PARLIAMO DI TERREMOTI - www1957sismicgeneration
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PARLIAMO DI TERREMOTI http://www.distav.unige.it/rsni/ITA/didattica/didattica.html link a studio utility da questo sito Da un'idea di P.Augliera, la versione corrente di questa sezione è gestita dal personale della RSNI Immagine tratta da: http://nisee.berkeley.edu/kozak/ "Images of Historical Earthquakes" The Jan T. Kozak Collection Affresco del 1361 nella Cappella di S. Maria (Karlstein Castle, Praga) che illustra i danni subiti dal Castello di Arnoldstein a causa del terremoto di Villach (Austria) del 25 Gennaio 1348. Ci e' sembrato utile inserire qualche pagina che parlasse un po' in generale del fenomeno terremoto, all'interno del sito dedicato alla Rete Sismica dell'Universita' di Genova. L'impostazione delle pagine riprende in gran parte i temi trattati in: "About Earthquakes: Lecture on Plate Tectonics" sviluppato da John Louie del "Nevada Seismological Laboratory at the University of Nevada, Reno" (http://www.seismo.unr.edu/). Per quanto riguarda gli effetti del terremoto si e' utilizzato principalmente un report scritto da Jean-Pierre Bardet della University of Southern California, Los Angeles per il terremoto di Kobe del 17/1/1995. Li ringraziamo per il permesso accordatoci per la riproduzione dei loro testi e
delle loro figure. Thank's are due to J.Louie and J-P. Bardet for permission to use text and slides of their web pages for educational purpose. La trattazione e' rivolta ad un pubblico di non addetti ai lavori e speriamo che sia utile e comprensibile. Ovviamente, ci scusiamo fin d'ora se sono sfuggiti qua e la' un po' di termini tecnici non spiegati ed incomprensibili o "sismologismi" vari. Inoltre, alcuni collegamenti "spediscono" a siti con testo in inglese. Due testi molto agili che possono servire come ulteriore approfondimento (per non citare i soliti testi sacri della sismologia) sono: - Anatomy of seismograms di Ota Kulhaneh, Elsevier (1990) - Il centro della terra di J.P. Poirier, Il Saggiatore (1998) Molto interessanti anche la serie di "Le Scienze: quaderni". Ad esempio il numero 24 (I terremoti, maggio 1985) ed il numero 59 (Il rischio sismico, aprile 1991). In Internet c'e' veramente moltissimo materiale riguardante i terremoti. Un ottimo punto di partenza e' rappresentato da: Surfing the Internet for Earthquake Data (by Steve Malone) che è l'elenco dei link a tutti i maggiori siti riguardanti sismologia e reti sismiche. Definizione del fenomeno terremoto Immagine tratta da: http://nisee.berkeley.edu/kozak/ Images of Historical Earthquakes The Jan T. Kozak Collection Affresco nella Basilica Inferiore ad Assisi mostrante la miracolosa rinascita di un fanciullo ucciso da un terremoto (Scuola di Giotto, XIV secolo, Italia)
Concetti Fondamentali I terremoti vengono spesso definiti come catastrofi naturali. Questa definizione non e' del tutto esatta; quasi sempre gli aspetti catastrofici sono legati alle condizioni di impreparazione al terremoto in cui si trovano le opere costruite dall'uomo e ad una serie di omissioni dell'uomo rispetto all'ambiente costruito; questo vale anche per gli altri tipi di cosiddette catastrofi naturali (frane, alluvioni, etc.). Il terremoto di per se' e' un fenomeno naturale che fa parte del complicato funzionamento della "macchina" chiamata Terra e gli effetti sismici sono la prova piu' evidente della dinamica ancora attiva nel nostro pianeta. I terremoti sono eventi naturali che avvengono nell'interno della Terra e che, in un tempo estremamente rapido, liberano energie considerevoli. Da un punto di vista comune, il terremoto (chiamato anche scossa tellurica, evento sismico, sisma; l'origine del termine deriva dal greco scuotimento) e' definito come una serie di rapidi movimenti del terreno causati da fratture che si verificano (principalmente nelle rocce che costituiscono la litosfera - si vedano le sezioni "Tettonica a Zolle" e "Struttura Interna della Terra") in seguito all'accumulo di forti tensioni nel tempo (dalle decine alle migliaia di anni). Il rilascio di energia puo' avvenire con una distribuzione temporale estremamente varia. Ad esempio: * scossa principale - repliche (mainshock-aftershocks) La scossa principale e' quella ad energia liberata superiore mentre le repliche liberano minore energia ed il loro numero descresce nel tempo; * precursori - scossa principale - repliche (foreshocks - main - aftershocks) i precursori sono scosse di energia inferiore rispetto alla principale, ed a volte in numero crescente man mano che si avvicina la scossa principale; * sciami di terremoti (swarms) serie di scosse nelle quali non si riesce a distinguerne una principale; a volte si osserva un aumento e poi una diminuzione della loro frequenza. Sarebbe opportuno definire repliche le scosse che nel linguaggio comune e giornalistico vengono definite di assestamento. In realta', infatti, non vi e' nulla che si assesti, ma si ha un continuo rilascio di energia. L'energia che libera un terremoto si propaga in tutte le direzioni sotto forma di onde elastiche, comunemente chiamate onde sismiche. Il modo in cui si propagano le onde sismiche dipende in gran misura dal meccanismo di rottura e dalle caratteristiche dei mezzi attraversati. In questo senso le scosse possono manifestarsi come oscillazioni orizzontali (il "terribile" termine scosse ondulatorie), ovvero come scosse verticali (l'altro "terribile" termine scosse sussultorie); un terremoto genera entrambi i tipi di oscillazioni per cui non e' molto corretto parlare di scosse ondulatorie o sussultorie.
I parametri piu' importanti per caratterizzare un terremoto sono l'ipocentro, l'epicentro, la magnitudo e l'intensita'. L'ipocentro, o fuoco del terremoto, e' il luogo (per comodita' spesso pensato come un punto) esatto in cui avviene la rottura, da cui partono le prime onde sismiche. In realta', la frattura avviene lungo un piano piu' o meno vasto (anche qualche centinaio di chilometri), per cui pensare ad un punto e' estremamente semplificativo. I terremoti si classificano a seconda della profondita' dell'ipocentro in superficiali (sotto i 70 km), intermedi (tra 70 e 300 km) e profondi (oltre i 300 km, ed in genere al massimo, a causa delle proprieta' reologiche della terra, sino a 600-700 km). L'epicentro di un terremoto e', invece, il punto sulla superficie terrestre situato sulla verticale dell'ipocentro. I sismogrammi sono le registrazioni grafiche del movimento della terra effettuate dagli strumenti chiamati sismografi. Comunemente, le distanze tra fuoco (ipocentro) e stazione registratrice si esprimono con l'angolo (denotato con Delta) formato dall'arco compreso tra le congiungenti il centro della terra con la sorgente ed il ricevitore (1 grado = 111 km). In sismologia si parla di terremoti locali per gli eventi che distano fino a 1000 km (circa 10 gradi) dall'epicentro del terremoto, di terremoti regionali fino a circa 2000 km (20 gradi) e di telesismi per gli eventi oltre questa distanza. Alcuni autori pongono il limite per gli eventi regionali a 3000 km. Per quel che riguarda magnitudo ed intensita' troverete una descrizione nelle successive sezioni. Tettonica a zolle: la causa dei terremoti Ogni anno, il pianeta terra subisce alcune decine di terremoti distruttivi che causano la morte di migliaia di persone ed hanno disastrosi effetti economici sulle aree colpite. La teorie della Tettonica a Zolle (Plate Tectonics) spiega le cause dei terremoti. Secondo questa teoria la parte superiore della terra e' considerata suddivisa in due strati con differenti proprieta' deformative. Lo strato superiore rigido, chiamato litosfera e' spesso circa 100 km sotto i continenti e circa 50 km sotto gli oceani ed e' costituito dalla crosta e dalla parte sottostante rigida del mantello superiore (vedere Sezione Interno della Terra). Lo strato sottostante, l' astenosfera si estende sino a 700 km di profondita' ed e' caratterizzato da rocce meno fragili, cioe' meno deformabili in confronto a quelle della litosfera. La litosfera rigida e' suddivisa in una dozzina di placche maggiori (che non coincidono necessariamente con i continenti) ed un gran numero di placche secondarie. Le placche litosferiche non sono stazionarie, al contrario esse "galleggiano" in modo complesso con velocita' dell'ordine dei 2-10 cm/anno sullo strato di rocce "soffici" della sottostante astenosfera, immaginiamo delle zattere in un lago. L'idea delle placche "erranti" e' stata originalmente proposta nel 1912 dallo scienzato tedesco A. Wegener.
L'immagine satellitare qui sotto mostra le isole vulcaniche dell'hotspot (punto caldo) delle Galapagos. Gli hotspots sono le aree in cui l'astenosfera risale sino alla superficie ("bucando" la litosfera). Sono estremamente importanti per valutare il moto relativo delle placche litosferiche (un esempio molto studiato è ad esempio quello delle Isole Hawaii). (da NASA) Solo nella litosfera, a comportamento fragile, si ha la possibilita' di avere un terremoto. La mappa sotto illustra la posizione dei terremoti nel globo. Essi non sono distribuiti a caso: le zone di contatto tra le varie placche sono quelli in cui sono concentrate il maggior numero di scosse. La posizione dei terremoti aiuta quindi a definire i margini di zolla (o delle placche):
(da USGS) La Terra rilascia il suo calore interno attraverso la convezione, immaginiamo il fenomeno come se riscaldassimo una pentola di budino sui fornelli (solo un americano puo' una fantasia tale da pensare ad un esempio del genere .... , ndr). Il mantello astenoferico caldo risale verso la superficie e si espande lateralmente trasportando con se oceani e continenti come su un lento nastro trasportatore. La velocita' di questo movimento e' di circa qualche centimetro per anno, per avere un'idea piu' o meno quanto crescono le unghie delle dita! La nuova litosfera, creata dall'apertura dell'oceano, si raffredda quando invecchia ed alla fine diventa densa abbastanza per tornare nel mantello. La crosta subdotta rilascia acqua per formare al di sopra le catene di isole vulcaniche, e dopo alcune migliaia di milioni di anni verra' riscaldata e riciclata in un nuovo processo di apertura. Vediamo da questo come la dinamica del pianeta terra sia estremamente "viva". Nell'immagine successiva vediamo un altro esempio della dinamica della terra, una "Moderate-resolution Imaging sectroradiometer (MODIS)" presa da
satellite il 22 luglio 2001, notate la colonna di cenere e lapilli causata dall'eruzione vulcanica dell'Etna. (da Earth Observatory, NASA GSFC) Terremoti in differenti settori delle zolle La mappa della superficie solida della Terra mostra molte delle caratteristiche dovute alla tettonica a zolle. Le dorsali oceaniche sono i centri di espansione astenosferica, ove si crea cioe' nuova crosta oceanica. Le zone di subduzione appaiono come profonde fosse oceaniche. La maggior parte delle catene si sono formate nelle zone di compressione delle zolle. I quadrati bianchi evidenziano i differenti ambienti tettonici e sismici che illustreremo in seguito.
(da NOAA) Il movimento delle placche (o zolle) e' classificato in tre differenti categorie. I limiti (boundaries) di due placche convergenti sono definiti come "trenches" (fosse), si parla invece di "ridges" (dorsali) se le placche sono divergenti; nel caso di due placche che si muovono orizzontalmente l'una rispetto all'altra si parla di "transfoms" (transformi). I trenches sono margini di placca distruttivi. Una delle placche sottoscorre l'altra e discende nella "soffice" e calda astenosfera, questo processo si chiama subduzione . I ridges al contrario sono margini costruttivi. L'apertura della zona ove le placche divergono e' continuamente riempita dal materiale del mantello in risalita. Se andiamo a guardare invece la tipologia dello stress, dovuto alle azioni che avvengono lungo le faglie, si hanno i tre tipi principali di meccanismi di rottura per i terremoti (faglie dirette o distensive, inverse o compressive, trascorrenti e, naturalmente, tutte le loro possibili combinazioni). Collegandovi qui potete vedere un'animazione del movimento dei differenti tipi di faglia. La mappa topografica, qui illustrata, della dorsale di Juan de Fuca, poco al di fuori della costa nel N-W del Pacifico, mostra la comparsa del margine nel centro di espansione. La crosta allontanandosi dal margine si raffredda e sprofonda. Gli spostamenti laterali rispetto alla dorsale sono dovute alle faglie trasformi.
(da RIDGE, LDEO/Columbia Univ.) Una veduta da satellite del Sinai mostra i due bracci del Mar Rosso che altro non sono che due centri di espansione esposti sulla superficie terrestre. (da NASA) Esistono dorsali estensionali ovunque, anche in altri pianeti, ma non raggiungono mai l'estensione che abbiamo ad esempio per la dorsale atlantica e per quella pacifica nella Terra. In quest'immagine di un vulcano su Venere notiamo un rift ai fianchi delle sue pendici.
(da NASA/JPL) (da USGS) Nelle zone di "spreading" (apertura), o in zone di contatto estensionale, i terremoti sono superficiali (al massimo generalmente 25 km di profondita') ed allineati lungo l'asse di apertura con chiari meccanismi di trascorrenza ("strike-slip"). I terremoti in regime estensionale su faglie trasformi generalmente hanno una magnitudo inferiore ad 8.5 (guardate la sezione magnitudo per una definizione di tale termine). La faglia di S. Andreas in California, che separa la placca del Pacifico e quella del Nord America, e' un esempio di trasforme. Nelle zone caratterizzate da trasformi le placche scorrono l'una accanto all'altra lateralmente, producendo meno sprofondamento o risalita di materiali rispetto a quanto avviene per gli ambienti estensivi o compressivi. I punti gialli localizzano i terremoti lungo alcuni elementi di questo sistema di faglie nell'area della baia di S. Francisco.
(da NASA/JSC; topografia da NOAA) Per i margini compressivi i terremoti avvengono a profondita' diversificate, dalla superficie fino a dove la "fredda" placca subducente e' ancora in grado di subire deformazioni fragili (ricordiamo che piu' si "scende all'interno della terra piu'aumentano temperatura e pressione; l'una favorisce mentre l'altra inibisce i processi di fratturazione e dal loro complesso rapporto che dipende la possibilità di avere o meno un sisma) e quindi terremoti, generalmente fino ad un massimo di 700 Km. Nei margini compressivi troviamo gli eventi che hanno dato luogo ai maggiori terremoti, gli eventi nelle zone di subduzione dell'Alaska e del Cile hanno superato anche valori di magnitudo 9. In questa visione da satellite, obliqua da est sopra l'Indonesia, vediamo tra le cime annuvolate una catena di grossi vulcani. La topografia sotto mostra la placca Indiana, striata da tracce di punti caldi e cicatrizzata dalle faglie trasformi, che subduce la fossa di Java. Talvolta sezioni continentali di placche collidono, ma sono troppo leggere perchè si abbia subduzione. Nell'immagine vediamo le pieghe e le ondulazioni nella stratificazione delle "Zagros Mountains" nell'Iran meridionale, ove la Placca Arabica collide con la Placca Iraniana.
(da NASA/JSC) Come esempio di una situazione piu' complessa, ed in omaggio a J. Louie della Nevada University dal cui sito ho tratto la maggior parte del materiale (come in gran parte dei siti su questi argomenti in circolazione nel web, anche se quasi nessuno cita la fonte originale; ndr) consideriamo il caso del Nevada, ove si ha una combinazione di tettonica estensionale e con faglie transformi. Il "Great Basin" ha in comune alcune caratteristiche con i plateau Tibetano ed Anatolico. Tutti e tre hanno infatti vaste area di alta quota e mostrano differenti percentuali di rifting e di estensione ditribuite nella regione. Cio' non accade invece nelle zone di vera e propria apertura oceanica, ove il rifting e' strettamente concentrato nella zona di contatto tra le placche. Le numerose catene montuose orientate nord-sud che dominano il paesaggio da Reno a Salt Lake City sono la conseguenza di una estensione principalmente diretta in direzione est-ovest negli ultimi 20 milioni di anni.
(Mappa topografica da Lamont-Doherty Earth Observatory della Columbia Univ.; vettori di moto aggiunti usando risultati da misurazioni GPS a cura di J. Louie) La componente estensiva (rift) pare essere piu' attiva nei margini orientali ed occidentali. La parte Occidentale del "Great Basin" presenta anche una significativa componente di transtensione (estensione + compressione) sovrapposta al rifting. Questo e' dovuto al moto della Placca Pacifica _ Nord Americana. Il moto totale e' circa 5 cm/anno. Di questo circa 4 cm/anno sono dovuti al sistema di faglie ben noto della faglia di San Andreas, presso la costa Californiana, il resto avviene ad est delle montagne della Sierra Nevada, in una zona che geologicamente e' nota con il termine Walker Lane. In definitiva, il Nevada ha migliaia di faglie attive di tipo estensionale accanto ad alcune significative zone dominate da faglie transformi. Anche se non attivo come la zona attigua della California, il Nevada presenta una sismicita' estremamente diffusa.
Deformazione sismica Quando durante un terremoto si forma una frattura si hanno principalmente due tipi di deformazione: STATICA e DINAMICA. La deformazione STATICA è rappresentata dallo spostamento permanente del terreno dovuto all'evento sismico. Il ciclo sismico progredisce da uno stato in cui si ha una faglia non sottoposta a stress, verso una faglia sollecitata fino ad arrivare infine alla rottura che da luogo al terremoto. Tale processo e' guidato dalla tettonica a zolle, ove il moto delle diverse placche, il loro scontro, le azioni di subduzione ed il moto relativo di una placca rispetto all'altra caratterizzano la tipologia delle aree sorgente dei terremoti. La zona interessata dalla frattura subisce una deformazione permanente ed il ciclo sismico riparte con un nuovo accumulo di energia.
Rimbalzo Elastico Per meglio comprendere questa definizione consideriamo una linea di riferimento rettilinea, come potrebbe ad esempio essere una strada, un binario etc. ed immaginiamo che una faglia, che si trova nel suo stato di deformazione pre-rottura, la attraversi. Una volta avvenuto il terremoto, la deformazione subita viene evidenziata notando lo spostamento e la deformazione dell'originaria linea di riferimento, che assume una forma con uno spostamento maggiore nella zona piu' vicina alla faglia, il riequilibrio delle strutture che fa seguito ad un terremoto e' noto con il termine di rimbalzo elastico Potete vedere un'animazione molto carina collegandovi a questo sito. ONDE SISMICHE Il secondo tipo di deformazione, il movimento dinamico, è rappresentato sostanzialmente dalle onde irradiate dal terremoto quando avviene la frattura. Mentre la maggior parte dell'energia messa in gioco dal movimento delle placche tettoniche, che sono la causa principale della generazione delle faglie, viene assorbita dalla deformazione statica, fino al 10% viene dissipata immediatamente sotto forma di ONDE SISMICHE. Le proprietà meccaniche delle rocce che vengono attraversate dalle onde sismiche determinano la velocita' con cui queste viaggiano. Le onde di compressione, conosciute anche come primarie o onde P, viaggiano più velocemente, ad una velocità
compresa tra 1,5 e 8 Km/s nella crosta terrestre. Le onde di taglio, conosciute anche come secondarie o onde S viaggiano più lentamente circa il 60 % della velocità delle onde P (il valore del rapporto Vp/Vs, in solidi "poissoniani" e' generalmente pari alla radice quadrata di 3 = 1.732...). Le onde P scuotono il terreno nella direzione della loro propagazione, mentre la onde S perpendicolarmente e trasversalmente alla loro direzione di propagazione. Mentre la velocità delle onde varia di un fattore 10 o più all'interno della Terra (si pensi che al confine mantello nucleo la velocita' delle onde P e' di poco superiore ai 13 km/s), il rapporto tra le velocità medie delle onde P e delle onde S risulta circa costante, in special modo nel settore crostale. Questo risultato autorizza i sismologi per una prima stima qualitativa a calcolare semplicemente il ritardo tra l'arrivo delle onde P e l'arrivo delle onde S per valutare la distanza del terremoto dalla stazione registratrice. Basta moltiplicare il cosiddetto tempo S-P (differenza tra il tempo d'arrivo della fase S e della fase P) espresso in secondi per un fattore pari ad 8 km/s per avere la distanza approssimata in km della stazione dalla sorgente (per percorsi nel settore crostale). Le onde P ed S sono anche chiamate onde di volume (body waves). Accanto alle onde P ed S esistono altri tipi di onde: le onde superficiali. Esse si generano quando le onde di volume raggiungono una qualunque discontinuita' della terra (molto spesso leggerete su altri siti che le onde superficiali si hanno solo quando le onde di volume raggiungono la superficie della terra..). I due fondamentali tipi sono le onde di Rayleigh (che tra l'altro non si propagano solo nei mezzi stratificati!!!) e quelle di Love. Non entriamo nella descrizione di questa tipologia di onde, esse sono comunque molto importanti ed i sismogrammi di eventi superficiali sono spesso dominati da questo tipo di onde che presentano inoltre maggiori ampiezze, in questo caso, delle onde di volume. Per concludere, possiamo dire che le onde sismiche rappresentano dei fenomeni transienti. A partire dalla sorgente del terremoto, si propagano in tutte le direzioni all'interno della Terra. Ne consegue che, dato un sensore abbastanza sensibile, e' possibile registrare le onde sismiche di eventi, anche piccoli, che avvengono in qualsiasi parte del globo. I trattati che bandiscono i test nucleari confidano infatti nella nostra abilita' di riconoscere le esplosioni nucleari, che, mediamente, sono equivalenti ad un sisma di magnitudo 3.5 (ed e' soprattutto lo studio ed il riconoscimento delle esplosioni nucleari che, in clima di guerra fredda, ha determinato un clamoroso fiorire di ricerche in campo sismologico, ndr).
SISMOGRAFI E SISMOGRAMMI I sismometri sono gli strumenti principali per coloro che studiano i terremoti. Migliaia di stazioni sismiche operano in tutto il mondo, ed alcuni strumenti sono stati trasportati sulla Luna, su Marte e su Venere. Fondamentalmente si puo' pensare ad un sismometro come un semplice pendolo. Quando il terreno si muove la base e la struttura si muovono con esso, ma l'inerzia mantiene la massa del pendolo in posto: sembra cosi' che esso si muova relativamente al terreno. Muovendosi registra come cambiano nel tempo gli spostamenti del pendolo, se "trasformiamo" il moto del suolo in una registrazione su un qualsiasi supporto (un tempo generalmente su carta fotosensibile o su carta, attualmente su supporto "informatico" di vario genere) otteniamo quello che viene definito un sismogramma (i sismografi sono i "registratori" del moto del suolo acquisito dai sismometri). I sistemi di registrazione normalmente in uso oggi operano con concetti un po' diversi. Il piu' semplice trasduttore e' uno strumento elettromagnetico (elettrodinamico) ove una bobina si muove in un campo generato da un magnete permanente, come in un altoparlante. In un sismometro passivo convenzionale, la forza inerziale prodotta dal moto del suolo a causa del terremoto sposta la massa dalla sua posizione di equilibrio, e lo spostamento, o la velocita', della massa e' convertita in un segnale elettrico. Questo principio viene oggi generalmente utilizzato solo per i cosiddetti sismometri a corto-periodo. I sismometri a lungo periodo o broadband sono costruiti in accordo con il principio del "bilanciamento delle forze". Significa che la forza inerziale è compensata (o bilanciata) da una forza elettricamente generata in modo che la massa si muova il meno possibile. Occorre che vi sia un certa percentuale di movimento altrimenti non sarebbe possibile osservare la forza inerziale.
Per una trattazione analitica e piu' completa (ovviamente abbastanza complicata ed in inglese!) ecco uno dei possibili siti da visitare. Torniamo a concetti piu' semplici anche se ovviamente un po' piu' "approssimati". Una stazione sismica avente tre differenti "pendoli" (nella strumentazione moderna si tratta di altri apparati...) sensibili ai movimenti nelle tre direzioni principali (N-S, E-W, e verticale o Z), registrera' sismogrammi da cui e' possibile stimare distanza, direzione, magnitudo e, attraverso opportune considerazioni sul verso del moto ad esempio del primo arrivo P, anche il tipo di faglia che ha causato il terremoto (non entriamo nel merito del calcolo dei cosiddetti meccanismi focali, cioe' la rappresentazione che ci permette di definire il tipo di fagliazione per non appesantire ulteriormente la trattazione). I sismologi usano naturalmente piu' di una stazione per localizzare un terremoto e meglio stimare anche gli altri parametri. Esaminando sismogrammi registrati a differenti distanze dal terremoto e' possibile definire situazioni schematizzate come nel disegno sotto:
Da questo esempio risulta evidente come le onde sismiche impieghino piu' tempo per arrivare alle stazioni situate piu' lontano. La velocita' media delle onde e' rappresentata dalla pendenza della retta che unisce gli arrivi della stessa fase, ovvero dal rapporto tra la variazione della distanza e la variazione del tempo di arrivo. Le variazioni di pendenza rivelano variazioni nella velocita' sismiche delle rocce attraversate dai raggi sismici. Da notare che, in genere per eventi superficiali, gli arrivi delle onde S hanno ampiezze molto maggiori rispetto alle onde P. Poiche' le frequenze delle onde sismiche (facendo una brutale semplificazione e tanto per dare un ordine di grandezza per eventi locali ci troviamo con frequenze dominanti tra 2 e 10 hz per le principali fasi) sono al di sotto del range di frequenze dell'udibile umano (Il campo uditivo dell'uomo si estende da circa 20 Hz fino a 20.000 Hz. Ma l'orecchio umano, oltre a non percepire tutte le variazioni di pressione e di frequenza, non è sensibile a tutte le frequenze nello stesso modo, ma è più sensibile nel campo compreso tra 2000 e 5000 Hz, mentre lo è meno alle frequenze basse ed elevate.) occorre "aumentare" la velocita' di un sismogramma per ascoltarlo completamente. Notate che vi e' una sovrapposizione tra campo dell'udibile e range di frequenze dei terremoti. A volte gli eventi caratterizzati da alte frequenze (molto "piccoli", di bassa magnitudo e superficiali) sono "udibili", tipo un colpo di martello su un incudine (come mi e' capitato di sentire durante la sequenza Umbro Marchigiana a Colfiorito nel 1997...). Inoltre le onde sismiche oltre a propagarsi nel suolo eccitano lo strato atmosferico propagandosi nell'aria sottoforma di onde acustiche.
Cliccando in una delle icone sottostanti potete "sentire" il sismogramma relativo al terremoto di Landers (Sud California) del 1992 registrato dai sismologi dell'USGS a Mammoth Lakes. La registrazione originale, lunga 800 secondi, e' stata velocizzata 80 volte. LOCALIZZAZIONE DEI TERREMOTI Uno dei principali scopi di una rete sismica e' definire la posizione dell'ipocentro del terremoto ed il suo "tempo origine" cioe' quando e' partita la fratturazione, queste operazioni vanno sotto il termine: localizzare un terremoto. Sebbene sia possibile stimare la localizzazione di un evento dalla registrazione di una singola stazione, e' piu' accurato usare almeno tre o piu' stazioni. Oltre che per poter meglio definire la zona in cui ci aspettiamo i maggori danni, e' importante localizzare la sorgente di un terremoto per poter mettere in relazione i danni subiti ed, ad esempio, la situazione geologica dei differenti siti (effetti di amplificazione o attenuazione del moto del suolo dovuti a particolari percorsi delle onde sismiche o a particolari caratteristiche dei suoli). Data una singola stazione sismica, il sismogramma fonira' una misura dei tempi di arrivo delle P e delle S e quindi la distanza tra la stazione e l'evento. La differenza dei tempi di arrivo delle P e delle S moltiplicata per il fattore 8 Km/s fornisce, come abbiamo gia' visto, la distanza in chilometri. A questo punto si disegna un cerchio con centro coincidente con la posizione della stazione e raggio uguale alla distanza calcolata. L'evento puo' essere localizzato in uno qualsiasi dei punti sulla circonferenza. Utilizzando lo stesso procedimento per almeno altre due stazioni si ottengono altri due cerchi. L'intersezione dei tre cerchi identifichera', se le letture che abbiamo effettuato dei tempi P ed S sono corrette e se la nostra semplificazione del modello crostale attraversato dalle onde sismiche non si allontana troppo dalla situazione reale, un solo punto che rappresenta la posizione dell'evento. Magari tutto fosse cosi' semplice! In realta' sulle metodologie di localizzazione dei terremoti la situazione e' ben diversa da quella qui ipotizzata. Esistono numerosi algoritmi e procedure di calcolo alquanto piu' complicate che tengono conto della reale complessita' della struttura interna della terra e del percorso dei raggi sismici in modelli anche tridimensionali. Quanto abbiamo visto e' una semplificazione per permetterci di capire a grandi linee le linee guida del problema di localizzare un terremoto. Nell'esempio illustrato sono utilizzate le stazioni di Boston, Edinborough e
Manaus. L'evento e' localizzato dall'intersezione dei cerchi nella dorsale Medio Atlantica. Cos'e' la magnitudo ? Risposta breve: I sismologi usano la Magnitudo per avere delle indicazioni sull'energia rilasciata da un terremoto. Qui di seguito sono riportati gli effetti tipici di un terremoto in relazione ai valori di magnitudo: Magnitudo Effetti Minore di Generalmente non risentito, ma registrato. 3.5 3.5-5.4 Spesso sentito, ma raramente causa danni. Leggeri danni in costruzioni con buon disegno strutturale. Possono causare Sotto 6.0 danni significativi in edifici mal costruiti o vecchi, generalmente in aree ristrette 6.1-6.9 Possono essere distruttivi in aree fino a 100 km di estesione. 7.0-7.9 "Major earthquake". Possono causare danni enormi su vaste aree Maggiori di "Great earthquake". Possono causare seri danni in aree ampie anche 8 migliaia di km. Sebbene ogni terremoto abbia una sua magnitudo, gli effetti varieranno enormemente in funzione della distanza, delle condizioni del terreno, dagli standard costruttivi ed altri fattori. Per esprimere gli effetti del terremoto su cose e persone si utilizza una scala di Intensita' (vedi sezione L'Intensita'). Ovviamente ogni terremoto e' caratterizzato da un rilascio energetico ben definito, ma i valori di magnitudo possono variare da stazione a stazione e da osservatorio ad osservatorio. Questo fatto non deve stupire. Innanzitutto occore distinguere di che magnitudo si stia parlando. In effetti esistono differenti tipologie. In generale si sente sempre parlare di Magnitudo Richter ma questa scala e' stata definita per la California (come sara' spiegato piu' avanti). Il simbolo generalmente utilizzato per la Magnitudo Richter e' ML (che sta per magnitudo locale). Senza entrare nel dettaglio esistono diversi tipi di magnitudo che dipendono dalla frequenza delle onde di cui misuriamo l'ampiezza. Ad es., misurando al massima ampiezza delle onde con periodo di 20 secondi si ottiene la cosiddetta Ms, mentre su onde con periodi minori si calcola la cosiddetta Mb (la b sta per body).
Inoltre il valore misurato dell'ampiezza delle fasi sismiche dipende fortemente dalle caratteristiche "geologiche" del sito di misura. Per semplificare possiamo pensare che una stazione posizionata su roccia tenda a restituire il segnale senza particolari amplificazioni (vedere sezione Gli effetti di un terremoto) mentre su terreni incoerenti in generale si possono avere effetti di amplificazione del segnale. Risposta estesa: Uno dei maggiori contributi dati da Dr. Charles F. Richter e' stato quello di riconoscere che le onde sismiche irradiate dai terremoti possono fornire una stima diretta della loro "forza". Egli raccolse registrazioni di onde sismiche da un elevato numero di terremoti e sviluppo' e calibro' un sistema di misura della loro "magnitudo". Richter collego' direttamente il fatto che maggiore fosse l'energia intrinseca rilasciata dal terremoto e maggiore risultasse l'ampiezza del movimento del suolo ad una data distanza. Calibro' la sua scala di "magnitudo" misurando l'ampiezza massima delle onde di taglio (onde S vedi sezione Onde Sismiche) registrate da sismometri particolarmente sensibili alle onde di taglio con periodo di circa 1 secondo. In particolare utilizzo' i sismometri Wood-Anderson e terremoti registrati nella Caifornia del Sud. Da questo si comprende che occorre adattare la scala di Magnitudo Richter al tipo di strumentazione utilizzata ed al luogo in cui si registrano i terremoti. Da qui il termine piu' corretto di Magnitudo locale quando si utilizza la massima ampiezza delle onde di volume (onde P ed S). Nel diagramma sottostante vediamo come si ricavi la magnitudo dal valore di ampiezza massima.
Dal nomogramma possiamo facilmente capire che il valore di magnitudo ricavata dipende dalla distanza della stazione e dall'ampiezza massima registrata. Vedete che in maniera approssimativa invece della distanza possiamo utilizzare il tempo che intercorre tra l'arrivo S e l'arrivo P (che 'e funzione della distanza del terremoto). L'equazione per la Magnitudo Locale e': ML = log10A(mm) + (fattore correttivo per la distanza) Qui A e' l'ampiezza, in millimetri, misurata direttamente dalla registrazione. Richter defini che un terremoto ha magnitudo pari a 3 quando un evento registrato a 100 km di distanza con un sismometro di tipo Wood-Anderson con periodo proprio di 0.7 secondi (e non entriamo nel dettaglio della sismomentria per capire cosa significhi periodo proprio di un sismometro...) e 2800 ingrandimenti da luogo ad una ampiezza massima di 1 millimetro. Notate che il valore della magnitudo dipende dal logaritmo in base 10 dell'ampiezza. Quindi tra un terremoto di magnitudo 4 ed un terremoto di magnitudo 5 l'ampiezza varia di 10 volte!!
Momento sismico I sismologi hanno di recente sviluppato una scala standard di magnitudo che e' completamente indipendente dal tipo di strumento utilizzato definita Magnitudo Momento derivata dal momento sismico. Per avere un'idea del momento sismico riprendiamo un attimo i concetti di fisica elementare e pensiamo a cosa sia il momento. Il momento e' definito come la forza per la distanza dal centro di rotazione di un sistema, quindi il momento = forza x braccio. Immaginiamo due differenti blocchi di una faglia a contatto ed in moto relativo l'uno rispetto all'altro. Il momento di un terremoto puo ' essere espresso da: (Momento)=(Rigidita')x(Area della Faglia)x(Spostamento sulla superficie di faglia; ovvero M0 = mu A d La rigidita' viene intesa come resistenza al taglio (forza su unita' di superficie) L'unita' di misura del momento sono dyne-cm C'e' un metodo standard per convertire il momento sismico in un valore di magnitudo, l'equazione e': Mw = (2/3)(log10(M0(dyne-cm)) - 16.05) Proviamo a vedere a che magnitudo corrisponda la rottura di un provino di roccia in laboratorio con una pressa (forza dell'ordine di 3e13 (dyne-cm) ove 3e13 significa 3 moltiplicato 10 elevato alla 13). Mw = (2/3)(log10(3e13(dyne-cm)) - 16.0) = (2/3)(13.5 - 16.0) = -1.7 Abbiamo un valore di magnitudo negativo! Cio' non ci deve stupire, la magnitudo puo' assumere valori negativi (ricordatevi che Richter utilizzo la sua definizione di magnitudo con strumenti in uso negli anni 30 e taro' la sua scala con un terremoto magnitudo 3 che dava un ampiezza di 1 mm per "un particolare tipo di sismometro ad una certa distanza; ora e' possibile registrare anche terremoti estremamente piccoli da cui viene fuori una magnitudo negativa. Anche in siti molto "seri" di istituzioni internazionali a volte leggerete che la magnitudo va da 0 a 9. Non vi fidate ... sbagliano!ndr. La magnitudo non ha un significato "fisico" e' semplicamente un numero che mette in relazione differenti ampiezze del segnale, e' una scala relativa).
Energia Sismica Sia la magnitudo che il momento sismico sono in qualche modo relazionabili all'energia irradiata da un terremoto. Richter e Gutenberg svilupparono per primi una relazione tra magnitudo ed energia, del tipo: logES = 11.8 + 1.5M ove l'energia ES e' in erg. Notate che tale energia non e' l'energia totale espressa da un terremoto, gran parte dell'energia e' dissipata in calore. Piu' recentemente , Hiroo Kanamori ha sviluppato una relazione tra momento sismico ed energia delle onde sismiche. Energia = (Momento)/20.000 Il momento e' in unita' di dyne-cm e l'energia in ergs. Nella tabella sotto vediamo di avere un'idea dell'energia rilasciata dai terremoti per classi di magnitudo: Equivalente in TNT Magnitudo Esempio approssimativo (quantita' di esplosivo) -1.5 0.08 gr Rottura di un provino roccioso in laboratorio 0.2 30 gr Bomba a mano di grosse dimensioni 1.0 477 gr 1.5 2.68 kg 2.0 15 kg Esplosione per scavi di palazzi 2.5 85 kg 3.0 477 kg Esplosione di cava 3.5 2.68 ton Esplosione alla centrale nucleare di Chernobyl 4.0 15.1 ton (circa 9.5 ton) 4.5 84.8 ton 5.0 477 ton Es.: terremoto del 2000 nel Monferrato 5.5 2682 ton Bomba atomica "Little Boy" esplosa a 6.0 15080 ton Hiroshima
Es.: terremoto del 1887 nel Mar Ligure o del 6.5 84802 ton 1980 in Irpinia 7.0 476879 ton Es.: terremoto del 1908 di Messina 7.5 2.68 milioni ton Es.: terremoto del 1992 a Landers, California Es.: terremoto del 1906 a San Francisco, 8.0 15 milioni ton California La piu' potente bomba all'idrogeno testata 8.5 84.8 milioni ton (Tsar) (50 milioni ton) Es.: terremoto del 2004 a Sumatra (magnitudo 9.0 476.9 milioni ton 9.1) 9.5 2.68 miliardi ton Es.: terremoto del 1960 in Cile Stima dell'impatto del meteorite che creo' il 12.55 100 mila miliardi ton cratere Chicxulub 65 milioni di anni fa Un'altra misura per un terremoto Come abbiamo gia' detto in altri punti, i sismologi usano un metodo differente per stimare gli effetti di un terremoto, la sua intensita'. L'intensita' non deve essere confusa con la magnitudo. Sebbene un terremoto abbia un'unica magnitudo i suoi effetti (cioe' la sua intensita') variano da punto a punto (vedi sezione Intensita'). Effetti del terremoto Gli effetti di qualsiasi terremoto dipendono da tutta una serie di fattori estremamente variabili. Questi fattori sono di tipo: •Intrinseco al terremoto, vale a dire la sua magnitudo, il tipo di fagliazione, la profondita'; •geologico, cioe' legati alle condizioni geologiche ove l'evento viene risentito - distanza dall'evento, percorso dei raggi sismici, tipologia e contenuto in fluidi del suolo; •sociali, cioe' dipendenti dalla qualita' delle costruzioni,preparazione della popolazione a fronteggiare un evento sismico, ora del giorno (ad es. ore di punta, evento di notte). Si puo' mettere in relazione il numero di vittime causate da un sisma con la combinazione dei fattori sopra citati. Come esempio possiamo considerare il terremoto avvenuto il 17 ottobre del 1989 a Loma Prieta nell'area meno popolata della penisola di San Francisco, rispetto alle zone adiacenti estremamente urbanizzate. La magnitudo del terremoto (ML) e' stata stimata in 7.1 (per avere un'idea
dell'energia, oltre 30 volte superiore rispetto ai due eventi principali della sequenza umbro marchigiana del 1997). Gli standard costruttivi dell'area erano estremamente alti e la popolazione era preparata a fronteggiare l'emergenza terremoto. Tuttavia la zona della Baia di San Francisco e' caratterizzata dalla presenza di suoli soffici ed altamente saturi in acqua e questo ha causato spettacolari collassi strutturali in alcune delle vie di comunicazione, seppur lontane rispetto all'area epicentrale. Inoltre l'evento e' avvenuto in un'ora di punta con traffico ancora piu' intenso del consueto a causa della gara di apertura delle "World Series" che si stava effettuando quel giorno. Nonostante questi fattori negativi il numero di vittime e' stato limitato a 75. Poco tempo prima, il 7 dicembre 1988 si era avuta una scossa di magnitudo pressoche' equivalente in Armenia settentrionale, nella zona di confine tra ex-Unione Sovietica e Turchia (in Italia e' comunemente conosciuto come terremoto di Spitak). In questo caso pero' l'evento si e' verificato in un'area estremamente urbanizzata e le caratteristiche costruttive degli edifici erano assolutamente precarie. L'evento si verifico' inoltre di notte. Molte delle costruzioni collassarono ed il numero di morti supero' le 25.000 unita'. Il Terremoto del 17 Gennaio 1995 (Hyogo-Ken Nanbu Earthquake) Piu' di 5000 persone perirono a causa di questo terremoto (M w = 6.9) avvenuto nella prefettura di Hyogo, la maggior parte nella citta'di Kobe, il maggior porto del Giappone (in Italia questo terremoto e' noto infatti con il nome di terremoto di Kobe). La perdita di cosi' tante vite in un paese che tutti credevano assolutamente preparato a fronteggiare eventi catastrofici provoco' un'emozione intensa nella comunita' internazionale (da noi in Italia si dice comunemente che il Giappone e' preparatissimo a fronteggiare le catastrofi naturali come i terremoti, favoleggiando su case di carta etc., dimenticandosi di quanto avvenne in questo recente caso). Le dimensioni di questa catastrofe sono dovute a tutta una serie di terribili coincidenze ed all'influenza di vari fattori sismologici e sociali le cui concause si chiariranno meglio entrando nel dettaglio attraverso la serie di immagini e le descrizioni successive.
(fonte USGS) Kobe e' piu' lontana rispetto ad altre principali citta' del Giappone dalla pericolosa zona di intersezione di tre placche tettoniche : Pacifica, Euroasiatica e delle Filippine. Questa tripla giunzione rappresenta il punto di incontro di 3 zone compressive di subduzione. Nella figura le zone tratteggiate in rosso rappresentano le parti delle faglie in subduzione che sono state interessate dai forti terremoti avvenuti nel 1944 e nel 1946. L'area di Kobe e' inoltre interessata anche da un sistema di faglie trascorrenti (la cosiddetta "Median TectonicLine" in giallo in figura nella parte a terra. Le altre linee in giallo nella zona a mare (quelli con le "barbette", come vengono gergalmente a volte chiamati i triangolini gialli) rappresentano i fronti delle placche in subduzione. (da Earthquake Research Institute, Tokyo) La mappa a lato mostra gli epicentri delle repliche (aftershocks) registrati nei due giorni successivi all'evento principale. L'osservazione della distribuzione degli eventi successivi al cosiddetto "main shock" (evento principale) resta tuttora uno degli indicatori fondamentali per capire l'estensione del settore di faglia coinvolto nella rottura principale. Notiamo come in questo caso gli eventi indichino una rottura trasversale alla "Awaji Island" che attraversa la baia di Honshu direttamente al di sotto della citta' di Kobe. Il fatto che l'evento si sia verificato proprio in corrispondenza di un centro abitato ha esaltato le caratteristiche distruttive dell'evento, venendo a mancare la mitigazione dovuta all'attenuazione dell'energia sismica durante la propagazione per eventi che si verificano a maggiori distanze.
Effetti diretti L'effetto dei terremoti sulle strutture e sul paesaggio puo' sostanzialmente dividersi in due tipologie: effetti diretti e secondari. Gli effetti diretti sono collegati alla deformazione del suolo in corrispondenza della faglia la cui rottura ha generato l'evento sismico. Tali effetti sono limitati esclusivamente all'area interessata dalla rottura. La maggior parte delle rotture causate dei terremoti, che possano essere relazionate direttamente con la faglia principale, raggiungono raramente la superficie. Il terremoto di Kobe non sfugge a questa regola, si sono osservati effetti della superficie di rottura esclusivamente in un'area rurale dell'Awaji Island, con spostamenti relativi fino a 3 metri. Le strutture localizzate lungo la superficie di faglia, passibili quindi di essere direttamente danneggiate dallo spostamento sono limitate in confronto alle reali dimensioni della faglia stessa. In particolare in questo caso si sono avute evidenze di danni dovuti allo spostamento diretto del suolo su recinti, servizi fognari o di rete del sottosuolo e canali di irrigazione. Alcune evidenti disclocazioni sono state osservate anche in corrispondenza di risaie. (da Geographical Survey Institute of Japan) Veduta aerea della rottura dovuta alla faglia nella zona settentrionale di Awaji Island, ripresa il 18 gennaio 1995, giorno successivo all'evento. Da sinistra a
destra possiamo notare una frana che interrompe una strada, una scarpata di faglia all'interno di una risaia, uno spostamento laterale destro in una strada rurale (vedi dettagli nel riquadro) ed altri 3 punti ove sono visibili gli spostamenti diretti. Notate come siano limitati i danneggiamenti visibili alle case, anche se molto vicine rispetto alla superficie di faglia. (da un report di J.-P. Bardet et al. per la Gifu Univ.; riproduzione autorizzata ) Vista lungo la scarpata di faglia ad Awaji Island. La parte della risaia a destra risulta sollevata di piu' di un metro. Notate anche la strada "tagliata" sullo sfondo. E' spesso possibile misurare gli spostamenti e le lunghezza dei settori di faglia esposti in superficie. Da questi si puo' stimare lo spostamento e l'area della faglia sepolta (non visibile in superficie) ed ottenere una stima, indipendente dalle registrazioni sismometriche, della magnitudo del terremoto. Foto da un settimanale giapponese che mostra la scarpata di faglia. Notate lo spostamento sia verticale che orizzontale mostrato dall'argine della risaia. Strutture ben costruite resistono spesso a collassi strutturali, anche nelle immediate vicinanze di una faglia sismogenetica. "Rimbalzo elastico", la deformazione permanente del suolo causata dalla rottura di faglia puo' estendersi diversi chilomentri dalla faglia stessa ed e' spesso misurabile, anche se la rottura rimane sepolta. Nel passato igeodeti hanno effettuato accurati e costosi sopralluoghi, visitando migliaia di siti per misurare direttamente le deformazioni in un'area colpita da terremoto
(da GeographicalSurvey Institute of Japan e National Space Development Agency of Japan) In seguito e' stato sviluppato un metodo piu' rapido che permette di ottenere mappe della deformazione utilizzando la interferometria radar. Con questa tecnica vengono comparate immagini di microonde-radar, in una data regione, prima e dopo l'evento sismico. Nella figura sopra, relativa sempre alla Awaji Island, a colore uguale corrisponde ugual spostamento ed ogni frangia di colore equivale ad uno spostamento verticale di 11 cm. Si notano oltre 8 differenti frange dando luogo ad uno spostamento massimo dell'ordine del metro causato dal terremoto. A sinistra,due frange parallele alla costa nella citta' di Kobe che indicano uno spostamento superiore ai 20 cm direttamente osservabile nella citta' causato dalla faglia sepolta. Effetti Secondari La maggior parte dei danni correlati ai terremoti risulta dagli effetti secondari, quelli cioe' che non sono necessariamente dovuti dal movimento della faglia ma risultano dalla propagazione delle onde sismiche a partire dalla zona di rottura. Gli effetti secondari risultanti dal passaggio temporaneo delle onde
sismiche possono interessare aree anche molto vaste, causando un diffuso danneggiamento. Tali effetti includono: scuotimento, frane, liquefazioni, subsidenza, fessurazioni. Scuotimento Sismico (da Architecture Dept. of Tokyo Metro. Univ.) Possiamo immaginare le onde sismiche che si dipartono dalla zona sorgente della rottura in modo simile alle onde che si generano in uno stagno quando vi lanciamo un sasso. L'altezza dell'onda generata si attenua via via che ci sia allontana dalla sorgente. Un effetto simile si ha per le onde sismiche. Nel grafico sopra e' riportata la variazione dell'accelerazione del suolo in funzione della distanza come misurata direttamente per il terremoto di Kobe. Una accelerazione di 1000 gal equivale a quella di gravita', basta comunque un valore anche del 50 % rispetto all'accelerazione di gravita' per rovesciare degli oggetti. Notate come vi sia una grande dispersione nei valori osservati, con variazione di 2 o 3 volte per la stessa distanza. Sono dovute ad effetti locali, e non a problemi di determinazione dei valori di accelerazione osservati, come chiariremo tra poco.
(Earthquake Research Institute, Tokyo) In questa mappa sono mostrate le differenze significative, anche per localita' estremamente vicine, causate dagli effetti secondari (piu' chiaramente dal passaggio delle onde sismiche) per le accelerazioni e le velocita' del moto del suolo misurate strumentalmente. Tali variazioni di ampiezza nei segnali registrati sono correlate a condizioni geologiche locali, alle differenti composizioni litologiche ed ai diversi spessori dei suoli, e prendono il nome di effetti di sito. (da Architecture Dept. of Tokyo Metro. Univ.) I sismogrammi sopra raffigurati rappresentano le registrazioni in due differenti siti a Kobe. A sinistra i tre sismogrammi (ognuno rappresenta il moto del suolo lungo 3 differenti componenti : la componente verticale, quella orientata in direzione nord-sud e quella nella direzione perpendicolare est-ovest) mostrano impulsi netti ed il contenuto in frequenza del segnale e' maggiormante spostato verso le alte frequenze. Nella figura a destra notiamo una maggiore componente a bassa frequenza, oltre ad una durata maggiore degli impulsi ad ampiezza maggiore. Il primo sito e' su roccia, il secondo e'
localizzato vicino alla costa su un suolo soffice, spesso e saturo in acqua. Quest'ultima zona soffre dei maggiori danni a causa del terremoto. Vediamo quindi come le condizioni del sito (da qui il nome di effetti di sito) giochino un ruolo fondamentale nel danno sofferto dalle strutture a parita' di altre condizioni (quali magnitudo, tipologia di costruzione etc.) (da un report di J.-P. Bardet et al. della Univ. of South. California per Gifu Univ., Japan) La maggior parte dello scuotimento sismico e' di tipo di taglio (l'espressione "side-to-side" degli autori anglosassoni rende molto bene l'idea dello scuotimento). Le costruzioni sono propense a resistere molto meglio alle sollecitazioni verticali (si pensi infatti che sono progettate per resistere alla forza di gravita', al loro stesso peso) che non a quelle di taglio. Inoltre e' molto piu' difficile deformare per taglio un triangolo che non un rettangolo. Per tali motivi il design di strutture antisismiche prevede rinforzi e sagomature di forma triangolare per resistere alle sollecitazioni di taglio. (Kobe University) Questa casa in legno e' collassata a causa dello scuotimento sismico. E' lecito supporre che il tetto con tegole in ceramica ha sopportato piu' sforzo di taglio di quanto potesse reggere la struttura della casa in legno. Questa tipologia di costruzione e' molto comune in Giappone.
(da un report di J.-P. Bardet et al. della Univ. of South. California per Gifu Univ., Japan) Accanto a questa costruzione completamente collassata c'e' un edificio in cemento armato che non ha sofferto danni strutturali. Il grande numero di case in legno collassate a seguito del terremoto di Kobe rispetto alle costruzioni in cemento armato ha stupito molti osservatori, poiche' si pensa comunemente che le case in legno resistano meglio agli sforzi di taglio. Le case in c.a. hanno pero' un miglior disegno strutturale e sono state costruite tenendo anche conto della loro maggiore altezza (insomma devono essere state costruite con criteri di ingegneria sismica). Le case in legno hanno inoltre proporzionalmente dei tetti estremamente piu' pesanti. (Kobe Univ.) Un'altra anomalia del terremoto di Kobe e' rappresentata dall'alto numero di case a piu' piani, costruite circa 20 anni prima, in cui ha collassato il quinto piano. La spiegazione e' semplice, si tratta di sopraelevazioni di edifici preesistenti che erano originalmente di 5 piani.
(Kobe Univ.) Questa foto illustra l'estremo pericolo rappresentato dal trovarsi in strada durante un terremoto. Segnali stradali, finestre e l'intera facciata di un edificio hanno collassato sulla strada. Durante un terremoto e' usualmente piu' sicuro rimanere all'interno di un edificio che slanciarsi all'aperto. Per non parlare del pericolo rappresentato dall'utilizzare scale ed ascensori durante una scossa. Effetti sulle linee di comunicazione La gran quantita' di detriti e materiali che hanno invaso le strade e' stata una delle coincidenze che hanno reso drammatico il bilancio in vite umane di questo terremoto. Quasi tutte le strade, le ferrovie, il porto e tutte le vie di comunicazione della citta' hanno sofferto ingenti danni strutturali causando inoltre un grosso ritardo nella possibilita' di offire soccorso. La maggior parte delle strade di Kobe erano state costruite 20-30 anni fa prima che le moderne tecniche costruttive prendessero campo. (da un report di J.-P. Bardet et al. della Univ. of South. California per Gifu Univ., Japan) Questa strada sopraelevata forma un pendolo rovesciato, le colonne di supporto non possono resistere allo scuotimento generato dalle onde di taglio.
(da un report di J.-P. Bardet et al. della Univ. of South. California per Gifu Univ., Japan) Il pilastro soprariprodotto mostra un tipico collasso delle piu' vecchie strutture in cemento armato. I ferri (cioe' le aste verticali in acciaio) sostengono il peso della struttura. Durante lo scuotimento causato dal terremoto rivestono una grossa importanza le staffe (l'armatura orizzaontale) che come possimao vedere dalla foto, in questo caso sono sottodimensionate. Ovviamente pilastri piu' resistenti sono piu' costosi. (da un report di J.-P. Bardet et al. della Univ. of South. California per Gifu Univ., Japan) Larghe sezioni dell'arteria principale ("Hanshin Express way") si sono rovesciate. Tale fatto e' accaduto sovente ove la strada attraversava aree con suolo meno consistente e piu' soffice ove lo scuotimento e' stato piu' intenso ed ha inoltre avuto una maggiore durata.
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