RASSEGNA STAMPA TEMATICA* 20 - 31 marzo 20 *realizzata in collaborazione con

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INDICE

20.03.20 QUALENERGIA
Il calo delle polveri sottili in Veneto e Lombardia da
riscaldamento a legna e pellet

22.03.20 IL FATTO QUOTIDIANO
La Lombardia “I pm10 non c’entrano”

22.03.20 RAI NEWS
Coronavirus, lo smog aumenta la diffusione? E’ polemica
tra esperti

22.03.20 REPUBBLICA
Coronavirus e smog, è l’ora delle polemiche: “Chiari
legami”. “No, non è vero”

23.03.20 3B METEO
Coronavirus e ambiente: la lotta al Covid-19 ha davvero
abbattuto l’inquinamento in Valpadana?

23.03.20 L’ESPRESSO
“Inquinamento in Italia, 60 mila morti l’anno. Ma oggi non
c’è alcun nesso certo col virus”

23.03.20 GAZZETTA DI PARMA
Smog ed epidemia. Un’ipotesi non verificata

23.03.20 IL SECOLO XIX
Inquinamento e PM10 rendono più pericolosa la Covid-19:
così statistiche e dati spiegano il contagio al nord

23.03.20 NUOVA ECOLOGIA
Stop al traffico in Pianura Padana, in graduale diminuzione
il traffico di azoto

23.03.20 PANORAMA
Il Coronavirus abbatte traffico e inquinamento: i dati
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25.03.20 REPUBBLICA
Salute, ma non solo: quanto ci costa l’inquinamento

26.03.20 IL FATTO QUOTIDIANO
Coronavirus, non si sa se l’inquinamento c’entri col
contagio. Ma di certo ci insegna una cosa

26.03.20 IL MANIFESTO
Gli scenari della riconversione energetica dopo la riduzione
del consumo dei combustibili fossili causata dal virus

28.03.20 IL GIORNALE
Tutta la verità sulla relazione tra Covid-19 e l’inquinamento

29.03.20 IL SOLE 24 ORE - Domenica
La nostra casa brucia meno
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! 20 Marzo 2020   / " Tags: AIEL, emissioni biomasse, riscaldamento a biomassa, stufe e caldaie a pellet e
legna

Il calo delle polveri sottili in Veneto e
Lombardia da riscaldamento a legna e
pellet
AIEL – Associazione Italiana Energie Agroforestali

 AIEL spiega che dal 2006 al 2018 in Veneto la riduzione di PM10 da impianti a
 biomassa si è ridotta del 35% e in Lombardia del 30%. Per la qualità dell’aria è
 importante continuare con la sostituzione degli impianti obsoleti con
 apparecchi moderni e più performanti.

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Da più di venti giorni, le concentrazioni di PM10 rilevate dalle centraline di analisi della
qualità dell’aria in Veneto risultano piuttosto basse.

Un calo positivo, che appare evidente guardando le mappe dell’Arpa Veneto: dal 25
febbraio 2020, infatti, in tutta la regione, si registra un livello di allerta verde (livello 0)
che segnala basse concentrazioni di sostanze inquinanti nell’aria.

ARPAV ha spiegato come questa diminuzione non sia dovuta tanto alla riduzione del
traffico e delle attività produttive e commerciali causata dalle misure di emergenza
legate a COVid-19, quanto a favorevoli condizioni metereologiche.

Nelle ultime due settimane una serie di impulsi perturbati, giunti dopo quasi un mese
e mezzo di stabilità atmosferica e scarsità di precipitazioni, hanno favorito la
dispersione degli inquinanti, abbassando significativamente le loro concentrazioni.

Le restrizioni alla circolazione delle persone legate all’emergenza COVid-19, hanno
impattato principalmente sulle emissioni di ossidi di azoto e di particolato
secondario (legato alla formazione di polveri sottili in atmosfera da inquinanti primari,
come gli ossidi di azoto e l’ammoniaca).

Per quanto riguarda invece il particolato atmosferico primario, una percentuale
significativa di PM10 continua ad essere emessa dal settore del riscaldamento civile.

Consapevole della complessità del tema e della necessità di evitare semplificazioni,
AIEL ritiene necessario adottare uno sguardo di lungo periodo per affrontare il
problema, attraverso misure strutturali in grado di abbassare stabilmente il livello
inquinamento nell’atmosfera, senza illusioni o aspettative poco realistiche.
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Che cosa può fare dunque il comparto del riscaldamento domestico a biomasse
per contribuire ad una diminuzione strutturale delle emissioni in atmosfera?

Recenti elaborazioni di AIEL e i risultati dello studio sul consumo residenziale di
biomasse legnose nel Bacino Padano, realizzato da ARPA Veneto nell’ambito del
progetto europeo “PrepAIR” danno una prima risposta al quesito. Dai dati emerge che
la progressiva riduzione delle emissioni derivanti dal consumo energetico delle
biomasse legnose sia il risultato di un fenomeno di riduzione strutturale che prosegue
ormai da qualche anno.

Per quanto riguarda il Veneto, l’Osservatorio AIEL ha rilevato un calo del consumo
finale di legna da ardere, passato dalle 2,13 Mt del 2006 (APAT-ARPAL 2006 Veneto), a
1,87 Mt nel 2013 (ARPA Veneto 2013) fino a 1,52 Mt rilevate dal Progetto PrepAIR nel
2018.

Si tratta, in termini energetici (PJ), di un calo di quasi il 30%. Nello stesso arco di tempo,
si è registrato, sempre in Veneto, un aumento complessivo del numero di
generatori piuttosto limitato (+5%), ma con una crescita importante degli
apparecchi più performanti alimentati a pellet, che hanno progressivamente sostituito
altre tecnologie più obsolete, meno efficienti e quindi con maggiori emissioni.

Questi dati indicano chiaramente come si sia messo in moto negli ultimi anni un
processo di modernizzazione del parco installato, che ha portato, dal 2006 al 2018, ad
un calo stimato intorno al 35% del livello di polveri sottili (PM10) imputabili al
riscaldamento domestico a biomasse.

Tale miglioramento è in gran parte riconducibile al turn-over tecnologico e alla
modernizzazione del parco generatori a biomasse installato. Infatti, la parte
prevalente delle emissioni imputabile al riscaldamento a biomasse proviene dagli
impianti esistenti installati oltre 10-15 anni fa, caratterizzati da una tecnologia di
combustione superata e non più compatibile con il processo di miglioramento della
qualità dell’aria.

L’effetto positivo del turnover tecnologico è evidente nelle statistiche della qualità
dell’aria non solo del Veneto ma anche della Lombardia.

In Lombardia, dove si consuma oltre il 10% della biomassa legnosa impiegata nel
settore residenziale (Gse, 2019), i dati ARPA evidenziano come nell’arco di 8 anni, le
emissioni di particolato attribuite al settore del riscaldamento domestico a biomassa,
a fronte di un numero di apparecchi domestici installati pressoché invariato (circa
600.000 unità), si siano ridotte del 30% circa.

Una parte del miglioramento è legato anche alla crescita della qualità dei
biocombustibili, in particolare il pellet, grazie al consolidamento in Italia di ENplus®,
nonché al miglioramento della qualità delle installazioni, dovuta alla maggiore
professionalizzazione degli installatori e dei manutentori degli impianti.
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Per sostenere e promuovere il turn-over tecnologico esiste il Conto Termico:
nonostante questo sistema incentivante sia ancora poco utilizzato, i suoi effetti
ambientali sono evidenti.

Nel 2017, a fronte di poco più di 23.400 interventi di sostituzione incentivati, è stato
possibile garantire una mancata emissione in atmosfera di 1.100 tonnellate annue
di particolato (PM) e di circa 80.000 tonnellate annue di CO2 equivalente (Gse, 2018 –
pdf). L’effetto di riduzione del PM10 nel settore dei generatori a biomasse è
sicuramente in aumento, se si considera che nel 2019 sono stati incentivati dal Gse
quasi 70.000 interventi di sostituzione di vecchi generatori a biomasse.

L’utilizzo di stufe domestiche a biomassa vecchie e inefficienti è limitato già da tempo:
ad esempio, nelle regioni del bacino padano sono in vigore misure strutturali che
hanno vietato l’utilizzo di generatori fino a 2 stelle dal 2018 e fino a 3 stelle a partire dal
1° gennaio 2019 (Certificazione ambientale dei generatori di calore alimentati a
biomasse combustibili solide prevista dal Decreto 7 novembre 2017 n. 186 del
Ministero Ambiente, che classifica le prestazioni degli apparecchi in 5 classi di qualità
da 1 a 5 stelle).

A partire dal 1° gennaio 2020 nelle quattro Regioni del Bacino Padano che hanno
sottoscritto l’Accordo con il Ministero dell’Ambiente, possono essere installati solo
generatori con almeno 4 stelle. Infine, in questo territorio è consentito unicamente
l’utilizzo di pellet di legno certificato in classe A1, la classe di qualità maggiore.

Una strategia corretta per migliorare la qualità dell’aria coinvolge anche i consumatori
orientandoli a scegliere tra gli oltre 2.600 modelli di generatori altamente efficienti
certificati ariaPulita®, certificazione di qualità che permette un’oggettiva e facile
distinzione qualitativa dei generatori di calore a legna e pellet, verificandone l’idoneità
ad assicurare specifiche prestazioni in un’ottica di contenimento delle emissioni
atmosferiche.

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Coronavirus, lo smog aumenta                                                                                              PER COVID'

la diffusione? E' polemica tra                                                                                             CORONAVIRUS, DIMESSO IL

esperti                                                                                                                   'PAZIENTE 1': "DA QUESTA
                                                                                                                          MALATTIA SI PUÒ GUARIRE,
                                                                                                                          STATE A CASA"
Uno studio accademico sostiene la correlazione tra Pm10 e aumento della
diffusione del virus. Altri esperti in campo di inquinamento da aerosol
replicano: non è stata provata                                                                                            CORONAVIRUS, IN
                                                                                                                          LOMBARDIA CALANO
                                                                                                                          MORTI E POSITIVI. GALLERA:

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                                                                                                                          POSITIVA"

                                                         22 marzo 2020
                                                                                                                          CORONAVIRUS, GALLERA:
                                                         La correlazione tra smog e la diffusione del                      "DA IERI 1.555 NUOVI CASI E
                                                         Coronavirus esiste oppure no? L'argomento                        320 MORTI, SI CONFERMA
                                                                                                                          TREND IN CALO'"
                                                         è oggetto di discussione accademica.

                                                         Esperti e ricercatori della Società Italiana di
                                                         Medicina Ambientale (SIMA), Università di                        VENETO, TEST TAMPONI
                                                         Bari (UniBa) e Università di Bologna (UniBo),                    DIRETTAMENTE IN AUTO
                                                         sono gli autori di un 'position paper',
                                                         pubblicato nei giorni scorsi, in cui si
                                                                                                           v
                                                         evidenzia una correlazione tra la presenza di
                                                         particolato atmosferico (Pm10)
 Calo smog in Cna (Nasa)                                 nell'aria e la diffusione del coronavirus in
                                                         determinate aree del Paese.                        TAG

Conclusioni ancora non dimostrate
                                                                                                            CORONAVIRUS       PM10       SMOG
La Società italiana di aerosol, invece, ritiene che questa correlazione non sia stata provata. E con
una nota, firmata da 70 scienziati di vari enti e istituzioni, afferma: "Ad ora non è stato dimostrato
                                                                                                            INQUINAMENTO       RICERCA
alcun effetto di maggiore suscettibilità al contagio al Covid-19 dovuto all'esposizione alle polveri
atmosferiche" e "si ritiene che la proposta di misure restrittive di contenimento dell'inquinamento"
sia, "allo stato attuale delle conoscenze, ingiustificata".
                                                                                                           GUARDA ANCHE
La società (tra i suoi soci circa 150 ricercatori esperti sulle problematiche del particolato
atmosferico) sostiene che è noto che l'esposizione aumenta la suscettibilità a malattie respiratorie
croniche e cardiovascolari e che queste alte concentrazioni sono frequentemente osservate                                 CORONAVIRUS, DAL
                                                                                                                          MONDO LE IMMAGINI CHE
soprattutto nella pianura Padana, in inverno, "tuttavia, ad ora non è stato dimostrato alcun effetto
                                                                                                                          RACCONTANO LA VITA
di maggiore suscettibilità al contagio" dovuto alle polveri.                                                t             QUOTIDIANA NELLA
                                                                                                                          PANDEMIA
E' quindi possibile che alcune condizioni meteo - bassa temperatura e l'elevata umidità - possano          MONDO

creare un ambiente che favorisce la sopravvivenza del virus, ma "la covarianza fra condizioni di
scarsa circolazione atmosferica, formazione di aerosol secondario, accumulo di Pm in prossimità
                                                                                                                          CORONAVIRUS, HONG
del suolo e diffusione del virus non deve, tuttavia, essere scambiata per un rapporto di causa-                            KONG VIETA ALCOLICI:
effetto", conclude la Società aerosol.                                                                                     "AIUTANO A
                                                                                                            t             FRATERNIZZARE". DUE
                                                                                                                          SETTIMANE DI STOP A
La controreplica degli autori                                                                                             STRANIERI
"Nessuna ipotesi fantasiosa. Il 'position paper'che abbiamo pubblicato parte da evidenze                   MONDO
scientifiche riportate in numerosi studi di letteratura in merito. Molte ricerche hanno messo in
relazione la velocità di diffusione dei contagi virali con le concentrazioni di particolato atmosferico,
che può costituire un efficace vettore per il trasporto, la diffusione e la proliferazione delle infezioni                   CORONAVIRUS. NELLE
                                                                                                                          STRADE VUOTE RESTANO I
virali".                                                                                                                  SENZATETTO,
                                                                                                            t             UN'EMERGENZA GLOBALE.
Lo sottolineano, in una nota congiunta gli autori del 'position paper': esperti e ricercatori della                       LE IMMAGINI DALLE CITTÀ
Società italiana di medicina                                                                               MONDO

ambientale, Università di Bari e di Bologna.
                                                                                                                          CORONAVIRUS, CNN:
"Il nostro studio - replicano - è condotto con metodo scientifico, basandosi su evidenze. La                               "ITALIA HA CHIESTO AIUTO
correlazione è presente. Che i virus si diffondano nell'aria trasportati dalle polveri trova riscontro                     AL PENTAGONO". GIÀ
                                                                                                            t             ARRIVATI AIUTI DA RUSSIA E
nella letteratura scientifica. Come trova riscontro il fatto che restino attivi per diverse ore. Perciò è
                                                                                                                          CUBA
importante ribadire che in condizioni di alte concentrazioni di particolato - avvertono - un metro di      MONDO
distanza tra le persone è necessario, ma potrebbe non bastare, sia in ambienti outdoor che
indoor".
                                                                                                           VENEZIA, L'ACQUA DEI CANALI È TORNATA
RASSEGNA STAMPA TEMATICA* 20 - 31 marzo 20 *realizzata in collaborazione con
LIMPIDA. SI VEDONO I PESCI
"Occorre ridurre le emissioni al minimo e aumentare le distanze tra le persone al massimo                                            ITALIA

avvertono - occorre limitare i contatti al minimo
in termini di frequenza e numerosità. D'accordo con le Arpa, che dicono che non basta solo                            t
fermare le auto, non è solo così che si riduce il Pm10: abbiamo più volte messo in evidenza il ruolo
della meteorologia e della necessità di fermare o ridurre anche le altre potenziali sorgenti".

"Certo lo studio scientifico va completato, la correlazione non significa incontrovertibile causalità",
puntualizzano.

L'inquinamento scende
Intanto, come rilevato anche dall'Esa, l'Agenzia spaziale europea, la riduzione di traffico e attività
industriali ha fatto scendere il livello di sostanza inquinanti sulla Pianura padana. Un fenomeno
osservato anche in Cina dai satelliti della Nasa.

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Medicina E Ricerca
                                                                 informazione pubblicitaria

  Coronavirus e
  smog, è l'ora delle
  polemiche: "Chiari
  legami". "No, non è
  vero"

                                                                (archivio)

La correlazione tra le correlazioni tra concentrazione di particolato sembra essere provata. "Può costituire un
efficace vettore per il trasporto, la diffusione e la proliferazione delle infezioni virali". Ma non tutti gli studiosi
sono d'accordo

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BOLOGNA - La correlazione tra la concentrazione di smog nelle città e la diffusione del Coronavirus sembra essere provata. Anche se non
tutti gli studiosi sono d'accordo. Ecco le loro posizioni.

Chiare evidenze tra Pm10 e diffusione dell'epidemia

"Nessuna ipotesi fantasiosa", ribadiscono gli scienziati. "Il position paper che abbiamo pubblicato parte da evidenze scientifiche riportate in
numerosi studi di letteratura in merito. Molte ricerche hanno messo in relazione la velocità di diffusione dei contagi virali con le
concentrazioni di particolato atmosferico, che può costituire un efficace vettore per il trasporto, la diffusione e la proliferazione delle infezioni
virali". La sottolineatura arriva da una nota congiunta di esperti e ricercatori della Società italiana di medicina ambientale (Sima), Università
di Bari (UniBa) e di Bologna (UniBo), autori di un position paper pubblicato nei giorni scorsi, in cui si evidenzia "una correlazione tra la
presenza di particolato atmosferico nell'aria e la diffusione del coronavirus in determinate aree del Paese". Una correlazione che, secondo
molti addetti ai lavori, non avrebbe evidenza scientifica.
MEDICINA E RICERCA
                                    Coronavirus, lo smog accelera il contagio? Non è vero, anzi sì
                                    DI IRMA D'ARIA

"Il nostro studio - replicano - è condotto con metodo scientifico, basandosi su evidenze. La correlazione è presente. Che i virus si diffondano
nell'aria trasportati dalle polveri trova riscontro nella letteratura scientifica. Come trova riscontro il fatto che restino attivi per diverse ore.
Perciò è importante ribadire che in condizioni di alte concentrazioni di particolato - avvertono - un metro di distanza tra le persone è
necessario, ma potrebbe non bastare, sia in ambienti outdoor che indoor".

"Occorre ridurre le emissioni al minimo e aumentare le distanze tra le persone al massimo avvertono - occorre limitare i contatti al minimo in
termini di frequenza e numerosità. D'accordo con le Arpa, che dicono che non basta solo fermare le auto, non è solo così che si riduce il
Pm10: abbiamo più volte messo in evidenza il ruolo della meteorologia e della necessità di fermare o ridurre anche le altre potenziali
sorgenti". "Certo lo studio scientifico va completato, la correlazione non significa incontrovertibile causalità", puntualizzano Alessandro
Miani, presidente Sima, Gianluigi de Gennaro (UniBa) e Leonardo Setti (UniBo).

"Nessuna correlazione dimostrata"

Di parere opposto la Società italiana di aerosol, che rilascia una nota firmata da 70 scienziati di vari enti e istituzioni. "Ad ora non è stato
dimostrato alcun effetto di maggiore suscettibilità al contagio al Covid-19 dovuto all'esposizione alle polveri atmosferiche" e "si ritiene che la
proposta di misure restrittive di contenimento dell'inquinamento" sia, "allo stato attuale delle conoscenze, ingiustificata".

La Società italiana di aerosol (Ias) interviene dopo la nota di alcuni ricercatori che invece avevano riportato una presunta associazione tra
inquinamento da particolato atmosferico (Pm) e diffusione del Covid-19. La Ias, dunque, che annovera tra i suoi soci circa 150 ricercatori
esperti sulle problematiche del particolato atmosferico provenienti da Università, Enti di Ricerca, Agenzie regionali e provinciali per la
protezione ambientale e dal settore privato ha deciso di esprimere un parere sulla base delle attuali conoscenze che, viene specificato
"sono ancora molto limitate e ciò impone di utilizzare la massima cautela nell'interpretazione dei dati disponibili".

Se è vero che l'esposizione, più o meno prolungata, ad alte concentrazioni di polveri aumenta la suscettibilità a malattie respiratorie cronich
e cardiovascolari e che questa condizione può peggiorare la situazione sanitaria dei contagiati, così come queste alte concentrazioni sono
frequentemente osservate nel nord Italia, soprattutto nella pianura Padana, in inverno, "tuttavia, ad ora non è stato dimostrato alcun effetto
di maggiore suscettibilità al contagio" dovuto alle polveri.

E' quindi possibile che alcune condizioni meteo, quali la bassa temperatura e l'elevata umidità atmosferica, possano creare un ambiente che
favorisce la sopravvivenza del virus, ma "la covarianza fra condizioni di scarsa circolazione atmosferica, formazione di aerosol secondario,
accumulo di Pm in prossimità del suolo e diffusione del virus non deve, tuttavia, essere scambiata per un rapporto di causa-effetto".

Quanto ipotizzato, dunque "dovrà essere accuratamente valutata con indagini estese ed approfondite". Nello stesso modo, "si ritiene che la
proposta di misure restrittive di contenimento dell'inquinamento come mezzo per combattere il contagio sia, allo stato attuale delle
conoscenze, ingiustificata, anche se è indubbio che la riduzione delle emissioni antropiche, se mantenuta per lungo periodo, abbia effetti
benefici sulla qualità dell'aria e sul clima e quindi sulla salute generale".

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alcuni inquinanti ma non di altri. Le restrizioni stanno però portando
a un maggiore impoverimento che per alcuni è legame di ancora più
vittime.
                                                                                                    Sponsor by

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                 (notizie-veloci)

          23 marzo 2020                                                                             tempo di lettura
          ore 6:00                                                                               5 minuti, 1 secondo
          di Manuel Mazzoleni                                                                           Per tutti

                                           Meteo - Inquinanti e Covid-19

LOTTA AL CORONAVIRUS RIDUCE L'INQUINAMENTO IN VAL PADANA, MA... Le
restrizioni imposte dal Governo italiano al fine di combattere la diffusione del virus COVID-
   2k
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   o Coronavirus hanno ridotto drasticamente il traffico sulle nostre strade, che in uno
scenario surreale risultano spesso libere da auto e incolonnamenti. A beneficiarne è anche
la qualità dell'aria. Le immagini del satellite artificiale Sentinel 5, del programma
europeo Copernicus, gestito da Commissione Europea e Agenzia Spaziale Europea (Esa)
hanno infatti mostrato una netta riduzione della concentrazione di NO2 o biossido di
Azoto in gran parte del Nord Italia e in particolar modo nel Catino Padano.

GLI OSSIDI DI AZOTO, DA DOVE ARRIVANO? Il biossido di Azoto rientra nella più vasta
categoria degli Ossidi di Azoto che in atmosfera vengono immessi sia da sorgenti naturali
(decomposizioni organiche anaerobiche che riducono i nitrati a nitriti che a loro volta in
ambiente acido formano acido nitroso che, essendo instabile, libera ossidi di azoto. Da
segnalare anche l'azione dei fulmini, gli incendi e le emissioni vulcaniche) che da sorgenti
antropiche. Tra queste la principale fonte è data dalle combustioni ad alta temperatura,
come quelle che avvengono nei motori degli autoveicoli (ma anche impianti di
riscaldamento, combustioni industriali, centrali di potenza, etc ): l'elevata temperatura che
si origina durante lo scoppio provoca la reazione fra l'azoto dell'aria e l'ossigeno formando
monossido di azoto. Si stima che in Italia vengano emesse in atmosfera circa 2 milioni di
tonnellate all'anno di ossidi di azoto, di cui circa la metà è dovuta al traffico degli
autoveicoli. Ecco perché la riduzione del traffico ha portato a una riduzione
significativa della concentrazione di NO2 in atmosfera, che ricordiamo è un gas tossico
di colore giallo-rosso, dall'odore forte e pungente e con grande potere irritante. Si stima
che gli ossidi di azoto contribuiscano per il 30% alla formazione delle piogge acide (il
restante è imputabile al biossido di zolfo e ad altri inquinanti). Lo si evince bene dalla
misurazione effettuate dalle centraline dell'ARPA Lombardia. Nonostante una settimana di
dominio dell'alta pressione (favorevole quindi all'accumulo di inquinanti in troposfera) la
concentrazione di NO2 nella giornata di venerdì 20 marzo era infatti quasi ovunque
sotto la soglia limite, con valori ben al di sotto dei 100 µg/m³. Sti stima infatti, sempre
secondo dati Arpa Lombardia, che la sorgente principale di NOx sia il trasporto su strada
con il 53%.

STESSO DISCORSO ANCHE PER IL PM10 E 2.5? Discorso diverso per il particolato fine, in
particolar modo il PM10 e il PM2.5. Ad inizio marzo molte centraline del Nord Italia avevano
misurato concentrazioni di polveri sottili ben al di sotto del limite consentito, un evento
sempre più raro per la Valpadana durante il periodo invernale. In molti pensavano che le
limitazioni al traffico e alla produttività fossero la causa principale di questa riduzione
significativa, cadendo tuttavia nell'errore comune di considerare questi come le principali
sorgenti di polveri sottili in atmosfera. È bastata una settimana di alta pressione per far
tornare la loro concentrazione oltre la soglia consentita. In Lombardia venerdì 20 il
PM10 registra valori sino a 53 µg/m³ a Milano, 60 µg/m³ a Vigevano, 61 µg/m³ a Crema, 56
µg/m³ a Lodi, mentre il PM2.5 toccava i 41 µg/m³ a Milano, 34 µg/m³ a Bergamo, 42 µg/m³ a
Brescia, tutti valori oltre il limite consentito. Le condizioni atmosferiche hanno
indubbiamente favorito il ristagno di particolato nei bassi strati ma nonostante le
limitazioni perché i valori sono saliti ancora così tanto? Perché la sorgente principale di
PM10, in particolar modo per la Lombardia, è la combustione residenziale che da sola
copre il 55% delle emissioni di PM10 primario. Il trasporto su strada copre il 23% seguito
dall'agricoltura con il 6% e altre sorgenti mobili con il 5%. Sempre secondo i dati Arpa
Lombardia tra gli elementi che rilasciano maggiormente particolato fine è la combustione
di biomasse legnose, sempre più in voga negli ultimi anni con il ritorno a caminetti e stufe,
specie quelle alimentate a pellets.
Sorgenti di emissione nel bacino padano. ARPA LOMBARDIA

Ma esiste una correlazione tra inquinamento e diffusione del virus COVID-19? Pare
che l'aria inquinata e in particolare le polveri sottili, favoriscano la virulenza di contagio da
Covid-19, una correlazione diretta sulla quale si stanno effettuando ancora studi e analisi.
Per maggiori dettagli CLICCA QUI

PIÙ RESTRIZIONI PORTANO A UN MAGGIORE IMPOVERIMENTO E QUINDI ANCORA PIÙ
MORTI - Secondo il parere di Jacopo Giliberto, giornalista dal 1982 nonché portavoce di
due ministri dell'ambiente negli anni 2012 e 2013, " il calo dell'inquinamento a parità di
tecnologie significa una cosa gravissima. Significa che in tutto il mondo ci saranno molti più
poveri, e questi nuovi poveri moriranno per l'impoverimento provocato dal virus. Tra
le più forti e devastanti correlazioni con le malattie e la mortalità, infatti, c'è la correlazione
con la povertà. Sono infiniti gli studi che correlano in modo diretto la ricchezza con la
salute e la lunghezza della vita e la povertà con la malattia e la brevità della vita. Ne è
l'esempio la crisi economica del 2008 che aveva prodotto in Europa un aumento immediato
delle malattie e della mortalità. Sempre secondo Gilberto la mortalità aumenta molto,
per esempio, nelle situazioni di paura diffusa, di panico collettivo, di incertezza sul
futuro. In queste situazioni cresce per esempio il numero di tumori, aborti e infarti. Ma
aumentano generalmente tutte le patologie nelle città colpite da terremoti, alluvioni o altri
fenomeni catastrofici. In questi casi cresce la quantità di persone che muoiono per le
conseguenze della paura generale, dell'ansia e dell'incertezza sul domani."
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Italia

Inquinamento e Pm10 rendono più pericolosa la Covid-19: così statistiche e dati
spiegano il contagio al Nord
Uno studio condotto dai ricercatori di una onlus e 2 università italiane, ripreso da
giornali americani e francesi, lega lo smog alla mortalità del coronavirus: ecco perché
potrebbero avere ragione

EMANUELE CAPONE
23 MARZO 2020                                     !"#$!"#$
Genova - “Perché in Italia si muore così tanto di Covid-19?”, si sono chiesti i giornali inglesi,
americani, canadesi (e pure Il Secolo XIX) nelle settimane scorse. Trovate le 3 ragioni principali,
è possibile che ci sia una concausa, che potrebbe avere fatto da “acceleratore” al contagio, e
soprattutto elevato il tasso di mortalità della pandemia nel nostro Paese.

E proprio di “boost” (impulso, accelerazione) parlano gli autori dello studio che ha portato
all’attenzione della stampa internazionale il probabile ruolo dell’inquinamento nel
rafforzamento del coronavirus in Italia, cioè i ricercatori della Società italiana di Medicina
ambientale e quelli delle Università di Bologna e Bari. La loro analisi, di cui fra 20 e 21 marzo
hanno scritto sia Forbes sia alcuni giornali francesi, parte da un dato: l’altissima
concentrazione di particolato nella vallata del Po fra il 10 e il 29 febbraio, con parecchi
superamenti della soglia di Pm10 stabilita per legge (la sigla sta per “particolato con
dimensione inferiore o uguale a 10 micrometri”, è quello emesso dalle auto).

  I superamenti delle soglie di Pm10 in Italia fra 10 e 29 febbraio 2020

L’ipotesi è che le pessime condizioni atmosferiche possano aver agito sia come vettore sia
come “potenziatore” del coronavirus: il Po scorre fra Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna e
Veneto, decisamente le 4 regioni italiane più colpite dal contagio, i primi focolai nel nostro
Paese sono stati trovati il 21 febbraio, praticamente in mezzo all’intervallo di date preso in
considerazione dai ricercatori, e sono stati trovati a Codogno e Vo’. Cioè in Lombardia e Veneto.
La curva di crescita del contagio in varie regioni italiane

Le altre sars e i pericoli per i fumatori
A dare ulteriore forza a queste conclusioni c’è il fatto che Wuhan, la città cinese da cui il
contagio sarebbe partito a fine 2019, è una delle più inquinate al mondo. E anche se
Alessandro Miani, presidente della Sima, ha spiegato che il loro studio è ancora in fase di
validazione, la correlazione fra smog e gravità delle sindromi respiratorie (perché la Covid-19 è
una “sars”, come abbiamo spiegato qui) è stata ribadita più volte: nel 2003, durante l’epidemia
della prima Sars in Cina, ricercatori cinesi e anche dell’americana Ucla trovarono che il tasso di
mortalità era più alto in zone con la qualità dell’aria più bassa (pdf).

Perché? Perché queste malattie colpiscono l’apparato respiratorio in generale e i polmoni in
particolare, dunque è abbastanza ovvio che abbiano via più facile in zone dove già
“normalmente” è più difficile respirare. O in persone che già faticano a respirare, come i
fumatori: dopo il divampare della Mers (un’altra sindrome respiratoria da coronavirus, che
colpì il Medioriente nel 2012), numerosi studi hanno dimostrato che chi aveva il vizio della
sigaretta aveva più probabilità non solo di contrarre la malattia, ma pure di morirne. Ed è
esattamente questo che starebbe accadendo con la Covid-19.

LEGGI ANCHE
(/)

  Milano deserta (Ansa)

Panorama (https://www.panorama.it/) | News (https://www.panorama.it/news/) | Il Coronavirus
abbatte traffico e inquinamento: i dati (https://www.panorama.it/news/salute/il-coronavirus-
abbatte-traffico-e-inquinamento-i-dati)

              SALUTE 23 Marzo 2020

    !

              Il Coronavirus
              abbatte traffico e
              inquinamento: i
              dati
              Autostrade e città deserte, fabbriche a ciclo ridotto; il Covid-19
              aiuta a migliorare la qualità dell'aria. E può essere un bene
              anche per la lotta al virus
Barbara Massaro (https://www.panorama.it/u/barbara-massaro)
  "

             Esiste un rapporto diretto tra inquinamento atmosferico e
(https://twitter.com/intent/tweet?
             diffusione del Coronavirus
                            Coronavirus. La scoperta è stata confermata
  #
             qualche giorno fa dai risultati di uno studio curato da un team
url=https://www.panorama.it/news/salute/il-
             di ricercatori italiani e medici della Società italiana di Medicina
(http://www.linkedin.com/shareArticle?
coronavirus-
  $          Ambientale (Sima). Gli studiosi hanno incrociato i dati del
mini=false&url=https://www.panorama.it/news/salute/il-
abbatte-
            periodo tra il 10 e il 29 febbraio.
(mailto:?
coronavirus-
traffico-    Da una parte del grafico hanno posto quelli provenienti dalle
subject=Il%20Coronavirus%20abbatte%20traffico%20e%20inquinamento%3A%20i%20dati&body=h
abbatte-     centraline di rilevamento delle Arpa, le agenzie regionali per la
  e-
coronavirus- protezione ambientale, dall'altra i dati del contagio da Covid-
traffico-
           19 riportati dalla Protezione Civile, aggiornati al 3 marzo,
inquinamento-
abbatte-
   e-        tenendo conto del ritardo temporale intermedio di 14 giorni
   i-
traffico-    pari al tempo di incubazione del virus. La conclusione è stata
inquinamento-che si evidenzia una relazione tra i superamenti dei limiti di
dati&text=Il%20Coronavirus%20abbatte%20traffico%20e%20inquinamento%3A%20i%20dati&)
  e-
             legge delle concentrazioni di Pm10 e PM2,5 e il numero di casi
  i-
           infetti da Covid-19.Se, quindi, l'inquinamento atmosferico
inquinamento-
 dati&)    favorisce la diffusione del contagio da Coronavirus potrebbe
i-dati)      essere altrettanto vero che la diminuzione sensibile delle
             polveri sottili nell'aria faciliti la battaglia mondiale contro il
             Covid-19.

             I nuovi dati che arrivano della missione Copernicus Sentinel-
             5P dell'Agenzia spaziale europea mostrano in maniera chiara
             come sopra la pianura padana – esattamente come accaduto in
             Cina – stia diminuendo in maniera sensibile la nuvola rossa di
diossido di azoto. Questa è la conseguenza più evidente del
rallentamento delle attività produttive e soprattutto degli
spostamenti privati responsabili del 70% dell'inquinamento
urbano da diossido d'azoto.

A Milano negli ultimi 10 giorni la concentrazione di PM10
nell'aria non ha mai superato la quota limite di 50 milligrammi
per metro cubo, mentre a metà gennaio il livello medio
giornaliero era tra i 79 e i 96 milligrammi. Nella prima metà di
febbraio le cose non sono cambiate e la concentrazione diaria
di polveri sottili era sempre compresa tra i 79 e i 92 mg/m3. I
dati che arrivano da Arpa Lombardia attualizzati agli ultimi 10
giorni evidenziano un sensibile crollo del PM10 sotto la
Madonnina. Il livello minimo è stato raggiunto il 13 marzo
quando non è mai stata superata una quota media di PM10 di 17
mg/m3 e il massimo d'inquinanti atmosferici sono stati rilevati
il 17 marzo quanto la centralina di Viale Marche ha segnato i 42
mg/m3. Lo stesso vale anche per altri focolai lombardi del
contagio.

La qualità dell'aria di Codogno, ad esempio, tra gennaio e
febbraio era pessima con livelli di PM10 costantemente sopra
quota 50. Tra il 10 e il 17 marzo, invece, il livello di PM10
nell'aria ha oscillato tra i 20 mg/m3 e i 44 mg/m3. A Bergamo,
nella stessa settimana, le polveri sottili hanno raggiunto un
massimo di 35 mg/m3 e un minino di 14 mg/m3 e a Brescia la
forbice è stata tra i 18 mg/m3 e i 44 mg/m3 del 17 marzo.

Ogni anno in Italia per le conseguenze dello smog muoiono
circa 34.000 persone ovvero quasi 100 al giorno. Si tratta di
decessi causati da patologie sviluppate a causa
dell'inquinamento come asma, polmoniti, patologie cardiache
e respiratorie. Le polveri sottili, infatti, rappresentano una
sorta di autostrada per virus e batteri che trovano negli
inquinanti un ottimo transfert per arrivare all'uomo e quanto
accaduto col Coronavirus non fa che confermare questo. Un
virus tanto potente e devastante come il Covid - 19 in ambienti
saturi di ossidi di azoto e polveri sottili ha trovato l'occasione
per deflagrare e diffondersi in tutta la sua potenza. In Cina in
primis, e poi in pianura padana, ma anche nella regione di
Madrid e in generale in tutte le zone a più alta concentrazione
di inquinanti. Si tratta delle aree dove sono stati registrati i
maggiori focolai nazionali di diffusione del Covid -19.

In questo senso l'arrivo della bella stagione e la drastica
diminuzione dell'inquinamento globale dovuto alle misure
nazionali di contenimento del contagio potrebbero favorire la
vittoria della battaglia "uomo contro Coronavirus".

La diminuzione del livello di polveri sottili nell'aria è coerente
e proporzionale al crollo del traffico urbano ed extraurbano in
pianura padana. L'esempio di Milano è lampante.

Se nelle prime due settimane d'emergenza il traffico privato
era diminuito del 15, 20% (i dati arrivano dall'Osservatorio
mobilità del Comune di Milano), nella terza settimana il calo è
stato del 63%. Ancora più drastica la riduzione dell'utilizzo dei
mezzi pubblici che già a inizio emergenza erano stati dimezzati
e ora segnano un calo del 90%.

Reggono i mezzi di servizi che, a fronte di una prima
diminuzione di circolazione del 10%, tra giovedì e venerdì della
scorsa settimana sono scesi al – 45%. E se il traffico nell'Aerea
B di Milano è diminuito del 60% nella terza settimana di
blocco, l'ingresso dei taxi nell'Area C è arrivato a scendere
dell'89% nelle ore serali.Interessante osservare la variazione
dell'utilizzo di mezzi di sharing o comunque alternativi a
autobus, tram e metropolitane. I dati dell'Osservatorio
Telepass, infatti, mostrano come a inizio emergenza, a fronte
della diminuzione nell'utilizzo dei mezzi pubblici, si era vista
un'impennata nell'utilizzo di forme alternative di spostamento
come i monopattini elettrici o scooter e bici in sharing. Il
Comune di Milano, però, ha fatto notare che, da quando il
blocco agli spostamenti si è irrigidito anche i mezzi in sharing
        sono entrati in crisi con un calo del 78% del noleggio auto
        dell'85% di bici e moto e dell'89% dei monopattini.

        Praticamente azzerato il mercato dei bus turistici che nelle
        ultime 3 settimane è arrivato a segnare un – 97%.

        Diminuito drasticamente è anche il traffico extraurbano.
        Osservatorio Telepass sottolinea che solo il traffico merci è
        praticamente immutato mentre Autostrade per l'Italia, tramite
        la concessionaria Atlantia, fa sapere che i passaggi dai caselli
        nella direzione di tronco di Milano (Lombardia, più basso
        lodigiano e parmense) sono diminuiti nella settimana tra il 9 e
        il 15 marzo del 65,5%.

        Autostrade per l'Italia, inoltre, ha reso noto che, solo
        nell'ultima settimana, il traffico autostradale sull'intero
        sistema nazionale è calato del 56,3% mentre la precedente era
        diminuito del 40% e quella ancora prima del 22,7%. Questo
        significa che sempre più italiani stanno rispettando l'obbligo di
        rimanere in casa e di non uscire salvo strette emergenze o
        motivi di lavoro e questo oltre a contenere il contagio migliora
        la qualità dell'aria e rende la vita difficile al Covid-19. Su base
        annua, facendo una media dei primi due mesi dell'anno, il
        traffico sulla rete autostradale italiana, è diminuito del 8,3%.

                                                   ©Riproduzione Riservata

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    Salute, ma non
    solo: quanto ci
    costa
    l'inquinamento

    I danni economici legati all'uso dei combustibili fossili sono stati stimati da Greenpeace in 2.900 miliardi di
    dollari, il 3,3% del prodotto interno lordo mondiale

                                                                                                                                                                                  25 Marzo 2020

Quasi due miliardi di giorni di assenze da lavoro per malattia, 101 miliardi di dollari in fumo ogni anno. Se gli effetti dell'inquinamento
atmosferico sulla salute sono ben noti e sempre più pesanti, altrettanto notevoli sono i danni causati dai combustibili fossili
sull'economia. A fotografarli è il recente rapporto di Greenpeace "Aria tossica: il costo dei combustibili fossili", realizzato con il
supporto del Centre for Research on Energy and Clean Air (CREA).

Per Greenpeace, infatti, le perdite economiche sono pari a 2.900 miliardi di dollari, equivalenti al 3,3% del prodotto interno lordo
mondiale. Ogni giorno, in media, vengono "bruciati" otto miliardi. A sostenere i costi più elevati dell’inquinamento dell’aria causato dai
combustibili fossili sono rispettivamente la Cina continentale, gli Stati Uniti e l’India, che "pagano" rispettivamente 900, 600 e 150 miliardi di
dollari all’anno. L'Italia perde 61 miliardi. I dati relativi ai giorni di assenza dal lavoro per malattia (1,8 miliardi) e al conseguente danno (101
miliardi di dollari) è legato alla sola esposizione al solo PM2.5 generato da combustibili fossili. Tra i fattori che contribuiscono ad appesantire
il bilancio ci sono gli incentivi al carbone, la distruzione di habitat naturali, le spese mediche.

Lesoluzioni all’inquinamento atmosfericoda combustibili fossili, sottolineano da Greenpeace, sono anche soluzioni ai cambiamenti
climatici. Le energie rinnovabili sono l'obiettivo cui tendere, con coraggio e decisione, evitando le "false soluzioni come il gas fossile". Dalla
ONG ambientalista e pacifista anche un monito a banche e assicurazioni che "devono smettere di elargire finanziamenti ai combustibili
fossili". Essenziale, inoltre, per Greenpeace che il governo italiano non faccia passi indietro sull’addio al carbone entro il 2025, come invece
suggerirebbe l’ultima versione del PNIEC, il Piano nazionale integrato energia e clima.

Al primo posto fra gli obiettivi da perseguire ci sono la transizione verso le energie rinnovabili - considerata possibile, urgente e
indifferibile - e l’abbandono delle auto con motore a combustione interna: è l'ora di investire con decisione sul trasporto pubblico e su forme
di mobilità meno impattanti. Il costo reale e la ricaduta economica dei combustibili fossili potrebbero essere la “molla” per
convincere imprese e governi a trovare alternative pulite, se proprio la tutela della salute non dovesse bastare.

      Anche in questo momento di emergenza, Repubblica è al servizio dei suoi lettori.
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© Riproduzione riservata                                                25 Marzo 2020

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                                                                                            de Ceglia, Luigi Dell'Olio, Silvano Di Meo, Sibilla Di
                                                                                            Palma, Marco Frojo, Walter Galbiati, Valerio
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            Ugo Bardi
            Docente presso la Facoltà di Scienze MM. FF. NN. a Firenze

AMBIENTE & VELENI - 26 MARZO 2020

Coronavirus, non si sa se l’inquinamento c’entri col contagio. Ma di certo ci
insegna una cosa

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Si sta molto parlando della possibile correlazione fra l’epidemia di
coronavirus e l’inquinamento. Uno studio recentissimo di Leonardo Setti e
colleghi esamina questa correlazione (lo trovate sul sito della società italiana di
medicina ambientale). Il risultato è che sembra che il particolato atmosferico
faccia da vettore di trasporto del virus e ne acceleri la diffusione. Questo
sarebbe in accordo con il fatto che il massimo della diffusione dell’epidemia è in
Val Padana, probabilmente la zona più inquinata d’Italia.
L’articolo non dice esplicitamente che l’inquinamento potrebbe anche aver
indebolito le difese immunitarie delle vittime, ma questo è il risultato di altri
studi. Per esempio, uno studio recente mostra come questo specifico virus
attacchi preferenzialmente i polmoni dei fumatori, dal che si può dedurre che
i polmoni indeboliti dall’inquinamento atmosferico siano particolarmente
sensibili all’infezione.

  LEGGI ANCHE

  Coronavirus, lo studio: “Smog e polveri sottili hanno accelerato la diffusione di Sars Cov2”

Queste sono ipotesi possibili ma, ovviamente, non vuol dire che corrispondano
alla realtà. In effetti, l’articolo di Setti ha generato anche reazioni negative. La
società italiana aerosol (Ias) è intervenuta con un documento che fa notare che
correlazione non significa causazione, che i dati sono incerti e che dobbiamo
studiarci sopra molto di più prima di poter stabilire se il particolato atmosferico
ha degli effetti sull’epidemia.

Chi ha ragione? Per la maggior parte di noi, è difficile dare un giudizio
informato su un argomento così specializzato e complesso. Una cosa che
possiamo dire, comunque, è che qui abbiamo una correlazione basata su dati
– sia pure incerti – sostenuta da persone serie. Niente a che vedere con le varie
follie che girano, tipo che l’epidemia sia tutta colpa del 5G, delle scie
chimiche, o di chissà quale altro complotto mostruoso.

Un’altra cosa che possiamo dire è che questa storia è un buon esempio di come
funziona il progresso scientifico: si parte da una correlazione, spesso
inizialmente incerta, per poi cercare di arrivare a una spiegazione. Forse vi
ricordate il caso del medico inglese John Snow che nell’800 aveva notato una
correlazione fra il numero dei casi di colera a Londra e la distanza delle
abitazioni delle persone ammalate da una certa fontana pubblica. La fece
chiudere e così riuscì a fermare l’epidemia. Molto più tardi, si scopri che la
fontana pescava in vicinanza di un pozzo che conteneva materia fecale infetta.

Oggi, ci sembra ovvio che Snow avesse ragione ma, ai suoi tempi, il ruolo dei
batteri nelle malattie infettive non era noto e la sua idea fu inizialmente
osteggiata. Può darsi che qualcuno avesse detto anche a lui che “correlazione
non significa causazione!” Ma se Snow avesse aspettato di avere dati certi, la
gente avrebbe continuato a bere da quella fontana e a morire di colera.

L’analogia con la situazione attuale è evidente. Anche per l’epidemia di
coronavirus, abbiamo un’analisi della locazione dei casi che stabilisce una
correlazione con delle zone particolarmente inquinate. Su questa base, si deriva
una strategia di azione. Per il colera ai tempi di Snow, bastava chiudere una
fontana per fermare l’epidemia, per il coronavirus bisogna ridurre
l’inquinamento atmosferico. E’ meno facile, ma ci possiamo perlomeno
provare. Se poi verrà fuori che la correlazione non c’era, beh, avremo comunque
fatto qualcosa di buono.

LEGGI ANCHE

DAL BLOG DI ANTONIO LUMICISI
Coronavirus, l’inquinamento aiuterebbe il contagio. Urge una drastica inversione di tendenza

Tutto questo non vuol dire che è il solo inquinamento a causare l’epidemia,
assolutamente no. Ma se è un fattore importante, allora ha fatto danni. Se l’aria
in Lombardia fosse stata meno inquinata, sarebbe stato più facile controllare
la diffusione del virus e la mortalità sarebbe stata minore.

Una volta di più vediamo come i danni che facciamo all’ecosistema si ritorcono
contro di noi. A questo punto, è inutile prendersela con i cinesi mangia-
pipistrelli o con il governo che non ha chiuso le frontiere in tempo. In gran
parte, la colpa ricade su tutti noi che, con la scusa dello sviluppo, non abbiamo
fatto abbastanza per combattere l’inquinamento atmosferico. Ci vorrà tempo
per rimediare, ma, perlomeno, il coronavirus ci sta insegnando che non c’è
sviluppo se non è sostenibile e che uno sviluppo sostenibile rispetta sia
l’ecosistema come la salute umana. Speriamo di ricordarcene nel futuro.

L’autore ringrazia Sylvie Coyaud e Alex Saragosa per i loro suggerimenti su
questo argomento.

     CORONAVIRUS                      INQUINAMENTO ATMOSFERICO   PIANURA PADANA

     SVILUPPO SOSTENIBILE

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        comune è lo sfruttamento del pianeta e
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ULTERIORI APPROFONDIMENTI ON LINE

18.03.20 THE VISION
The coronavirus pandemic in five powerful charts
https://www.nature.com/articles/d41586-020-00758-
2?utm_source=facebook&utm_medium=social&utm_content=organ
ic&utm_campaign=NGMT_USG_JC01_GL_Nature&fbclid=IwAR1CVL
WQdPnPXUovqZWJVaB84gKFqPzo6DhlzlqkmB6oqArH04QEZLC-8jI

20.03.20 AUTOMOBILISMO
Coronavirus: calano NOx e CO2 ma non il PM10
https://www.automobilismo.it/coronavirus-calano-nox-e-co2ma-
non-il-pm10-35327

23.03.20 LIBERO PENSIERO
Inquinamento e distruzione della natura: l’uomo è causa delle
nuove epidemie?
https://www.liberopensiero.eu/23/03/2020/attualita/inquinamento-
e-sfruttamento-della-natura-storia-di-uomini-ed-epidemie/

23.03.20 SICURAUTO
Più o meno PM10 con il Coronavirus in Veneto?
https://www.sicurauto.it/news/attualita-e-curiosita/piu-o-meno-
pm10-con-il-coronavirus-in-veneto/

23.03.20 MUOVERMI
La bufala del PM10 che veicola il Coronavirus
https://www.muovermi.it/bufala-pm10-che-veicola-coronavirus/

23.03.20 EHABITAT
Covid-19 e inquinamento: lo smog aumenta la mortalità dei
contagiati da coronavirus
https://www.ehabitat.it/2020/03/23/covid-19-e-inquinamento-
smog-coronavirus/

24.03.20 TEKNORING
Inquinamento atmosferico e Coronavirus, le relazioni possibili
https://www.teknoring.com/news/inquinamento/inquinamento-
coronavirus-relazioni-possibili/
24.03.20 VAI ELETTRICO
Covid-19 nel particolato? Regioni e scienziati non ci credono
https://www.vaielettrico.it/covid-19-e-inquinamento-stop-da-
regioni-e-scienziati/

25.03.20 THE VISION
Come l’inquinamento potrebbe aver aiutato la diffusione del
Coronavirus
https://thevision.com/coronavirus/inquinamento-covid-19/

26.03.20 FORTUNE
Inquinamento e clima, l’esperimento involontario del Coronavirus
https://www.fortuneita.com/2020/03/26/inquinamento-e-clima-
lesperimento-involontario-del-coronavirus/

27.03.20 OGGI SCIENZA
Coronavirus e riduzione dell’inquinamento in Pianura Padana
https://oggiscienza.it/2020/03/27/coronavirus-riduzione-
inquinamento-pianura-padana-numeri/

28.03.20 OSSERVATORIO VEGANOK
Coronavirus e inquinamento: qual è la connessione?
https://www.osservatorioveganok.com/coronavirus-e-
inquinamento-qual-e-la-connessione/

  
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