Matricole dispari e dispari - Letteratura italiana C - Università degli studi di Bergamo
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Letteratura italiana C Matricole dispari e dispari Introduzione al corso Prerequisiti Gli studenti devono avere una sicura conoscenza di base dei movimenti e degli autori principali della Letteratura italiana dalle Origini al Verismo. Gli studenti dovranno inoltre dimostrare di saper fare l’analisi metrica, retorica e tematica di una lirica scelta tra un elenco di venti scaricabile dal sito del docente.
Elenco liriche per i Prerequisiti • Testo di riferimento per l’analisi delle liriche (reperibile presso la Biblioteca Umanistica di S. Agostino): Cesare Segre e Clelia Martignoni, Testi nella storia, Milano, Bruno Mondadori, 1992, 4 voll. • Nell’elenco, dopo i titoli delle liriche vengono indicate anche le pagine del testo di riferimento dove trovarne l’analisi.
• Francesco d’Assisi, Laudes creaturarum (I, pp. 50-53) • Guido Guinizzelli, Io vogl’ del ver la mia donna laudare (I, pp. 208-209) • Guido Cavalcanti, Chi è questa che vèn, ch’ogn’om la mira (I, pp. 214-215) • Cecco Angiolieri, S’i’ fossi foco, ardereï lo mondo (I, pp. 294-295) • Dante Alighieri, Vita Nuova, cap. XL e sonetto Deh peregrini che pensosi andate (I, pp. 448-450) • Francesco Petrarca, Solo et pensoso i più deserti campi (I, pp. 605-606) • Ludovico Ariosto, Avventuroso carcere soave, (II, pp. 201-202)
• Torquato Tasso, Vecchio et alato dio, nato co’l sole, (II, pp. 584-585) • Giovan Battista Marino, Bella schiava (II, pp. 902-903) • Giuseppe Parini, Il bisogno (II, pp. 1329-1334) • Vittorio Alfieri, Tacito orror di solitaria selva (II, pp. 1410- 1411) • Ugo Foscolo, Alla sera (III, pp. 198-200) • Alessandro Manzoni, Marzo 1821 (III, pp. 441-447) • Giacomo Leopardi, Alla luna (III, pp. 585-587) • Emilio Praga, Vendetta postuma (III, pp. 1204-1206)
Obiettivi formativi • Il corso si propone di approfondire le conoscenze richieste nei Prerequisiti attraverso un percorso che affronterà lo studio di alcuni movimenti letterari e autori specifici. • Questo consentirà agli studenti non solo di fissare i momenti salienti della storia letteraria italiana dei periodi presi in considerazione, ma anche di ripercorrere le biografie e le opere dei maggiori autori che li hanno caratterizzati e, in particolare, di applicarsi alla lettura e di esercitarsi nell’esegesi dei testi proposti. • Con ciò gli studenti acquisiranno quegli strumenti di contestualizzazione e di analisi critica imprescindibili nello studio della letteratura in generale.
Contenuto del corso Ugo Foscolo. Dopo un breve excursus sugli elementi caratterizzanti la cultura e l’arte italiana ed europea tra Sette e Ottocento, e in particolare sui concetti di classicismo e neoclassicismo, il corso si concentrerà sulla vicenda artistica e sulle opere di Ugo Foscolo.
Bibliografia • Gli appunti del corso sono parte integrante del programma. L’esame orale verterà sugli argomenti e sui testi trattati durante le lezioni. • Manuale consigliato per la verifica scritta sui Prerequisiti: 1. Alberto Casadei e Marco Santagata, Manuale di letteratura italiana medievale e moderna, Milano, Mondadori, Roma-Bari, Laterza, 2014. • Bibliografia del modulo C (edizioni consigliate): 1. Ugo Foscolo, Poesie, a cura di Matteo Palumbo, Milano, BUR, 2010, pp. 77-103 e 107-138 (59 pp.). 2. Id., Ultime lettere di Jacopo Ortis, introduzione di Walter Binni, note di Lucio Felici, Milano, Garzanti, 2007 (200 pp.).
Modalità di verifica dell’apprendimento Esame scritto e orale. L’esame scritto verificherà il possesso dei prerequisiti attraverso un massimo di venti domande sia a risposta multipla o discorsiva sia con richiesta di analisi di un testo. Solo superando l’esame scritto lo studente potrà accedere a quello orale. L’esame orale verificherà sia la conoscenza delle opere, degli autori e dei movimenti trattati durante le lezioni, sia la capacità degli studenti di leggere, parafrasare e analizzare criticamente i testi proposti durante il corso.
Altre informazioni • I due corsi si svolgeranno nel primo sottoperiodo. • I corsi sono riservati agli studenti di LLSM, indirizzo di Turismo culturale, matricole pari e dispari. • I programmi dei corsi hanno una validità di tre anni. • Gli studenti con programmi scaduti, cioè sino all’a.a. 2015/2016 compreso, sono pregati di rivolgersi al docente. • Gli studenti, frequentanti o non frequentanti, dovranno presentarsi all'esame con tutti i testi indicati in bibliografia e disponibili alla Civica Biblioteca A. Mai (P.zza Vecchia 15) o alla Biblioteca della Facoltà di Lingue (P.zza S. Agostino).
• Gli studenti non-frequentanti dovranno aggiungere alla bibliografia già indicata i testi elencati qui di seguito: 1. Marco Cerruti e Enrico Mattioda, La letteratura nel Neoclassicismo. Vincenzo Monti, in Storia della letteratura italiana, diretta da Enrico Malato, vol. VII, Il primo Ottocento, Roma, Salerno, 1998, pp. 289- 370 (82 pp.). 2. Maria Antonietta Terzoli, Ugo Foscolo, in Storia della letteratura italiana, diretta da Enrico Malato, vol. VII, Il primo Ottocento, Roma, Salerno, 1998, pp. 379- 475 (97 pp.).
L’età napoleonica e il neoclassicismo • Rivoluzione americana → 1776 • Rivoluzione francese → 1789 = • Fine dell’Antico regime (Ancien régime) → espressione che nella saggistica storico-culturale designa il regime monarchico assoluto precedente la Rivoluzione e, in senso più generale, viene usata per indicare ogni velleità politica di ritorno o sopravvivenza del passato, o la nostalgia per sistemi educativi o gusti culturali antiquati. e invece • Formazione di un nuovo mondo borghese e liberale.
L’età napoleonica e il neoclassicismo • Rivoluzione francese = concretizzarsi di alcune delle idee più radicali dell’Illuminismo: • si rifiuta il principio di autorità proprio dell’Antico regime • si cerca di costruire una società razionale, fondata sulla libertà, sulla fratellanza e sull’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte allo Stato. • Ma gli effetti reali della Rivoluzione furono sconvolgenti e andarono ben al di là degli intenti degli illuministi: • sia per i caratteri estremistici assunti già nei primi anni; • sia per il rigore con cui distrusse principî e simboli che per secoli erano stati cardini della società europea; • sia per la diffusione delle sue idee in gran parte d’Europa, in seguito alle strepitose vittorie delle armate rivoluzionarie.
L’età napoleonica e il neoclassicismo • 21 gennaio 1793 → decapitazione di Luigi XVI; • 27 luglio (9 termidoro) 1794 → colpo di stato contro Robespierre e i giacobini, fine del regime di «Terrore»; • continua l’esportazione della Rivoluzione e dei suoi principi fuori di Francia; • creazione di regimi repubblicani liberi e indipendenti • 10 novembre (18 brumaio) 1799 → colpo di stato contro il Direttorio e istituzione del Consolato; • 18 maggio 1804 → proclamazione dell’impero.
L’età napoleonica e il neoclassicismo • Lo spirito e i principi della Rivoluzione influenzarono tutto l’Ottocento e anche il Novecento: • moti del 1848 → rivoluzione «borghese» anti- restaurazione che teoricamente fallì, ma che in realtà portò la borghesia industriale e imprenditoriale alla definitiva conquista anche del potere politico; • Comune di Parigi del 1871 → rivoluzione proletaria, vera erede della rivoluzione del 1789, repressa nel sangue; • Rivoluzione bolscevica del 1917.
L’età napoleonica e il neoclassicismo • In Italia: triennio giacobino o «rivoluzionario» (1796- 1799) vs un sempre più accentuato imperialismo francese e dispotismo napoleonico (contraddizione politica); • Allontanamento, in Europa e anche in Italia, dall’Illuminismo, che aveva nutrito la rivoluzione, ma al contempo era stato contraddetto dalla rivoluzione stessa (contraddizione culturale). tuttavia • Il triennio giacobino accelerava il formarsi di una nuova classe di intellettuali pronta sia a trasformare la cultura in azione e in strumento con il quale agire sulla società.
L’età napoleonica e il neoclassicismo • I nuovi strumenti principali con i quali i nuovi intellettuali italiani «rivoluzionari» cercano di incidere sulla società sono: • I giornali (già molto presenti nel Settecento, ma che nel triennio conoscono uno sviluppo esponenziale), come ad esempio il “Termometro politico della Lombardia”, le “Effemeridi repubblicane”, il “Monitore italiano”, fondato da Melchiorre Gioia e da Ugo Foscolo • Il teatro: nascita del nuovo teatro classico/rivoluzionario; • Principale centro di diffusione delle idee rivoluzionarie e giacobine in Italia → Milano, capitale della Repubblica Cisalpina. • Le cose cambiano radicalmente dopo il ritorno di Napoleone (ora primo console) in Italia → battaglia di Marengo, 14 giugno 1800.
L’età napoleonica e il neoclassicismo • Perché i più avanzati intellettuali italiani decidono, nonostante la delusione, di restare comunque fedeli a Napoleone? → differenza tra vecchio e nuovo dispotismo. • Grazie alle novità napoleoniche, la struttura sociale del «ceto» intellettuale cambia radicalmente: non più solo aristocratici, preti o comunque borghesi legati all’aristocrazia e alla Chiesa, ma intellettuali borghesi finalmente indipendenti e liberi di impegnarsi socialmente seguendo le loro idee.
L’età napoleonica e il neoclassicismo • Due testi contrapposti: sonetto A Bonaparte l’Italico di Lorenzo Mascheroni. A Bonaparte l’italico Io pur ti vidi coll’invitta mano, Che parte i regni, e a Vienna intimò pace, Meco divider con ricurvi giri Il curvo giro del fedel compasso. E ti vidi assaltar le chiuse rocche D’ardui problemi col valor d’antico Geometra Maestro, e mi sovvenne Quando l’Alpi varcasti Annibal novo Per liberar tua cara Italia, e tutto Rapidamente mi passò davanti L’anno di tue vittorie, anno che splende Nell’abuso de’ secoli qual sole. Segui l’impresa, e coll’invitta mano Guida all’Italia tua liberi giorni.
L’età napoleonica e il neoclassicismo • Ugo Foscolo, lettera dedicatoria dell’ode A Bonaparte liberatore • Esce nel novembre del 1799, preposta alla ristampa dell’ode A Bonaparte liberatore, già pubblicata nel maggio del 1797, all’indomani della prima fulminea campagna napoleonica in Italia; • È conseguenza della delusione dovuta al trattato di Campoformio (ottobre del 1797) • Punti essenziali: • Napoleone non deve dimenticare le aspirazioni di libertà di un popolo intero, • non deve accondiscendere alle ambizione di potere anziché ascoltare chi lo esorta a comportarsi da vero liberatore.
L’età napoleonica e il neoclassicismo • La prosa della lettera, temprata su modelli latini, scarna e drammatica, preannuncia quella dell’Ortis. • Politicamente, Il passaggio successivo verso l’assoluta delusione di Foscolo nei confronti di Napoleone si avrà con l’Orazione a Bonaparte pel congresso di Lione, scritta in occasione della celebrazione di questo evento nel 1802. • Questa delusione sempre crescente verso l’operato di Napoleone produsse: • la consapevolezza che l’Italia era caduta sotto una nuova forma di dominazione straniera, • il carattere politico del suicidio di Jacopo Ortis e il tono drammatico delle Poesie, pubblicate nel 1803.
Classicismo e neoclassicismo • I decenni che vanno dalla fine del Settecento all’inizio dell’Ottocento, sia in Europa che in Italia, sono estremamente contraddittori anche dal punto di vista culturale, perché vedono la compresenza di tendenze diverse, a volte nettamente contrapposte, altre volte manifestazione di una stessa sensibilità, espressa però con modalità differenti.
Classicismo e neoclassicismo • Tendenze presenti tra fine Settecento e inizio Ottocento: • sopravvivenze del classicismo arcadico e dell’estetica sensista; • Nascita di un gusto nordico, malinconico, sentimentale (preromantico); • affermarsi del gusto e dell’estetica neoclassica.
Classicismo e neoclassicismo • Arcadia: l’Accademia dell’Arcadia è movimento letterario di ispirazione classicista, fondato a Roma il 5 ottobre 1690. Il nome si ricollega idealmente sia all’omonima regione della Grecia classica su cui regnavano Pan, le ninfe e le driadi e identificata come una sorta di paradiso terrestre, sia al poema di Jacopo Sannazzaro Arcadia (scritto negli anni Ottanta del Quattrocento, pubblicato nel 1502). La poesia di questo movimento è spesso stata considerata come leziosa, frivola e superficiale.
Classicismo e neoclassicismo • Classicismo: il termine classicismo in letteratura si riferisce a una corrente di pensiero sorta in Europa a partire dall’Umanesimo (XV secolo), ma con anticipazioni importanti già nel Trecento (Petrarca) e nei secoli precedenti, nella quale vengono esaltati gli ideali generalmente attribuiti alle civiltà greco-romana, ossia i concetti di armonia, di misura e di proporzione come regole di un’arte che assurga a modello artistico e anche etico universali. L’umanesimo si accostò ai classici attraverso non solo una metodologia filologica, basata sui commenti e sul restauro testuale delle opere antiche, ma anche con un’esplosione di opere poetiche ispirate all’arte classica. Il classicismo si affermò definitivamente nel Rinascimento, soprattutto in Italia, durante il quale gli antichi vennero ritenuti un paradigma imprescindibile per i canoni artistici e per la poetica: gli ammiratori dei classici ricercarono nel passato un modello, da proporre come esempio di perfezione. In Francia il classicismo italiano divampò e si diffuse dalla fine del Cinquecento.
Classicismo e neoclassicismo • Sensismo: ispirandosi alla filosofia di Condillac, che faceva derivare tutte le conoscenze umane dai sensi, la poetica sensistica considerava la poesia un prodotto puramente “sensuale” e, come tale, le assegnava lo scopo di suscitare in chi legge o ascolta una sensazione piacevole, uguale a quelle provocate dalle altre sensazioni piacevoli come quelle del mangiare o del bere, che si provano nella vita pratica. Era una concezione materialistica che, portata alle estreme conseguenze, non solo avviliva la poesia ma anche negava ad essa ogni valore assoluto ed universale, perché la faceva dipendere da un gusto individuale, non uniforme e variabile da persona a persona.
Classicismo e neoclassicismo • Neoclassicismo: «Il termine “neoclassico” designa un gusto, una tematica e uno stile sviluppatisi nelle arti figurative verso la metà del Settecento […] e praticati per più di mezzo secolo, sino ai primo decenni dell’Ottocento. […] Il termine e il concetto di “neoclassicismo” sono stati anche variamente estesi, per analogia, alla produzione letteraria di quel periodo. Per quanto riguarda l’Italia, si deve al Carducci l’applicazione del termine nella critica e nella storiografia letteraria italiana» [da Roberto Cardini, «Neoclassicismo». Per la storia del termine e della categoria, in “Lettere Italiane”, a. XLIV, n. 3, luglio- settembre 1992, pp. 365-402].
Classicismo e neoclassicismo • Nike di Samotracia (Pitocrito, II sec. a.C. circa)
Classicismo e neoclassicismo • Testa di Atena (Fidia, V sec. a.C. circa)
Classicismo e neoclassicismo • Jacques-Louis David (1748-1825): Il giuramento degli Orazi (1785) .
Classicismo e neoclassicismo • Jacques-Louis David (1748-1825): Marat assassinato (1793) .
Classicismo e neoclassicismo • Jacques-Louis David (1748-1825): Amore e psiche (1817).
Classicismo e neoclassicismo • Antonio Canova (1757-1822): Amore e psiche (1793)
Classicismo e neoclassicismo • Antonio Canova (1757-1822): Paolina Borghese come Venere vincitrice (1804-1808)
Classicismo e neoclassicismo • Antonio Canova (1757-1822): Le Grazie (1814- 1817)
Classicismo e neoclassicismo • Il gusto neoclassico non è un fenomeno unitario, ma complesso, talvolta contraddittorio e aperto a esiti diversi. • Rapporti molto stretti tra Rivoluzione francese e neoclassicismo: • → fioritura di un classicismo repubblicano, sanguigno e fertile di spunti polemici e libertari, che aveva avuto una notevole fortuna nell’Italia del triennio giacobino e soprattutto nella Cisalpina; • → riforma del teatro in senso politico sociale, imperniata soprattutto sul rinnovamento del repertorio (Tieste di Foscolo del 1795): • → diffusione di una lirica repubblicana e giacobina (raccolte come il Parnaso democratico, cui collaborarono tra gli altri Vincenzo Monti, Foscolo, Mascheroni e altri).
Classicismo e neoclassicismo Rotta l’aspra catena, e il giogo tolto Di Servitù così spiacente e dura, Di Libertà al luminoso volto Par che lieta riviva insin natura. Già di Bergamo tutto il popol folto Aura respira più serena, e pura, E intorno all’Arbor trionfale accolto Alto pensier nutre ed alta cura. Ecco che il brando irrugginito imbraccia Contra il Leon, che sull’Adriaco freme, E i nuovi ferri invan per lui minaccia; Spinto da quel furor, che nulla teme Ei ritorrà dalle nemiche braccia Il cittadin, che stretto in carcer geme.
Classicismo e neoclassicismo Pesenti, il Dio che tutto regge e vede No, più non vuol che l’ingiustizia regni, Che il popol suo li prepotenti indegni Seguano ancor a calpestar col piede. Scacciolli alfin dall’usurpata sede, Lor sottraendo le provincie e i regni, Ed esaltando i nostri oppressi ingegni, Anco la bella Libertà ci diede. Segui, o d’Orobia Gedeon, l’impresa, Gerico t’aspettò e tu le hai sciolta La catena servil; già Brescia è resa. Teco milita il Dio delle coorti E i deboli adoprò un’altra volta (Ride anche il ciel) da superare i forti.
Classicismo e neoclassicismo • L’affermazione del regime napoleonico e il tentativo di egemonizzare in funzione francese ed imperiale le varie manifestazioni culturali determinarono però un impoverimento della confusa ma vivace attività artistica e letteraria giacobine: • il gusto di una classicità sempre più monumentale, • il rilievo dato agli studi eruditi e dell’antiquaria, • la rivalutazione della romanità augustea rispetto a quella repubblicana, • il diffondersi delle traduzioni dei poeti antichi e il nuovo parziale accantonamento di Dante. • Per questi motivi, il neoclassicismo che ha avuto maggiore fortuna e risonanza critica è stato quello legato al campo dell’archeologia (sono di quel tempo gli scavi di Ercolano e Pompei) e alle arti figurative.
Classicismo e neoclassicismo • Johann Joachim Winckelmann (1717-1768): • Storia dell’arte nell’antichità (1764) • Gotthold Ephraim Lessing (1729-1781): • Laocoonte (1767) • Drammaturgia amburghese (1767-69) • Winckelmann: «Nobile semplicità e quieta grandezza. […] Come la profondità del mare che resta sempre immobile per quanto agitata sia la superficie».
Classicismo e neoclassicismo • Il neoclassicismo è cultura egemone dell’età napoleonica, anche per la sua disponibilità ad accogliere, fatto salvo il decoro formale, gli aspetti più torbidi e inquieti dell’età contemporanea: quegli aspetti, appunto, che si è soliti definire preromantici, mentre in realtà sono già impliciti negli orientamenti ideologici e di gusto dell’Illuminismo (ad esempio in Rousseau, in Alfieri ecc.) • Quindi: illuminismo (e neoclassicismo) → razionalità, ma anche → sensibilità e sentimento (preromanticismo) • Da ciò anche la scoperta delle letterature nordiche o popolari, ad esempio: • Pamela (1740) di Samuel Richardson (1689-1771) • I canti di Ossian (1760) di James Macpherson • Elegia sopra un cimitero di campagna (1751) di Thomas Gray • Notti (1742) di Edward Young • Idilli (1756) di Salomon Gessner.
Ippolito Pindemonte (1753-1828) • I Cimiteri di Pindemonte e i Sepolcri di Foscolo: Io aveva concepito un poema in quattro canti e in ottava rima sopra i Cimiteri, soggetto che mi parea nuovo, dir non potendosi che trattato l’abbia chi lo riguardò sotto un solo e particolare aspetto, o chi, sotto il titolo di sepolture, non fece che infilzare considerazioni morali e religiose su la fine dell’uomo. L’idea di tal Poema fu in me destata dal Camposanto ch’io vedea, non senza un certo sdegno, in Verona. Non ch’io disapprovi i Campisanti generalmente, ma quello increscevami della mia patria, perché distinzione alcuna non v’era tra fossa e fossa, perché una lapide non v’appariva, e perché non concedevasi ad uomo vivo l’entrare in esso.[…] Compiuto quasi io aveva il primo canto, quando seppi che uno scrittore d’ingegno non ordinario, Ugo Foscolo, stava per pubblicare alcuni suoi versi a me indirizzati sopra i Sepolcri, l’argomento mio, che nuovo più non pareami, cominciò allora a spiacermi, ed io abbandonai il lavoro, ma leggendo la poesia a me indirizzata, sentii ridestarsi in me l’antico affetto per quell’argomento; e sembrandomi che spigolare si potesse ancora in tal campo, vi rientrai, e stesi alcuni versi in forma di risposta all’autore de’ Sepolcri, benché pochissimo abbia io potuto giovarmi di quanto aveva prima concepito e messo in carta sui Cimiteri.
Ippolito Pindemonte (1753-1828) • Calcedonio Reina, Amore e morte (1883).
Ippolito Pindemonte (1753-1828) • Mummia di Rosalia Lombardo, 1920.
Ippolito Pindemonte (1753-1828) • La sua lirica è caratterizzata dalla sistemazione in versi eleganti e vicini al gusto neoclassico di un’ispirazione ‘nordica’ e aperta al gusto del lugubre, dell’orrido, del sublime. • Tuttavia, il livello semantico resta piuttosto basso, tipico di una lirica che segua una moda – quella del sentimentalismo patetico, appunto – senza né entrare nel profondo dell’animo umano né occuparsi dei problemi reali che emergevano drammaticamente dalla società (come invece aveva fatto il neoclassicismo repubblicano e come farà Foscolo).
Ippolito Pindemonte (1753-1828) • Tutto ciò si trova anche nelle altre opere o raccolte di Pindemonte: • le Poesie campestri, • le Prose campestri, • le Epistole, • la tragedia Arminio, • la stessa traduzione dell’Odissea, che l’opera di maggior impegno del Pindemonte
Introduzione a Monti attraverso le discussioni sulla lingua ispirate al neoclassicismo Principali partecipanti alla discussione: • l’abate veronese Antonio Cesari (1760-1828): • «Tutti in quel benedetto tempo del 1300 parlavano e scrivevano bene. I libri delle ragioni de’ mercatanti, i maestri delle dogane, gli stratti delle gabelle e d’ogni bottega menavano il medesimo oro. Senza che tutti erano aggiustati e corretti, ci riluceva per entro un certo natural candore, una grazia di schiette maniere e dolci, che nulla più». • Cura l’edizione del Vocabolario della Crusca del 1806- 1811 allegandole numerose giunte; • Difende le scelte operate nel Dizionario nel saggio Dissertazione sopra lo stato presente della lingua.
Introduzione a Monti attraverso le discussioni sulla lingua ispirate al neoclassicismo Principali partecipanti alla discussione: • Vincenzo Monti, in opposizione al Cesari, scrisse i 7 volumi della Proposta di alcune correzioni e aggiunte al vocabolario della Crusca (1817-1826), nei quali: • rileva alcuni errori filologici del Cesari; • confuta la legittimità di un vocabolario che trova le sue fonti in un solo momento, sia pur importante, dello sviluppo linguistico della nazione; • sottolinea l’errore di costruire questo vocabolario su una dimensione geografica limitatissima (Firenze e al massimo la Toscana; • Sottolinea la necessità di un vocabolario e di una grammatica storica capace di creare uno strumento linguistico che sia «la tavola rappresentativa di tutto il sapere di una nazione».
Introduzione a Monti attraverso le discussioni sulla lingua ispirate al neoclassicismo • Monti: • «La lingua che forma il solo legame d’unione tra questi miseri avanzi degli antichi signori del mondo; lingua che in mezzo a tanti dialetti è la sola per cui veniamo a intenderci fra noi; e si toglie che a brevi distanze non diveniamo gli uni e gli altri popolo straniero, ma seguitiamo a dispetto della fortuna, ad essere pur sempre famiglia italiana […] quindi lingua non Fiorentina, non Senese, non Pistoiese, ma Italiana». • Lingua d’arte, che rifiuta gli apporti dialettali, sostenuta, ricca e raffinata. • Quest‘o è il limite delle tesi montiane, che lo definiscono culturalmente un classicista-illuminista; • Ma sul piano ideologico, queste tesi sono la più coerente difesa linguistica dell’idea di nazione italiana.
Vincenzo Monti (1756-1828) • Sul rapporto tra letteratura classica e letteratura moderna: Ma, dimando io, forse gli antichi hanno esaurito il bello della poesia? Sarebbe lo stesso che dire che hanno esaurito della natura, che hanno provato tutte le maniere di sentire. Eppure le combinazioni, le esperienze, le scoperte sì in fisica che in metafisica hanno a noi nepoti procacciato un numero infinito di sensazioni ad essi ignote […], eppure Cornelio, Racine, Voltaire e persino Shakespeare, sono pieni di sentimenti, di affetti ai quali non giunse né Sofocle né Euripide; Milton e Klopstock d’immagini e di pensieri non mai sognati da Omero, molto meno da Virgilio; Gessner di grazie che non conobbe Teocrito […]. Un uomo di buon senso e docile deve prendere per guida e norma de’ suoi giudizi la ragione, non mai l’autorità.
Vincenzo Monti (1756-1828) • Opere principali: • Prosopopea di Pericle, ode (1779) • La bellezza dell’universo, poemetto (1781) • Pellegrino apostolico, poemetto (1782) • Pensieri d’amore. Versi (1783) • Al signor di Montgolfier, ode (1784) [per il primo viaggio umano in areostato del 1° dicembre 1783, dedicata al signor di Montgolfier che aveva per primo fatto salire al cielo un pallone areostatico senza passeggeri]. • Teatro: Aristodemo (1786) + Galeotto Manfredi (1788) → influssi alfieriani e shakespeariani. • Musogonia (poemetto in ottave: 1793, 1797, 1826). • In morte di Hugo Bassville (Bassvilliana, poemetto: 1793 → per la morte di Nicolas-Jean Hugo detto Bassville).
Vincenzo Monti (1756-1828) • Il Prometeo (1797 → dedicato a Napoleone), • Il fanatismo, La superstizione, Il pericolo (1797, cantiche polemiche contro il papa, lo Stato della Chiesa, il potere ecclesiastico e della religione), • Per l’anniversario della caduta dell’ultimo re di Francia (1799) • Queste del periodo repubblicano di Monti sono Liriche: - si propongono un fine pratico (far dimenticare il proprio passato e trovare una sistemazione), - nascono però anche dal superamento delle convinzioni. Sono comunque tra i migliori esempi di quel neoclassicismo repubblicano che voleva legittimare le conquiste moderne con il riferimento alle civiche e liberatorie virtù antiche della Grecia antica e di Roma repubblicana. • La Mascheroniana (1800: poemetto in terzine per la morte di Mascheroni che, presso il trono di Dio e alla presenza di Giustizia e Pietà, rievoca le sciagure d’Italia con le ombre del Parini, Verri e Beccaria).
Vincenzo Monti (1756-1828) • Opere del periodo imperiale: • Il beneficio (per l’incoronazione del 1805), • l bardo della Selva nera (per le imprese germaniche fino ad Austerlitz, 1806), • la Spada di Federico II (per altre vittorie in Germania, 1806), • la Palingenesi politica (per le campagne di Spagna, 1809), • 1810-1811: traduzione dell’Iliade in due tomi (nel 1812, nel 1820 e nel 1825 ne cura altre edizioni rivedute) di cui vengono poste le basi metodologiche nelle Considerazioni sulle difficoltà di ben tradurre la protasi dell’Iliade (1807). • Opere successive al 1815: • Il mistico omaggio (1815), • Il ritorno d’Astrea (1816), • L’invito a Pallade (1819).
La portata culturale e politica dell’opera di Monti • Giudizio di Leopardi su Vincenzo Monti: «Tutto quello che spetta all’anima al fuoco all’affetto all’impeto vero e profondo sia sublime, sia massimamente tenero gli manca affatto. Egli è un poeta veramente dell’orecchio e dell’immaginazione, del cuore in nessun modo». • Monti è giudicato importante dalla critica soprattutto come animatore e mediatore della cultura neoclassica, ossia come interprete dei vari orientamenti del gusto e delle inquietudini culturali dell’età a cavallo tra la Rivoluzione e Napoleone. • In ogni caso, Monti venne ammirato da molti autori italiani e da molti autori stranieri: da Byron a Stendhal a Madame de Staël.
La portata culturale e politica dell’opera di Monti • In sostanza, Monti fu un poeta che rispecchiò il disorientamento ideale e culturale di tutta la nazione di in un’età di transizione e di crisi: 1) crisi dei valori illuministici che non sono ancora sostituiti da nuove certezze; 2) crisi dell’antico assetto politico economico e sociale senza che ci sia una prospettiva ben chiara di un assetto diverso; 3) crisi per l’insorgenza di una sensibilità inquieta che si cerca di dominare o ordinare nei modelli della bellezza classica.
Ugo Foscolo (1778-1827) Ultime lettere di Jacopo Ortis
Al lettore Pubblicando queste lettere, io tento di erigere un monumento alla virtù sconosciuta; e di consecrare alla memoria del solo amico mio quelle lagrime, che ora mi si vieta di spargere su la sua sepoltura. E tu, o Lettore, se uno non sei di coloro che esigono dagli altri quell’eroismo di cui non sono eglino stessi capaci, darai, spero, la tua compassione al giovine infelice dal quale potrai forse trarre esempio e conforto. Lorenzo Alderani
Da’ colli Euganei, 11 Ottobre 1797 Il sacrificio della patria nostra è consumato: tutto è perduto; e la vita, seppure ne verrà concessa, non ci resterà che per piangere le nostre sciagure, e la nostra infamia. Il mio nome è nella lista di proscrizione, lo so: ma vuoi tu ch'io per salvarmi da chi m’opprime mi commetta a chi mi ha tradito? Consola mia madre: vinto dalle sue lagrime le ho obbedito, e ho lasciato Venezia per evitare le prime persecuzioni, e le più feroci. Or dovrò io abbandonare anche questa mia solitudine antica, dove, senza perdere dagli occhi il mio sciagurato paese, posso ancora sperare qualche giorno di pace? Tu mi fai raccapricciare, Lorenzo; quanti sono dunque gli sventurati? E noi, purtroppo, noi stessi italiani ci laviamo le mani nel sangue degl’italiani. Per me segua che può. Poiché ho disperato e della mia patria e di me, aspetto tranquillamente la prigione e la morte. Il mio cadavere almeno non cadrà fra le braccia straniere; il mio nome sarà sommessamente compianto da’ pochi uomini, compagni delle nostre miserie; e le mie ossa poseranno su la terra de' miei padri.
26 Ottobre La ho veduta, o Lorenzo, la divina fanciulla; e te ne ringrazio. La trovai seduta miniando il proprio ritratto. Si rizzò salutandomi come s’ella mi conoscesse, e ordinò a un servitore che andasse a cercar di suo padre. Egli non si sperava, mi diss’ella, che voi sareste venuto; sarà per la campagna; né starà molto a tornare. Una ragazzina le corse fra le ginocchia dicendole non so che all’orecchio. È un amico di Lorenzo, le rispose Teresa, è quello che il babbo andò a trovare l’altr’jeri. Tornò frattanto il signor T***: m’accoglieva famigliarmente, ringraziandomi che io mi fossi sovvenuto di lui. Teresa intanto, prendendo per mano la sua sorellina, partiva. Vedete, mi diss’egli, additandomi le sue figliuole che uscivano dalla stanza; eccoci tutti. Proferì, parmi, queste parole come se volesse farmi sentire che gli mancava sua moglie. Non la nominò. Si ciarlò lunga pezza. Mentr’io stava per congedarmi, tornò Teresa: Non siamo tanto lontani, mi disse; venite qualche sera a veglia con noi. Io tornava a casa col cuore in festa. - Che? lo spettacolo della bellezza basta forse ad addormentare in noi tristi mortali tutti i dolori? vedi per me una sorgente di vita: unica certo, e chi sa! fatale. Ma se io sono predestinato ad avere l’anima perpetuamente in tempesta, non è tutt'uno?
23 Ottobre […] V’era con lui un tale; credo, lo sposo promesso di sua figlia. Sarà forse un bravo e buono giovine; ma la sua faccia non dice nulla. […] 1° Novembre […] Se nondimeno non vi fosse quello sposo, perché davvero - io non odio persona del mondo, ma vi sono cert'uomini ch’io ho bisogno di vedere soltanto da lontano. – Suo suocero me n’andava tessendo jer sera un lungo elogio in forma di commendatizia: buono - esatto - paziente! e niente altro? possedesse queste doti con angelica perfezione, s’egli avrà il cuore sempre così morto, e quella faccia magistrale non animata mai né dal sorriso dell’allegria, né dal dolce silenzio della pietà, sarà per me un di que’ rosaj senza fiori che mi fanno temere le spine. Cos’è l'uomo se tu lo abbandoni alla sola ragione fredda, calcolatrice? scellerato, e scellerato bassamente. - Del resto, Odoardo sa di musica; giuoca bene a scacchi; mangia, legge, dorme, passeggia, e tutto con l’oriuolo alla mano; e non parla con enfasi se non per magnificare tuttavia la sua ricca e scelta biblioteca. Ma quando egli mi va ripetendo con quella sua voce cattedratica, ricca e scelta, io sto lì lì per dargli una solenne smentita. Se le umane frenesie che col nome di scienze e di dottrine si sono iscritte e stampate in tutti i secoli, e da tutte le genti, si riducessero a un migliajo di volumi al più, e’ mi pare che la presunzione de’ mortali non avrebbe da lagnarsi - e via sempre con queste dissertazioni.
20 Novembre Arquà è discosto, come tu sai, quattro miglia dalla mia casa; ma per più accorciare il cammino prendemmo la via dell’erta. S’apriva appena il più bel giorno d’autunno. Parea che Notte seguìta dalle tenebre e dalle stelle fuggisse dal Sole, che uscia nel suo immenso splendore dalle nubi d’oriente, quasi dominatore dell’universo; e l’universo sorridea. Le nuvole dorate e dipinte a mille colori salivano su la volta del cielo che tutto sereno mostrava quasi di schiudersi per diffondere sovra i mortali le cure della Divinità. Io salutava a ogni passo la famiglia de’ fiori e dell’erbe che a poco a poco alzavano il capo chinato dalla brina. Gli alberi susurrando soavemente, faceano tremolare contro la luce le gocce trasparenti della rugiada; mentre i venti dell’aurora rasciugavano il soverchio umore alle piante. Avresti udito una solenne armonia spandersi confusamente fra le selve, gli augelli, gli armenti, i fiumi, e le fatiche degli uomini: e intanto spirava l’aria profumata delle esalazioni che la terra esultante di piacere mandava dalle valli e da’ monti al Sole, ministro maggiore della Natura. - Io compiango lo sciagurato che può destarsi muto, freddo e guardare tanti beneficj senza sentirsi gli occhi bagnati dalle lagrime della riconoscenza.
25 Maggio Sono salito su la più alta montagna: i venti imperversavano; io vedeva le querce ondeggiar sotto a' miei piedi; la selva fremeva come mar burrascoso, e la valle ne rimbombava; su le rupi dell'erta sedeano le nuvole - nella terribile maestà della Natura la mia anima attonita e sbalordita ha dimenticato i suoi mali, ed è tornata alcun poco in pace con se medesima.
Non sono felice! mi disse Teresa; e con questa parola mi strappò il cuore. Io camminava al suo fianco in un profondo silenzio. Odoardo raggiunse il padre di Teresa; e ci precedevano chiacchierando. La Isabellina ci tenea dietro in braccio all’ortolano. Non sono felice! - io aveva concepito tutto il terribile significato di queste parole, e gemeva dentro l’anima, veggendomi innanzi la vittima che doveva sacrificarsi a’ pregiudizi ed all’interesse. Teresa, avvedutasi della mia taciturnità, cambiò voce, e tentò di sorridere […] Tacque e si rivoltò addietro dicendo di volere aspettare la Isabellina che si era un po’ dilungata da noi; ma io sospettai ch’ella m’avesse lasciato per nascondere le lagrime che le innondavano gli occhi, e che forse non poteva più rattenere. Ma, e perché, le diss’io, perché mai non è qui vostra madre? - Da più settimane vive in Padova con sua sorella; vive divisa da noi e forse per sempre! Mio padre l’amava: ma da ch’ei s'è pur ostinato a volermi dare un marito ch’io non posso amare, la concordia è sparita dalla nostra famiglia. La povera madre mia dopo d’avere contraddetto invano a questo matrimonio, s’è allontanata per non aver parte alla mia necessaria infelicità. Io intanto sono abbandonata da tutti! ho promesso a mio padre, e non voglio disubbidirlo - ma e mi duole ancor più, che per mia cagione la nostra famiglia sia così disunita - per me, pazienza! […]
Dopo due giorni ammalò. Il padre di Teresa andò a visitarlo, e si giovò di quell'occasione a persuaderlo che s'allontanasse da' colli Euganei. Come discreto e generoso ch'egli era, stimava l'ingegno e l'animo di Jacopo, e lo amava come il più caro amico ch'ei potesse aver mai; e m'accertò che in circostanze diverse avrebbe creduto d'ornare la sua famiglia pigliandosi per genero un giovine che se partecipava d'alcuni errori del nostro tempo, ed era dotato d'indomita tempra di cuore, aveva a ogni modo, al dire del signore T***, opinioni e virtù degne de' secoli antichi. Ma Odoardo era ricco, e di una famiglia sotto la cui parentela il signore T*** fuggiva alle persecuzioni e alle insidie de' suoi nemici, i quali lo accusavano d'avere desiderato la verace libertà del suo paese; delitto capitale in Italia. Bensì imparentandosi all'Ortis, avrebbe accelerato la rovina di lui, e della propria famiglia. Oltre di che aveva obbligata la sua fede; e per mantenerla s'era ridotto a dividersi da una moglie a lui cara. Né i suoi bilanci domestici gli assentivano di accasare Teresa con una gran dote, necessaria alle mediocri sostanze dell'Ortis.
Noi proseguimmo il nostro breve pellegrinaggio fino a che ci apparve biancheggiar dalla lunga la casetta che un tempo accoglieva Quel Grande alla cui fama è angusto il mondo Per cui Laura ebbe in terra onor celesti. Io mi vi sono appressato come se andassi a prostrarmi su le sepolture de’ miei padri, e come uno di que’ sacerdoti che taciti e riverenti s’aggiravano per li boschi abitati dagl’Iddii. La sacra casa di quel sommo italiano sta crollando per la irreligione di chi possiede un tanto tesoro. Il viaggiatore verrà invano di lontana terra a cercare con meraviglia divota la stanza armoniosa ancora dei canti celesti del Petrarca. Piangerà invece sopra un mucchio di ruine coperto di ortiche e di erbe selvatiche fra le quali la volpe solitaria avrà fatto il suo covile. Italia! placa l’ombre de’ tuoi grandi. - Oh! io mi risovvengo col gemito nell’anima, delle estreme parole di Torquato Tasso. Dopo d’essere vissuto quaranta sette anni in mezzo a’ dileggi de’ cortigiani, le noje de’ saccenti, e l’orgoglio de’ principi, or carcerato ed or vagabondo, e tuttavia melancolico, infermo, indigente; giacque finalmente nel letto della morte e scriveva esalando l’eterno sospiro: Io non mi voglio dolere della malignità della fortuna, per non dire della ingratitudine degli uomini, la quale ha pur voluto aver la vittoria di condurmi alla sepoltura mendico. O mio Lorenzo, mi suonano queste parole sempre nel cuore! e’ mi par di conoscere chi forse un giorno morrà ripetendole.
La ferita era assai larga, e profonda; e sebbene non avesse colpito il cuore, egli si affrettò la morte lasciando perdere il sangue che andava a rivi per la stanza. Gli pendeva dal collo il ritratto di Teresa tutto nero di sangue, se non che era alquanto polito nel mezzo; e le labbra insanguinate di Jacopo fanno congetturare ch’ei nell’agonia baciasse la immagine della sua amica. Stava su lo scrittojo la Bibbia chiusa, e sovr’essa l’oriuolo; e presso, varj fogli bianchi; in uno de’ quali era scritto: Mia cara madre: e da poche linee cassate, appena si potea rilevare, espiazione; e più sotto; di pianto eterno. In un altro foglio si leggeva soltanto l’indirizzo a sua madre, come se pentitosi della prima lettera ne avesse incominciata un’altra che non gli bastò il cuore di continuare.
Padova, 11 Dicembre Nella Italia più culta, e in alcune città della Francia ho cercato ansiosamente il bel mondo ch'io sentiva magnificare con tanta enfasi: ma dappertutto ho trovato volgo di nobili, volgo di letterati, volgo di belle, e tutti sciocchi, bassi, maligni; tutti. Mi sono intanto sfuggiti que' pochi che vivendo negletti fra il popolo o meditando nella solitudine serbano rilevati i caratteri della loro indole non ancora strofinata. Intanto io correva di qua, di là, di su, di giù come le anime de' scioperati cacciate da Dante alle porte dell'inferno, non reputandole degne di starsi fra' perfetti dannati. In tutto un anno sai tu che raccolsi? ciance, vituperj, e noja mortale.
Foscolo sul suo romanzo: «Io lo amo assai perché è il libro del mio cuore; ne scriverò de’ migliori forse per gli altri, ma nessuno mi farà sentire tanto quanto questo».
Ugo Foscolo (1778-1827) Alcune fonti dei sonetti
Meritatamente (VI) Corrispondenze: 1a quartina: Properzio, «Meritatamente, poiché potei fuggire la mia donna, / ora ragiono con le alcioni sulle onde deserte». 1a terzina: Alfieri: «tacito orror di solitaria selva / di sì dolce tristezza il cor mi bea / che in essa al par di me non si ricrea / tra’ figli suoi nessuna orrida belva».
Alla sera (I) Corrispondenze: 1a quartina: Della Casa, «O sonno, o della quieta umida ombrosa / notte placido figlio». Influsso di Lucrezio → De rerum natura
Alla sera (I) Corrispondenze con l’Ortis (lettera del 23 maggio) «Mi affaccio al balcone ora che la immensa luce del sole si va spegnendo, e le tenebre rapiscono all’universo que’ raggi languidi che balenano sull’orizzonte; e nella opacità del mondo malinconico e taciturno contemplo le immagini della Distruzione divoratrice di tutte le cose».
Dei Sepolcri Foscolo sui Sepolcri: «I monumenti inutili a’ morti giovano a’ vivi perché destano affetti virtuosi lasciati in eredità dalle persone dabbene».
Dei Sepolcri I Sepolcri come rinascita dell’illusione, che riafferma sul piano del sentimento quanto è negato dall’intelletto e che sembra incarnarsi nel significato che la tomba può assumere nella vita dell’uomo e delle nazioni: - la tomba come centro sul quale convergono la pietà e il culto degli amici e dei parenti, che intrecciano con il defunto una “celeste […] corrispondenza d’amorosi sensi”; - la tomba come simbolo delle memorie di tutta una famiglia attraverso i secoli e che realizza una continuità di valori da padre in figlio;
Dei Sepolcri - la tomba come segno stesso di civiltà dell’uomo che, insieme al culto dei morti, ha creato i suoi valori essenziali (le nozze, i tribunali, gli altari); - la tomba che racchiude in sé i valori ideali e civili di tutto un popolo (Santa Croce per gli italiani, Maratona per i greci) che ad essa s’ispira per operare il proprio riscatto; - la tomba, infine, il cui significato si allarga a tutti gli uomini del mondo e i cui valori non sono travolti dal tempo ma eternati dal canto dei poeti (Aiace, Ettore).
Struttura dei Sepolcri - L’esordio (vv. 1-50 prime tre strofe). - La polemica e l’esempio del Parini, (vv. 51-90, quarta strofa). - La funzione civile dei sepolcri (vv. 91-150, quinta strofa). - Le tombe in Santa Croce (vv. 151-212, sesta strofa). - La terza apostrofe a Pindemonte (vv. 213-225, settima strofa). - Le tombe dei grandi Troiani e la funzione della poesia (vv. 226-295, ottava strofa).
Struttura dei Sepolcri Da notare: - la progressione cronologica del poema: dal presente all’antichità più remota e mitica; - la progressione poetica: da Parini (poeta civile e satirico) ad Alfieri (poeta tragico e precursore dell’idea di nazione italiana) ad Omero (poeta epico che attinge al sublime e massimo interprete della funzione eternatrice della poesia).
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