Procida Mediterranea 2022 - Una passeggiata a Vivara - AppiaPolis

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Una passeggiata a Vivara

Procida Mediterranea 2022
Una passeggiata a Vivara

Simonetta Volpe, Regione Campania, Responsabile tecnico Riserva Naturale Statale
isola di Vivara.

                                       Vivara è per molti, compresi gli abitanti di Procida, un
                                       luogo incantato, poco conosciuto perché non
                                       accessibile, di cui rimangono i racconti mitici dei nonni
                                       che vi venivano portati in barca perché ne coltivassero i
                                       terrazzamenti a vigneto e oliveto.
                                       Per superare il cancello di accesso e visitare questo
                                       unicum paesaggistico, in cui non è possibile scindere la
                                       descrizione dei suoi insediamenti da quella del territorio,
                                       faremo una passeggiata virtuale dell’isola.
                                       Varcato, quindi, il cancello posto sul ponte di
                                       collegamento tra il promontorio di S. Margherita e
                                       l'isolotto di Vivara inizia una gradonata in basalto,
 consumato ed addolcito dal tempo e dalle mareggiate che infuriano principalmente con
 lo scirocco. Si dice che lunga rampa di gradini fu fatta costruire in onore della principessa
 Maria José che voleva visitare l'isola e che, durante i mesi estivi, amava fare il bagno
 nelle cale dell'isola di Procida a bordo del suo panfilo.
  Alla fine della rampa vi è un casotto d'ingresso settecentesco, meglio conosciuto come
 "Casa del caporale", ora in grave stato di fatiscenza, sotto cui è posto il secondo cancello
 da oltrepassare per accedere all’isola.
 La casa del Caporale è una piccola
 costruzione che deve il suo nome al
 caporale delle guardie del corpo del re
 Carlo III che dimoravano presso il
 casotto d'ingresso a guardia dell'Isola.
 L'edificio, dal 1977, ha accolto, insieme
 agli edifici posti sulla sommità dell'isola,
 la     sede      dell'”Unione       Trifoglio”,
 un'associazione        naturalistica,      che
 grazie al prof. Giorgio Punzo, ha
 assicurato dal 1977 al 1993 l’ultima
 presenza stabile sull'isola di gruppo di
 volontari     impegnati       gratuitamente
 nell’educazione naturalistica, nelle visite
 ma anche dedicati alla custodia, alla
 manutenzione         e    alla     lotta     al
 bracconaggio.
 Il casotto d'ingresso è un edificio in
 muratura portante in tufo e strutture
 orizzontali e tetto piano; si articola su
 due livelli fuori terra di cui il piano terra
 è l'androne che consente l'accesso
 all'isola caratterizzato da una piccola
 scala a chiocciola in ghisa che porta
 all’unica stanza del piano superiore.
                                                     Le rampe di accesso all’isola di Vivara e la
 Oltrepassato il casotto d'ingresso e
                                                     Casa del Caporale
 proseguendo lungo la scalinata, inizia il
 sentiero principale che si sviluppa
 longitudinalmente sul versante occidentale dell'isola, fiancheggiato da corbezzoli
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Simonetta Volpe
monumentali, dall'erica arborea e dal mirto. Poco prima di terminare la gradonata in
salita, notiamo sulla sinistra un bivio che ci indica l'inizio del sentiero orientale. Terminata
la scalinata si vede il lungo vialone del sentiero centrale, mentre sulla destra c'è una
scalinata che scende verso due costruzioni immerse in una fitta vegetazione: si tratta dei
Fortini, costruzioni militari di Vivara, realizzate quando tra la fine del “700 e l’inizio
dell’”800 l’isola divenne un avamposto militare napoleonico per prevenire gli sbarchi dei
legittimisti borbonici asserragliati a Ponza e Ventotene. Il complesso fortilizio
soprannominato "Fortino napoleonico" si compone essenzialmente di due piccoli edifici
e da un’esedra che in primavera è invasa dalla fioritura di narcisi selvatici e che è
delimitata da muri di contenimento con probabile funzione di bastione a forma circolare
rivolto verso il mare. Uno degli edifici è costruito in pietra cementata, interrato, coperto a
botte. Il secondo, formato da due ambienti con volte a botte, presenta varie feritoie a
"baionetta" ed uno strano tetto a capanna in pietra, ora ricoperto da vegetazione.
Un ripido sentiero ci riporta sul sentiero principale e poco dopo si arriva al cancello che
delimita la zona degli impianti dell'acquedotto. A sinistra, accanto ad una fontanina, unica
fonte d'acqua dell'isola (da quando un fulmine, nel 1990, ha distrutto l'impianto elettrico
pregiudicando il funzionamento del motore che provvedeva all' approvvigionamento di
acqua alle case superiori), parte una scala in basalto che consente di superare,
dall'esterno, la zona dell'acquedotto. La scalinata è sovrastata da un imponente
esemplare di quercia secolare, appartenente alla specie Roverella (Quercus pubescens)
che, da rilievi dendrologici, risulta essere presente sull’isola prima dei Borbone!
Arrivati alla sommità della scala in basalto, su di un piccolo pianoro circondato dalla
vegetazione, si trova una costruzione in pietra costituita da un unico, grande edificio a
forma rettangolare, conosciuto come "Il Cantinone" sul cui utilizzo ed origine le notizie
sono incerte. Alcuni lo datano tra la fine del Settecento e gli inizi dell'Ottocento,
presupponendo che la sua destinazione d'uso in origine fosse quella di casermetta, solo
                                                     successivamente            convertita      a
                                                     magazzino agricolo. Altri, invece,
                                                     considerando          alcuni      particolari
                                                     costruttivi, lo reputano un magazzino
                                                     agricolo coevo della casa padronale,
                                                     risalente al 1681, che testimonierebbe
                                                     l’uso di Vivara come possedimento
                                                     agricolo produttivo, coltivato soprattutto
                                                     a vigneto ed oliveto, a cavallo tra il '600
                                                     e il '700, prima che l'isola ridiventasse
                                                     riserva di caccia. Conferma di questa
                                                     ipotesi è data da una piccola
                                                     costruzione, poco distante, per la
                                                     pigiatura dell'uva.
                                                     L’edificio, privo di copertura, è
                                                     seminterrato, parzialmente scavato
                                                     nella roccia, realizzato in muratura
                                                     portante; sono presenti tre archi
                                                     ribassati che dovevano sostenere un
                                                     tetto presumibilmente in legno o che,
                                                     forse, segnavano la posizione di
                                                     imposta della volta che lo ricopriva,
                                                     tuttavia non esistono elementi certi sulla
                                                     sua copertura. Le pareti presentano
                                                     una serie di finestre a "doppio strombo"
                                                     e sono formate da pietrame tufaceo
                                                     grossolanamente squadrato.
               Il Fortino napoleonico                Lasciato il Cantinone, si continua a
                                                     destra per un sentiero che si snoda tra i
boschetti di Erica arborea, di lentisco, di corbezzoli e di grossi olivi. Il sentiero conduce
alla parte più alta dell'isola, agli edifici padronali. Arrivati in prossimità della casa
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Una passeggiata a Vivara

padronale le prime costruzioni che incontriamo sono una torre di avvistamento ed una
vaccheria, realizzati nel 1833. In realtà la torre, chiamata a Procida "pulpito", era
utilizzata come appostamento per la caccia alle tortore. ll fabbricato della “vaccheria” è
costituito da due blocchi di fabbrica affiancati, di altezze differenti, il primo totalmente
diruto, e senza copertura, mentre il secondo, a due piani, è sostanzialmente sprovvisto
di tutti i solai orizzontali. Vicino a questi due edifici possiamo osservare anche un
monumentale esemplare di carrubo, alto oltre dieci metri, i cui frutti erano usati come
alimentazione per il bestiame.

                                         Il Cantinone

Proseguendo arriviamo all'antico edificio costituito da due corpi di fabbrica affiancati di
cui, passando sotto l'arco d'ingresso, possiamo leggere sulla pietra di volta la data di
costruzione: 1681. Fu costruito dal Duca di Bovino Giovanni Guevara che lo destinò a
casino di caccia ed è l’unico complesso architettonico di rilievo, ancora in piedi dell’isola.
Superato l’arco di ingresso, sulla sinistra dell'aia, vi è la casa colonica la cui porta
d’ingresso si apre sul pergolato e introduce ad un tipico "cucinone" rustico, con un grande
camino-focolare; all'esterno il pozzo e la scala che conduce al "camerone" superiore.
A destra dell’aia è posto l’ingresso alla casa padronale, cui si accede da una terrazza,
raggiungibile attraverso una scala incassata tra due piccoli corpi di fabbrica al pian
terreno.
All'interno della casa, le sei stanze dalle belle volte a vela e a schifo, ora spoglie,
dovevano essere sobrie anche in origine; la cappella era l’unico ambiente in cui, si
potevano ammirare eleganti manufatti in stucco come l'altare e il pavimento seicentesco
maiolicato ma, dopo l’abbandono dell’isola da parte dell’associazione Unione del
Trifoglio, è stata vandalizzata con l’asportazione delle “riggiole”.
Dalle stanze della casa, se fosse possibile accedervi, si godrebbe una vista incantevole,
sia dalla bella loggia colonnata che guarda a sud sulla bocca grande che separa le isole
di Capri e Ischia, sia a occidente sull'isola di Ischia, il suo Castello aragonese e
l’appuntito monte Epomeo, che si staglia al di sopra degli ulivi che circondano numerosi
la casa padronale, panorami opposti a quello su Procida, che si gode dal belvedere
accanto alla casa colonica, posto all’inizio del sentiero orientale.
Dopo il periodo borbonico, in cui l’isola fu esclusivamente riserva di caccia, nel XIX
secolo, l’isola viene ceduta in fitto dal Comune di Procida, allora proprietario, perché
fosse coltivata e il complesso di edifici fu adibito ad azienda agricola. Ne sono
testimonianza i locali che si trovano al piano terra e al seminterrato, come il locale che
ospita il frantoio, le vasche maiolicate che contenevano olio d'oliva, la cantina per metà

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scavata nella roccia, un grande cellaio e tutti i manufatti per la produzione olearia e
vinicola. Altre costruzioni sono il forno, il pozzo dal quale si attingeva l'acqua grazie ad
un sistema di cisterne sotterranee collegate ad un sistema di raccolta delle acque
piovane, e, più avanti sulla sinistra, una vecchia stalla in muratura.
L'azienda agricola modificò parte dell'aspetto vegetazionale dell’isola; infatti, molti tratti
boschivi furono distrutti e per due terzi e sostituiti dagli olivi e dalla vite, in seguito a
grossi lavori di terrazzamento. Ora, con l'abbandono dell'attività di coltura, la vegetazione
spontanea si è riappropriata dei terreni che gli erano stati sottratti.
Doveroso è il tributo da riconoscere alle
attività dell’Unione del Trifoglio che, fino
al 1993, ha fatto rivivere questo
complesso di edifici, ospitando nelle sue
stanze sale tematiche quali la sala delle
conchiglie, esposte in teche e
classificate con l'aiuto del Centro
Malacologico Campano, la sala delle
farfalle ed altre specie entomologiche,
una sala convegno ed in fondo alla casa
la biblioteca, con sale lettura per chi
volesse studiare godendo della pace e
della bellezza che Vivara offriva.
Proseguendo la passeggiata lungo un
boschetto di carrubi, alla fine di un largo
pianoro, orlato dalle fioriture primaverili
bianche e violette dei cisti e giallo oro
delle ginestre, nella parte alta, si trova la
Tavola del Re, luogo in cui pare re
Ferdinando IV fosse solito gustare le
ostriche. Qui, sulla sommità del
belvedere di punta Mezzogiorno, ai primi
del 1900, l'ingegnere architetto e
urbanista, inglese Lamont Young (1851-
1929), ideò una “casa girevole”, mai
ultimata, che rappresenta uno dei geniali
quanto utopici progetti di questo eclettico
personaggio.         Egli, si aggiudicò ad                     La Casa padronale
un’asta nel 1904 la metà meridionale
dell’isola di Vivara, e progettò la realizzazione di un edificio a pianta semicircolare con
tetto a terrazza, oggi belvedere. La fama di visionario di Lamont Young ha fatto ritenere
che avesse elaborato un modello di casa che, girando, avrebbe dovuto consentire di
ricevere il sole in un medesimo ambiente in qualsiasi momento del giorno, creando una
residenza di straordinario impatto panoramico in un contesto ambientale unico. In realtà,
i resti dell’edificio non consentono di stabilire se effettivamente fu mai realizzata, mentre
è certo che fossero i raggi del sole ad entrare in casa dall’alba al tramonto, presentando
l’edificio bucature lungo tutta la circonferenza. Attualmente l’edificio si erge per un solo
piano fuori terra ed è anch’esso fatiscente e non accessibile.
Vivara è “l’Isola che non c’è”, preclusa com’è attualmente all’accesso dei visitatori per il
paradosso di avere una Riserva Statale su un territorio totalmente di proprietà privata e
le conseguenti difficoltà di gestione dei reciproci rapporti. L’augurio è che possa presto
prevalere l’interesse pubblico e che possa divenire patrimonio inalienabile di tutti gli
italiani.

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Una passeggiata a Vivara

                                Il belvedere che si affaccia su Ischia

Ambiente e Cultura Mediterranea, agosto 2021

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