Operazione della Direzione Nazionale Antimafia contro il narcotraffico: 27 arresti - Il Corriere del Giorno
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Operazione della Direzione Nazionale Antimafia contro il narcotraffico: 27 arresti ROMA – E’ in corso da questa mattina una vasta operazione antidroga denominata “Fiori di primavera” condotta dalla Guardia di Finanza del Comando Provinciale di Lecce guidato dal Colonnello Luigi Carbone con arresti in Italia e in Albania contro quattro distinti gruppi criminali italo albanesi responsabili a vario titolo di associazione a delinquere finalizzata alla produzione ed al traffico internazionale di sostanze stupefacenti . Sono oltre 100 i finanzieri impegnati del Comando provinciale di Lecce con l’ausilio dello S.C.I.C.O il Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata di Roma della Guardia di Finanza, coordinati dalla Direzione Nazionale Antimafia e dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce, che stanno notificando una ordinanza di custodia cautelare richiesta dai magistrati di Lecce ed emessa dal gip dr. Michele Toriello del Tribunale di Lecce, a carico di 27 persone (di cui 21 albanesi e 6 italiani) anche in Albania grazie alla collaborazione della Polizia locale. Le indagini durate quasi due anni, hanno reso possibile identificare ed arrestare gli appartenenti a quattro distinti gruppi criminali italo albanesi, con basi operative nella provincia di Lecce e ramificazioni in altre regioni italiane (Calabria, Toscana, Emilia Romagna, Sicilia, Liguria, Lombardia), tutti ritenuti responsabili di traffico internazionale di stupefacenti, detenzione ed introduzione nel territorio nazionale di armi e munizioni da guerra.
I militari del G.I.C.O. della Guardia di Finanza di Lecce anche con la collaborazione dei mezzi aerei e delle motovedette del R.O.A.N. Reparto Operativo Aeronavale di Bari, grazie anche alle alte dotazioni tecnologiche a loro disposizione, sono riusciti ad “intercettare” le spedizioni in mare, mappandoli e consentendo di intervenire sui “punti di sbarco” lungo il litorale pugliese, compiendo ben 26 distinti interventi operativi nel corso delle indagini ed arrestando in flagranza 31 persone responsabili, insieme ad altre 90 denunciate a piede libero, dell’importazione ripetuta in Italia di 8 tonnellate e mezzo di marijuana e quasi 10 chilogrammi di eroina e cocaina oltre che di armi e munizioni.
I dettagli dell’operazione sono stati resi noti questa mattina nel corso di un incontro con la stampa svoltosi a Lecce questa mattina presso gli uffici della Procura Generale , alla presenza del Procuratore nazionale antimafia, Federico Cafiero de Raho, del procuratore capo della Repubblica di Lecce, del Comandante regionale Puglia Generale Vito Augelli e del Generale Alessandro Barbera Comandante del Servizio centrale di investigazione sulla criminalità organizzata della Guardia di Finanza. Per il dr. Cafiero de Raho il risultato dell’ operazione odierna “si tratta di un’operazione di grande importanza perché abbiamo operato in stretta collaborazione con la polizia albanese. L’organizzazione si fondeva con elementi della criminalità italiana e riusciva ad immettere marijuana eroina e cocaina sul mercato europeo: questo ci dà la misura di quanto pericolosa sia la criminalità albanese”.
Importante ed efficiente è stata anche la collaborazione internazionale che ha visto cooperare al meglio il Ministero della Giustizia e dell’Interno, la Direzione Centrale per i Servizi Antidroga (D.C.S.A.), l’Interpol ed il Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia (SCIP – Ufficio dell’esperto per la sicurezza in Albania) grazie ai quali i Finanzieri del Nucleo di polizia economico finanziaria di Lecce e dello S.C.I.C.O il Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata di Roma della Guardia di Finanza, sono riusciti – in sinergia con la Polizia nazionale albanese – a rintracciare all’alba di oggi i destinatari dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere , che nel frattempo si erano rifugiati in Albania. I capi dell’organizzazione e gli scafisti erano albanesi mentre gli italiani si occupavano della fase logistica dello smistamento , a partire dallo stoccaggio alla successiva commercializzazione delle partite di droga sul territorio italiano. Gli scafisti venivano reclutati in Albania ed avevano il compito di trasportare, tonnellate di marijuana, oltre che cocaina ed eroina stipati su potenti gommoni supermotorizzati, dalle coste albanesi a quelle salentine. La fase logistica in Italia, ossia il temporaneo stoccaggio e la commercializzazione, veniva affidata a complici italiani.
Alcuni traffici di droga avvenivano anche sulle coste della litoreanea jonica, con dei carichi provenienti dall’ Albania che venivano scaricati a Torre Colimena (Manduria) in provincia di Taranto. Nel capoluogo jonico infatti è stati arrestato un “corriere” Michele Marini durante il viaggio di ritorno dalla Calabria. Altri tre trafficanti, Francesco Delle Grottaglie e Gaetano Intranova nativo di Manduria e residente a Maruggio (TA) e l’ albanese Gerard Lamaj sono indagati nell’inchiesta per aver acquistato e trasportato 70 pacchi di marijuana dall’ Albania sino alla costa tarantina, in località Campomarino di Maruggio (Manduria, Taranto) . Un albanese Kujtim Elmazi veniva fermato sulla SS Brindisi-Taranto all’altezza dello svincolo per Taranto Tamburi alla guida di una Panda con cui trasportava 31 kg.di marijuana e tratto in arresto. GdG Lecce _mafia copia Dall’inchiesta è emerso che i gruppi criminali di spessore anche mafioso, presenti in Sicilia ed in altre città italiane, si sono ripetutamente rivolti agli albanesi arrestati oggi dalla Guardia di Finanza, per approvvigionare i rispettivi mercati di ingenti quantitativi di stupefacente pagato in anticipo e in contanti come dimostrano i numerosi sequestri di banconote, producendo un vorticoso flusso di denaro verso il Salento e l’Albania sulle cui tracce si sono posti gli inquirenti del Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di Finanza. “La giornata di oggi corona un lavoro portato avanti negli ultimi anni – ha aggiunto il comandante regionale della Guardia di Finanza Generale Vito Augelli– arresti, denunce, sequestri e investigazioni sono un patrimonio importante che assesta un colpo duro alla criminalità nella nostra regione”.
Gli arrestati pugliesi sono: Donato Carlucci 35enne di Brindisi, Gianfranco Contestabile, 51enne di Brindisi; Giancarlo De Simone 52enne di Oria; Salvatore Santoro, 51enne di Brindisi; Francesco Tarantini, 62enne di Brindisi ; Giuseppe Vantaggiato, 41enne di Brindisi. I nomi degli arrestati Il gruppo degli albanesi: Altin Avdurami, 46 anni, residente a Castro (Lecce); Arben Pazi, 42 anni; Arbnor Hoxhaj, 34 anni; Artur Malo, 35 anni; Bernanrd Tahiarj, 35 anni, Bilbil Kabello, 34 anni; Denis Pashaj, 33 anni; Dino Abazi, 37 anni; Dorian Alikaj, 35 anni; Dorjan Pashaj, 34 anni; Eduart Sallaku, 50 anni; Elvin Xamo, 40 anni; Erjon Xhelili, 36 anni; Fatmir Xhelili, 38 ani; Klaudio Fani, 34 anni; Kristian Nuredinaj, 36 anni; Kujtim Elmazi, 58 anni;
Luka Beqiraj, 32 anni; Nertil Gerra, 31 anni; Raul Zenunaj, 40 anni; Ajet Cepaj, 50 anni. Il gruppo degli italiani: Giancarlo De Simone, 52 anni, di Oria (Brindisi) Ai domiciliari: Donato Carlucci, 35 anni, di Brindisi; Gianfranco Contestabile, 51 anni, di Brindisi; Salvatore Santoro, 51 anni, di Brindisi; Giuseppe Vantaggiato, 41 anni, di Brindisi; Francesco Tarantini, 62 anni, di Brindisi. (notizia in aggiornamento) “Nel 2019 cattureremo Matteo Messina Denaro” ROMA – “Il 2019 sarà l’anno della cattura di Matteo Messina Denaro”. Questo è il monito lanciato dal procuratore nazionale Antimafia e Antiterrorismo, Federico Cafiero De Raho, in un’intervista a www.Gnewsonline.it, il nuovo quotidiano d’informazione online del Ministero della Giustizia. In un colloquio con Massimo Filipponi, il procuratore De Raho ha fatto il bilancio del suo primo anno alla guida della Procura Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, evidenziando i risultati ottenuti e valutando i provvedimenti legislativi adottati in materia di lotta alla corruzione e quelli che favoriranno l’ingresso di nuovi magistrati e di personale amministrativo nella macchina della Giustizia.
De Raho si è anche soffermato sulle figure e sugli insegnamenti di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, ricordando come l’intuizione dei due magistrati abbia modificato profondamente e potenziato le tecniche di indagine e di contrasto alla criminalità organizzata. Sulla latitanza del boss Messina Denaro, il procuratore ha dichiarato: “Le reti che lo attorniano e che lo sostengono sono sempre numerose ma di volta in volta, mese dopo mese, si interviene tagliandole. Così facendo ci si avvicina all’obiettivo e credo che il 2019 sarà proprio l’anno della fine della sua latitanza”. “È la prima delle novità di questo 2019 e vogliamo che Gnews diventi un punto di riferimento per l’informazione nell’ambito della giustizia, che lo faccia avendo come bussola i principi del giornalismo e la conseguente autonomia che questi portano con sé. Anche per questa ragione vorremmo che fosse uno spazio di dibattito e cominciamo subito ospitando nelle nostre colonne i contribuiti di alcuni degli attori principali della giustizia” si legge nell’editoriale. Su Gnewsonline.it si possono trovare gli interventi di Andrea Mascherin, presidente del Consiglio Nazionale Forense, Antonio De Notaristefani, presidente dell’Unione delle Camere Civili, Francesco Minisci, presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati e Gian Domenico Caiazza, presidente dell’Unione delle Camere Penali. “Quello di oggi è, quindi, un ulteriore passo concreto che compiamo per attuare quell’apertura delle porte di via Arenula già intrapresa dal ministro Alfonso Bonafede. E per farlo abbiamo un nuovo strumento,
creato grazie alla collaborazione fra l’Ufficio stampa e la Direzione generale per i Sistemi informativi automatizzati del Ministero. Il quotidiano sarà gestito dall’Ufficio stampa e informazione di via Arenula. Chiunque volesse collaborare può scrivere all’indirizzo email ufficio.stampa@giustizia.it per sottoporre le sue proposta. Noi ci siamo. Un buon anno a tutti i lettori” conclude l’editoriale. Blitz antiterrorismo dei Nocs in Sardegna. Arrestato un uomo ROMA – Un uomo libanese di 38 anni Alhaj Ahmad Amin, di origine palestinese è stato arrestato questa mattina dai NOCS della Polizia di Stato a Macomer in provincia di Nuoro, che hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, in quanto ritenuto responsabile di stare progettando un attacco con del veleno o con armi chimiche in una località della Sardegna È questa la principale ipotesi degli investigatori che per diverso tempo hanno tenuto sotto controllo tutti movimenti dell’estremista islamico. Il libanese- palestinese era residente da qualche tempo in Italia, nella cittadina sarda dove conduceva una vita tranquilla, sempre chiuso in casa, ed aveva sposato con una ragazza marocchina (conosciuta casualmente sui social), padre di tre figli, sembrava essere al di sopra di ogni sospetto. Una vera e propria cellula dormiente. Abitava in pieno centro, e secondo la Digos la moglie non aveva mai sospettato di avere in casa un potenziale terrorista. Non uno che si sarebbe immolato, ma che stava studiando un modo semplice per avvelenare le condotte idriche. Dove e come ancora non è chiaro, ecco perché la Direzione antimafia di Cagliari ha deciso di
intervenire e di fermare il progetto prima che fosse troppo tardi. L’operazione è stata condotta dalla Digos di Nuoro e coordinata dalla Direzione Centrale Polizia di Prevenzione-Servizio Antiterrorismo. La misura cautelare d’urgenza è stata chiesta dai pm Danilo Tronci e Guido Pani, ed immediatamente autorizzata dal Gip Lucia Muscas in considerazione dell’alto rischio del progetto criminale: secondo le prime informazioni, si tratterebbe di un lupo solitario affiliato all’Isis che avrebbe avuto intenzione di mettere a segno un attentato in Sardegna, probabilmente avvelenando con un topicida una condotta idrica potabile.
Nella conferenza stampa tenutasi nel pomeriggio odierno il procuratore nazionale Federico Cafiero de Raho della Procura Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo ed il capo dell’Antiterrorismo della Polizia di Stato Lamberto Giannini, insieme ai magistrati sardi ed ai responsabili delle Digos che hanno operato, hanno spiegato i retroscena dell’operazione. conferenza stampa della Direzione Nazionale Antimafia sull’operazione antiterrorismo della Polizia di Stato in Sardegna L’operazione ha avuto origine grazie ad una cooperazione internazionale, con le Autorità del Libano, sono stati curati personalmente dal dr. Giannini, direttore centrale dell’ DCPP-UCIGOS della Polizia di Stato, con il supporto del Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia dell’ Interpol, attività svolte successivamente dopo l’arresto di un militante di Daesh che aveva pianificato l’avvelenamento con la ricina di una cisterna d’acqua dalla quale si riforniva una caserma dell’esercito libanese. Il progetto di avvelenamento, sarebbe stato supportato da un cugino presente in Italia il quale avrebbe avuto in animo di realizzare una simile operazione anche in Europa. Sulla base di queste informazioni sono state avviate immediatamente le indagini dell’ Antiterrorismo della DCPP-UCIGOS della Polizia di Stato, in collaborazione con i servizi segreti italiani, hanno permesso di individuare in un piccolo paese della Sardegna il cugino
dell’estremista libanese, e di acquisire una serie di elementi e risconti sia in merito all’appartenenza al cosiddetto stato islamico di Alhaj Ahmad Amin, che in merito alle ricerche via Internet e la pianificazione per utilizzare agenti tossici con finalità lesive. L’uomo, secondo quanto si apprende sarebbe aderente all’Isis, veniva monitorato e seguito da tempo nell’ambito di un’indagine condotta dagli uomini della Digos di Nuoro e di Cagliari, coordinati dalla Direzione Distrettuale Antimafia ed Antiterrorismo di Cagliari. che dopo una iniziale perquisizione nell’ abitazione di Alhaj Ahmad Amin, lo hanno tenuto sotto ferreo controllo attraverso intercettazioni telefoniche, telematiche ed ambientali, ma sopratutto pedinato e controllato a vista. Quando gli inquirenti hanno visto che aveva effettuato un grosso prelievo di oltre 5mila euro, e che cercava il proprio passaporto nella sua abitazione, hanno capito che stava progettando una fuga.
I riscontri della progettualità sono arrivati a seguito della perquisizione cui era stato sottoposto l’indagato, il quale non usciva pressochè mai di casa e non lavorava, , a seguito delle quali le analisi investigative ancora in corso, gli accertamenti tecnici effettuati sul suo smartphone (che ha cercato di resettare) , hanno consentito di reperire ed acquisire un ampio materiale riferibile al sedicente stato islamico ed al suo califfo Abu Bakr Al -Baghdadi, non che una vastissima letteratura e documentazione relativa alle sostanze letali come l’ aflatossine B1 ed il Metomil, un pesticida potentissima che l’arrestato aveva tentato più volte di acquistare su siti di e- commerce. Questa mattina gli uomini dei NOCS con i giubbotti antiproiettile ed i volti coperti da passamontagna hanno atteso che l’uomo uscisse di casa nel pieno centro cittadino, per dar corso al suo arresto, ed infatti quando è salito a bordo di un furgone, i poliziotti dei NOCS con un azione spettacolare hanno bloccato il furgone ed hanno fermato un uomo, immobilizzandolo a terra prima che potesse partire.
Prima di dare corso all’operazione, alla quale hanno partecipato anche unità cinofile e gli uomini delle Digos di Nuoro e Cagliari, la Polizia in collaborazione con la Polizia Locale, l’intera zona è stata circondata ed interdetta, per evitare che qualcuno potesse rimanere coinvolto nel blitz nell’ipotesi che il presunto terrorista potesse fuggire. L’obiettivo più vicino sarebbe stato una caserma dell’Esercito Italiano esattamente come era nelle intenzioni del cugino arrestato in Libano che progettava un analogo attentato ad una caserma dell’ esercito libanese. Potrebbe quindi non essere casuale la sua presenza a Macomer, dove è di stanza il 5° Reggimento Genio Guastatori della Brigata ‘Sassari’ spesso impegnati in operazioni militari all’ estero per garantire il rispetto delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Alcuni reparti della Polizia erano in preallarme dalle ore 2 di questa notte.
A Roma l' ottava edizione del Salone della Giustizia di Giovanna Rei ROMA – L’alternanza scuola-lavoro, la domanda di autonomia amministrativa, l’economia tra globalizzazione e nuovi protezionismi, e la minaccia del terrorismo: sono alcuni dei temi che verranno approfonditi al Salone della Giustizia, la cui ottava edizione ha aperto i battenti ieri a Roma al Centro congressi del Parco dei Principi, per una tre giorni di seminari. Il Salone quest’anno ruota intorno alla domanda ‘dove i cittadini vorrebbero ci fosse più giustizia?‘. Assente per la prima volta il governo, sono stati gli esperti chiamati a confronto a dare le risposte. Ha aperto i lavori il presidente della Corte costituzionale Giorgio Lattanzi, il ministro della Giustizia argentino German Garavano e la presidente della Fondazione Gerusalemme Johanna Arbib. Nel primo dibattito si è parlato di futuro, di giovani e lavoro con, tra gli altri, il procuratore generale della Cassazione Riccardo Fuzio, il rettore di Tor Vergata Giuseppe Novelli e due sindacalisti di lungo corso come Raffaele Bonanni ed Emilio Miceli. Nel pomeriggio si sono affrontati , dal punto di vista politico e costituzionale, il tema delle autonomie regionali con il presidente della Puglia Michele Emiliano, l’Avvocato generale dello Stato Massimo Massella Ducci Teri, il presidente di Unioncamere, Ivan Lo Bello. Oggi il Salone si aprirà con un dibattito sulla “Globalizzazione e
nuovi protezionismi” . Saranno in particolare messe a fuoco le future strategie di Italia e Regno Unito. Philip Willan, corrispondente dall’Italia del ‘The Times’, porrà la questione ai relatori che partecipano a questo importante incontro. Beniamino Quintieri, presidente della Sace, Donato Iacovone, AD di Ernst e Young, Mauro Moretti, già AD di Ferrovie dello Stato e di Leonardo Spa, Gianni Letta. Sarà presente il Ministro plenipotenziario Ken O’ Flaherty, vice Capo Missione dell’ Ambasciata Britannica di Roma. Il tema del pomeriggio è il ricatto del terrorismo: Un argomento, quello del terrorismo, di strettissima attualità. Nel mondo tra la gente è sempre più diffusa una sensazione di pericolo e di forte insicurezza. L’argomento concluderà la seconda giornata dei lavori dell’8° Salone della Giustizia. Ne parlerà Franco Gabrielli, Capo della Polizia di Stato e della Pubblica Sicurezza, Federico Cafiero De Raho, procuratore nazionale antimafia e anti terrorismo, Giuseppe Amato, procuratore Capo di Bologna, Ofer Sachs, ambasciatore dello Stato di Israele, Kieran L. Ramsey, attachè legale del FBI dell’Ambasciata americana in Italia. Giovanni Soccodato, vice presidente Strategie e Innovazione di Leonardo Spa illustrerà i progressi della tecnologia italiana per il contrasto alle attività terroristiche. Moderatrice Fiorenza Sarzanini, giornalista del Corriere della Sera. L’ultimo giorno del Salone sarà dedicato al rapporto tra media e magistratura. Ad introdurre il dibattito Tommaso Marvasi, vice presidente del Comitato scientifico del Salone della Giustizia e presidente del Tribunale delle Imprese. L’incontro sarà moderato dal direttore di Rainews24 Antonio Di Bella, a cui parteciperanno il direttore del Messaggero Virman Cusenza, il direttore dell’ANSA Luigi Contu, il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura
Giovanni Legnini, il presidente della Cassazione Giovanni Mammone e il presidente dell’Anm Francesco Minisci. Il presidente del Salone della Giustizia Carlo Malinconico, (a lato nella foto) concluderà i lavori assieme alla presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati. Per quanto riguarda i workshop, l’Unione Camere Penali insieme alle Camere Penali di Roma ha promosso due incontri nel corso della giornata inaugurale. I temi trattati riguarderanno: giudici e pubblici ministeri, due carriere per un giusto processo e il pianeta carcere, la riforma penitenziaria, a cui parteciperà il Capo Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria Santi Consolo. La seconda giornata prevede quattro argomenti: banche e imprese, in quanto in questo momento di particolare crisi, le aziende stanno riformulando il modo di fare impresa, dando sempre più evidenza alle reali necessità e rivalutando il rapporto con il mondo bancario, che deve anch’esso mutare il proprio antico rapporto con il mercato; tutela giuridica dell’infanzia, in un mondo in continua evoluzione, dove i “valori” vengono quotidianamente ridefiniti, dove i mali genitoriali si allargano e si comprimono a seguito di ingerenze di aria natura, è necessario ridefinire i confini della tutela dell’infanzia sotto ogni profilo; diritto di famiglia e food law e made in Italy, il “made in Italy” è uno dei marchi più diffusi al mondo ma anche uno dei meno tutelati. Nel campo del “food and beverage” si sta formando una nuova legislazione che prende spunto proprio dalla eccellenza dei nostri prodotti.
Due i temi che concluderanno la serie di workshop dell’8° Salone della Giustizia. Il primo su stalking e femminicidio: qual è il confine tra la cattiveria e la pazzia? In Italia vengono commessi almeno 130 femminicidi l’anno, un fenomeno che rimbalza sempre più spesso nelle cronache dei giornali e dei telegiornali con dettagli a volte raccapriccianti. Si tratta nella gran parte dei casi di veri e propri delitti annunciati, preceduti da violenza fisica o psicologica, e avvengono spesso in contesti socio-culturali non marginalizzati. Si tratta quindi di un problema con motivazioni, assai complesse e con implicazioni psicologiche che non vanno sottovalutate. L’incontro si propone di approfondire il linguaggio della cronaca, il panorama delle misure di prevenzione e di sanzione di questi reati e gli aspetti più puramente psichiatrici. I relatori: Annelore Homberg, Simonetta Matone, Federica Federici, Paola Guerci, Adriana Pannitteri. Il secondo incontro riguarda due milioni e mezzo di italiani affetti dalla sindrome della fibromialgia. Questa patologia invalidante, ancora oggi non gode di tutela sanitaria e di riconoscimento da parte del SSN. La malattia è caratterizzata da dolore diffuso, stanchezza profonda e disturbi del sonno che sono quindi determinanti anche ai fini lavorativi e sociali. Presenti all’incontro medici, rappresentanti delle istituzioni e sindacali, le due associazioni principali di pazienti.
Terrorismo, smantellata la rete di Amri: cinque arresti ROMA – Nuova importante operazione antiterrorismo (dal nome “Mosaico” ) della Polizia di Stato : 5 arrestati, quattro tunisini e un sedicente palestinese, tra Roma e Latina. Gli uomini dell’ Ucigos (Antiterrorismo) assieme alla Digos hanno bloccato diverse persone riconducibili alla rete di Anis Amri, il tunisino autore della strage al mercatino di Natale di Berlino, ucciso a Sesto San Giovanni (Milano) lo scorso 23 dicembre 2016 dopo un conflitto a fuoco avuto con degli agenti della Polizia di Stato che lo avevano bloccato per un controllo casuale senza neanche averlo riconosciuto immediatamente.
operazione “Mosaico” della Polizia di Stato “Si è evitato che si sfociasse dalla fase di radicalizzazione in una attività terroristica. Non c’è alcun elemento concreto che facesse pensare alla preparazione di un attentato ma ci sono elementi che fanno pensare che si stessero preparando a questo”, ha detto il pm Sergio Colaiocco. L’indagine è nata dall’analisi dei tabulati del cellulare di Amri, l’attentatore che il 19 dicembre del 2016 fece dodici morti piombando con un camion sul mercatino di Natale a Breitscheidplatz. Nei mesi successivi vennero espulsi dal territorio italiano tre dei suoi conoscenti che vivevano in provincia di Latina, ritenuti essere “pericolosi” per la sicurezza nazionale. L’operazione di oggi, però, dimostra che la rete intessuta da Amri nel nostro Paese potrebbe non essersi limitata a quei tre. Sono 31 i video trovati sul tablet di Abdel Salem Napulsi, il sedicente palestinese arrestato dalla Procura di Roma per il reato di autoaddestramento con finalità di terrorismo. Tra i filmati rintracciati anche uno relativo all’uso di un lanciarazzi Rpg7. Gli inquirenti hanno accertato, anche, che l’arrestato aveva svolto una serie di ricerche anche sul “deepweb” per cercare come acquistare armi, camion o pickup. Sul tablet trovati anche video sul Califfato in Siria e comunicati dello Stato Islamico. Abdel Salem Napulsi, 38 anni, è accusato di terrorismo perché si è auto addestrato su Internet. Oltre a 16 video di propaganda islamista presi da Youtube, ha scaricato istruzioni sull’uso di carabine ad aria compressa e lanciarazzi del tipo Prg-7, nonché su come modificare alcune armi in commercio. Non solo. Poco prima del fermo avvenuto nell’ottobre scorso a Latina durante un controllo antidroga, ha cercando di acquistare o noleggiare un mezzo, un modello tipo pick up o camioncino, adatto a montare armi da guerra. Le accuse . I reati ipotizzati sono addestramento e attività con finalità di terrorismo internazionale e associazione a delinquere finalizzata alla falsificazione di documenti e al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
Un fermo immagine del video di Anis Amri prima dell’attentato Chi sono gli arrestati . Tra i cinque c’è anche un tunisino che avrebbe dovuto procurare i falsi documenti ad Anis Amri per permettergli di lasciare l’Italia. Gli altri quattro arrestati, anch’essi tunisini, Akram Baazaoui, Mohamed Baazoui, Dhiaddine Baazaoui e Rabie Baazoui sono accusati di aver fatto entrare illegalmente in Italia un centinaio di migranti clandestini a cui fornivano i documenti falsi per poter proseguire verso altri paesi europei. A loro la procura di Roma contesta l’associazione per delinquere finalizzata alla falsificazione dei documenti e al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Anch’essi in contatto con un amico di Amri, hanno fatto entrare illegalmente in Italia un centinaio di connazionali, ai quali – dietro il pagamento di grosse somme di denaro – fornivano carte d’identità e patenti fasulle per proseguire il viaggio verso Francia e Germania. Sono 20 in totale le persone indagate dalla Procura di Roma. I soggetti, che gravitano tutti nel territorio del Lazio e in particolare Latina, sono stati monitorati dopo l’attentato di Berlino e l’uccisione, a Sesto San Giovanni di Anis Amri. Nel corso di una conferenza stampa, a cui hanno partecipato i vertici della Digos di Roma e Latina oltre al procuratore aggiunto Francesco Caporale, è stato spiegato che gli indagati “avevano diversi livelli di radicalizzazione” ma, secondo quanto accertato dagli inquirenti,
“frequentavano gli stessi ambienti“. Un frame tratto da un video della Polizia mostra un momento della nuova operazione antiterrorismo “Abbiamo individuato tutte le pedine – hanno spiegato gli investigatori – che si trovavano nel Lazio che avevano un collegamento con Amri, anche se non diretti. Non siamo in presenza di lupi solitari ma tra di loro c’erano diversi radicalizzati”. Contestualmente agli arresti sono state svolte una serie di perquisizioni presso le abitazioni degli indagati. Oltre agli arresti, sono in corso una serie di perquisizioni nelle province di Latina, Roma, Caserta, Napoli, Matera e Viterbo. Questa mattina il Procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho, parlando a “Radio anch’io” sui foreign fighters ha detto : “Da parte dello Stato c’è un’attenzione altissima. E’ evidente che il rischio c’è. Per quanto riguarda i foreign fighters è previsto un rientro che non dovrebbe superare le 50 unità. C’è quindi una differenza rispetto agli altri paesi che hanno milioni di persone naturalizzate”. Aggiungendo “Gli sbarchi potrebbero essere un canale di rientro. La
modalità attraverso la quale i migranti giungono nel nostro territorio per restare ma, per lo più, per muoversi verso altri paesi d’Europa è tale da non consentire una rilevazione certa. E questo potrebbe consentire un passaggio occulto“. Procura nazionale antimafia. Il CSM all’unanimità ha eletto procuratore capo nazionale Federico Cafiero de Raho ROMA – E’ il procuratore di Reggio Calabria Federico Cafiero de Raho, che dal 2013 è stato sino ad oggi il capo della procura reggina, uscito sconfitto per la corsa a procuratore capo di Napoli, il nuovo procuratore nazionale antimafia dopo che il procuratore generale di Palermo Roberto Scarpinato ha ritirato la propria candidatura . de Raho aveva già ottenuto dalla Va Commisione del Consiglio Superiore della Magistratura competente per gli incarichi direttivi, il maggior numero dei voti .
da sinistra Federico Cafiero De Raho e Giovanni Melillo In Commissione Scarpinato aveva ottenuto solo un voto, nella seduta dello scorso 5 ottobre, quello dell’ex gip di Palermo Piergiorgio Morosini, ed inoltre ancora una volta il gruppo di Area, a cui appartiene il consigliere, era pronto ad appoggiarlo in “plenum” dimostrando la propria spaccatura all’interno già emersa in occasione della nomina di Giovanni Melillo (ex capo di gabinetto del ministro guardasigilli Andrea Orlando ) a procuratore capo di Napoli che prevalse proprio sulla candidatura di Federico Cafiero De Raho, che questa volta invece ha ottenuto cinque voti dalla Commissione: quello dei consiglieri togati Francesco Cananzi e Massimo Forciniti di Unicost e e Luca Forteleoni di Magistratura Indipendente e dai membri laici Paola Balducci (centrosinistra) e Pierantonio Zanettin (centrodestra) ricevendo quindi un consenso anche politico bipartizan. Un sostegno forte che lo investito la sua candidatura dei favori e consensi del CSM. de Raho 65 anni, napoletano ha maturato una consolidata esperienza nella lotta alla criminalità organizzata, trascorrendo buona parte della sua onorata carriera, nella Procura di Napoli, dove ha ricoperto anche il ruolo di procuratore aggiunto ed ha fatto parte della Direzione Distrettuale Antimafia napoletana. Ha condotto numerose inchieste contro la camorra e, in particolare, contro il clan dei Casalesi. Il suo operato è legato soprattutto al processo `Spartacus´, nato dai riscontri determinanti delle dichiarazioni di Carmine Schiavone, il primo vero collaboratore di giustizia del clan di Casal di Principe, in un processo ritenuto equivalente per importanza dagli addetti ai lavori al primo maxi processo a Cosa Nostra a Palermo. Ancora prima si era occupato del clan Mariano dei Quartieri Spagnoli di Napoli che come i Casalesi sono stati pesantemente colpiti dal suo operato di
magistrato antimafie. Nel 2013 Federico Cafiero De Raho è diventato capo della procura di Reggio Calabria, raggiungendo importanti risultati nella cattura di latitanti di `ndrangheta, che erano ricercati da circa 20 anni, e all’aggressione al patrimonio delle famiglie calabresi delle varie `ndrine. Nel 2015 sotto la sua gestione della procura reggina , sono stati acquisiti 13 collaboratori di giustizia e 2 testimoni, un risultato molto importante e significativo in un territorio come la Calabria in cui regna e prospera l’omertà. Cafiero De Raho ha condotto numerose indagini anche contro Cosa Nostra, in particolare quella su Pippo Calo´ il cassiere della mafia, in relazione all’omicidio del fratello del giudice Imposimato, e quella sui collegamenti ed alleanze delle cosche con la `ndrangheta. il procuratore generale di Palermo Roberto Scarpinato La decisione di Scarpinato è arrivata ieri alla vigilia del voto odierna del plenum, che proprio oggi ha all’ordine del giorno la nomina del successore dell’attuale procuratore, Franco Roberti, che termina il suo mandato per raggiunti limiti di età andando in pensione. Scarpinato pm di innumerevoli storici processi di mafia, è stato tra l’altro pubblico ministero nel processo a Giulio Andreotti ha reso la sua decisione, con una breve comunicazione inviata al Csm, con l’intento di “agevolare l’unanimità” sulla nomina del nuovo procuratore e consentire una piena legittimazione a chi è chiamato a svolgere “un incarico così importante e delicatissimo nella lotta alla criminalità organizzata”. I numeri non erano comunque dalla parte di Scarpinato, che . A questo punto quindi il plenum di oggi del Consiglio Superiore della Magistratura ha eletto all’unanimità l’unico candidato rimasto per la
guida della Procura Nazionale Antimafia : Federico Cafiero de Raho. Un magistrato di sicuro valore e granndi capacità professionali ed operative a cui vanno gli auguri di buon lavoro dalla Direzione e redazione del CORRIERE DEL GIORNO. Il nuovo direttore della DIA, la Direzione Nazionale Antimafia in visita a Reggio Calabria ROMA – Il nuovo Direttore della Direzione Investigativa Antimafia, Generale di Brigata Giuseppe Governale, continua il suo tour di visita ai centri operativi della DIA in tutt’ Italia, e dopo Palermo, ha visitato ieri il Centro Operativo DIA di Reggio Calabria. Accolto dal Capo Centro, Col. Gaetano Scillia, il neo Direttore, in un incontro con i funzionari ed il personale dell’articolazione reggina della DIA, si è soffermato sulle attività concluse e su quelle in corso nell’ambito delle investigazioni preventive e di quelle giudiziarie, che riguardano la provincia di Reggio Calabria e sulle strategie operative da adottare per prevenire e contrastare, con la massima incisività, i fenomeni di criminalità organizzata presenti sul territorio. Nella circostanza, sono stati valutati i risultati conseguiti dal Centro Operativo nel primo semestre dell’anno in corso, tra i quali il sequestro e la confisca di beni per oltre 177 milioni di euro, evidenziando, nel contempo, la necessità di proseguire, con crescente impegno e stimolo, sulla strada dell’aggressione ai patrimoni illecitamente accumulati dalla ‘ndrangheta, fondamentale strumento di lotta nei confronti della
criminalità organizzata. Tale dato conferma il trend delle attività della DIA reggina, che, nell’ultimo triennio, ha sottratto beni per oltre un miliardo e 250 milioni di euro alla criminalità organizzata calabrese . Durante l’incontro è stata, altresì, posta l’attenzione sulla necessità di perseverare nell’azione di contrasto alle infiltrazioni malavitose nel settore degli appalti pubblici: nel primo semestre del 2017 sono state esaminate circa 700 richieste di informazione antimafia, provenienti dalla Prefettura, sono state processate 6680 richieste di informazione antimafia riguardanti imprese impegnate nella ricostruzione delle aree interessate dai recenti eventi sismici e sono state monitorate analiticamente oltre 60 imprese. Il Direttore della DIA Gen. Governale ha incontrato anche il Prefetto di Reggio Calabria, dott. Michele di Bari ed i vertici delle forze di polizia, nonché il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello dott. Bernardo Petralia ed il Procuratore dott. Federico Cafiero De Raho, con i quali ha affrontato i delicati temi connessi al contrasto della criminalità organizzata nella provincia di Reggio Calabria. Sarà Federico Cafiero De Raho il nuovo procuratore nazionale antimafia ? ROMA – Potrebbe essere Federico Cafiero De Raho, l’ attuale capo della procura di Reggio Calabria, e recentemente candidato a procuratore capo di Napoli a cui gli venne preferito il collega Giovanni Melillo ex capo di gabinetto del ministro Orlando, il nuovo Procuratore Nazionale Antimafia. Lo ha infatti proposto a larga maggioranza, la commissione per gli incarichi direttivi del Csm con cinque voti a suo favore, mentre un solo voto è andato al procuratore generale di Palermo Roberto Scarpinato. Non appena saranno depositate le motivazioni delle due proposte, di maggioranza e di minoranza, toccherà al ministro della Giustizia Andrea Orlando dare il suo parere sulla nomina . Quindi spetterò al plenum del Csm discutere le candidature e quindi passare al voto definitivo in plenum, che avverrà probabilmente tra un mese, prima che il prossimo 16 novembre l’attuale titolare dell’incarico Franco
Roberti lasci la magistratura per andare in pensione. Federico Cafiero De Raho, 65 anni, napoletano, è un magistrato che vanta una consolidata lunga esperienza nella lotta alla criminalità organizzata. A Napoli, dove ha svolto buona parte della sua carriera, ha diretto molte indagini contro la camorra e, in particolare, contro il clan dei Casalesi. Attività che hanno portato all’arresto di molti latitanti e, soprattutto con il processo `Spartacus´, alla condanna di centinaia di camorristi. Nel marzo 2013 De Raho è stato nominato procuratore di Reggio Calabria e il suo impegno questa volta si è concentrato territorialmente nel contrasto alla `ndrangheta. È recentissima l’ultima operazione di polizia denominata «Metauros» coordinata dal procuratore De Raho e dai suoi sostituti procuratori. che hanno portato al fermo di sette presunti appartenenti alla cosca Piromalli che aveva messo le mani sul termovalorizzatore e sul depuratore di Gioia Tauro. “Questa operazione – ha affermato il magistrato – certifica, per l’ennesima volta, l’interesse economico e di potere sul territorio della `ndrangheta nel riciclo dei rifiuti”.
Nella commissione per gli incarichi direttivi del Csm hanno votato in favore della candidatura di De Raho i consiglieri di Unicost Francesco Cananzi e Massimo Forciniti, il togato di Magistratura indipendente Luca Forteleoni, il membro laico di centrosinistra Paola Balducci, ed il laico di centrodestra Pierantonio Zanettin. In favore della candidatura di Scarpinato si è espresso invece Piergiorgio Morosini, del gruppo di Area. Come in occasione della nomina di Melillo a procuratore di Napoli, la più grande procura d’ Italia, anche oggi il gruppo dei togati di Area, che raggruppa le correnti di sinistra della magistratura, ancora una volta si è diviso: il consigliere Morosini, che votò per la nomina di De Raho a procuratore di Napoli in dissenso con la maggioranza del suo gruppo, questa volta non lo ha sostenuto, ma ha proposto la nomina a procuratore antimafia del Pg di Palermo Scarpinato. Mentre un altro componente del gruppo di Area, Antonello Ardituro, che appoggiò Melillo, in commissione ha dichiarato questa volta la sua preferenza per De Raho, anticipando quello che sarà il suo voto al plenum. Si può quindi valutare che le principali caselle per la gestione del contrasto alla mafia vedono in ribasso a Palazzo dei Marescialli le quotazioni dell’ Antimafia palermitana in netto ribasso , considerando che tre anni fa Francesco Lo Voi, fu preferito dal Csm alla guida della procura di Palermo al suo collega Guido Lo Forte che era
sostenuto dalla procura antimafia palermitana. Pertanto è legittimo parlare di una crisi di autorevolezza di alcune componenti della magistratura, così come non si può negare che i magistrati eletti dal Consiglio Superiore della Magistratura come la nomina di Lo Voi ha peraltro già dimostrato, abbiano un curriculum del tutto adeguato a svolgere il compito loro affidato . “Ancora non è fatta, assolutamente e’ tutto da vedere”. ha dichiarato all’agenzia Dire, il capo della Procura della Repubblica di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho, in merito alla sua possibile designazione da parte del Csm per la guida della Procura nazionale antimafia. “Un incarico di questi – ha aggiunto Cafiero de Raho – conserterebbe di dare impulso a tante attivita’. Soprattutto sotto il profilo della condivisione, ancora una volta, degli uffici nelle direzioni, che auspichiamo siano quelle di un miglioramento della vita nei territori”. “La Calabria e’ uno di quei territori che merita maggiore sostegno, proprio perche’ – ha concluso il procuratore Cafiero de Raho – le condizioni di vita sono tali da non consentire ulteriori protrazioni di controllo da parte della ndrangheta“. Come non dare ragione al procuratore Federico Cafiero De Raho ? Al Csm può accadere di tutto e di più, specialmente in vista delle prossime elezioni per il rinnovo del consiglio E’ Giovanni Melillo il nuovo Procuratore capo di Napoli ROMA – La candidatura di Giovanni Melillo l’ex capo di gabinetto del ministro di giustizia
Orlando, poi sostituto procuratore generale di Roma, ha letteralmente spaccato in due le correnti interne al plenum del Consiglio Superiore della Magistratura , che ha impiegato ieri oltre 9 ore per decidere il nuovo capo della procura di Napoli, la procura più grande d’ Italia. Dopo una lunga discussione Melillo ha prevalso con 14 preferenze a 9, con due astenuti,su Federico Cafiero de Raho, ex procuratore capo di Reggio Calabria. L’ex capo di gabinetto del ministro Orlando, andrà a dirigere la Procura più grande d’Italia, che conta 9 procuratori aggiunti e 97 sostituti procuratori. Melillo , foggiano, 57 anni, è al suo primo incarico di capo di una Procura, pur avendo ricoperto a lungo il ruolo di procuratore aggiunto, sempre a Napoli. È stato prima pretore poi pm e sostituto alla Direzione Nazionale Antimafia. Il ministro Orlando nel 2014 l’ha chiamato al ministero, dove per tre anni è stato capo di gabinetto. Il magistrato successivamente è tornato in ruolo, ed a marzo ed è stato nominato sostituto procuratore generale di Roma. Melillo era stato in corsa anche per la procura di Milano, ma ritirò la sua candidatura poco prima del voto del Csm che elesse Francesco Greco. Il presidente della Suprema Corte di Cassazione, Giovanni Canzio, ha premesso di avere il “fermo convincimento che la situazione di incompatibilità di Cafiero sia chiara, univoca, incontrovertibile, preclusiva” ed è intervenuto fermamente e con pacata convinzione sul nodo dell’incarico fuori ruolo ed ha chiesto al plenum di evitare “fatwe e pregiudizi sui magistrati eccellenti, su uomini dello Stato che contribuiscono al buon funzionamento delle istituzioni senza entrare in Palazzi o caste di alcun tipo“. Canzio ha fortemente criticato con il suo consueto stile equilibrato la pretesa, sostenuta da altri consiglieri, di un utile “bagno di giurisdizione”, cioè un periodo di decantazione in ruolo dopo la parentesi fuori ruolo, in settori strettamente legati alla giustizia. “Le accuse di carriere parallele come tutte le fatwe e i pregiudizi
ideologici sono affetti sempre da una qualche ottusità. Come in passato è avvenuto per Giovanni Falcone e Loris D’Ambrosio, mi è sembrato di avvertire la stessa retorica. Falcone e D’Ambrosio hanno dimostrato che pur lavorando nei palazzi erano magistrati con la schiena dritta” Secondo il presidente della Corte di Cassazione questi magistrati non meritano di essere delegittimati, ma va invece rispettata la loro dignità e la storia personale e professionale. Quindi ha invitato il plenum del Csm ad evitare questa deriva culturale e “chiediamoci, invece, di che cosa ha bisogno la più grande Procura d’Italia investita da inchieste e problemi di straordinaria portata. Magistrati come Melillo vanno incoraggiati e non chiamati a dirigere un tale ufficio accompagnati da una strisciante e ingiusta delegittimazione. Essi hanno di fronte sfide davvero difficili per le quali hanno sempre dimostrato una forte vocazione“. Al termine dell’intervento di Canzio è intervenuto il consigliere togato Lorenzo Pontecorvo, segretario di Magistratura Indipendente: “Se ho capito bene, ho sentito un paragone tra Falcone e Melillo. Ma in questo caso, è Cafiero de Raho che va paragonato a Falcone, perché è lui che sta rischiando la vita, vive blindato e ha subito oggi un attacco personale“. Ma Canzio lo ha “bacchettato” : “Hai capito male, evitiamo queste estrapolazioni tipo intercettazioni“. In favore della candidatura di Melillo hanno parlato per primi i due relatori, la brillante consigliera laica Paola Balducci e Valerio Fracassi consigliere togato della corrente di Area . “Non si vuole offrire un modello generale di dirigente – ha sottolineato la Balducci – ma si vuole dare a un ufficio così complesso il miglior dirigente possibile“, che sull’attività di capo di gabinetto ha evidenziato che questa “esperienza è ampiamente valorizzabile dal Csm nell’esercizio delle proprie prerogative“.
Un altro esponente di Area, il magistrato napoletano Antonello Ardituro, in un appassionato intervento ha ricordato che : “La Procura di Napoli è una delle cose più importanti della mia vita. Ma qui è una specie di fantasma, non ne ha parlato nessuno. Abbiamo parlato dei profili dei candidati, della coerenza di gruppi o del singolo, di chi dobbiamo premiare. Ma pochissimo di come si debba provare a individuare il miglior dirigente possibile per la Procura di Napoli in questo momento storico. Per me è una scelta difficilissima. Ho un rapporto di affetto, stima e consuetudine lavorativa con entrambi, più con Federico, perché quando si parla del contrasto ai casalesi di parla anche della mia vita. Non avrei mai voluto trovarmi nella situazione di dover votare contro di lui, e forse il consiglio non doveva arrivare fino a questo punto, a mettere in contrapposizione questi due candidati.” “Ma oggi non deve interessare quali sono le loro aspirazioni di carriera dei singoli, – ha continuato Ardituro – ma quale scelta sia migliore per la Procura di Napoli. Un ufficio enorme, che ha pendenze di 120 mila processi, una macchina enorme che va ripensata, migliorata, per il territorio più difficile d’Italia. Con una situazione di criminalità diffusa che non ha eguali, è un ufficio in affanno nonostante l’encomiabile lavoro dei magistrati. Questo ufficio ha bisogno di recuperare una autorevolezza di leadership per rimettersi in equilibrio con le altre autorità giudiziarie. Verso Cafiero dobbiamo riconoscenza, e questo plenum non deve costituire una virgola di delegittimazione per una persona che rischia la vita tutti i giorni, ma va restituita dignità al percorso giurisdizionale di Giovanni Melillo che è stato troppo banalizzato. È entrato nella prima
Dda di Napoli, ha condotto le indagini sulle rivelazioni del pentito Pasquale Galasso, alla Direzione nazionale Antimafia non ha fatto solo coordinamento ma è stato applicato alle indagini sulle stragi a Firenze. Un percorso giudiziario che merita altrettanto rispetto e gli ha fatto maturare competenze di assoluto rilievo ed eccellenza. È vero, sono due profili diversi, Cafiero è uno straordinario magistrato antimafia, Melillo eccellente organizzatore, poliedrico, con esperienze dentro e fuori la giurisdizione. Questa nomina è uno sfida, rimette quell’ufficio al livello delle eccellenze italiane. Reggio Calabria è un ufficio di straordinario rilievo, ma la Procura di Napoli dal punto di vista organizzativo è un altro mondo“, ha concluso Ardituro. Il vicepresidente del Csm, Giovanni Legnini, prima del voto, ha detto : “Si è trattato di una discussione lunga e complessa che ha occupato l’intera giornata e che ha consentito di produrre un confronto approfondito ma corretto anche se a tratti aspro. Ringrazio per questo i relatori e ciascuno dei consiglieri. Il dibattito ha peraltro riguardato anche temi delicati e sensibili afferenti a profili di asserita incompatibilità per l’uno, e di opportunità per l’altro, in ragione del pregresso incarico di Capo di Gabinetto del Ministro della Giustizia. Nell’esercizio della mia funzione avverto il dovere di sottolineare due aspetti di questo percorso decisionale così difficile e serrato: innanzitutto il confronto è avvnuto in assoluta libertà e senza alcun condizionamento interno ed esterno; e ugualmente avverrà per il voto che tra qualche istante sarà espresso. La Procura più difficile del Paese avrà oggi finalmente un nuovo Capo, certamente autorevole, indipendente e legittimato da un voto consapevole del Plenum del Consiglio, chiunque sarà il candidato che prevarrà. Si tratta infatti di due tra i migliori magistrati requirenti di cui l’Ordine giudiziario dispone“ “Proprio il confronto serrato che si è svolto – ha continuato Legnini
– consente di affermare che i cinque mesi di vacanza, certo troppo lunghi, sono stati utilizzati dagli organi consiliari per far sì che la scelta infine compiuta con un voto pubblico e responsabile fosse la più possibile consapevole e meditata. In questi cinque mesi, peraltro, il procuratore vicario, Nunzio Fragliasso, in condizioni molto difficili, ha ottimamente assicurato la conduzione di quell’importante e complesso ufficio, quello più grande d’Italia per numero di magistrati e più complesso e delicato per i procedimenti che lì vengono trattati. A Fragliasso va il mio più sentito ringraziamento e quello dell’intero Plenum. Consentitemi, inoltre, un’osservazione in replica a talune osservazioni che hanno riecheggiato nell’odierno dibattito” Il Csm assume le sue decisioni sempre in piena ed assoluta autonomia, – ha concluso Legnini – ed è certamente quello che è accaduto in occasione di scelte passate e che accadrà in questa circostanza.Ho costantemente agito, in questi tre anni, insieme a ciascuno di Voi, sotto la guida attenta e saggia del Capo dello Stato, per assicurare tale doverosa autonomia del Consiglio per corrispondere in concreto alla sua essenziale funzione costituzionale. E ritengo che tale autonomia sia stata pienamente garantita, sempre.Sono stato e sono il più convinto assertore di una più netta distinzione tra l’esercizio di funzioni e attività politiche o frutto di incarichi conferiti da organi politici e funzioni giurisdizionali. L’intero Consiglio ha votato unanimemente documenti che connotano con nettezza una posizione ordinamentale che mi auguro possa al più presto essere recepita dal Legislatore. Ugualmente condivido le parole spese dal Presidente Canzio, dai Consiglieri Ardituro e Aschettino ma anche da altri consiglieri come Luca Palamara e dai relatori Cananzi, Balducci e Fracassi, di rispetto per le funzioni svolte fuori ruolo. Voglio sul punto ricordare che sulla valutazione delle esperienze fuori ruoli si sviluppo, in occasione della riforma della riforma del T.U. sulla Dirigenza un serrato confronto e furono compiute delle scelte chiare che distinguevano tra fuori ruolo e fuori ruolo. Scelte che consentono di discernere tra quelle che arricchiscono la cultura e le attitudini organizzative e giurisdizionali e quelle che non hanno queste caratteristiche” “Non possiamo ogni volta riproporre temi già affrontati. Ricordo sul punto – ha detto Legnini concludendo – che pochi mesi fa abbiamo votato all’unanimità il dottor Gratteri quale Procuratore della Repubblica di Catanzaro e abbiamo fatto benissimo a votarlo. Eppure nessuno può dubitare dell’indipendenza del dottor Gratteri, pur essendo stato egli titolare di un incarico fiduciario conferitogli dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri.Per questa ragione ed in virtù delle decisioni in concreto assunte da questo Consiglio, quale che sarà l’esito della votazione alla quale come consuetudine non
prenderò parte, avverto il dovere di respingere con fermezza qualunque accusa o allusione riguardante anche solo un’ipotesi di appannamento dell’autonomia consiliare o peggio di condizionamenti politici di ogni sorta“.
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