RISCHIO CARDIOVASCOLARE - A cura di Docente MMG: dr.ssa Stefania Plessi Docente Cardiologo: prof. Marco Bucci - Azienda sanitaria locale Lanciano ...
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AZIENDA SANITARIA LOCALE LANCIANO – VASTO - CHIETI CORSO DI AGGIORNAMENTO AZIENDALE PER MEDICI DI MEDICINA GENERALE ANNO 2013 RISCHIO CARDIOVASCOLARE A cura di Docente MMG: dr.ssa Stefania Plessi Docente Cardiologo: prof. Marco Bucci 1
INDICE 1. RAZIONALE E OBIETTIVI 3 2. PREMESSA 4 3. RISCHIO CARDIOVASCOLARE GLOBALE 7 3.1 Come calcolare il rischio cardiovascolare 8 3.2 Carte e punteggio Italiani del rischio cardiovascolare 9 3.3 Carte Europee del rischio cardiovascolare SCORE 11 3.4 Linee guida ESC 2012 sulla prevenzione cardiovascolare 13 4. SESSO FEMMINILE E RISCHIO CARDIOVASCOLARE 15 5. IPERTENSIONE E RISCHIO CARDIOVASCOLARE 20 5.1 Misurazione dei valori della pressione arteriosa 21 5.2 Strategie terapeutiche 23 6. DISLIPIDEMIE E RISCHIO CARDIOVASCOLARE 26 6.1 Le dislipidemie genetiche 27 6.2 Diagnosi 30 6.3 Scelta del trattamento 31 6.4 Follow-up 34 6.5 Cosa cambia nella gestione della riduzione del rischio CV nella pratica clinica? 35 6.6 Aferesi delle LDL 38 La storia della nota 13 39 7. INSUFFICIENZA RENALE CRONICA E RISCHIO CARDIOVASCOLARE 41 8. MALATTIE AUTOIMMUNI E RISCHIO CARDIOVASCOLARE 47 8.1 Psoriasi 47 8.2 Artrite Reumatoide 47 8.3 Lupus Eritematoso 47 9. ALTRI FATTORI DI RISCHIO EMERGENTI 48 9.1 Uricemia 48 9.2 Lp(a) 50 9.3 Omocisteina 52 9.4 Vit. D 53 10. ATTIVITA’ FISICA: COSA CI DICONO LE LINEE GUIDA 54 10.1 Individui sani 54 10.2 Pazienti con malattia CV nota 56 11. FUMO E RISCHIO CARDIOVASCOLARE 59 12. DIETA E RISCHIO CARDIOVASCOLARE 60 2
1. RAZIONALE E OBIETTIVI Le malattie cardiovascolari (CV) sono tuttora nei Paesi sviluppati, come gli Europei e l’Italia, la maggior causa di morte prematura: secondo le European Guidelines on cardiovascular disease prevention in clinical practice – versione aprile 2012, sono responsabili del 42% di tutte le morti al di sotto dei 75 anni di età nelle donne e del 38% negli uomini. Inoltre chi sopravvive ad un attacco CV diventa un malato cronico con modifica della qualità della vita e notevoli costi economici per la società. Pertanto uno dei compiti più importanti della Medicina Generale (MG) è la prevenzione delle patologie CV. Essa si deve attuare durante l’attività quotidiana del Medico di Assistenza Primaria, mediante la valutazione del rischio CV sui propri assistiti esenti da malattia con metodo “opportunistico”e utilizzando strumenti come le carte del rischio che permettano una classificazione di livello di rischio, utile anche a definire la rimborsabilità di eventuali terapie farmacologiche. Occorre inoltre che il Medico di Assistenza Primaria individui e illustri al paziente i suoi fattori di rischio CV: non modificabili come sesso, età e familiarità per la patologia e soprattutto i modificabili come fumo, iperlipidemia, sedentarietà, diabete mellito, ipertensione arteriosa, sovrappeso-obesità e adiposità addominale. La correzione dei fattori di rischio modificabili e il cambiamento dello stile di vita sono gli unici mezzi efficaci per la prevenzione delle malattie CV e lo sono tanto più quanto più precocemente vengono adottati. Il Medico di Assistenza Primaria deve inoltre conoscere gli altri fattori di rischio emergenti: l’aumento della lipoproteina (a), dell’omocisteina e dell’uricemia e la carenza di vitamina D. OBIETTIVO GENERALE DEL CORSO • il Medico di Assistenza Primaria deve implementare durante l’attività quotidiana la valutazione del rischio CV OBIETTIVI SPECIFICI DEL CORSO Il Medico di Assistenza Primaria deve: • saper individuare e illustrare ai propri assistiti i loro fattori di rischio CV • saper utilizzare le carte del rischio • conoscere gli altri fattori di rischio emergenti e le raccomandazioni delle ultime Linee-guida sul rischio CV 3
2. PREMESSA A livello Nazionale, Regionale ed Aziendale la valutazione del rischio individuale di malattia CV è, come già in passato, un obiettivo prioritario nel governo clinico della Medicina Generale. Nel Piano Nazionale della Prevenzione (PNP) 2010-2012 si spiega che tradizionalmente la prevenzione, cioè l'insieme di interventi finalizzati ad impedire o ridurre il rischio ossia la probabilità che si verifichino eventi non desiderati ovvero ad abbatterne o attutirne gli effetti in termini di morbosità, disabilità e mortalità, è stata suddivisa nelle seguenti componenti : − prevenzione primaria, che si rivolge a tutta la popolazione ed ha come obiettivo il controllo dei determinanti di malattia; − medicina predittiva, che tendenzialmente si rivolge a tutta la popolazione ed ha come obiettivo la valutazione del rischio di insorgenza di una patologia; − prevenzione secondaria, che si rivolge alla sola popolazione a rischio ed ha come obiettivo la massima anticipazione diagnostica di una patologia; − prevenzione terziaria, che si rivolge alla sola popolazione malata ed ha come obiettivo la riduzione dell'impatto negativo di una patologia, ripristinando le funzioni, riducendo le complicazioni e le probabilità di recidive La classificazione degli interventi di prevenzione appena posta, si è rivelata, alla luce della evoluzione scientifica, non più adeguata, perché da una parte pone l'accento sull'offerta e non sulla domanda, dall'altra suddivide artificiosamente la persona, come se le fasi si susseguissero l'una con l'altra, in momenti distinti e separati. Invece l’attuale PNP vuole porre la persona e la comunità, di cui è parte, al centro del progetto di salute, valorizzando gli esiti più che i processi e considerare la prevenzione rivolta a problemi e, conseguentemente, a obiettivi : − prevenzione come promozione della salute: rientrano in essa gli interventi che potenziano i determinanti positivi e che controllano i determinanti negativi sia individuali che ambientali; − prevenzione come individuazione del rischio: screening di popolazione e medicina predittiva, cioè medicina di preavviso, nel senso che, a fronte di un difetto o di una fragilità, consente di scegliere uno stile di vita adeguato, di sottoporsi periodicamente a test di diagnosi precoce e di adottare sin dall'inizio le necessarie misure terapeutiche. Si rivolge agli individui sani, nei quali cerca la fragilità o il difetto che conferiscono loro una certa predisposizione a sviluppare una malattia ed è una medicina di preavviso nel senso che consente di scegliere uno stile di vita adeguato e di adottare sin dall'inizio le necessarie misure terapeutiche. Nel capitolo del PSN 2010-2012 dedicato alle malattie CV, si puntualizza che il contributo metodologico persegue i seguenti obiettivi: − definire strumenti per la rilevazione epidemiologica del rischio cardio-cerebrovascolare (carta del rischio, ma anche rilevazione di indicatori indiretti come il consumo di farmaci specifici) − individuare screening di popolazione per l'identificazione precoce di ipertensione, ipercolesterolemia, secondo criteri e caratteristiche di appropriatezza (secondo l'indagine multiscopo ISTAT più del 50% della popolazione adulta controlla annualmente pressione arteriosa e parametri biochimici, senza tuttavia una standardizzazione) − predisporre protocolli terapeutici per il controllo dei principali fattori di rischio, secondo criteri di evidenza di efficacia e analisi costi-benefici dei diversi principi attivi … Il Piano Regionale di Prevenzione Sanitaria (PRP) 2010-2012 dell’Abruzzo analizza, su una popolazione residente al 1° gennaio 2009 di 1.334.675 abitanti (Italia 60.045.000), di cui 648.680 maschi (48.6%) e 685.995 femmine (51.4%), i tassi standardizzati di mortalità per malattie CV che coincidono con i dati nazionali, che costituiscono con il 25% per le malattie del sistema cardiocircolatorio il tasso più alto di mortalità generale e con il 10-12% per gli accidenti cerebrovascolari la terza causa di decesso (dopo le malattie cardiocircolatorie ed i tumori). La 4
struttura demografica della popolazione, associata al progressivo invecchiamento, porta a ritenere probabile anche per l’Abruzzo la previsione (ritenuta affidabile a livello mondiale) del raddoppio dei decessi entro l’anno 2020. Dai rilevamenti ISTAT del 2008 emergono per l’Abruzzo dati ancora più preoccupanti su due rilevanti fattori di rischio per malattie CV: − l’ipertensione è al 16.2% rispetto al 15.8% nazionale in crescita progressiva con l’età (nelle interviste PASSI 2007 nel gruppo 50-69 anni era al 48% ed era associata alla condizione sovrappeso-obeso) − il diabete è al 5% rispetto al 4.8% nazionale. Nel pool di AUSL partecipanti al sistema di sorveglianza regionale PASSI, in riferimento al periodo 2007-2009, circa 5.6 persone ogni 100 hanno dichiarato di avere il diabete. Nel PRP Abruzzese sono inoltre analizzate altre priorità emergenti: − senilizzazione, più accentuata nelle aree interne con alto numero di famiglie con anziani o composte da sole donne ultrasessantenni (62%); − sedentarietà con dati PASSI 2007 del 33% (Italia 28%) e tendenza all’aumento, in crescita con l’età, maggiore nel sesso femminile e in persone con molte difficoltà economiche e basso livello di istruzione. Inoltre il 19% delle persone sedentarie percepisce il proprio livello di attività fisica come sufficiente; − eccesso ponderale che secondo PASSI 2007 è presente: o nel 48% degli adulti (37% sovrappeso e 11% obesità) rispetto al 43% in Italia, in crescita con l’età, con prevalenza negli uomini, soprattutto in persone con difficoltà economiche e basso livello di istruzione e sottostima del rischio per la propria salute con autopercezione al 48% per il sovrappeso (Italia 50%) o nel 35% dei bambini (25% sovrappeso e 10% obesità) da stili alimentari errati e con rischio di persistenza di eccesso ponderale in età adulta; − fumo con rilevazioni del sistema PASSI all’anno 2009 del 16% di ex-fumatori e del 31% di fumatori adulti sotto i 70 anni (15 sigarette die in media) a fronte del nazionale 29%, con incremento dal 2007 (26%), in particolare in età giovanile (il 64% del totale tra i 25 e i 49 anni), come nel resto d’Italia uomini (41% contro 21% donne) e persone con difficoltà economiche e basso livello di istruzione. Soltanto il il 36%, fra coloro che sono stati dal medico nell’ultimo anno, sono stati intervistati sul fumo da un operatore sanitario e il 60% dei fumatori ha ricevuto da parte dell’operatore sanitario un invito a smettere di fumare o a ridurre il numero giornaliero di sigarette fumate; − ipercolesterolemia con dati PASSI 2007 di un 24% di diagnosi su un 74% di intervistati, unico dato in linea con il rilevamento nazionale del 25%. In base alle criticità evidenziate, il PRP Abruzzese fissa la prevenzione su programmi e progetti con il coinvolgimento e la consapevolezza della collettività (empowerment) e l’azione integrata degli operatori sanitari, soprattutto Medici di Medicina Generale (MMG), prevedendo, tra i vari macroambiti, come intervento di medicina predittiva, la valutazione del rischio individuale di malattia tramite il progetto “Gioca la carta del cuore: aumentare la conoscenza del rischio cardiovascolare estendendo l’utilizzo della carta del rischio”. Questo progetto amplia a tutto il territorio regionale la positiva esperienza pilota della ASL di Pescara, iniziata nel 2006 con il sostegno formativo ed elaborativo del Reparto di Epidemiologia delle malattie cerebro e cardiovascolari del Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della salute (CNESPS) dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), che dal 1998 promuove il Progetto Cuore su tutto il territorio nazionale. I destinatari sono i soggetti di età compresa tra 35 e 69 anni di entrambi i sessi (al 1° gennaio 2010 633.343), esenti da un precedente evento cardiovascolare e a cui misurare la probabilità di sviluppare infarto o ictus cerebrale nei successivi 10 anni. I MMG sono i 5
destinatari intermedi, cioè i soggetti coinvolti attivamente nel progetto, che devono effettuare un cambiamento nella loro pratica professionale, adottando metodologie standardizzate come la carta del rischio CV (categorico) o il calcolo del punteggio di rischio CV del programma cuore.exe (puntuale) per fornire agli assistiti informazioni corrette sugli stili di vita a rischio cardiovascolare e raccomandazioni condivise sul trattamento farmacologico. L’obiettivo specifico del progetto è portare il calcolo del punteggio del rischio CV al 20% della popolazione abruzzese tra 35 e 69 anni. Si possono considerare come risultati attesi intermedi, propedeutici all’obiettivo specifico: − il calcolo del punteggio al 50% dei propri assistiti da parte del 40% dei MMG − la predisposizione di una campagna di informazione collettiva sul rischio CV − una campagna di comunicazione che produca da parte della popolazione target un aumento di circa il 30% della richiesta del calcolo del punteggio di rischio CV al proprio MMG. Le attività previste per ottenere il risultato atteso sono: − incontri di formazione relativa al calcolo del punteggio e al counselling al 70% dei MMG − varare una norma contrattuale regionale ad hoc che disciplini l’attività svolta dal MMG nel calcolare il punteggio di rischio CV. Nel Decreto di Giunta Regionale (DGR) Abruzzo n°369 del 20 maggio 2013 è deliberata la proroga all’anno 2013 del PRP 2010-2012 con la riconferma degli stessi progetti e quindi anche, come intervento di medicina predittiva, la valutazione del rischio individuale di malattia tramite il progetto “Gioca la carta del cuore: aumentare la conoscenza del rischio cardiovascolare estendendo l’utilizzo della carta del rischio”, mantenendo gli stessi obiettivi, attività e con indicatori di risultato attesi di un 30% di MMG attivati sul totale e un 10% di popolazione sottoposta al calcolo rispetto alla popolazione generale tra 35 e 69 anni Il Decreto n°50 del 5 luglio 2013 del Presidente della Regione Abruzzo in qualità di Commissario ad acta decreta nel “Piano delle attività per il Governo Clinico dei Medici di Assistenza Primaria – anno 2013” di stabilire prioritario, oltre alla “appropriatezza prescrittiva dei farmaci” e alla “vaccinazione antinfluenzale degli ultrasessantacinquenni”, anche il “calcolo del rischio CV” tramite il progetto “Gioca la carta del cuore …” come previsto dal DGR 369/2013 e con invio dei dati all’ISS. Per ogni assistito eleggibile la valutazione può essere ripetuta, sempre in prevenzione primaria, con le modalità fissate dal programma. Inoltre tale decreto fissa la “norma contrattuale regionale ad hoc” per la remunerazione dei MMG come previsto dal PRP: destina a questa attività la somma di € 625.000, presa dal fondo per l’Assistenza Primaria per attività finalizzate al Governo Clinico di € 3.08 annui/assistito come da art. 59, lett. B, commi 15 e 16 dell’ACN consolidato del 27 luglio 2009 e incarica la ASL di appartenenza del MMG di effettuare: l’acquisizione preventiva dell’adesione, la quantificazione per ogni MMG partecipante del budget in proporzione al numero di assistiti in carico e l’erogazione del compenso in base alle prestazioni effettuate. BIBLIOGRAFIA e SITOGRAFIA 1. Piano Nazionale della Prevenzione (PNP) 2010-2012 2. Piano Regionale di Prevenzione Sanitaria (PRP) 2010-2012 dell’Abruzzo 3. Decreto di Giunta Regionale Abruzzo n°369 del 20 maggio 2013 4. Decreto n°50 5 luglio 2013 del Presidente Regione Abruzzo in qualità di Commissario ad acta 5. Art. 59, lett. B, commi 15 e 16 dell’ACN consolidato del 27 luglio 2009 6. www.cuore.iss.it 6
3. IL RISCHIO CARDIOVASCOLARE GLOBALE Introduzione Nonostante i progressi indiscussi nella conoscenza delle basi fisiopatologiche, l’amplificazione dei mezzi diagnostici e le numerose opzioni terapeutiche disponibili, le malattie cardiovascolari rappresentano la principale causa di mortalità e disabilità disabilità nei paesi occidentali (tabella 1). Le ragioni di questa persistenza vanno ricercate sia nell’aumentata tata incidenza di patologie quali l’ipertensione arteriosa, il diabete mellito, le dislipidemia, sia nell dilagare di uno stile di vita sedentario, con abitudini dietetiche scorrette e l’ancora l dilagante diffusione dell’abitudine tabagica, sia nello scarso controllo (farmacologico e non) di tali fattori di rischio (FR) cardiovascolari. Numerose evidenze hanno ormai acclarato come le lesioni aterosclerotiche si sviluppino progressivamente e insidiosamente nel tempo, manifestandosi spesso solo nelle fasi più avanzate a con eventi clinici drammaticamente evidenti (ictus cerebri, infarto miocardico, …). Tali acuzie possono esitare nell’exitus o in disabilità che condizionano pesantemente la qualità di vita dei psicologiche, sociali ed economiche di non poco conto1. pazienti e dei loro care-giver,, con ricadute psicologiche, Tabella 1 Figura 1: Disability Adjusted Life 7
Emerge, pertanto, la necessità di di una seria prevenzione cardiovascolare da attuare mediante interventi terapeutici (farmacologici e non) e di educazione della popolazione generale. Tali interventi non possono prescindere da un approccio globale e integrato del rischio cardiovascolare di ogni singolo individuo, che dovrebbe essere inquadrato nel suo complesso e nella sua unicità. Definizione Il concetto di rischio cardiovascolare globale (RCG) risponde proprio alla necessità di trattare l’individuo iduo e non la singola patologia. Negli ultimi decenni si è passati progressivamente da un approccio tradizionale, dizionale, basato sul trattamento dei singoli FR,, a un approccio basato sul trattamento integrato e multifattoriale del profilo di rischio cardiovascolare globale del singolo individuo2. Si tratta di un passaggio naturale, che deriva dai seguenti aspetti: • “Multifattorialità” fisiopatogenetica delle patologie cardiovascolari • Coesistenza negli stessi pazienti di più FR cardiovascolare • Azione sinergica di tali FR nel determinismo del danno d’organo Figura 2: Rischio cardiovascolare tradizionale vs rischio cardiovascolare ca globale 3.1 Come calcolare il rischio ischio cardiovascolare Sono attualmente disponibili diversi algoritmi di calcolo del rischio cardiovascolare3, elaborati dalle diverse società scientifiche internazionali sulla base degli studi epidemiologici. Framingham Risk Score Il più noto e meglio conosciuto resta il Framingham Risk Score4, 5, di cui sono state prodotte nel tempo diverse versioni e su cui si basano diverse carte del rischio e tavole incluse in Linee Guida 8
nazionali e internazionali. Tale algoritmo calcola la probabilità che si verifichi un evento cardiovascolare in un lasso di tempo di 5-10 anni, in pazienti di età compresa fra 35 e 70 anni, basandosi su 7 FR (età, sesso, fumo, pressione arteriosa sistolica, rapporto colesterolo/HDL, diabete mellito, ipertrofia ventricolare sinistra). Il rischio cardiovascolare così calcolato6 è sovrastimato nelle popolazioni mediterranee rispetto a quelle nordamericane. 3.2 Carte e punteggio Italiani del rischio cardiovascolare Proprio al fine di superare tale divario, l’Istituto Superiore di Sanità (ISS), in collaborazione con l’Osservatorio Epidemiologico Italiano, ha elaborato le carte del Rischio Cardiovascolare7 su studi epidemiologici condotti su coorti italiane. Le classi di rischio globale assoluto sono calcolate per categorie di 6 fattori di rischio (età, sesso, diabete, fumo, pressione sistolica e colesterolemia totale). Tale strumento è stato utilizzato fino al 2011 sia per la stima del RCV che per valutare la rimborsabilità del trattamento con statine secondo le precedenti versioni della nota 13 (2004 e 2007). Tabella 2 Calcolo del rischio CV categorico tramite la carta del Progetto Cuore: 6 items, 40-69 anni: Scelta la carta, in base al sesso e alla presenza o no del diabete: 1. posizionarsi nella zona fumatore / non fumatore 2. identificare il decennio di età 3. collocarsi sul livello corrispondente a pressione arteriosa sistolica e colesterolemia totale 4. identificato il colore, leggere nella legenda a fianco il livello di rischio Ripetere il calcolo almeno: - ogni sei mesi per persone a elevato rischio CV, cioè superiore o uguale al 20% - ogni anno per persone a rischio da tenere sotto controllo attraverso l'adozione di uno stile di vita sano, cioè superiore o uguale al 5% e inferiore al 20% - ogni 5 anni per persone a basso rischio CV, cioè inferiore al 5% Punteggio individuale puntuale con cuore.exe del Progetto Cuore: 8 items, 35-69aa: A parte il sesso e l’età espressa in anni, occorre inserire: 1. la media di 2 misure eseguita a distanza di alcuni minuti della pressione arteriosa sistolica; biffare o no la casella “in trattamento con antipertensivi” 2. il valore del colesterolo totale e HDL 3. sì o no rispettivamente a seconda della presenza o meno di diabete 4. sì o no rispettivamente a seconda della presenza o meno di fumo. Con questi dati, il software ti dà, con possibilità di stampa e consegna al paziente: - la percentuale di rischio di malattia CV a 10 anni e la spiegazione del suo significato - i consigli da dare al paziente riguardo fumo, alimentazione (frutta e verdura, grassi animali, sale, alcool), attività fisica e peso - la possibilità di confrontare il rischio con quello di una persona esaminata con tutti i fattori di rischio modificabili a livelli “desiderabili: non fumatore, non diabetico, non in terapia antipertensiva, pressione arteriosa sistolica uguale o inferiore a 120 mmHg, e colesterolemia inferiore a 200 mg/dl - la possibilità di valutare, nel caso in cui la persona sia un fumatore, di quanto si abbasserebbe il rischio se smettesse di fumare per almeno un anno a parità di tutti gli altri fattori di rischio. Ripetere il calcolo almeno: • ogni sei mesi per persone a elevato rischio CV, cioè superiore o uguale al 20% • ogni anno per persone a rischio da tenere sotto controllo attraverso l'adozione di uno stile di vita sano, cioè superiore o uguale al 3% e inferiore al 20% • ogni 5 anni per persone a basso rischio CV, cioè inferiore al 3% 9
Tabella 3 Con entrambe le metodiche occorrono misure standardizzate dei fattori di rischio: − pressione arteriosa sistolica: va misurata con sfigmomanometro a mercurio al braccio destro posizionato all’altezza del cuore a 45° rispetto al tronco, dopo che il paziente si è riposato per 4 minuti in posizione seduta − colesterolo totale e HDL con prelievo venoso, a digiuno da almeno 12 ore ed eseguito negli ultimi 90 giorni − diabete, definizione: glicemia con prelievo venoso, a digiuno da almeno 12 ore, ripetuta una 2° volta in una settimana, uguale o superiore a 126, o terapia con ipoglicemizzanti orali o insulina oppure storia clinica personale di diabete − fumo, definizione di fumatore: chi fuma ogni giorno anche una sola sigaretta o ha smesso da meno di 12 mesi, non-fumatore: chi non ha mai fumato o ha smesso da più di 12 mesi. Entrambe le metodiche non sono utilizzabili: − in gravidanza − per valori estremi dei fattori di rischio: • pressione arteriosa sistolica superiore a 200 mmHg o inferiore a 90 mmHg • colesterolemia totale superiore a 320 mg/dl o inferiore a 130 mg/dl solo per il punteggio, HDL-colesterolemia inferiore a 20 mg/dl o superiore a 100 mg/dl. Anche le Carte Italiane, tuttavia, hanno alcuni “difetti”: - il rischio – come nelle carte del Framingham – è sottostimato nei pazienti più giovani (si parla infatti di rischio “assoluto”, in cui l’età ha il “peso” più importante); - le donne appaiono a “basso rischio” – e dunque non meritevoli di un adeguato intervento preventivo – praticamente fino all’età avanzata. Inoltre, tutte le carte hanno il limite di “categorizzare” il livello di rischio, piuttosto che personalizzarlo: una persona che avrà un rischio del 19,5% ricadrà in una casella giallo-arancio, e se dopo un certo periodo di trattamento dovesse scendere al 10,5% ricadrebbe sempre in una casella dello stesso colore, rendendo praticamente invisibile il progresso fatto (che nell’esempio equivarrebbe quasi a un dimezzamento!). Per tale motivo, già dal 2008 lo stesso ISS ha promosso e raccomandato l’uso del Calcolatore del Rischio Individuale, che poteva essere compilato on line sullo stesso sito dell’ISS, alle pagine del Progetto CUORE (cuore.exe). Tale calcolatore restituisce un valore (“punteggio puntuale”) che permette di valutare le modifiche (sia in senso migliorativo che peggiorativo) nel tempo e quindi di proseguire o rafforzare gli interventi preventivi messi in atto, poiché considera valori continui per alcuni fattori di rischio, cioè per l’età, la colesterolemia totale, l’HDL e la pressione sistolica (ovviamente non per sesso, diabete e fumo). Inoltre include nella stima la terapia antipertensiva, sia perché il valore di pressione sistolica registrato non è naturale ma dovuto anche al trattamento specifico, sia perché la terapia antipertensiva è anche un indicatore di ipertensione arteriosa di vecchia data. Al tempo stesso, la compilazione on line permette all’ISS di acquisire nuovi dati epidemiologici utili a un eventuale futuro aggiornamento delle Carte del Rischio. Inoltre, e purtroppo, le Carte del rischio sono state sempre utilizzate più per la stima del rischio assoluto (che comunque è la loro prima indicazione) che non per la stima del rischio relativo, vale a dire per fare un confronto tra il profilo di rischio di chi è esposto a certi fattori e di chi (a parità di sesso ed età) non lo è. In tal modo si sarebbe potuto tentare un approccio diverso dal punto di vista comunicativo, e forse si sarebbe potuto raggiungere un diverso livello motivazionale. 10
Figura 3:: Carte del Rischio Cardiovascolare italiane Con l’uscita della nota 13 versione 15 luglio 2011 queste carte,, pur rimanendo ancora valide – in quei tempi – per la stima del profilo di rischio non eranono più richieste per la valutazione della rimborsabilità orsabilità o meno delle statine. Tuttavia, restano ancora oggi in piedi sul territorio progetti di Governo clinico finanziati per spingere la loro implementazione anche attraverso l’utilizzo del Calcolatore, cui si accennava poco sopra. 3.3 Carte Europee del rischio cardiovascolare c SCORE Recentemente, dopo la pubblicazione pubblic delle nuove linee guida Europee uropee per la gestione delle Dislipidemie8, 9, lee ultime edizioni della nota 13 AIFA (28 Novembre 2012 e 09 Aprile 2013) hanno ha adottato per il calcolo del RCV l’algoritmo derivato dallo studio SCORE (Systematic COronary Risk Evaluation),, differenziato per le popolazioni dell’Europa del Nord e del Sud con due diverse carte del rischio. L’Italia va annoverata tra i Paesi a Basso Rischio Cardiovascolare. Entrambi gli strumenti (Carte Italiane e Carte Carte Europee) sono derivati da algoritmi di calcolo applicabili esclusivamente in prevenzione primaria: primaria: i pazienti in prevenzione secondaria vengono considerati a rischio cardiovascolare elevato. Ma la differenza fondamentale è che le Carte Italiane considerano ad alto rischio un paziente che ha h una probabilità > 20% di sviluppare un evento fatale o non fatale nei successivi 10 anni, le Carte Europee considerano invece ad alto rischio un paziente che ha una probabilità > 5% di sviluppare un evento fatale (nonn considerano cioè il rischio di eventi totali, ma solo il rischio di morte cardiovascolare). Da ciò si comprende il valore numerico più basso, ma questo aspetto deve essere adeguatamente sottolineato in quanto l’abitudine a consultare le carte italiane e a considerare il livello 20% come “alto rischio” potrebbe portare a pericolose sottovalutazioni del profilo di rischio (in questo caso è meglio far riferimento alla scala 11
cromatica, uguale nelle due carte: rosso = alto rischio!). rischio Le variabili considerate sono: s sesso, età, totale Le carte sono due, una per i paesi europei pressione arteriosa sistolica (PAS) e colesterolo totale. a maggior rischio CV ed una per quelli a minor rischio, rischio tra i quali l’Italia: questa soluzione ha l’intento di ridurre la sovrastima del rischio nelle popolazioni del Sud Europa, come già accadeva per le precedenti carte europee del 2003. 2003 Come allora, non è presente la distinzione tra soggetti diabetici (tipo 2) e non diabetici, essendo i primi considerati automaticamente ad “alto rischio”,rischio” mentre per i diabetici di tipo 1 l’alto rischio è presente solo in caso di microalbuminuria. I livelli superiori di colesterolo totale inseribili nella carta sono 320 mg/dl; in caso di valori > 320 mg/dl il paziente è considerato automaticamente ad “alto rischio”. Come nelle precedenti LG, non viene considerata indispensabile la determinazione del colesterolo HDL, che, secondo gli autori, non modificherebbe sostanzialmente la capacità predittiva offerta dal solo colesterolo totale. A differenza delle carte italiane, che considerano solo 3 fasce di età (40-49; 49; 50-59; 50 60-69), le carte europee suddividono la popolazione in 5 fasce (40-49; (40 50-54; 55-59; 60-64; 64; 65-69) 65 allo scopo di meglio inquadrare il soggetto in esame (confermando in tal modo il peso decisivo attribuibile all’età). Figura 4: Carte dello SCORE per i Paesi a basso RCG 12
3.4 Linee guida ESC 2012 sulla prevenzione cardiovascolare Le nuove linee guida del 2012 della European Society of Cardiology (ESC), che si basano appunto sulle carte SCORE per la stima del rischio CV, hanno un nuovo approccio nella comunicazione: la correlazione rischio-età (risk-age), necessaria per rendere il paziente maggiormente consapevole del suo rischio CV. Molti trentenni sono attualmente considerati a basso rischio proprio in virtù della loro età; se invece lo stesso trentenne fosse un fumatore gli si dovrebbe comunicare che il suo rischio di avere un infarto è lo stesso di un paziente di 65 anni non fumatore, con maggior impatto sulla sua consapevolezza di malattia e sulla sua critica sui fattori di rischio. Importante è la raccomandazione di valutare il rischio CV di un individuo almeno una volta nella sua vita; per gli uomini dovrebbe essere fatto dopo i 40 anni mentre per le donne dopo i 50. Questa valutazione dovrebbe essere fatta dai medici o da infermieri, ma anche nelle farmacie. Alla fine di ogni sezione delle linee guida sono elencate le raccomandazioni, categorizzate in base al livello di evidenza che le supporta da strong (cioè forte, come ad esempio la riabilitazione cardiologica dopo ischemia miocardica), a weak (cioè debole, come la valutazione dello score coronarico di calcio nei pazienti asintomatici). Il livello di evidenza riflette un sistema di punteggio denominato GRADE, una misura basata su diversi fattori tra cui il grado di incertezza riguardo l’equilibrio tra rischi e benefici dell’intervento, e se l’intervento rappresenti un uso corretto delle risorse allocate. Infatti, il tradizionale approccio per stabilire il grado di evidenza vede predominare gli studi clinici di controllo randomizzati; questi rappresentano sì un’eccellente risorsa, ma comportano grosse limitazioni come l’esclusione della valutazione degli stili di vita; è infatti semplice realizzare questi trials per il colesterolo o per la pressione sanguigna, ma non lo è di certo per la valutazione della cessazione del fumo o di altri cambiamenti dello stile di vita. Serve dunque una maggior enfasi non tanto sulla terapia, quanto sulla prevenzione e sulla modificazione dei fattori di rischio. Oltre all’aggiunta della categorizzazione in base al livello di evidenza, queste linee guida presentano, alla fine di ciascun argomento trattato, una sezione denominata “what is new”, che rimarca le novità apportate in quello specifico ambito; sono inoltre evidenziati i campi specifici che necessiterebbero ulteriori studi di approfondimento: ad esempio nella sezione sul BMI il “what is new” è che l’essere sottopeso porta con ogni probabilità ad un maggiore rischio di mortalità e morbidità cardiovascolare e viene specificata la necessità di nuovi studi per determinare se la misurazione dell’adiposità regionale aggiunge al BMI valore predittivo nell’identificare i pazienti a rischio di malattie CV. Il comitato, inoltre, sottolinea come sia ora di avere ricerche che dimostrino in maniera definitiva il beneficio relativo alla dieta, all’esercizio fisico e alle modificazioni del comportamento nei pazienti obesi. La terapia antiaggregante piastrinica, in particolare l’aspirina a basse dosi, deve essere prescritta in tutti i pazienti ipertesi con pregressi eventi cardiovascolari. Può altresì essere presa in considerazione in pazienti ipertesi senza storia di MCV, con disfunzione renale o ad elevato rischio cardiovascolare. Nei pazienti che assumono aspirina deve sempre essere posta particolare attenzione al rischio di complicanze emorragiche, in particolare del tratto gastrointestinale. L’età vascolare: un nuovo concetto di rischio cardiovascolare Nel 200810 è stato introdotto, sempre nell’ambito delle successive versioni del Framingham Risk Score, il concetto di “Età Vascolare”, ovvero l’età dell’apparato cardiovascolare del paziente calcolata tenendo conto della presenza di eventuali fattori di rischio cardiovascolare. La “rivisitazione delle Carte” alla luce di questi nuovi concetti è stata resa possibile grazie all’introduzione sul mercato e alla progressiva diffusione (in realtà ancora abbastanza limitata) di strumenti in grado di misurare alcuni parametri della rigidità delle arterie centrali (arterial stiffness, Pulse Wave Velocity, Augmentation Index,...). In tal modo è stato possibile acquisire nuovi dati che possono andare a modificare il valore numerico attribuibile ai classici fattori di rischio fino ad oggi considerati dalle varie carte. 13
Mentre il calcolo del rischio CV consente di categorizzare i pazienti in differenti classi, considerando l’età anagrafica proprio come FR, introducendo il concetto di “età vascolare” la suddivisione potrà essere fatta in categorie diverse, che in sostanza assimilano un soggetto con fattori di rischio presenti ad uno che, senza quei fattori, ha un rischio paragonabile in funzione della sola età anagrafica11. In pratica, è come dire che un soggetto di 40 anni, che fuma e ha pressione e colesterolo alti, ha un rischio pari a quello di un 60enne che non ha quei fattori di rischio ma ha 20 anni di più (“età anagrafica” confrontata con l’”età biologica”): in tal modo, l’impatto comunicativo cambia sostanzialmente! Si tratta di un concetto non alternativo, ma solo additivo al calcolo del rischio cardiovascolare globale, facilmente comprensibile. Proprio il grande impatto comunicativo sulla popolazione e la possibilità di un miglioramento del parametro, conseguente all’aderenza alla terapia, potrebbe costituire un valido mezzo per potenziare la compliance del paziente nei confronti del trattamento non farmacologico e farmacologico dei diversi fattori di rischio. Figura 5: SCORE ed età vascolare BIBLIOGRAFIA e SITOGRAFIA: 1. Lawes CMM et al., Lancet 2008; 371: 1513-1518 2. Cooney MT et al., J Am Coll Cardiol 2009;54:1209–27 3. Allan GM et al., Circulation. 2013;127:1948–1956 4. Anderson KM et al., Am Heart J 1991;121:293– 8. 5. Wilson PW et al., Circulation 1998;97:1837– 47 6. http://cvrisk.mvm.ed.ac.uk/calculator/calc.asp 7. http://www.cuore.iss.it 8. European Heart Journal (2011) 32, 1769–1818 9. http://www.heartscore.org/eu/Pages/low.aspx 10. D’Agostino et al., Circulation. 2008;117:743-753 11. Cuende JL et al., Eur Heart J. 2010 Oct;31(19):2351-8 14
4. SESSO FEMMINILE E RISCHIO CARDIOVASCOLARE Epidemiologia e dati scientifici Le donne sono affette da patologie dell’apparato CV con intensità e gravità talora superiori all’uomo. In Europa le malattie CV, considerando ictus e cardiopatia ischemica, rappresentano la prima causa di morte nelle donne con una percentuale significativamente superiore a quella raggiunta nella popolazione maschile e cioè nel 45% verso il 38% secondo l’European Cardiovascular Disease Statistics 2008 (1) (figure 1 e 2). In Italia, con percentuali inferiori, la situazione è sovrapponibile. Fig 1. Mortalità femminile(dati European Cardiovascular Disease Statistics 2008) Fig 2. Mortalità maschile (idem) Nel 2005 secondo il Registro nazionale italiano degli eventi coronarici maggiori del Gruppo di Ricerca del Progetto Registro per gli Eventi Coronarici e Cerebrovascolari, tale percentuale è significativamente superiore a quella dovuta ai tumori, che è pari al 24% (2). L’andamento della mortalità per cardiopatia ischemica (CI) risulta in ascesa fino alla metà degli anni ’70, immodificata fra il 1976 e il 1978 e successivamente in lenta e graduale discesa con tassi di mortalità più elevati nella Italia Settentrionale e più bassi nell’Italia Centrale e Meridionale con una differenza molto elevata all’inizio degli anni ’70 che si riduce gradualmente negli ultimi anni in ragione di una progressiva “omogeneizzazione” verso stili di vita più uniformi. Diversi sono i fattori riconducibili alla riduzione della mortalità per la CI, fra questi: il miglioramento delle terapie in fase acuta dell’infarto del miocardio (IMA), il miglior controllo farmacologico della pressione arteriosa e della colesterolemia e la diffusione nella popolazione di stili di vita più salutari. Il trend di mortalità degli eventi cerebrovascolari dal 1970 al 2002 mostra nelle donne un graduale decremento con la sola eccezione delle regioni del Sud; non è evidente un gradiente Nord-Sud, mentre è possibile identificare nel meridione alcune aree in cui il fenomeno si manifesta con maggiore intensità. Alla base della riduzione della mortalità vi è, verosimilmente, l’introduzione e progressivo affermarsi nella popolazione di una efficace terapia antipertensiva. I dati del 2004 del Registro Nazionale degli Eventi Coronarici e Cerebrovascolari dell’Osservatorio Epidemiologico Cardiovascolare Italiano (3) mostrano che il tasso di eventi coronarici totali (fatali e non) risulta superiore negli uomini rispetto alle donne, coerentemente con quanto riportato in altri Paesi, dove il genere femminile risulta avere un “vantaggio” in termini di incidenza inferiore di eventi coronarici, specie in età premenopausale, con un “ritardo” di circa 10 anni rispetto all’incidenza maschile. Tale vantaggio pare annullarsi dopo i 75 anni, secondo il Women’s Health Study pubblicato ugualmente nel 2004 (4). Ulteriori dati sulle malattie CV in generale nella donna derivano nel 2010 dall’Osservatorio epidemiologico cardiovascolare/Health examination survey (Oec/Hes) (5): il 5.8% delle donne (età 45-74 anni) è risultato affetto da angina pectoris, il 3% da claudicatio intermittens, l’1.5% da 15
ipertrofia ventricolare sinistra, l’1.3% da fibrillazione atriale, l’1.2% da ictus, l’1.2% da TIA e lo 0.8% da infarto. Nella donna in età post-menopausale la cardiopatia ischemica (CAD) è la prima causa di morte e di ospedalizzazione con tasso pari al 39% dei decessi nel sesso femminile contro il 32% dei decessi nel sesso maschile negli Stati Uniti e, in Italia, con un tasso di mortalità del 46.8% contro il 37.5% (6). La minore incidenza di eventi CV nelle donne in età fertile è associata agli effetti protettivi esercitati dagli estrogeni, caratterizzati da: − azione antiossidante − inibizione della proliferazione cellulare − miglioramento della funzione endoteliale e dell’equilibrio emostatico − modulazione favorevole del sistema renina-angiotensina-aldosterone (RAA) − riduzione dei livelli di LDL, LP (a), APO A1 - APO B e aumento HDL. Per lungo tempo è stata opinione comune che le malattie CV fossero un problema tipicamente maschile o comunque che interessassero le donne nelle stesse modalità e fossero quindi da curare come negli uomini. Tutto ciò ha assunto particolare rilievo sul piano epidemiologico, diagnostico e di programmazione sanitaria, in quanto l’aspettativa di vita media nella donna è comunque maggiore, ma il rapporto costo/benefici degli atti medici è inferiore a quello dell’uomo e vi è stata dispersione di risorse nel tentativo di adattare alla donna quello che è efficace nell’uomo, dal punto di vista sia diagnostico che terapeutico. Finora le donne sono state sottostudiate (figura 3), sottodiagnosticate e sottotrattate, anche se finalmente adesso le società scientifiche internazionali stanno dimostrando nei confronti di questo campo della medicina un interesse sempre maggiore. Oggi sappiamo che sono necessari studi dedicati per comprendere meglio le specificità delle malattie CV femminili e trattamenti più mirati dei fattori di rischio delle donne per migliorarne l’assistenza. Figura 3 Fattori di rischio Si possono suddividere in: tradizionali, emergenti e correlati al genere. I fattori di rischio CV tradizionali e cioè età, storia familiare, diabete, ipertensione arteriosa, tabagismo, dislipidemia, obesità ed inattività fisica sono comuni ad entrambe i sessi, ma presentano peculiarità quali-quantitative tipiche delle donne: è maggiore il rischio relativo di sviluppare diabete, ipertrigliceridemia e bassi valori di colesterolo HDL ed è maggiore anche il rischio di sviluppare patologie CV ad essi correlato a parità di fattori di rischio. Per quanto riguarda il diabete, la mortalità per CAD è 3-5 volte maggiore nella donna diabetica (7) rispetto alla non diabetica, mentre negli uomini l’incremento del rischio è di 2-3 volte. 16
Attualmente la prevalenza dell’ipertensione arteriosa (8) aumenta con l’età: 22% sotto i 45 anni, 40% tra 50 e 60 anni, oltre il 50% sopra i 60 anni (il 18% è in condizione borderline) e nella donna vi è maggior associazione tra ipertensione e CAD (aumento del rischio 3.5 volte rispetto ai maschi). Anche l’obesità (definita come BMI>29 kg/m2), riscontrabile nel 30-40%delle donne in menopausa, determina nella donna un rischio tre volte maggiore di CAD rispetto all’uomo. Si associa attualmente ad insulino-resistenza, aumento delle LDL, del catabolismo delle HDL e del colesterolo totale (superiore a 200) presenti e/o corretti nel 72% della donne in menopausa (5) e ad inattività fisica, riscontrabile nel 48% di esse (9). Il tabagismo è in crescita, soprattutto nelle donne sotto i 35 anni (10), contribuisce ad una menopausa precoce e agisce sinergicamente con l’uso dei contraccettivi orali. Recentemente si sono presentati marcatori rappresentanti fattori di rischio CV emergenti. Di essi la proteina C reattiva ad alta sensibilità (PCR-hs), è un fattore indipendente predittivo di CI come dimostrato nelle donne del Women’s Health Study (4). Le donne con livelli di PCR nel quartile più alto, hanno mostrato nei 3 anni di follow-up un rischio di malattie CV da 5 a 7 volte più elevato rispetto ai quartili inferiori. Altri markers infiammatori con possibili ricadute sul sistema CV sono la interleuchina 6 (IL-6) ed il fibrinogeno. Il valore predittivo dei diversi markers infiammatori nella donna potrebbe essere indicativo di una possibile differenza nella fisiopatologia dell’aterosclerosi legata al genere. Inoltre le donne sono con maggiore frequenza (da 2 a 50 volte di più) affette da patologie infiammatorie su base autoimmune (artrite reumatoide, lupus eritematoso sistemico, tiroiditi, sindromi di Raynaud e Takayasu) rispetto agli uomini (11). Un’alterata vasodilatazione endotelio-mediata, indice di disfunzione endoteliale, può essere assimilata a un fattore di rischio di nuova identificazione o alternativamente ad una misura surrogata di malattia aterosclerotica subclinica in donne a rischio come quelle in menopausa, ancora asintomatiche. In particolare, la misura della vasodilatazione endotelio-dipendente, calcolata come “vasodilatazione flusso-mediata” sull’arteria brachiale con metodi diagnostici non invasivi, specificatamente l’ultrasonografia, si è rivelata un indice importante per la valutazione della cosiddetta “panarterial vulnerability” cioè la vulnerabilità dell’apparato vascolare, che permette una maggiore incidenza di eventi cardiaci acuti in presenza di placche aterosclerotiche. Tra l’altro, questo parametro è risultato buon predittore di rischio CV in numerosi studi (12). Un’altra condizione tipicamente femminile, l’ipovitaminosi D, è associata ad un aumento del rischio cardiovascolare per aumento dei valori pressori, formazione di calcificazioni vascolari e cardiopatia ischemica (13). La sindrome metabolica (SM) esercita un peso più rilevante come fattore di rischio specialmente nella menopausa, periodo in cui le diverse componenti della sindrome metabolica si presentano più spesso in associazione (14). Nella popolazione italiana, il 22.9% delle donne è risultato affetto da sindrome metabolica. Infine è rilevante ricordare l’impatto dello status psico-sociale sulle malattie CV e sulla CI in particolare. Tale impatto appare superiore nelle donne rispetto agli uomini per vari fattori contingenti: le donne vivono più spesso in condizioni economiche inferiori agli uomini di pari età, un maggior numero di donne sopravvive ai propri partner, vivendo quindi in solitudine e fattori comportamentali quali tabagismo, obesità, scarso esercizio fisico e depressione sono più frequenti nelle donne, specialmente dopo la menopausa. Alcuni fattori di rischio CV sono correlati al genere e, quindi, propri della donna: ipertensione gestazionale, pre-eclampsia/eclampsia, ovaio policistico, ipoestrogenismo di natura ipotalamica e naturalmente la menopausa. Linee Guida per la prevenzione delle malattie CV nelle donne La prevenzione CV può essere articolata su due livelli di intervento: un intervento di popolazione, con l’obiettivo di promuovere stili di vita adeguati a diminuire il livello medio dei fattori di rischio principali nella popolazione generale, ed un intervento individuale, basato sulla conoscenza del 17
singolo paziente e sulla correzione/controllo dei suoi specifici fattori di rischio attraverso lo stile di vita e quando necessario attraverso il trattamento farmacologico. In entrambe i casi le Linee Guida sono uno degli strumenti attraverso i quali possiamo cercare di raggiungere i nostri obiettivi. Nelle Linee Guida della European Society of Cardiology (ESC) “per la prevenzione cardiovascolare nella pratica clinica” del maggio 2012 (15) lo spazio dedicato alle donne è notevolmente limitato e ridotto rispetto alla versione precedente: la prevenzione delle malattie CV nella popolazione femminile è collocata, insieme a quella della popolazione anziana, nel breve paragrafo “Age and gender” in cui si raccomanda solo di includere le donne (come le persone anziane) nella valutazione del rischio CV nella stessa modalità di altri gruppi al fine di determinare la necessità di specifici trattamenti. Il tutto pur essendo chiaramente riportato che le malattie CV sono la prima causa di morte nella popolazione femminile in tutte le nazioni dell’Europa per le donne sotto i 75anni (42%) in misura superiore a quella degli uomini (38%). I minori tassi di decesso per coronaropatia (ma non per stroke) possono essere interpretati come un effetto protettivo degli estrogeni endogeni, anche se esistono tra le nazioni differenze che possono essere meglio spiegate da differenze tra i due sessi nell’assunzione di grassi saturi con la dieta (piuttosto che da un eccesso di fumo nell’uomo). La mortalità CV non incrementa nelle donne in seguito alla menopausa, suggerendo quindi che le donne possono differire il loro rischio piuttosto che evitarlo completamente. Le linee guida ESC consigliano le donne di adeguarsi ai suggerimenti di un aggiornamento del 2010 delle linee guida della l’American Heart Association AHA per la prevenzione della malattie CV nelle donne (16), in particolare modo all’uso del Framingham score. Si definisce una categoria di “salute cardiovascolare ideale”, cioè con assenza di fattori di rischio aggiunti, BMI < 25kg/m², regolare attività fisica da moderata a vigorosa e dieta salutare. Come esempio, le linee guida ESC citano lo studio Women’s Health Initiative, in cui solo il 4% delle donne delle donne fu compreso in questo stato ideale e un ulteriore 13% non ebbe fattori di rischio ma trascurò di seguire uno stile di vita salutare: ci fu una differenza del 18% di maggiori eventi di malattie CV in favore dell’ideale stile di vita verso il gruppo senza fattori di rischio e cioè rispettivamente 2.2% e 2.6% nell’arco di 10 anni. Nel 2011 l’AHA ha emanato una nuova versione delle Linee Guida per la prevenzione CV nelle donne (17). Si conferma la stratificazione delle donne in 3 gruppi: “ad alto rischio”, “a rischio”, “a rischio ottimale/ideale”. La categoria a “rischio ottimale”, che corrisponde alla assenza di fattori di rischio, è stata introdotta per motivare le donne ad adottare o mantenere gli stili di vita più salutari, capaci di minimizzare il rischio modificabile. Seguendo la flow-chart si identifica la classe di rischio nella quale si colloca la donna ed attraverso step successivi si definiscono le azioni da intraprendere: interventi sullo stile di vita, interventi sui maggiori fattori di rischio, interventi farmacologici ad azione preventiva ed a dimostrata efficacia. Gli interventi farmacologici, indicati con il rispettivo livello di evidenza, comprendono: terapia della ipertensione arteriosa, terapia della ipercolesterolemia, impiego di betabloccanti, ACE-inibitori/sartani, farmaci antialdosteronici, acido acetilsalicilico (ASA), warfarin e dabigatran. A parte sono invece segnalati gli interventi non efficaci o addirittura dannosi: terapia ormonale sostitutiva, supplementi a base di antiossidanti, acido folico e ASA nella donna di età inferiore a 65 anni. BIBLIOGRAFIA e SITOGRAFIA: 1. European Cardiovascular Disease Statistics 2008, http://www.ehnheart.org 2. Gruppo di Ricerca del Progetto Registro per gli Eventi Coronarici e Cerebrovascolari. Registro nazionale italiano degli eventi coronarici maggiori: tassi di attacco e letalità nelle diverse aree del paese. Ital Heart J 2005; 6 (Suppl. 10): 667-673 3. Osservatorio Epidemiologico Cardiovascolare Italiano. Ital Heart J 2004; 5 (Suppl. 3): 42S-92S 4. Albert MA, Glynn NJ, Buring J, et al. C-reactive protein levels among women of various ethnic groups living in the United States (from the Women’s Health Study). Am J Cardiol 2004; 93: 1238-1242 5. Vanuzzo D. la Noce C, Pilotto L, et al. Osservatorio Epidemiologico Cardiovascolare 2008-2011: primi risultati. G Ital Cardiol 2010; 11 (5 Suppl 3): 25S-30S 6. Mendelsohn ME, Karas B. The protective effects of extrogen on the cardiovascular system. N Engl J Med 1999; 340: 1801 7. Kennel WB, Sorlie P, MC Namara PM. Prognosis after myocardial infarction. The Framingham Study.AM J Cardiol 1979; 44: 53. 18
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