MODELLI ATOMICI: da Dalton a Schrödinger - CLASSI PRIME ISTITUTO TECNICO INDUSTRIALE "ITALO CALVINO" GENOVA SESTRI PONENTE - Giovanni Cutolo

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MODELLI ATOMICI: da Dalton a Schrödinger - CLASSI PRIME ISTITUTO TECNICO INDUSTRIALE "ITALO CALVINO" GENOVA SESTRI PONENTE - Giovanni Cutolo
MODELLI ATOMICI:
  da Dalton a Schrödinger
                                                        CLASSI PRIME
                        ISTITUTO TECNICO INDUSTRIALE «ITALO CALVINO»
                                             GENOVA SESTRI PONENTE

Prof. GIOVANNI CUTOLO                                       CHIMICA
MODELLI ATOMICI: da Dalton a Schrödinger - CLASSI PRIME ISTITUTO TECNICO INDUSTRIALE "ITALO CALVINO" GENOVA SESTRI PONENTE - Giovanni Cutolo
«Se potessimo suddividere un pezzo di ferro in due parti, poi in due parti ancora e così via
fino a ottenere porzioni impalpabili di materia, ci accorgeremmo a un dato punto di non
poter procedere oltre. Arriveremmo fatalmente a un limite, rappresentato dall'unità-ferro
che non si potrà mai suddividere ancora, perché ogni tipo di sostanza è necessariamente
costituita dalla somma delle sue unità elementari.»

                                                                      Democrito, V sec. a.c.
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EVOLUZIONE DEI MODELLI ATOMICI
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TEORIA ATOMICA DI DALTON
    DALTON, NEL 1803, INIZIA A ELABORARE LA PRIMA TEORIA ATOMICA CHE SI
     BASA SUI SEGUENTI PUNTI:
1.   La materia è fatta di piccolissimi atomi, che sono indivisibili e
     indistruttibili
2.   Tutti gli atomi di uno stesso elemento sono identici e hanno la stessa
     massa
3.   Gli atomi di un elemento non possono essere convertiti in atomi di altri
     elementi
4.   Gli atomi di un elemento si combinano solo con numeri interi di atomi
     di altri elementi
5.   Gli atomi non possono essere né creati né distrutti, ma si trasferiscono
     interi da un composto all’altro
La teoria atomica di Dalton concorda perfettamente con la legge di
conservazione della massa, con la legge delle proporzioni definite e infine
con la legge delle proporzioni multiple.
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STUDI SULLE CARICHE ELETTRICHE
   L’ indagine sulla natura della carica elettrica inizia con
    Benjamin Franklin (1706-1790) a metà del settecento.

   E’ poi l’invenzione della pila di Alessandro Volta (1745-1827)
    che rende evidente il collegamento tra forze chimiche e cariche
    elettriche.

   Alla fine dell’Ottocento gli studi condotti osservando gli effetti
    di una scarica elettrica in un tubo di vetro (tubo di Crookes),
    contenente gas a bassa pressione, permettono di arrivare a
    un’idea più precisa della relazione tra atomo e carica elettrica.
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RAGGI CATODICI IN TUBI DI VETRO
Se si riduce la pressione del gas, grazie al collegamento alla pompa del vuoto, si
diffonde una luce colorata, nel caso del neon rossastra. Se però la pressione
scende a valori di un milionesimo di atmosfera, non si ha più emissione di luce e
le radiazioni provenienti dal catodo (raggi catodici) producono una luminosità in
fondo al tubo.
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TUBO DI CROOKES: ESPERIMENTO DI THOMSON
J. Thomson (1856-1940) utilizza un tubo di Crookes (1832-1919) per studiare l’effetto
di un campo magnetico e di un ostacolo sui raggi catodici e riesce a dimostrare che la
radiazione emessa dal catodo consiste di particelle cariche negativamente, a cui
assegna il nome di elettroni.
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TUBO DI CROOKES: ESPERIMENTO DI THOMSON

    Gli elettroni sono particelle «portatrici di elettricità» che non
     cambiano al variare del metallo che costituisce il catodo o del
     gas nel tubo, e sono quindi uguali per gli atomi di tutti gli
     elementi.

    La scoperta di Thomson obbliga a pensare che l’atomo non sia
     indivisibile, come affermato da Dalton, e che debbano esistere
     particelle più piccole (particelle subatomiche) che lo
     costituiscono.

    Oltre agli elettroni negativi, ci devono essere anche particelle
     cariche positivamente, poiché l’atomo nel suo complesso è
     neutro.
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TUBO DI GOLDSTEIN E RAGGI ANODICI
   Altri esperimenti condotti dal fisico tedesco Goldstein (1850-1930), in tubi di
    vetro simili a quello di Crookes ma dotati di un catodo forato, permettono di
    identificare altre particelle che si muovono verso il polo negativo formando
    un fascio di raggi anodici.

   Si tratta quindi di particelle con carica positiva che provengono dal gas
    rarefatto contenuto nel tubo e non dalla placca metallica. In questo caso le
    masse delle particelle sono diverse a seconda del gas contenuto nel tubo e
    quando il gas è idrogeno si registra la massa più piccola. Le masse delle altre
    particelle positive sono multipli interi della massa dell’idrogeno.
SCOPERTA DEL PROTONE (PARTICELLA CON
CARICA POSITIVA) E DEL NEUTRONE
LE PARTICELLE FONDAMENTALI DELL’ATOMO
LE PARTICELLE FONDAMENTALI DELL’ATOMO
MODELLO A «PANETTONE» DI THOMSON
                       In questo modello,
                       l'atomo è costituito da
                       una distribuzione
                       di carica positiva
                       diffusa all'interno della
                       quale sono inserite le
                       cariche negative.
                       Nel complesso l'atomo
                       è elettricamente
                       neutro. Secondo
                       questo modello l'atomo
                       dunque sarebbe
                       sostanzialmente pieno.
ESPERIMENTO DI RUTHERFORD
La scoperta del nucleo atomico di Rutherford
                    Secondo il modello di Thomson le particelle
                    alfa (cariche positive) avrebbero dovuto
                    attraversare la lamina d'oro venendo deflesse
                    al più di pochi gradi. Misurando la deflessione
                    delle particelle si potevano ricavare
                    informazioni sulla distribuzione di carica
                    elettrica all'interno dell'atomo. Tuttavia
                    venne osservato che alcune particelle
                    (1/8000) venivano riflesse ad angoli anche
                    maggiori di 90°.
                    L’ipotesi di Rutherford fu che l’atomo doveva
                    essere costituito da una zona centrale di
                    materia estremamente densa nonché carica,
                    in grado di interrompere il decorso delle
                    grandi particelle alfa, e addirittura in grado
                    di farle rimbalzare.
L’ATOMO DI RUTHERFORD
Grazie a questo esperimento Rutherford è giunto alla conclusione che al centro dell’atomo vi
fosse un nucleo denso e carico positivamente, che intorno ad esso ruotassero elettroni carichi
negativamente in numero tale da neutralizzare la carica positiva e che tra il nucleo e gli
elettroni ci fosse spazio vuoto.
Questo modello non fu accettato completamente dalla comunità scientifica in quanto entrava
in contrasto con la fisica classica secondo cui una particella carica accelerata emette energia
sotto forma di radiazione elettromagnetica, perdendo energia. Gli elettroni che ruotano
attorno al nucleo centrale perderebbero energia fino ad annichilire, ossia a collassare sul
nucleo.
IL MODELLO «PLANETARIO» DI BOHR

                        IPOTESI FONDAMENTALI:
                        1) nell’atomo gli elettroni
                        ruotano intorno al nucleo in
                        determinate orbite circolari,
                        chiamate orbite stazionarie.
                        2) finchè un elettrone rimane
                        nella sua orbita, non emette
                        e non assorbe energia.
DALL’ORBITA ALL’ORBITALE ATOMICO:
IL MODELLO DI SCHRÖDINGER
                       Mentre il modello atomico di
                       Bohr considerava che gli
                       elettroni si muovessero intorno
                       al nucleo secondo orbite
                       circolari, il modello atomico di
                       Schrödinger definisce le
                       regioni dello spazio intorno al
                       nucleo in cui è massima
                       (almeno il 90%) la densità di
                       probabilità di trovare
                       l'elettrone. Tali regioni furono
                       chiamate orbitali. L'orbitale
                       non è un contenitore all'interno
                       del quale si muove l'elettrone,
                       ma solo la zona in cui è
                       probabile trovarlo.
FINE
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