Nuovi orientamenti nel trattamento degli acufeni

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Nuovi orientamenti nel trattamento degli acufeni

                                     New therapies in tinnitus

                                    Dr. Alessandra Barbara Fioretti
                                     Specialista in Otorinolaringoiatria
                                    Specialista in Audiologia e Foniatria

Introduzione
L‟acufene viene definito dall‟American National Standards Institute come “la percezione di un
suono in assenza di una stimolazione sonora”. E‟un sintomo comune che colpisce circa il 10-15%
della popolazione1. Nel 2% dei casi può costituire un disturbo invalidante. La letteratura scientifica è
ricca di trattazioni sugli acufeni ma molti aspetti etiopatologici non hanno ancora trovato spiegazioni
valide. Altrettanto sperimentali ed in alcuni casi non scientificamente valide risultano le numerose
terapie proposte per la cura degli acufeni. Scopo di questo lavoro è realizzare una revisione critica
degli attuali trattamenti terapeutici negli acufeni.
Neurofisiologia dell’acufene
Il sito che innesca l‟acufene è, quasi sempre, la coclea nella quale una sofferenza seppur lieve e
transitoria può dar luogo a una piccola lesione in una ristretta zona di cellule ciliate che, anche se
spesso non ha nessuna conseguenza sulla sensibilità uditiva, può indurre uno sbilanciamento dei
nuclei nervosi e quindi può causare l‟insorgenza dell‟acufene. Nel corso degli anni svariate teorie
sono state proposte per spiegare l‟acufene. Kaltembach2 ha proposto nel 2000 un modello
fisiologico di acufene basato sull‟aumento dell‟attività neurale centrale in seguito a
sovrastimolazione. Secondo tale modello si ritiene che nell‟animale la registrazione dell‟attività
neurale spontanea nella via uditiva in seguito a lesione cocleare da rumore possa rappresentare la
base neurofisiologica della percezione dell‟acufene nell‟uomo. Secondo altre teorie centrali
l‟origine dell‟acufene potrebbe essere spiegata con un‟alterazione del ritmo spontaneo di scarica dei
neuroni posti a qualsiasi livello tra la coclea e la corteccia uditiva, i quali entrerebbero in un regime
di iperattività. Tale alterazione puo‟ essere secondaria a lesioni mieliniche, lesioni cocleari, squilibri
del controllo della periferia uditiva da parte del sistema uditivo efferente. Nel 2001 Sahley e Nodar3
hanno ipotizzato un modello biochimico in grado di spiegare l‟insorgenza dell‟ acufene. Secondo
tale teoria un situazione di stress provocherebbe la liberazione di peptidi oppioidi, in particolare le
dinorfine. Le dinorfine liberate si ritrovano nello stesso spazio dove il glutammato (Glu), rilasciato
dalle cellule ciliate interne (CCI) dopo stimolo sonoro o anche nel silenzio, si sta legando ai suoi
recettori specifici (tipo NMDA). Le dinorfine si legano ai recettori NMDA e il complesso dinorfine-
NMDA-Glu potenzia l‟azione eccitatoria del Glu. Secondo una delle ultime teorie sull‟origine
dell‟acufene le cellule di supporto dell‟apparato uditivo del topo inviano dei segnali spontanei
tramite l'ATP ai recettori purinici P2 delle cellule ciliate. In pratica l'ATP sostituirebbe il suono
quando l'orecchio è ancora immaturo. In base a questa scoperta un'esposizione a suoni forti può
indurre il rilascio di ATP e di Ca nelle cellule di supporto e quindi la riattivazione di una attività
spontanea verso le fibre nervose, che potrebbe causare la sensazione di un suono in sua assenza,
come avviene nell'acufene4.
Neuroimaging

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Studi con fMRI sono stati condotti in soggetti con acufene monolaterale e soggetti di controllo. In
risposta ad uno stimolo mascherante binaurale, i soggetti con acufene hanno mostrato un‟
attivazione asimmetrica al livello del collicolo inferiore mentre i soggetti di controllo hanno
mostrato un‟ attivazione simmetrica. L'asimmetria nei soggetti con acufene era specificamente
attribuibile all'attivazione anormalmente bassa nel collicolo inferiore controlaterale all‟acufene
percepito5,6. Muhlnickel et al.7 confrontando la rappresentazione corticale di alcune frequenze nei
soggetti normali ed in quelli affetti da acufeni ottenute mediante registrazioni
magnetoencefalografiche hanno rilevato che la corteccia uditiva di questi ultimi presenta una
riorganizzazione della mappa tonotopica analogamente a quanto avviene per la mappa
somatosensoriale dei pazienti amputati. Tale riorganizzazione consiste in una deviazione della
rappresentazione corticale della frequenza corrispondente a quella dell‟acufene rispetto alla mappa
rilevata nei soggetti normali. Con questo tipo di ricerche sarà possibile in futuro identificare la base
neurofisiologica dell‟ acufene.
Terapia dell’ acufene
Un gran numero di acufeni soggettivi vengono classificati come idiopatici, pertanto, in assenza di
un preciso riscontro eziopatogenetico, viene a mancare la possibilità di attuare una specifica
terapia medica o chirurgica. Molti tipi di trattamento sono stati proposti negli anni per la gestione
dell‟acufene con risultati spesso variabili. Attualmente nessun farmaco si è dimostrato efficace nel
trattamento dell‟acufene in assenza di importanti effetti collaterali. Di seguito sono riportati e
discussi i metodi piu‟ importanti ed attuali per trattare l‟acufene soggettivo.
Terapia chirurgica
Escluse le procedure orientate a migliorare le condizioni che contribuiscono all‟acufene (es.
otosclerosi, malattia di Meniere, schwannoma vestibolare, ecc.) nessuna procedura chirurgica s‟è
dimostrata consistentemente efficace per l‟acufene. Le due procedure che attualmente hanno
ottenuto una certa attenzione sono la decompressione microvascolare del nervo acustico e
l‟impianto cocleare. Recenti studi evidenziano come l‟impianto cocleare multicanale rappresenti
un trattamento efficace per l‟acufene associato a sordità monolaterale8,9. In uno studio condotto su
41 pazienti affetti da sordità profonda e acufeni bilaterali sottoposti ad impianto cocleare
multicanale si è dimostrato con l‟impianto in funzione l‟acufene abolito nell‟orecchio ipsilaterale e
nell‟orecchio controlaterale in 27 pazienti (65.8%)10. La piu‟ probabile spiegazione del successo è
attribuibile ad una riorganizzazione delle vie uditive centrali e delle aree cerebrali associative in
seguito ad impianto cocleare.
Terapia farmacologica
I farmaci ad effetto generalista come vasodilatatori (pentossifillina), antistaminici, corticosteroidi,
sedativi, anestetici, anticonvulsivanti sono quasi stati abbandonati. Di seguito sono riportate le piu‟
recenti terapie farmacologiche proposte per il trattamento dell‟acufene.
Bauer11 nel 2006 descrive l‟efficacia del Gabapentin in pazienti con acufene associato a trauma
acustico. Il Gabapentin è correlato strutturalmente all‟acido γ-aminobutirrico e viene ampiamente
utilizzato nel trattamento del dolore neuropatico cronico poiché in grado di ridurre l‟eccessiva
eccito-tossicità. In uno studio su 115 pazienti trattati (56 con placebo e 59 con Gabapentin) non è
stata dimostrata l‟efficacia del Gabapentin rispetto al placebo nel trattamento dell‟acufene12.
Molti pazienti con acufene presentano elevati livelli d‟ansia e disturbi del sonno correlati spesso
trattati con benzodiazepine. Questa categoria di farmaci potenzierebbe l‟inibizione neurale mediata
dal GABA. Il loro uso determina sonno, sedazione, riduzione dell‟ansia, rilassamento muscolare.
Effetti collaterali possono essere: stanchezza, atassia, incoordinazione motoria, disartria, amnesia
retrograda, secchezza delle fauci, compromissione delle funzioni mentali, farmacodipendenza.
Solo l‟alprazolam ha rivelato una riduzione della loudness dell‟acufene senza variazioni nei dati
audiometrici.
Molti pazienti con acufene presentano una depressione coesistente o preesistente. Gli
antidepressivi triciclici sono farmaci utilizzati per elevare il tono dell‟umore in pazienti
psichiatrici. La loro azione è determinata dal blocco dell‟inattivazione di amine biogene

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(serotonina, noradrenalina, dopamina). Tra gli effetti collaterali da segnalare secchezza delle fauci,
visione confusa, stitichezza. In un recente studio sono stati valutati 122 pazienti suddivisi in tre
gruppi: uno trattato con sulpiride (antagonista dei recettori D2 della dopamina) da solo, un gruppo
con sulpiride alla stessa dose associata a hydroxyzine (sedativo) ed un gruppo con placebo per un
mese. In base alla classificazione soggettiva della percezione dell‟acufene questa è diminuita del
56% nel primo gruppo e dell‟81% nel secondo gruppo13. In questi studi è stato dimostrato che tali
farmaci migliorano sicuramente depressione e insonnia associati all‟acufene ma non determinano
miglioramenti della sensazione soggettiva dell‟acufene rispetto al placebo.
L‟eccito-tossicità cocleare legata alla presenza del complesso dinorfine-NMDA-Glu è reversibile a
seguito di somministrazione di farmaci antagonisti dei recettori NMDA come la caroverina. La
caroverina è stata utilizzata con un buon successo in pazienti con acufene sicuramente periferico,
di tipo cocleo-sinaptico. L‟effetto terapeutico, con la scomparsa dell‟acufene della durata da
qualche ora fino ad alcuni mesi è stato riportato in circa il 50 % di pazienti trattati, anche se
limitato a pazienti con malattia di Meniere e con sordità improvvisa14.
Gli studi effettuati su pazienti con acufene cronico trattati con la melatonina per 4 settimane
(sostanza antidopaminergica) hanno dimostrato miglioramento del disturbo del sonno ed in alcuni
casi modificazioni significative nella percezione dell‟acufene.
Terapie innovative
Periodicamente vengono promosse terapie che utilizzano strumenti di nuova concezione come la
terapia con laser da appoggiare nel condotto uditivo e la terapia magnetica con deboli campi
elettromagnetici. Purtroppo non esiste alcuna ricerca scientifica che attesti la reale efficacia di tali
trattamenti e anche le basi teoriche su cui poggerebbe la terapia sembrano deboli. Variabili anche i
risultati in pazienti con acufeni trattati con terapia con O2 iperbarico. La stimolazione elettrica
transcutanea TENS da molti anni vive fasi alterne. Un altro trattamento in via di sperimentazione è
la Stimolazione Magnetica Transcranica ripetuto a bassa frequenza (rTMS), che eroga forti campi
magnetici a livello del capo ed è stato indicato per alleviare la percezione del tinnitus,
presumibilmente mediante l‟inibizione dell'attività corticale connessa con l‟acufene15.
Acoustic Desensitization Protocol
Uno dei piu‟ recenti approcci alla terapia dell‟acufene consiste nel Neuromonics Tinnitus
Treatment16. Prevede l‟utilizzo di un apparecchio (simile ad un lettore Mp3 dotato di auricolare)
per almeno 2 ore al giorno, soprattutto quando l‟acufene è particolarmente disturbante. Il
protocollo prevede due fasi per un periodo di trattamento di circa sei mesi. Nella prima fase viene
inviata una musica spettralmente modificata (con rumore) per ottenere un alto livello di interazione
con l‟acufene. In questo modo si ottiene un senso di controllo sull‟acufene promuovendo una
riduzione dei livelli d‟ansia. Nella seconda fase, dopo circa due mesi dall‟inizio della terapia, viene
somministrata una musica spettralmente modificata (senza rumore) per permettere un‟interazione
intermittente con l‟acufene. In questo modo si alternano momenti in cui l‟acufene è mascherato
con altri in cui viene esposto nel contesto di uno stimolo rilassante. I dati degli studi riportano a sei
mesi dal trattamento con Neuromonics un miglioramento del disturbo provocato dall‟acufene pari
in media al 65% nel 91% dei soggetti con acufene.
Progressive Audiologic Tinnitus Management
Gli obiettivi di questa terapia del suono17 sono tre: produrre un senso di sollievo dallo stress
associato all‟acufene, spostare l‟attenzione dall‟acufene riducendo il contrasto tra acufene e
rumore ambiente e spostare attivamente l‟attenzione dall‟acufene. Per realizzare questi tre obiettivi
vengono utilizzate tre differenti categorie di suoni in nove combinazioni.
Phase-shift tinnitus treatment
E‟ stata recentemente proposta una terapia per l‟acufene che consiste nella presentazione di ripetuti
e specifici stimoli sonori a “contrasto di fase” frequenziale rispetto all‟identificazione
acufenometrica dell‟acufene. E‟ in corso un trial che ne ha dimostrato l'efficacia nel 60% dei
pazienti con acufene trattati18.
La Tinnitus Retraining Therapy (TRT)

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La TRT rappresenta uno dei piu‟ diffusi ed efficaci trattamenti per il controllo degli acufeni19,20.
Il modello neurofisiologico
Dai primi anni „90 la TRT, ovvero terapia di riprogrammazione dell‟acufene, porta un aiuto reale a
chi soffre di acufene e iperacusia. Questa terapia si fonda sul modello neurofisiologico ideato dal
neurofisiologo Pawel J. Jastreboff21,22, docente presso la Emory University di Atlanta.
Jastreboff sostiene che la FONTE dell‟acufene potrebbe essere una qualsiasi attività neuronale nel
sistema uditivo. Le reti di neuroni responsabili del filtraggio (DETEZIONE) sono situate a livello
dei centri nervosi sottocorticali. Il concetto di filtro attivo prevede che ciascun segnale venga
elaborato e sottoposto a un'amplificazione o a un'attenuazione prima di essere inviato al cervello e
diventare una sensazione cosciente. Se uno di questi segnali, l'acufene appunto, viene considerato
come importante e pericoloso per la salute scatta il condizionamento negativo. Questo
condizionamento attiva un meccanismo di allarme nel sistema limbico (ASSOCIAZIONI
EMOZIONALI) che porta ad amplificare al massimo la sensazione dell‟acufene per consentire al
sistema nervoso autonomo di porre in atto tutte le contromisure sistemiche (FASTIDIO) e alla
corteccia cerebrale di rendere consapevole l‟acufene stesso. La terapia di riallenamento TRT è
finalizzata appunto alla riprogrammazione dei filtri cerebrali con la finalità di attenuare o eliminare
il fastidio provocato dall'acufene.
Le fasi della TRT
Dopo la fase diagnostica in cui il paziente viene inquadrato mediante tests, esami strumentali e
neuroimaging seguono le fasi riabilitative.
Un trattamento efficace deve agire su due livelli dell‟acufene. Un livello alto (cognitivo) che
coinvolge le aree corticali uditive, la memoria, ecc. in cui il soggetto opera una valutazione
sull‟acufene. A questo livello sono efficaci: incontro collettivo, counseling TRT, tattiche di
retraining, tecniche di appoggio (rilassamento muscolare di Jacobson, biofeedback). Un livello
basso (sottocorticale) legato ad un meccanismo di risposta condizionata. A questo livello
l‟imperativo è “evitare il silenzio” mediante un arricchimento sonoro.
Il Counseling
La parte centrale del programma riabilitativo prevede il counseling direttivo TRT finalizzato alla
produzione di un cambiamento nella percezione del sintomo acufene passando necessariamente
attraverso un cambiamento cognitivo della sua valutazione cosciente. Il percorso del counseling si
svolge in tre fasi: spiegazione del problema mediante informazioni scientifiche semplici
sull‟acufene, incremento della capacità decisionale del paziente e stimolazione a creare modalità
personali per affrontare crisi determinate dagli acufeni.
La terapia del suono
L‟altro punto fondamentale della TRT è costituito dall‟arricchimento sonoro a cui il paziente deve
essere sottoposto per la maggior parte della giornata e anche durante la notte. La stimolazione
sonora viene erogata da piccoli generatori di suono indossabili oppure da apparecchi acustici
speciali in caso di sordità oppure da generatori ambientali. I generatori indossabili dovranno essere
applicati possibilmente in entrambe le orecchie anche nei casi in cui l‟acufene è monolaterale per
almeno sei ore al giorno. Il generatore risponde a precisi requisiti elettroacustici: eroga una minima
quantità di suono bianco (che contiene tutte le frequenze e stimola delicatamente le cellule nervose
uditive permettendo ad esse di essere più facilmente riprogrammate) con intensità lievemente
inferiore a quella dell‟acufene (mixing point) e riduce il contrasto tra l'acufene ed il silenzio totale
favorendo la desensibilizzazione. Quando l‟acufene si accompagna ad una perdita di udito anche
molto lieve monolaterale o bilaterale, è opportuno applicare un apparecchio acustico.
Lo stadio finale di questo processo è quello in cui lo stimolo non è più percepito e i neuroni della
corteccia cerebrale ignorano tale segnale. La TRT permette di raggiungere questo obiettivo in
tempi sino a 12-18 mesi, duranti i quali l'acufene diventa progressivamente meno fastidioso.
I risultati della TRT
Precedenti esperienze europee sottolineano come l‟uso dei soli generatori di suono o della sola
ristrutturazione cognitiva diano risultati scadenti rispetto al loro uso combinato. Uno studio

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francese condotto su 46 pazienti trattati con TRT riporta un miglioramento nell‟ 80% dei casi ad
un anno dal trattamento23. Jastreboff sull‟autorevole rivista scientifica American Journal of
Otology riporta un miglioramento significativo in oltre l‟80% dei pazienti trattatati con la TRT. J.
Hazell su 483 pazienti esaminati e curati presso il “Tinnitus and Hyperacusis Centre” di Londra
riporta un beneficio significativo nell‟83.7% dei casi. I risultati di uno studio spagnolo condotto su
96 pazienti (età media 48 aa.) trattati con TRT ha dimostrato un miglioramento significativo nel
75% dei casi24.

Conclusioni

Le piu‟ recenti acquisizioni di fisiopatologia suggeriscono come il determinante fondamentale alla
base del disagio dell‟acufene sia una via comune localizzata in strutture cerebrali profonde,
responsabile di una sorta di memoria uditiva aberrante sostenuta da meccanismi di neuroplasticità.
Alla luce di queste e di future scoperte scientifiche è ipotizzabile la realizzazione di forme
innovative di trattamento combinato che considerino la possibilità di forme di stimolazione
acustica neuromodulatrice. Ulteriori ricerche su centri neuronali, recettori e neurotrasmettitori
implicati nella genesi dell‟acufene permetteranno anche mediante il contributo del neuroimaging di
utilizzare precisi protocolli farmacologici. Inoltre prospettive promettenti derivano dalla
rigenerazione delle cellule ciliate dell‟orecchio interno che in futuro permetterà di ottimizzare la
resa uditiva in pazienti con ipoacusia neurosensoriale profonda.

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