non dalla loro differenza. Quindi risalendo da 30 metri (4 bar assoluti) a
20 metri (3 bar assoluti) la pressione si riduce di un quarto. Invece risalendo da dieci metri (2 bar assoluti) alla superficie
(1 bar assoluto) la pressione si dimezza. Il rapporto è ben diverso (doppio) anche se in tutti e due i casi siamo risaliti
di dieci metri. Quindi per il computer è giusto che la velocità di risalita sia più alta in profondità: per il suo modello di
calcolo risalendo più velocemente dalle profondità si riduce l’assorbimento di azoto, senza compromettere la sicurezza.
In realtà questo concetto è stato superato sia dalle prove pratiche (oggi la quasi totalità dei computer adotta velocità
di risalita costanti), sia dai nuovi modelli matematici a gas libero, nei quali si evidenzia come la velocità di crescita di
grandezza delle microbolle (che possono, aumentando di volume, diventare pericolose per l’embolia) sia direttamente
proporzionale alla velocità di risalita, che pertanto deve essere bassa dallo stacco dal fondo fino alla superficie.

Fuori tempo
Ovviamente risalire a velocità perfettamente costante non è possibile, ma in genere questo non è un problema
per i subacquei ricreativi, che si affidano totalmente al loro computer subacqueo, in grado di avvertirli di rallentare e in
grado anche di sollecitarli a risalire (con l’allarme di avvicinamento al limite della curva di sicurezza).

Tuttavia durante le immersioni “tecniche” accade spesso che qualche subacqueo arrivi alle tappe di decompressione
non in linea con il programma decompressivo scritto sulle proprie tabelle, magari in anticipo oppure, come accade
più frequentemente, in ritardo. Questo tema del rispetto del programma decompressivo è ben trattato dalla U.S. Navy,
quindi un breve sguardo alle sue procedure può tornare utile a molti subacquei tecnici. Appena ci si accorgesse di essere
risaliti troppo velocemente bisogna fermarsi e attendere a quella quota di rientrare nel corretto programma decompres-
sivo.
Se il subacqueo si accorge di essere in anticipo alla prima sosta decompressiva, deve comunque attendere a quella quota
sia il tempo di anticipo sia la durata della sosta prevista. Nel caso alla quota cui si ferma deve fare un cambio miscela, il
subacqueo può effettuarlo appena arrivato, anche se ha del tempo da recuperare perché è arrivato in anticipo. Insomma
un eventuale anticipo si risolve aspettando in quota che passi il tempo necessario. Ovviamente si parla di anticipi di
breve durata, non certo di una “pallonata” che ha fatto saltare due o tre tappe decompressive!

Veniamo al caso più comune di ritardo sul programma decompressivo.
     • Se il subacqueo si accorge di un ritardo di massimo un minuto deve risalire comunque alla normale velocità di ri-
       salita e rispettare il piano decompressivo previsto (in pratica deve ignorare il fatto che è in ritardo di un minuto).

     • Se il ritardo supera il minuto e si origina a profondità superiore a 15 metri, il subacqueo deve arrotondarlo al
       minuto subito successivo e aggiungere il tempo di ritardo a quello di fondo, ricalcolando il programma decom-
       pressivo. Se così facendo si accorge che ha saltato una tappa decompressiva a profondità maggiore di quella a cui
       si trova, non deve ridiscendere, ma deve eseguire quella tappa alla profondità alla quale si trova in quel momento
       e con la miscela che sta respirando.

     • Se il ritardo supera il minuto ma si origina a profondità inferiore a 15 metri, il subacqueo deve arrotondarlo al
       minuto subito successivo e aggiungere il tempo di ritardo a quello indicato dal piano decompressivo, inoltre deve
       allungare la prima tappa decompressiva di un valore pari al ritardo.

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Immersioni con miscele di elio e deep stop
Cosa ci possono dire le tabelle U.S. Navy in merito alle immersioni con miscele a base di elio? Purtroppo nulla e ci
dispiace molto. Infatti il “Volume 3” del manuale è dedicato alle miscele sintetiche, con numerose procedure di prepara-
zione, sicurezza, gestione ecc. Inoltre è corredato di un set completo di tabelle che potrebbe essere molto utile.
L’unico problema è che la U.S. Navy, come le Marine di tutto il mondo e come fanno gli O.T.S. altofondalisti, non
utilizza trimix ma heliox. È un fatto di tradizione e di studi effettuati.
Reputando negativi gli effetti della respirazione di azoto in profondità, già nel 1937 la U.S. Navy, con le ricerche di
Charles Bowers Momsen, lo sostituì con l’elio nelle miscele respiratorie dei palombari.
La scelta dell’elio al posto dell’azoto diede subito vantaggi significativi. Mentre prima di allora i tentativi di recupero
dell’equipaggio dei sommergibili bloccati sul fondo avevano avuto esiti catastrofici, il 23 maggio del 1939 la U.S. Navy
riuscì nell’entusiasmante recupero prima dell’equipaggio e poi dell’intero sommergibile “Squalus”, a 74 metri di profon-
dità.
Furono svolte oltre 600 immersioni, più della metà delle quali (quelle sul fondo) utilizzando heliox come miscela re-
spiratoria. Sull’onda di questo successo la subacquea militare si avviò quindi a grandi passi sulla strada dell’utilizzo di
miscele elio-ossigeno per tutte le immersioni profonde. Dalle esperienze militari ebbe seguito l’utilizzo di elio nelle
attività subacquee professionali, quando una società americana che produceva gas dichiarò che queste miscele of-
frivano una minore probabilità di contrarre l’embolia.
Tanto che nel 1943 Jack Haldane, figlio del più famoso John Burdon Scott, sperimentò personalmente le miscele he-
liox, procurandosi una bolla di elio nel midollo spinale che lo rese giustamente scettico nei confronti - testuali parole
- «dell’arte di vendere degli americani».
Sia come sia, le miscele elio-ossigeno furono comunque applicate, studiate e provate a secco e sul campo, mentre nessun
operatore in ambito militare o lavorativo sentì l’esigenza di utilizzare il trimix.
Per questo motivo le tabelle U. S. Navy si riferiscono solo a immersioni svolte utilizzando come gas di fondo una miscela
heliox (elio e ossigeno) con percentuali di elio fra il 60% e il 90% (a seconda della profondità). Come prima miscela de-
compressiva si usa heliox al 50% di ossigeno (in maniera simile all’utilizzo di nitrox al 50% di ossigeno nella subacquea
tecnica) e come seconda decompressiva l’ossigeno puro.
Anche per quanta riguarda i deep stop (che, a supporto/contrasto delle discusse rilevanze sperimentali, trovano ampia
spiegazione teorica nei modelli a gas libero quali V.P.M. e R.G.B.M.), il manuale della U.S. Navy non ci è di aiuto.
Infatti questo è un argomento completamente ignorato anche nella Rev. 6 che abbiamo esaminato in questo dossier.
Magari troveremo qualcosa in merito nella prossima edizione del “U.S. Navy Diving Manual”; come dice nella
prefazione dell’ultima edizione il Capitano J. G. Gray, attuale “Supervisor of Diving”, la U.S. Navy sta già lavorando da
due anni a una radicale revisione del suo manuale … aspettiamo quindi la settima edizione!

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