Per un lavoro e dei salari dignitosi - Conferenza Cantonale PS Sabato 29 aprile 2017 Casa del Popolo Bellinzona - PS Ticino
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Conferenza Cantonale PS Sabato 29 aprile 2017 Casa del Popolo Bellinzona Per un lavoro e dei salari dignitosi Charlie Chaplin, Tempi moderni, 1936 1
Premessa “Le tesi economiche fondate sulla presunta capacità di autoregolazione del mercato e sulla necessità di una crescita continua, alla prova dei fatti, sono state fallimentari. Le ineguaglianze e i problemi sono cresciuti a tutti i livelli e in tutti i Paesi. Il modello capitalista basato sul libero mercato, la liberalizzazione e la privatizzazione dei servizi pubblici, il ridimensionamento del ruolo dello Stato (sia quale regolatore del mercato, sia quale attore nella ridistribuzione della ricchezza e del lavoro) si sono dimostrati incapaci di rispondere ai bisogni della società e di garantire a tutti sicurezza sociale, condizioni di vita decorose e rispetto dell’ambiente naturale. Il modello capitalistico basato sulla massimizzazione del profitto va pertanto superato, adottando nuove regole e sviluppando forme economiche alternative come le imprese sociali, le cooperative, le attività no profit, ecc. Un partito che voglia dirsi veramente socialista e democratico deve battersi per un nuovo modello di società basato su uno sviluppo che risponda ai bisogni fondamentali delle persone, che consenta un’alta qualità di vita e che renda compatibile l’attività produttiva con l’ambiente. Occorre ridefinire la parola “consumo” e la parola “progresso”, se non vogliamo restare imbrigliati nella logica dello spreco di risorse e di territorio a causa di una sbagliata concezione di progresso. Perciò è importante perseguire una politica coerente di crescita qualitativa, che può anche implicare la decrescita di consumi e l’abbandono di produzioni nocive e, quindi, in tal senso una riduzione del prodotto interno lordo. Si dovrà inoltre operare affinché i servizi pubblici privatizzati o aziendalizzati tornino a essere integralmente di proprietà pubblica e vengano gestiti conformemente alla natura di un servizio pubblico svolgendo un’attività a favore della collettività. (…) Dalla metà degli anni 90 l’avidità dei fautori della politica neoliberista e degli azionisti ha provocato un arretramento generale delle condizioni di vita e occupazionali, con un preoccupante aumento dei ritmi di lavoro che ha avuto pesanti conseguenze sulla salute delle lavoratrici e dei lavoratori. La disoccupazione ha raggiunto livelli sempre più alti. Assistiamo a licenziamenti, chiusure di aziende, privatizzazioni. Gli apprendisti faticano a trovare posti di lavoro; i dipendenti anziani sono sovente esclusi dal mondo del lavoro. (…) Le “moderne” forme organizzative del lavoro comportano più competitività e insicurezza. È diffuso il sentimento tra le lavoratrici e i lavoratori di essere considerati solamente un fattore di costo. Notevoli problemi rimangono infine per quanto concerne la conciliabilità tra famiglia e lavoro. La globalizzazione dei mercati e la libera circolazione dei lavoratori sono spesso strumentalizzate dagli ambienti padronali per imporre il dumping sociale e salariale e dalle destre per fomentare sentimenti xenofobi a fini elettorali. Tipico a questo proposito l’espandersi del fenomeno dei frontalieri e dei lavoratori distaccati in Ticino. Per questo il Partito socialista si batte per il rafforzamento delle misure di accompagnamento degli accordi bilaterali, per la generalizzazione dei contratti collettivi di lavoro e per l’introduzione di un salario minimo legale valido per tutti i settori.” - – Estratto dalla carta dei valori del PS – 2
Per un lavoro e dei salari dignitosi 1. Lavoro, salari e qualità di vita p. 5 1.1 Il diritto a una vita dignitosa 1.2 I salari: il nocciolo della questione 1.3 Pianificazione di un’economica sostenibile 2. Precarietà del lavoro, erosione dei salari p. 8 2.1 Precarietà e precarizzazione 2.2 Dalla precarietà all’esclusione sociale 2.3 Un’azione politica concreta, delle misure efficaci 3. Spaccato della situazione secondo gli indicatori statistici p.14 3.1 Povertà e rischio di povertà 3.2 I salari in Ticino 3.3 Disoccupazione e sottoccupazione 3.4 L’assistenza sociale 4. La questione salariale e il salario minimo p. 19 4.1 Perché un salario minimo non inferiore a 4'000 franchi in Ticino? 4.2 La diminuzione dei salari reali 4.3 Giovani e occupazione 4.4 Argomenti in favore del salario minimo a 4'000 franchi 5. Dalla logica del profitto all’etica del profitto . p. 24 5.1 Responsabilità sociale e etica 5.2 L’iniziativa «Prima i nostri!» 5.3 Il lavoro della Commissione parlamentare «Prima i nostri!» 6. Azioni concrete a favore del lavoro p. 29 6.1 Azioni a livello federale 6.2 Azioni a livello cantonale 6.3 I partiti di maggioranza rifiutano le proposte di tutela del lavoro e dei salari 6.4 Alloggi a prezzi accessibili 6.5 Tematizzare le azioni che hanno un reale impatto 3
7. Valutazione di misure per la tutela del lavoro e dei salari p. 38 8. Quando il mercato del lavoro non offre prospettive p. 41 8.1 Finanziare il lavoro e combattere l’esclusione 8.2 Un Ente cantonale di pubblica utilità̀ 9. Proposte della Commissione «Prima i nostri!» p. 43 9.1 La Direzione del PS-Ticino invita a non sostenere le proposte della Commissione «Prima i nostri!» 10. Proposta di adozione di nove misure urgenti p. 44 1. Regolamentare il settore delle agenzie interinali 2. Creare un fondo per il lavoro. 3. Definire il salario minimo legale a 3'750 / 4'000 franchi 4. Potenziare le misure di controllo e di vigilanza del mercato del lavoro 5. Istituire un Ente cantonale per lavori di utilità̀ pubblica. 6. Applicare da subito l’art. 10 della L-Rilocc 7. Aumentare e rafforzare nella direzione della “preferenza nazionale light” l’azione degli uffici regionali di collocamento (URC) 8. Dar seguito alle conclusioni del Piano cantonale dell’alloggio 9. Insistere per il vincolo degli enti beneficiari di contratti di prestazione all’adesione a un contratto collettivo di lavoro (mozione Guidicelli) 11. Una tavola rotonda per il futuro del lavoro e dei salari p. 45 Documento allegato: Rapporto finale della Commissione speciale per l’attuazione dell’iniziativa «Prima i nostri!», 5 aprile 2017 4
1. Lavoro, salari e qualità di vita 1.1 Il diritto a una vita dignitosa Ognuno di noi ha il diritto a un’esistenza dignitosa. Tutti devono quindi potere partecipare e contribuire attivamente alla costruzione di una società in cui vivere in armonia con gli altri (famiglia e società) e con l’ambiente che ci circonda, sia costruito sia naturale. Il lavoro: una funzione sociale fondamentale In questo senso, il lavoro rappresenta un fulcro, un perno centrale per l’iscrizione, la partecipazione e l’attività sociale che – in principio – deve permettere a ognuno di raggiungere e ottenere benessere, stabilità, crescita personale, competenze e esperienze professionali, condizioni idonee per fondare una famiglia, capacità finanziarie e materiali per prendersi cura della propria famiglia o dei propri cari. Usufruire di sanità, istruzione, giustizia, sicurezza, cultura, mobilità e strutture pubbliche. Il lavoro e il reddito che ne deriva devono potere permettere di acquisire le risorse materiali e finanziarie necessarie non solo per affrontare la vita quotidiana, ma per vivere in maniera dignitosa, per realizzare progetti famigliari, garantire il benessere della famiglia e per prospettare con fiducia il futuro ai propri figli. Non da ultimo, il lavoro e il reddito ottenuto dal lavoro contribuiscono al benessere collettivo e al finanziamento dello Stato. Le risorse economiche dello Stato permettono: - l’accesso universale a sanità, educazione e istruzione pubbliche; - l’accesso al servizio pubblico e a prestazioni sociali di qualità; - di garantire e usufruire di sicurezza e giustizia, - una previdenza sociale (malattia, invalidità, disoccupazione, contributi all’assistenza) e della vecchiaia; - fondi collettivi e opere di solidarietà; - accesso alla cultura; - mobilità e trasporti; - la realizzazione di strutture e investimenti (trasporti, energia, protezione ambientale, sviluppo e aiuto umanitario). L’importanza della funzione sociale del lavoro deve quindi essere accompagnata da salari dignitosi ed equi per l’insieme delle parti: chi richiede il lavoro, chi necessita della forza lavoro (i datori di lavoro) e chi lavora: lavoratrici e lavoratori che contribuiscono attivamente alla crescita e allo sviluppo sociale. Lavoro e qualità di vita La vita di una persona adulta è fondata su dimensioni centrali . A. Lavorare: ogni persona ha diritto ad un lavoro dignitoso, ben retribuito e arricchente per la propria persona. La qualità del lavoro, definito da un buon salario che garantisca oltre che ai minimi vitali di sussistenza, l’accesso alle economie domestiche a quei beni indispensabili alla vita secondo il tenore di uno standard medio (alloggio, mobilità, istruzione e formazione, sanità; accesso alla cultura e all’arricchimento nel tempo libero (lettura, cinema, musica, natura, …), accesso alla tecnica e tecnologia, vacanza, possibilità di praticare un’attività fisica. 5
B. Abitare: disporre di tempo libero e delle energie per la propria famiglia; prospettare con fiducia il futuro. Alloggio in un ambiente sano dal punto di vista ambientale (qualità aria, fonico, superficie abitativa utile e salubrità) e che permetta uno sviluppo armonioso per sé e la propria famiglia (spazio gioco e studio per i figli, condizioni adatte al riposo, alla vita armoniosa, educazione ecc.). Acquisire risorse materiali e finanziarie sufficienti per garantire una buona qualità di vita alla propria famiglia, per garantire l’accesso agli studi ai propri figli (pari opportunità). C. Socializzare: Godere delle relazioni esterne alla propria sfera privata. L’accesso ad attività sociali collettive, incontro con gli altri in un ambiente definito e costruito in armonia con gli elementi naturali; acquisire le condizioni al fine di evitare l’esclusione sociale; accedere a delle condizioni in cui possa essere possibile il volontariato; le condizioni che permettono un’attività e un’aggregazione sociale attiva: civica, associativa, politica, sindacale, sportiva utile anche alla collettività e al benessere comune. L’insieme di queste tre dimensioni comporta la qualità di vita a cui ognuno deve potere accedere e che dev’essere garantita attraverso il lavoro e il conseguente reddito, ovvero i salari. In questo senso, la tutela e la difesa della qualità di vita garantita da salari dignitosi implica la salvaguardia dell’accesso a bisogni e diritti fondamentali come l’alloggio e la sanità. Tutelare i salari significa perciò difenderli al saldo di questi costi irrinunciabili, sempre più importanti per le economie domestiche. L’aumento costante del costo degli alloggi e della sanità comportano l’erosione del reddito disponibile e di conseguenza un abbassamento della qualità di vita. 1.2 I salari: il nocciolo della questione I salari sono il nocciolo della questione e delle principali problematiche legate al lavoro, benché le politiche di destra e i proclami volti a fomentare sentimenti xenofobi tentino di ovviarla cercando di portare nel dibattito pubblico altri temi. Gli effetti nefasti della deregolamentazione Ricerca di bacini di manodopera per operare una pressione sui salari su cui le aziende che fondano la loro attività sulla manodopera a basso costo puntano generando una concorrenza salariale tra lavoratori; dumping salariale; deregolamentazioni portate avanti in nome della ‘flessibilità’, privatizzazioni e smantellamento dei sistemi di protezione del lavoro attuate in nome della ‘competitività’; pressione sui salari e ricatti sociali relativi alla presenza sul territorio: pratiche volte a esercitare una pressione sui salari, sulle condizioni di lavoro e le conquiste sociali. Salari, condizioni, sistemi di protezioni che vanno quindi rinforzati, tutelati e protetti attraverso un’azione politica costante: minimi salariali, contratti collettivi, controlli e tutela del mercato del lavoro nonché uguaglianza salariali a parità di lavoro per donne e uomini. Queste pratiche sono favorite da politiche che hanno deregolamentato e tendono a deregolamentare ulteriormente la protezione dei salari e del lavoro. Occorre opporre una politica di contrasto a queste pratiche; alle politiche che puntano allo smantellamento progressivo delle conquiste sociali, che conducono alla precarietà, a salari al ribasso, al peggioramento generale delle condizioni di lavoro, della qualità di vita e che comportano ingiustificabili disparità salariali tra donne e uomini. 6
Dalle irregolarità alle sacche d’illegalità Le politiche di deregolamentazioni progressive e generalizzate, di smantellamento della protezione del lavoro; le politiche a favore del meno Stato in nome della competitività e della flessibilità sono anche accompagnate da irregolarità. Oltre alle irregolarità, emergono anche sacche d’illegalità, favorite da politiche che riducono la presenza dello Stato. Nell’illegalità oltre al peggioramento generale delle condizioni di lavoro, si constatano violazioni in merito a permessi di lavoro, a retribuzioni salariali, irregolarità e violazioni delle norme che definiscono il salario nel suo complesso: rimborsi spese, indennità per i figli; previdenza sociale, per la vecchiaia e professionale. Nel peggiore dei casi emergono anche sacche d’illegalità connesse al malaffare e che contribuiscono al peggioramento generale delle condizioni di vita e della qualità del tessuto economico-sociale. Deregolamentazioni, irregolarità: queste due dimensioni vanno contrastate con una politica attiva, decisa e perseverante volta alla tutela del lavoro e dei salari che metta l’accento su misure concrete di regolamentazione: contratti collettivi, contratti normali di lavoro che prevedano dei minimi salariali sufficienti alla vita sul nostro territorio (oltre alla sussistenza, oltre la soglia del minimo vitale e le prestazioni dell’assistenza sociale) sul nostro territorio e parità salariali per entrambi i sessi. Parallelamente, vanno istaurati più controlli. Controlli più efficaci e una migliore vigilanza a tutela del lavoro, delle lavoratrici e dei lavoratori. Una sorveglianza attiva affinché la Legge sul Lavoro, norme e ordinanze relative alla stessa, vengano rispettate; affinché anche la qualità del tessuto economico sia salvaguardata. 1.3 Pianificazione di un’economica sostenibile Gli effetti negativi di una crescita non pianificata Negli ultimi 20 anni è stata attuata una politica di sgravi fiscali che, oltre a gravare sulle casse dello Stato, ha comportato dei tagli sulle prestazioni a supporto delle famiglie e dei bassi salari (in particolare sussidi cassa malati e politica famigliare). Una politica che ha favorito lo stabilirsi, sul territorio, di aziende e imprese interessate soprattutto dagli sgravi fiscali e all’accesso a un importante bacino di manodopera per cui esercitano una pressione sui salari. Una politica che ha favorito un tessuto poco sostenibile per il territorio e per il Cantone in termini sociali, umani e ambientali. Una crescita fondata su un modello che genera lavoro precario e una gestione del lavoro che lo precarizza, come i dati statistici proposti in seguito, e nel dettaglio, dimostrano. Pianifichiamo un’economia sostenibile A questa politica, va contrapposto l’approfondimento per una pianificazione economica che favorisca aziende che siano in grado di pagare salari adeguati, la cui attività sia radicata sul territorio a lungo termine, che facciano prova di responsabilità sociale, sostenibili per il territorio e positive per il Cantone. Una pianificazione che punti allo sviluppo di attività economiche solide, che non sia soggette a repentine chiusure (vedi delocalizzazioni) e riaperture altrove, alla ricerca di manodopera a sempre minor costo, ma che puntino su qualità dell’istruzione e della formazione, su una produzione localizzata di lungo termine. 7
2. Precarietà del lavoro, erosione dei salari Una preoccupante realtà Il lavoro e salari, al saldo dei bisogni fondamentali come l’alloggio la sanità come pure l’accesso a una formazione di qualità, devono in principio garantire a ognuno l’accesso al benessere, così come l’iscrizione attiva nella società, al riparo dall’esclusione sociale. La realtà, tuttavia, oggi è ben differente. Lavoro e salari sono tematiche che costituiscono delle problematiche da affrontare e che generano, soprattutto, dei problemi sociali che è imperativo risolvere. Le politiche di deregolamentazione, l’imperante liberismo, le privatizzazioni, la pressione sul lavoro dettate da principi di ‘concorrenza’ tra lavoratori e modelli di gestione del lavoro dettati dalla ‘flessibilità’ hanno in realtà generato una precarietà dilagante del lavoro e una progressiva erosione dei salari. Un fenomeno che, dopo aver colpito le fasce più deboli della popolazione impoverendole e spingendole all’esclusione sociale, oggi colpisce la classe media, precarizzandola. 2.1 Precarietà e precarizzazione Una spesa imprevista: un problema per più di un terzo dei Ticinesi. L’Ufficio federale di statistica ha pubblicato il 4 aprile scorso i risultati di un’inchiesta sul benessere e la qualità di vita degli svizzeri. I dati sono molto preoccupanti poiché il 22 % della popolazione non è in grado di far fronte a una spesa imprevista di 2'500 franchi nell’arco di un mese1. Questa percentuale, già di per sé preoccupante, aumenta ed è del 27% se si considerano le persone oltre i 65 anni mentre giunge al 46% per quanto riguarda e le famiglie monoparentali! Il 27% delle famiglie monoparentali dichiara che fa fatica a sbarcare il lunario, o a arrivare a fine mese (quasi una su tre!). Una realtà che in Ticino è peggiore: il 34,8% della popolazione non è in grado di far fronte a una spesa imprevista di 2'500 franchi. Più del 12% rispetto alla media svizzera! Concretamente ciò può significare non poter ricorre alle cure dentarie, che come noto non sono coperte dall’assicurazione malattia obbligatoria (non è quindi un caso che come Partito Socialista siamo stati tra i promotori dell’iniziativa popolare cantonale “per il rimborso delle cure dentarie”, tutt’ora pendente davanti a Governo e parlamento ticinesi). Lavoro e salari, i quali in principio dovrebbero permettere a ognuno un’iscrizione attiva nella società al riparo dall’esclusione sociale, sono motivo di allarme perché non permettono a un’importante proporzione della popolazione di affrontare la vita quotidiana, la vita di tutti i giorni, potendo progettare il proprio futuro. Precarizzazione del ceto medio e lavoratori poveri Se questa situazione è preoccupante in Svizzera, lo è ancora di più in Ticino, dove abbiamo dei salari che sono sistematicamente inferiori alla media svizzera del 17-20%. In Ticino il salario mediano – ovvero il valore centrale per cui la metà delle persone ha un salario superiore mentre l’altra ha un salario inferiore – è di oltre 1’000 franchi inferiore al salario mediano nazionale. Anche questo dato, il salario mediano, spesso citato da esponenti dei partiti di maggioranza per mascherare l’allarmante realtà, va osservato con più attenzione, come ha fatto l’Ufficio cantonale di statistica, mostrando come l’inuguaglianza tra gli alti salari e i salari più bassi sia in realtà aumentata2. Se osserviamo 1 Ufficio federale di statistica, Rapporto sul benessere soggettivo e la qualità di vita, aprile 2017 2 Eric Stephani e Sandro Petrillo, “Il salario mediano non è più di moda: una proposta di lettura dell’ultima rilevazione dei salari”, Dati – Statistiche e società, USTAT, 2015 8
il salario per cui il 10% della popolazione si situa al di sotto (il primo decile), osserviamo un salario di 3'100 franchi. Questo dato ci dice chiaramente come il 10% della popolazione attiva, malgrado lavori, percepisca un salario che le situa nella zona di povertà (o working poor) poiché sappiamo perfettamente che 3'100 franchi al mese non permettono di vivere dignitosamente nel nostro Cantone, tenuto conto anche della pressione sui salari di affitti e premi cassa malati. Il Ticino è confrontato con una precarizzazione in aumento: una situazione allarmante, direttamente connessa al lavoro e ai salari. I tassi di disoccupazione, di assistenza di tasso di rischio di povertà (che oggi ha oltrepassato la soglia del 30%!) del Cantone mostrano che è imperativo agire. La precarizzazione è in costante aumento ed è legata all’imposizione della ‘flessibilità’ (un tema che viene ripetuto ad oltranza dalla destra neo- liberale) che in realtà conduce alla precarietà e all’instabilità, i cui tentacoli toccano oggi settori e strati della società che non erano stati colpiti in modo così preoccupante (ceto medio). Con la precarizzazione avanza l’erosione dei salari reali, causata dal continuo aumento di affitti e premi cassa malati, la cui evoluzione non è stata accompagnata da un aumento proporzionale dei salari. Spinti nella precarietà, lavoratrici e lavoratori sono messi in concorrenza tra di loro, in un disegno e un progetto economico fondato sulla ricerca e l’ampliamento di bacini di manodopera a basso costo che oggi tocca l’insieme di settori. La precarietà generata della ‘flessibilità’ La flessibilità è la ragione per cui le aziende moltiplicano il lavoro su chiamata, i lavori a tempo parziale o il lavoro a prestito o interinale3; sempre più aziende assumono personale durante i picchi di produzione o di bisogno, liberandosene quando questi picchi calano e approfittando cinicamente dello Stato sociale per esternalizzare quello che dal loro punto di vista, invece di una risorsa, diventa un costo. In questo modo, queste aziende fanno sopportare volontariamente allo Stato e alla collettività i costi sociali del loro modello di gestione (grazie alla disoccupazione, a sussidi previsti in origine per supplire a carenze non causate dalla flessibilità galoppante). Questo principio, tuttavia, va ben oltre la flessibilità: genera una pressione che colpisce il ceto- medio basso e che indebolisce la classe media per cui le differenze tra classe media- bassa e le parti più alte della classe media (una minoranza) si accentuano. Le donne sono le più colpite dalla precarizzazione del mondo del lavoro: faticano più degli uomini a trovare lavori a tempo pieno e contratti a tempo indeterminato; lavorano spesso su chiamata e con salari inferiori degli uomini nonostante lavori equivalenti. La disparità salariale tra donne e uomini a parità di lavoro in Svizzera è infatti ancora del 15,1 %! In Ticino, 55’000 persone lavorano a tempo parziale e per 14’000 fra queste si tratta di un obbligo, non di una scelta. Come detto pocanzi, l’aumento del lavoro a tempo parziale riguarda moltissime donne, il 70% del totale: più della metà sono svizzere, hanno tra i 30 e i 52 anni e hanno una formazione secondaria superiore. 17'400 persone, delle 55'000 che lavorano a tempo parziale, risultano sottoccupate4: ovvero vorrebbero lavorare di più, ma non ci riescono. Una quantità che in undici anni (dal 2004 al 2015) è più che raddoppiata e anche in questo caso la tendenza supera l’andamento osservato nel resto della Svizzera. Il 60% è di nazionalità svizzera e la metà dei sottoccupati lavora per un tempo parziale breve (meno del 50%): anche in questo caso risulta preoccupante poiché un terzo delle persone sottoccupate vorrebbe lavorare almeno 20 ore in più a settimana, ma non ci 3 Dal 2005 al 2015 il numero di lavoratori interinali è raddoppiato e il numero di ore prestate è cresciuto del 172%, SECO, 2016 4 Oscar Gonzalez, “La sottoccupazione in Ticino”, USTAT, ottobre 2016 9
riesce. Con questo tipo d’impiego e di salario non è possibile vivere dignitosamente, soprattutto se si tratta di persone sole o di famiglie monoparentali. Secondo il principio del ‘privatizzare i benefici’ e ‘socializzare’ i costì abbiamo quindi delle imprese che applicano la pressione della ‘flessibilità’ sulle lavoratrici e i lavoratori. I costi sociali e umani della precarizzazione sono così riversati sulla collettività e sullo Stato. Basti osservare un dato: in Svizzera, più del 28% dell’intervento dell’aiuto sociale riguarda persone che esercitano un’attività lucrativa.5 2.2 Dalla precarietà all’esclusione sociale Una pressione che genera esclusione sociale Siamo dunque confrontati a un fenomeno allarmate che peggiora e che esige un’azione politica decisa ed efficace: il lavoro che non risponde alla sua funzione sociale fondamentale ma che diventa causa di problemi sociali, generando esclusione e povertà. Questo sistema economico che punta al ribasso salariale e della protezione del lavoro, puntando a portare attività economiche laddove è possibile mettere in concorrenza un importante bacino di lavoratori, genera più problemi e intacca la coesione sociale. Si tratta di un modello economico e un sistema che generano importanti costi sociali, umani e ambientali. Basti pensare alle ripercussioni sulla salute delle lavoratrici e dei lavoratori: i lavoratori e le lavoratrici precari “soffrono maggiormente di disturbi come debolezza, insonnia e mal di testa; si sentono più spesso nervosi, esausti, stanchi e pensano più spesso al suicidio.”6 È un sistema che sfrutta e che ‘utilizza’ le lavoratrici e i lavoratori finché sono ritenuti utili o funzionali al profitto, ma che li esclude, licenziandoli, quando giungono a un’età per cui i salari diventano più importanti. Costi globali riversati sulla collettività in termini di sostegno ai problemi generati da questo modello. Questo principio di precarizzazione progressiva, tentacolare e cronico sfocia nell’esclusione sociale, genera disoccupazione di lungo corso e alimenta la povertà. Esclusione e disoccupazione di lunga durata che spingono sempre più persone a dovere ricorrere all’assistenza sociale. D’altro canto, aumenta anche la difficoltà dei giovani di entrare nel mondo del lavoro, la lor entrata nella vita attiva è ritardata, sono moltiplicati i tirocini e praticantati non retribuiti, raddoppiati dal 2010 al 2015 secondo una ricerca del Centro di ricerche congiunturali del Politecnico di Zurigo (Kof) pubblicata nell’ottobre del 20167. Come vedremo nel dettaglio, il problema è legato all’entrata nel mondo del lavoro e ai salari d’entrata per cui il lavoro costituisce un problema per i giovani quando in realtà dovrebbe essere un perno per il loro inserimento nella vita attiva. 5 Ufficio federale di statistica, Statistica svizzera dell'aiuto sociale, dicembre 2015 6 Ufficio federale di statistica, Indagine sulla salute in Svizzera, 2012 7 in Svizzera la prestazione media per beneficiario è di 9'880 franchi, in Ticino di 10'463 franchi, “Aiuto sociale in Svizzera”, Ufficio federale di statistica, ottobre 2016; I beneficiari dell’assistenza sociale nel gennaio 2017 sono 7'834, erano 4'000 nel gennaio del 2009, DSS, L’assistenza sociale in Ticino, dati 2017 - 2009 10
Giovani e riproduzione sociale della povertà L’esclusione sociale e la ripercussione dei bassi salari sulle economie domestiche, per cui è necessario un intervento dell’assistenza sociale benché dispongano di un reddito, conduce al peggioramento della qualità di vita sino a sfociare nella povertà. “Sono considerate povere le economie domestiche il cui reddito mensile, dedotti i contributi sociali e le imposte, è inferiore alla soglia di povertà.8” Di qui l’importanza di considerare i salari, ma anche i redditi i salari disponibili in un’azione politica che prende in considerazione l’interconnessione tra salari, condizioni di vita, alloggio e accesso alla sanità (affitti e casse malati). Sono 530'000 le persone colpite dalla povertà in Svizzera9. Le condizioni che toccano i “working poor”, che corrono il rischio a medio termine di cadere nella povertà di lungo corso e nell’indigenza, riguarda anche i giovani che vivono in economie domestiche colpite dalla povertà. Il rischio reale è infatti la riproduzione sociale delle condizioni di povertà per questi minori anche in età adulta. La protezione dei salari, la tutela del lavoro e del reddito al saldo dei costi per l’alloggio e la salute è quindi necessario in funzione del futuro, al fine di evitare la riproduzione sociale della povertà per garantire le pari opportunità ai giovani. Nel novembre del 2016, l’Ufficio federale di statistica ha pubblicato uno studio sulla povertà dei bambini e dei minori di 18 anni10. Nel 2014 “quasi 73’000 bambini e giovani al di sotto dei 18 anni sono colpiti dalla povertà̀ reddituale e 234’000 sono a rischio povertà̀ , il che corrisponde a un tasso di povertà̀ del 5% (18-64 anni: 5,3%) e a un tasso di rischio di povertà̀ del 16% (18-64 anni: 11,1%)”. In particolare, la seguente affermazione dell’Ufficio federale di statistica deve farci riflettere: “La povertà̀ in età̀ infantile può̀ incidere negativamente sulla partecipazione e sulle possibilità̀ di sviluppo dei bambini ed è considerata come un fattore di rischio di povertà̀ ed esclusione sociale in età̀ adulta”. Questa disparità nasce da fattori che singolarmente possono apparire poco rilevanti come la possibilità̀ di frequentare corsi ricreativi o sportivi a pagamento, la possibilità̀ di avere una scrivania per lo studio separata dall’ambiente famigliare. La protezione dei salari e dei redditi delle economie domestiche, la tutela dell’accesso ad alloggi e affitti a pigioni accessibili per tutti, così come il contenimento dei premi cassa malati (attraverso la redistribuzione della ricchezza per una sanità accessibile) risponde alla situazione attuale anche in una chiave proiettata nel futuro. Si tratta perciò di lottare contro i fenomeni di povertà o di bassi salari, di precarietà e precarizzazione al fine di proteggere e salvaguardare anche le pari opportunità dei minori e dei giovani che ne sono toccati, per lottare e combattere contro la riproduzione sociale della povertà in tutte le sue forme (indigenza, assistenza sociale parziale o completa, working poor)11. 8 direttive della ‘Conferenza svizzera delle istituzioni dell’azione sociale (COSAS) 9 Programma nazionale contro la povertà, La povertà in Svizzera, novembre 2016 10 Ufficio federale di statistica, Povertà e deprivazione materiale dei bambini e adolescenti in Svizzera 2014, novembre 2016 11 Ufficio federale di statistica, Povertà e deprivazione materiale dei bambini e adolescenti in Svizzera 2014, novembre 2016 “Nelle economie domestiche monoparentali il reddito è spesso insufficiente. I bambini e gli adolescenti nelle economie domestiche con un solo genitore sono più spesso sfavoriti: quasi un minorenne su sette in questa situazione è colpito da povertà, uno su quattro a rischio di povertà e uno su due colpito da almeno una deprivazione materiale. Per esempio, per circa un terzo (32,6%) di questi giovani, l'economia domestica non è in grado di sostituire laddove necessario i mobili usati, mentre il 7,8% non ha in casa un luogo appropriato per fare i compiti. Oltre a questo, i bambini e adolescenti delle economie domestiche con un solo genitore vivono più spesso in abitazioni con problemi di umidità (23,1%), rumori stradali o di vicinato (22,6%) nonché criminalità, violenza o vandalismo nel contesto abitativo (20,4%).” 11
2.3 Un’azione politica concreta, delle misure efficaci Salari al ribasso, dumping salariale: lotta contro irregolarità e illegalità Il lavoro, il mercato del lavoro le lavoratrici e i lavoratori vanno tutelati. In questo contesto di continua e marcata pressione sulle condizioni lavorative e sui salari, di precarizzazione e di disuguaglianze che si accentuano, s’iscrive anche il problema del dumping salariale. Quest’ultimo impone una lotta attiva e decisa, mettendo in atto l’insieme delle risorse in modo coordinato così come di tutti gli attori in gioco. Il 25 settembre dell’anno scorso, i ticinesi hanno votato a favore del controprogetto all’iniziativa “Basta con il dumping salariale!” con il 56,4% di voti favorevoli. L’iniziativa, che abbiamo ugualmente sostenuto, ha ottenuto più del 40% di voti favorevoli. Le risorse per lottare contro il dumping vanno dunque utilizzate in modo urgente e secondo tutto il potenziale del controprogetto: la situazione non permette nessun indugio e gli attori, dal DFE alla Commissione tripartita e le paritetiche devono agire in modo concertato per lottare contro il dumping salariale. Più controlli e un migliore vigilanza Non c’è giorno che un sindacato non denunci delle irregolarità riguardo a condizioni di lavoro, retribuzione, indennità. Situazioni che rendono visibili, come constatato attraverso i ‘casi permessi’ e ‘Argo 1’ (settori ponteggi e sicurezza privata) situazioni d’illegalità o, peggio ancora, di connessioni tra il mondo del lavoro, sacche di malaffare i cui tentacoli giungono a toccare anche l’Amministrazione pubblica. Realtà e casi che suscitano preoccupazione; indicano come il potenziamento di controlli e vigilanza, a tutela del lavoro delle lavoratrici e dei lavoratori, sia più che mai urgente e necessario. Si tratta di lottare contro l’insieme d’irregolarità, negative o nefaste per i salari: lavoro parziale fittizio, parti di salario o impieghi non dichiarati (lotta al lavoro in nero), orari e lavoro su chiamata che non rispettano la Legge sul lavoro, condizioni di sicurezza e di contesto lavorativo che mette a repentaglio l’incolumità e la salute delle lavoratrici e dei lavoratori. Il fenomeno del dumping salariale è quindi spesso accompagnato da ulteriori fattori per cui va attivata imperativamente e al più presto delle misure concrete ed efficaci in termini di controlli e vigilanza. Il potenziamento dell’ispettorato del lavoro è urgente al fine d’individuare le irregolarità e il non adempimento della Legge sul lavoro poiché l’applicazione di questa legge è la condizione di fondo che garantisce le condizioni quadro del mercato del lavoro. Controlli e vigilanza anche a monte, con spirito di coordinazione: vanno monitorate e controllate aziende e società il cui intreccio societario mostra un concatenamento di fallimenti e riaperture, delle vicende societarie e il susseguirsi di eventi-vicende che devono suscitare controlli più approfonditi riguardo alla situazione societaria, lavorativa e salariale in seno alle imprese, aziende e società la cui situazione suscita controlli più approfonditi (vedi coordinazione DFE, Ispettorato del lavoro, Registro di commercio, ev. Gruppo permanente di lavoro). 12
Delle misure efficaci invece di proclami inapplicabili Come vedremo nel dettaglio a proposito degli atti parlamentari promossi dal PS, che si sono scontrati con il rifiuto dei partiti di maggioranza, va evidenziato come a questa sistematica ostruzione e opposizione alle proposte del PS, non sia giunta dai partiti di maggioranza nessuna proposta concreta legata al nocciolo della questione: la tutela dei salari. Parallelamente la destra (in particolare UDC e Lega) ha promosso e sostenuto delle iniziative volte a generare e alimentare il conflitto tra lavoratori, deleterie anche per quanto riguarda il rapporto con gli altri paesi europei, i quali sono centrali per quanto riguarda le esportazioni svizzere e la vitalità della nostra economia. Iniziative come «Prima i nostri!» o l’iniziativa contro l’immigrazione di massa, inapplicabili secondo il diritto, le competenze (vedi migrazione e Confederazione vs. Cantone) hanno provocato uno ‘stallo politico’ polarizzando il dibattito su queste iniziative che concretamente non risolvono i problemi posti da lavoro e salari. In questo senso, va privilegiato l’impegno a sostegno dei contratti collettivi, delle misure di tutela e sorveglianza, l’azione politica volta alla protezione delle lavoratrici, dei lavoratori e dei salari. Pianificare uno sviluppo sostenibile La pianificazione del futuro economico del Cantone va affrontata e approfondita, coinvolgendo l’insieme degli attori in gioco. Abbiamo visto come il modello di crescita basato su sgravi fiscali e sviluppo sul territorio di aziende che puntano unicamente alla ricerca di manodopera a basso costo non porti beneficio per il Cantone. Le entrate fiscali conseguenti, declamate dai partiti di maggioranza, vanno calcolate al saldo dell’insieme dei costi (diretti e indiretti) sociali, sulla salute, in termini d’investimenti, di costi diretti e indiretti per il Cantone e ambientali che devono indurre a una pianificazione che attiri e sviluppi sul territorio delle realtà economiche ad alto valore aggiunto. Delle realtà per cui il lavoro, le lavoratrici e i lavoratori sono considerati delle risorse e non un costo. 13
3. Spaccato della situazione secondo gli indicatori statistici Il Fondo Monetario Internazionale (FMI) ha già fatto autocritica sulle politiche di austerity in un articolo (Neoliberalism, oversold?)12 pubblicato in giugno 2016 nella loro rivista trimestrale: le politiche dei tagli alla spesa pubblica non hanno creato maggiore occupazione, hanno aggravato le disuguaglianze e hanno provocato un aumento delle differenze salariali. Un modo diplomatico di dire che le politiche dei tagli e la riduzione dei salari sono state un fallimento nella maggior parte dei paesi dove sono state applicate. 3.1 Povertà e rischio di povertà La situazione in Svizzera Stando all'Ufficio Federale di Statistica nel 2014 nel nostro paese il 6,6% della popolazione (circa 530'000) vive in condizioni di povertà. 234mila minorenni (1 su 6) sono a rischio povertà13. Paradossalmente, in Svizzera, come nel resto del mondo la crisi finanziaria ha provocato non solo un aumento della povertà (disoccupazione, diminuzione dei salari bassi), ma anche un aumento del numero di milionari, come indica il World Wealth Report 2016 da cui risulta una progressione per il nostro Paese del 4,5% (15'400) a 358'500 persone. Risultato evidente di politiche a beneficio di pochi e a scapito della maggioranza della popolazione. Il tema della riduzione delle disuguaglianze era stato anche al centro dell’iniziativa popolare “1:12 , per salari equi” lanciata dalla Gioventù socialista svizzera , che purtroppo era stata respinta dal popolo svizzero, facendo però il 49% di consensi in Ticino a dimostrazione della preoccupazione della popolazione del crescente divario salariale Ticino e rischio di povertà Secondo l’Ufficio di statistica del Canton Ticino (Ustat) nel 2014 più di un quarto delle persone residenti in Ticino, il 27,9%, viveva in un’economia domestica con un reddito disponibile equivalente inferiore alla soglia del rischio di povertà, contro una quota del 13,5% in Svizzera. Nel 2015 il tasso di rischio di povertà è ancora aumentato raggiungendo in Ticino il 31,3% e in Svizzera il 14,6%. 12 http://www.imf.org/external/pubs/ft/fandd/2016/06/ostry.htm 13 https://www.bfs.admin.ch/bfs/it/home/statistiche/situazione-economica-sociale-popolazione.assetdetail.1320144.html 14
Nonostante faccia parte di uno dei paesi più ricchi al mondo, il nostro Cantone registra un’allarmante situazione di esclusione sociale per tante persone, in un contesto simile a quello delle regioni periferiche del sud dell’Europa L’istituto federale tedesco (BBSR, ossia il Bundesinstitut für Bau-, Stadt- und Raumforschung) nel maggio 2015 ha pubblicato una mappa basandosi sui dati raccolti dall’Eurostat riguardanti l’esclusione sociale e le persone a rischio di povertà in Europa14. Il Ticino risulta essere, sorprendentemente, una macchia rossa al centro dell’Europa in una situazione di rischio simile alle zone periferiche del sud. Un altro indicatore utilizzato dall’UST è il tasso di privazione materiale (che misura la proporzione di persone con almeno tre condizioni di disagio economico) e che si afferma in Ticino al 7,5%, mentre a livello nazionale al 4,6%. Le privazioni materiali più ricorrenti tra i ticinesi sono: l’impossibilità di affrontare una spesa imprevista di 2.500 franchi (34,8% della popolazione); non avere mezzi finanziari per permettersi almeno una vacanza all’anno (15,0%) e non riuscire a saldare tutte le fatture entro i termini (13,3%)15 14 EU 2020 indicators – latest data on poverty and social exclusion, http://www.bbsr.bund.de/BBSR/EN/Publications/ResearchNews/2011_2015/2015_1.pdf?__blob=publication File&v=2 http://www.tio.ch/News/Ticino/Attualita/1056344/Ticino-ad-alto-rischio-poverta-ed-esclusione-sociale/ 15 Annuari statistico ticinese febbraio 2017 https://www3.ti.ch/DFE/DR/USTAT/allegati/prodima/4820_situazione_economica.pdf 15
3.2 I salari in Ticino Come rivela l’Ufficio cantonale di statistica (Ustat) nello studio pubblicato lo scorso mese di marzo riguardante i salari e la loro evoluzione fra 2008 e 201416, il Ticino rimane la regione della Svizzera con i salari più bassi in assoluto. Se paragoniamo i nostri salari con la mediana nazionale, nel corso degli ultimi anni le differenze salariali con il resto della Svizzera sono aumentate: i salari a nord del Gottardo sono aumentati di più che al Sud: nel nostro cantone si guadagna in media 1.064 Fr. in meno (17,2%). Settori economici e calo dei salari Benché il documento pubblicato dall’Ustat mostri una dinamica piuttosto positiva e un aumento dei salari generalizzato in tutta la Svizzera, dobbiamo sottolineare come nel nostro Cantone alcuni settori dell’economia hanno subito una diminuzione dei salari. Settori importanti come il “Trasporto e magazzinaggio” (presente nel settore della moda, uno dei settori che il Governo vuole potenziare), i servizi d’informazione e comunicazione o le attività professionali, scientifiche e tecniche (fino un totale di 7 settori) hanno subito un calo nei salari, in alcuni casi in modo quasi allarmante. 16 Extra dati, A. XVII, n. 02, marzo 2017. Salari in Ticino: Stato ed evoluzione 2008-2014. I risultati della rilevazione della struttura dei salari Oscar González. 16
3.3 Disoccupazione e sottoccupazione Secondo la statistica SECO per il Ticino, i dati dei disoccupati iscritti presso gli uffici di collocamento in marzo 2017 sono: 1. Disoccupati iscritti > 6’106 2. Persone in cerca di impiego iscritte > 9’754 3. Tasso dei disoccupati iscritti > 3,6 Dati SECO, dati ILO Questi dati si riferiscono esclusivamente alle persone in cerca di impiego iscritte presso gli Uffici regionali di collocamento (URC). Siccome il mercato del lavoro presenta delle dinamiche complesse, per una miglior valutazione dei dati sulla disoccupazione prendiamo anche gli indicatori di disoccupazione ai sensi dell’Organizzazione internazionale del lavoro (ILO) che rivelano una situazione ben diversa. Infatti, nel IV trimestre 2016 il tasso di disoccupazione ILO in Ticino si è situato al 5,9%, per un totale di 11'100 disoccupati, mentre a livello svizzero il tasso è del 4,3%17. In riferimento alla necessità di accompagnare i dati sulla disoccupazione SECO con quelli ILO occorre ricordare la mozione del 22 settembre 2015 presentata dal parlamentare PS Raoul Ghisletta e cofirmatari “Utilizzo dei dati dell’Organizzazione internazionale del lavoro (ILO) per dare una percezione della disoccupazione più aderente alla realtà”. Riportate qui di seguito le conclusioni contenute nel rapporto 7137 del Consiglio di Stato del 4 novembre 2015 (DFE) sulla mozione: “ Per questi motivi, il Consiglio di Stato ha accolto immediatamente il suggerimento contenuto nella mozione, facendo inserire nella home page della Sezione del lavoro (www.ti.ch/lavoro) e nel comunicato stampa mensile sulla disoccupazione pubblicato dal DFE il collegamento alla statistica ILO sulla disoccupazione, affinché anche questi dati siano facilmente accessibili e fruibili dal pubblico interessato”. 17 Ustat, Panorama del mercato del lavoro ticinese 17
Lavoro parziale in aumento: la sottoccupazione Anche se negli ultimi anni abbiamo visto un incremento dell’occupazione in Ticino, la dinamica positiva non ha generato una riduzione della disoccupazione e neppure un miglioramento della qualità di vita delle persone che vivono e lavorano nel nostro territorio. Le cause sono variegate, il fenomeno del frontalierato e del lavoro interinale non hanno contribuito infatti a migliorare la situazione dei lavoratori e delle lavoratrici residenti nel nostro cantone, dove la crescita dell’impiego è stata stimolata soprattutto dall’aumento dei tempi parziali. Il fenomeno della sottoccupazione (persone che lavorano a tempo parziale ma vorrebbero lavorare di più) continua ad aumentare e oggi circa 15'700 persone fanno parte di questa tipologia di lavoratori. Tradizionalmente sono state maggiormente le donne a rincorrere “volontariamente” i lavori a tempo parziale (conciliazione lavoro-famiglia), ma oggi sempre più uomini e donne si dichiarano sottoccupati. La sottoccupazione è un fenomeno in espansione in tutta la Svizzera, ma in Ticino è più pronunciato. Il numero e la percentuale dei sottoccupati nel nostro cantone è maggiore (un occupato residente su dieci), in dieci anni le cifre son più che raddoppiate e ai sottoccupati è attribuibile quasi la metà della crescita della manodopera residente. Anche la “carenza di lavoro” è più acuta: un terzo dei sottoccupati ticinesi vorrebbe incrementare la propria attività di oltre 20 ore di lavoro la settimana e la maggior parte desidera un impiego a tempo pieno, rendono conto di un fabbisogno di lavoro non soddisfatto piuttosto importante.18 3.4 L’assistenza sociale Un dato allarmante Gli ultimi dati pubblicati sull’assistenza in Ticino (gennaio 2017) indicano che un totale di 7'834 persone beneficiano di questi aiuti dello Stato, il 13,1% in più rispetto allo stesso periodo nel 201619. Ed è molto probabile che questa cifra aumenterà nei prossimi mesi se consideriamo i tagli attuati dal Governo a fine 2016 e che ha visto escludere dagli assegni integrativi e di prima infanzia numerose famiglie residenti in Ticino. Il legame tra peggioramento delle condizioni e l’intervento dell’assistenza sociale La metà degli adulti beneficiari dell’assistenza sociale sono disoccupati, Un altro 25% circa di beneficiari di assistenza sociale (con più di 15 anni) ha un’attività lavorativa (normalmente su chiamata o a tempo parziale) e l’assistenza integrativa completa il salario percepito fino ad arrivare al minimo vitale. Esiste quindi un evidente legame fra l’aumento di assistiti ed il peggioramento delle condizioni lavorative, oltre che con i tagli agli aiuti sociali citati sopra. Questo evidenzia ancora una volta quanto il Partito socialista ha denunciato gli ultimi anni: il fallimento delle politiche di tagli e delle politiche finanziare che promuovono i salari bassi: alla fine è lo Stato a dover intervenire per riequilibrare il divario fra precarietà e il diritto dei cittadini ad avere vita dignitosa 18 Oscar González, La sottoccupazione in Ticino, Dati - Statistiche e società, A. XVI, n. 2, 19 http://www4.ti.ch/fileadmin/DSS/DASF/USSI/PDF/STATISTICHE/IFG_DSS_ASS_gennaio2017.pdf 18
4. La questione salariale e il salario minimo 4.1 Perché un salario minimo non inferiore a 4'000 franchi (per 12 mensilità) in Ticino? Il salario minimo per interrompere la spirale negativa Le politiche economiche messe in atto fin dalla fine degli anni ‘90 per attirare aziende nel nostro Cantone senza porre criteri qualitativi hanno contribuito soprattutto a favorire lo sfruttamento di manodopera d’oltrefrontiera a basso costo e a peggiorare le situazioni di dumping salariale. I salari bassi non adeguati al costo della vita in Ticino, una volta confinati ad alcuni settori, non solo non sono spariti ma si sono radicati anche in altri settori, compresi quelli che richiedono qualifiche e formazioni elevate. Continuare a favorire l’insediamento di simili aziende non fa che aggravare i problemi sociali a cui il cantone è confrontato. L’esplosione dei costi sociali registrata negli ultimi anni, malgrado il numero di impieghi e di aziende in Svizzera sia cresciuto addirittura di più della media svizzera, è dovuta al numero sempre crescente di persone escluse da un mondo del lavoro sempre meno responsabile, sempre più orientato al profitto, di precari e di persone che non arrivano a fine mese. Il solo modo per fermare questa spirale negativa è garantire ai lavoratori un salario dignitoso che consenta di vivere in Ticino. Il budget che consente una vita dignitosa “Budget consigli Svizzera” è un’organizzazione mantello che raggruppa 34 uffici di consulenza in budget. La traduzione in italiano della documentazione è curata dall’ACSI, partner del Piano cantonale pilota di prevenzione all’indebitamento “Il franco in tasca”, che prevede oltre venti misure negli ambiti della prevenzione, della formazione e dell’intervento. Questi sono due esempi di budget che si riferiscono a entrate nette. 19
Una persona sola con un figlio ha bisogno di un minimo di 3’500 franchi netti, una coppia con un figlio 4'250.— , se per la cura dei figli, i pasti fuori casa, l’auto, il computer, animali domestici, assicurazioni aggiuntive non spende e non risparmia assolutamente nulla. 4.2 La diminuzione dei salari reali Stando a una ricerca del “Tages Anzeiger”20 realizzata sulla base dei dati dell’Amministrazione federale delle finanze, nel nostro Cantone il reddito medio è aumentato tra il 2003 e il 2010 soltanto dello 0,17% mentre il cosiddetto “reddito mediano” (la linea di divisione tra quel 50% di chi guadagna di più ed il 50% che guadagna di meno) è addirittura diminuito dell’8%. Se il reddito mediano diminuisce significa che ci sono sempre più economie domestiche con un reddito basso, cioè sempre più famiglie povere o a rischio di povertà. Diminuzione dei salari medi e bassi Un rapporto del Consiglio federale sulla ripartizione della ricchezza21, pubblicato in settembre 2014, ha messo in evidenza che i salari medi e bassi reali in Ticino sono calati fra il 2004 e il 2010. È vero che in busta paga c’è qualche franco in più (salario nominale), ma si riesce a pagare sempre di meno perché le spese fisse sono decisamente aumentate, in particolare i premi della cassa malattia. Quindi per finire i salari bassi reali sono diminuiti dell’1,8%, quelli medi dello 0,5%. Solo quelli alti sono aumentati, anche se meno rispetto ad altri cantoni. Lo studio che si basa sull’Indagine sul budget delle economie domestiche (IBED) effettuata solo sui residenti. 20 http://blog.tagesanzeiger.ch/datenblog/index.php/1288/wo-die-grossverdiener-wohnen 21 Rapporto Consiglio federale, Ripartizione della ricchezza, 2010, http://bit.ly/2poaYER Silvano Toppi, Studio sul benessere,crescono reddito e sostanza, aumenta la disparità, La Borsa della spesa, no.6, settembre-ottobre 2014. http://www.acsi.ch/documenti/BDS_2014/BDS_6_14_web.pdf 20
Lo stesso discorso vale per il reddito mediano (salari, rendite, prestazioni sociali) delle economie domestiche: in Ticino è aumentato in termini nominali, ma non in termini reali. Il nostro Cantone è agli ultimi posti della classifica per reddito. Non solo siamo uno dei cantoni dove le disuguaglianze fra i redditi alti e bassi sono più marcate, ma siamo anche quello dove queste disuguaglianze sono aumentate di più fra il 2003 e il 2010. I salari reali medi e bassi sono calati, il reddito mediano è calato e siamo il Cantone dove le disparità sono aumentate di più. La classe media è in affanno e stiamo progressivamente creando una società a due velocità che renderà sempre più persone dipendenti dagli aiuti statali. Continuo calo dei salari d’entrata In un rapporto pubblicato dalla SECO22, il Consiglio di Stato ticinese afferma di aver costatato un calo dei salari d’entrata sia per i giovani sia in caso di nuovi contratti: “È inoltre osservata una pressione sui salari quando vengono conclusi dei nuovi contratti, un’evoluzione attenuata a causa dei livelli salariali dei contratti precedenti. Questo significa che i casi di dumping salariale vengono individuati con un certo ritardo. Un intervento risulta quindi difficile senza creare dei problemi con le aziende e, in questo momento, questo non sarebbe di grande utilità al fine di proteggere la manodopera residente”. Se i salari d’entrata calano significa che i “nuovi dipendenti” non riusciranno mai a guadagnare quanto quelli con più anni di esperienza, quindi si va verso un “impoverimento” dei lavoratori e delle lavoratrici. Salari in calo in più settori economici: delle differenze salariali fino a quasi il 50% rispetto al resto della Svizzera Nel dicembre 2015 Michela Delcò Petralli e Giorno Fonio hanno inoltrato un‘interrogazione per chiedere un approfondimento sul calo dei salari in alcuni settori e sul divario salariale con il dato medio svizzero, che in alcuni raggiunge quasi il 50%. Citiamo qualche esempio dell’interrogazione: ● fabbricazione di computer, prodotti di elettronica, ottica e orologi: salario mediano svizzero è di 6’629 franchi, in Ticino 3'602 franchi. ● Fabbricazione di apparecchiature elettriche (NOGA 27): 6’727 franchi in Svizzera, 3’441 in Ticino. ● Industria farmaceutica (NOGA 21): 9’694 franchi in Svizzera, 5'199 franchi in Ticino. Il 22,4% dei salariati ha un diploma universitario e il 5,1% di una scuola professionale superiore. ● Servizi di informazione e comunicazione (NOGA 58-63): 8'474 franchi in Svizzera, 5'510 22 Frontaliers et franc fort. Conséquences et mesures d'accompagnement.Rapport rédigé en réponse au postulat 11.3999 Favre Laurent du 30 septembre 2011(PDF, 3 MB, 24.) 21
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