Matricole dispari e dispari - Letteratura italiana C - Università degli studi di Bergamo

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Matricole dispari e dispari - Letteratura italiana C - Università degli studi di Bergamo
Letteratura italiana C
     Matricole dispari e dispari
      Introduzione al corso

                   Prerequisiti
Gli studenti devono avere una sicura
conoscenza di base dei movimenti e degli
autori principali della Letteratura italiana dalle
Origini al Verismo. Gli studenti dovranno inoltre
dimostrare di saper fare l’analisi metrica,
retorica e tematica di una lirica scelta tra un
elenco di venti scaricabile dal sito del docente.
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Elenco liriche per i Prerequisiti

•   Testo di riferimento per l’analisi delle liriche
    (reperibile presso la Biblioteca Umanistica di S.
    Agostino): Cesare Segre e Clelia Martignoni,
    Testi nella storia, Milano, Bruno Mondadori, 1992,
    4 voll.

•   Nell’elenco, dopo i titoli delle liriche vengono
    indicate anche le pagine del testo di riferimento
    dove trovarne l’analisi.
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• Francesco d’Assisi, Laudes creaturarum (I, pp. 50-53)
• Guido Guinizzelli, Io vogl’ del ver la mia donna laudare
  (I, pp. 208-209)
• Guido Cavalcanti, Chi è questa che vèn, ch’ogn’om la
  mira (I, pp. 214-215)
• Cecco Angiolieri, S’i’ fossi foco, ardereï lo mondo (I, pp.
  294-295)
• Dante Alighieri, Vita Nuova, cap. XL e sonetto Deh
  peregrini che pensosi andate (I, pp. 448-450)
• Francesco Petrarca, Solo et pensoso i più deserti
  campi (I, pp. 605-606)
• Ludovico Ariosto, Avventuroso carcere soave, (II, pp.
  201-202)
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• Torquato Tasso, Vecchio et alato dio, nato co’l sole, (II,
  pp. 584-585)
• Giovan Battista Marino, Bella schiava (II, pp. 902-903)
• Giuseppe Parini, Il bisogno (II, pp. 1329-1334)
• Vittorio Alfieri, Tacito orror di solitaria selva (II, pp. 1410-
  1411)
• Ugo Foscolo, Alla sera (III, pp. 198-200)
• Alessandro Manzoni, Marzo 1821 (III, pp. 441-447)
• Giacomo Leopardi, Alla luna (III, pp. 585-587)
• Emilio Praga, Vendetta postuma (III, pp. 1204-1206)
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Obiettivi formativi

• Il corso si propone di approfondire le conoscenze
  richieste nei Prerequisiti attraverso un percorso che
  affronterà lo studio di alcuni movimenti letterari e
  autori specifici.
• Questo consentirà agli studenti non solo di fissare i
  momenti salienti della storia letteraria italiana dei
  periodi presi in considerazione, ma anche di
  ripercorrere le biografie e le opere dei maggiori autori
  che li hanno caratterizzati e, in particolare, di
  applicarsi alla lettura e di esercitarsi nell’esegesi dei
  testi proposti.
• Con ciò gli studenti acquisiranno quegli strumenti di
  contestualizzazione e di analisi critica imprescindibili
  nello studio della letteratura in generale.
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Contenuto del corso

Ugo Foscolo. Dopo un breve excursus sugli
elementi caratterizzanti la cultura e l’arte italiana
ed europea tra Sette e Ottocento, e in
particolare sui concetti di classicismo e
neoclassicismo, il corso si concentrerà sulla
vicenda artistica e sulle opere di Ugo Foscolo.
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Bibliografia
• Gli appunti del corso sono parte integrante del
  programma. L’esame orale verterà sugli argomenti e sui
  testi trattati durante le lezioni.

• Manuale consigliato per la verifica scritta sui Prerequisiti:
1. Alberto Casadei e Marco Santagata, Manuale di
   letteratura italiana medievale e moderna, Milano,
   Mondadori, Roma-Bari, Laterza, 2014.

• Bibliografia del modulo C (edizioni consigliate):
1. Ugo Foscolo, Poesie, a cura di Matteo Palumbo, Milano,
   BUR, 2010, pp. 77-103 e 107-138 (59 pp.).
2. Id., Ultime lettere di Jacopo Ortis, introduzione di Walter
   Binni, note di Lucio Felici, Milano, Garzanti, 2007 (200
   pp.).
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Modalità di verifica dell’apprendimento

     Esame scritto e orale.
L’esame scritto verificherà il possesso dei prerequisiti
attraverso un massimo di venti domande sia a risposta
multipla o discorsiva sia con richiesta di analisi di un
testo.
Solo superando l’esame scritto lo studente potrà
accedere a quello orale.
L’esame orale verificherà sia la conoscenza delle opere,
degli autori e dei movimenti trattati durante le lezioni,
sia la capacità degli studenti di leggere, parafrasare e
analizzare criticamente i testi proposti durante il corso.
Altre informazioni
• I due corsi si svolgeranno nel primo sottoperiodo.

• I corsi sono riservati agli studenti di LLSM, indirizzo di
  Turismo culturale, matricole pari e dispari.

• I programmi dei corsi hanno una validità di tre anni.

• Gli studenti con programmi scaduti, cioè sino all’a.a.
  2015/2016 compreso, sono pregati di rivolgersi al docente.

• Gli studenti, frequentanti o non frequentanti, dovranno
  presentarsi all'esame con tutti i testi indicati in bibliografia e
  disponibili alla Civica Biblioteca A. Mai (P.zza Vecchia 15) o
  alla Biblioteca della Facoltà di Lingue (P.zza S. Agostino).
• Gli studenti non-frequentanti dovranno aggiungere
  alla bibliografia già indicata i testi elencati qui di
  seguito:

1. Marco Cerruti e Enrico Mattioda, La letteratura nel
   Neoclassicismo. Vincenzo Monti, in Storia della
   letteratura italiana, diretta da Enrico Malato, vol. VII,
   Il primo Ottocento, Roma, Salerno, 1998, pp. 289-
   370 (82 pp.).
2. Maria Antonietta Terzoli, Ugo Foscolo, in Storia della
   letteratura italiana, diretta da Enrico Malato, vol. VII,
   Il primo Ottocento, Roma, Salerno, 1998, pp. 379-
   475 (97 pp.).
L’età napoleonica e il neoclassicismo

• Rivoluzione americana → 1776
• Rivoluzione francese → 1789
                              =
• Fine dell’Antico regime (Ancien régime) →
  espressione che nella saggistica storico-culturale
  designa il regime monarchico assoluto precedente la
  Rivoluzione e, in senso più generale, viene usata per
  indicare ogni velleità politica di ritorno o
  sopravvivenza del passato, o la nostalgia per sistemi
  educativi o gusti culturali antiquati.
                         e invece
• Formazione di un nuovo mondo borghese e liberale.
L’età napoleonica e il neoclassicismo
• Rivoluzione francese = concretizzarsi di alcune delle idee
  più radicali dell’Illuminismo:
  • si rifiuta il principio di autorità proprio dell’Antico regime
  • si cerca di costruire una società razionale, fondata sulla
     libertà, sulla fratellanza e sull’uguaglianza di tutti i
     cittadini di fronte allo Stato.
• Ma gli effetti reali della Rivoluzione furono sconvolgenti e
  andarono ben al di là degli intenti degli illuministi:
  • sia per i caratteri estremistici assunti già nei primi anni;
  • sia per il rigore con cui distrusse principî e simboli che
     per secoli erano stati cardini della società europea;
  • sia per la diffusione delle sue idee in gran parte
     d’Europa, in seguito alle strepitose vittorie delle armate
     rivoluzionarie.
L’età napoleonica e il neoclassicismo
• 21 gennaio 1793 → decapitazione di Luigi XVI;
• 27 luglio (9 termidoro) 1794 → colpo di stato contro
  Robespierre e i giacobini, fine del regime di
  «Terrore»;
• continua l’esportazione della Rivoluzione e dei suoi
  principi fuori di Francia;
• creazione di regimi repubblicani liberi e indipendenti
• 10 novembre (18 brumaio) 1799 → colpo di stato
  contro il Direttorio e istituzione del Consolato;
• 18 maggio 1804 → proclamazione dell’impero.
L’età napoleonica e il neoclassicismo
• Lo spirito e i principi della Rivoluzione influenzarono
  tutto l’Ottocento e anche il Novecento:
• moti del 1848 → rivoluzione «borghese» anti-
  restaurazione che teoricamente fallì, ma che in realtà
  portò la borghesia industriale e imprenditoriale alla
  definitiva conquista anche del potere politico;
• Comune di Parigi del 1871 → rivoluzione proletaria,
  vera erede della rivoluzione del 1789, repressa nel
  sangue;
• Rivoluzione bolscevica del 1917.
L’età napoleonica e il neoclassicismo
• In Italia: triennio giacobino o «rivoluzionario» (1796-
  1799) vs un sempre più accentuato imperialismo
  francese e dispotismo napoleonico (contraddizione
  politica);
• Allontanamento, in Europa e anche in Italia,
  dall’Illuminismo, che aveva nutrito la rivoluzione, ma al
  contempo era stato contraddetto dalla rivoluzione
  stessa (contraddizione culturale).

                          tuttavia

• Il triennio giacobino accelerava il formarsi di una nuova
  classe di intellettuali pronta sia a trasformare la cultura
  in azione e in strumento con il quale agire sulla società.
L’età napoleonica e il neoclassicismo
• I nuovi strumenti principali con i quali i nuovi intellettuali
  italiani «rivoluzionari» cercano di incidere sulla società sono:
   • I giornali (già molto presenti nel Settecento, ma che nel
      triennio conoscono uno sviluppo esponenziale), come ad
      esempio il “Termometro politico della Lombardia”, le
      “Effemeridi repubblicane”, il “Monitore italiano”, fondato da
      Melchiorre Gioia e da Ugo Foscolo
   • Il teatro: nascita del nuovo teatro classico/rivoluzionario;
• Principale centro di diffusione delle idee rivoluzionarie e
  giacobine in Italia → Milano, capitale della Repubblica
  Cisalpina.
• Le cose cambiano radicalmente dopo il ritorno di Napoleone
  (ora primo console) in Italia → battaglia di Marengo, 14
  giugno 1800.
L’età napoleonica e il neoclassicismo
• Perché i più avanzati intellettuali italiani decidono,
  nonostante la delusione, di restare comunque fedeli a
  Napoleone? → differenza tra vecchio e nuovo dispotismo.

• Grazie alle novità napoleoniche, la struttura sociale del
  «ceto» intellettuale cambia radicalmente: non più solo
  aristocratici, preti o comunque borghesi legati
  all’aristocrazia e alla Chiesa, ma intellettuali borghesi
  finalmente indipendenti e liberi di impegnarsi socialmente
  seguendo le loro idee.
L’età napoleonica e il neoclassicismo
• Due testi contrapposti: sonetto A Bonaparte l’Italico di
  Lorenzo Mascheroni.
A Bonaparte l’italico
Io pur ti vidi coll’invitta mano,
Che parte i regni, e a Vienna intimò pace,
Meco divider con ricurvi giri
Il curvo giro del fedel compasso.

E ti vidi assaltar le chiuse rocche
D’ardui problemi col valor d’antico
Geometra Maestro, e mi sovvenne
Quando l’Alpi varcasti Annibal novo

Per liberar tua cara Italia, e tutto
Rapidamente mi passò davanti
L’anno di tue vittorie, anno che splende

Nell’abuso de’ secoli qual sole.
Segui l’impresa, e coll’invitta mano
Guida all’Italia tua liberi giorni.
L’età napoleonica e il neoclassicismo
• Ugo Foscolo, lettera dedicatoria dell’ode A Bonaparte
  liberatore
• Esce nel novembre del 1799, preposta alla ristampa
  dell’ode A Bonaparte liberatore, già pubblicata nel maggio
  del 1797, all’indomani della prima fulminea campagna
  napoleonica in Italia;
• È conseguenza della delusione dovuta al trattato di
  Campoformio (ottobre del 1797)
• Punti essenziali:
   • Napoleone non deve dimenticare le aspirazioni di
      libertà di un popolo intero,
   • non deve accondiscendere alle ambizione di potere
      anziché ascoltare chi lo esorta a comportarsi da vero
      liberatore.
L’età napoleonica e il neoclassicismo
• La prosa della lettera, temprata su modelli latini, scarna
  e drammatica, preannuncia quella dell’Ortis.
• Politicamente, Il passaggio successivo verso l’assoluta
  delusione di Foscolo nei confronti di Napoleone si avrà
  con l’Orazione a Bonaparte pel congresso di Lione,
  scritta in occasione della celebrazione di questo evento
  nel 1802.
• Questa delusione sempre crescente verso l’operato di
  Napoleone produsse:
  • la consapevolezza che l’Italia era caduta sotto una
     nuova forma di dominazione straniera,
  • il carattere politico del suicidio di Jacopo Ortis e il
     tono drammatico delle Poesie, pubblicate nel 1803.
Classicismo e neoclassicismo

• I decenni che vanno dalla fine del Settecento all’inizio
  dell’Ottocento, sia in Europa che in Italia, sono
  estremamente contraddittori anche dal punto di vista
  culturale, perché vedono la compresenza di tendenze
  diverse, a volte nettamente contrapposte, altre volte
  manifestazione di una stessa sensibilità, espressa
  però con modalità differenti.
Classicismo e neoclassicismo

• Tendenze presenti tra fine Settecento e inizio
  Ottocento:
  • sopravvivenze del classicismo arcadico e
    dell’estetica sensista;
  • Nascita di un gusto nordico, malinconico,
    sentimentale (preromantico);
  • affermarsi del gusto e dell’estetica neoclassica.
Classicismo e neoclassicismo
• Arcadia: l’Accademia dell’Arcadia è movimento
  letterario di ispirazione classicista, fondato a
  Roma il 5 ottobre 1690. Il nome si ricollega
  idealmente sia all’omonima regione della Grecia
  classica su cui regnavano Pan, le ninfe e le driadi
  e identificata come una sorta di paradiso terrestre,
  sia al poema di Jacopo Sannazzaro Arcadia
  (scritto negli anni Ottanta del Quattrocento,
  pubblicato nel 1502). La poesia di questo
  movimento è spesso stata considerata come
  leziosa, frivola e superficiale.
Classicismo e neoclassicismo
• Classicismo: il termine classicismo in letteratura si riferisce a
  una corrente di pensiero sorta in Europa a partire
  dall’Umanesimo (XV secolo), ma con anticipazioni importanti
  già nel Trecento (Petrarca) e nei secoli precedenti, nella quale
  vengono esaltati gli ideali generalmente attribuiti alle civiltà
  greco-romana, ossia i concetti di armonia, di misura e di
  proporzione come regole di un’arte che assurga a modello
  artistico e anche etico universali. L’umanesimo si accostò ai
  classici attraverso non solo una metodologia filologica, basata
  sui commenti e sul restauro testuale delle opere antiche, ma
  anche con un’esplosione di opere poetiche ispirate all’arte
  classica. Il classicismo si affermò definitivamente nel
  Rinascimento, soprattutto in Italia, durante il quale gli antichi
  vennero ritenuti un paradigma imprescindibile per i canoni
  artistici e per la poetica: gli ammiratori dei classici ricercarono
  nel passato un modello, da proporre come esempio di
  perfezione. In Francia il classicismo italiano divampò e si diffuse
  dalla fine del Cinquecento.
Classicismo e neoclassicismo
• Sensismo: ispirandosi alla filosofia di Condillac, che
  faceva derivare tutte le conoscenze umane dai sensi, la
  poetica sensistica considerava la poesia un prodotto
  puramente “sensuale” e, come tale, le assegnava lo
  scopo di suscitare in chi legge o ascolta una sensazione
  piacevole, uguale a quelle provocate dalle altre
  sensazioni piacevoli come quelle del mangiare o del
  bere, che si provano nella vita pratica. Era una
  concezione materialistica che, portata alle estreme
  conseguenze, non solo avviliva la poesia ma anche
  negava ad essa ogni valore assoluto ed universale,
  perché la faceva dipendere da un gusto individuale, non
  uniforme e variabile da persona a persona.
Classicismo e neoclassicismo
• Neoclassicismo: «Il termine “neoclassico” designa un
  gusto, una tematica e uno stile sviluppatisi nelle arti
  figurative verso la metà del Settecento […] e praticati
  per più di mezzo secolo, sino ai primo decenni
  dell’Ottocento. […] Il termine e il concetto di
  “neoclassicismo” sono stati anche variamente estesi,
  per analogia, alla produzione letteraria di quel periodo.
  Per quanto riguarda l’Italia, si deve al Carducci
  l’applicazione del termine nella critica e nella storiografia
  letteraria     italiana»    [da        Roberto      Cardini,
  «Neoclassicismo». Per la storia del termine e della
  categoria, in “Lettere Italiane”, a. XLIV, n. 3, luglio-
  settembre 1992, pp. 365-402].
Classicismo e neoclassicismo
• Nike di Samotracia (Pitocrito, II sec. a.C. circa)
Classicismo e neoclassicismo
• Testa di Atena (Fidia, V sec. a.C. circa)
Classicismo e neoclassicismo
• Jacques-Louis David (1748-1825): Il giuramento
  degli Orazi (1785) .
Classicismo e neoclassicismo
• Jacques-Louis    David   (1748-1825):   Marat
  assassinato (1793) .
Classicismo e neoclassicismo
• Jacques-Louis    David   (1748-1825):   Amore   e
  psiche (1817).
Classicismo e neoclassicismo
• Antonio Canova (1757-1822): Amore e psiche
  (1793)
Classicismo e neoclassicismo
• Antonio Canova (1757-1822): Paolina Borghese
  come Venere vincitrice (1804-1808)
Classicismo e neoclassicismo
• Antonio Canova (1757-1822): Le Grazie (1814-
  1817)
Classicismo e neoclassicismo
• Il gusto neoclassico non è un fenomeno unitario, ma
  complesso, talvolta contraddittorio e aperto a esiti diversi.
• Rapporti molto stretti tra Rivoluzione francese e
  neoclassicismo:
• → fioritura di un classicismo repubblicano, sanguigno e
  fertile di spunti polemici e libertari, che aveva avuto una
  notevole fortuna nell’Italia del triennio giacobino e
  soprattutto nella Cisalpina;
• → riforma del teatro in senso politico sociale, imperniata
  soprattutto sul rinnovamento del repertorio (Tieste di
  Foscolo del 1795):
• → diffusione di una lirica repubblicana e giacobina
  (raccolte come il Parnaso democratico, cui collaborarono
  tra gli altri Vincenzo Monti, Foscolo, Mascheroni e altri).
Classicismo e neoclassicismo
Rotta l’aspra catena, e il giogo tolto
Di Servitù così spiacente e dura,
Di Libertà al luminoso volto
Par che lieta riviva insin natura.

Già di Bergamo tutto il popol folto
Aura respira più serena, e pura,
E intorno all’Arbor trionfale accolto
Alto pensier nutre ed alta cura.

Ecco che il brando irrugginito imbraccia
Contra il Leon, che sull’Adriaco freme,
E i nuovi ferri invan per lui minaccia;

Spinto da quel furor, che nulla teme
Ei ritorrà dalle nemiche braccia
Il cittadin, che stretto in carcer geme.
Classicismo e neoclassicismo
Pesenti, il Dio che tutto regge e vede
No, più non vuol che l’ingiustizia regni,
Che il popol suo li prepotenti indegni
Seguano ancor a calpestar col piede.

Scacciolli alfin dall’usurpata sede,
Lor sottraendo le provincie e i regni,
Ed esaltando i nostri oppressi ingegni,
Anco la bella Libertà ci diede.

Segui, o d’Orobia Gedeon, l’impresa,
Gerico t’aspettò e tu le hai sciolta
La catena servil; già Brescia è resa.

Teco milita il Dio delle coorti
E i deboli adoprò un’altra volta
(Ride anche il ciel) da superare i forti.
Classicismo e neoclassicismo
• L’affermazione del regime napoleonico e il tentativo di
  egemonizzare in funzione francese ed imperiale le varie
  manifestazioni       culturali    determinarono          però un
  impoverimento della confusa ma vivace attività artistica e
  letteraria giacobine:
   • il gusto di una classicità sempre più monumentale,
   • il rilievo dato agli studi eruditi e dell’antiquaria,
   • la rivalutazione della romanità augustea rispetto a quella
      repubblicana,
   • il diffondersi delle traduzioni dei poeti antichi e il nuovo
      parziale accantonamento di Dante.
• Per questi motivi, il neoclassicismo che ha avuto maggiore
  fortuna e risonanza critica è stato quello legato al campo
  dell’archeologia (sono di quel tempo gli scavi di Ercolano e
  Pompei) e alle arti figurative.
Classicismo e neoclassicismo
• Johann Joachim Winckelmann (1717-1768):
  • Storia dell’arte nell’antichità (1764)

• Gotthold Ephraim Lessing (1729-1781):
  • Laocoonte (1767)
  • Drammaturgia amburghese (1767-69)

• Winckelmann: «Nobile semplicità e quieta grandezza. […]
  Come la profondità del mare che resta sempre immobile
  per quanto agitata sia la superficie».
Classicismo e neoclassicismo
• Il neoclassicismo è cultura egemone dell’età napoleonica,
  anche per la sua disponibilità ad accogliere, fatto salvo il
  decoro formale, gli aspetti più torbidi e inquieti dell’età
  contemporanea: quegli aspetti, appunto, che si è soliti definire
  preromantici, mentre in realtà sono già impliciti negli
  orientamenti ideologici e di gusto dell’Illuminismo (ad esempio
  in Rousseau, in Alfieri ecc.)
• Quindi: illuminismo (e neoclassicismo) → razionalità, ma
  anche → sensibilità e sentimento (preromanticismo)
• Da ciò anche la scoperta delle letterature nordiche o popolari,
  ad esempio:
• Pamela (1740) di Samuel Richardson (1689-1771)
• I canti di Ossian (1760) di James Macpherson
• Elegia sopra un cimitero di campagna (1751) di Thomas Gray
• Notti (1742) di Edward Young
• Idilli (1756) di Salomon Gessner.
Ippolito Pindemonte (1753-1828)
•   I Cimiteri di Pindemonte e i Sepolcri di Foscolo:
    Io aveva concepito un poema in quattro canti e in ottava rima sopra i
    Cimiteri, soggetto che mi parea nuovo, dir non potendosi che trattato
    l’abbia chi lo riguardò sotto un solo e particolare aspetto, o chi, sotto il
    titolo di sepolture, non fece che infilzare considerazioni morali e religiose
    su la fine dell’uomo. L’idea di tal Poema fu in me destata dal
    Camposanto ch’io vedea, non senza un certo sdegno, in Verona. Non
    ch’io disapprovi i Campisanti generalmente, ma quello increscevami
    della mia patria, perché distinzione alcuna non v’era tra fossa e fossa,
    perché una lapide non v’appariva, e perché non concedevasi ad uomo
    vivo l’entrare in esso.[…] Compiuto quasi io aveva il primo canto,
    quando seppi che uno scrittore d’ingegno non ordinario, Ugo Foscolo,
    stava per pubblicare alcuni suoi versi a me indirizzati sopra i Sepolcri,
    l’argomento mio, che nuovo più non pareami, cominciò allora a
    spiacermi, ed io abbandonai il lavoro, ma leggendo la poesia a me
    indirizzata, sentii ridestarsi in me l’antico affetto per quell’argomento; e
    sembrandomi che spigolare si potesse ancora in tal campo, vi rientrai, e
    stesi alcuni versi in forma di risposta all’autore de’ Sepolcri, benché
    pochissimo abbia io potuto giovarmi di quanto aveva prima concepito e
    messo in carta sui Cimiteri.
Ippolito Pindemonte (1753-1828)
• Calcedonio Reina, Amore e morte (1883).
Ippolito Pindemonte (1753-1828)
• Mummia di Rosalia Lombardo, 1920.
Ippolito Pindemonte (1753-1828)
• La sua lirica è caratterizzata dalla sistemazione in versi
  eleganti e vicini al gusto neoclassico di un’ispirazione
  ‘nordica’ e aperta al gusto del lugubre, dell’orrido, del
  sublime.
• Tuttavia, il livello semantico resta piuttosto basso, tipico
  di una lirica che segua una moda – quella del
  sentimentalismo patetico, appunto – senza né entrare
  nel profondo dell’animo umano né occuparsi dei
  problemi reali che emergevano drammaticamente dalla
  società (come invece aveva fatto il neoclassicismo
  repubblicano e come farà Foscolo).
Ippolito Pindemonte (1753-1828)
• Tutto ciò si trova anche nelle altre opere o raccolte di
  Pindemonte:
• le Poesie campestri,
• le Prose campestri,
• le Epistole,
• la tragedia Arminio,
• la stessa traduzione dell’Odissea, che l’opera di
  maggior impegno del Pindemonte
Introduzione a Monti attraverso le discussioni
sulla lingua ispirate al neoclassicismo
           Principali partecipanti alla discussione:

• l’abate veronese Antonio Cesari (1760-1828):
   • «Tutti in quel benedetto tempo del 1300 parlavano e
      scrivevano bene. I libri delle ragioni de’ mercatanti, i
      maestri delle dogane, gli stratti delle gabelle e d’ogni
      bottega menavano il medesimo oro. Senza che tutti
      erano aggiustati e corretti, ci riluceva per entro un
      certo natural candore, una grazia di schiette maniere e
      dolci, che nulla più».
• Cura l’edizione del Vocabolario della Crusca del 1806-
  1811 allegandole numerose giunte;
• Difende le scelte operate nel Dizionario nel saggio
  Dissertazione sopra lo stato presente della lingua.
Introduzione a Monti attraverso le discussioni
sulla lingua ispirate al neoclassicismo
           Principali partecipanti alla discussione:
• Vincenzo Monti, in opposizione al Cesari, scrisse i 7 volumi
  della Proposta di alcune correzioni e aggiunte al vocabolario
  della Crusca (1817-1826), nei quali:
  • rileva alcuni errori filologici del Cesari;
  • confuta la legittimità di un vocabolario che trova le sue
     fonti in un solo momento, sia pur importante, dello
     sviluppo linguistico della nazione;
  • sottolinea l’errore di costruire questo vocabolario su una
     dimensione geografica limitatissima (Firenze e al
     massimo la Toscana;
  • Sottolinea la necessità di un vocabolario e di una
     grammatica storica capace di creare uno strumento
     linguistico che sia «la tavola rappresentativa di tutto il
     sapere di una nazione».
Introduzione a Monti attraverso le discussioni
 sulla lingua ispirate al neoclassicismo
• Monti:
  • «La lingua che forma il solo legame d’unione tra questi
      miseri avanzi degli antichi signori del mondo; lingua che
      in mezzo a tanti dialetti è la sola per cui veniamo a
      intenderci fra noi; e si toglie che a brevi distanze non
      diveniamo gli uni e gli altri popolo straniero, ma
      seguitiamo a dispetto della fortuna, ad essere pur
      sempre famiglia italiana […] quindi lingua non Fiorentina,
      non Senese, non Pistoiese, ma Italiana».
• Lingua d’arte, che rifiuta gli apporti dialettali, sostenuta, ricca
  e raffinata.
• Quest‘o è il limite delle tesi montiane, che lo definiscono
  culturalmente un classicista-illuminista;
• Ma sul piano ideologico, queste tesi sono la più coerente
  difesa linguistica dell’idea di nazione italiana.
Vincenzo Monti (1756-1828)
• Sul rapporto tra letteratura classica e letteratura moderna:

       Ma, dimando io, forse gli antichi hanno esaurito il bello
       della poesia? Sarebbe lo stesso che dire che hanno
       esaurito della natura, che hanno provato tutte le maniere
       di sentire. Eppure le combinazioni, le esperienze, le
       scoperte sì in fisica che in metafisica hanno a noi nepoti
       procacciato un numero infinito di sensazioni ad essi ignote
       […], eppure Cornelio, Racine, Voltaire e persino
       Shakespeare, sono pieni di sentimenti, di affetti ai quali
       non giunse né Sofocle né Euripide; Milton e Klopstock
       d’immagini e di pensieri non mai sognati da Omero, molto
       meno da Virgilio; Gessner di grazie che non conobbe
       Teocrito […]. Un uomo di buon senso e docile deve
       prendere per guida e norma de’ suoi giudizi la ragione,
       non mai l’autorità.
Vincenzo Monti (1756-1828)
• Opere principali:
  • Prosopopea di Pericle, ode (1779)
  • La bellezza dell’universo, poemetto (1781)
  • Pellegrino apostolico, poemetto (1782)
  • Pensieri d’amore. Versi (1783)
  • Al signor di Montgolfier, ode (1784) [per il primo
    viaggio umano in areostato del 1° dicembre 1783,
    dedicata al signor di Montgolfier che aveva per primo
    fatto salire al cielo un pallone areostatico senza
    passeggeri].
  • Teatro: Aristodemo (1786) + Galeotto Manfredi (1788)
    → influssi alfieriani e shakespeariani.
  • Musogonia (poemetto in ottave: 1793, 1797, 1826).
  • In morte di Hugo Bassville (Bassvilliana, poemetto:
    1793 → per la morte di Nicolas-Jean Hugo detto
    Bassville).
Vincenzo Monti (1756-1828)
• Il Prometeo (1797 → dedicato a Napoleone),
• Il fanatismo, La superstizione, Il pericolo (1797, cantiche
  polemiche contro il papa, lo Stato della Chiesa, il potere
  ecclesiastico e della religione),
• Per l’anniversario della caduta dell’ultimo re di Francia (1799)
   • Queste del periodo repubblicano di Monti sono Liriche:
      - si propongono un fine pratico (far dimenticare il proprio
      passato e trovare una sistemazione),
      - nascono però anche dal superamento delle convinzioni.
      Sono comunque tra i migliori esempi di quel neoclassicismo
      repubblicano che voleva legittimare le conquiste moderne con il
      riferimento alle civiche e liberatorie virtù antiche della Grecia
      antica e di Roma repubblicana.
• La Mascheroniana (1800: poemetto in terzine per la morte di
  Mascheroni che, presso il trono di Dio e alla presenza di
  Giustizia e Pietà, rievoca le sciagure d’Italia con le ombre del
  Parini, Verri e Beccaria).
Vincenzo Monti (1756-1828)
• Opere del periodo imperiale:
  • Il beneficio (per l’incoronazione del 1805),
  • l bardo della Selva nera (per le imprese germaniche fino
     ad Austerlitz, 1806),
  • la Spada di Federico II (per altre vittorie in Germania,
     1806),
  • la Palingenesi politica (per le campagne di Spagna,
     1809),
• 1810-1811: traduzione dell’Iliade in due tomi (nel 1812, nel
  1820 e nel 1825 ne cura altre edizioni rivedute) di cui
  vengono poste le basi metodologiche nelle Considerazioni
  sulle difficoltà di ben tradurre la protasi dell’Iliade (1807).
• Opere successive al 1815:
  • Il mistico omaggio (1815),
  • Il ritorno d’Astrea (1816),
  • L’invito a Pallade (1819).
La portata culturale e politica dell’opera di
                      Monti
• Giudizio di Leopardi su Vincenzo Monti:
   «Tutto quello che spetta all’anima al fuoco all’affetto
   all’impeto vero e profondo sia sublime, sia
   massimamente tenero gli manca affatto. Egli è un poeta
   veramente dell’orecchio e dell’immaginazione, del cuore
   in nessun modo».
• Monti è giudicato importante dalla critica soprattutto come
  animatore e mediatore della cultura neoclassica, ossia
  come interprete dei vari orientamenti del gusto e delle
  inquietudini culturali dell’età a cavallo tra la Rivoluzione e
  Napoleone.
• In ogni caso, Monti venne ammirato da molti autori italiani
  e da molti autori stranieri: da Byron a Stendhal a Madame
  de Staël.
La portata culturale e politica dell’opera di
                      Monti
• In sostanza, Monti fu un poeta che rispecchiò il
  disorientamento ideale e culturale di tutta la nazione di in
  un’età di transizione e di crisi:
      1) crisi dei valori illuministici che non sono ancora
      sostituiti da nuove certezze;
      2) crisi dell’antico assetto politico economico e
      sociale senza che ci sia una prospettiva ben chiara di
      un assetto diverso;
      3) crisi per l’insorgenza di una sensibilità inquieta che
      si cerca di dominare o ordinare nei modelli della
      bellezza classica.
Ugo Foscolo (1778-1827)

Ultime lettere di Jacopo Ortis
Al lettore
Pubblicando queste lettere, io tento di erigere un
monumento alla virtù sconosciuta; e di
consecrare alla memoria del solo amico mio
quelle lagrime, che ora mi si vieta di spargere su
la sua sepoltura. E tu, o Lettore, se uno non sei
di coloro che esigono dagli altri quell’eroismo di
cui non sono eglino stessi capaci, darai, spero,
la tua compassione al giovine infelice dal quale
potrai forse trarre esempio e conforto.
Lorenzo Alderani
Da’ colli Euganei, 11 Ottobre 1797
Il sacrificio della patria nostra è consumato: tutto è
perduto; e la vita, seppure ne verrà concessa, non ci
resterà che per piangere le nostre sciagure, e la nostra
infamia. Il mio nome è nella lista di proscrizione, lo so:
ma vuoi tu ch'io per salvarmi da chi m’opprime mi
commetta a chi mi ha tradito? Consola mia madre: vinto
dalle sue lagrime le ho obbedito, e ho lasciato Venezia
per evitare le prime persecuzioni, e le più feroci. Or
dovrò io abbandonare anche questa mia solitudine
antica, dove, senza perdere dagli occhi il mio sciagurato
paese, posso ancora sperare qualche giorno di pace? Tu
mi fai raccapricciare, Lorenzo; quanti sono dunque gli
sventurati? E noi, purtroppo, noi stessi italiani ci laviamo
le mani nel sangue degl’italiani. Per me segua che può.
Poiché ho disperato e della mia patria e di me, aspetto
tranquillamente la prigione e la morte. Il mio cadavere
almeno non cadrà fra le braccia straniere; il mio nome
sarà sommessamente compianto da’ pochi uomini,
compagni delle nostre miserie; e le mie ossa poseranno
su la terra de' miei padri.
26 Ottobre
La ho veduta, o Lorenzo, la divina fanciulla; e te ne ringrazio.
La trovai seduta miniando il proprio ritratto. Si rizzò
salutandomi come s’ella mi conoscesse, e ordinò a un
servitore che andasse a cercar di suo padre. Egli non si
sperava, mi diss’ella, che voi sareste venuto; sarà per la
campagna; né starà molto a tornare. Una ragazzina le corse
fra le ginocchia dicendole non so che all’orecchio. È un amico
di Lorenzo, le rispose Teresa, è quello che il babbo andò a
trovare l’altr’jeri. Tornò frattanto il signor T***: m’accoglieva
famigliarmente, ringraziandomi che io mi fossi sovvenuto di
lui. Teresa intanto, prendendo per mano la sua sorellina,
partiva. Vedete, mi diss’egli, additandomi le sue figliuole che
uscivano dalla stanza; eccoci tutti. Proferì, parmi, queste
parole come se volesse farmi sentire che gli mancava sua
moglie. Non la nominò. Si ciarlò lunga pezza. Mentr’io stava
per congedarmi, tornò Teresa: Non siamo tanto lontani, mi
disse; venite qualche sera a veglia con noi. Io tornava a casa
col cuore in festa. - Che? lo spettacolo della bellezza basta
forse ad addormentare in noi tristi mortali tutti i dolori? vedi
per me una sorgente di vita: unica certo, e chi sa! fatale. Ma
se io sono predestinato ad avere l’anima perpetuamente in
tempesta, non è tutt'uno?
23 Ottobre
[…] V’era con lui un tale; credo, lo sposo promesso di sua figlia.
Sarà forse un bravo e buono giovine; ma la sua faccia non dice
nulla. […]
1° Novembre
[…] Se nondimeno non vi fosse quello sposo, perché davvero - io
non odio persona del mondo, ma vi sono cert'uomini ch’io ho
bisogno di vedere soltanto da lontano. – Suo suocero me n’andava
tessendo jer sera un lungo elogio in forma di commendatizia: buono
- esatto - paziente! e niente altro? possedesse queste doti con
angelica perfezione, s’egli avrà il cuore sempre così morto, e quella
faccia magistrale non animata mai né dal sorriso dell’allegria, né dal
dolce silenzio della pietà, sarà per me un di que’ rosaj senza fiori
che mi fanno temere le spine. Cos’è l'uomo se tu lo abbandoni alla
sola ragione fredda, calcolatrice? scellerato, e scellerato
bassamente. - Del resto, Odoardo sa di musica; giuoca bene a
scacchi; mangia, legge, dorme, passeggia, e tutto con l’oriuolo alla
mano; e non parla con enfasi se non per magnificare tuttavia la sua
ricca e scelta biblioteca. Ma quando egli mi va ripetendo con quella
sua voce cattedratica, ricca e scelta, io sto lì lì per dargli una
solenne smentita. Se le umane frenesie che col nome di scienze e
di dottrine si sono iscritte e stampate in tutti i secoli, e da tutte le
genti, si riducessero a un migliajo di volumi al più, e’ mi pare che la
presunzione de’ mortali non avrebbe da lagnarsi - e via sempre con
queste dissertazioni.
20 Novembre
Arquà è discosto, come tu sai, quattro miglia dalla mia casa;
ma per più accorciare il cammino prendemmo la via dell’erta.
S’apriva appena il più bel giorno d’autunno. Parea che Notte
seguìta dalle tenebre e dalle stelle fuggisse dal Sole, che
uscia nel suo immenso splendore dalle nubi d’oriente, quasi
dominatore dell’universo; e l’universo sorridea. Le nuvole
dorate e dipinte a mille colori salivano su la volta del cielo che
tutto sereno mostrava quasi di schiudersi per diffondere sovra
i mortali le cure della Divinità. Io salutava a ogni passo la
famiglia de’ fiori e dell’erbe che a poco a poco alzavano il
capo chinato dalla brina. Gli alberi susurrando soavemente,
faceano tremolare contro la luce le gocce trasparenti della
rugiada; mentre i venti dell’aurora rasciugavano il soverchio
umore alle piante. Avresti udito una solenne armonia
spandersi confusamente fra le selve, gli augelli, gli armenti, i
fiumi, e le fatiche degli uomini: e intanto spirava l’aria
profumata delle esalazioni che la terra esultante di piacere
mandava dalle valli e da’ monti al Sole, ministro maggiore
della Natura. - Io compiango lo sciagurato che può destarsi
muto, freddo e guardare tanti beneficj senza sentirsi gli occhi
bagnati dalle lagrime della riconoscenza.
25 Maggio
Sono salito su la più alta montagna: i venti
imperversavano; io vedeva le querce ondeggiar sotto a'
miei piedi; la selva fremeva come mar burrascoso, e la
valle ne rimbombava; su le rupi dell'erta sedeano le
nuvole - nella terribile maestà della Natura la mia anima
attonita e sbalordita ha dimenticato i suoi mali, ed è
tornata alcun poco in pace con se medesima.
Non sono felice! mi disse Teresa; e con questa parola mi strappò
il cuore. Io camminava al suo fianco in un profondo silenzio.
Odoardo raggiunse il padre di Teresa; e ci precedevano
chiacchierando. La Isabellina ci tenea dietro in braccio
all’ortolano. Non sono felice! - io aveva concepito tutto il terribile
significato di queste parole, e gemeva dentro l’anima,
veggendomi innanzi la vittima che doveva sacrificarsi a’
pregiudizi ed all’interesse. Teresa, avvedutasi della mia
taciturnità, cambiò voce, e tentò di sorridere […]
Tacque e si rivoltò addietro dicendo di volere aspettare la
Isabellina che si era un po’ dilungata da noi; ma io sospettai
ch’ella m’avesse lasciato per nascondere le lagrime che le
innondavano gli occhi, e che forse non poteva più rattenere. Ma,
e perché, le diss’io, perché mai non è qui vostra madre? - Da più
settimane vive in Padova con sua sorella; vive divisa da noi e
forse per sempre! Mio padre l’amava: ma da ch’ei s'è pur
ostinato a volermi dare un marito ch’io non posso amare, la
concordia è sparita dalla nostra famiglia. La povera madre mia
dopo d’avere contraddetto invano a questo matrimonio, s’è
allontanata per non aver parte alla mia necessaria infelicità. Io
intanto sono abbandonata da tutti! ho promesso a mio padre, e
non voglio disubbidirlo - ma e mi duole ancor più, che per mia
cagione la nostra famiglia sia così disunita - per me, pazienza!
[…]
Dopo due giorni ammalò. Il padre di Teresa andò a
visitarlo, e si giovò di quell'occasione a persuaderlo che
s'allontanasse da' colli Euganei. Come discreto e
generoso ch'egli era, stimava l'ingegno e l'animo di
Jacopo, e lo amava come il più caro amico ch'ei potesse
aver mai; e m'accertò che in circostanze diverse avrebbe
creduto d'ornare la sua famiglia pigliandosi per genero
un giovine che se partecipava d'alcuni errori del nostro
tempo, ed era dotato d'indomita tempra di cuore, aveva
a ogni modo, al dire del signore T***, opinioni e virtù
degne de' secoli antichi. Ma Odoardo era ricco, e di una
famiglia sotto la cui parentela il signore T*** fuggiva alle
persecuzioni e alle insidie de' suoi nemici, i quali lo
accusavano d'avere desiderato la verace libertà del suo
paese; delitto capitale in Italia. Bensì imparentandosi
all'Ortis, avrebbe accelerato la rovina di lui, e della
propria famiglia. Oltre di che aveva obbligata la sua fede;
e per mantenerla s'era ridotto a dividersi da una moglie a
lui cara. Né i suoi bilanci domestici gli assentivano di
accasare Teresa con una gran dote, necessaria alle
mediocri sostanze dell'Ortis.
Noi proseguimmo il nostro breve pellegrinaggio fino a che ci
apparve biancheggiar dalla lunga la casetta che un tempo
accoglieva
Quel Grande alla cui fama è angusto il mondo
Per cui Laura ebbe in terra onor celesti.
Io mi vi sono appressato come se andassi a prostrarmi su le
sepolture de’ miei padri, e come uno di que’ sacerdoti che taciti e
riverenti s’aggiravano per li boschi abitati dagl’Iddii. La sacra casa di
quel sommo italiano sta crollando per la irreligione di chi possiede
un tanto tesoro. Il viaggiatore verrà invano di lontana terra a cercare
con meraviglia divota la stanza armoniosa ancora dei canti celesti
del Petrarca. Piangerà invece sopra un mucchio di ruine coperto di
ortiche e di erbe selvatiche fra le quali la volpe solitaria avrà fatto il
suo covile. Italia! placa l’ombre de’ tuoi grandi. - Oh! io mi
risovvengo col gemito nell’anima, delle estreme parole di Torquato
Tasso. Dopo d’essere vissuto quaranta sette anni in mezzo a’ dileggi
de’ cortigiani, le noje de’ saccenti, e l’orgoglio de’ principi, or
carcerato ed or vagabondo, e tuttavia melancolico, infermo,
indigente; giacque finalmente nel letto della morte e scriveva
esalando l’eterno sospiro: Io non mi voglio dolere della malignità
della fortuna, per non dire della ingratitudine degli uomini, la quale
ha pur voluto aver la vittoria di condurmi alla sepoltura mendico. O
mio Lorenzo, mi suonano queste parole sempre nel cuore! e’ mi par
di conoscere chi forse un giorno morrà ripetendole.
La ferita era assai larga, e profonda; e sebbene non
avesse colpito il cuore, egli si affrettò la morte lasciando
perdere il sangue che andava a rivi per la stanza. Gli
pendeva dal collo il ritratto di Teresa tutto nero di
sangue, se non che era alquanto polito nel mezzo; e le
labbra insanguinate di Jacopo fanno congetturare ch’ei
nell’agonia baciasse la immagine della sua amica. Stava
su lo scrittojo la Bibbia chiusa, e sovr’essa l’oriuolo; e
presso, varj fogli bianchi; in uno de’ quali era scritto: Mia
cara madre: e da poche linee cassate, appena si potea
rilevare, espiazione; e più sotto; di pianto eterno. In un
altro foglio si leggeva soltanto l’indirizzo a sua madre,
come se pentitosi della prima lettera ne avesse
incominciata un’altra che non gli bastò il cuore di
continuare.
Padova, 11 Dicembre
Nella Italia più culta, e in alcune città della Francia ho
cercato ansiosamente il bel mondo ch'io sentiva
magnificare con tanta enfasi: ma dappertutto ho trovato
volgo di nobili, volgo di letterati, volgo di belle, e tutti
sciocchi, bassi, maligni; tutti. Mi sono intanto sfuggiti que'
pochi che vivendo negletti fra il popolo o meditando nella
solitudine serbano rilevati i caratteri della loro indole non
ancora strofinata. Intanto io correva di qua, di là, di su, di
giù come le anime de' scioperati cacciate da Dante alle
porte dell'inferno, non reputandole degne di starsi fra'
perfetti dannati. In tutto un anno sai tu che raccolsi?
ciance, vituperj, e noja mortale.
Foscolo sul suo romanzo:
«Io lo amo assai perché è il
libro del mio cuore; ne
scriverò de’ migliori forse per
gli altri, ma nessuno mi farà
sentire tanto quanto questo».
Ugo Foscolo (1778-1827)

  Alcune fonti dei sonetti
Meritatamente (VI)
Corrispondenze:
1a quartina:
Properzio, «Meritatamente, poiché potei fuggire la
mia donna, / ora ragiono con le alcioni sulle onde
deserte».
1a terzina:
Alfieri: «tacito orror di solitaria selva / di sì dolce
tristezza il cor mi bea / che in essa al par di me non
si ricrea / tra’ figli suoi nessuna orrida belva».
Alla sera (I)
Corrispondenze:
1a quartina:
Della Casa, «O sonno, o della quieta umida
ombrosa / notte placido figlio».

Influsso di Lucrezio → De rerum natura
Alla sera (I)
Corrispondenze con l’Ortis (lettera del 23 maggio)
«Mi affaccio al balcone ora che la immensa luce del
sole si va spegnendo, e le tenebre rapiscono
all’universo que’ raggi languidi che balenano
sull’orizzonte; e nella opacità del mondo malinconico e
taciturno contemplo le immagini della Distruzione
divoratrice di tutte le cose».
Dei Sepolcri
Foscolo sui Sepolcri:
«I monumenti inutili a’ morti giovano a’ vivi perché
destano affetti virtuosi lasciati in eredità dalle persone
dabbene».
Dei Sepolcri
I Sepolcri come rinascita dell’illusione, che riafferma sul
piano del sentimento quanto è negato dall’intelletto e
che sembra incarnarsi nel significato che la tomba può
assumere nella vita dell’uomo e delle nazioni:
- la tomba come centro sul quale convergono la pietà e
il culto degli amici e dei parenti, che intrecciano con il
defunto una “celeste […] corrispondenza d’amorosi
sensi”;
- la tomba come simbolo delle memorie di tutta una
famiglia attraverso i secoli e che realizza una continuità
di valori da padre in figlio;
Dei Sepolcri
- la tomba come segno stesso di civiltà dell’uomo che,
insieme al culto dei morti, ha creato i suoi valori
essenziali (le nozze, i tribunali, gli altari);
- la tomba che racchiude in sé i valori ideali e civili di
tutto un popolo (Santa Croce per gli italiani, Maratona
per i greci) che ad essa s’ispira per operare il proprio
riscatto;
- la tomba, infine, il cui significato si allarga a tutti gli
uomini del mondo e i cui valori non sono travolti dal
tempo ma eternati dal canto dei poeti (Aiace, Ettore).
Struttura dei Sepolcri
- L’esordio (vv. 1-50 prime tre strofe).
- La polemica e l’esempio del Parini, (vv. 51-90,
quarta strofa).
- La funzione civile dei sepolcri (vv. 91-150, quinta
strofa).
- Le tombe in Santa Croce (vv. 151-212, sesta
strofa).
- La terza apostrofe a Pindemonte (vv. 213-225,
settima strofa).
- Le tombe dei grandi Troiani e la funzione della
poesia (vv. 226-295, ottava strofa).
Struttura dei Sepolcri
Da notare:
- la progressione cronologica del poema: dal
presente all’antichità più remota e mitica;
- la progressione poetica: da Parini (poeta civile e
satirico) ad Alfieri (poeta tragico e precursore
dell’idea di nazione italiana) ad Omero (poeta epico
che attinge al sublime e massimo interprete della
funzione eternatrice della poesia).
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