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Dipartimento Impresa e management Cattedra Economia e gestione delle imprese SOSTENIBILITÀ COME VANTAGGIO COMPETITIVO ALL’INTERNO DEL SETTORE FASHION DI LUSSO: IN PARTICOLARE IL “KERING GROUP” Prof. Matteo Giuliano Caroli RELATORE CORRELATORE Francesco Monaco Matr. 218601 CANDIDATO Anno Accademico 2019/2020
SOSTENIBILITÀ COME VANTAGGIO COMPETITIVO ALL’INTERNO DEL SETTORE FASHION DI LUSSO: IN PARTICOLARE IL “KERING GROUP” INDICE INTRODUZIONE (*)....................................................................................................... 3 CAPITOLO I-LA IMPRESA SOSTENIBILE ...................................................................... 5 1. CONCETTO DI SOSTENIBILITÀ ............................................................................................................................ 5 2. LA IMPRESA SOSTENIBILE .............................................................................................................. 7 2.1. Cambiamento di mentalità.................................................................................................... 7 2.2. Tecnologia come fattore chiave............................................................................................ 8 2.3. Governance sostenibile e responsabilità sociale .................................................................. 9 3. INTEGRAZIONE DELLA SOSTENIBILITÀ NELLA STRATEGIA AZIENDALE ..................................... 11 4. ECONOMIA CIRCOLARE................................................................................................................ 13 5. SOSTENIBILITÀ COME VANTAGGIO COMPETITIVO ...................................................................... 14 CAPITOLO II-FASHION DI “LUSSO” SOSTENIBILE..................................................... 18 1. FASHION DI “LUSSO” E SOSTENIBILITÀ: UN BINOMIO VINCENTE ............................................... 18 2. MODA E CONTRADDIZIONI CON IL “LUSSO” ............................................................................... 20 2.1. Il fast-fashion ...................................................................................................................... 21 2.2. Abbassamento di prezzi di produzione derivante da delocalizzazione e dai consumi rimeditati ................................................................................................................................... 22 3. BUSINESS MODEL SOSTENIBILE NEL FASHION ............................................................................ 24 3.1. I prodotti riciclati la “co-creation” ..................................................................................... 25 3.2. I consumatori al centro del business mondiale ................................................................... 26 3.3. Modelli di business sostenibili emergenti ............................................................................ 30 4. VALUE CHAIN MANAGEMENT SOSTENIBILE ............................................................................... 33 4.1.Design sostenibile................................................................................................................. 35 4.2.Materie prime sostenibili...................................................................................................... 36 4.3.Tecnologie e processi produttivi sostenibili ......................................................................... 40 1
4.4.Comunicare la sostenibilità (green marketing).................................................................... 42 4.5.Retail sostenibile .................................................................................................................. 46 4.6.Trasparenza e tracciabilità della filiera attraverso la Blockchain ...................................... 48 CAPITOLO III-ANALISI CASO...................................................................................... 50 1. IL GRUPPO KERING: ELEMENTI GENERALI ................................................................................ 50 1.1. Strategia sostenibile del gruppo e business model .............................................................. 51 1.2. I tre pilastri di Kering ......................................................................................................... 53 1.3. Conto economico sostenibile: correlazione con i risultati del gruppo ............................... 56 1.4. Sostenibilità e risultati di gruppo ........................................................................................ 60 1.5. Crescita di Kering rispetto ad altri marchi ......................................................................... 62 2. SOSTENIBILITÀ IN ALCUNE DELLE PRINCIPALI MAISONS .......................................................... 63 2.1. La Maison Gucci.................................................................................................................. 63 2.2. Yves Saint-Laurent ............................................................................................................... 67 CAPITOLO IV-IL FASHION E CORONAVIRUS: VERSO UNA MODA PIÙ SOSTENIBILE .. 70 1. REAZIONE DEI PRINCIPALI ATTORI DEL SETTORE MODA ............................................................ 71 2. RIPARTENZA GUIDATA DALLA SOSTENIBILITÀ ............................................................................ 73 CONCLUSIONI ............................................................................................................ 77 BIBLIOGRAFIA ........................................................................................................... 79 SITOGRAFIA ............................................................................................................... 83 2
INTRODUZIONE (*) I cambiamenti climatici e l’inquinamento costituiscono i principali temi che hanno dominato il dibattito socioeconomico e scientifico a livello globale negli ultimi anni, entrando a far parte di un panorama che, nel futuro prossimo, coinvolgerà in maniera più o meno netta tutti i Paesi del mondo e le relative realtà economiche e produttive. In particolare, la produzione nel settore tessile è seconda solo a quella del settore Oil&Gas per quanto riguarda i danni causati al nostro pianeta: senza un concreto cambio di direzione entro il 2050 sarà responsabile di un quarto delle emissioni mondiali di Co2. A riprova di ciò, molte imprese del fashion si sono mobilitate per una ridefinizione del proprio business model, incorporando elementi e processi chiave di sviluppo sostenibile nella loro strategia in modo da provocare un minore impatto nell’ambiente e sulla Bio-diversità. Un passo significativo è stato compiuto, ad agosto 2019, con la sottoscrizione del Fashion Pact, coordinato da François-Henri Pinault, Ceo di Kering group: il Fashion Pact ha coinvolto 32 realtà diverse per segmento di business e Paese di provenienza, tra cui i più importanti, per quanto riguarda il lusso, lo stesso Kering, Hermes, Stella McCarteney, Prada ma anche segmenti del cosiddetto fast- fashion tra cui H&M, Inditex e Nike. Queste imprese si sono impegnate a ridefinire i processi produttivi ed i propri modelli di business, assegnando priorità a trasparenza e tracciabilità della intera filiera produttiva, elementi ormai considerati fattori chiave dalla maggior parte dei consumatori. Infatti, come indica un sondaggio di McKinsey, il 70% dei consumatori è disposto a spendere il 5%- 10% in più dei prezzi prima praticati, per acquistare un prodotto ecosostenibile: ciò dimostra come sia intervenuto anche un cambio nelle attitudini del consumatore, in particolar modo da parte dei Millenials, indirizzati verso una scelta di acquisto più responsabile e consapevole. Il presente elaborato intende analizzare il concetto di sostenibilità come fattore di differenziazione all’interno del settore moda di alta gamma, in quanto, più che mai in questo momento storico, gli (*) In corso di redazione vengono citati riferimenti bibliografici solo agli autori ed alle loro opere; autore, casa editrice e anno di edizione sono riportati in Bibliografia in chiusura d’opera. 3
elementi associati a tale tematica sono diventati essenziali per raggiungere una posizione di vantaggio rispetto ai competitor. “Il vero lusso della moda oggi è la sostenibilità”, parole di Marie-Claire Daveu, il quale, dal 2012, è responsabile della gestione sostenibile del Kering group: esse delineano una inversione di tendenza che sta toccando il mondo della moda di lusso e non solo. In questa prospettiva, il lavoro approfondirà i fattori chiave che, all’interno della moda di lusso, stanno conducendo ad una crescente integrazione della responsabilità sociale d’impresa con lo sviluppo sostenibile e, quindi, con la strategia competitiva della impresa stessa. In particolar modo, si focalizzerà sulle innovazioni e tecnologie che stanno emergendo a livello sia organizzativo che strategico lungo la intera catena del valore, dal design alla vendita al dettaglio. Inoltre, l’analisi teorica sarà supportata da un riscontro empirico che considererà, con approfondimenti, le dinamiche produttive e commerciali del Kering group, pioniere di uno sviluppo sostenibile, autore di significativi progressi, anche finanziari, riuscendo a raddoppiare i propri ricavi negli ultimi 5 anni: sarà così analizzata la correlazione tra tali risultati. Infine, cadendo la stesura di questo lavoro nell’infausto periodo segnato dalla epidemia planetaria da Covid-19 (c.d. Coronavirus), sarà effettuata anche una breve analisi del fenomeno quale incidente nella compatibilità produttiva delle filiere del fashion in genere e di quelle del lusso in specie. 4
CAPITOLO I LA IMPRESA SOSTENIBILE 1. Concetto di sostenibilità La sostenibilità è un concetto ampio che, a livello d’impresa, ingloba diverse sfumature che non riguardano solo l’ambiente e la ecologia. Infatti, può essere definita come tridimensionale, comprendente, al suo interno, una interdisciplinarità tra lo sviluppo sostenibile a livelli ambientale, economico e sociale. La sostenibilità economica a livello macro può essere definita come la capacità di generare reddito e lavoro per il sostentamento della popolazione mondiale in modo duraturo. In particolare, a livello d’impresa, è definita come la capacità di garantire una crescita costante, massimizzando il valore aggiunto della produzione con il capitale e le risorse a disposizione. Essa costituisce il pilastro posto alla base dello sviluppo sostenibile che, nel 1987, nel cosiddetto rapporto Brutland, elaborato dalla World Commission on Environment and Developement (= WCED), sanciva che “Per sviluppo sostenibile si intende uno sviluppo che soddisfi i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri”. In riferimento a ciò, la sostenibilità ambientale è di particolare rilevanza in quanto fa riferimento alla conservazione del capitale di risorse che il pianeta offre. Essa riguarda il mantenimento della biodiversità, che deve essere preservata in maniera responsabile e consapevole. Infatti, le imprese devono sincronizzarsi con le necessità ambientali e ridurre il più possibile l’impatto che le attività produttive hanno sulle emissioni di rifiuti e sostanze tossiche. L’inquinamento non deve superare la capacità di assorbimento dell’ambiente così come l’esaurimento delle risorse non rinnovabili non deve superare il tasso di sviluppo dei sostituti rinnovabili (1). (1) Cfr. Daly, H.E.: Toward Some Operational principles of sustainable development. 5
Infine, la sostenibilità sociale fa riferimento alla capacità di garantire le condizioni di benessere umano (sicurezza, salute, democrazia, istruzione), tra le diverse generazioni senza distinzione di classi e genere. Lo sviluppo, per essere socialmente sostenibile, deve porsi obiettivi che riguardano la intera collettività, perseguendo la eliminazione della povertà e garantendo condizioni di vita dignitose nel rispetto dei diritti fondamentali di ogni individuo. La dimensione sociale comporta, inoltre, che deve sussistere una relazione tra le imprese ed i propri Stakeholders. (2) Questi ultimi vengono così definiti dal Prof. Edward Freeman : “lo Stakeholder di un organizzazione è un gruppo o un individuo che può influire o essere influenzato dal raggiungimento degli obiettivi dell’impresa” (3). Il c.d. Stakeholder approach non mette più gli azionisti al centro degli obiettivi dell’impresa (4) ma saranno considerati tutti i portatori di interesse. Nel 1994, Jhon Elkington (5) ha coniato la espressione “Triple Bottom Line”, per evidenziare come le imprese possano raggiungere uno sviluppo sostenibile solo se le tre componenti (sociale, ambientale ed economico) saranno bilanciate correttamente. In questa ottica le imprese devono integrare tali dimensioni all’interno della programmazione della strategia competitiva e monitorare la performance aziendale che deve essere seguita sulla base di 3 indicatori = 3P (profit, people & planet). Inoltre, la Commissione europea ha implementato il concetto elaborato da Elkington, definendo il “triplice approccio” come: “la concezione secondo la quale le prestazioni globali di una impresa, devono essere misurate in funzione del suo contributo combinato alla prosperità, alla qualità dell’ambiente e al capitale sociale” (6). (2) Filosofo e docente statunitense, attualmente professore di Business administration presso la Università della Virginia. (3) Cfr. Freeman R.E.: Stretegic Management: a Stakeholder approach. (4) Cfr. Friedman M.: The Social Responsibility of Business is to Increase its Profits. (5) Accademico britannico, consulente nel campo della responsabilità sociale d’impresa e dello sviluppo sostenibile. (6) Cfr. Commissione delle Comunità europee, Libro verde: Promuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale dell’impresa. 6
Figura 1. Da Sviluppo sostenibile, wikipedia 2. LA IMPRESA SOSTENIBILE Se le imprese vogliono percorrere un sentiero di sviluppo sostenibile secondo i tre punti di vista (7) precedentemente illustrati, servono, come afferma Enrico Giovannini , tre ingredienti fondamentali: tecnologia, Governance e cambiamento di mentalità (8). 2.1. Cambiamento di mentalità Partendo proprio da quest’ultimo fattore, è opportuno ricollegarsi al concetto di shared value elaborato da Porter e Kramer (9), definito come il valore derivante dalle pratiche e politiche aziendali che rafforzano la competitività della impresa e creano simultaneamente valore economico e sociale per la comunità in cui operano. Il valore condiviso è, secondo Porter e Kramer (2011), creato dalle aziende in tre modi: § ripensando prodotti e mercati: le aziende possono soddisfare i bisogni della società servendo meglio i mercati esistenti, accedendo al tempo stesso a sbocchi nuovi e, attraverso l’innovazione, riducendo i costi; (7) È un economista, statista ed accademico italiano. È professore ordinario di statistica economica presso la Università di Tor Vergata e docente di sviluppo sostenibile presso LUISS. È stato Chief statistician dell’OCSE dal 2001 al 2009 e presidente dell’ISTAT dal 2009 al 2013. (8) Cfr. Epifani S.: Perché la sostenibilità non può fare a meno della trasformazione digitale, Prefazione a cura di Giovannini E.. (9) Cfr. Porter M.E., Kramer M.R.: Creating shared value. 7
§ ridefinendo la produttività lungo la catena del valore: le aziende possono migliorare la qualità, la quantità, il costo e l’affidabilità degli input e del retail, agendo contemporaneamente da amministratori attenti alle risorse naturali essenziali e promuovendo lo sviluppo socioeconomico; § favorendo lo sviluppo dei distretti locali. L’azienda sostenibile, quindi, non solo non deve generare esternalità negative alla comunità ma deve contribuire attivamente al suo sviluppo, sfruttando al meglio le proprie risorse ed implementando strategie e modelli di business che incorporano valori sostenibili. A questo proposito, la impresa si trova ad operare in un contesto ben più ampio della semplice realtà aziendale e non può prescindere dalla moltitudine di attori e di portatori di interesse che entrano in contatto con essa. L’approccio allo “shared value” riconosce un nuovo ruolo per le organizzazioni, superando i modelli tradizionali di responsabilità sociale d’impresa. Infatti, le strategie di valore condiviso coinvolgono le opportunità d’innovazione non solo per la organizzazione ma pure per la intera comunità e per il progresso sociale. 2.2. Tecnologia come fattore chiave La tecnologia è un fattore rilevante ed è indispensabile per cambiare in profondità i modelli di produzione, di consumo e d’interazione tra le persone e tra queste ultime e l’ambiente (10). È necessario per le imprese includere nuove modalità d’innovazione tecnologica sia nei prodotti che nei processi produttivi ed interpretare i cambiamenti sociali, ambientali ed economici in atto in modo da anticipare i bisogni del consumatore e del sistema economico. La impresa deve così cercare una innovazione che sia sostenibile, orientando gli investimenti verso traiettorie di sviluppo che mettano al centro osservazioni e proposte operative sostenibili. Come verrà approfondito in seguito, la tecnologia sta assumendo una importanza rilevante in tema di trasparenza della filiera produttiva, soprattutto grazie ad innovazioni in campo digitale (Blockchain) ed a nuovi modelli di produzione orientati ad eliminare processi inquinanti. (10) Cfr. Epifani S., op. cit.. 8
2.3. Governance sostenibile e responsabilità sociale Un modello di sviluppo sostenibile richiede modelli di Governance sofisticati sia a livello di singola impresa sia anche attraverso gli input di governo, sovranazionale, nazionale e locale, che forniscano linee guida ed emanino legislazione in materia di sostenibilità. A tal proposito, a partire dal nuovo millennio, si è assistito ad una esponenziale evoluzione normativa rispetto alle pratiche aziendali sostenibili ed ai modelli di Governance sostenibili. A livello europeo va ricordato il contributo del “Libro Verde” (11), “Quadro della Unione europea in materia di governo societario” in cui la Commissione europea sostiene: “È di primaria importanza che le imprese europee diano prova di grande responsabilità, sia nei confronti dei lavoratori e degli azionisti sia nei confronti della società nel suo complesso” (12). Inoltre, una Governance che sia responsabile socialmente è elemento chiave per stimolare la fiducia dei cittadini, oltre ad essere un fattore che contribuisce alla competitività delle imprese. Sempre nel “Libro Verde” (2001) (13) viene introdotto il concetto di responsabilità sociale d’impresa a livello europeo, secondo cui occorre “non solo soddisfare gli obblighi giuridici applicabili, ma anche andare al di la, investendo “di più” nel capitale umano, nell’ambiente e nei rapporti con le altre parti interessate”. Di fondamentale rilevanza sono anche le linee guida internazionali come quelle dell’International Labour Office (= ILO) per quanto riguarda le condizioni di lavoro dei dipendenti e quelle della Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo economico (= OCSE). È sempre più richiesta una trasparenza della Governance da parte degli Stakeholders ed è frequente, a questo proposito, che le imprese pubblichino un report sulla sostenibilità per quanto riguarda gli impatti economico, ambientale e sociale delle attività che svolgono. (11) I libri verdi sono documenti pubblicati dalla Commissione europea, attraverso cui si vuole stimolare la riflessione a livello europeo su un tema particolare. Essi invitano le parti interessate (enti ed individui) a partecipare ad un processo di consultazione e di dibattito sulla base delle proposte presentate. Talvolta, i libri verdi danno origine a sviluppi legislativi che vengono poi presentati nei libri bianchi. (12) Cfr. Commissione delle Comunità europee, Libro verde: Il quadro della Unione europea in materia di governo societario. (13) Cfr. Commissione delle Comunità europee, Libro verde, op. cit.. 9
Tale rapporto è generalmente riferito a standard internazionali, tra cui il più comune è sicuramente il Global Reporting Initiative (= GRI), che è lo standard di riferimento per la rendicontazione non finanziaria: tutte le organizzazioni possono utilizzarlo indipendentemente da dimensione, settore di attività o Paese. Attraverso tale rendicontazione la impresa presenta i valori della organizzazione ed il sistema di Governance ed offre il link tra la strategia e l’impegno verso una economia sostenibile. Esso è un rilevante strumento di comunicazione con tutti gli Stakeholders ed i principali input di misurazione che possono essere considerati: visione multi-stakeholder, partecipazione di questi ultimi all’attività di impresa e nelle decisioni e, infine, costi di sviluppo condivisi con le altre imprese (14) . Uno degli strumenti di rendicontazione, attraverso il quale le imprese comunicano agli Stakeholeders la sostenibilità, è costituito dal bilancio sociale con il quale la impresa sintetizza le pratiche svolte e monitora la propria attività rispetto agli obiettivi prefissati. Lo Stakeholder Engagement (= SE) è una componente fondamentale di tale rendicontazione. Ricomprende tutte le attività d’informazione, dialogo e consultazione dei portatori di interesse realizzate da una organizzazione. Queste iniziative variano in base alla profondità del coinvolgimento degli attori ed in funzione dell’ampiezza dei temi trattati. Lo SE può portare la impresa su un piano di continuo apprendimento se essa è in grado di coinvolgere tutta l’organizzazione aziendale ed inglobare, nella strategia, i bisogni e le aspettative di ogni componente con cui entra in contatto. Infatti, il coinvolgimento nelle decisioni di progettazione e strategia è una delle componenti chiave essenziali per una impresa sostenibile. È sempre più comune che, all’interno dell’amministrazione della impresa, siano costituiti comitati specializzati su tematiche riguardanti la sostenibilità, il cui compito essenziale è valutare ed orientare le scelte strategiche del management verso una direzione sostenibile. La impresa che soddisfa i requisiti precedentemente elencati viene definita socialmente responsabile: in concreto “opera nel pieno rispetto della legalità e dei valori etici fondamentali, persegue la (14) GRI Sustainability reporting standards, tratto da sito internet: https://www.globalreporting.org/information/sustainability-reporting/Pages/gri-standards.aspx. 10
propria funzionalità duratura e difende la propria autonomia. A tal fine, persegue nel continuo l’economicità e si attiene a rigorosi criteri di sostenibilità sociale e ambientale della propria attività. Si adopera per evitare scelte e comportamenti forieri di ingiustizia, lesivi del principio di pari opportunità, oppure all’origine di danni ecologici, mantenendo o ricercando una relazione di buona armonia con i territori e con le comunità in cui è inserita” (15). 3. INTEGRAZIONE DELLA SOSTENIBILITÀ NELLA STRATEGIA AZIENDALE “Integrare la sostenibilità nel business significa ripensare e ridefinire la strategia e i processi operativi per affrontare il cambiamento e rispondere ai bisogni e alle aspettative del mercato e della società, con l’obiettivo ultimo di accrescere la competitività e sostenere la redditività duratura” (16). Integrare la sostenibilità implica, quindi, un cambiamento del suo modo di operare ma esso non è un procedimento repentino, anzi avviene in maniera graduale e con un costante sforzo nel tempo. Sono stati elaborati (17) cinque stadi che rappresentano la evoluzione graduale della integrazione dei principi della sostenibilità all’interno dell’azienda. La figura che segue illustra i passaggi da uno stato all’altro: (15) Cfr. Ballucchi F., Furlotti K.: La responsabilità sociale delle imprese, un percorso verso lo sviluppo sostenibile. Profili di governance e di accountability. (16) Cfr. E. & Y.: Rapporto di ricerca: Integrare la sostenibilità nel core business. (17) Cfr. Pedrini M., Zaccone M.C.: Le aziende diventano sostenibili. L’integrazione di aspetti sociali e ambientali nella gestione delle aziende. 11
Figura 2. Da Pedrini M., Zaccone M.C.: Le aziende diventano sostenibili. L’integrazione di aspetti sociali e ambientali nella gestione delle aziende. Nello stadio informale la impresa inizia ad utilizzare pratiche sostenibili, spesso inconsapevolmente, come ad esempio buoni ed ausili ai propri dipendenti o verso l’ambiente cercando di ridurre l’impatto di emissioni nocive e lo utilizzo di materiali plastici. Attraverso una presa di coscienza di tali pratiche le aziende passano allo stadio successivo, definito corrente, nel quale le iniziative sono, invece, pensate ed appositamente create: predisposizione di un codice etico o redazione e pubblicazione del bilancio sociale (18). Tuttavia, in questo stadio la impresa rimane ancora in uno stato di astrattezza: nel momento in cui essa voglia passare dall’astratto al concreto entra nella fase denominata sistematica, nella quale la impresa stessa mette in atto strategie di sostenibilità in tutte le attività aziendali. In questo stadio la impresa potrebbe implementare pratiche di risorse umane volte al benessere dei dipendenti o ricercare fornitori con requisiti sostenibili ed etici o, infine, quanto alla funzione logistica, minimizzare le esternalità negative per l’ambiente. Il passaggio chiave interviene quando la impresa concepisce la implementazione di queste pratiche come fonte di vantaggio competitivo: nel quarto stadio - innovativo - vengono, infatti, ricercate (18) Il bilancio sociale rendiconta le iniziative ed i risultati in ambito economico, sociale, ambientale e di Governance. È generalmente redatto secondo gli standard di rendicontazione del Global Reporting Initiative (= GRI), ha cadenza annuale ed è un documento rivolto alla pluralità degli Stakeholders ma ha anche carattere normalmente pubblico (in Italia viene depositato presso il Registro delle imprese della Camera di Commercio dove ha sede legale la impresa). 12
pratiche innovative per generare vantaggi in termini di margini più elevati oppure per ridurre costi e rischi. Nell’ultimo stadio vi è una tensione verso una sostenibilità che sia centrale nella cultura aziendale. 4. ECONOMIA CIRCOLARE Secondo la Ellen McArthur Foundation la economia circolare “è un termine generico per definire un’economia pensata per potersi rigenerare da sola. In un’economia circolare i flussi di materiali sono di due tipi: quelli biologici, in grado di essere reintegrati nella biosfera, e quelli tecnici, destinati ad essere rivalorizzati senza entrare nella biosfera. La economia circolare è, dunque, un sistema in cui tutte le attività a partire dalla estrazione e dalla produzione, sono organizzate in modo che i rifiuti di qualcuno diventino risorse per qualcun altro”. Il sistema che attualmente domina la produzione industriale è definito “dalla culla alla tomba”, in un sistema che segue un modello lineare nel quale le risorse vengono estratte, lavorate e trasformate in prodotto, vendute ed infine eliminate, sepolte in una “tomba”, rappresentata da una discarica o inceneritore (19). Il progetto sostenibile definito “crandle-to-crandle” che letteralmente significa “dalla culla alla culla”, si predispone per creare un ciclo continuo chiuso senza sprechi. Questo modello si sposta verso l’utilizzo di energie rinnovabili, elimina l’uso di sostanze chimiche tossiche, tende ad eliminare i rifiuti, attraverso una progettazione innovativa a livello di design, materiali, sistemi di produzione e strategie competitive che porta le aziende a creare prodotti che possono essere riciclati all’infinito o che possono tornare in natura perché biodegradabili (20). La circolarità definisce un sistema industriale progettualmente rigenerativo basato sul sinergico riutilizzo di risorse che rialimentano il ciclo produzione-consumo il quale, a propria volta, accresce il capitale economico, naturale e sociale, e contribuisce al benessere dell’ecosistema (21). (19) Cfr. Rinaldi F.R.: Fashion 2030 Reshaping the future through sustainability and responsible innovation. (20) Cfr. Geissdoerfer M., Savaget P., Boken N., Hultink E: The circular economy- a new sustainability paradigm? (21) Cfr. Geissdoerfer M., Savaget P., Boken N., Hultink E., op. cit.. 13
I prodotti frutto di un corretto riciclo possono portare al cosiddetto Upciclying, ovvero attraverso l’uso di scarti e materiali riciclati si può creare un prodotto che ha un valore superiore al prodotto oggetto di riciclo. 5. SOSTENIBILITÀ COME VANTAGGIO COMPETITIVO Le imprese che adottano politiche di responsabilità sociale, oltre ad avere un riscontro dal punto di vista meramente etico verso la comunità e la società nel suo insieme, possono ottenere anche un vantaggio rispetto ai competitor. Esso è frutto di molteplici fattori in termini di redditività, costruzione di fiducia, rispetto, reputazione e loyalty dei clienti e di tutti gli Stakeholders. A fronte di ingenti investimenti potrebbe risultare svantaggioso, nel breve periodo, intraprendere pratiche sostenibili, soprattutto se la impresa è first moover e deve comunicare con gli Stakeholders. Molteplici studi (22) affermano che, invece, tale vantaggio nel medio-lungo periodo si traduce in una redditività superiore e che esiste una correlazione positiva tra integrazione della sostenibilità e risultati finanziari in termini di rendimenti azionari, ritorni sul capitale e sugli investimenti. Una gestione sostenibile genera, quindi, benefici direttamente finanziari ma determina anche un accrescimento della reputazione della impresa. Infatti, integrando la sostenibilità all’interno del business si rafforza il legame con il cliente determinato da un incremento del valore del brand. La sostenibilità può essere usata dalla impresa per raggiungere, come scrive Chan Kim nel suo volume (23) “Blue Ocean strategy”, un “Oceano blu” ovvero una posizione di vantaggio competitivo attraverso fattori di diversificazione e innovazione sostenibili. La strategia di “Oceano blu” rispecchia la teoria secondo la quale i mercati in cui operano le imprese sono rappresentati metaforicamente come due oceani paralleli semmai di colore diverso: oceano rosso e oceano blu. (22) Cfr. Surroca J., Tribò J.: Corporate responsibility and financial performance: the role of intangible resources, in Strategic management Journal. Cfr. Perez de Toledo E., Bocatto E.: The Impact of Environmental, Social and Governance (ESG) Standards on the Value of Cash Holdings: Evidence from Canadian Firms. (23) Cfr. Chan Kim W., Maurbogne R.: Blue Ocean Strategy. How to create uncontested market and make the competition irrelevant. 14
Il primo è un mercato ipotetico in cui i manager sono da tempo e dove insiste una acerrima continua competizione che porta ad una lotta continua e al “sangue”. In questo mercato le imprese ottengono bassi margini di profitto. Viceversa, lo “Oceano blu” è caratterizzato da fattori d’innovazione che danno un impulso alla creazione di un nuovo mercato, sviluppato attraverso la implementazione di nuovi prodotti e servizi. (24) La letteratura in materia di vantaggi competitivi che derivano da strategie sostenibili, è stata ampiamente esplorata: i benefici si possono ricondurre in diverse macro-categorie composte da: § riduzione dei rischi: applicando tutte le norme in materia di sicurezza sul lavoro, sul rapporto produzione-emissioni di materiali inquinanti, la impresa riduce i rischi connessi all’attività, minimizzando le possibilità di eventi catastrofici e scandalistici, che possono danneggiare la sua reputazione; § riduzione dei costi: secondo il punto precedente, la impresa, minimizzandoli, traduce i rischi in una riduzione dei costi potenziali e di una perdita di posizione sul mercato a fronte di un possibile scandalo o catastrofe che la coinvolge. Inoltre, si possono ridurre i costi nel lungo periodo ammortizzando un investimento nello sfruttamento di energie rinnovabili: queste, oltre ad essere una possibile fonte di riduzione dei costi, conducono anche a benefici in termini di immagine della impresa. Infine, si riducono i costi di transazione ed i costi assicurativi, grazie alla presenza di codici etici (25) o certificazioni di responsabilità sociale che riducono quei costi inerenti alle rinegoziazioni, ai conflitti di interesse ed alle pratiche legali; § reputazione e legittimità di una impresa: derivano da un incremento del brand equity della sua offerta. I consumatori, nel momento in cui effettuano una scelta di acquisto, si orientano verso una impresa socialmente più responsabile. La creazione ed il mantenimento di un elevato profilo sono essenziali per un elevato posizionamento sul mercato ed una efficace relazione con gli Stakeholders; (24) Cfr. Caroli M., Fontana F.: Economia e gestione delle imprese, pagg. 41-44; Citterio A., Miglivacca S., Pizzurno E.: Impresa e ambiente: un’intesa sostenibile. Strategie, strumenti ed esperienze; E. & Y., op. cit.. (25) Può definirsi come la “Carta costituzionale” della impresa: una carta dei diritti e doveri morali che qualifica la responsabilità etico-sociale di ogni partecipante alla organizzazione imprenditoriale. 15
§ migliore efficienza ed efficacia nella gestione: un approccio sostenibile volto ad ottimali condizioni di lavoro, minor impatto sull’ambiente, attenzione alla materia prima ed allo spreco di risorse, rispetto dei valori sociali e dei diritti umani, contribuisce ad aumentare la produttività ed a ridurre errori e scarti con benefici in termini di tempi e di contrazioni di costi. Creare un ambiente di lavoro migliore, più sicuro e motivante attraverso formazione ed informazione del personale, si traduce spesso, nella maggior parte dei casi, in un migliore impiego ed in una più accentuata produttività dei lavoratori; § migliore gestione delle risorse umane: una soddisfazione sul posto di lavoro derivante da una implementazione di pratiche sostenibili all’interno della gestione, si traduce in una fidelizzazione dei lavoratori. Ciò contribuisce ad attrarre le risorse aziendali migliori, derivanti da un employer brand più elevato, nonché a ridurre il turnover e l’assenteismo; in tal modo sicuramente si produce anche un ritorno economico per la impresa che ha investito in formazione del personale, riducendo pure i costi di recruiting di nuove risorse umane; § aumento della fedeltà dei consumatori: il mercato, negli ultimi anni, si è orientato verso un cambio anche nei comportamenti e nelle abitudini di costoro verso prodotti eco-sostenibili o che provengono da imprese le quali hanno integrato pratiche socialmente responsabili. La impresa che comunica adeguatamente la propria sostenibilità riesce, quindi, ad ottenere un vantaggio in termini di posizione di mercato ma anche in ordine all’incremento di un beneficio percepito da parte del consumatore che si traduce nell’accettazione di un premium price; § più facile l’accesso al credito: esiste una crescente attenzione alla responsabilità etica delle imprese anche da parte degli intermediari finanziari e degli investitori. Le istituzioni finanziarie operano valutazioni di merito di credito in relazione inversamente proporzionale al rischio e, quindi, direttamente proporzionale a requisiti sociali ed ecologici. Inoltre, il suo valore azionario può influenzare se la società è quotata. Dunque, in questa ottica, la impresa raggiunge un risultato win-win, con il quale perviene ad una performance migliore rispetto ai competitor ed inoltre genera benefici per la comunità e tutti gli Stakeholders coinvolti nonché per l’ambiente in generale. 16
Ovviamente, dall’altra parte della medaglia, una gestione sostenibile genera molti costi che, nel breve periodo, potrebbero superare di gran lunga i ritorni economici (ad esempio formazione del personale verso pratiche sostenibili, investimenti in fattori produttivi ecologici più costosi della media, materie prime più costose) ed un possibile accrescimento diretto o indiretto di altri costi. La impresa avrà un vantaggio nel breve periodo se agisce da first moover di una nuova tecnologia produttiva, materiale, o nel lancio di un prodotto innovativo dal punto di vista sostenibile. É probabile che, per timore di ripercussioni negative, le imprese del settore si evolveranno verso una dimensione più etica, cercando di colmare il gap con la impresa leader e ciò porterà anche ad una maggiore integrazione tra le imprese del settore. 17
CAPITOLO II FASHION DI “LUSSO” SOSTENIBILE Il capitolo precedente ha fornito un’analisi teorica del concetto di sostenibilità all’interno di una impresa ed ha indicato i vantaggi competitivi che ne derivano. In questo capitolo verranno approfonditi il concetto di sostenibilità all’interno del settore della moda di lusso, i modelli di business e le tecnologie emergenti nello specifico campo che stanno rivoluzionando tale settore. 1. Fashion di “lusso” e sostenibilità: un binomio vincente Il rapporto che il lusso ha con la sostenibilità costituisce una delle tematiche più dibattute all’interno della dottrina scientifica-manageriale: la discussione è accentuata e resa viva da una crescente presa di consapevolezza da parte del consumatore. Quest’ultimo domanda alle imprese di essere maggiormente responsabili e sostenibili verso temi come salvaguardia dell’ambiente, risorse umane, materiali riciclabili e, infine, la intera società in cui viviamo (26). Tuttavia, prima di procedere a tale analisi è opportuno chiarire cosa si intenda per “lusso”. A livello etimologico il termine “lusso” deriva dal latino luxus che, letteralmente, significa eccesso, (27) sovrabbondanza . Come direbbe Coco Chanel, “Il lusso è una esigenza che comincia dove la necessità finisce”: il livello di beni di acquisto si identifica come qualcosa di non strettamente necessario e, quindi, superfluo. Dal punto di vista economico i beni di lusso possiedono una elasticità positiva più che proporzionale al reddito, generalmente maggiore di 1, ovvero, all’aumentare del potere di acquisto, il consumo di beni di lusso aumenta a sua volta. Andando oltre il mero significato, il “lusso” rispecchia un concetto molto relativo che trova una sua realizzazione all’interno di un contesto sociale, economico ed ambientale (inteso come spazio e tempo): sono la percezione della persona a fare da padrona e, soprattutto, l’ambiente in cui essa vive e da cui è condizionata. (26) Cfr. Amatulli C., De Angelis M.: Luxury Marketing: vendere il lusso nell’epoca della sostenibilità. (27) Cfr. Delfino G.F., Pippo F.: Moda e lusso in ascesa. Dinamiche competitive e strategie finanziarie. 18
In questa ottica, quindi, il “lusso” non è necessariamente ostentazione, eccesso e superfluo ma assume una connotazione di ricerca e selezione del bene, ponderazione degli acquisti, qualità ed esclusività (28). La idea interessante e provocatoria è che il bene di lusso sia naturalmente più sostenibile per delle caratteristiche intrinseche che presenta rispetto a molti altri prodotti nei rispettivi settori di appartenenza. A supporto di ciò interviene pure la visione della Chief Suatainability Officer, Sig.ra Marie Daveu, del Kering Group, secondo la quale esiste una intrinseca relazione tra “lusso” e sostenibilità, anzi questa ultima è compresa nella definizione di lusso (29). Infatti, analizzando le caratteristiche del bene di lusso è possibile rilevare come esista una correlazione positiva tra il “lusso” e la sostenibilità. In primis, una elevata qualità dei materiali e della lavorazione del prodotto conferiscono sicurezza ed affidabilità al consumatore. In secondo luogo, una importante caratteristica dei beni di alta gamma è sicuramente la durevolezza: essi vengono concepiti come duraturi a partire dalla loro progettazione e produzione, attraverso l’utilizzo di materiali pregiati ma allo stesso tempo resistenti. Anche la funzionalità di tali beni è duratura e non necessita di continue sostituzioni del prodotto come lo slogan di Patek Philippe sottolinea “you never own a Patek Philippe. You merely look after it for the next generation” [= non possederai mai un Patek Philippe, semplicemente lo custodisci e lo tramandi alle future generazioni]. In questa ottica il consumatore del “lusso” concepisce l’acquisto di un bene come un investimento in quanto il “lusso” è un elemento che, generalmente, con il tempo acquisisce valore invece che perderlo (30). La durevolezza ha una diretta conseguenza in campo sostenibile, in quanto i prodotti ed i materiali resilienti sono, almeno potenzialmente, in grado di allungare la vita e la utilità dei prodotti stessi, avendo un minore impatto ambientale. (28) Cfr. Amatulli, op. cit.. (29) Cfr. Amatulli, op. cit.. (30) Cfr. Amatulli, op. cit.. 19
Inoltre, un prodotto di lusso è caratterizzato da un ulteriore elemento, ovvero la rarità che, dal punto di vista del ragionamento, può essere interpretato a monte come una minore produzione del bene stesso (31). La realizzazione del prodotto di lusso valorizza altresì la comunità locale preservando l’artigianalità, che è rappresentata da manodopera di eccellenza in possesso di competenze tradizionali ma all’avanguardia per essere integrate con nuove pratiche sostenibili. Infatti, un’azienda che opera nel proprio territorio contribuisce in maniera concreta allo sviluppo economico e sociale di esso, rispetto a tutte quelle imprese che esportano l’attività produttiva verso Paesi in cui il costo della manodopera è vantaggioso, praticando il cosiddetto outsourcing. All’interno del mondo del lusso assume una importanza rilevante anche il concetto di made-in che, soprattutto nel campo della moda, rappresenta, nella mente del consumatore, una reputazione di eccellenza e di elevata qualità nel settore di appartenenza. 2. Moda e contraddizioni con il “lusso” A questo punto è opportuno introdurre un altro importante concetto ai fini della nostra analisi ovvero che cosa sono la moda e le contraddizioni che incontra con il “lusso”. Innanzitutto, è rilevante la distinzione tra “lusso” e moda, due termini che spesso si sovrappongono ma che si riferiscono fondamentalmente a prodotti e modelli di business differenti. Il “lusso”, come riportato retro, rispecchia un concetto basato sul lungo periodo e resistente nel tempo alle tendenze del momento, sia dal punto di vista mentale che psicologico (32). Si pensi anche alle molte aste di oggettistica di lusso (borse in specie), tenute da case assai rinomate (ad esempio Christie’s). Al contrario, la moda è un concetto che ha assunto una valenza “caduca” e che porta in risalto qualità dei prodotti collegate al susseguirsi del cambiamento di tendenze, alla ricerca delle novità ed alla innovazione legata al rapido succedersi di forme, materiali e modelli estetici (33). (31) Cfr. Amatulli, op. cit.. (32) Cfr. Fletcher K.: Moda, design e sostenibilità. (33) Cfr. Fletcher, op. cit.. 20
La moda e il suo funzionamento tendono a rappresentare la insostenibilità dello sfrenato consumismo del vivere moderno. Infatti, nel campo dell’abbigliamento è molto comune che indumenti pienamente in grado di svolgere la propria funzione vengano gettati via o cadano nel dimenticatoio nel fondo degli armadi. Ciò è dovuto ad una obsolescenza, almeno sul piano psicologico, del consumatore, propria del settore della moda. 2.1. Il fast-fashion Il concetto di moda è stato amplificato dalla nascita di molte aziende che rientrano nel settore cosiddetto del fast-fashion come H&M, Zara, Primark e Topshop. Il fast-fashion è una nuova formula basata su una stretta interdipendenza tra i sistemi di produzione, di logistica e di retail, che permette alle imprese dell’abbigliamento di ridurre le tempistiche di avvio e conclusione di un ciclo produttivo. In questo modo le imprese riescono a rispondere in modo rapido ed efficiente ai cambiamenti di tendenza della domanda del mercato, realizzando capi di abbigliamento sempre nuovi e, soprattutto, con maggiore frequenza (34). Infatti, la produzione di tali beni è standardizzata ed è nata per essere economica, facile e rapida da produrre. I ritmi di vendite e di crescita aumentano grazie alla massimizzazione dello sfruttamento delle economie di scala ed alla riduzione “all’osso” dei costi. Questo processo è considerato una sorta di democratizzazione della moda, un fenomeno che ha permesso a tutti di vestire bene, a costi molto contenuti. Infatti, è possibile ritrovare stili e capi di abbigliamento che, almeno all’apparenza, non hanno niente di meno dei prodotti che invadono le passerelle od i negozi dei brand di lusso (35). I prezzi contenuti hanno determinato un cambiamento delle abitudini di acquisto e di utilizzo degli indumenti. Il consumatore medio del fast-fashion spesso compra più del necessario e scarta rapidamente per via del basso valore percepito. (34) Cfr. Fletcher, op. cit.. (35) Cfr. Fletcher, op. cit.. 21
2.2. Abbassamento di prezzi di produzione derivante da delocalizzazione e dai consumi rimeditati Tuttavia, i ritmi sfrenati di produzione possono essere sostenuti solo grazie ad una dislocazione dei processi produttivi in Paesi esteri dove il costo della manodopera è molto basso e dove, purtroppo, la maggior parte dei lavoratori è sfruttata e lavora in condizioni talvolta disumane. Inoltre, le imprese del fast-fashion cercano di ottimizzare i costi anche utilizzando materie prime a basso costo che, certamente, non hanno un buon impatto ambientale. La produzione e la manutenzione costano enormi quantità di acqua, energia e risorse non rinnovabili. In questo senso migliore sarà la performance della impresa, peggiori saranno i suoi effetti sull’ambiente. La nascita e lo sviluppo dei brand del fast-fashion hanno reso la moda uno dei settori più redditizi ma, allo stesso tempo, inquinanti della Terra. Per farsi una sintetica idea delle cifre, in media il settore della moda produce un fatturato annuo di 1.500 miliardi di euro e oltre 1 miliardo di vestiti all’anno. È un settore ad alto consumo idrico: circa 80 miliardi di metri cubi di acqua dolce; oltre un milione di tonnellate di Co2 (più dell’intero traffico aereo mondiale); 92 milioni di tonnellate di rifiuti. Il maggiore uso di sostanze inquinanti avviene nella tintura, nel lavaggio, nella stampa e nei finissaggi (36). Andando nel concreto: per produrre una t-shirt di cotone servono più di 2650 litri di acqua e da sola produce 8,3 kg di Co2 contando i primi 50 lavaggi (37). Ciò rende la idea di quale impatto può avere la produzione di una sola maglietta sull’ambiente. In un contesto di attività produttiva ossessionata dalla crescita, emerge una nicchia del settore che propone una cultura e valori “slow”. (36) Cfr. Perris C., Portoghese F., Portoghese O.: Verso una moda sostenibile. (37) Cfr. Perris C., Portoghese F., Portoghese O., op. cit.. 22
Il settore del lusso si può definire precursore di tale movimento e, in concreto, racchiude dentro di sé un vocabolario fatto di produzione ridotta, tecniche che hanno fondamenta in pratiche artigianali e tradizionali, materiali rari. Il “lusso” è più consapevole del processo progettuale e di come questo si riflette sui flussi di risorse, sui lavoratori, su comunità ed ecosistemi. I detentori dei marchi della moda di lusso praticano sicuramente prezzi più elevati che, oltre a rappresentare un valore maggiore, riflettono anche i costi ecologici e sociali reali, traendo profitto dalla vendita e, in qualche modo, “discriminando” la frequenza di acquisto (38). Per come presentati, moda e sostenibilità tendono ad avere poco in comune. Un piccolo spiraglio, almeno dal punto di vista logico del nostro discorso, si ritrova nella moda di lusso per le caratteristiche intrinseche citate precedentemente. Come riportato in apertura dell’elaborato, il vero “lusso” della moda oggi è la sostenibilità: essa aumenta i connotati di prestigio del capo di abbigliamento, accrescendo la esclusività del marchio ed il suo valore percepito. La sostenibilità per un prodotto di moda di alta gamma è considerata un valore aggiunto, in qualche modo strumentale al rafforzamento della posizione competitiva rispetto ai competitors, che genera un bene esclusivo nel suo genere. In questo senso la innovazione e la introduzione di nuovi elementi sostenibili sono rilevanti per la definizione di nuovi business model. Da tali considerazioni emerge come la differenziazione di capi di abbigliamento sostenibili parta dalla loro progettazione e dal design, per arrivare alla distribuzione al dettaglio, coinvolgendo tutti gli anelli della catena del valore (39). Il mercato del fashion & luxury, per la sua vocazione di eccellenza e come precursore di pratiche di sustainable change management “rappresenta un laboratorio privilegiato per osservare e analizzare i comportamenti socialmente responsabili delle imprese, nel quadro di un più ampio (38) Cfr. Fletcher, op. cit.. (39) Cfr. Dall’Ava M., Gazzola P., Pavione E.: I differenti significati di sostenibilità per le aziende di lusso e della moda: case studies a confronto. 23
disegno strategico di rafforzamento del vantaggio competitivo e di ridefinizione dei modelli di business” (40). 3. Business model sostenibile nel fashion Il modello di business è un concetto fondamentale, definito come lo strumento che aiuta a comprendere come una azienda svolge la propria attività: è utilizzato per analizzare, comparare e valutare la performance, il management, la comunicazione e la innovazione (41). In sintesi, un modello di business è la logica attraverso cui una impresa crea, distribuisce e raccoglie valore. Una impresa che voglia perseguire la sostenibilità compie un salto di qualità quando la rende implicita nel modello di business ed allorché le politiche aziendali sono originate e spinte nei massimi organi della impresa (42). La industria del fashion, come accennato precedentemente, mette in atto modelli di business attraverso complesse catene del valore basate su: eccessivo uso di risorse, buona parte dei prodotti con un ciclo corto di vita, grandi volumi di consumo che provocano molteplici negativi impatti ambientali (43). Ridefinire il business model è il primo passo che si rivela fondamentale verso una crescita sostenibile. Le imprese devono uscire dalle logiche tradizionali di generazione dei ricavi, operations e logistica. Il metodo che le imprese della moda stanno utilizzando è quello di analizzare il flusso di materiali all’interno della catena del valore. (40) Cfr. Dall’Ava M., Pavione E., Pezzetti R.: Emerging competitive strategies in the global luxury industry in the perspective of sustainable development: the case of Kering group. (41) Cfr. Bochen N. M. P., Short S. W, Rana P., Evans S.: A literature and practice review to develop sustainable business model archetypes. (42) Cfr. Caroli M.G., Fontana F.: Economia e gestione delle imprese. (43) Cfr. Havass K.K.: Business model innovation through second hand retailing. 24
3.1. I prodotti riciclati la “co-creation” Nel sistema della moda solo il 20% circa dei vestiti è riciclato o riusato, tanto che si stima che la maggior parte dei vestiti a fine ciclo venga smaltita nei terreni e/o bruciata: ogni minuto viene incenerito un tir di abiti. Questo è un sistema lineare, caratterizzato da un flusso in entrata ed uno in uscita, che non prende in considerazione la scarsità delle risorse e delle materie prime (44). Figura 3. Da EllenMacarthurFoundation: A new textiles economy: redesigning fashion’s future. La sfida per le imprese della moda è sviluppare modelli di business che abbiano una value proposition mirata a catturare valore economico, raggiungendo una sostenibilità finanziaria ma, al tempo stesso, a non generare esternalità negative per la comunità e l’ambiente in genere. In concreto, le imprese che vogliono raggiungere una sostenibilità tri-partita devono agire in primis sul prodotto e sulla propria attività ma in un mondo globalizzato e di produzione dislocata laddove la responsabilità si “spalma” sulla intera catena del valore. (44) Cfr. EllenMacarthurFoundation: A new textiles economy: redesigning fashion’s future. 25
La proposta di valore nelle imprese sostenibili deve essere basata sulla “co-creation”, come mostra la figura sottostante. Le aziende della moda devono interagire con tutti gli Stakeholders ed adottare politiche di inclusione nelle decisioni strategiche. 3.2. I consumatori al centro del business mondiale È fondamentale che vi sia trasparenza della provenienza dei materiali, del lavoro che vi è dietro ma, soprattutto, del livello di scambio d’informazione ed innovazione che l’azienda, il comparto di ricerca e sviluppo ed i fornitori mettono in atto in modo da raggiungere una innovazione di prodotto a 360 gradi (45). Un’azienda sostenibile mette al centro del proprio modello di business anche i consumatori che, nel mondo della moda, sono pronti al cambiamento ed attenti alle novità, tanto che possono rilevarsi fondamentali nella creazione di nuovi progetti e strategie di crescita se interviene una partecipazione attiva nella creazione di valore. Figura 4. Da Yang Y, Han H., Lee P.: An exploratoy study of mechanism of sustainable value creation in the luxury fashion industry. (45) Cfr. Yang Y, Han H., Lee P.: An exploratoy study of mechanism of sustainable value creation in the luxury fashion industry. 26
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