Roberto Roversi Poesia al fuoco della Storia - di Daniele Piccini
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Roberto Roversi Poesia Giovanni Giovannetti / Effigie al fuoco della Storia di Daniele Piccini
Roberto Roversi / Poesia al fuoco della Storia P arlando qualche numero fa C’è in questo episodio molto del (essendo nato nel 1923), aveva dato della nuova prova di Cesare Roversi poeta e ideologo: cioè la col- alle stampe due raccoltine di versi, Viviani, La forma della vita, tura di un disegno di opposizione to- ancora liricheggianti, Poesie (1942) e ho avuto modo di rilevare la tale rispetto all’esistente, una volontà Rime (1943), e poi un’ulteriore sillo- tensione rinnovata – quasi quasi superstiziosa di non compro- ge in cui il nuovo è ancora in via di un segno dei tempi – di poeti di di- missione con qualsivoglia forma di definizione, Poesie per l’amatore di versa estrazione ed età verso la for- potere. E anche, volendo, una dose stampe (1954). Il lavoro della rivista, ma-poema, in cui sembra convo- di moralismo, che non manca di una così come l’esempio del Pasolini del- gliarsi un desiderio di espressione to- sua austera verità morale. Lo scontro, le Ceneri di Gramsci (1957), spingo- tale e inclusiva. Ebbene, un autore su questo terreno, era evidentemen- no Roversi a un tentativo di rappre- che ha legato quasi tutto il suo per- te con il progetto di occupazione dei sentazione dell’Italia uscita dalla corso alla forma del poema e che ha gangli del potere editoriale persegui- guerra e dalla Resistenza (a cui il gio- contribuito fortemente all’affermarsi to invece, sia pure con l’intento di- vanissimo poeta ebbe modo di parte- di questo genere dopo la metà del chiarato di intopparli e stravolgerli, cipare), che non dissolvesse in lirica Novecento è senz’altro Roberto Ro- dagli invisi protagonisti del Gruppo né in retorica il quadro della realtà. I versi. Attraversando stagioni e tem- 63. Due sinistre e due idee contrap- poemi, in fondo unificabili in un di- perie politiche dall’osservatorio qua- poste del modo di fronteggiare il Mo- segno unitario come altrettanti episo- si eremitico, eppure operante, della loc dell’industria culturale, della dis- di, di Dopo Campoformio (1962), libreria antiquaria che da più di qua- soluzione della letteratura. Da una cercano una via difficile e solitaria, rant’anni gestisce a Bologna, Roversi parte l’attivismo e la ragnatela di po- sia pure nutrita in profondità di suc- ha finito per tingere di leggenda la tere, fondata però su prodotti pensa- chi condivisi e comuni. Al di qua e al sua lunga militanza poetica. In parte ti per inceppare la macchina, cioè li- di là di alcuni momenti di lirismo, un per essersi fatto promotore ed edito- bri tendenzialmente illeggibili, ro- lirismo si direbbe fisiologico, il poeta re, tra il 1955 e il 1959, della rivista manzi non-romanzi, arte museificata cerca la costruzione di un ordito “Officina”, assieme agli amici Leonet- in partenza (per rispondere all’equi- spesso, continuo, dalla tonalità spen- ti e Pasolini, in cerca di uno speri- valenza di linguaggio costituito e ta, in cui anche le sigle liriche si sciol- mentalismo che non si risolvesse in ideologia oppressiva); dall’altra un gono, per ritrovare la loro verità nel accademia e in ludus verbale: una ri- pessimistico e scettico rifiuto di aver continuum: con questa lingua di- vista e una proposta che sono rima- a che fare con le logiche mercantili e messa, prosastica eppure organizza- ste come pietre d’angolo, sia pure la ricerca, magari velleitaria e utopi- ta in lasse che tengono ben presente magari nella sconfitta sostanziale (o stica, di forme alternative di diffusio- la misura di riferimento dell’endeca- apparente?) di quella linea, nella sto- ne dell’espressione letteraria, sempre sillabo, Roversi rappresenta un’Italia ria della poesia secondonovecente- concepita come d’opposizione. contraddittoria e irrisolta, contadina sca. Dall’altro lato, a renderlo uno Si sa purtroppo come il primo indi- e industriale, con una forte coloritura scontroso, singolare uomo di lettere, rizzo, una volta riassorbito, abbia di- ideologica che più che stingere sulle quasi appunto un ritirato eremita, e mostrato la sua inanità, conducendo cose deve, nelle intenzioni dell’auto- dunque una figura intorno a cui fiori- al trionfo del meccanismo che voleva re, emergere dalle scene stesse (ri- scono racconti e micro-leggende, è il contraddire (il caso di Eco, ideologo sorgente il motivo dell’ipocrisia reli- suo costante rifiuto di accettare leggi del Gruppo 63 e poi autore di best giosa). e logiche dell’industria culturale, del- seller costruiti in laboratorio, ne fa fe- I poemi muovono dall’avvenimen- la comunicazione, del mercato. Il de). Sull’opposizione pura e dura di to decisivo della Resistenza (“Il tede- che, nel campo specifico della sua at- Roversi si deve ancora esprimere una sco imperatore”), passano per l’allu- tività di poeta, lo ha portato in anni riflessione ponderata, ma certo il ri- vione del Polesine (“Pianura Pada- lontani, alla fine dei Sessanta, a una schio di un’impostazione puramente na”), la situazione politica italiana decisione a suo modo clamorosa: do- morale o moralistica, che non arriva (“Lo stato della Chiesa”), la tragedia po aver stampato da Feltrinelli e poi a incidere sui meccanismi dell’odiato della bomba atomica (“La bomba di da Einaudi la sua raccolta di poemi potere culturale, che lo lascia insom- Hiroshima”). Nell’edizione rivista del (Dopo Campoformio, 1962; 1965 in ma a se stesso e anzi magari lo priva 1965 si arriverà a un montaggio di edizione rivista, con sottrazioni e ag- di un possibile anticorpo (o virus, se spezzoni di articoli e reportages (an- giunte), Roversi decide di non affida- si vuole), mi pare che continui ad ticipo di una nuova stagione poetica re ad alcun editore il nuovo libro, De- aleggiare. Ma questo argomento ci dell’autore) sulla tragedia del Vajont. scrizioni in atto (1969), e lo tira in porterebbe, inevitabilmente, troppo C’è una volontà didattica permanen- proprio, in tre successive edizioni, al lontano. te, occhiuta, calata tuttavia in forme e ciclostile, per circa tremila copie, in- È bene invece tornare a “Officina”, in calchi che hanno ancora un deco- viandolo a chi ne fosse realmente in- luogo di incubazione della poesia ro e una tenuta letteraria singolari, teressato. matura di Roversi, che, giovinetto unificati proprio da quella mano di 3
Roberto Roversi / Poesia al fuoco della Storia grigio di cui si diceva. Il giro degli og- affossata. E sarà la stagione delle De- (proprio Fortini e la sua concezione getti, delle scene e delle storie è te- scrizioni in atto. La trama contadina, della poesia come errore è in fondo nuto insieme dal sentimento di una la fabulosità sia pure illusoria del vi- decisivo per Roversi). vitalità faticante, addolorata, dallo vere biologico (l’accensione degli Quando torna al progetto di un sfiorire degli anni dopo la giovinezza amori prima della monotonia della poema sullo stato della Nazione, do- che fa tutt’uno, probabilmente, con vita sfiorente) viene sempre più sfal- po essersi cimentato in tentativi pro- l’ingiustizia sociale ed epocale. Un dandosi (mentre in Dopo Campofor- sastici e teatrali, il poeta ha ormai la- grigiore che opaca anche le abba- mio agiva anche una sorta di koinè sciato dietro le spalle la brace, il gri- glianti e ritornanti apparizioni fem- popolare, leggendaria, che nutriva in giore balenante di una vecchia, arca- minili, quasi epifanie di una illusoria quegli anni in modi diversi anche il na, povera Italia, e anche tutto il fuo- giovinezza del sangue (in analogia Volponi delle Porte dell’Appennino e co d’artificio dello sperimentalismo. con Caproni, con Giudici). il Bertolucci incubante la Camera da Sa che né la strada della rappresenta- Fortini, in una celebre recensione a letto) e lascia il posto a un disegno di zione oggettiva, epica, né quella del- Dopo Campoformio del 1965, mise in opposizione politica, per stare a la presa diretta plurilinguistica pos- rilievo quella che gli pareva una con- un’espressione dell’autore, sempre sono di per sé fare da sonda attendi- traddizione di fondo: “Ma qual è il li- meno disponibile alla letterarietà. bile. Nasce il progetto dell’Italia se- mite di questa poesia […]? È l’esita- Curioso ma impossibile da passare polta sotto la neve, poema ancora in zione fra servitù volontaria alla lette- sotto silenzio un sostanziale (chissà costruzione, in cui le forme solide, le ratura, come schermo, maschera, se cosciente) avvicinamento in que- immagini tese e a volte turgide (ma punto d’appoggio convenzionale e sti nuovi testi a quel “plurilinguismo” smorzate nella loro tensione) di Do- libertà immediata, come espressività così violentemente stigmatizzato nel- po Campoformio vengono liberate integrale, ‘sincerità’”. Un elemento di la nuova avanguardia, al sabotaggio dalle guaine ma, per lo più, senza dar contraddizione simile, ma meno evi- insomma delle strutture solide del di- luogo a una contestazione formale dente, a quello che si riscontrava nei scorso letterario, che proprio i nova- del discorso letterario, piuttosto svol- poemetti di Pasolini, tuttavia più vi- tori del Gruppo stavano conducen- gendo una rappresentazione della sceralmente disponibile di quanto do, sia pure in forme diversificate e crisi e dell’impasse in modi allegorici, non fosse Roversi a cogliere i sintomi spesso profondamente divaricate. Il cifrati. Del poema sono state fatte co- di una vitalità intollerante della stessa fatto è che la forza rappresa delle im- noscere fin qui diverse parti, tutte in chiusura ideologica (mentre Roversi magini di Dopo Campoformio, “tese modi semiclandestini, da editori mi- è appunto dedito a riassorbire ogni ognuna da scoppiare, al punto che nori, al di fuori del circuito dell’indu- insorgenza in grigio e in epica cora- stai per vedere saltare le cerniere sin- stria culturale: L’Italia sepolta sotto la le). Nel risvolto di copertina del pri- tattiche e logiche”, come diceva nella neve. Pr emessa (Nordsee, Roma mo Dopo Campoformio, l’autore par- sua recensione-requisitoria Fortini, è 1984, poi Quaderni del Masaorita, lava chiaro, dicendo di un libro “mo- ora esplosa e ha fatto davvero venir Bologna 1995); Parte prima (Il Gira- notono, con pagine di pietra”, “butta- meno il contenimento del poema- sole, Valverde [Catania] 1989); Parte to in una oggettività disperata e do- elegia, per lasciar emergere i nodi, i seconda (Pendragon, Bologna 1993); lente”, inteso a dare “il ritratto dell’I- nervi, gli spigoli del discorso ideolo- infine La partita di calcio (Pironti, talia rotta e adirata che ancora insiste gico ma anche semplicemente rap- Napoli 2001), costituita da novanta e resiste […] e non è splendente ma presentativo. brani (i numeri 164-253 dell’intero grigia, non celeste ma nera, strug- E qui davvero si coglie qualche ba- progetto). gente come una brace”. Precisando, leno di prossimità soprattutto a Pa- È chiaro che il poeta tenta una sor- prima di lanciare strali avvelenati gliarani, se si pensa all’esperienza in- ta di assemblaggio, nei brani del poe- contro la neoavanguardia (“il neofu- sieme ragionativa, discettatrice e di- ma, del tutto della storia, della lette- turismo che s’affaccia con un pluri- sgregante (montaggio di testi ‘altri’, ratura, del transito esistenziale (si ve- linguismo da crociera turistica”), che citazioni extra-letterarie, opzione da il n. 10 [173] della Partita), dove il il suo “non è dunque, e non vuol es- ideologica) delle Lezioni di fisica nesso, il connettivo non è nella nar- sere di proposito, un libro tenero, (poi Lezioni di fisica e Fecaloro: ri- ratività dimessa di Dopo Campofor- ben fatto, o nuovo […], ma […] un li- spettivamente 1964 e 1968). Non è mio né nel montaggio violento e po- bro d’opposizione, un libro di con- un caso che proprio a questa altezza lemico delle Descrizioni, ma in una trasto politico”. si dia anche il gesto simbolico del ri- giustapposizione e calibratura che Tuttavia c’era ancora un legame, in fiuto del veicolo tradizionale di diffu- mantiene un quoziente di enigmati- questo libro, con una possibilità di sione della letteratura (quello edito- cità. Insomma, è come se materiali bellezza letteraria (qui negata, ma a riale), come a segnalare il punto più reietti della vicenda storica e intellet- un livello di smorzatura più che di profondo e radicale di disagio nei tuale si ricomponessero senza esser dissoluzione), come in Pasolini, che confronti del proprio fare e la tensio- costretti nella sutura della sintassi, in seguito verrà più sostanzialmente ne a un discorso altrimenti orientato ma sospesi, allo stato gassoso, in una 4
Roberto Roversi / Poesia al fuoco della Storia inquieta e non poco turbata sospen- senso, emblemi, nomi simbolici di avvampano i libri chiedono pietà / o sione aerea, come particelle di un una storia che continua a fluire nel muoiono in silenzio o scendono in universo in perenne scomposizione. presente, a giocarsi, magari all’oscu- battaglia contro il tempo / che li tem- È in questa sorta di deriva del sen- ro della coscienza dei tempi. La stes- pesta. / Cenere nelle biblioteche con so e della tenuta d’insieme della Sto- sa partita di calcio è allegoria incerta gli avidi pipistrelli / chini sopra gli ul- ria (avvertita, almeno a livello laten- e proteiforme. Forse il punto è che la timi fogli. Fumo”). Un mondo, quello te, dal Roversi poeta) che tali appun- battaglia si è spostata, impercettibil- umanistico, quello del discorso e del- titi ingredienti acquistano una loro mente, fino a non coincidere più con la ragione opposti al divampare degli vitalità non del tutto esplicita (stavol- alcuna contesa nota, analizzabile in eventi ciechi, sembra entrato in crisi ta l’energia delle sovrapposizioni e termini strettamente ideologici. Forse e pare costituire uno degli elementi degli scarti fa piuttosto pensare a cer- per questo sono diffusi segnali e mo- della partita, più enigmatica, fonda, to Porta). La scrittura della Partita, niti di una definitiva sparizione, di un indecifrabile, che si va giocando so- per esempio, è chiara, fruibile e in- generale arresto: è il caso dei libri, in- pra e sotto la nostra percezione: in sieme polisemica, anche se non cendiati, minacciati, posti sotto l’as- una sorta di universo totale e totaliz- oscura. E le figure che vi compaiono sedio di un pericolo incombente, che zante, in cui distinguere storia, cro- (Agrippa D’Aubigné, Achille Varzi, il spesso compaiono nei testi della Par- naca, letteratura, politica sarebbe va- giocatore di calcio, Che Guevara, tita (si legga da 87 [250]: “bruciano i no. In questo, forse, la ragione ultima Chet Baker, Glenn Gould…) sono vetri delle biblioteche / gli scaffali di del poema. come indicatrici di un sovra- o sotto- legno odorano di onde di boschi / Daniele Piccini Da DOPO CAMPOFORMIO brucia il dorso ai delfini i marinai avventano nei solchi sonno, fatica, reti rammendate. Una terra [I. Antonio padre – II. Il superbo lamento – III. Pesce di mare – IV. A Senarica, amica di Venezia – V. Il dolore d’essere dimen- È morto il capitano. Cade ticati – VI. Crescono giovani aspri – VII. Corropoli – VIII. Ferra- in mare ogni luce di festa gosto – IX. Il fumo dei vulcani ] dai giovani cuori; a riva le donne attendono ammucchiate. Un marinaio è al timone, bianco agnello; Un bioccolo di lana così gli uomini antichi veleggiavano frusta nel tramonto alberi, fiori, approdavano a isole felici. muove il trotto dell’onda. La barca vira, si torce, si china Sulla sponda i ragazzi con la schiena mentre s’alza il lamento. Una voce: inarcata puntano i piedi nella rena; “Tu, tesoro di mamma, meschina “dài pa’ssì, oh… ooh!” lo scafo stride perla bruciata da un vulcano, sulle palanche nere, Antonio padre sei trascinato a terra con la mano sfiora l’acqua, è nel mare, in croce, sulla sabbia, dal vento, uccello apre cigno le ali, le lampare, spento di rabbia, scuro, ecco il riposo”. anatrelle, l’avvincono con corde Vanno in tumulto con le ali aperte. e la flottiglia corre in alto mare. I fortunali cadevano sulle onde deserte Nella notte, chini sul fondo, gli uomini al colpo della frusta di questo uomo. pescano se la luna è piena Steso sul sacco è un tronco incenerito, o la corrente non spinge in Dalmazia è tuono offeso, esploso, dileguato; il cefalo che volge guizzi in oro. il calzone al ginocchio accartocciato. Un lume è acceso Vita, mia vita come laggiù oltre il mio dito: sei terribile e amata: uno sconforto Antonio padre al palpito senza consolazione è ancora vivo del primo fiore in cielo tornerà. negli occhi di questo morto che ieri L’inverno è lungo stretto dentro un mare con tutti i suoi pensieri era nel mare. pauroso; quando giugno allora 5
Roberto Roversi / Poesia al fuoco della Storia Il venditore di pesce per strade e sentieri per gettarsi con un grido sui branchi fu in America un tempo. morbidi e azzurri “Sempre un fumo nel cielo; nelle calme correnti verso l’Africa. pane, carbone, nel vino la polvere; tristi le donne, negli occhi la polvere; i ricordi chiamavano lontano. Ora mio figlio lavora a Milano La rocca ancora incombe a precipizio. e quella è la mia casa. Addio America”. Un tempo sulle alture Sul prato ferma ride la sua casa i noci contorti strisciavano a terra cresciuta in fretta. foglie di quattrocento anni, eppure Spinge la bicicletta, grida il pesce adesso il silenzio è favola giallo sul ghiaccio e viole: per i vecchi che muoiono nel sole. “chi prende il pesce, pesce fresco di mare?” Le case all’ombra delle tamerici, va scalzo a chiamare fra le siepi, case di girovaghi sul viale nell’ombra dei tronchi, e pescatori, pittate di bianco, sfiorato da siepi a filo del mare. formaggio fresco su una foglia di fico, sono cadute; scompare adagio la gente che non trema alle nevi dell’inverno. Un vagabondo canta e ruvidi Crescono giovani aspri, amare mandorle marinai ascoltano a un fanale. in un tempo d’inferno, di lampi Sulla strada appassiscono i gerani e sorprese telluriche nell’aria bucati dai fari delle macchine, grigia che illividisce ogni città; autotreni scuotono l’asfalto, il sangue arde dentro i cuori straziati i pioppi coprono fra lo stridio dei freni dall’unghia del mostro che si torce. l’agonia di un gatto sfracellato. Ma quale mondo apparirà “A Senarica, amica di Venezia…” dopo la pena necessaria! fuochi verdi aprono la gola ai cani sulle aie del monte screziato da barbagli sereni all’orizzonte. Il vecchio intona con pena un canto triste Là il monte, laggiù è il mare: e i fiori tremano, cadono, il mare con le speranze strappate muoiono nella polvere. a una barca che adagio s’avvicina. Sui chioschi di benzina cantano i tordi e volano nelle vallate alle ragazze dal petto tremante L’erba è gialla, pietre; il cimitero oh così dolcemente. con gli ulivi e cipressi sbiaditi. Quelle del mare, ardite fiere Anche nella pace i morti contrastano, sono restie agli sguardi non hanno tregua, risaliti maliziosi e azzannano dal profondo si stringono le mani come i lupi di selva. rotte dalla fatica. (Pace con voi, ragazze dell’Abruzzo, Madri stroncate dalle gravidanze, una è sangue al mio cuore.) invecchiate con pazienza infinita su reti, A Corropoli fumano i camini, uomini stanchi più dell’aria d’autunno: gli alberi difendono le case con il viso inchiodato fra due date dove i topi imperversano e la razza sanno che non c’è pianto non gridato degli uomini passati consumò né un giorno senza male: che la vita nel rancore una vita vile. nel dolore fu tutta patita. Case per amori di monache, Rimpiangono solo l’oblio dei vivi, per grida soffocate, per pugnali d’essere dimenticati in poche ore. cavati al frusciare di un uscio I ricchi almeno o all’ombra di un cortile. hanno il nome dipinto nelle prore Ma strappa la tenda dal cielo delle barche che rosse sul lido una donna accosciata nel vento, con gli alberi e vele ammainate canta un riso gentile; attendono la piena primavera palpita l’aria fatta azzurra 6
Roberto Roversi / Poesia al fuoco della Storia al lume dei suoi occhi Da LE DESCRIZIONI IN ATTO mentre con le mani in cui traluce l’osso sceglie e vaglia il frumento. Decima descrizione in atto Buon popolo, fra luci semispente I. ti attardi, stupendamente docile. Le ragazze adornate di coralli Che età avevi quando irruppe il Medo? rosseggiano come il tramonto o impallidiscono allo scherzo di un giovanotto ardito: II. “Vedeste comare Splendore? balli con me, bel cuore?” Il giuramento a lume di candela Aspettano i fuochi d’artificio nella cattedrale di Brunswick rovesciate sull’erba, davanti alla tomba i premi favolosi della tombola di Enrico l’Uccellatore (vedere a pagina ottanta) e l’amore colomba del diluvio. con gli occhi azzurri e i capelli biondi, essi Cade la felicità da scrigni aperti, e il pelo sul cuore… le luci della festa aprono piume; scese dal monte con le scarpe in mano bagnano la speranza nel lume III. della notte, nell’uragano dei giuochi, nelle giostre che strappano lontano. Una strada non c’è. C’è una strada (un fiume), c’è un Fasciati in maglie rosse i marinai, fiume stretti i calzoni sulle cosce, – credo che ci sia, è così – un profondo toccano il gomito alle ragazze; fosso, una siepe, un fiore d’albero trillano le argentine passere sotto il giardino spappolato, c’è il pianto e si offrono, quasi di una bambina nuda col tracoma c’è da un albero protese. il sangue di un uomo per terra decapitato la milza di un animale sul bancone di legno; c’è il filo bianco (un rosso filo) che stende dal labbro di chi parla fino a una casa laggiù; Terra addormentata per secoli una carta su cui il dito striscia con raccapriccio; dai frati astuti, dalle processioni l’orgasmo della donna fra l’erba affumicata fra gli uliveti e i campi, da un vecchio incendio, un bombardiere che non si vede. buttate le barche sulla riva Vilipendio di istituzioni (di gravi legittime colpe). trema all’ansia del petrolio Non c’è più l’eco, il suono non c’è, il percuotere nero come un nembo dalla Marca. dell’ultimo dissenso, le voci I vigneti abbattuti, la pena placate (finalmente?), i refusi scomposti; di un paese deserto sui dirupi ribolle un altro piombo per più degne canzoni da cui gli uomini tutti sono fuggiti; – la caratteristica del tempo è una misurata indifferenza, solcato il mare dalle petroliere, tutto interessa un poco per brevissimo tempo, nell’acqua grassa i pesci imputriditi ogni cosa muore, deperisce, sé consuma e sfoltisce galleggiano con il ventre scoppiato, nel forno della memoria. e rombi di scavatrici, grida, fuochi, martelli, tonfi profondi nella terra; il fumo dei vulcani IV. copre la pietra del gran sasso. Basse, di notte fischiano dal mare Dice Kant la disciplina del genio navi cisterne, lunghe, stese, nere (ossia l’educazione) è il gusto: gli ritaglia come un morto sull’acqua; si prova le ali e lo rende pulito e costumato. uno sgomento a sentirle chiamare. Il grande Kant, savio nella sua stanzuccia Su gli oleodotti splende luna nuova. di legno, con l’onda delle idee che si scioglie in un silenzio ordinato 7
Roberto Roversi / Poesia al fuoco della Storia e sulle vie (deserte) lo zoccolo di un cavallo. ognuno di noi che sediamo Ma questo, che siede anch’egli, è un uomo, nella casa sillogizza ma non opera, la disputa si fa arcaica con moderati calori, in un quarto piano e tutti noi (il giro del dito è ampio) di paese italiano, che è, che sarà? così lontano degradiamo nella mistificazione. dai rumori. Ah, non è costumato e polito. Non costumato, Accendere una sigaretta. è tutto dentro sbrecciato, pendente, Sono anni bui o sono anni nuovi? insolente, tenero e terso, muscolo Per la verità credo che il buio macellato in una sordida ignominia, sia il buio arcigno tetro gelido perfetto ingorgo meschino, è gramigna spersa secca che sia una luce nuova. raccolta da una vecchiaccia che insacca. Questo non sarà polito, eh no, costumato non è (le cir- costanze VI. non lo permettono), non è pulito – tutti sentono sulla via lo zoccolo di una morte Ieri in via Andegari scura e stretta, raffinata via che con- passare alternando il suono con quello dello spazzino duce a (e la sua tromba). L’alba, all’alba, l’alba una foresta di simboli scalcagnati, la moglie incontro in- – disegnare contro i vetri col fiato – contrai ho è, nello strizzarsi delle vene, incontrato di un compagno fucilato. così distesa distante, la mano aperta, l’occhiaia Stormiscono le foglie della memoria. di questa giornata incerta nella scelta; stramazzerà Con una testa di capelli rossi, in quelle case sporche di fra noi farneticando (presto, fra noi) di dolori antichi fango o e dei nuovi congegni. Ammonisce così riservata superba dell’ottusa avidità borghese la spalla modulata dolce- a non perdere le occasioni (la vita è un fulmine nel mente suonava. tempo) La sua giovinezza (incantava) ancora. – intanto una ragazza sulla gamba perfetta L’ora del giorno, incerta un poco colma nell’ambito di una stanza indossa la vestaglia o piuttosto il luogo distaccato dai rimorsi, in una incerta spenna se stessa nello scirocco ferito da una calza ombra, distaccata dalla buriana ossessiva, irride alla varietà degli umori la giuliva felice voce di addio ciao agitata da una innocua speranza. o R. che (un attimo)… dimenticato, al mio cuore… Si possono dimenticare i morti per sempre. Leggeri andavamo a braccio V. i suoi capelli di fiamma disse sono sposata ho due figli neppure un ritratto più, mi puoi capire Accendere una sigaretta (fumata dopo sei anni) una gran voglia di vivere il potere agli operai e ai contadini questa città fa impazzire. – si elidono a vicenda sopraffatti La provincia fa morire. da queste contraddizioni che non distinguono A notte ancora nella sua casa, fra i figli e il marito fra la necessità e il bisogno, fra chi nella casa a mezz’aria (si può dire) di una corda che si sfilaccia sui rami di un albero fortunato di cristallo, verde. trattiene il bandolo e colui che esautorato esausto Baciò me sulla bocca si lascia colpire dal canapo alla faccia. perfida, e dolcemente, vicino alla porta. L’affare è grave e merita considerazione Tutto scomparso, assopito, scancellato, annegato, Oggetto di ogni disputa, nel caldo della stanza visi di uomini trapassati sbiancavano in polvere mentre fuori si apre al mondo non era vero più niente. distrutto dall’acquazzone e rigurgita una cloaca con la gola di vacca e si fa notte fra i lampi e una pietà di noi si distende sopra le forme immobili (con noi) nell’attesa perfida dello spettacolo – la consumata mente, l’usura, il sillogismo, il calembour sul titolo di chi si compiace al caffè – è la fine del mondo, un’arca ribaltata, sulle pianure le ossa della città – allora tu dici che il momento del contrasto si invera in una nuova necessità: (questo è il punto), 8
Roberto Roversi / Poesia al fuoco della Storia Da L’ITALIA SEPOLTA SOTTO LA NEVE 10 (173) (Parte prima) Dice il signor D’Aubigné l’uomo invecchia invecchiando pensa brevi parole 86 poche parole dice l’uomo che invecchia è curvo sono parole di pietra o il fumo Lavora una talpa nel giardino degli acquazzoni d’ di un qualche incendio che si va spegnendo. aprile mese crudele. Il giocatore di calcio dice Aprile s’affaccia, brucia, brucia le foglie appena, la sera della finale di Coppa sui fogli scritti appena scritti. l’anno che uccisero Kennedy Così calmo. Anche il mese crudele. Si spegne. spararono a Kennedy il pallone volava Aprile viaggia su strani arcobaleni. correndo vedevo il pallone bianco come il viso dell’ Saluterà la terra. ultimo sogno nella terra dei mangiatori di loto Ciò che lui ha detto ha fatto. Così è scritto. oggi con il signor D’Aubigné galoppo per la brughiera. Lascia cadere parole Strane storie accadono in questi anni un uomo vecchio alle spalle le raccoglie piangendo. laggiù vedo la polvere di una zuffa o uno scontro di TIR. Sul nome di antichi poeti le rovine edifi- A entrambi è sorto in questo momento dal cuore cano pietre edifica il tempo. un grande desiderio di pianto. Oggi piove. È sereno. (Nota: Gli ultimi due versi presi dall’Odissea) Il mese sereno crudele scioglie le montagne del tempo, il fiume è neve. In quell’estate i giorni con pause impenetrabili. 41 (204) Racconta per telefono notizie della guerra era Il volo nello spazio con le parole di carta e l’ inchiostro la farina del diavolo. Ritorno a casa trovo la siccità di quest’anno la terra nel veleno di crepe Da LA PARTITA DI CALCIO – quando c’è il sole quando la notte non viene. Il mondo nasconde le rovine dentro vulcani di silenzio, i boschi 1 (164) gridano nei boschi prima di scomparire. È ancora da vedere se la povertà di ieri Perché cadi, vento d’estate? Vento del sole. Vento d’estate. era più triste della ricchezza esplosa Il giocatore di calcio dice: alcuni portano polvere di ghiaccio tra le pietre nel nome il proprio destino. in questi giorni rassegnati a un piccolo destino. Prima che il mondo ci lasci (o ci abbandoni) Il pane che l’Europa tocca muore. riuscirò a raccogliere qualche Il viaggio così finisce. Il cavaliere così si allontana. frammento di parole Mi rifiuto di sottoscrivere per capire le obiezioni degli amici qualsiasi forma di patto il rumore degli anni, queste ultime avventure. con il diavolo. Mani di uomini neri All’inizio del ’99 strisciano le lamiere arrugginite. ho raggiunto la grotta dei miei pensieri prima era pianto poi lunghi respiri perderemo la virtù d’amore se la partita non sarà terminata 48 (211) con un tiro preciso nel momento dell’attesa. Le gradinate vuote la gente dispersa Bestiario e timido erbario solo la prossima gara riempirà questa patria con foglie e fronde. di bandiere. Voci. Le voci coprono l’acqua di molta alle- Cade l’anno comincia il secolo gria o sembra cominciare. sono voci lontane. Fuochi sui monti nei campi sopra i coppi della città nell’ombra di una cameretta aspettando l’inverno che non viene. 9
Roberto Roversi / Poesia al fuoco della Storia Sulla piazza le orme dei giovani che non sanno Inediti ancora camminare ma con la mente viaggiano per la Spagna Da L’ITALIA SEPOLTA SOTTO LA NEVE pecore enormi guardano i fulmini cadere (Parte terza, vv. 2516-2622) sulla mano di un sangiovanni bianco davanti la chiesa. Quanto c’è da fare perché una poesia sia una poesia non solo correggere ma anche camminare. Nota È impossibile. Silenzio. Disse: “Signore, si può accomo- dare”. Del lungo testo, di cui questi versi sono parte, due soli sono i pro- Il sole di luglio tendeva il piede tagonisti: la signora Mirella Silocchi, rapita nel luglio dell’89, cercava fra le ginestre la serpe verdolina. imbucata martirizzata poi uccisa in un bosco dopo un trava- “È vero che nessuna l’amava?”. glio feroce, qua in Emilia, e l’astronauta russo dimenticato, La stagione portava piccoli pesci verso la libertà della ca- quasi abbandonato nello spazio dove orbitava, al tempo della scata – caduta di Gorbaciov. Essi, nel precipitare degli eventi, monolo- ma non era vacanza gano senza interferire, mentre il destino scivola come una sla- gli indios scomparivano con la giungla o si adeguavano vina verso la morte. ai bianchi. Il sonno comincia non con il silenzio ma con la violenza dell’amore ................... voglio essere ferito da un fulmine, Attenti a parlare ascoltare anche a cantare ma io non accarezzato dalla prima pioggia d’aprile. chiamato in caverna dalla pazienza vecchia del mondo… Piena di voci e fantasmi La terra è una vacca ubriaca di sale di miele questa storia ha avuto si completa si squarcia si evolve una notevole risonanza. ascolta crocchiare i cannoni le foglie d’autunno sui rami Fu ascoltata da tanti che la raccontarono poi. contempla il danno si adegua alla gravità dell’evento difende l’ultimo fuoco l’ultimo ghiaccio l’ultimo grido d’amore. Ma io non ero ancora nato io e 57 (220) il linguaggio correva via con le gambe di vetro gridavo al topo: dove sei? Aspettami! Diventa un re! DOVE I NEMICI DI UN TEMPO ? non ripartite al segno della piccola luna dove gli uomini dalle lunghe barbe con le alte spade lasciando me nell’ombra di una terra immortale. e gli occhi forano il cielo lanciando le fiamme? Tutto l’inverno ho navigato nello spazio è venuta primavera piena di selve Oggi erra l’ombra dei topi continuo il mio viaggio sulla nave che fra le foglie che neanche l’autunno dalla luce conduce alla luce chiama più con amore. dalla luce come una piuma mi scarica alla notte Dice il signor D’Aubigné sono queste le meraviglie? sono un vagone disperso in una stazione di frontiera in Solo un vecchio può essere colpito al cuore Patagonia ma da un colpo di fucile? non posso lamentarmi perché sono solo – ero Non abbiamo più nemici nello spazio che non ha voce siamo uomini spenti. e tacevo Che vita è questa? percosso dal peregrinare degli astri coi piedi di velluto e il loro percorso di guerra è vicino alla schiena di dio fra Immanuel Kant muore nuvole irate. sospendiamo la partita dice il signor D’Aubigné Ascoltate! Ascoltiamo. Il loro tamburo. Combattete sospendiamo il gioco delle ombre gentiluomini di Russia questa ultima battaglia oggi sotto lo striscione d’arrivo cadiamo nell’eternità. meglio morire sul campo che andare erranti incalzando Chiedo alle rondini di tornare una gloria se viene meno la speranza che la vita rende arlecchina. Ascoltate! sia chiara l’attesa Sproniamo i cavalli del cielo cavalchiamo nel sangue. sia giusto l’ordine di migrare. Ascoltate! Cavalchiamo cavalchiamo nel sangue la paura del cielo che strappa manciate di stelle oscura la voce un abbraccio di gelido fuoco poi silenzio e silenzio 10
Roberto Roversi / Poesia al fuoco della Storia solitudine antica – la terra è nel vento di foglie strappate insiste gemma invernale insiste insiste la una morte è in corso primavera non solo italiana e gli applausi le onde uguali si sciolgono gridando vendetta. volo d’ombre trapassate trafitte Forse è la morte annunciata del nostro pianeta? dalla freccia di Diana volante urlante cantante. Altro non Morire da straniero come vedo. i profughi sulle barche vaganti fra tormenti e l’arsura? Non so altro. Brilla di magnitu- Non un mondo di eguali tracotanti ma dine 1,6 Bellatrix (gamma Ori) un gigante blu uomini e donne uomini e donne diversi e l’albero distante 360 a.l. lo tocco con la mano sinistra e della libertà sferzato da gelate non vinto brucia brucia anche se è dalla parte del cuore non nella battaglia. mi lascia partire trattiene la corsa la nebulosa d’Orione Tornerò. Io ritorno attraverso il cuore della mia terra na- qua perduto in uno spazio che il mio occhio non vede tale sopra le città giganti della terra tocco il cielo coi miei capelli seduto unificate da una pietà senza strazio ho i piedi sopra la testa del mondo solo gli occhi cavati ai giovani soldati penso alle piccole cose risparmio le ore le giovani donne sgozzate nude oltre l’oceano sento il respiro di un amico che dorme. solo le mani tagliate ai vecchi davanti alle case infuocate Coraggio, la festa dell’uomo è in arrivo solo frecce sul petto delle bianche bambine coperte dal l’orma dei piedi è sospesa sopra i millenni. carbone mai Sono stimolato, egli dice, dall’attesa di una voce acceso tracce d’oro sulla sabbia di un fiume che corre nel cielo solo raffiche raffiche raffiche nella schiena dei ragazzini immergo le mani nel cuore della terra profonda che ridono essa perduta in un cammino senza tramonto fra luci di carnevale e si quieta nella tempesta guardando i vecchi bagnati di sangue scendere a terra punisce le città acquattate come cinghiali nel bosco si addormentano lasciando la vita sorpresi. come ragazze caute esaltate fra la polvere della memoria. Una luce impaziente si presenta suona alla porta nel primo verde del giorno si guarda intorno annuncia il destino di un uomo assassinato nel buio. Da L’ITALIA SEPOLTA SOTTO LA NEVE Domando se ancora pioveva (Parte quarta, Le trenta miserie d’Italia) la notte in cui re Teodorico è stato sepolto nel fiume Busento e se la notte pioveva campane o spa- vento IV. poi ho raggiunto l’America l’America che è sempre lontana. Così i giorni scadono via Miseria delle miserie la quarta miseria d’Italia uguali sono le miserie stabili con la spada del dubbio e albe uguali e tramonti veloci la pianura dei barbari i barbareschi sui mari la le erbe scoppiano al morso di un insetto tua Roma brucia la maledizione consuma le pietre. gorghi d’acqua fremono nella gola degli uccelli sui rami Non voglio ascoltare l’altoparlante chiamare tre volte nere piume straziano nubi conficcate nell’aria la signora di Stoccarda osservano i fiumi bruciare e le rive deserte o la madre gridare al bambino che è l’ora di cena chiamare chiamare. Ah! le oggi non vedo il cucciolo del pastore abruzzese sul prato canzoni di Dalla un tempo s’alzavano dai prati stringersi al vecchio cane che sopporta ogni morso. come trottole lanciate dai bambini. Quando è notte l’ora del sonno sogna. Orsi risalire montagne Con la spada del dubbio l’odore del pelo bagnato di neve e di miele interrompo il cammino da oscurità a oscurità ombre di pellegrini con fiaccole chiedo l’ora d’aria sui sentieri dei boschi per svegliarmi dal sonno dubitare un poco fra ossa di animali uccisi dal gelo impietoso agguantare la mano del mondo non affondare anche la natura è caduta prigioniera del sonno nella micidiale tempesta che tritura i cuori. nessuna primavera rasserena la voce delle fiabe Da oscurità a oscurità solo una foglia può raccontare fra i tizzoni fradici d’inverno. l’ordine delle foglie che cadono La natura del sonno sfugge dunque a se stessa ma il riscontro degli opposti è un giuoco che come belva si rintana dentro caverne. fa incendiare le cime d’Olimpo percosso da risse Ancora. Gemme del cielo invernale nel cielo invernale degli dei che sono inquieti in amore. spunta la primavera italiana errabonda I motivi d’indignazione 11
Roberto Roversi / Poesia al fuoco della Storia uno per uno i motivi dell’attesa XII. ascolto vocaboli in una lingua mai parlata dall’uomo. Parlare continuare a parlare senza sapere come parlare La miseria della misera Italia numero dodici scrivere continuare a scrivere senza sapere come scrivere la testa in fiamme la sterpaglia pensare continuare a pensare non sapendo cosa pensa- della festa dei pensieri paglia che re e avvampa brucia fra braci di fumo. continuare a voler sapere senza sapere che cosa sapere. Si consumano notizie mescolate al ricordo Nel corso della giornata di vecchie età si disfano le montagne le nuvole delle parole l’armamentario sul carro della vita in corsa inseguono messaggi erranti senza tregua. è spazio di fresca primavera. Come rispondere alle domande del fiume che custodisce Altrove polvere sollevata dall’auto nella strada di campa- i cadaveri dei nemici? gna La risposta è nella stanza degli ospiti ad accendere odora di mele mentre il merlo s’allontana il fuoco. stride forte a filo dell’erba lungo il mare Toccheremo domani il termine di questa prima siepi siepi siepi di oleandri abbandonati e avventura. pini scavezzati dai venti secolari camminano a terra. Può la morte ordire il suo acuminato massacro ridurre in cenere il delfino V. il vascello in fuoco la sovrastante nuvola in ciclone e La miseria d’Italia numero cinque una nuvola travolgere la vita? molto bianca una nuvola bianca Il fervore trascinato in gorgo calando all’improvviso molto bianca – bianca l’esistente in un attimo è scomparso ha divorato il gatto steso grigio in un sole autunnale giovinezza è il ricordo poi sull’occhio ottuso guardava la gente passare e la gente del cielo interminabile di tetti nella sottostante strada dentro il traffico domenicale. e alla fine dimenticare la tomba Via la nuvola il gatto l’ha stretta fra i denti ciabattando dei vecchi eroi? furtiva Quante primavere gli uomini fuggitivi come la scia di una nave che si addentra cauta nel abbandonano alle giovani ali che arrivano portate dal porto lasciando le onde grandi del mare garbino? io vedo come accadono le cose fiorite o sfiorite Si può considerare l’opportunità di non rassegnarsi sono lacrime di una piccola suora diseredata bruciare il carro del vincitore ma so che cavalco sulla lama della spada anche le nostre bandiere. tagliente e la luce sanguina. Per favore. Anche la foglia nell’aria non ha più speranza di vita. Mi domando dove trovare il tempo sapere negli anni che durano un giorno per continuare lo scavo dentro la terra di sassi e toccare la buona radice del pioppo sovrano tutto è livellato oramai piallato appiattito. Sovrana la solitudine della grande campagna conduce la danza l’uccello nero cala gridando sul solco per il terrore della navicella spaziale che fulmina l’aria tracciando ferite di giallo. Milioni di chilometri e Giotto il pittore divino si muove fra le pecore dello spazio tocca gli astri non si brucia le mani potrà dipingere ancora il mondo ricordare il buio di dio riconoscere l’occhio dell’uomo da quello della serpe. Invadere col fuoco l’infinito così lieto e vicino senza bruciarlo. 12
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