Master Tributario FY22 - Studio Tributario e Societario - Il diritto tributario internazionale Dott. Eugenio Della Valle, Dott. Gianmaria Leoni ...
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Studio Tributario e Societario Master Tributario FY22 Il diritto tributario internazionale Dott. Eugenio Della Valle, Dott. Gianmaria Leoni
Indice Residenza fiscale e principi di tassazione 3 Residenza fiscale ed esterovestizione 10 Branch v. Subsidiary - La c.d. «branch exemption» 20 Partecipazione nelle c.d. «CFC» 31 © 2021 Studio Tributario e Societario – Deloitte Società tra Professionisti S.r.l. Master Tributario 2
Residenza fiscale e principi di tassazione © 2021 Studio Tributario e Societario – Deloitte Società tra Professionisti S.r.l. Master Tributario 3
Residenza fiscale – La definzione La residenza fiscale delimita l’ambito territoriale di efficacia della norma tributaria mediante specifici criteri di collegamento al Territorio dello Stato. Art. 73, co. 3, del Una società è considerata residente TUIR in Italia se, per la maggior parte del periodo d’imposta, ha nel territorio dello Stato Oggetto Criteri Sede Sede legale principale dell’amministrazione alternativi dell’attività La presenza di una pluralità di criteri di collegamento, senza regole per stabilire la prevalenza di uno sull'altro, comporta, spesso, la possibilità che un soggetto possa essere considerato sostanzialmente residente in più Stati. Ad eventuali «conflitti di residenza» tra diversi Stati è possibile porre rimedio facendo riferimento alle convenzioni bilaterali contro le doppie imposizioni, ed in particolare alle cosiddette «tie breaker rule» (art. 4, par. 2 e 3, del Modello OCSE), che per le società prevedono il criterio della sede effettiva. © 2021 Studio Tributario e Societario – Deloitte Società tra Professionisti S.r.l. Master Tributario 4
Residenza fiscale - Criteri di collegamento al Territorio dello Stato Sede della società indicata nell’atto costitutivo Si tratta di una condizione «documentale» che deve risultare dall’atto costitutivo. Sede legale In mancanza essa è rinvenibile nel luogo in cui, in base alla legislazione applicabile nello Stato di costituzione, devono essere indirizzati i documenti, al fine di attribuire «valore legale» al loro recapito. Luogo in cui promanano le decisioni amministrative e di direzione dell’ente. Sede Generalmente essa coincide con il luogo in cui tali decisioni sono eseguite, anche se può dell’amministrazione assumere rilievo la stessa residenza degli amministratori. Art. 73, co. 4, del TUIR -> «L'oggetto esclusivo o principale dell'ente residente è determinato in base alla legge, all'atto costitutivo o allo statuto, se esistenti in forma di Oggetto esclusivo o atto pubblico o di scrittura privata autenticata o registrata. Per oggetto principale si principale intende l'attività essenziale per realizzare direttamente gli scopi primari indicati dalla legge, dall'atto costitutivo o dallo statuto». Non è possibile verificare preventivamente con l’Amministrazione finanziaria lo Stato di residenza fiscale di una società, mediante la procedura dell’interpello, in quanto le definizioni di residenza fiscale, contenute nella normativa fiscale italiana, si fondano su circostanze di fatto sulle quali NON è possibile pronunciarsi a priori. © 2021 Studio Tributario e Societario – Deloitte Società tra Professionisti S.r.l. Master Tributario 5
Principi di tassazione I soggetti residenti sono WORLWIDE assoggettati ad imposizione Soggetti residenti PRINCIPLE anche per i redditi prodotti all’estero. I soggetti non residenti in Italia sono assoggettati a Soggetti NON residenti PRINCIPIO DELLA FONTE tassazione limitatamente ai redditi prodotti nel territorio dello Stato Diversamente dai criteri di collegamento di cui all’art. 73, del TUIR, basati su caratteristiche soggettive del contribuente, l’art. 23, del TUIR individua: - un elenco redditi che si considerano prodotti in Italia (art. 73, co.1); - una presunzione di redditi prodotti nel territorio dello Stato (art. 73, co. 2). © 2021 Studio Tributario e Societario – Deloitte Società tra Professionisti S.r.l. Master Tributario 6
Redditi prodotti da soggetti non residenti – Art. 23 del TUIR Ai sensi dell’art. 23, co. 1, del TUIR, si considerano prodotti nel Territorio dello Stato i seguenti redditi: • i redditi fondiari; • i redditi di capitale corrisposti dallo Stato, da soggetti residenti o da stabili organizzazioni italiane di soggetti non residenti (con esclusione degli interessi e proventi da depositi, c/c bancari e postali); • i redditi di lavoro dipendente, prestato in Italia e i redditi assimilati di cui all’art. 50, co. 1, lett. a) e b), del TUIR per attività esercitate nel Territorio dello Stato; • i redditi di lavoro autonomo per attività esercitate in Italia; • i redditi d’impresa derivanti da attività esercitate nel territorio dello Stato mediante stabili organizzazioni; • i redditi diversi, derivanti da attività svolte nel territorio dello Stato e da beni che si trovano nel territorio dello Stato (con esclusione dei capital gain su «titoli» quotati); • i redditi prodotti in forma associata o imputati per trasparenza ai soci, associati o partecipanti non residenti. © 2021 Studio Tributario e Societario – Deloitte Società tra Professionisti S.r.l. Master Tributario 7
Redditi prodotti da soggetti non residenti – Art. 23 del TUIR Ai sensi dell’art. 23, co. 2, del TUIR, si considerano prodotti nel territorio dello Stato, indipendentemente dal fatto che le attività siano esercitate o i beni siano situati nel territorio dello Stato, anche i seguenti redditi, purché corrisposti dallo Stato, da soggetti ivi residenti o da stabili organizzazioni nel Territorio dello Stato di soggetti non residenti: • pensioni, assegni ad esse equiparati ed indennità di fine rapporto; • alcuni redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente (borse di studio, compensi agli amministratori, rendite vitalizie a tempo determinato a titolo oneroso, etc.); • compensi per l’utilizzazione delle opere di ingegno, brevetti e marchi, nonché di processi, formule e informazioni per esperienze nel campo industriale, commerciale o scientifico; • compensi percepiti da imprese non residenti per prestazioni artistiche o professionali effettuate per loro conto in Italia. © 2021 Studio Tributario e Societario – Deloitte Società tra Professionisti S.r.l. Master Tributario 8
Residenza fiscale ed esterovestizione © 2021 Studio Tributario e Societario – Deloitte Società tra Professionisti S.r.l. Master Tributario 9
Residenza fiscale ed esterovestizione ESTEROVESTIZIONE Fittizia localizzazione della residenza fiscale all'estero allo scopo di godere di un regime fiscale più vantaggioso, rispetto a quello nazionale. Stabilendo la propria residenza in un Paese a fiscalità privilegiata, piuttosto che in Italia, il contribuente evita l'applicazione del principio della tassazione del’utile mondiale (worldwide taxation) e, pertanto, viene assoggettato ad una pressione fiscale meno gravosa, se non addirittura inesistente. È onere dell’Amministrazione finanziaria provare che il soggetto costituito all’estero è fiscalmente residente in Italia, in quanto ha nel territorio dello Stato la sede di amministrazione effettiva e/o l’oggetto principale. Tale onere della prova richiede articolate indagini di fatto circa l’effettivo rapporto della società con un determinato territorio. © 2021 Studio Tributario e Societario – Deloitte Società tra Professionisti S.r.l. Master Tributario 10
Residenza fiscale ed esterovestizione L’art. 73, commi 5-bis e 5-ter, del TUIR, prevede una presunzione legale di residenza (sub specie di sede dell’amministrazione) nel territorio dello Stato in capo alle società estere che detengano partecipazioni di controllo ai sensi dell’articolo 2359, co.1 del Codice Civile, in società di capitali ed enti commerciali italiani se, alternativamente: • sono controllate, anche indirettamente, da soggetti residenti nel territorio dello Stato; o • sono amministrate da un consiglio di amministrazione o altro organo equivalente di gestione, composto prevalentemente da consiglieri residenti nel territorio dello Stato. La norma introduce una disciplina «antielusiva» volta a contrastare l'utilizzo di holding estere da parte di soggetti italiani finalizzate al controllo di società italiane. In virtù di tale presunzione legale, il soggetto estero si considera a tutti gli effetti residente nel territorio dello Stato, a meno che non fornisca la prova contraria, atta a dimostrare la sua reale residenza all’estero. © 2021 Studio Tributario e Societario – Deloitte Società tra Professionisti S.r.l. Master Tributario 11
Estero-vestizione – Elementi per la «presunzione relativa» Doppio controllo Controllo e amministrazione Italia CdA composto prevalentemente da consiglieri residenti 80% Controllo anche Soggetto estero indiretto Soggetto estero 51% 51% Italia Italia Il soggetto estero controlla una società italiana ed è, a sua Il soggetto estero controlla (controllo di diritto ex art. 2359 volta, controllato da un soggetto residente in Italia (in del C.C.) una società italiana ed è amministrato da soggetti questo caso è integrato il controllo di diritto ex art. 2359 fiscalmente residenti in Italia. del C.C.) © 2021 Studio Tributario e Societario – Deloitte Società tra Professionisti S.r.l. Master Tributario 12
Estero-vestizione – La prova contraria La «presunzione relativa» di cui all’art. 73, commi 5-bis e 5-ter, del TUIR comporta l’automatico ribaltamento 1 dell’onere della prova sul contribuente: il contribuente, dunque, dovrà dimostrare «con argomenti adeguati e convincenti» l’esistenza di «elementi di fatto, situazioni od atti, idonei a dimostrare un concreto radicamento della direzione effettiva nello Stato estero» (Circ. Agenzia delle Entrate 4 agosto 2006, n.28, § 8.3). La prova circa l’esistenza all’estero della sede dell’Amministrazione deve essere fornita in sede di accertamento e 2 non tramite la procedura di interpello c.d. “disapplicativo” disciplinata dall’art. 37-bis co. 8 del d.P.R. n. 600/73 (ris. 5.11.2007 n. 312). Il riferimento, dopo le modifiche apportate dall’art. 7 co. 15 d.lgs. n. 156/2015, deve essere inteso all’art. 10-bis L. n. 212/2000. La stessa Agenzia delle Entrate, nelle risposte fornite alla Commissione Europea sull’operatività della presunzione di estero-vestizione (in occasione di una denuncia presentata dall’Associazione Italiana Dottori Commercialisti) ha evidenziato come l’art. 73 del TUIR non individui specifiche 3 circostanze esimenti, sicché il contribuente può provare liberamente l’effettività La prova dell’insediamento all’estero, dimostrando che la società estera, a prescindere dal rapporto di contraria controllo ovvero dalla residenza dei consiglieri, è di fatto amministrata al di fuori del territorio italiano. In proposito, peraltro, l’Agenzia ha altresì chiarito che la documentazione da presentare è quella ordinariamente richiesta per la verifica della residenza, ovvero la “documentazione normalmente detenuta dall’impresa per fini diversi da quelli esclusivamente tributari e conforme a quella richiesta dall’OCSE ai fini convenzionali (si pensi ad esempio ai verbali dei consigli di amministrazione, e così via)”. © 2021 Studio Tributario e Societario – Deloitte Società tra Professionisti S.r.l. Master Tributario 13
Estero-vestizione – La prova contraria (segue) In particolare, l’Agenzia sostiene che la prova può attenere, ad esempio, al regolare e periodico svolgimento delle riunioni del Consiglio di amministrazione e di tale fatto può fornirsi la documentazione, unitamente 4 all’evidenza che le riunioni sono tenute presso la sede sociale con la partecipazione dei diversi consiglieri. A tali fini, l’Agenzia individua, come elementi di prova, ad esempio: le delibere del Consiglio di amministrazione formalmente prese all’estero e i biglietti aerei o le ricevute degli alberghi che attestino gli spostamenti dei consiglieri residenti in Italia. D’altro canto - aggiunge l’Agenzia - la prova può essere fornita mediante la dimostrazione dell’effettivo svolgimento in loco della gestione operativa della società estera. A tal fine, assume rilevanza il grado di autonomia funzionale della società, dal punto di vista organizzativo, 5 amministrativo, finanziario e contabile, rilevando, in particolare, l’autonomia accordata ai country managers con riferimento all’organizzazione del personale, alle decisioni di spesa, alla stipula di contratti. A tal fine, è possibile fornire la documentazione delle direttive interne, dei contratti di natura commerciale o finanziaria stipulati dall’impresa, ovvero la corrispondenza ed i documenti che precedono o integrano le trattative commerciali cui è orientata la strategia aziendale. © 2021 Studio Tributario e Societario – Deloitte Società tra Professionisti S.r.l. Master Tributario 14
La prova contraria secondo la Corte di Cassazione Sul punto la Corte di Cassazione (Sezione Penale) chiamata a pronunciarsi un caso di rilevanza nazionale che ha interessato il gruppo di moda Dolce & Gabbana, con la sentenza 43809 del 2015 ha sottolineato la necessità di distinguere tra il luogo in cui si colloca il potere di direzione e coordinamento della società capogruppo e il luogo di effettivo esercizio della direzione amministrativa (i.e. della sede di direzione effettiva). Ha fatto eco la Sezione Tributaria con la sentenza n. 33234 del 21 dicembre 2018 (che ha fatto seguito alla predetta sentenza penale n. 43809 del 30 ottobre 2015), ribadendo, in particolare, che i principi generali sulla libertà di stabilimento nell’Unione Europea possono essere limitati solo quando lo scopo essenziale dell’operazione è quello di ottenere un vantaggio fiscale indebito. Questa indagine va eseguita caso per caso, senza applicare criteri generali predeterminati. La Cassazione richiama la nota sentenza della CGUE la sentenza c.d. «Cadbury Schweppes», arrivando alla conclusione che la configurazione dell’abuso del diritto di stabilimento non richiede la prova dell’esistenza di ragioni economiche diverse dalla convenienza fiscale, ma l’accertamento della possibile totale artificiosità della costruzione giuridica, che non riproduce una corrispondente e genuina realtà economica. Anche sulla base degli accertamenti penali, la Corte prende atto che “qualcosa in Lussemburgo effettivamente si faceva, sì da giustificare una sede amministrativa collocata in una struttura diversa da quella legale e i costi del personale”. Tale orientamento non elimina, tuttavia, il rischio di un moltiplicarsi delle contestazioni di esterovestizione determinato da un cambiamento del modello organizzativo dei gruppi, sempre maggiormente indirizzato verso un notevole incremento del potere della capogruppo di dettare le indicazioni di policy dei soggetti controllati. Sulla base di tale considerazione è stato proposto in sede BEPS di eliminare il criterio della «sede di direzione effettiva» che attualmente funge da criterio per l’attribuzione della residenza fiscale all’uno o all’altro ordinamento. © 2021 Studio Tributario e Societario – Deloitte Società tra Professionisti S.r.l. Master Tributario 15
La prova contraria secondo la Corte di Cassazione (segue) Da ultimo la Corte di cassazione ha ribadito che al fine di stabilire se il reddito prodotto da una società possa essere sottoposto a tassazione in Italia, assume rilevanza decisiva il fatto che l’adozione delle decisioni riguardanti la direzione e la gestione dell’attività di impresa avvenga nel territorio italiano, nonostante la società abbia localizzato la propria residenza fiscale all’estero. La nozione di sede dell’amministrazione, in quanto contrapposta alla sede legale, deve ritenersi coincidente con quella di sede effettiva (di matrice civilistica), intesa come il luogo ove hanno concreto svolgimento le attività amministrative e di direzione dell’ente e si convocano le assemblee, e cioè il luogo deputato, o stabilmente utilizzato, per l’accentramento - nei rapporti interni e con i terzi - degli organi e degli uffici societari in vista del compimento degli affari e dell’impulso dell’attività dell’ente (Cass., ord. 6476 del 9 marzo 2021). Precedentemente con l’ordinanza n. 24872/2020, la Corte ha ribadito che la sede dell’amministrazione è identificabile con la sede effettiva della società, ossia il luogo in cui vengono svolte in concreto le attività amministrative e di direzione. La vicenda trae origine da un accesso effettuato dagli organi accertatori presso la sede di una società, i quali acquisivano una serie di documenti da cui emergeva che il legale rappresentante esercitava di fatto l’amministratore di altra società, formalmente residente a San Marino. Nel caso in esame, gli unici elementi “sintomatici” che hanno rilevato gli accertatori riguardavano la (i) stampa della situazione patrimoniale della società sanmarinese presso i locali della società italiana, (ii) un solo documento commerciale intestato alla ricorrente, (iii) la dipendenza commerciale della sanmarinese dalla italiana, (iv) la tempistica dei pagamenti ritenuti contemporanei tra le due società ed un fornitore terzo, ed infine (v) l’utilizzo dell’auto aziendale, intestata alla ricorrente sanmarinese, da parte dei dipendenti della società italiana. A detta della Corte di cassazione, gli elementi offerti dall’Ufficio non integravano alcuna prova concreta, volta a dimostrare la “presunta” gestione ed amministrazione della ricorrente sammarinese sul suolo italiano, essendo al contrario emerso che, nel periodo sottoposto a verifica fiscale, la documentazione contabile ed i libri sociali erano tenuti a San Marino, così come tutte le riunioni del Collegio sindacale e dell’assemblea si tenevano in tale luogo, compresi gli obblighi fiscali e civilistici erano ivi adempiuti; ciò vieppiù considerando che la sede legale e la collocazione geografica erano a San Marino. © 2021 Studio Tributario e Societario – Deloitte Società tra Professionisti S.r.l. Master Tributario 16
Mancata integrazione della prova contraria ed effetti sul soggetto ritenuto esterovestito In assenza di prova contraria, di conseguenza, in applicazione del principio di tassazione nel Paese della sede della «direzione effettiva» (o «place of effective management»), i redditi conseguiti dal soggetto «esterovestito» saranno assoggettati a tassazione in Italia. Gli effetti di più immediato impatto per le subholding riguardano (Circ. Agenzia delle Entrate 4 agosto 2006, n.28, § 8.3): • l’assoggettamento al regime di imponibilità o di esenzione ex artt. 86 e 87, del TUIR delle plusvalenze realizzate dalla cessione di partecipazioni; • l’assoggettamento a ritenuta dei dividendi, interessi e royalties corrisposti a soggetti non residenti o a soggetti residenti fuori dal regime d’impresa; • la tassazione piena degli utili di partecipazione provenienti da società residenti in paradisi fiscali. © 2021 Studio Tributario e Societario – Deloitte Società tra Professionisti S.r.l. Master Tributario 17
Presunzione legale di residenza - Coordinamento con la disciplina delle Controlled Foreign Companies In caso di soggetti esteri localizzati in paradisi fiscali, la presunzione di residenza introdotta all’art. 73, del TUIR «rende - in punto di principio - inoperante la disposizione dell’art. 167» (Circ. Agenzia delle Entrate 4 agosto 2006, n.28, § 8.5). Ne consegue che: Se non viene fornita prova Se viene fornita prova contraria contraria • La controllata estera sarà La controllata non residente resterà considerata residente e assoggettata alla disciplina CFC, con dovrà, pertanto, dichiarare imputazione del reddito per trasparenza al il reddito in Italia. soggetto controllante residente. In tal caso, al fine di rendere inapplicabile la disciplina CFC, • Tale reddito non verrà, dovrà essere fornita la prova contraria ai sensi dunque, imputato per dell’art. 167 co. 5 del TUIR, come modificato, a trasparenza al soggetto partire dal periodo d’imposta successivo a quello controllante residente. in corso al 31 dicembre 2018, dal D.Lgs. 29 novembre 2018, n. 142. © 2021 Studio Tributario e Societario – Deloitte Società tra Professionisti S.r.l. Master Tributario 18
Il nuovo “Meccanismo di risoluzione delle liti” Le controversie in materia di esterovestizione dovrebbero rientrare nell’alveo del nuovo meccanismo di risoluzione delle liti in ambito europeo introdotto dalla Direttiva UE n. 1852/2017 del 10 ottobre 2017 e recepito in Italia dal d.lgs.n. 49/2020 (Decreto «DRM»). In particolare, la citata Direttiva è stata elaborata in ambito europeo anche a seguito dei principi enucleati nell’Action 14 (Making Dispute Resolution Mechanisms More Effective) del progetto BEPS dell’OCSE, ed ha introdotto un ulteriore meccanismo di risoluzione delle controversie tra gli Stati membri volto ad ampliare il grado di tutela e di certezza del diritto dei contribuenti in ambito europeo, in considerazione dell’assenza di una «clausola arbitrale» nella maggior parte delle convenzioni contro le doppie imposizioni in vigore tra gli Stati UE. Sotto il profilo «oggettivo», tale procedura risulta generalmente applicabile con riferimento a controversie «che derivano dall’interpretazione e dall’applicazione degli Accordi e delle Convenzioni internazionali per evitare le doppie imposizioni sul reddito e sul patrimonio di cui l’Italia è parte e della Convenzione 90/436/CEE, del 23 luglio 1990, relativa all’eliminazione delle doppie imposizioni in caso di rettifica degli utili di imprese associate» (cfr. art. 1, comma 1, Decreto DRM). Di conseguenza, dovrebbero essere incluse nell’ambito della procedura, le fattispecie relative: (i) alla determinazione dei prezzi di trasferimento e del reddito attribuibile alla stabile organizzazione; (ii) a contestazioni sulla residenza fiscale in Italia di persone fisiche, società o altri enti esteri (per l’appunto il fenomeno della esterovestizione); (iii) all’esistenza di una stabile organizzazione occulta in Italia di società o enti non residenti; (iv) alla debenza o meno di imposte estere ai sensi di una convenzione contro le doppie imposizioni; (v) all’applicabilità di minori ritenute su interessi, dividendi o royalties di fonte italiana ai sensi delle convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate dall’Italia. © 2021 Studio Tributario e Societario – Deloitte Società tra Professionisti S.r.l. Master Tributario 19
Branch v. Subsidiary - La c.d. «branch exemption» © 2021 Studio Tributario e Societario – Deloitte Società tra Professionisti S.r.l. Master Tributario 20
Branch v. Subsidiary Una società di diritto estero controllata dalla casa-madre italiana, avendo piena soggettività tributaria (e giuridica) nello Stato in cui essa viene costituita, può distribuire dividendi alla propria casa-madre solo dopo aver assolto le imposte dovute nello Stato estero (compresa l’eventuale ritenuta Subsidiary sui dividendi in uscita). In Italia il dividendo sconterà la tassazione in base alla normativa interna, la quale, tuttavia, prevede un credito d’imposta per le imposte pagate all’estero su tale dividendo. Se da un punto di vista giuridico la stabile organizzazione non costituisce Branch un soggetto autonomo dalla casa-madre, ai fini tributari, si configura invece come un autonomo soggetto passivo d’imposta. © 2021 Studio Tributario e Societario – Deloitte Società tra Professionisti S.r.l. Master Tributario 21
Il regime di Branch exemption - Premessa L’articolo 168-ter disciplina la c.d. branch exemption, ossia la possibilità che in capo ad un’impresa residente nel territorio dello Stato non assumano rilevanza fiscale gli utili e le perdite realizzati dalle sue stabili organizzazioni all’estero, da determinarsi in ogni caso con i criteri di cui all’articolo 152 del TUIR a specifiche condizioni di legge. Tale regime rappresenta un’eccezione a quello per cui il reddito della branch è tassato prima nello Stato estero e poi in Italia con riconoscimento del credito per le imposte estere. La disposizione in esame non rende contestualmente più possibile procedere al calcolo del corrispondente credito d’imposta eventualmente vantato, nonché al suo relativo utilizzo in detrazione dall’Ires dovuta. La normativa consente ai contribuenti di esercitare l’opzione per esentare utili e perdite attribuibili a tutte le proprie stabili organizzazioni all’estero; essa è irrevocabile ed è esercitata al momento di costituzione della stabile organizzazione, con effetto dal medesimo periodo d’imposta. Se la stabile organizzazione è localizzata in Stati o territori a regime fiscale privilegiato, l’opzione per la branch exemption si esercita, relativamente alle stabili organizzazioni site in detti territori, purché ricorrano le “esimenti” previste dalla legge. © 2021 Studio Tributario e Societario – Deloitte Società tra Professionisti S.r.l. Master Tributario 22
Il regime di Branch exemption – La disciplina L’opzione Nel dettaglio, il comma 1 dell’articolo 168-ter consente a un’impresa residente in Italia di esercitare l’opzione per esentare utili e perdite attribuibili a tutte le proprie stabili organizzazioni all’estero. 1 Tale opzione può essere esercitata, dunque, dalla generalità dei soggetti residenti che esercitano un’attività di impresa (anche all’estero tramite una o più stabili organizzazioni) e, pertanto, non solo dalle società e dagli enti di cui all’articolo 73, comma 1 lett. a), b) e c), del TUIR, ma anche dalle società di persone e dalle imprese individuali. Con riferimento alle modalità di esercizio dell’opzione, le imprese residenti nel territorio dello Stato esercitano l’opzione nella dichiarazione dei redditi e decorre dal periodo d’imposta al quale la dichiarazione si riferisce. Il meccanismo c.d. all in – all put Viene confermato il principio “all in all out”, fatta eccezione per quelle a cui si rende applicabile la disciplina CFC: l’opzione deve essere esercitata dalla casa madre residente nel territorio dello Stato per tutte le stabili organizzazioni estere (esistenti al momento dell’esercizio dell’opzione, nonché costituite successivamente senza 2 che sia necessaria una nuova opzione) con effetto dal medesimo periodo d’imposta per il quale è esercitata. L’opzione è irrevocabile ed è esercitata al momento di costituzione della stabile organizzazione, con effetto dal medesimo periodo d’imposta. Una volta esercitata, l’opzione per il regime di branch exemption è irrevocabile e si estende automaticamente anche alle stabili organizzazioni di nuova costituzione, senza che si renda necessario l’esercizio di una espressa manifestazione di volontà da parte della casa madre residente. © 2021 Studio Tributario e Societario – Deloitte Società tra Professionisti S.r.l. Master Tributario 23
Il regime di Branch exemption – La disciplina Cessazione degli effetti dell’opzione L’irrevocabilità della scelta non consente, invece, di uscire volontariamente dal regime se non nei casi regolati dal Provvedimento secondo cui l’efficacia dell’opzione cessa: 3 • a seguito della chiusura, anche per liquidazione o cessione, di tutte le branch esenti; • nei casi di operazioni straordinarie e cessioni che coinvolgono le stabili organizzazioni esenti, fatte salve le ipotesi in cui l’avente causa sia già in regime di branch exemption o scelga di esercitare l’opzione nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta di efficacia giuridica dell’operazione straordinaria. La successiva costituzione di altre stabili organizzazioni richiede l’esercizio di una nuova opzione, ove l’impresa scelga di ricominciare ad applicare il medesimo regime. Ambito oggettivo I soggetti che svolgono attività di impresa devono possedere una struttura estera qualificabile come stabile organizzazione dell’impresa residente e, quindi, una sede fissa d’affari o un agente dipendente per mezzo del quale l’impresa residente esercita in tutto a in parte all’estero un’effettiva attività d’impresa. 4 Per aversi stabile organizzazione bisogna verificare la sussistenza dei requisiti previsti dall’articolo 162 del (che reca i principi e i criteri per l’individuazione di una “stabile organizzazione di impresa”), ovvero, se del caso, dall’articolo 5 della convenzione contro le doppie imposizioni in vigore con il Paese in cui essa è localizzata. In merito si ricorda che l’articolo 1 del D.Lgs. n. 147/2015 ha introdotto l’articolo 31-ter nel d.P.R. n. 600/1973 che disciplina gli accordi preventivi per le imprese con attività internazionale. Tra gli ambiti di applicazione della nuova norma rientra anche la possibilità per ogni impresa residente di presentare apposita istanza di interpello per richiedere una valutazione preventiva della sussistenza o meno dei requisiti che configurano una stabile organizzazione ai fini dell’applicazione del credito d’imposta o dell’esenzione. © 2021 Studio Tributario e Societario – Deloitte Società tra Professionisti S.r.l. Master Tributario 24
Il regime di Branch exemption – La disciplina (segue) Regime transitorio Il comma 6 disciplina il regime transitorio, ossia l’eventuale passaggio dall’attuale regime dell’imputazione dei redditi della 5 stabile organizzazione, con riconoscimento del credito per le imposte assolte all’estero, al regime dell’esenzione. Come chiarito dalla relazione illustrativa al decreto internazionalizzazione, al fine di consentire alle imprese di adeguare i propri sistemi contabili al nuovo regime, per le stabili organizzazioni già esistenti l’opzione per la branch exemption può essere esercitata entro il secondo periodo d’imposta successivo a quello di entrata in vigore della norma, con effetto dal medesimo periodo d’imposta. L’esercizio dell’opzione non determina in sé alcun realizzo di plusvalenze e minusvalenze. Recapture delle perdite Al fine di sterilizzare possibili effetti distorsivi tra imprese che, in sede di costituzione della propria prima stabile organizzazione, optano dall’inizio per il regime di esenzione e imprese che già posseggono delle stabili organizzazioni ed intendono passare dal metodo del credito d’imposta a quello dell’esenzione, è stato introdotto il meccanismo del recapture delle perdite. Per “recapture” si intende la partecipazione dei redditi realizzati dalla stabile organizzazione esente al reddito imponibile della casa madre fino a concorrenza delle perdite fiscali nette prodotte dalla medesima branch nei cinque periodi d’imposta antecedenti all’esercizio dell’opzione. Il c.d. recapture delle perdite che “scatta” quando l’impresa intende passare al metodo 6 dell’esenzione e in passato ha “importato” perdite fiscali dalla propria stabile organizzazione. Di conseguenza, se nei cinque periodi d’imposta antecedenti a quello di efficacia dell’opzione, la stabile organizzazione ha conseguito perdite fiscali imputate all’impresa: • I redditi realizzati dalla stabile organizzazione in regime di branch exemption partecipano alla formazione del reddito imponibile della casa madre fino a concorrenza delle perdite fiscali nette pregresse prodotte dalla medesima stabile organizzazione. Non rilevano le eventuali perdite fiscali conseguite dalla stessa branch in vigenza dell’opzione; • le perdite sono oggetto di recapture solo per l’ammontare delle stesse effettivamente utilizzato; la parte non utilizzata non concorre a formare le perdite fiscali della casa madre riportabili da quest’ultima ai sensi dell’articolo 84 del TUIR, che dovranno essere conseguentemente ridotte di pari importo. © 2021 Studio Tributario e Societario – Deloitte Società tra Professionisti S.r.l. Master Tributario 25
Il regime di Branch exemption – La disciplina (segue) Determinazione del reddito/perdita della branch Per la determinazione del reddito o della perdita della branch esente è necessario apportare al risultato del rendiconto economico e patrimoniale, redatto secondo i criteri previsti per le società e gli enti commerciali non residenti derivanti da attività svolte nel territorio dello Stato mediante stabile organizzazione le variazioni in aumento e in diminuzione relative alla singola branch previste dalle disposizioni in materia di reddito d’impresa per i soggetti residenti nel territorio dello Stato. 7 Come indicato nella relazione illustrativa, in virtù del principio/finzione elaborato in ambito Ocse, che vede la stabile organizzazione quale “functionally separate entity”, ai fini in esame assumerà particolare importanza la conformità degli oneri documentali alle linee guida elaborate dall’Ocse in materia di prezzi di trasferimento e pertanto si renderà applicabile l’articolo 26 del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, e le relative disposizioni di attuazione, compresa quindi l’eventuale disapplicazione delle sanzioni. © 2021 Studio Tributario e Societario – Deloitte Società tra Professionisti S.r.l. Master Tributario 26
Il regime di Branch exemption – Stabile organizzazione e regime CFC Le imprese, prima di esercitare l’opzione, dovranno verificare se possiedono stabili organizzazioni all’estero per le quali sussistono i requisiti per l’applicazione del regime CFC (Controlled foreign companies); tali stabili organizzazioni, una volta esercitata l’opzione, saranno trattate differentemente in presenza o meno delle esimenti di cui all’articolo 167 del TUIR. In particolare, ai sensi del comma 3 dell’articolo 168-ter, laddove la stabile organizzazione sia localizzata in Stati o territori a regime fiscale privilegiato, ma ricorra l’esimente secondo cui il soggetto controllato non residente svolge un’attività economica effettiva, mediante l’impiego di personale, attrezzature, attivi e locali, l’opzione per la branch exemption si esercita, relativamente alle stabili organizzazioni site in detti territori. In assenza dell’esimente per le proprie stabili organizzazioni si deve applicare la disciplina delle Controlled foreign companies – CFC e le regole di imputazione del reddito per trasparenza contenute nell’articolo 167 TUIR. © 2021 Studio Tributario e Societario – Deloitte Società tra Professionisti S.r.l. Master Tributario 27
Il regime di Branch exemption – Stabile organizzazione e regime CFC - Sintesi Stabile organizzazione in Paese a fiscalità privilegiata Inclusione nel perimetro BEX Presenza delle esimenti ex art. 167 TUIR Stabile organizzazione in Paese a fiscalità privilegiata Tassazione per trasparenza in via separata ex 167 TUIR In assenza delle (NO BEX) esimenti ex. Art. 167 TUIR © 2021 Studio Tributario e Societario – Deloitte Società tra Professionisti S.r.l. Master Tributario 28
Il regime di Branch exemption – Stabile organizzazione ed «Exit Tax» (segue) Il D.Lgs. n. 142/2018, al fine di dare attuazione alle direttive ATAD 1 (2016/1164) e ATAD 2 (2017/952) ha sottoposto a revisione la disciplina relativa alla exit tax modificando l’art. 166 del TUIR. In particolar modo, il riformulato articolo 166 Tuir prevede ora l’applicazione della norma anche al trasferimento di attivi in favore di una stabile organizzazione regime di branch exemption. In altri termini, il D.Lgs. 142/2018 ha riformulato l’ambito oggettivo di applicazione della norma, definendo in maniera più precisa ed articolata le varie fattispecie ricomprese nell’ambito oggettivo della exit tax (a titolo esemplificativo, trasferimento di residenza, trasferimento da stabile organizzazione italiana a casa madre estera o da casa madre italiana ad una stabile organizzazione estera in regime di branch exemption) includendo in alcune fattispecie anche il trasferimento di singoli attivi e non solo di aziende o di rami d’azienda. © 2021 Studio Tributario e Societario – Deloitte Società tra Professionisti S.r.l. Master Tributario 29
Il regime di Branch exemption – Stabile organizzazione ed «Exit Tax» - L’opinione di Assonime Sul punto è intervenuta recentemente Assonime con la Circolare n. 24 del 4 agosto 2021. Come evidenziato nella circolare di Assonime, la nuova ipotesi che prevede l’applicazione della norma anche al trasferimento di attivi in favore di una stabile organizzazione in regime di branch exemption, non trova particolari spiegazioni nella relazione illustrativa al decreto. Secondo Assonime il nuovo art. 166 del TUIR non può che interpretarsi in modo conforme alla giurisprudenza della Corte di Giustizia che ha ritenuto in più occasioni di dover censurare come restrizioni indebite del principio di libertà di stabilimento le discipline interne che ostacolavano il trasferimento di attività isolate. Per questo motivo Assonime sostiene che nel caso di trasferimento di attivi in favore di stabili organizzazioni in regime di branch exemption (ipotesi di cui all’art. 166, comma 1, lett. b), la disciplina dell’art. 166 sia invocabile anche in caso di trasferimento di beni singoli (o di insiemi di cespiti) che non siano qualificabili come compendi aziendali, e che quindi anche in questi casi si possa beneficiare della rateizzazione delle imposte dovute prevista dalla norma. © 2021 Studio Tributario e Societario – Deloitte Società tra Professionisti S.r.l. Master Tributario 30
Partecipazione nelle CFC © 2021 Studio Tributario e Societario – Deloitte Società tra Professionisti S.r.l. Master Tributario 31
Il regime delle controlled foreign companies – La ratio della disciplina La finalità della disciplina sulle “Controlled Foreign Companies Legislation” (CFC) è quella di evitare che i soggetti che controllano società od enti in Paesi a tassazione ridotta privi di una vera e propria organizzazione imprenditoriale possano attuare pratiche di pianificazione fiscale in virtù delle quali trasferiscano ingenti quantità di utili dalla società controllante – soggetta ad elevata fiscalità – verso le società controllate soggette, invece, a tassazione ridotta. A tal fine, il TUIR prevede l’imputazione per trasparenza al soggetto residente nel territorio dello Stato italiano dei redditi conseguiti dal soggetto controllato non residente assoggettato a tassazione privilegiata (soggetto CFC), anche in assenza di effettiva distribuzione di utili. La normativa CFC, oggetto di numerose modifiche nel corso degli anni, è stata sostanzialmente riformata dall’articolo 4 del D.Lgs. 29 novembre 2018 n. 142 di attuazione della direttiva (UE) 2016/1164 del Consiglio del 12 luglio 2016, recante norme contro le pratiche di elusione fiscale che incidono direttamente sul funzionamento del mercato interno (cosiddetta “Direttiva ATAD”). Le nuove disposizioni legislative si applicano a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2018. Le disposizioni del regolamento attuativo della disciplina CFC, definito con il decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze n. 429 del 21 novembre 2001, restano applicabili, ove compatibili (articolo 13, comma 7, del D.Lgs. 29 novembre 2018, n. 142). © 2021 Studio Tributario e Societario – Deloitte Società tra Professionisti S.r.l. Master Tributario 32
Il regime delle controlled foreign companies – Ambito soggettivo Rientrano nell’ambito di applicazione soggettivo della disciplina CFC (nel senso che ad essi può essere imputato il reddito conseguito da un soggetto estero controllato) i seguenti soggetti passivi Irpef ed Ires, purchè siano residenti nel territorio dello Stato – indipendentemente dal fatto che siano o meno titolari di reddito d’impresa – e controllino un soggetto CFC: • le persone fisiche residenti; • le società di persone e gli altri soggetti previsti dall’articolo 5 del TUIR; • le società di capitali, le società cooperative e di mutua assicurazione residenti, nonché le società europee e le società cooperative europee; • gli enti (pubblici e privati) e i trust che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali; • gli enti (pubblici e privati) e i trust che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali; • gli organismi di investimento collettivo del risparmio. Quanto all’applicazione della CFC rule anche agli OICR, si è avuta recentemente conferma con la bozza di Circolare emanata dall’Agenzia delle Entrate; tuttavia, tale ampliamento applicativo sta creando non poche problematiche in quanto: (i) gli OICR immobiliari non sono del tutto soggetti alle imposte sui redditi e quindi non è materialmente possibile obbligarli ad assoggettare a tassazione per trasparenza eventuali redditi prodotti da entità estere localizzate in Paesi a fiscalità privilegiata da loro controllate; (ii) (ii) gli OICR diversi dai fondi immobiliari, pur essendo equiparati agli enti non commerciali dall’art. 73, comma 1, lett. c) del T.U.I.R., sono esenti dalle imposte sui redditi: anche per essi, pertanto, l’applicabilità del regime CFC appare materialmente impossibile. Risultano altresì soggetti alla disciplina in esame le stabili organizzazioni italiane di società, enti di ogni tipo, compresi i trust, con o senza personalità giuridica, non residenti, che controllano un soggetto CFC. La relazione illustrativa al D.Lgs. 142/2018 precisa, al riguardo, che l’estensione alle stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti si verifica limitatamente alle partecipazioni nella controllata estera che fanno parte del patrimonio della stabile organizzazione. © 2021 Studio Tributario e Societario – Deloitte Società tra Professionisti S.r.l. Master Tributario 33
Il regime delle controlled foreign companies – Il requisito del controllo del soggetto estero Ai fini dell’applicazione della disciplina in esame, è Il controllo del soggetto residente sul necessario che i soggetti residenti indicati detengano soggetto estero può realizzarsi anche nel il controllo di imprese, società ed enti non residenti caso in cui oltre il 50% della partecipazione nel territorio dello Stato che si qualificano come agli utili del soggetto estero è detenuto soggetti CFC. direttamente o indirettamente, mediante Si considerano soggetti controllati le imprese, le una o più società controllate ai sensi società e gli enti non residenti, per i quali si verifica dell’articolo 2359 del codice civile o tramite almeno una delle seguenti condizioni: società fiduciaria o interposta persona. • sono controllati direttamente o indirettamente, Nel caso di controllo indiretto, la bozza di anche tramite società fiduciaria o interposta circolare precisa che: persona, ai sensi dell’ articolo 2359 del codice - il controllo civilistico deve essere civile; calcolato senza ricorrere al meccanismo • oltre il 50% della partecipazione ai loro utili è della demoltiplicazione della catena detenuto, direttamente o indirettamente, societaria; mediante una o più società controllate ai sensi - ai fini del controllo economico, invece, dell’articolo 2359 del codice civile o tramite la percentuale di partecipazione agli utili società fiduciaria o interposta persona. è determinata tenendo conto della Sono considerati soggetti controllati non residenti eventuale demoltiplicazione prodotta anche: dalla catena societaria partecipativa, ma • le stabili organizzazioni all’estero dei soggetti il computo delle partecipazioni agli utili controllati non residenti; nelle società indirettamente controllate • le stabili organizzazioni all’estero di soggetti rileva solo nel caso di soggetti intermedi residenti che abbiano optato per il regime di controllati ai sensi dell’art. 2359 c.c. branch exemption previsto dall’articolo 168-ter (i.e. in senso civilistico). del TUIR. © 2021 Studio Tributario e Societario – Deloitte Società tra Professionisti S.r.l. Master Tributario 34
Il regime delle controlled foreign companies – Verifica del requisito del controllo Con riferimento al momento in cui deve essere effettuata la verifica della sussistenza del controllo, l’articolo 1, comma 3, del regolamento attuativo stabilisce che rileva la situazione esistente alla data di chiusura dell’esercizio o periodo di gestione del soggetto estero controllato. A tal riguardo la relazione al regolamento specifica che tale scelta, “oltre che introdurre elementi di certezza, presenta caratteri di omogeneità con la prassi in materia di società di persone dove gli utili si imputano nella loro interezza al socio che è tale alla data di chiusura del periodo d’imposta della società, a prescindere dai mutamenti della compagine sociale intervenuti in corso d’anno. In analogia a quanto previsto per le società di persone residenti, dunque, il reddito della partecipata estera è imputato al socio controllante residente che risulta tale alla chiusura dell’esercizio della partecipata e l’imputazione avviene per l’intero ammontare a prescindere dalla circostanza che la detenzione della partecipazione di controllo si sia protratta per l’intero periodo d’imposta. Non trova, quindi, applicazione l’imputazione del reddito pro rata temporis, con tassazione in capo alla controllante del solo reddito prodotto dalla controllata successivamente al verificarsi del requisito del controllo”. © 2021 Studio Tributario e Societario – Deloitte Società tra Professionisti S.r.l. Master Tributario 35
Il regime delle controlled foreign companies – Soggetti CFC La principale modifica introdotta dal D.Lgs. n. 142/2018 consta sicuramente nell’abbandono della bipartizione tra il regime delle c.d. CFC black list e il regime delle c.d. CFC white list. In specie, in aderenza a quanto previsto in ambito internazionale, la nuova formulazione dell’art. 167, comma 4, del TUIR ora prevede un unico regime CFC per i “soggetti esteri controllati”, al ricorrere di due requisiti: a) sono assoggettati a tassazione effettiva inferiore alla metà di quella a cui sarebbero stati soggetti qualora residenti in Italia (effective tax rate); b) oltre un terzo dei proventi da essi realizzati rientra in una o più delle seguenti categorie (passive income): interessi o qualsiasi altro reddito generato da attivi finanziari; canoni o qualsiasi altro reddito generato da proprietà intellettuale; dividendi e redditi derivanti dalla cessione di partecipazioni; redditi da leasing finanziario; redditi da attività assicurativa, bancaria e altre attività finanziarie; proventi derivanti da operazioni di compravendita di beni con valore economico aggiunto scarso o nullo, effettuate con soggetti che, direttamente o indirettamente, controllano il soggetto controllato non residente, ne sono controllati o sono controllati dallo stesso soggetto che controlla il soggetto non residente; proventi derivanti da prestazioni di servizi, con valore economico aggiunto scarso o nullo, effettuate a favore di soggetti che, direttamente o indirettamente, controllano il soggetto controllato non residente, ne sono controllati o sono controllati dallo stesso soggetto che controlla il soggetto non residente; ai fini dell’individuazione dei servizi con valore economico aggiunto scarso o nullo si tiene conto delle indicazioni contenute nel decreto del Ministro dell’economia e delle finanze emanato ai sensi del comma 7 dell’articolo 110. © 2021 Studio Tributario e Societario – Deloitte Società tra Professionisti S.r.l. Master Tributario 36
Il regime delle controlled foreign companies – Soggetti CFC (segue) A seguito delle modifiche normative del D.Lgs. n. 142/2018, la disciplina in esame non si dovrebbe applicare: • ai fondi armonizzati, amministrati secondo le disposizioni previste dalle direttive 85/611/ CEE e 2009/65/CE; Infine, con riferimento all’assoggettamento alla disciplina CFC delle società controllate residenti nell’Unione Europea, si precisa che secondo la giurisprudenza di legittimità l’articolo 167 del TUIR non contrasta con il diritto dell’Unione Europea, né con la Convenzione contro le doppie imposizioni, atteso che per un verso tale norma è formulata in modo speculare ai principi elaborati dalla Corte di Giustizia nella sentenza “Cadbury-Schweppes» e, per l’altro verso, nell’ordinamento fiscale internazionale vige la clausola generale del beneficiario effettivo, in virtù della quale può fruire dei vantaggi garantiti dai Trattati solo il soggetto sottoposto alla giurisdizione dell’altro stato contraente, che abbia l’effettiva disponibilità giuridica ed economica del provento percepito (sentenza della Corte di Cassazione n. 25281 del 16 dicembre 2015). © 2021 Studio Tributario e Societario – Deloitte Società tra Professionisti S.r.l. Master Tributario 37
Il regime delle controlled foreign companies – Effective tax rate test Ai fini della verifica della prima condizione richiesta dalla lettera a) del comma 4 dell’articolo 167 del TUIR, è necessario confrontare il tax rate “effettivo” estero con il tax rate “virtuale” domestico, calcolato procedendo alla rideterminazione del reddito in base alle disposizioni fiscali italiane applicate all’utile ante imposte risultante dal bilancio della controllata. Sul punto la Relazione al D.Lgs. n. 142/2018 precisa che “è necessario un confronto tra tax rate ‘effettivo’ estero con tax rate virtuale interno - quest’ultimo calcolato procedendo alla rideterminazione del reddito in base alle disposizioni fiscali interne applicate all’utile ante imposte risultante dal bilancio della controllata - confronto che riguarda, sul fronte della tassazione virtuale interna, l’imposta sul reddito delle società (IRES)”. Nel corso di Telefisco 2019 l’Agenzia delle Entrate ha confermato tale aspetto, confermando che nel confronto tra tax rate “effettivo” estero e tax rate “virtuale” interno occorre fare esclusivo riferimento, in relazione alla tassazione virtuale domestica, all’Ires (senza considerare quindi l’Irap). Sul punto sono state introdotte delle novità con il nuovo schema di provvedimento dell’Agenzia delle Entrate, nel quale si stabilisce che nella determinazione della tassazione effettiva estera rilevano sia le imposte sul reddito effettivamente dovute dall’entità estera controllata nello Stato di localizzazione, al netto dell’utilizzo di eventuali crediti d’imposta per i redditi prodotti in Stati diversi da quello di insediamento, sia le imposte prelevate sui redditi della medesima entità estera in altre giurisdizioni, versate a titolo definitivo e non suscettibili di rimborso (criterio più equo). Inoltre, nell’ipotesi in cui la controllata estera aderisca a una forma di tassazione di gruppo, rilevano esclusivamente le imposte riferibili alla controllata, singolarmente considerata. Altra novità consiste nel fatto che, ai fini della tassazione virtuale italiana, rileva solo l’IRES e non anche le addizionali IRES. L’esclusione delle addizionali non viene giustificata in alcun modo. L’IRAP rimane esclusa. © 2021 Studio Tributario e Societario – Deloitte Società tra Professionisti S.r.l. Master Tributario 38
Il regime delle controlled foreign companies – Effective tax rate test (segue) A norma dell’art. 167, comma 4, del TUIR, con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate sono indicati i criteri per effettuare, con modalità semplificata, la verifica della condizione della tassazione effettiva, tra i quali quello della irrilevanza delle variazioni non permanenti della base imponibile. La dottrina inizialmente era concorde nel ritenere applicabili le regole indicate nel Provvedimento 16 settembre 2016, n. 143239; tuttavia, il nuovo schema di provvedimento stabilisce che, ai fini del calcolo della tassazione effettiva estera, vanno considerati gli effetti sul calcolo del reddito imponibile o delle imposte corrispondenti di qualsiasi agevolazione fruita dalla controllata ovvero accordata in base ad un apposito accordo concluso con l’Amministrazione fiscale estera. Il nuovo metodo di calcolo, da un lato, appare di più semplice applicazione, dato che il tax rate effettivo estero non è soggetto a rettifiche per neutralizzare gli effetti delle agevolazioni di carattere non strutturale, ma produrrà sicuramente una estensione del campo di applicazione della disciplina CFC. La circolare non contiene particolari precisazioni, salvo giustificare il cambio di impostazione con la necessità di rendere la normativa nazionale coerente con la Direttiva ATAD. Per la prima volta, a quanto risulta, vengono forniti chiarimenti ufficiali sul comportamento da tenere se la CFC è detenuta attraverso una società intermedia residente in uno Stato che abbia già applicato analoga disciplina. In sintesi, questi i criteri per la determinazione della tassazione effettiva estera e della tassazione virtuale interna alla luce dello schema di provvedimento dell’Agenzia delle Entrate: il calcolo della tassazione virtuale interna è eseguito sulla base delle caratteristiche della controllata, partendo dai dati risultanti dal bilancio di esercizio o dal rendiconto della stessa, redatti secondo le norme dello Stato di localizzazione. In particolare, se il bilancio o il rendiconto sono redatti in conformità ai principi contabili internazionali, il socio residente è tenuto a determinare il reddito della controllata secondo le disposizioni appositamente previste per i soggetti che adottano tali principi contabili internazionali; © 2021 Studio Tributario e Societario – Deloitte Società tra Professionisti S.r.l. Master Tributario 39
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