Opera - Simon Boccanegra Giuseppe Verdi - Teatro Alighieri
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Fondazione Ravenna Manifestazioni Comune di Ravenna Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo Regione Emilia Romagna Teatro di Tradizione Dante Alighieri Stagione d’Opera e Danza 2017-2018 Simon Boccanegra melodramma in un prologo e tre atti musica di Giuseppe Verdi libretto di Francesco Maria Piave con aggiunte e modifiche di Arrigo Boito Teatro Alighieri 2, 4 marzo
Sommario La locandina................................................................. pag. 5 Il libretto. ........................................................................ pag. 7 Il soggetto...................................................................... pag. 35 La potenza degli affetti di Silvia Campana .................................................... pag. 39 I protagonisti .............................................................. pag. 49 Coordinamento editoriale Cristina Ghirardini Grafica Ufficio Edizioni Fondazione Ravenna Manifestazioni Si ringrazia il Teatro Municipale di Piacenza per aver messo a disposizione il materiale editoriale. Foto di scena Teatro Municipale di Piacenza © Gianni Cravedi In apertura dei capitoli: Il mito di Verdi A p. 35, Giuliano Della Casa, Giuseppe Verdi, disegno all’acquerello, 2012. A p. 39, Casa Roncole, ove nacque Giuseppe Verdi il 10 ottobre 1813, figurina Liebig, Norimberga, Litografia Fritz Schneller & Co, 1902. A p. 48, Manifesto del film Giuseppe Verdi, regia di Raffaello Matarazzo, 1953. L’editore si rende disponibile per gli eventuali aventi diritto sul materiale utilizzato. Stampa Edizioni Moderna, Ravenna
Simon Boccanegra melodramma in un prologo e tre atti musica di Giuseppe Verdi libretto di Francesco Maria Piave, con aggiunte e modifiche di Arrigo Boito, dal dramma Simón Bocanegra di García Gutiérrez personaggi e interpreti Simon Boccanegra Kiril Manolov Maria Boccanegra Clarissa Costanzo Jacopo Fiesco Mattia Denti Gabriele Adorno Ivan Defabiani Paolo Albiani Ernesto Petti Pietro Cristian Saitta Un’ancella Paola Lo Curto Un Capitano dei balestrieri Jenish Ysmanov direttore Pier Giorgio Morandi regia Leo Nucci regista collaboratore Salvo Piro scene Carlo Centolavigna costumi Artemio Cabassi luci Claudio Schmid Orchestra dell’Opera Italiana Coro del Teatro Municipale di Piacenza maestro del coro Corrado Casati banda di palcoscenico del Conservatorio Nicolini di Piacenza: Davide Bertoli tromba in scena, Flavia Pedretti tromba, Katri Ennada Khalfaoui trombone, Tommaso Franguelli tamburo figuranti Stefano Bonelli Poli, Mattia Fornari, Francesco Lo Feudo, Gianmarco Zanelli direttore di scena Ermelinda Suella direttore musicale di palcoscenico Jacopo Brusa maestri collaboratori Gianluca Ascheri, Gaboon Ko maestro alle luci Paolo Burzoni maestro ai sovratitoli Enrica Apparuti responsabile tecnico della Fondazione Teatri di Piacenza Michele Cremona direttore dell’allestimento Emanuele Grilli tecnici macchinisti Massimo Groppelli, Gianluca Magnelli tecnico elettricista Andrea Morarelli (capo elettricista) consolista Daniele Faroldi attrezzista Andrea Moriani (capo attrezzista) sarta Renata Orsi (capo sarta) trucco/parrucco Francesca Mori (capo reparto), Beatrice Tappani, Elena Greco realizzazione scene Laboratorio della Fondazione Teatro Comunale di Modena attrezzeria Fondazione Teatri di Piacenza, E. Rancati srl Cornaredo (MI) costumi, calzature, parrucche Artescena di Stefano Giaroli Reggio Emilia, Calzature Epoca srl Milano noleggio luci Gemmi luci Milano, Gemini Luci San Giuliano Milanese coproduzione Fondazione Teatri di Piacenza, Teatro Alighieri di Ravenna in collaborazione con Opéra de Marseille 5
Simon Boccanegra melodramma in un prologo e tre atti musica di Giuseppe Verdi libretto di Francesco Maria Piave, con aggiunte e modifiche di Arrigo Boito, dal dramma Simón Bocanegra di Antonio García Gutierrez prima rappresentazione Milano, Teatro alla Scala, 1881 PERSONAGGI Prologo Simon Boccanegra, corsaro al servizio della repubblica genovese baritono Jacopo Fiesco, nobile genovese basso Paolo Albiani, filatore d’oro genovese baritono Pietro, popolano di Genova baritono Marinai, popolo, domestici di Fiesco, ecc. Dramma Simon Boccanegra, primo doge di Genova baritono Maria Boccanegra, sua figlia, sotto il nome di Amelia Grimaldi soprano Jacopo Fiesco, sotto il nome d’Andrea basso Gabriele Adorno, gentiluomo genovese tenore Paolo Albiani, cortigiano favorito del Doge baritono Pietro, altro cortigiano baritono Un Capitano dei balestrieri tenore Un’ancella di Amelia mezzosoprano Soldati, marinai, popolo, senatori, Corte del Doge, ecc. L’azione è in Genova e sue vicinanze, intorno alla metà del secolo XIV. N.B.: Tra il Prologo ed il Dramma passano alcuni lustri. 7
PROLOGO Paolo All’alba eletto Una Piazza di Genova. esser vuoi nuovo abate? Nel fondo la chiesa di San Lorenzo. A destra il palazzo dei Fieschi, con gran balcone: nel muro, Simone di fianco al balcone, è un’immagine davanti a cui Io?... no. arde un lanternino; a sinistra altre case. Varie strade conducono alla piazza. È notte. Paolo Ti tenta Paolo e Pietro in scena, continuando un ducal corona? discorso. Simone Paolo Vaneggi? Che dicesti?... all’onor di primo abate Lorenzin, l’usuriere?... Paolo (con intenzione) Pietro E Maria? Altro proponi di lui più degno! Simone O vittima innocente Paolo del funesto amor mio!... Dimmi, di lei Il prode che da’ nostri che sai? Le favellasti?... mari cacciava l’african pirata, e al ligure vessillo Paolo rese l’antica nominanza altera. (additando il palazzo Fieschi) Prigioniera Pietro geme in quella magion... Intesi... e il premio?… Simone Paolo Maria! Oro, possanza, onore. Paolo Pietro Negarla Vendo a tal prezzo il popolar favore. al Doge chi potria? (Si danno la mano; Pietro parte) Simone Paolo, solo. Misera! Paolo Paolo Aborriti patrizi, Assenti! alle cime ove alberga il vostro orgoglio, disprezzato plebeo, salire io voglio. Simone Paolo… Detto e Simone che entra frettoloso. Paolo [Coro e Scena] Tutto disposi... e sol ti chieggo parte ai perigli e alla possanza... Simone Un amplesso... Che avvenne? Da Savona Simone Perché qui m’appellasti? Sia... 9
Paolo Coro Si caccino i demoni col segno della croce… (Varie persone escono dal palazzo, e S’appressa alcun... T’ascondi... Simone! Il Corsaro? traversando mestamente la piazza, Per poco ancor, mistero ti circondi. Pietro e Coro s’allontanano.) (Simone s’allontana, Paolo si trae in disparte Paolo Si caccino i demoni col segno della croce… presso il palazzo dei Fieschi.) Sì... il Corsaro all’alto scranno… Detto e Simone che ritorna in scena esultante. Paolo [Coro e Scena] Coro All’alba. [Duetto] E qui? Paolo, Pietro, marinari e artigiani. Coro Simone Paolo Qui. Suona ogni labbro il mio nome. O Maria, Pietro Verrà. forse in breve potrai All’alba tutti qui verrete? Pietro dirmi tuo sposo!... Coro Simone. (scorge Fiesco) Coro E i Fieschi? Alcun veggo!... chi fia? Tutti. Pietro e Coro Paolo Simone ad una voce. Fiesco Pietro Taceranno. Simon?… Niun pei patrizi?… (Chiama tutti intorno a sé; quindi, indicando il (Tutti partono di qua e di là a gruppi.) palazzo de’ Fieschi, dice loro con mistero) Simone Coro L’atra magion vedete?... de’ Fieschi è l’empio Fiesco esce dal palazzo. Tu! Niuno. A Lorenzino [ostello, tutti il voto darem. una beltà infelice geme sepolta in quello; [Recitativo ed Aria] Fiesco sono i lamenti suoi la sola voce umana Qual cieco fato Pietro che risuonar s’ascolta nell’ampia tomba arcana. Fiesco a oltraggiarmi ti traea?... Venduto è a’ Fieschi. (rivolto al palazzo) Sul tuo capo io qui chiedea Pietro e Coro A te l’estremo addio, palagio altero, l’ira vindice del ciel. Coro Già volgono tre lune, che la gentil sembianza freddo sepolcro dell’angiolo mio!... Dunque chi fia l’eletto? non rallegrò i veroni della romita stanza; Né a proteggerti io valsi!... Oh maledetto!… Simone passando ogni pietoso invan mirar desia (Si volge all’Immagine) Padre mio, pietade imploro Pietro la bella prigioniera, la misera Maria. E tu, Vergin, soffristi supplichevole a’ tuoi piedi. Un prode. rapita a lei la verginal corona?... Il perdono a me concedi... Paolo Ma che dissi!... deliro!... ah mi perdona! Coro Si schiudon quelle porte solo al patrizio altero, Fiesco Il lacerato spirito Sì. che ad arte si ravvolge nell’ombre del mistero... Tardi è omai. del mesto genitore Ma vedi in notte cupa per le deserte sale era serbato a strazio Pietro errar sinistra vampa, qual d’anima infernale. Simone d’infamia e di dolore. Un popolan… Non sii crudel. Il serto a lei de’ martiri Pietro e Coro Sublimarmi a lei sperai pietoso il cielo diè... Coro È vero. – Oh cielo! – Gran Dio! sopra l’ali della gloria, Resa al fulgor degli angeli, Ben dici... ma fra i nostri Par l’antro de’ fantasimi!... O qual orror!... strappai serti alla vittoria prega, Maria, per me. sai l’uom? per l’altare dell’amor! (S’odono lamenti dall’interno del palazzo) (Dal palazzo Fieschi si vede il riverbero d’un lume.) Pietro Fiesco Donne Sì. Paolo Io fea plauso al tuo valore, (interno e molto lontano) Guardate, ma le offese non perdono... È morta!... È morta!... a lei s’apron le sfere!... Coro La feral vampa appare… Te vedessi asceso in trono... Mai più non la vedremo in terra!... E chi?... Risuoni il nome suo!… Pietro e Coro Simone Uomini Paolo Oh ciel!... Taci… (c.s.) (avanzandosi) Miserere!... miserere!... Simone Boccanegra. Paolo Fiesco V’allontanate. Segno all’odio mio 10 11
e all’anatema di Dio corsi alla casa... n’era la porta Fiesco Fiesco è di Fiesco l’offensor. serrata, muta! T’inoltra e stringi (Doge Simon... m’arde l’inferno in petto!..) gelida salma. Simone Fiesco (Entra il Popolo tumultuosamente con faci Pace… La donna? Simone accese.) (comparisce sul balcone) Fiesco Simone Nessuno!... qui sempre Coro No! Pace non fora Morta. silenzio e tenebra!... Viva Simon, del popolo l’eletto!!! se pria l’un di noi non mora. (Stacca il lanternino dalla Immagine, ed entra; (Le campane suonano a stormo.) Fiesco s’ode un grido di dentro) Simone E la tua figlia?… Maria!... Maria!! Vuoi col sangue mio placarti? (gli presenta il petto) Simone Fiesco Qui ferisci… Misera, trista, L’ora suonò del tuo castigo… tre giorni pianse, tre giorni errò. Fiesco Scomparve poscia, né fu, più vista, Simone (ritraendosi con orgoglio) d’allora indarno cercata io l’ho. (esce dal palazzo atterrito) Assassinarti?... È sogno!... Fiesco Sì; spaventoso, atroce sogno il mio! Simone Se il mio desire compir non puoi, Sì, m’uccidi, e almen sepolta pace non puote esser tra noi! Voci fia con me tant’ira... (Gli volge le spalle) (interno, in lontananza) Addio, Simone! Boccanegra!… Fiesco Ascolta: Simone Simone se concedermi vorrai Coll’amor mio Quai voci! l’innocente sventurata saprò placarti. che nascea d’impuro amor, M’odi, ah m’odi. Voci io, che ancor non la mirai, Boccanegra! giuro renderla beata, Fiesco e tu avrai perdono allor. (freddo senza guardarlo) Simone No. Eco d’inferno è questo!... Simone Non poss’io! Simone Detti: entrano frettolosi Paolo, Pietro ed alcuni M’odi. artigiani e marinai. Fiesco Perché? Fiesco [Scena e Coro] Addio. Simone (S’allontana, poi s’arresta in disparte ad Paolo e Pietro Rubella osservare.) Doge il popol t’acclama! Sorte lei rapì... Simone Simone Fiesco Oh de’ Fieschi implacata, orrida razza!… Via fantasmi! Favella. E tra cotesti rettili nascea quella pùra beltà?... Vederla io voglio... Paolo e Pietro Simone Coraggio! Che di’ tu?… Del mar sul lido tra gente ostile (S’avvia al palazzo; dà tre colpi alla porta.) crescea nell’ombra quella gentile; Muta è la magion de’ Fieschi? Simone crescea lontana dagli occhi miei, Dischiuse son le porte!... Paolo!... Una tomba… vegliava annosa donna su lei. Quale mistero!... Entriam. Di là una notte varcando, solo (Risoluto, entra nel palazzo) Paolo dalla mia nave scesi a quel suolo. Un trono!... 12 13
ATTO PRIMO La voce Gabriele Ancella (più vicino) Ah taci... il vento (entra) Scena prima Se manca un cor che t’ama, ai tiranni potria recar tai voci! Del Doge Palazzo de’ Grimaldi fuori di Genova. non empiono tua brama Parlan le mura... un delator s’asconde un messagger di te chiede. Salotto di passaggio con porta nel fondo e largo gemme, possanza, onor. ad ogni passo... poggiuolo, fuor del quale si vedrà la campagna Amelia ed il golfo di Genova. Una porta a sinistra mette Amelia Amelia S’appressi. alle stanze interne, altra alla destra dà in vari Ei vien! l’amor Tu tremi?… (L’ancella esce.) saloni. Qualche tempo dopo l’alzata del sipario m’avvampa in sen albeggia. e spezza il fren Gabriele Gabriele l’ansante cor! I funesti (va per uscire) [Preludio ed Aria] fantasmi scaccia! Chi sia veder vogl’io... Amelia in scena guardando verso il mare. Detta e Gabriele in scena. Amelia Amelia Amelia Gabriele Fantasmi dicesti? (fermandolo) Come in quest’ora bruna Anima mia! Vieni a mirar la cerula T’arresta. sorridon gli astri e il mare! marina tremolante; Come s’unisce, o luna, Amelia là Genova torreggia Pietro all’onda il tuo chiaror!… Perché sì tardi giungi? sul talamo spumante; (entra ed inchinandosi ad Amelia dice:) Amante amplesso pare là i tuoi nemici imperano, Il Doge di due verginei cor! Gabriele vincerli indarno speri... dalle caccie tornando di Savona Perdona, o cara... I lunghi indugi miei Ripara i tuoi pensieri questa magion visitar brama. Ma gli astri e la marina t’apprestano grandezza... al porto dell’amor... che dicono alla mente Amelia dell’orfana meschina?... Amelia Gabriele Il puote. La notte atra, crudel, Pavento... Angiol che dall’empireo (Pietro fa un inchino e parte.) quando la pia morente piegasti a terra l’ale, sclamò: – Ti guardi il ciel. Gabriele e come faro sfolgori Gabriele ed Amelia. O altero ostel, soggiorno Che? sul tramite mortale, di stirpe ancor più altera, non ricercar dell’odio Gabriele il tetto disadorno Amelia i funebri misteri; Il Doge qui? non obliai per te!... L’arcano tuo conobbi... ripara i tuoi pensieri Solo in tua pompa austera A me il sepolcro appresti, al porto dell’amor… Amelia amor sorride a me.. Il patibolo a te!... Mia destra a chieder viene. (Si volge verso il mare.) Amelia S’inalba il ciel!…ma l’amoroso canto Gabriele Ah!… Gabriele non s’ode ancora!... Che pensi? Per chi? Ei mi terge ogni dì, come l’aurora Gabriele la rugiada dei fior, del ciglio il pianto. Amelia Che fia? Amelia Io amo Pel favorito suo. D’Andrea [Scena e duetto] Andrea qual padre, il sai; Amelia vola in cerca... Affrèttati... va’... prepara pur m’atterrisce!... In cupa (fissando a destra) il rito nuzïal... mi guida all’ara. Voce notte non vi mirai Vedi là quell’uom?... qual ombra (ben lontano) sotte le tetre vôlte errar sovente ogni dì appar. Amelia e Gabriele Cielo di stelle orbato, torbidi, irrequieti? Sì, sì, dell’ara il giubilo di fior vedovo prato, Detti; un’ancella, quindi Pietro. contrasti il fato avverso, è l’alma senza amor. Gabriele e tutto l’universo Chi? Gabriele io sfiderò con te. Amelia Forse un rival?... Innamorato anelito Ciel!... la sua voce!... È desso!... Amelia è del destin più forte; Ei s’avvicina!... oh gioia!… Tu, e Andrea, amanti oltre la morte, e Lorenzino ed altri... sempre vivrai con me. 14 15
(Amelia entra in palazzo.) Gabriele Paolo Del mondo mai le fulgide Ma come dei Grimaldi Signor! lusinghe non piangesti? [Scena e Duettino] Anco il nome prendea?... Il tuo rossor mel dice... Doge Gabriele va per uscire dalla destra e incontra Andrea Ci spronano gli eventi, Amelia Fiesco. De’ fuorusciti Di qua partir convien. T’inganni! io son felice... perseguia le ricchezze il nuovo Doge; Gabriele e la mentita Amelia alla rapace Paolo Doge (Propizio ei giunge!) man sottrarle potea. Quando? Agli anni tuoi l’amore... Andrea Gabriele Doge Amelia Tu sì mattutino L’orfana adoro. Allo squillo Ah! mi leggesti in core! Qui?... dell’ora. Amo uno spirto angelico Andrea (Ad un cenno del Doge il corteggio s’avvia dalla che ardente mi riama... Gabriele Di lei sei degno! destra.) Ma di me acceso un perfido A dirti... l’ôr de’ Grimaldi brama… Gabriele Paolo Andrea A me fia dunque unita? (guardando Amelia) Doge Ch’ami Amelia. (Oh, qual beltà!) Paolo! Andrea (Parte con seguito. – Le damigelle si ritirano; Gabriele In terra ed in ciel! restano soli Amelia e il Doge.) Amelia Tu che lei vegli con paterna cura Quel vil nomasti!… E poiché tanta a nostre nozze assenti? Gabriele Amelia e il Doge. pietà ti muove dei destini miei, Mi dài la vita. vo’ svelarti il segreto che m’ammanta. Andrea Doge Non sono una Grimaldi. Alto mistero Andrea Favella il Doge sulla vergine incombe. Vieni a me, ti benedico ad Amelia Grimaldi? Doge nella pace di quest’ora. Oh Ciel! chi sei? Gabriele Lieto vivi e fido adora Amelia E qual? l’angiol tuo, la patria, il ciel! Così nomata io sono. Amelia Orfanella il tetto umìle Andrea Gabriele Doge m’accogliea d’una meschina, Se parlo, Eco pia del tempo antico, E gli esuli fratelli tuoi non punge dove presso alla marina forse tu più non l’amerai. la tua voce è un casto incanto. desio di patria? sorge Pisa... Serberà ricordo santo Gabriele di quest’ora il cor fedel! Amelia Doge Non teme (Squilli interni.) Possente...ma... In Pisa tu? ombra d’arcani l’amor mio. T’ascolto! Il Doge vien. Partiam. Ch’ei non ti scorga. Doge Amelia Andrea Andrea Intendo... Grave d’anni quella pia Amelia tua d’umile stirpe nacque. Ah! presto il dì della vendetta sorga! A me inchinarsi sdegnano i Grimaldi... era solo a me sostegno; (Partono.) Così risponde a tanto orgoglio il Doge... io provai del ciel lo sdegno, Gabriele (Le porge un foglio.) involata ella mi fu. La figlia dei Grimaldi?... [Scena e Duetto] Colla tremola sua mano Amelia pinta effigie mi porgea, Andrea Il Doge da destra, con Paolo e séguito di (leggendo) Le sembianze esser dicea No... la figlia cacciatori; Amelia con alcune damigelle dal Che veggio!... il lor perdono? della madre ignota a me. dei Grimaldi morì tra consacrate palazzo. Mi baciò, mi benedisse, vergini in Pisa. Un’orfana raccolta Doge levò al ciel, pregando, i rai... nel chiostro il dì che fu d’Amelia estremo Doge E denno a te della clemenza il dono. Quante volte la chiamai, Eereditò sua cella... Paolo! Dinne, perché in quest’eremo l’eco sol risposta die’. tanta beltà chiudesti? 16 17
Doge Doge Paolo Acconsentite? (Se la speme, o ciel clemente, Ah! figlia, il cor ti chiama... Il vuoi!... scordasti che mi devi il soglio? ch’or sorride all’alma mia, Tutti fosse sogno!... estinto io sia Figlia! a tal nome io palpito Paolo, e Pietro dalla destra. Sì. della larva al disparir!) qual se m’aprisse i cieli... Un mondo d’ineffabili Pietro Doge Amelia letizie a me riveli; Che disse? Ma d’altro voto Come tetro a me dolente un paradiso il tenero più generoso io vi richiedo. s’appressava l’avvenir! padre ti schiuderà... Paolo Di mia corona il raggio A me negolla. Alcuni Doge la gloria tua sarà… Parla. Dinne... alcun là non vedesti? Pietro Amelia Che pensi tu? Doge Amelia Padre! vedrai la vigile La stessa voce che tuonò su Rienzi, Uom di mar noi visitava… figlia a te sempre accanto; Paolo vaticinio di gloria e poi di morte, nell’ora melanconica Rapirla. or su Genova tuona. Doge asciugherò il tuo pianto... (mostrando uno scritto) E Giovanna si nomava Avrem gioie romite, Pietro Ecco un messaggio lei che i fati a te rapîr? soltanto note al ciel; Come? del romito di Sorga; ei per Venezia io la colomba mite supplica pace... Amelia sarò del regio ostel... Paolo Sì. (Si abbracciano, ed Amelia parte, Sul lido a sera Paolo accompagnata dal padre fino alla soglia) la troverai solinga... (interrompendolo) Doge Si tragga al mio naviglio; Attenda alle sue rime (trae dal seno un ritratto, lo porge ad Amelia, Doge di Lorenzin si rechi il cantor della bionda Avignonese. che fa altrettanto) O figlia! alla magion. E l’effigie non somiglia Tutti questa? Amelia Pietro (ferocemente) (lontana) S’ei nega? Guerra a Venezia! Amelia Padre! Uguali son!... Paolo Doge (Il Doge resta estatico, contemplando Amelia Digli che so sue trame, E con quest’urlo atroce Doge che rientra nel palazzo... e dice un’ultima volta:) e presterammi aita... fra due liti d’Italia erge Caino Maria!… Tu gran mercede avrai... la sua clava cruenta! Adria e Liguria Doge hanno patria comune. Amelia Figlia! Pietro Il nome mio!… Ella sarà rapita. Tutti Doge, e Paolo che entra rapidamente da destra (Escono.) È nostra patria Doge e s’avvicina al Doge. Genova. Sei mia figlia. [Finale I] (Tumulto molto lontano.) Paolo Amelia Che rispose? Sala del Consiglio nel Palazzo degli Abati. Pietro Io?… Il Doge seduto sul seggio ducale; da un lato, Qual clamor! Doge dodici Consiglieri nobili; dall’altro lato, dodici Doge Rinuncia a ogni speranza. Consiglieri popolani. Seduti a parte, quattro Alcuni M’abbraccia, o figlia mia. Consoli del mare e i Connestabili. Paolo e Pietro D’onde tai grida? Paolo stanno sugli ultimi seggi dei popolani. Amelia Doge, nol posso! Paolo Padre! Doge (balzando e dopo essere accorso al verone) Ah! stringi al sen Maria che t’ama… Doge Messeri, il re di Tartaria vi porge Dalla piazza dei Fieschi. Il voglio! pegni di pace e ricchi doni e annuncia (Il Doge parte dalla destra.) schiuso l’Eusin alle liguri prore. 18 19
Tutti Consiglieri nobili Spargasi il sangue del fiero uccisor!… Doge (alzandosi) (sguainando le spade) (a Gabriele) Una sommossa! All’armi! Doge Ribaldo! (ironicamente) Paolo Voci Questa è dunque del popolo la voce? Gabriele (sempre alla finestra: Pietro lo ha raggiunto) (in piazza) Da lungi tuono d’uragan, da presso (al Doge slanciandosi) Ecco... una turba di fuggenti. Viva il popolo! grido di donne e di fanciulli. Adorno, Audace perché impugni l’acciar? rapitor di fanciulle! Doge Consiglieri popolani Ascolta. (sguainando le spade) Gabriele Alcuni (Il tumulto si fa più forte.) Evviva! Ho trucidato Si disarmi! Lorenzino. Paolo Doge Gabriele (origliando) E che? Voi pure? Popolo (divincolandosi corre per ferire il Doge) Si sperdon le parole... Voi, qui, vi provocate? Assassin! Empio corsaro incoronato! muori! Voci interne Voci Gabriele Detti; Amelia, che frattanto è entrata, Morte! (in piazza) Ei la Grimaldi interponendosi fra Gabriele e il Doge. Morte al Doge! avea rapita. Paolo Amelia (a Pietro) Doge Doge Ferisci? È lui? (con fierezza; sarà giunto l’Araldo) (Orror!) Morte al Doge? Sta ben! Tu, araldo, schiudi Gabriele, Doge, Fiesco Doge le porte del palagio e annuncia al volgo Popolo Amelia! (che ha udito) gentilesco e plebeo ch’io non lo temo, Menti! Chi? che le minaccie udii, che qui li attendo... Tutti (ai Consiglieri che ubbidiscono) Gabriele Amelia! Pietro Nelle guaine i brandi! Quel vile Guarda! pria di morir disse che un uom possente Amelia Voci al crimine l’ha spinto. O Doge! Ah! salva, Doge (in piazza) salva l’Adorno tu. (guardando) Armi! saccheggio! Pietro Ciel! Gabriele Adorno Fuoco alle case! Ai trabocchi! Alla gogna! (a Paolo) Doge dalla plebe inseguito!... Accanto ad esso (Una tromba interna. – Tutti stanno attenti (Ah! sei scoperto!) (alle guardie che si sono impossessate di combatte un Guelfo. A me un Araldo. origliando.) Gabriele per disarmarlo) Doge Nessun l’offenda. Pietro Doge (con agitazione) Cade l’orgoglio e al suon del suo dolore (sommesso) Squilla la tromba dell’araldo... ei parla... E il nome suo? tutta l’anima mia parla d’amore... (Paolo, Tutto è silenzio… Amelia, di’ come tu fosti rapita Fuggi, o sei côlto.) Gabriele e come al periglio potesti campar. Voci (fissando il Doge con tremenda ironia) Doge Evviva! Evviva il Doge! T’acqueta! il reo si spense Amelia (guardando Paolo che s’avvia) pria di svelarlo. Nell’ora soave che all’estasi invita Consoli del mare, Doge soletta men givo sul lido del mar. custodite le soglie! Olà, chi fugge Ecco le plebi! Doge Mi cingon tre sgherri... m’accoglie un naviglio. è un traditor. Che vuoi dir? Soffocati non valsero i gridi... (Paolo, confuso, s’arresta.) Irrompe la folla dei Popolani, uomini, donne, Io svenni... al novello dischiuder del ciglio fanciulli ecc. – Detti;Adorno e Fiesco afferrati Gabriele Lorenzo in sue stanze presente mi vidi.... Voci dal popolo. (terribilmente) (in piazza) Pel cielo! Tutti Morte ai patrizi! Popolo Uom possente sei tu! Lorenzo! Vendetta! vendetta!... 20 21
Amelia dalla feroce storia! Gabriele Mi vidi prigion dell’infame! Erede sol dell’odio (offrendo la spada al Doge) Io ben di quell’alma sapea la viltà. dei Spìnola e dei Doria, Ecco la spada. Al Doge, gli dissi, fien note tue trame, mentre v’invita estatico se a me sull’istante non dài libertà. il regno ampio dei mari, Doge Confuso di tema, mi schiuse le porte… voi nei fraterni lari Questa notte sola Salvarmi l’audace minaccia potea… vi lacerate il cuor. qui prigione sarai, finché la trama tutta si scopra. No, l’altera lama Piango su voi, sul placido Tutti serba, non voglio che la tua parola. raggio del vostro clivo, Ei ben meritava, quell’empio, la morte. là dove invan germoglia Gabriele il ramo dell’ulivo. Amelia E sia! Piango sulla mendace V’è un più nefando, che illeso ancor sta. festa dei vostri fior, Doge e vo gridando: pace! Tutti (con forza terribile) E vo gridando: amor! Chi dunque? Paolo! Coro Amelia Paolo (fissando il Doge) (fissando Paolo che sta dietro un gruppo di (sbucando dalla folla allibito) Il suo commosso accento persone) Mio duce! sa l’ira in noi calmar, Ei m’ascolta… discerno le smorte vol di soave vento Sue labbra… Doge che rasserena il mar! (con tremenda maestà e con violenza sempre Doge e Gabriele più formidabile) Amelia Chi dunque? In te risiede (a Fiesco) l’austero dritto popolar. È accolto (Pace!…lo sdegno immenso Popolani l’onore cittadin nella tua fede: nascondi per pietà! (minacciosi) bramo l’ausilio tuo... V’è in queste mura Pace! t’ispiri un senso Un patrizio. un vil che m’ode, e impallidisce in volto; di patria carità!) già la mia man l’afferra per le chiome. Nobili Io so il suo nome... Fiesco (c.s.) È nella sua paura. (O patria! a qual mi serba Un plebeo. Tu al cospetto del ciel e al mio cospetto vergogna il mio sperar!… sei testimon. Sul manigoldo impuro Sta la città superba Popolani piombi il tuon del mio detto: nel pugno d’un corsar!) (ai nobili) (cupo e terribile; a Paolo) Abbasso le spade! sia maledetto! e tu ripeti il giuro. Gabriele (Amelia è salva, e m’ama! Amelia Paolo Sia ringraziato il ciel!… Terribili gridi! (atterrito e tremante) Disdegna ogn’ altra brama Sia maledetto!… (Orror!…) l’animo mio fedel!) Nobili (ai popolani) Tutti Pietro Abbasso le scuri! Sia maledetto!! (a Paolo) (allontanandosi) (Tutto fallì, la fuga Amelia Sia maledetto!! sia tua salvezza almen!) Pietà! Paolo Paolo Doge (Orror!) (a Pietro) (possentemente) (Fugge.) (No, l’angue che mi fruga Fratricidi!!! è gonfio di velen!) Plebe! Patrizi!... Popolo 22 23
ATTO SECONDO Paolo (Fiesco parte; Gabriele fa per seguirlo, ma è Sento avvampar nell’anima Nelle stanze del Doge, e favella arrestato da Paolo.) furente gelosia; [Scena e Duetto] a te Paolo. tutto il suo sangue spegnere [Scena ed Aria] l’incendio non potria; Stanza del Doge nel Palazzo Ducale in Genova. Fiesco s’ei mille vite avesse Porte laterali. Da un poggiolo si vede la città. I tuoi sguardi son truci... Paolo e Gabriele. e mieterle potesse Un tavolo, un’anfora e una tazza. – Annotta. d’un colpo il mio furor, Paolo e Pietro. Paolo Paolo non sarei sazio ancor. Io so l’odio che celasi in te. Udisti? Che parlo!... ahimè!..., deliro!... Paolo Tu m’ascolta. Ah! io piango!... pietà, gran Dio, del mio martiro!... (a Pietro, traendolo verso il poggiolo) Gabriele Cielo pietoso, rendila, Quei due vedesti? Fiesco Vil disegno! rendila a questo core, Che brami? pura siccome l’angelo Pietro Paolo che veglia al suo pudore; Sì. Paolo Amelia dunque mai tu non amasti? ma se una nube impura Al cimento tanto candor m’oscura, Paolo preparasti de’ Guelfi la schiera? Gabriele priva di sue virtù, Li traggi tosto Che dici? ch’io non la vegga più. dal carcer loro per l’andito ascoso, Fiesco che questa chiave schiuderà. Sì… Paolo [Scena e Duetto] È qui. Pietro Paolo Detto, ed Amelia dalla sinistra. T’intesi. Ma vano fia tanto ardimento! Gabriele (Parte.) Questo Doge, abborrito da me Qui Amelia! Amelia quanto voi l’abborrite, v’appresta Tu qui?... Paolo solo. nuovo scempio... Paolo E del vegliardo Gabriele Paolo Fiesco segno è alle infami dilettanze. Amelia! Me stesso ho maledetto! E l’anatèma Mi tendi un agguato. m’insegue ancor... e l’aura ancor ne trema! Gabriele Amelia Vilipeso... reietto Paolo Astuto Chi il varco t’apria? dal Senato, da Genova, qui vibro Un agguato?... Di Fiesco la testa dimon, cessa... l’ultimo stral pria di fuggir; qui libro il tiranno segnata non ha?... (Paolo corre a chiudere la porta di destra.) Gabriele la sorte tua, Doge, in quest’ansia estrema. Io t’insegno vittoria. Che fai? E tu... come qui? Tu, che m’offendi e che mi devi il trono, qui t’abbandono Fiesco Paolo Amelia al tuo destino A qual patto? Di qui ogni varco t’è conteso. Ardisci Io... in questa ora fatale. il colpo... o sepoltura (Estrae un’ampolla, ne vuota il contenuto nella Paolo avrai fra queste mura. Gabriele tazza.) Trucidarlo qui, mentre egli dorme… (Parte frettoloso dalla porta di sinistra, che si Sleale! Qui ti stillo una lenta, atra agonia... chiude dietro.) Là t’armo un assassino. Fiesco Amelia Scelga morte sua via Osi a Fiesco proporre un misfatto?… Gabriele solo. Oh crudele! Fra il tosco ed il pugnale. Paolo Gabriele Gabriele Detto; Fiesco e Gabriele dalla destra, condotti Tu rifiuti?… O inferno!... Amelia qui!... L’ama il vegliardo!... Il tiranno ferale... da Pietro, che si ritira. E il furor che m’accende Fiesco m’è conteso sfogar!... Tu m’uccidesti Amelia Fiesco Sì. il padre... tu m’involi il mio tesoro... Il rispetta... Prigioniero in qual loco m’adduci? Trema, iniquo... già troppa era un’offesa, Paolo doppia vendetta hai sul tuo capo accesa! Al carcer ten va’. 24 25
Gabriele Gabriele Doge Amelia Egli t’ama... Io non lo temo. Vedi qui scritto il nome suo?... Congiura Padre!... co’ Guelfi... Amelia Amelia Doge D’amor Nell’ora istessa teco avrò morte... Amelia Il voglio... santo... Se non ti move di me pietà. Ciel!... perdonagli!... Amelia Gabriele Gabriele Doge (entrando a sinistra) E tu?... Di te pietade?... Nol posso. (Gran Dio! come salvarlo?) (da sé) Amelia (Lo vuol la sorte... Amelia Il Doge, poi Gabriele. L’amo del pari... Si compia il fato!… Egli morrà!) Con lui morrò... (Amelia nasconde Gabriele sul balcone.) Doge Gabriele Doge (solo) E t’ascolto, [Scena, Terzetto - Finale II] L’ami cotanto? Doge! Ancor proveran la tua clemenza e non t’uccido?... i traditori?… Di paura segno Detta, e il Doge, ch’entra leggendo un foglio. Amelia fora il castigo… M’ardono le fauci… Amelia L’amo (Versa dall’anfora nella tazza e beve.) Infelice! mel credi, Doge d’ardente, d’infinito amor. O al tempio Perfin l’acqua del fonte è amara al labbro pura io sono… Figlia?... con lui mi guida, o sovra entrambi cada dell’uom che regna! O duol! la mente è oppressa... la scure del carnefice... Stanche le membra... ohimè! mi vince il sonno Gabriele Amelia (s’addormenta; dormendo) Favella... Sì afflitto, padre mio? Doge Oh Amelia... ami... un nemico!... (con disperazione) Amelia Doge O crudele Gabriele Concedi T’inganni... destino! O dileguate mie speranze! (entra con precauzione, s’avvicina al Doge e lo che il segreto non aprasi ancor! Ma tu piangevi. Una figlia ritrovo, ed un nemico contempla) a me la invola! – Ascolta: Ei dorme!... Quale Gabriele Amelia s’ei ravveduto... sento ritegno?... È reverenza o tema?... Parla, in tuo cor virgineo Io?... Vacilla il mio voler?... Tu dormi, o veglio! fede al diletto rendi. Amelia Del padre mio carnefice! tu mio Il tuo silenzio è funebre Doge Il fia… rival... Figlio d’Adorno!... la paterna vel che su me distendi. La cagion m’è nota ombra ti chiama vindice... Dammi la vita o il feretro, delle lagrime tue... Già mel dicesti... Doge (Brandisce un pugnale e va per trafiggere il sdegno la tua pietà. Ami; or bene, s’è degno Forse il perdono Doge… ma Amelia si pone rapidamente fra di te l’eletto del tuo core... allor... Gabriele e il padre.) Amelia Sgombra dall’alma il dubbio... Amelia Amelia Detti, ed Amelia. Santa nel petto mio O padre! Padre adorato!... l’immagin tua s’accoglie Fra i Liguri il più prode, il più gentile... Amelia come nel tempio Iddio. Doge Insensato! No, procellosa tenebra Doge Ti ritraggi... Vecchio inerme il tuo braccio colpisce? un ciel d’amor non ha. Il noma. Attender qui degg’io l’aurora... (S’ode uno squillo.) Gabriele Il Doge vien. Scampo non hai. T’ascondi!... Amelia Amelia Tua difesa mio sdegno raccende. Adorno... Lascia Gabriele ch’io vegli al tuo fianco... Amelia No. Doge Santo, il giuro, è l’amor che ci unisce, Il mio nemico! Doge né alle nostre speranze contende. Amelia No, ti ritraggi... Il patibol t’aspetta! Amelia Gabriele Padre!... Che favelli?... 26 27
Doge Doge Doge (destandosi) (Deggio salvarlo e stendere Dunque messaggio Ah!... la mano all’inimico? ti reca a lor di pace… Sì, pace splenda ai Liguri, E il sole di domani Amelia si plachi l’odio antico; non sorga a rischiarar fraterne stragi. Nascondi il pugnale, sia d’amistanze italiche Vien... ch’ei t’oda… il mio sepolcro altar.) Gabriele Teco a pugnar ritorno, Gabriele Amelia se la clemenza tua non li disarmi. Prostrarmi al suo piede? (Madre, che dall’empireo proteggi la tua figlia, Doge Doge del genitor all’anima (accennando Amelia) (dirigendosi a Gabriele) meco pietà consiglia... Sarà costei tuo premio. Ecco il petto... colpisci, sleale! Ei si rendea colpevole solo per troppo amor.) Amelia e Gabriele Gabriele Oh! inaspettata gioia! Sangue il sangue d’Adorno ti chiede. Coro (interno) Amelia Doge All’armi, all’armi, o Liguri, Padre! E fia ver?... chi t’aprì queste porte? patrio dover v’appella; scoppiò dell’ira il folgore, Doge e Gabriele Amelia è notte di procella. (snudando le spade) Non io. (Il Coro si avvicina.) All’armi! Le guelfe spade cingano Gabriele di tirannia lo spalto; Niun quest’arcano saprà. del coronato demone, su, alla magion, l’assalto. Doge Il dirai fra tormenti... Amelia (corre alla finestra) Gabriele Quai gridi!… La morte, tuoi supplizi non temo. Gabriele I tuoi nemici… Amelia Ah pietà! Doge Il so. Doge Ah! quel padre tu ben vendicasti, Amelia che da me contristato già fu... (sempre alla finestra) Un celeste tesor m’involasti... S’addensa La mia figlia... il popolo. Gabriele Doge Suo padre sei tu!… (a Gabriele) T’unisci a’ tuoi... Perdon, Amelia. Indomito, geloso amor fu il mio... Gabriele Doge, il velame squarciasi… Ch’io pugni Un assassin son io… contro di te?... mai più. Dammi la morte; il ciglio a te non oso alzar. 28 29
ATTO TERZO già mi precede nell’avel! Doge Doge (entra) Fia ver?… Risorgon dalle tombe i morti? Interno del Palazzo Ducale. Coro interno M’ardon le tempia... un’atra vampa sento Di prospetto grandi aperture, dalle quali si Dal sommo delle sfere serpeggiar per le vene! Ah! ch’io respiri Fiesco scorgerà Genova illuminata a festa: in fondo il proteggili, Signor; l’aura beata del libero cielo. Non mi ravvisi tu? mare. di pace sien foriere Oh refrigerio!... la marina brezza!... le nozze dell’amor! Il mare!... il mare!... quale in rimirarlo Doge Un Capitano dei balestrieri, con Fiesco, dalla di glorie e di sublimi rapimenti Fiesco!... destra; poi, dalla sinistra, Paolo in mezzo alle Paolo mi si affaccian ricordi!... Il mar!... il mar!... guardie. Ah! orrore! Perché in suo grembo non trovai la tomba? Fiesco Quel canto nuzïal, che mi persegue, Simone, Grida l’odi?... in quel tempio Gabriele Adorno Fiesco i morti ti salutano! (interne) sposa colei ch’io trafugava... (avvicinandoglisi) Evviva il Doge! Vittoria! Vittoria! Era meglio per te! Doge Fiesco Gran Dio!... Capitano dei balestrieri Amelia?! Doge Compito è alfin di quest’alma il desio! (rimettendo a Fiesco la sua spada) Tu fosti il rapitor?! Mostro!! Chi osò inoltrarsi?… Libero sei. Ecco la spada. (sguainando la spada) Fiesco Fiesco Come fantasima Fiesco Paolo Chi te non teme… Fiesco t’appar, E i Guelfi? Ferisci! antico oltraggio Doge a vendicar. Capitano Fiesco (verso la destra, chiamando) Sconfitti. (trattenendo il moto) Guardie? Doge Non lo sperar; sei sacro alla bipenne. Di pace nunzio Fiesco Fiesco Fiesco sarà… O triste libertà! Paolo Invan le appelli... Suggella un angelo (a Paolo) (ascoltando il coro interno) Non son qui i sgherri tuoi. nostra amistà. Che?... Paolo?! Orrore! orror! m’ucciderai, ma pria m’odi... Dove sei tratto? (Le guardie trascinano Paolo fuori di scena.) Fiesco Doge Che dici? Paolo Fiesco solo. Che vuoi? (arrestandosi) Doge All’estremo supplizio. Fiesco Fiesco Un tempo il tuo perdon m’offristi... Il mio demonio mi cacciò fra l’armi Inorridisco! No, Delle faci festanti al barlume dei rivoltosi e là fui côlto: ed ora Simon, non questa cifre arcane, funèbri vedrai… Fiesco mi condanna Simon; ma da me prima vendetta chiesi; d’altra meta degno Tua sentenza la mano del nume Io? fu il Boccanegra condannato a morte. era il tuo fato. Eccolo... il Doge. Alfine sovra queste pareti vergò. è giunta l’ora di trovarci a fronte! Di tua stella s’eclissano i rai, Doge Fiesco (Si ritira in un angolo d’ombra.) la tua porpora in brani già cade; Se a te l’orfanella concedea Che vuoi dir? vincitor tra le larve morrai che perduta per sempre allor piangea… Il Doge; lo precede il Capitano con trombettiere, cui la tomba tua scure negò. In Amelia Grimaldi a me fu resa, Paolo Fiesco in disparte. (I lumi cominciano a spegnersi nella piazza, per e il nome porta della madre estinta. Un velen... (più nulla io temo) modo che allo spirare del Doge non ne arderà gli divora la vita. Capitano più alcuno.) Fiesco (al balcone, parlando al popolo) Ciel!... perché mi splende il ver sì tardi?… Fiesco Cittadini! per ordine del Doge Doge (a Paolo) s’estinguano le faci e non s’offenda Quale accento? Doge Infame! col clamor del trïonfo i prodi estinti. Tu piangi?... Ah! perché volgi altrove il ciglio?… (S’allontana, seguìto dal trombettiere.) Fiesco Paolo Lo udisti un’altra volta. Fiesco Ei forse Piango, perché mi parla 30 31
in te del ciel la voce; Doge a lor del mio martiro Voci sento rampogna atroce Deponi cangia le spine in fior. (dalla piazza) fin nella tua pietà. la meraviglia. In Fiesco il padre vedi No…Boccanegra!!! dell’ignota Maria, che ti die’ vita. Amelia Doge No, non morrai, l’amore Fiesco Vien, ch’io ti stringa al petto, Amelia vinca di morte il gelo; È morto... o padre di Maria; Egli?... fia ver?… risponderà dal cielo Pace per lui pregate!… balsamo all’alma mia pietade al mio dolor. il tuo perdon sarà. Fiesco (Lenti e gravi tocchi di campana. – Tutti Maria!… Gabriele s’inginocchiano.) Fiesco O padre, o padre, il seno Ohimè! morte sovrasta... un traditore Amelia furia mi squarcia atroce... Coro il velen t’apprestò. Oh gioia! Allora Come passò veloce Pace per lui!… gli odi funesti han fine... l’ora del lieto amor! Doge Tutto favella, Doge Fiesco il sento, a me d’eternità... (grave) Ogni letizia in terra Tutto finisce, o figlia! è menzognero incanto; Fiesco d’interminato pianto Crudele Amelia fonte è l’umano cor. fato! Qual ferale pensier t’attrista sì sereni istanti? Doge Doge T’appressa, o figlia... io spiro... Ella vien... Doge Stringi... il morente... al cor! Maria, coraggio... A gran dolor t’appresta... Fiesco Coro Maria... Amelia e Gabriele Sì, piange, è ver, Quali accenti!… oh terror! ognor la creatura; Doge s’avvolge la natura Taci, non dirle... Doge in manto di dolor! Anco una volta vo’ benedirla. Per me l’estrema ora suonò! Doge Fiesco (Sorpresa generale.) Senatori! sancite il voto estremo. Crudele fato! (I Senatori s’appressano.) (S’abbandona sopra una sedia.) Amelia e Gabriele Questo serto ducal la fronte cinga Che parli?… di Gabriele Adorno. Detti; Amelia e Gabriele: li seguono dame, Tu, Fiesco, compi il mio voler… Maria!!! gentiluomini, senatori ecc. ecc., paggi con torce. Doge (Con voce quasi spenta egli vorrebbe parlarece Ma l’Eterno non può; stende le mani di nuovo sul capo dei Amelia in tue braccia, o Maria, figli e muore.) (vedendo Fiesco) mi concedea spirar... Chi veggo!... Amelia e Gabriele Amelia e Gabriele (s’inginocchiano davanti al cadavere) Doge (cadendo a pie’ del Doge) Padre!... Vien... Possibil fia?... Fiesco Gabriele Doge (si dirige al balcone, seguìto da Senatori e paggi (Fiesco!) (sorge, ed imponendo sul loro capo le mani, che alzan faci accese) solleva gli occhi al cielo e dice:) Genovesi!... In Gabriele Amelia Gran Dio, li benedici Adorno il vostro Doge or acclamate. (a Fiesco) pietoso dall’empiro; Tu qui? 32 33
Il soggetto Prologo. Una piazza di Genova, metà del xiv secolo. L’ambizioso filatore d’oro Paolo Albiani e Pietro, un popolano, tramano sulla possibile elezione del corsaro Simone Boccanegra al ruolo di Doge di Genova, in cambio di oro e potere per Paolo, sicuro di ottenere, tramite Pietro, l’appoggio del popolo. Simone, convocato da Savona, chiede a Paolo il perché del suo invito frettoloso e Paolo cerca di convincerlo ad accettare di diventare Doge. Al suo rifiuto, Paolo gli fa osservare che, una volta eletto, il nobile Jacopo Fiesco non potrà più negargli sua figlia, l’amata Maria, da cui ha già avuto una figlia. Maria infatti è rinchiusa nel palazzo dei Fieschi e la bambina è stata affidata ad una anziana nutrice vicino a Pisa. Boccanegra accetta e Pietro convoca i popolani per indurli a votare per lui. Questi ultimi notano che Maria non si è più affacciata dai balconi dei Fieschi e temono per lei. Poco dopo, Fiesco esce dal palazzo, disperato per la morte della figlia. Simone, ignaro dell’accaduto, nell’incontrarlo chiede perdono a Fiesco e questo glielo promette solo a condizione di poter rivedere la bambina. Simone gli rivela che è stata rapita e che l’anziana a cui era stata affidata è morta. Boccanegra decide di entrare nel palazzo dei Fieschi per vedere ancora una volta Maria, ma viene a conoscenza dell’accaduto e, al suo chiamare disperatamente il nome di Maria, si sovrappongono, in lontananza, le grida festose del popolo che lo ha eletto Doge. Atto primo Giardino dei Grimaldi, fuori Genova. Sono passati venticinque anni. Amelia Grimaldi attende il suo amato Gabriele Adorno. Appena arriva, Amelia gli confessa la sua preoccupazione, sapendolo coinvolto nella congiura contro il Doge insieme ad Andrea (in realtà Jacopo Fiesco, che Boccanegra crede morto) e Lorenzino. Amelia rivela a Gabriele che il Doge la vuole incontrare per proporla in sposa a un suo protetto, Paolo Albiani, e gli chiede di affrettare il loro matrimonio. 34 35
Mentre si allontana, Gabriele incontra Andrea che gli rivela che Amelia non è della restituito la bambina e gli rivela che Amelia è la figlia di Maria. Fiesco, commosso, famiglia dei Grimaldi, ma è un’orfanella di umili origini che è stata accolta dopo la morte confessa a Simone che un traditore lo ha avvelenato. della vera Amelia. Gabriele ribadisce di volerla sposare. Entrano Gabriele e Amelia: Simone le dichiara che Fiesco è il padre di sua madre e chiede Simon Boccanegra incontra Amelia e lei gli dichiara di essere innamorata di un giovane e alla figlia di accoglierlo morente tra le sue braccia. Prima di morire, il Doge unisce in di non essere una vera Grimaldi, ma di essere stata allevata da un’anziana che le mostrava matrimonio Gabriele e Amelia e depone il serto ducale sulla fronte di Gabriele. Fiesco, al ripetutamente il ritratto di sua madre affinché non la dimenticasse. Ricorda inoltre di balcone, invita i genovesi a riconoscere in Gabriele Adorno il nuovo Doge di Genova. aver ricevuto spesso le visite di un “uom di mare”. Simone le mostra il ritratto di Maria, Amelia gli porge quello della madre e scoprono così di essere padre e figlia. Simone dichiara a Paolo che non sposerà Amelia Grimaldi, Paolo allora, con la complicità di Pietro e di Lorenzino, decide di rapirla. Sala del Consiglio nel Palazzo degli Abati. Il Doge chiede ai suoi Consiglieri il loro parere sulla guerra con Venezia, dimostrandosi sensibile alla richiesta di pace ricevuta per lettera da Francesco Petrarca (“il romito di Sorga”). Mentre il Consiglio dichiara la guerra, si ode un tumulto da fuori: è Gabriele Adorno, inseguito dalla plebe, che condanna a morte il Doge. Temendo di essere stato scoperto, Paolo cerca di fuggire ma il Doge fa chiudere tutte le porte. Boccanegra decide di ricevere i rappresentanti della sommossa, Gabriele viene accolto e dichiara di aver ucciso Lorenzino che aveva rapito Amelia Grimaldi per voler di un potente di cui non conosce il nome. Gabriele sospetta del Doge che si avventa su di lui, ma interviene Amelia che li separa. Fissando Paolo, Amelia dichiara che il mandante del rapimento è fra gli astanti ma non ne rivela il nome. Simone riesce ad evitare lo scoppio di una guerra fratricida e restituisce a Gabriele la sua spada. Avendo intuito che Paolo è il colpevole, lo costringe a maledire il traditore. Atto secondo Stanza del Doge nel Palazzo Ducale di Genova. Paolo, condannato all’esilio, versa un veleno in una tazza del Doge. Si accorda con Fiesco e Gabriele per organizzare la ribellione e chiede a Fiesco di ucciderlo nel sonno, ma egli rifiuta. Paolo inoltre fa credere a Gabriele che Amelia sia l’amante di Boccanegra. Solo con Amelia, Gabriele le chiede del suo amore per il Doge, che lei definisce “santo”. Entra improvvisamente Simone e Amelia fa nascondere Gabriele nel balcone. Amelia dichiara al padre il suo amore per Gabriele e chiede di perdonarlo e il Doge, pur con difficoltà, accetta. Beve dalla tazza dove Paolo aveva versato il veleno, si sente oppresso da un’improvvisa stanchezza e si addormenta. Gabriele esce dal suo nascondiglio e, vedendolo addormentato, tenta di ucciderlo ma interviene Amelia. Il Doge si sveglia, Gabriele non vuole rivelare che Paolo lo ha fatto entrare, Boccanegra lo minaccia di morte e gli rivela che Amelia è sua figlia. Gabriele chiede immediatamente perdono, mentre scoppia un tumulto di popolo. Simone lo lascia libero di scegliere se raggiungere i suoi alleati o rimanere ed egli si allea con il Doge, che gli promette Amelia in sposa. Atto terzo Interno del Palazzo Ducale. Fallita la rivolta, Gabriele Adorno e Amelia stanno per sposarsi e Paolo rivela a Fiesco di essere stato lui a ordinare il suo rapimento. Il Doge, ormai provato dal veleno, si affaccia al balcone per respirare l’aria del mare e Fiesco gli rivela di non essere Andrea, ma il padre della sua amata Maria, venuto a vendicarsi. Simone gli ricorda che Fiesco gli aveva offerto il perdono se gli avesse 36 37
La potenza degli affetti di Silvia Campana Dopo il grandissimo successo che la trilogia popolare ottenne in Italia ed anche nei teatri esteri, Verdi attraversò un momento di stasi creativa che potremmo definire centrale nella sua formazione teatrale. La sua volontà a spingersi oltre la partitura alla ricerca di una definizione sempre maggiore di quella parola scenica che, scavando dentro i personaggi e i loro drammi, lo avrebbe portato a definirne i caratteri universali che tutti conosciamo, si faceva sempre più pressante, cercando lo strumento attraverso il quale rendersi manifesta. Già nel 1856, ritempratosi dalle fatiche affrontate per Les vêpres siciliennes, andati in scena all’Opéra di Parigi l’anno precedente, Verdi si accingeva a riprendere la sua attività, c’erano infatti nuovi progetti da realizzare (su tutti quel fantomatico Re Lear che, pur così tanto amato e ricercato, non trovò mai una sua definitiva realizzazione) e molti da riesaminare (il rifacimento dello Stiffelio e della Battaglia di Legnano, spartiti abbandonati ormai nel magazzino di Casa Ricordi) con un occhio più meticoloso e che potesse dribblare i rigori della censura che molti problemi aveva dato e avrebbe continuato a dare al vulcanico compositore. Poco tempo prima era giunta a Verdi dal Teatro La Fenice di Venezia la commissione per un’opera nuova ma egli, già preso dai suddetti progetti, aveva risposto in modo negativo. Rifiuto significativo che ci rivela molto, essendo ormai conosciuta, grazie alle sue lettere, l’indole burrascosa del compositore ed è noto che quando egli non era convinto di un progetto trovava sempre mille motivazioni, reali o no, che rendessero il suo rifiuto sempre pertinente. Peraltro in questo periodo si trovava ad essere già in trattative con il Teatro San Carlo di Napoli e La Pergola di Firenze. Fu ancora una volta il fidato Francesco Maria Piave, invitato dal compositore a Sant’Agata il 27 marzo 1856 per lavorare sullo Stiffelio, a sciogliere le riserve, facendosi latore di un nuovo progetto: recava infatti con sé una lettera riservata del Presidente del Teatro La Fenice di Venezia, G.B. Tornielli, con la quale gli veniva “gentilmente richiesto” di avviare 38 39
alcune trattative con Verdi con lo scopo di convincerlo a sottoscrivere un contratto per avvelenato dallo stesso. un’opera nuova da rappresentarsi alla Fenice nella successiva stagione di Carnevale e Un dramma privato dunque, corrusco e torbido, ambientato in un momento storico in Quaresima, proponendo al musicista un soggetto di un autore a lui già noto e dal cui cui Genova (e tutta Italia) era dilaniata da conflitti che da privati deflagravano in politiche ingarbugliato, ma affascinante e gotico humus letterario, era già stato una volta rapito contese, una guerra civile che faceva da sfondo ad un conflitto profondo di affetti perduti, con esito positivo. In questo caso infatti il musicista sciolse le sue riserve, ma solo alla rancori, tradimenti, inganni. metà del seguente maggio, una volta tramontate le trattative con la Pergola e rinviato il Verdi ne fu subitamente affascinato e, come già in passato, stese lui stesso un libretto in contratto di Napoli, il compositore si decise a sottoscrivere l’impegno per la sua quinta prosa spedendolo poi a Piave con le solite mille raccomandazioni del caso. opera veneziana (aveva iniziato nel 1844 con Ernani, Attila nel 1846, Rigoletto nel 1851 Il Teatro La Fenice si stupì di ricevere un libretto in prosa ma Verdi, già spazientito, così e Traviata nel 1853). La condizione era firmare il contratto, come già fatto in passato, scriveva il 3 settembre al suo fidato collaboratore: direttamente con la Presidenza della Fenice e non con l’impresa, e di far aggiungere alla compagnia di canto già stabilita “alcune buone parti comprimarie”, se il dramma lo Cosa importa che per ora sia in prosa od in versi? E, come tu hai osservato benissimo, questo avesse reso necessario. Simone ha qualche cosa di originale, così bisogna che il taglio del libretto, dei pezzi etc. etc. sia Il soggetto della nuova opera era tratto da un dramma rappresentato a Madrid nel 1843 e più originale che si può. Ciò non può farsi se noi non siamo insieme. Sarebbe dunque ora tempo perduto – Dirai a Torniello, al cavalier Torniello, all’amico Torniello che stia tranquillo, che lasci mai tradotto in italiano, ispirato al personaggio storico del primo doge della repubblica fare a noi che sappiamo molto bene fare il mestier nostro e che se Egli vuol darsi da fare ve ne è di Genova, Simon Boccanegra, e ne era autore ancora quell’Antonio García Gutiérrez, il materia e bisogno altrove. Pensi alle decorazioni ed ai costumi. Oh le decorazioni potrebbero cui lavoro giovanile El Trovador aveva già fornito al compositore, tre anni prima, ottimo essere così belle in questo Simone! 1 materiale drammatico per il suo Trovatore, che stava peraltro dilagando su tutti i teatri europei. Già... Il povero Piave, che aveva già verseggiato in fretta e furia il testo in prosa preparato Il dramma narrava la storia di un Doge Genovese, già corsaro, Simon Boccanegra, che da Verdi, fu però in seguito, a sua insaputa, sostituito per la versificazione di alcuni passi intorno alla metà del sec. xiv, attraverso l’appoggio di un amico, riusciva a salire al da Giuseppe Montanelli, poeta e patriota toscano in esilio a Parigi per aver partecipato al trono dogale e che, attraverso tutta una serie di tormentati e sfortunati eventi personali, governo rivoluzionario del 1849. Verdi lo informerà in seguito adducendo, naturalmente, culminanti nella morte della donna amata e nella sparizione della figlia, moriva poi motivazioni pratiche che, a suo dire, ne avrebbero motivato la decisione. 40 41
Nel frattempo Verdi dovette recarsi a Parigi per l’allestimento del Trovatore (nella i lumi che a poco a poco, l’un dopo l’altro si spengono fino a che alla morte del Doge tutto traduzione francese di Émilien Pacini Le trouvère con l’aggiunta di un balletto e alcuni è nella profonda oscurità. È un momento, io credo, di gran effetto, e guai se la scena non ritocchi alla musica) al Teatro dell’Opéra, ma dopo la prima ritornerà a Sant’Agata è ben fatta. Non è necessario che la prima tela abbia un gran sfondo, ma la seconda, la tela per buttarsi a capofitto nella composizione del suo Simone, a cui sentiva di imporre dell’illuminazione deve essere ben lontana...2 determinati tagli teatrali che, già in questa prima versione, ci aiutano a capirne la totale novità teatrale e drammatica. L’intenzione era già chiarissima, mai come in questo caso l’idea di un dramma totale si Verdi sembrava infatti voler creare un dramma nuovo, in cui i caratteri emergessero per era fatta strada così nettamente, ma le novità presenti nella partitura saranno tante e tali, la loro verità e potenza piuttosto che per i numeri chiusi e fondamentale dunque doveva unite ad un libretto dallo scarso vigore drammatico e dalla farraginosa dinamica, che la essere in questo caso lo spazio scenico nel quale si sarebbero mossi: prima il 12 marzo 1857 al Gran Teatro La Fenice di Venezia si concluderà con un clamoroso fiasco. Cura molto le scene: le indicazioni sono abbastanza esatte nonostante mi permetto alcune Intervallata, come d’uso, dal ballo Bianchi e Negri, azione coreografica di Giuseppe Rota osservazioni = Nella prima scena se il Palazzo di Fieschi è di fianco, bisogna che sia ben in vista con scene di Giuseppe Bertoja, costumi di Davide Ascoli, l’opera venne diretta da Carlo di tutto il pubblico, perché è necessario che tutti veggano Simone quando entra in casa, quando Ercole Bosoni e interpretata da Leone Giraldoni protagonista, Luigia Bendazzi, Carlo viene sul balcone, e stacca il lanternino: credo d’averci cavato un effetto musicale che io non Negrini e il basso Giuseppe Etcheverry. voglio perdere causa la scena - Più desidererei che avanti la chiesa di S. Lorenzo vi fosse un[a] L’avvenimento fu tale da riscuotere una vasta eco sulla stampa periodica che, caso non piccola gradinata praticabile di 3. o 4. gradini, con qualche colonna le quali servirebbero per comune ai tempi, non restò circoscritta ai giornali teatrali ma si estese anche ai periodici appoggiare e nascondere ora Paolo ora Fiesco... etc. etc. di arti varie e a molti fogli ufficiali, a dimostrazione di quanto acuta fosse l’aspettativa per Questa scena deve avere molto sfondo. la nuova opera. Il Palazzo Grimaldi nel I Atto non deve aver molto sfondo. In vece d’una finestra ne farei diverse I critici dell’epoca raccontarono infatti in molti modi e con sapida arguzia un pubblico fino a terra: una terrazza; metterei una seconda tela di fondo colla luna i cui raggi battessero sul mare, che si dovrebbe vedere dal pubblico: il mare sarebbe una tela luccicante in pendio - etc. annoiato che arrivò a zittire più di una volta artisti e Maestro d’orchestra ma, unica voce Se io fossi pittore farei certamente una bella scena: semplice e di grande effetto. – – fuori dal coro, un giovane recensore della «Gazzetta musicale di Milano», Filippo Filippi, Raccomando la scena ultima: Quando il Doge ordina a Pietro di schiudere i balconi devesi così si esprimeva, con indomito coraggio, all’indomani della Prima: vedere l’illuminazione ricca, larga che prenda un gran spazio, onde si possano vedere bene 42 43
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