Progetto OSOS Terremoti - Sensibilizzazione locale Classe 4BS - A.S. 2017/2018 - www.liceolugo.it
←
→
Trascrizione del contenuto della pagina
Se il tuo browser non visualizza correttamente la pagina, ti preghiamo di leggere il contenuto della pagina quaggiù
Progetto OSOS: Terremoti - Sensibilizzazione locale Liceo Scientifico “G. Ricci Curbastro”, Lugo A.S. 2017/2018 Premessa La classe 4BS del Liceo Scientifico “G. Ricci Curbastro” di Lugo, durante l’anno scolastico 2017/2018 ha partecipato, come una di 12 scuole-hub in Italia, al progetto “Open Schools for Open Societies (OSOS)”. Il progetto OSOS è un grande progetto Europeo del programma Horizon 2020 per la ricerca e l’innovazione che coinvolge più di 100 scuole in Europa, nella prima fase, e più di 1000 scuole, nella seconda fase. Obiettivo principale del progetto OSOS-Italia è trasformare alcune scuole del territorio nazionale in Open School (scuole aperte) attraverso sia l’innovazione nell’insegnamento delle scienze sia invitando famiglie, comunità locale, imprese, esperti, università e altre realtà presenti sul territorio, a lavorare insieme su progetti che soddisfino esigenze e sfide reali sia dell’intera società che delle comunità locali. In Italia il progetto OSOS è coordinato dalla Fondazione Idis-Città della Scienza a Napoli. Gli alunni della 4BS hanno partecipato al progetto affrontando la tematica “Terremoti - Sensibilizzazione locale”. Descrizione e motivazione Anche se quasi tutta d’Italia è in una zona sismica, con rischio abbastanza alto di un terremoto con magnitudo elevata, e notizie sui terremoti sono frequentemente riportate nei mass media, i meccanismi scientifici di un terremoto sono poco conosciuti e la consapevolezza di provvedimenti preventivi è bassa. In particolare, la nostra città, Lugo, e la scuola sono in una zona sismica classificata nel secondo livello di pericolosità. Ma siccome grandi terremoti avvengono molto raramente (a intervalli di centinaia di anni) i provvedimenti preventivi non sono sempre considerati con la dovuta attenzione. Lo scopo di questo progetto è duplice: aumentare la sensibilizzazione e lavorare in un ambiente di scuola aperta coinvolgendo risorse esterne alla scuola. Per sensibilizzare sia gli alunni della classe, sia la comunità locale, sull’importanza di lavorare in modo preventivo per ridurre gli effetti di un eventuale terremoto, l’argomento “Terremoti”, è stato approfondito molto di più rispetto allo svolgimento curriculare previsto a scuola. Per stimolare l’interesse degli alunni, il lavoro è stato concentrato sulla situazione locale, piuttosto che darne una descrizione generale. L’argomento del progetto è molto reale per gli alunni. Nel 2012 c’è stato il terremoto in Emilia, con epicentro a soli 70 km circa dalla nostra città. Il terremoto del 2012 ha causato molti danni materiali e tante persone ferite (27 morti). Il paesaggio e il terreno dov’è avvenuto il terremoto dell’Emilia è molto simile alla situazione attorno alla nostra città e visto che tutti gli alunni hanno sentito il terremoto del 2012, sono tutti perfettamente consapevoli che è possibile, in qualsiasi momento, un terremoto con gli stessi effetti nella nostra città; queste circostanze rendono il progetto molto reale e importante per gli studenti. Per stimolare un lavoro attivo in un ambiente di scuola aperta, la classe è stata divisa in gruppi di 4 alunni. Ogni gruppo doveva approfondire una tematica particolare in collaborazione con un ente esterno alla scuola. Inoltre le famiglie sono state coinvolte attraverso un’investigazione e mappatura sul rischio nella propria casa. Altri esempi di tematiche erano: “Approfondimento sulla ricerca scientifica sismologica” (in collaborazione con l’Università di Bologna), “La situazione al comune di Lugo” (in collaborazione col comune), “L’edificio scolastico e sicurezza scolastica” (in 2
collaborazione col responsabile della sicurezza a scuola e col comune), “Simulazione di un terremoto” (in collaborazione con la Fondazione Golinelli di Bologna), “Prevenzione dei terremoti” in collaborazione col museo “Casa Bendandi” a Faenza. Come risultato finale, gli alunni hanno riassunto le loro risultanze in una relazione scritta. Tutte le relazioni sono messe assieme in questo rapporto complessivo. Le risultanze di ogni gruppo sono anche state presentate a tutta la classe in alcune lezioni dedicate a questo. Gli alunni hanno anche lavorato e presentato il loro lavoro sulla piattaforma dell’OSOS, raggiungibile attraverso i seguenti link: http://portal.opendiscoveryspace.eu/it/osos-project/local-earthquake-awareness-849692 http://portal.opendiscoveryspace.eu/en/osos-project/local-earthquake-awareness-849692 Ringraziamenti Vorrei ringraziare tutti quelli che hanno contributo a portare questo progetto a termine. In particolare: Prof.ssa Roberta Ghetti, Liceo di Lugo, che nell’anno scolastico 2016/2017 ha svolto un progetto sui terremoti con una tematica simile e ha messo tutto il materiale del suo progetto a nostra disposizione. Inoltre sono stati molto apprezzati i suoi commenti e suggerimenti. Prof.ssa Barbara Lolli e il Prof. Paolo Gasperini dell’università di Bologna, per avere ricevuto gli alunni del gruppo 1 e con loro discusso la ricerca in sismologia. L’ingegner Fabio Minghini, responsabile Servizio Sismica dell’Unione dei Comuni della Bassa Romagna, per avere ricevuto gli alunni dei gruppi 2 e 3 e con loro discusso il lavoro comunale sulla prevenzione sismica. Dott.ssa Raffaella Spagnuolo, responsabile laboratori e didattica - Area “Scienze in pratica”, Opificio Golinelli per averci prestato il Sismo Box. Dott.ssa Paola Pescerelli Logorio, Casa Bendandi, per avere ricevuto gli alunni del gruppo 6 e con loro discusso il lavoro di Bendandi e per avere organizzato l’intervista del gruppo con il Prof. A. Amato. Prof. Daniele Ugolini, Liceo di Lugo, per avere collaborato in questo progetto. Prof.ssa Tiziana Donati, Liceo di Lugo, per avere aiutato gli alunni col testo in inglese inserito sulla piattaforma OSOS. Le relazioni Le relazioni rappresentano il lavoro originale degli studenti, con solo minori correzioni suggerite dall’insegnante di fisica. Dover affrontare un argomento in modo autonomo, cercando informazioni fuori dalla scuola, ha obbligato gli alunni a semplificare e selezionare il materiale per portarlo a un livello a loro adeguato. Il progetto è stato abbastanza impegnativo per gli studenti e una delle loro difficoltà è stato il poco tempo a disposizione, considerando tutte le loro attività scolastiche. L’impegno e il successo di questo compito varia da gruppo a gruppo, com’è naturale aspettarsi, e le relazioni presentate qui rispecchiano quest’aspetto. Lugo, 18/06/2018 Prof. Peter Ulf Johan Helgesson Docente di fisica Liceo Scientifico “G. Ricci Curbastro” 3
Indice Gruppo 1 “Approfondimento scientifico”............................................................................................5 Gruppo 2 “Comune di Lugo”.............................................................................................................25 Gruppo 3 “La sicurezza sismica a scuola”.........................................................................................33 Gruppo 4 “Sensibilizzazione delle famiglie”.....................................................................................43 Gruppo 5 “Simulazione di terremoti”.................................................................................................57 Gruppo 6 “Previsione terremoti e Bendandi”.....................................................................................69 4
Gruppo 1 “Approfondimento scientifico” Lorenzo Minguzzi, Teresa Minguzzi, Giorgia Ragazzini, Benedetta Tazzari Classe 4BS, Liceo Scientifico “G. Ricci Curbastro”, Lugo, a.s. 2017/2018 Il nostro gruppo ha trattato l’approfondimento scientifico, in particolare abbiamo fatto una relazione e un PowerPoint, esposto poi alla classe. Innanzitutto abbiamo elaborato un piano di lavoro per decidere come agire, in seguito abbiamo avuto l’occasione di incontrare la professoressa Barbara Lolli e il professor Paolo Gasperini dell’università di Bologna che ci hanno fornito informazioni sul campo della sismologia utili ad ampliare il nostro lavoro. Abbiamo poi proceduto alla stesura della relazione a computer e alla creazione del PowerPoint, lavorando sia in gruppo sia singolarmente e traendo informazioni da internet, dal nostro manuale scolastico di scienze della Terra e dagli appunti presi durante il colloquio con gli esperti e durante le lezioni a scuola. Infine abbiamo esposto la presentazione ai nostri compagni di classe e ai professori. Che cos'è un terremoto? Un terremoto è una vibrazione più o meno forte della Terra prodotta da una rapida liberazione di energia meccanica in profondità, nella crosta o nel mantello. Il punto in cui l’energia si libera e da dove inizia, la fratturazione è l’ipocentro (o fuoco) del terremoto: da esso l’energia si propaga per onde sferiche che, pur indebolendosi con la distanza, attraversano tutta la Terra, tanto da poter essere registrate dagli strumenti in tutto il mondo. Il terremoto non è un fenomeno casuale: in un anno se ne verificano in tutta la Terra circa un milione; ma solo qualche migliaio di essi è abbastanza forte da essere percepito dall’uomo. La zona posta in superficie sulla verticale dell’ipocentro è definita epicentro del terremoto. Figura 1.1 Le onde, l’epicentro e come registrarli Gli effetti distruttivi dei terremoti sono dovuti alla propagazione delle onde sismiche, che si originano dall'ipocentro e si trasmettono all'epicentro. I movimenti all'ipocentro producono differenti tipi di onde. Inoltre, la struttura della Terra, con l'alternarsi di materiali diversi, provocano, nelle onde che si propagano, fenomeni di rifrazione e riflessione. Per questo motivo, per esempio, onde che si dirigono inizialmente verso l'interno possono in parte rimbalzare verso la superficie, interferendo con altre onde. Le onde sismiche sono onde elastiche (attraverso le quali, cioè, l'energia elastica può essere trasportata lontano dal punto in cui si è originata), che hanno bisogno di un mezzo attraverso cui propagarsi; la propagazione avviene mediante un meccanismo di deformazione delle rocce e di "forze di richiamo" che si oppongono a tali deformazioni. Si possono individuare due tipi principali di deformazioni: la compressione pura, che provoca variazioni di volume nelle rocce, ma non di forma, e lo sforzo di taglio, che causa, invece, variazioni di forma, ma non di volume, delle rocce. A causa della coesione esistente fra le particelle costituenti, nelle 5
rocce, durante la compressione e lo sforzo di taglio a cui sono sottoposte, si generano "forze di richiamo", che tendono a opporsi alle deformazioni stesse e a riportare il volume e la forma della massa rocciosa alla situazione iniziale. Per la registrazione dei movimenti sismici, si utilizza uno strumento chiamato sismografo, costituito da un dispositivo capace di mantenersi in relativa quiete rispetto al suolo quando questo entra in vibrazione e connesso a un oscillografo che traccia il diagramma temporale della vibrazione, definito sismogramma. Figura 1.2 Analizzando il sismogramma si può conoscere l'entità, la natura (con una singola stazione solo in modo parziale), e la distanza del sisma dal punto dove è avvenuta la registrazione del sismogramma stesso. Il sismografo deve dunque rappresentare fedelmente il movimento del suolo oppure le grandezze (accelerazione o velocità) con le quali si può in seguito estrapolare il movimento assoluto del suolo. Figura 1.3 Le onde longitudinali sono onde di compressione, che si originano dall'ipocentro e si propagano entro il volume delle rocce per successive compressioni e dilatazioni delle rocce stesse, di cui causano variazioni di volume. Sono chiamate onde longitudinali perché le oscillazioni degli infiniti piani in cui si può immaginare di dividere il corpo roccioso, avvengono nella stessa direzione di propagazione dell'onda. Sono anche dette onde P (primarie), perché sono le prime a giungere in superficie e a essere registrate dai sismografi, propagandosi a una velocità compresa tra 6,2 e 8,2 km/sec, a seconda della densità dei materiali che attraversano; possono propagarsi sia attraverso la roccia solida, sia attraverso un materiale liquido (magma o acqua). 6
Figura 1.4 Le onde trasversali si propagano dall'ipocentro, sono generate da forze di taglio e provocano nelle rocce variazioni di forma, ma non di volume; sono dette trasversali perché provocano oscillazioni delle particelle delle rocce dal basso verso l'alto e viceversa, perpendicolarmente alla direzione di propagazione. Vengono anche chiamate onde S (secondarie) perché, essendo più lente delle onde P (3,6-4,7 km/sec) giungono in superficie per seconde. Le onde S non si propagano nei liquidi, infatti mentre in un solido le molecole che si muovono trascinano con sé quelle contigue, in un fluido le forze tra molecole sono così debole che ciò non avviene, e questa circostanza ha permesso di ipotizzare la presenza all'interno della Terra di un nucleo esterno liquido. Le onde superficiali si originano nell'epicentro quando le onde sismiche longitudinali e trasversali (chiamate nel loro insieme anche onde di volume, o interne), giunte sulla superficie terrestre, intera- giscono con essa. Le onde superficiali si propagano appunto in superficie e sono responsabili dei danni maggiori; possono essere distinte in due tipi: Figura 1.5 onde L (di Love), la cui propagazione provoca oscillazioni delle particelle delle rocce, trasversali alla direzione di propagazione, ma solo nel piano orizzontale, parallelo alla superficie terrestre; onde R (di Rayleigh), che provocano un moto ellittico delle particelle delle rocce, in un piano verticale alla direzione di propagazione delle onde, come avviene per le onde in acqua lontane dalla costa. Le onde superficiali possono compiere lunghe distanze prima di estinguersi, viaggiando più lentamente delle onde P e S: la velocità di propagazione delle onde L è di circa 3 km/s, di poco inferiore a quella delle onde R (circa 2,7 km/s). La registrazione del movimento sismico da parte di un sismografo si chiama sismogramma. Nella zona posta in superficie sulla verticale dell'ipocentro, chiamata epicentro del terremoto, arriva così un groviglio di onde di ogni frequenza e velocità diverse e il terreno vibra a lungo e più violentemente che se fosse raggiunto da una singola frequenza di onde. Per questo gli strumenti posti in vicinanza dell'epicentro vanno fuori scala o forniscono registrazioni confuse. Per riconoscere i tipi di onde emesse da un terremoto bisogna portarsi a distanza dall'epicentro: infatti, poiché si muovono con velocità diverse, le onde arrivano 7
in tal caso in tempi successivi. La prima parte del sismogramma, in cui si riconosce l’inizio delle oscillazioni corrisponde all’arrivo delle onde P; nella parte centrale del sismogramma all’arrivo delle onde P si sovrappone quello delle onde S; nell’ultima parte del sismogramma compaiono prevalentemente le onde superficiale, più lente ma molto più ampie. Figura 1.6 Il diagramma spazio tempo con i tempi di arrivo delle onde sismiche rifratte, detto dromocrona (dal greco dromos corsa e cronos tempo) (distribuite lungo rette) è il primo elaborato di una investigazione geofisica del sottosuolo con la tecnica di sismica a rifrazione. La pendenza del primo tratto di retta è l'inverso della velocità del primo strato (onda diretta), la pendenza del secondo tratto è l'inverso della velocità del secondo strato (onda rifratta) e così via. Quando gli strati nel sottosuolo non sono paralleli ma inclinati si generano le dromocrone coniugate date dalle velocità apparenti. Conoscendo alcuni parametri si risale alla velocità effettiva dell'intervallo roccioso investigato. Figura 1.7 Figura 1.8 Utilizzando curve spazio-tempo dette dromocrone è possibile ricavare la distanza dell’epicentro di un terremoto da una stazione sismica ma non la posizione. Per fare questo è necessario poter disporre delle distanze dall’epicentro di almeno tre stazioni sismiche: in tal caso è sufficiente tracciare su una carta geografica equidistante, tre circonferenze con centro nelle tre stazioni e con raggio di lunghezza pari alla distanza epicentrale determinata per ciascuna stazione. Il punto di intersezione tra le circonferenze fornisce la posizione dell’epicentro. Perché un sismogramma possa fornire anche indicazioni sulla profondità dell’ipocentro sono necessarie invece le registrazioni di numerose stazioni, per poter impiegare metodi di elaborazione statistica. Sono stati distinti cosi terremoti superficiali, con profondità ipocentrale tra 0 e 70 km, intermedi, con profondità tra 70 e 100 km, e profondi, con ipocentro a oltre 300 km. Per elaborare le teorie secondo le quali avviene la propagazione delle onde, si utilizza un’“ecografia” della Terra effettuata attraverso una rete accelero metrica che studia l’accelerazione di vari punti della Terra. 8
Il ciclo sismico e le sue conseguenze Il processo che si ripete sistematicamente tra un terremoto ed il successivo si chiama ciclo sismico e comprende 4 stadi: Stadio intersismico: in questo periodo si accumula l'energia elastica per l'azione di forze tettoniche. Stadio presismico: la deformazione della roccia arriva al livello critico di resistenza producendo variazioni delle caratteristiche fisiche della roccia stessa. Stadio cosismico: si ha il terremoto con liberazione dell'energia elastica in forma di calore e con movimento reciproco dei blocchi rocciosi. Stadio postsismico: scosse di assestamento riportano l'area ad un nuovo equilibrio attraverso scosse successive o repliche. La nozione di ciclo sismico è di grande importanza, in quanto è il presupposto che giustifica una serie di ricerche sulla previsione dei terremoti. Si può pensare, infatti, di individuare, per una regione sismica, il probabile intervallo tra crisi sismiche successive. Contrariamente a quanto si possa pensare in modo intuitivo, la teoria del ciclo sismico, a livello pratico, non è completamente attendibile perché, in seguito a una forte scossa, è altamente probabile che se ne verifichino altre in maggior numero e/o di maggiore intensità. Questo fenomeno è dovuto al fatto che un’area in cui si è verificato un sisma è geologicamente instabile e tende a ritornare ad uno stato di equilibrio provocando ulteriori scosse, quindi è difficile stabilire un intervallo regolare dopo il quale si verificherà un altro terremoto. Inoltre dalla predisposizione della Terra a sprigionare energia dipende il frequente manifestarsi di sciami sismici. Per sciame sismico si intende una sequenza di scosse sismiche di lieve e media intensità che si sviluppano in una determinata zona e in un arco di tempo piuttosto dilatato: le scosse di uno sciame sismico, in particolare, si sviluppano in assenza di un evento principale più intenso. Ecco perché lo sciame sismico non è da confondersi con le cosiddette "scosse di assestamento" che, solitamente, seguono una scossa iniziale di più forte intensità. La spiegazione è da ritrovarsi nella fenomenologia stessa del terremoto: un sisma altro non è che una liberazione di energia nella crosta terrestre, che avviene quando va a rompersi l'equilibrio che tiene unite alcune delle parti che la compongono. Può accadere che quest'energia appena rilasciata vada ad intaccare volumi di roccia adiacenti, volumi che potrebbero a loro volta trovarsi in equilibrio precario, scatenando a loro volta un evento sismico. E' questo il meccanismo che dà vita un vero e proprio contagio sismico, fenomeno che potrebbe essere alla base delle scosse che hanno colpito l'Italia centrale da agosto 2016. Uno sciame sismico non è prevedibile poiché non è altrettanto prevedibile capire in che modo avvenga il contagio e quanto tempo ci mette l'energia a passare da un'area ad un'altra. Questo è il motivo per il quale uno sciame sismico, purtroppo, può durare anche mesi o, addirittura, anni. Teoria del rimbalzo elastico Lo scuotimento del suolo è spiegato tramite la teoria del rimbalzo elastico, secondo la quale le rocce, sottoposte a forze compressive, per un certo periodo si comportano da corpi elastici deformandosi impercettibilmente senza spostarsi; superato il carico di rottura, cioè la capacità di resistenza, la roccia si spezza creando una faglia liberando istantaneamente tutta l'energia accumulata e producendo vibrazioni che sperimentiamo come terremoto. Se nella massa rocciosa esiste già una faglia, è il forte attrito tra i due blocchi della faglia a impedire all’inizio ogni movimento, per cui le rocce cominciano a deformarsi elasticamente: quando però la tensione che si accumula nelle rocce supera la resistenza dovuta all’attrito, la faglia si “riattiva” e il movimento avviene lungo di essa. 9
Figura 1.9 Figura 1.10 Le scale di intensità e di magnitudo Scala Mercalli I primi dati su cui basare una valutazione della forza di un terremoto sono stati gli effetti prodotti dai sismi sul territorio, in particolare su manufatti, infatti lo scopo iniziale di tali indagini era di delimitare le aree in cui un terremoto aveva provocato danni tra loro simili. Una delle prime scale di intensità più precise fu presentata da Giuseppe Mercalli nel 1902: inizialmente articolata in 10 gradi, crescenti con la forza del terremoto, questa è stata in seguito più volte modificata, per tener conto dell’introduzione di nuove tecniche nelle costruzioni. Attualmente la scala di intensità più utilizzata in Europa è la scala MCS (Mercalli- Cancani -Sieberg), divisa in 12 gradi. Nelle scale di confronto per terremoti, l’intensità viene stabilità in base alla valutazione degli effetti prodotti dal terremoto su persone, manufatti e terreno. Sono, questi, i dati macrosismici di un terremoto e si riferiscono all’area entro cui il sisma è stato percepito. Ad ogni località viene assegnato un grado di inttensità, massimo nell’area epicentrale e via via decrescendo in località sempre più lontane, fino a zone in cui non si sono rilevati effetti. 1 Strumentale Avvertita solo dagli strumenti 2 Debole Avvertita solo da poche persone sensibili in condizioni particolari 3 Leggera Avvertita da poche persone Avvertita da molte persone, tremiti di infissi e cristalli, oscillazione di 4 Moderata oggetti sospesi 5 Piuttosto forte Avvertita da molte persone, anche addormentate, cadute di oggetti 6 Forte Qualche lesione agli edifici 7 Molto forte Caduta di comignoli, lesioni ad edifici 8 Distruttiva Rovina parziale di alcuni edifici, vittime isolate 9 Rovinosa Rovina totale di alcuni edifici, molte vittime, crepacci nel suolo 10 Disastrosa Crollo di parecchi edifici, numerose vittime, crepacci evidenti nel terreno Molto Distruzione di agglomerati urbani, moltissime vittime, crepacci, frane, 11 disastrosa maremoti Danneggiamento totale, distruzione di ogni manufatto, pochi superstiti, 12 Catastrofica sconvolgimento del suolo, maremoto Dopo aver riportato su una rappresentazione cartografica dell’area indagata i valori dell’intensità per ciascuna intensità, si tracciano delle linee “di confine” tra le zone in cui il terremoto si è manifestato con intensità diverse: si ottiene, così, una serie di curve chiuse, dette isosisme, la più 10
interna delle quali racchiude l’area dell’epicentro o epicentro macrosismico. L’isosisma piè esterna che è possibile tracciare delimita l’area complessiva all’interno della quale il terremoto è stato percepito; all’esterno di essa il terremoto non ha provocato invece effetti rilevabile direttamente dagli essere umani. Scala Richter La Scala Richter è attualmente il metodo di misurazione più utilizzato nell’analisi dei terremoti: a differenza infatti della Scala Mercalli permette di ottenere dei parametri più oggettivi e misurabili in modo scientifico. La Scala Richter è stata ideata dal geofisico statunitense Charles Richter e misura la magnitudo dei terremoti, ossia l’energia meccanica che viene sprigionata dal loro ipocentro. Questa misurazione indiretta si basa sull’ampiezza delle onde sismiche, la quale viene registrata attraverso specifici strumenti detti sismografi. In sostanza quindi, a differenza della Scala Mercalli, la Scala Richter permette di misurare l’intensità di un terremoto sulla base di dati oggettivi, registrati attraverso strumenti affidabili e scientifici. Inoltre, con la Scala Richter si riescono ad eliminare gli inconvenienti della Scala Mercalli: è possibile cioè confrontare l’intensità di due terremoti anche se si trovano in zone con caratteristiche differenti. Nella definizione data da Richter, la magnitudo di qualsiasi terremoto è data dal logaritmo in base dieci del massimo spostamento della traccia rispetto allo zero, espresso in micrometri, in un sismografo a torsione di Wood- Anderson calibrato in maniera standard, se l'evento si fosse verificato a una distanza epicentrale di 100 km. La magnitudo è espressa con un numero puro (adimensionale), che non ha dunque nessuna unità di misura. “Il limite è nella Terra, non nella scala”. Magnitudo Frequenza 0 Circa 8000 al giorno 1 2 Circa 1000 al giorno 3 Circa 130 al giorno 4 Circa 15 al giorno 5 2-3 al giorno 6 120 all’anno 7 8 1 all’anno 9 1 ogni 20 anni 10 Mai registrata Diversi tipi di magnitudo Il concetto di Magnitudo è stato introdotto nel 1935 da Richter per rispondere alla necessità di esprimere in forma quantitativa e non soggettiva la "forza" di un terremoto. La Magnitudo Richter, detta anche Magnitudo Locale (Ml), si esprime attraverso il logaritmo decimale del rapporto fra l'ampiezza registrata da un particolare strumento, il pendolo torsionale Wood-Anderson, e una ampiezza di riferimento. Questa magnitudo era circoscritta a eventi vicini ai sismografi e poco profondi ma quando la tecnica fu estesa a terremoti di ogni profondità e distanza dalle stazioni, fu necessario sviluppare scale di magnitudo diverse, in quanto, per esempio, terremoti con ipocentri profondi sviluppano treni di onde superficiali di scarsa entità, mentre l’analisi di questo tipo di onde è importante nel metodo Richter. Si sono quindi differenziate diversi tipi di magnitudo e tra le più importante si riconoscono mb (magnitudo di volume), Ms (magnitudo superficiale) e Mw (magnitudo momento). Nelle normali attività delle stazioni sismiche si usano insieme le due scale 11
mb e Ms, ma queste non coincidono necessariamente con la magnitudo locale, infatti hanno ciascuna importanza per descrivere la forza del terremoto. La Magnitudo delle onde di volume è una stima della grandezza di un terremoto, fatta usando l'ampiezza delle onde P per calcolare la magnitudo. mb=log10(A/T)+ Q(D,h) dove: A = ampiezza; T = periodo; Q(D,h) = fattore di correlazione per la distanza dall’epicentro e per la profondità dell’ipocentro Ms= log10(A/T)+1,66log10(D)+3,30 dove A = ampiezza; T = periodo; D = distanza dell’epicentro. Per avere stime uniformi della magnitudo, indipendentemente dalla presenza o assenza delle onde superficiali, è stata messa appunto una nuova misura, la magnitudo momento. Il punto di partenza è il momento sismico (MO), che è un parametro fisico uguale alla rigidità della Terra moltiplicata per il momento medio di spostamento della faglia e la dimensione dell'area dislocata. In pratica il momento sismico è proporzionale all’energia totale rilasciata dal territorio dal terremoto e si misura in newton per metro [Nm]. Mw = 2/3log10(MO) - 10,7 Questa misura quindi è proporzionale all’area di parte della faglia che si è attivata e all’energia sismica che si è generata. I valori sono simili a quella della magnitudo Richter, ma la nuova scala permette una più precisa valutazione della magnitudo. I sismologi ritengono che la Mw sia la più significativa per dare una misura della grandezza di un terremoto nell’ipocentro poiché il momento sismico non dipende né dal tipo di onde né dalla posizione degli strumenti di registrazione. Inoltre consente di calcolare magnitudo di terremoti molto forti, tanto da superare la capacità di registrazione degli strumenti. Tracciamento di isosisme L'analisi macrosismica di un evento fornisce come risultato la distribuzione spaziale delle intensità rilevate sito per sito: questi differenti valori sono poi uniti per dare la distribuzione delle intensità risentite attraverso una mappa a curve di livello in cui ogni isolinea rappresenta l'area interessata da risentimenti maggiori o uguali a un dato grado di intensità. Figura 1.11 Gli effetti provocati da un terremoto Con la propagazione delle onde sismiche fino in superficie si ha un’oscillazione del terreno che si trasmette agli oggetti sovrastanti. I principali danni agli edifici sono causati dai movimenti orizzontali del suolo, dalle accelerazioni che gli edifici subiscono e dalla durata delle oscillazioni: 12
tali avvenimenti danno origine a onde stazionarie all’interno della struttura degli edifici. Un’onda stazionaria è un’onda che non si propaga nello spazio, ma rimane localizzata, in questo caso nell’edificio. In particolare si osservano dei punti che non oscillano mai al variare del tempo, detti nodi, e da punti in cui l’oscillazione è sempre massima, detti antinodi (ventri). Figura 1.12 Quando l’onda generata dal terremoto ha una frequenza simile a quella dell’edificio (e questa dipende dalla sua altezza), avviene il fenomeno della risonanza e gli edifici iniziano ad oscillare anche con gravi conseguenze sulla loro stabilità. Figura 1.13 Quando gli effetti primari, dovuti alla generazione e propagazione delle onde sismiche, arrivano in superficie, danno origine agli effetti di sito, legati alla conformazione fisica del territorio. Gli effetti primari consistono in eventuali deformazioni immediate e permanenti, che dipendono dalle dimensioni del piano di faglia, dal movimento della faglia e dalla magnitudo dell’evento; si manifestano con la comparsa di faglie, a volte affioranti, di fratture nel terreno o di sollevamenti/abbassamenti del suolo, che provocano dislivelli lungo strade e ferrovie e possono far deviare il corso dei fiumi. L’insieme delle onde, che sono di frequenze diverse, costringe il terreno a vibrare in modo complesso: questo può spiegare le diversità di comportamento delle varie strutture investite dallo scuotimento. In generale si può costatare che vibrazioni ad alta frequenza sollecitano maggiormente le costruzioni basse. Inoltre ogni edificio ha un proprio modo di vibrazione, quindi edifici diversi reagiscono in modo differente alle onde sismiche, questo anche per la disomogeneità e la differente composizione del suolo da luogo a luogo. Alcuni esempi di effetti di sito sono: 13
Amplificazioni. In un’area in cui affiora un basamento rigido, si possono manifestare forti amplificazioni in corrispondenza di bruschi rilievi topografici emergenti da una pianura oppure quando le onde sismiche giungono in superficie passano da un basamento rigido a sedimenti non consolidati. In tal caso aumentano molto l’ampiezza e la durata delle onde di un certo periodo (che dipende dallo spessore dei sedimenti non consolidati). Liquefazione dei terreni. In campo geologico liquefazione indica un fenomeno che si manifesta con la perdita improvvisa di resistenza allo sforzo di taglio di un materiale, con la conseguente fluidificazione di ampi volumi di terreno che non sono più in grado di sopportare un peso sovrapposto. Avviene in genere in sedimenti fini o limosi, saturi per la presenza di acqua d falda. A riposo, i granuli che compongono i sedimenti sono disordinati, ma con le vibrazioni di un terremoto si compattano, riempendo gli spazi vuoti, così l’acqua negli interstizi è spinta verso l’alto ed esce in superficie trascinando con sé anche un po’ di sedimento e formando i cosiddetti “vulcanelli di sabbia” (es. terremoto in Emilia nel 2012). Figura 1.14 Figura 1.15 Frane sismo-indotte. Si manifestano in vari modi, dalla caduta di massi allo scivolamento di parti di un versante: il terreno, infatti, all’arrivo dei diversi treni di onde, è scosso in più direzioni e subisce violente accelerazioni. Questi esempi danno un’idea dei numerosi fattori da prendere in considerazione e di quanto, quindi, possa essere difficile predisporre difese efficaci per contrastarli. Un altro tipo di effetti di un terremoto sono quelli secondari transitori, che cessano con lo scuotimento o poco dopo (l’oscillazione del suolo, molto visibile presso l’epicentro; la variazione del livello dell’acqua nei pozzi; il boato che si sente che accompagna il terremoto; gli incendi, dovuti alla rottura di linee elettriche). Se il terremoto avviene sotto il fondo del mare, nelle zone costiere si possono risentire gli effetti di un maremoto o tsunami cioè un’onda d’acqua che si muove velocemente sulla superficie del mare. Quando, infatti, il movimento della faglia che provoca il terremoto fa sollevare o abbassare bruscamente un tratto del fondo del mare, l’oscillazione di quest’ultimo provoca, nella massa d’acqua sovrastante, una perturbazione che si manifesta, sulla superficie del mare, come onde molto lunghe che si propagano a velocità tra i 500 e i 900 km/h e il maremoto può percorrere enormi distanze. 14
Figura 1.16 Distribuzione geografica dei terremoti Affinché in una determinata area si verifichino dei terremoti devono essere soddisfatte due condizioni: la prima è che in tale area si accumuli gradualmente una tensione, la seconda è che le rocce presenti siano formate da materiali sufficientemente rigidi da non rompersi finché il valore della tensione non raggiunga un grado tale da provocare il terremoto. Se manca una qualunque di queste due condizioni, i terremoti non possono verificarsi. I terremoti non sono distribuiti in misura uniforme sulla superficie terrestre, ma si manifestano quasi esclusivamente in alcune fasce del pianeta, che vengono perciò dette sismicamente attive, mentre sono assenti in altre fasce, dette asismiche (tuttavia, queste ultime, pur non essendo sede di epicentri, risentono gli effetti dei terremoti dovuti al propagarsi delle onde sismiche dalle contigue zone sismicamente attive). Osservando la distribuzione degli epicentri, si nota che quasi tutti sono localizzati in alcune fasce strette e allungate in corrispondenza dei margini delle placche litosferiche, lungo le fosse oceaniche, le catene montuose recenti, le dorsali oceaniche e le fosse tettoniche continentali; si può inoltre constatare che esse coincidono con le zone di intensa attività vulcanica. Circa l'80% dei terremoti si verifica in corrispondenza della Cintura di Fuoco circumpacifica ed è legata al fenomeno della subduzione (l'immersione di una placca al di sotto di un'altra). Questa fascia è caratterizzata dalla presenza di numerosi archi insulari, lungo le coste occidentali dell'oceano Pacifico, dalle isole Aleutine fino agli archi insulari a est dell'Australia: gli ipocentri dei terremoti che si manifestano lungo questa fascia si trovano a profondità variabili. Le coste orientali dell'oceano Pacifico sono caratterizzate dalla presenza di profonde fosse oceaniche e archi magmatici continentali; la profondità degli ipocentri dei terremoti lungo questa fascia aumenta via via che ci si sposta dalla fossa oceanica verso gli archi magmatici continentali e comunque non supera i 720 km. Tale superficie è nota come superficie di Benioff-Wadati (dai nomi del sismologo russo che, nel 1954, mise in evidenza questa regolarità nella distribuzione degli ipocentri profondi, e del sismologo giapponese che, anni prima, aveva riconosciuto che gli ipocentri si facevano più profondi andando dalla Fossa del Giappone verso il continente asiatico). Poco meno del 20% dei terremoti è localizzato lungo le catene montuose di origine recente, in corrispondenza del sistema montuoso che si estende dalle Alpi fino all'Himalaya, del ramo che prosegue verso la Cina e di archi insulari ad esse collegati (Egeo,Eolie). L'origine dei sismi è in questo caso legata allo scontro tra placche continentali e tali terremoti raramente superano i 100 km di profondità. 15
I terremoti vulcanici (chiamati “tremori”) sono, invece, vibrazioni del suolo prodotte dal movimento del magma in risalita entro la crosta e nel camino vulcanico. I vulcanologi vi cercano indicazioni per una previsione delle eruzioni, ma tali vibrazioni non sono certo la causa delle eruzioni. Infine, una sismicità significativa, anche se non intensa, si manifesta in corrispondenza delle dorsali oceaniche e della fossa tettonica dell'Africa orientale: legati ai movimenti di divergenza tra le placche, i terremoti hanno in questo caso ipocentri superficiali. Quindi le fasce sismiche in cui si concentrano gli epicentri corrispondono a: Dorsali oceaniche, caratterizzate da terremoti con ipocentri superficiali Fosse oceaniche, con ipocentri allineati lungo la superficie di Benioff-Wandati, da superficiali a profondi Catene montuose di recente formazione, con ipocentri da superficiali a intermedi. Figura 1.17 La carta della distribuzione mondiale dei terremoti offre stimolanti indicazioni sui meccanismi di deformazione della crosta terrestre e della dinamica dell’interno del pianeta. Nello stesso tempo, però, i dati di quella carta, insieme con le conoscenze fornite dallo studio della sismicità storica, aprono un’altra importante prospettiva sull’analisi della sismicità mondiale. Si è infatti potuta produrre una carta mondiale della pericolosità sismica, che offre un’immagine della sismicità in termini di probabile verificarsi in determinate zone di terremoti capaci di produrre specifiche accelerazioni. Figura 1.18 16
La microzonazione sismica La microzonazione sismica è una operazione scientifica, altamente complessa e multidisciplinare, che ha lo scopo di riconoscere, ad una scala sufficientemente piccola (scala comunale o sub comunale), le condizioni geologiche, geomorfologiche e geotecniche locali dell'immediato sottosuolo, che possono alterare più o meno sensibilmente le caratteristiche del movimento sismico atteso generando amplificazioni del moto sismico e/o deformazioni permanenti. In altri termini tale analisi ha l'obiettivo di individuare eventuali effetti di sito a seguito di un sisma. Nello specifico, secondo ICMS (2008) le microzone sono individuate e caratterizzate secondo tre categorie: zone stabili: zone dove non si ipotizzano effetti locali di rilievo; zone stabili suscettibili di amplificazioni locali:zone dove sono attese amplificazioni del moto sismico dovute alla litostratigrafia e alla morfologia locale; zone suscettibili di instabilità: zone dove gli effetti sismici attesi e predominanti sono riconducibili a deformazioni permanenti del territorio. Le tipologie di instabilità individuate sono: instabilità di versante; liquefazioni; faglie attive e capaci; cedimenti differenziali. Sono stati determinati tre livelli di approfondimento per gli studi di microzonazione sismica, con complessità ed impegno crescenti: Livello 1: consiste nella raccolta e nell’elaborazione di dati preesistenti allo scopo di suddividere il territorio in microzone con comportamento sismico qualitativamente omogeneo. Tale Livello di analisi risulta propedeutico per i successivi livelli di approfondimento; solo in alcuni casi particolari può essere considerato esaustivo. Il risultato del Livello 1 è la Carta delle microzone omogenee in prospettiva sismica. Livello 2: in questo livello vengono condotti degli approfondimenti conoscitivi per le incertezze individuate nel Livello 1 e viene associato alle microzone omogenee l’elemento quantitativo, espresso come fattore di amplificazione Fa, con metodi semplificati (abachi e leggi empiriche). Il risultato di questo Livello di approfondimento è la Carta di microzonazione sismica. Livello 3: rappresenta il livello di maggiore approfondimento che viene realizzato nelle zone stabili suscettibili di amplificazioni locali, nei casi di situazioni geologiche e geotecniche complesse, non risolvibili con l’uso degli abachi, o qualora l’estensione della zona in studio renda conveniente un’analisi globale di dettaglio o per opere di particolare importanza, oppure nelle zone suscettibili di instabilità particolarmente gravose per complessità del fenomeno e/o diffusione areale, non risolvibili con l’uso di metodologie speditive. I risultati sono di tipo quantitativo quali gli spettri di risposta, per le amplificazioni; gli spostamenti, i cedimenti, l’indice di liquefazione, per le instabilità. Il prodotto di questo Livello è la Carta di microzonazione sismica con approfondimenti su tematiche o aree particolari. Gli studi di Microzonazione Sismica hanno l’obiettivo di razionalizzare la conoscenza sulle alterazioni che lo scuotimento sismico può subire in superficie, restituendo informazioni utili per il 17
governo del territorio, per la progettazione, per la pianificazione per l’emergenza e per la ricostruzione post sisma. Nella pianificazione territoriale, in funzione delle varie scale e dei vari livelli di intervento, gli studi di Microzonazione Sismica sono condotti su quelle aree per le quali il quadro normativo consenta o preveda l’uso a scopo edificatorio o per infrastrutture, la loro potenziale trasformazione a tali fini, o ne preveda l’uso ai fini di protezione civile. Gli studi di MS sono di fondamentale importanza nella pianificazione al fine di: orientare la scelta di aree per nuovi insediamenti definire gli interventi ammissibili in una data area programmare le indagini e i livelli di approfondimento stabilire orientamenti e modalità di intervento nelle aree urbanizzate definire priorità di intervento. Struttura della terra Figura 1.19 La Teoria della Tettonica delle placche (o delle zolle), elaborata negli anni Sessanta del Novecento, appare in grado di riunire e organizzare gli studi e le osservazioni precedenti (la teoria della deriva dei continenti e la teoria dell’espansione dei fondali oceanici). Secondo la Teoria della Tettonica delle placche, la litosfera (l’involucro rigido più esterno della crosta terrestre) è suddivisa in 20 placche (o zolle) rigide. 18
Figura 1.20 Quando due placche (o zolle) si allontanano l’una dall’altra si crea o si accentua la spaccatura da cui fuoriesce il magma e possono verificarsi due fenomeni: Se l’allontanamento cessa dopo breve tempo tra le due placche (o zolle) resta solo una grande frattura, detta fossa tettonica, una struttura caratterizzata da ripide pareti a gradinata. È questo il caso del grande sistema di fratture dell’Africa orientale, detto Great Rift Valley, che dal Mar Morto si estende fino ai grandi laghi dell’Africa orientale. Figura 1.21 Se invece l’allontanamento continua per lungo tempo si determina la formazione di un nuovo mare che può diventare un oceano, mentre le due zolle trascinate dai moti convettivi si allontanano sempre più. È questo il caso ad esempio della placca (o zolla) sudamericana e di quella africana che, lungo la dorsale medio-atlantica, si stanno allontanando a una velocità di 2 cm all’anno. 19
Figura 1.22 Quando due placche si avvicinano e si scontrano possono verificarsi tre fenomeni: Se le placche che si scontrano sono due placche oceaniche, una si piega e si incunea sotto l’altra trascinata dalle correnti del mantello. Questa placca forma di fronte all’altra una fossa oceanica e, scendendo verso zone più profonde e calde del mantello, fonde e diventa magma. Figura 1.23 Questo fenomeno, detto subduzione, fa sì che parte di questo magma ritorni nel mantello, mentre un’altra parte può riemergere dando origine a dei vulcani che possono formare un arco vulcanico insulare. Per subduzione, si ha la formazione di fosse oceaniche o di archi vulcanici insulari, con il verificarsi di terremoti e fenomeni vulcanici. Il materiale sprofondato, infatti, fonde e in parte tende a risalire alimentando i fenomeni vulcanici. Se le placche che si scontrano sono una placca continentale e una placca oceanica, quest’ultima sprofonda sotto l’altra; i materiali di cui è formata la placca oceanica ritornano nel mantello, fondono e diventano magma. 20
Figura 1.24 Se le placche che si scontrano sono due placche continentali, esse hanno la stessa densità, nessuna delle due affonda nel mantello, ma subiscono delle compressioni, dei piegamenti e, accavallandosi l’una sull’altra, formano delle catene montuose. Tale fenomeno, detto orogenesi, è ad esempio, quello che ha dato origine alle Alpi e alla catena dell’Himalaya. Figura 1.25 Quando due placche si avvicinano e scorrono l’una accanto all’altra, lungo una linea di contatto che viene detta faglia, non si ha né produzione né distruzione di crosta terrestre. È considerata attiva una faglia che si è attivata almeno una volta negli ultimi 40.000 anni (parte alta del Pleistocene superiore-Olocene), ed è considerata capace una faglia attiva che raggiunge la superficie topografica, producendo una frattura/dislocazione del terreno. Questa definizione si riferisce al piano di rottura principale della faglia (piano su cui avviene la maggiore dislocazione). Da qui si definisce la faglia attiva e capace di rompere la superficie topografica (FAC). Un esempio è la faglia di San Andreas in California, dove la placca pacifica slitta a fianco della placca nordamericana alla velocità di 5 cm all’anno. Questo scorrimento avviene a scatti e ciò può provocare dei terremoti. 21
Figura 1.26 Incontro con i professori dell’Università di Bologna Barbara Lolli e Paolo Gasperini, i professori universitari di Bologna che abbiamo incontro in occasione di questo progetto, si sono dimostrati molto disponibili soprattutto per averci concesso di parlare con loro, quindi di essersi presi delle ore per spiegarci pazientemente ciò che avremmo dovuto esporre in seguito. Sono stati gentili perché hanno risposto alle nostre domande senza problemi e dialogando, rendendo quelle ore non pesanti, ma anzi veramente interessanti. Abbiamo definito i terremoti e il loro funzionamento; abbiamo spiegato come si propagano le onde e ciò che accade al variare del materiale di cui è costituito il terreno in cui esse si propagano; poi i professori ci hanno fatto notare alcuni accorgimenti per i quali, intuitivamente si affermerebbe il contrario e l’importanza degli studi che tuttora avvengono per limitare i danni di un terremoto o per, in qualche modo, prevederne la localizzazione e l’intensità. Figura 1.27 22
Conclusione In generale il progetto ci è sembrato utile a livello informativo perché ci ha aiutato ad approfondire un tema molto attuale, che è studiato da secoli e che ancora oggi continua a interessare ogni zona del nostro pianeta. Abbiamo riscontrato alcune difficoltà per mancanza di tempo, dovuta alla concomitanza di numerosi impegni scolastici. Occorre, però, puntualizzare che questa ricerca ci ha resi più consapevoli di come si modifica la Terra quando viene sottoposta agli effetti di questo fenomeno e di come si potrebbe agire per non trovarcisi impreparati. Bibliografia Fonti da cui abbiamo attinto parti scritte della relazione: https://centromicrozonazionesismica.it/it/attivita/microzonazione-sismica/28-cosa-e-la-microzonazione-sismi- ca https://it.wikipedia.org/wiki/Microzonazione_sismica www.sapere.it/sapere/strumenti/studiafacile/scienza/La-tettonica/La-sismicit-/Le-onde-sismiche.html www.inftub.com/scienze/scienze-della-terra/Propagazione-e-registrazione-d61264.php https://www.gmpe.it/terremoti/ciclo-sismico http://www.sapere.it/sapere/strumenti/domande-risposte/geografia/cosa-e-sciame-sismico.html https://www.gmpe.it/terremoti/teoria-rimbalzo-elastico https://it.wikipedia.org/wiki/Magnitudo_delle_onde_di_volume http://www.ingv.it/ufficio-stampa/faq/terremoti/esistono-diverse-scale-di-magnitudo-perche https://it.wikipedia.org/wiki/Scala_di_magnitudo_del_momento_sismico http://www.meteoweb.eu/2016/11/terremoto-differenza-fra-magnitudo-intensita/773899/ https://doc.studenti.it/podcast/distribuzione-geografica-dei-terremoti.html http://www.sapere.it/sapere/strumenti/studiafacile/scienza/La-tettonica/La-sismicit-/Distribuzione-geografica- dei-terremoti.html https://gualtierofestini.wordpress.com/2011/03/20/il-prossimo-terremoto-in-italia-11-05-2011-roma/ https://www.promozioneacciaio.it/cms/it6688-progettare-e-costruire-in-zona-sismica.asp http://legacy.ingv.it/roma/cultura/ingescuola/terremotopagina/onde.html http://www.studiarapido.it/la-tettonica-delle-placche-spiegata-modo-semplice/#.WuE1Tsi-k3g Il nostro libro di testo “Il Globo terrestre e la sua evoluzione” di Elvidio Lupia Palmieri e Maurizio Parotto- Zanichell https://www.google.it/url?sa=i&rct=j&q=&esrc=s&source=images&cd=&cad=rja&uact=8&ved=2ahUKEwj- Tq__xh-HaAhUFWhQKHUVjAd0QjRx6BAgBEAU&url=http%3A%2F%2Fwww.giornaledelcilento.it%2Fit %2F04-10-2013-rischio_maremoto_la_campagna_informativa_parte_da_salerno_ecco_dove_nel_cilento- 20136.html&psig=AOvVaw0TF-u0YW56zGDfp8SohAcv&ust=1525145498704572 23
24
Gruppo 2 “Comune di Lugo” Francesco Giganti, Edoardo Ricci Frabattista, Francesco Ruani, Simone Smecca Classe 4BS, Liceo Scientifico “G. Ricci Curbastro”, Lugo, a.s. 2017/2018 La nostra relazione (gruppo 2) si è sviluppata nella ricerca, conoscenza e prevenzione riguardo ai terremoti in ambito comunale. Per svolgerla abbiamo quindi cercato quando si sono verificati terremoti nella zona di Lugo e abbiamo fissato un incontro il 26 Aprile con l’ingegnere comunale per la prevenzione Fabio Minghini. Cos'è il terremoto Il terremoto è un evento naturale ed imprevedibile, causato dallo scontro, in alcune zone del pianeta, di blocchi della crosta terrestre, chiamate placche tettoniche. Le zolle provocano un enorme frizione, con accumulo di energia elastica delle rocce. Quando l'energia accumulata supera il punto critico di resistenza delle rocce, avviene una massiccia frattura che produce una serie di onde elastiche, dette onde sismiche, le quali si propagano dalla zona in cui è prodotto il terremoto. Il punto, interno alla crosta terrestre dove si origina la frattura e l'evento sismico si chiama Ipocentro. La sua proiezione superficiale è detta epicentro, che coincide con il luogo di massima avvertibilità. L'intensità del terremoto è tanto più elevata quanto maggiore è la frattura che avviene nelle rocce interessate. Gli effetti su persone o cose sono costituiti da una serie di elementi quali, la relativa profondità ipocentrale, la frequenza delle onde sismiche che colpiscono la superficie e, soprattutto, la resistenza delle costruzioni umane alle sollecitazioni delle onde sismiche. I terremoti tendono a verificarsi nelle aree sismicamente attive ma ciò non significa che nelle zone asismiche non ne risentano gli effetti dovuti al propagarsi di vibrazioni. Le spaccature superficiali della crosta terrestre sono chiamate faglie ed è in prossimità di esse che si originano i terremoti. Il terremoto ha una durata che difficilmente supera il minuto. L'evento principale qualche volta è preceduto da qualche scossa di "avvertimento", ma, soprattutto, è seguito da una serie di "repliche" minori, che sono causate dal naturale assestamento del terreno. L'evento sismico viene misurato in base a due distinti criteri: 1. La magnitudo o scala Richter 2. L'intensità o scala Mercalli MCS. Con la prima si stima il valore dell'energia liberata dal sisma mentre con la seconda vengono stimati il grado di percezione sulle persone e gli effetti prodotti dalla scossa sulle cose tenendo conto del grado di vulnerabilità degli edifici e delle opere umane. Non c'è corrispondenza precisa tra intensità e magnitudo poichè può accadere che due terremoti di diversa magnitudine provochino effetti classificati nel medesimo grado di intensità. Il modello che tuttora si utilizza per spiegare il meccanismo di generazione dei terremoti è quello del elastic rebound o rimbalzo elastico dovuto a Reid che lo formulò nel 1911 sulla base di osservazioni effettuate in California prima e dopo il grande terremoto di S. Francisco del 1906. La teoria di Reid, che nasce dall'osservazione che i forti terremoti superficiali sono accompagnati in genere da deformazioni del suolo (vedi figura che segue), può essere riassunta in cinque punti: 1. La frattura nella roccia che è all'origine di un terremoto tettonico è il risultato di deformazioni elastiche; quando gli sforzi, che si generano nei corpi rocciosi per effetto di tali deformazioni, superano il limite di resistenza della roccia stessa, questa cede lungo una o 25
più superfici di rottura e i lembi opposti di queste si spostano l'uno rispetto all'altro fino a raggiungere una nuova posizione di equilibrio. 2. Questi spostamenti relativi non avvengono all'improvviso al momento della frattura ma raggiungono progressivamente il loro massimo ammontare durante un periodo di tempo più o meno lungo. 3. Gli unici movimenti che avvengono al momento del terremoto sono un improvviso raggiustamento elastico dei lembi della frattura verso la posizione di deformazione nulla e questi movimenti si estendono per distanze dalla frattura di qualche chilometro al massimo. 4. La vibrazione del terremoto ha origine sulla superficie delle due masse in cui avviene la frattura; la superficie da cui tali vibrazioni partono inizialmente ha un'area molto piccola che poi può rapidamente aumentare fino a diventare molto grande ma la velocità con cui questo avviene (velocità di propagazione della frattura) è sempre minore della velocità delle onde sismiche nella roccia. 5. L'energia liberata al momento del terremoto era immagazzinata subito prima della rottura sotto forma di energia di deformazione. Occorre notare che il concetto di frattura e del successivo slittamento relativo delle facce della faglia è fisicamente plausibile solo per terremoti superficiali mentre per profondità maggiori, a causa dell'enorme pressione dovuta al peso delle rocce sovrastanti, è necessario introdurre meccanismi di lubrificazione della superficie di faglia attraverso fluidi. Inoltre, le deformazioni superficiali così evidenti per il terremoto di S. Francisco non lo sono altrettanto per altri terremoti, come ad esempio la maggior parte di quelli che avvengono in Italia. Tuttavia, quando non si hanno chiare evidenze superficiali, si assume che ciò sia dovuto al fatto che la rottura non ha raggiunto la superficie. Figura 2.1: Sviluppo terremoto tra 2 masse. Il territorio Lugo è un comune in provincia di Ravenna di circa 35000 abitanti situato nel settore nord occidentale dell'ampia e fertile pianura alluvionale che circonda Ravenna, fra i fiumi Santerno e Senio. Il territorio comunale è attraversato da una fitta rete di canali, fra i quali il Canale dei Molini di Castel Bolognese, che hanno modellato queste terre, un tempo allagate, attraverso la bonifica. Il clima che caratterizza Lugo, così come tutte le zone interne pianeggianti della Romagna, è di tipo temperato subcontinentale, con inverni piuttosto freddi ed umidi ed estati calde ed afose. Dai dati che abbiamo e che si possono vedere nella tabella sottostante dei terremoti negli ultimi anni in Emilia Romagna, Lugo non è mai stata epicentro di una scossa di forte intensità. 26
Puoi anche leggere