Master Tributario FY22 - Studio Tributario e Societario - Il diritto tributario internazionale Dott. Eugenio Della Valle, Dott. Gianmaria Leoni ...

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Master Tributario FY22 - Studio Tributario e Societario - Il diritto tributario internazionale Dott. Eugenio Della Valle, Dott. Gianmaria Leoni ...
Studio Tributario
e Societario

Master Tributario FY22
Il diritto tributario internazionale
Dott. Eugenio Della Valle, Dott. Gianmaria Leoni
Indice

Residenza                          fiscale                     e            principi       di
tassazione                                                                                           3

Residenza fiscale ed esterovestizione                                                           10

Branch v. Subsidiary - La
c.d. «branch exemption»                                                               20

Partecipazione nelle
c.d. «CFC»                                                               31

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Residenza fiscale e principi di
tassazione

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Residenza fiscale – La definzione

La residenza fiscale delimita l’ambito territoriale di efficacia della norma tributaria mediante specifici criteri di
collegamento al Territorio dello Stato.

                       Art. 73,
                      co. 3, del                                                     Una società è considerata residente
                        TUIR                                                         in Italia se, per la maggior parte
                                                                                       del periodo d’imposta, ha nel
                                                                                              territorio dello Stato

                                                                                                                        Oggetto         Criteri
                                                                                                  Sede
                                                          Sede legale                                                  principale
                                                                                           dell’amministrazione                       alternativi
                                                                                                                      dell’attività

La presenza di una pluralità di criteri di collegamento, senza regole per stabilire la prevalenza di uno sull'altro, comporta,
spesso, la possibilità che un soggetto possa essere considerato sostanzialmente residente in più Stati.

Ad eventuali «conflitti di residenza» tra diversi Stati è possibile porre rimedio facendo riferimento alle convenzioni bilaterali
contro le doppie imposizioni, ed in particolare alle cosiddette «tie breaker rule» (art. 4, par. 2 e 3, del Modello OCSE), che
per le società prevedono il criterio della sede effettiva.

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Residenza fiscale - Criteri di collegamento al Territorio dello Stato

                                                                          Sede della società indicata nell’atto costitutivo
                                                                          Si tratta di una condizione «documentale» che deve risultare dall’atto costitutivo.
                 Sede legale                                              In mancanza essa è rinvenibile nel luogo in cui, in base alla legislazione applicabile nello
                                                                          Stato di costituzione, devono essere indirizzati i documenti, al fine di attribuire «valore
                                                                          legale» al loro recapito.

                                                                          Luogo in cui promanano le decisioni amministrative e di direzione dell’ente.
             Sede
                                                                          Generalmente essa coincide con il luogo in cui tali decisioni sono eseguite, anche se può
      dell’amministrazione                                                assumere rilievo la stessa residenza degli amministratori.

                                                                          Art. 73, co. 4, del TUIR -> «L'oggetto esclusivo o principale dell'ente residente è
                                                                          determinato in base alla legge, all'atto costitutivo o allo statuto, se esistenti in forma di
       Oggetto esclusivo o                                                atto pubblico o di scrittura privata autenticata o registrata. Per oggetto principale si
           principale                                                     intende l'attività essenziale per realizzare direttamente gli scopi primari indicati dalla
                                                                          legge, dall'atto costitutivo o dallo statuto».

Non è possibile verificare preventivamente con l’Amministrazione finanziaria lo Stato di residenza fiscale di una società,
mediante la procedura dell’interpello, in quanto le definizioni di residenza fiscale, contenute nella normativa fiscale italiana, si
fondano su circostanze di fatto sulle quali NON è possibile pronunciarsi a priori.
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Principi di tassazione

                                                                                                               I soggetti residenti sono
                                                                                          WORLWIDE           assoggettati ad imposizione
             Soggetti residenti
                                                                                          PRINCIPLE          anche per i redditi prodotti
                                                                                                                      all’estero.

                                                                                                              I soggetti non residenti in
                                                                                                               Italia sono assoggettati a
       Soggetti NON residenti                                                        PRINCIPIO DELLA FONTE   tassazione limitatamente ai
                                                                                                             redditi prodotti nel territorio
                                                                                                                       dello Stato

Diversamente dai criteri di collegamento di cui all’art. 73, del TUIR, basati su caratteristiche soggettive del
contribuente, l’art. 23, del TUIR individua:
-    un elenco redditi che si considerano prodotti in Italia (art. 73, co.1);
-    una presunzione di redditi prodotti nel territorio dello Stato (art. 73, co. 2).

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Redditi prodotti da soggetti non residenti – Art. 23 del TUIR

Ai sensi dell’art. 23, co. 1, del TUIR, si considerano prodotti nel Territorio dello Stato i seguenti redditi:

    •     i redditi fondiari;

    •     i redditi di capitale corrisposti dallo Stato, da soggetti residenti o da stabili organizzazioni italiane di soggetti non
          residenti (con esclusione degli interessi e proventi da depositi, c/c bancari e postali);

    •     i redditi di lavoro dipendente, prestato in Italia e i redditi assimilati di cui all’art. 50, co. 1, lett. a) e b), del TUIR
          per attività esercitate nel Territorio dello Stato;

    •     i redditi di lavoro autonomo per attività esercitate in Italia;

    •     i redditi d’impresa derivanti da attività esercitate nel territorio dello Stato mediante stabili organizzazioni;

    •     i redditi diversi, derivanti da attività svolte nel territorio dello Stato e da beni che si trovano nel territorio dello
          Stato (con esclusione dei capital gain su «titoli» quotati);

    •     i redditi prodotti in forma associata o imputati per trasparenza ai soci, associati o partecipanti non residenti.

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Redditi prodotti da soggetti non residenti – Art. 23 del TUIR

Ai sensi dell’art. 23, co. 2, del TUIR, si considerano prodotti nel territorio dello Stato, indipendentemente dal fatto che le
attività siano esercitate o i beni siano situati nel territorio dello Stato, anche i seguenti redditi, purché corrisposti
dallo Stato, da soggetti ivi residenti o da stabili organizzazioni nel Territorio dello Stato di soggetti non residenti:

        •     pensioni, assegni ad esse equiparati ed indennità di fine rapporto;

        •     alcuni redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente (borse di studio, compensi agli amministratori, rendite vitalizie a
              tempo determinato a titolo oneroso, etc.);

        •     compensi per l’utilizzazione delle opere di ingegno, brevetti e marchi, nonché di processi, formule e informazioni per
              esperienze nel campo industriale, commerciale o scientifico;

        •     compensi percepiti da imprese non residenti per prestazioni artistiche o professionali effettuate per loro conto in
              Italia.

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Residenza fiscale ed esterovestizione

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Residenza fiscale ed esterovestizione

     ESTEROVESTIZIONE         Fittizia localizzazione della residenza fiscale all'estero allo scopo di godere di un
     regime fiscale più vantaggioso, rispetto a quello nazionale.

     Stabilendo la propria residenza in un Paese a fiscalità privilegiata, piuttosto che in Italia, il contribuente evita
     l'applicazione del principio della tassazione del’utile mondiale (worldwide taxation) e, pertanto, viene assoggettato ad
     una pressione fiscale meno gravosa, se non addirittura inesistente.

     È onere dell’Amministrazione finanziaria provare che il soggetto costituito all’estero è fiscalmente residente in Italia, in
     quanto ha nel territorio dello Stato la sede di amministrazione effettiva e/o l’oggetto principale.

     Tale onere della prova richiede articolate indagini di fatto circa l’effettivo rapporto della società con un determinato
     territorio.

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Residenza fiscale ed esterovestizione

L’art. 73, commi 5-bis e 5-ter, del TUIR, prevede una presunzione legale di residenza (sub specie di sede
dell’amministrazione) nel territorio dello Stato in capo alle società estere che detengano partecipazioni di controllo ai
sensi dell’articolo 2359, co.1 del Codice Civile, in società di capitali ed enti commerciali italiani se, alternativamente:

•     sono controllate, anche indirettamente, da soggetti residenti nel territorio dello Stato; o
•     sono amministrate da un consiglio di amministrazione o altro organo equivalente di gestione, composto
      prevalentemente da consiglieri residenti nel territorio dello Stato.

La norma introduce una disciplina «antielusiva» volta a contrastare l'utilizzo di holding estere da parte di soggetti
italiani finalizzate al controllo di società italiane.
In virtù di tale presunzione legale, il soggetto estero si considera a tutti gli effetti residente nel territorio dello Stato,
a meno che non fornisca la prova contraria, atta a dimostrare la sua reale residenza all’estero.

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Estero-vestizione – Elementi per la «presunzione relativa»

                                   Doppio controllo                                                 Controllo e amministrazione

                                                Italia                                             CdA composto prevalentemente da
                                                                                                         consiglieri residenti

                                                        80%
                                                                                     Controllo
                                                                                       anche
                                     Soggetto estero                                 indiretto
                                                                                                             Soggetto estero

                                                        51%
                                                                                                                        51%

                                                Italia
                                                                                                                  Italia

 Il soggetto estero controlla una società italiana ed è, a sua                                   Il soggetto estero controlla (controllo di diritto ex art. 2359
 volta, controllato da un soggetto residente in Italia (in                                       del C.C.) una società italiana ed è amministrato da soggetti
 questo caso è integrato il controllo di diritto ex art. 2359                                    fiscalmente residenti in Italia.
 del C.C.)

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Estero-vestizione – La prova contraria

                               La «presunzione relativa» di cui all’art. 73, commi 5-bis e 5-ter, del TUIR comporta l’automatico ribaltamento

    1                          dell’onere della prova sul contribuente: il contribuente, dunque, dovrà dimostrare «con argomenti adeguati e
                               convincenti» l’esistenza di «elementi di fatto, situazioni od atti, idonei a dimostrare un concreto radicamento della
                               direzione effettiva nello Stato estero» (Circ. Agenzia delle Entrate 4 agosto 2006, n.28, § 8.3).

                                La prova circa l’esistenza all’estero della sede dell’Amministrazione deve essere fornita in sede di accertamento e

    2                           non tramite la procedura di interpello c.d. “disapplicativo” disciplinata dall’art. 37-bis co. 8 del d.P.R. n. 600/73 (ris.
                                5.11.2007 n. 312). Il riferimento, dopo le modifiche apportate dall’art. 7 co. 15 d.lgs. n. 156/2015, deve essere
                                inteso all’art. 10-bis L. n. 212/2000.

                                                                          La stessa Agenzia delle Entrate, nelle risposte fornite alla Commissione Europea sull’operatività
                                                                          della presunzione di estero-vestizione (in occasione di una denuncia presentata dall’Associazione
                                                                          Italiana Dottori Commercialisti) ha evidenziato come l’art. 73 del TUIR non individui specifiche

                                                     3
                                                                          circostanze    esimenti,    sicché  il contribuente       può   provare liberamente     l’effettività
        La prova
                                                                          dell’insediamento all’estero, dimostrando che la società estera, a prescindere dal rapporto di
        contraria                                                         controllo ovvero dalla residenza dei consiglieri, è di fatto amministrata al di fuori del territorio
                                                                          italiano.
                                                                          In proposito, peraltro, l’Agenzia ha altresì chiarito che la documentazione da presentare è quella
                                                                          ordinariamente richiesta per la verifica della residenza, ovvero la “documentazione normalmente
                                                                          detenuta dall’impresa per fini diversi da quelli esclusivamente tributari e conforme a quella
                                                                          richiesta dall’OCSE ai fini convenzionali (si pensi ad esempio ai verbali dei consigli di
                                                                          amministrazione, e così via)”.

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Estero-vestizione – La prova contraria                                                                                            (segue)

                                  In particolare, l’Agenzia sostiene che la prova può attenere, ad esempio, al regolare e periodico svolgimento
                                  delle riunioni del Consiglio di amministrazione e di tale fatto può fornirsi la documentazione, unitamente

    4
                                  all’evidenza che le riunioni sono tenute presso la sede sociale con la partecipazione dei diversi consiglieri. A
                                  tali fini, l’Agenzia individua, come elementi di prova, ad esempio: le delibere del Consiglio di amministrazione
                                  formalmente prese all’estero e i biglietti aerei o le ricevute degli alberghi che attestino gli spostamenti dei
                                  consiglieri residenti in Italia.

                                  D’altro canto - aggiunge l’Agenzia - la prova può essere fornita mediante la dimostrazione dell’effettivo
                                  svolgimento in loco della gestione operativa della società estera.
                                  A tal fine, assume rilevanza il grado di autonomia funzionale della società, dal punto di vista organizzativo,

      5                           amministrativo, finanziario e contabile, rilevando, in particolare, l’autonomia accordata ai country managers
                                  con riferimento all’organizzazione del personale, alle decisioni di spesa, alla stipula di contratti.
                                  A tal fine, è possibile fornire la documentazione delle direttive interne, dei contratti di natura commerciale o
                                  finanziaria stipulati dall’impresa, ovvero la corrispondenza ed i documenti che precedono o integrano le
                                  trattative commerciali cui è orientata la strategia aziendale.

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La prova contraria secondo la Corte di Cassazione

Sul punto la Corte di Cassazione (Sezione Penale) chiamata a pronunciarsi un caso di rilevanza nazionale che ha interessato il
gruppo di moda Dolce & Gabbana, con la sentenza 43809 del 2015 ha sottolineato la necessità di distinguere tra il luogo in cui si
colloca il potere di direzione e coordinamento della società capogruppo e il luogo di effettivo esercizio della direzione
amministrativa (i.e. della sede di direzione effettiva).

Ha fatto eco la Sezione Tributaria con la sentenza n. 33234 del 21 dicembre 2018 (che ha fatto seguito alla predetta sentenza
penale n. 43809 del 30 ottobre 2015), ribadendo, in particolare, che i principi generali sulla libertà di stabilimento nell’Unione
Europea possono essere limitati solo quando lo scopo essenziale dell’operazione è quello di ottenere un vantaggio fiscale
indebito.

Questa indagine va eseguita caso per caso, senza applicare criteri generali predeterminati. La Cassazione richiama la nota
sentenza della CGUE la sentenza c.d. «Cadbury Schweppes», arrivando alla conclusione che la configurazione dell’abuso del
diritto di stabilimento non richiede la prova dell’esistenza di ragioni economiche diverse dalla convenienza fiscale, ma
l’accertamento della possibile totale artificiosità della costruzione giuridica, che non riproduce una corrispondente e genuina
realtà economica. Anche sulla base degli accertamenti penali, la Corte prende atto che “qualcosa in Lussemburgo effettivamente
si faceva, sì da giustificare una sede amministrativa collocata in una struttura diversa da quella legale e i costi del personale”.

Tale orientamento non elimina, tuttavia, il rischio di un moltiplicarsi delle contestazioni di esterovestizione determinato da un
cambiamento del modello organizzativo dei gruppi, sempre maggiormente indirizzato verso un notevole incremento del potere
della capogruppo di dettare le indicazioni di policy dei soggetti controllati.

Sulla base di tale considerazione è stato proposto in sede BEPS di eliminare il criterio della «sede di direzione effettiva» che
attualmente funge da criterio per l’attribuzione della residenza fiscale all’uno o all’altro ordinamento.

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La prova contraria secondo la Corte di Cassazione                                                                     (segue)
Da ultimo la Corte di cassazione ha ribadito che al fine di stabilire se il reddito prodotto da una società possa essere sottoposto a
tassazione in Italia, assume rilevanza decisiva il fatto che l’adozione delle decisioni riguardanti la direzione e la gestione
dell’attività di impresa avvenga nel territorio italiano, nonostante la società abbia localizzato la propria residenza fiscale
all’estero. La nozione di sede dell’amministrazione, in quanto contrapposta alla sede legale, deve ritenersi coincidente con quella
di sede effettiva (di matrice civilistica), intesa come il luogo ove hanno concreto svolgimento le attività amministrative e di
direzione dell’ente e si convocano le assemblee, e cioè il luogo deputato, o stabilmente utilizzato, per l’accentramento - nei
rapporti interni e con i terzi - degli organi e degli uffici societari in vista del compimento degli affari e dell’impulso dell’attività
dell’ente (Cass., ord. 6476 del 9 marzo 2021).

Precedentemente con l’ordinanza n. 24872/2020, la Corte ha ribadito che la sede dell’amministrazione è identificabile con la
sede effettiva della società, ossia il luogo in cui vengono svolte in concreto le attività amministrative e di direzione.
La vicenda trae origine da un accesso effettuato dagli organi accertatori presso la sede di una società, i quali acquisivano una
serie di documenti da cui emergeva che il legale rappresentante esercitava di fatto l’amministratore di altra società, formalmente
residente a San Marino.

Nel caso in esame, gli unici elementi “sintomatici” che hanno rilevato gli accertatori riguardavano la (i) stampa della situazione
patrimoniale della società sanmarinese presso i locali della società italiana, (ii) un solo documento commerciale intestato alla
ricorrente, (iii) la dipendenza commerciale della sanmarinese dalla italiana, (iv) la tempistica dei pagamenti ritenuti
contemporanei tra le due società ed un fornitore terzo, ed infine (v) l’utilizzo dell’auto aziendale, intestata alla ricorrente
sanmarinese, da parte dei dipendenti della società italiana.

A detta della Corte di cassazione, gli elementi offerti dall’Ufficio non integravano alcuna prova concreta, volta a dimostrare la
“presunta” gestione ed amministrazione della ricorrente sammarinese sul suolo italiano, essendo al contrario emerso che, nel
periodo sottoposto a verifica fiscale, la documentazione contabile ed i libri sociali erano tenuti a San Marino, così come tutte le
riunioni del Collegio sindacale e dell’assemblea si tenevano in tale luogo, compresi gli obblighi fiscali e civilistici erano ivi
adempiuti; ciò vieppiù considerando che la sede legale e la collocazione geografica erano a San Marino.

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Mancata integrazione della prova contraria ed effetti sul soggetto ritenuto esterovestito

                                                            In assenza di prova contraria, di conseguenza, in applicazione del principio di tassazione nel
                                                            Paese della sede della «direzione effettiva» (o «place of effective management»), i redditi
                                                            conseguiti dal soggetto «esterovestito» saranno assoggettati a tassazione in Italia.

                                                            Gli effetti di più immediato impatto per le subholding riguardano (Circ. Agenzia delle Entrate 4
                                                            agosto 2006, n.28, § 8.3):
                                                            •     l’assoggettamento al regime di imponibilità o di esenzione ex artt. 86 e 87, del TUIR delle
                                                                  plusvalenze realizzate dalla cessione di partecipazioni;
                                                            •     l’assoggettamento a ritenuta dei dividendi, interessi e royalties corrisposti a soggetti non
                                                                  residenti o a soggetti residenti fuori dal regime d’impresa;
                                                            •     la tassazione piena degli utili di partecipazione provenienti da società residenti in paradisi
                                                                  fiscali.

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Presunzione legale di residenza - Coordinamento con la disciplina delle Controlled
Foreign Companies

In caso di soggetti esteri localizzati in paradisi fiscali, la presunzione di residenza introdotta all’art. 73, del TUIR «rende - in
punto di principio - inoperante la disposizione dell’art. 167» (Circ. Agenzia delle Entrate 4 agosto 2006, n.28, § 8.5).

                                                                                     Ne consegue che:

                                                             Se non viene fornita prova           Se viene fornita prova contraria
                                                                     contraria

                                                         •     La controllata estera sarà         La     controllata     non     residente    resterà
                                                               considerata      residente e       assoggettata      alla    disciplina   CFC,     con
                                                               dovrà, pertanto, dichiarare        imputazione del reddito per trasparenza al
                                                               il reddito in Italia.              soggetto controllante residente. In tal caso, al
                                                                                                  fine di rendere inapplicabile la disciplina CFC,
                                                         •     Tale reddito non verrà,            dovrà essere fornita la prova contraria ai sensi
                                                               dunque,      imputato    per       dell’art. 167 co. 5 del TUIR, come modificato, a
                                                               trasparenza    al   soggetto       partire dal periodo d’imposta successivo a quello
                                                               controllante residente.            in corso al 31 dicembre 2018, dal D.Lgs. 29
                                                                                                  novembre 2018, n. 142.

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Il nuovo “Meccanismo di risoluzione delle liti”

Le controversie in materia di esterovestizione dovrebbero rientrare nell’alveo del nuovo meccanismo di risoluzione delle liti in
ambito europeo introdotto dalla Direttiva UE n. 1852/2017 del 10 ottobre 2017 e recepito in Italia dal d.lgs.n. 49/2020
(Decreto «DRM»).

In particolare, la citata Direttiva è stata elaborata in ambito europeo anche a seguito dei principi enucleati nell’Action 14
(Making Dispute Resolution Mechanisms More Effective) del progetto BEPS dell’OCSE, ed ha introdotto un ulteriore
meccanismo di risoluzione delle controversie tra gli Stati membri volto ad ampliare il grado di tutela e di certezza del diritto
dei contribuenti in ambito europeo, in considerazione dell’assenza di una «clausola arbitrale» nella maggior parte delle
convenzioni contro le doppie imposizioni in vigore tra gli Stati UE.

Sotto il profilo «oggettivo», tale procedura risulta generalmente applicabile con riferimento a controversie «che derivano
dall’interpretazione e dall’applicazione degli Accordi e delle Convenzioni internazionali per evitare le doppie imposizioni sul
reddito e sul patrimonio di cui l’Italia è parte e della Convenzione 90/436/CEE, del 23 luglio 1990, relativa all’eliminazione
delle doppie imposizioni in caso di rettifica degli utili di imprese associate» (cfr. art. 1, comma 1, Decreto DRM).

Di conseguenza, dovrebbero essere incluse nell’ambito della procedura, le fattispecie relative: (i) alla determinazione dei
prezzi di trasferimento e del reddito attribuibile alla stabile organizzazione; (ii) a contestazioni sulla residenza fiscale in
Italia di persone fisiche, società o altri enti esteri (per l’appunto il fenomeno della esterovestizione); (iii)
all’esistenza di una stabile organizzazione occulta in Italia di società o enti non residenti; (iv) alla debenza o meno di imposte
estere ai sensi di una convenzione contro le doppie imposizioni; (v) all’applicabilità di minori ritenute su interessi, dividendi o
royalties di fonte italiana ai sensi delle convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate dall’Italia.

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Branch v. Subsidiary - La c.d.
«branch exemption»

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Branch v. Subsidiary

                                                                      Una società di diritto estero controllata dalla casa-madre italiana, avendo
                                                                      piena soggettività tributaria (e giuridica) nello Stato in cui essa viene
                                                                      costituita, può distribuire dividendi alla propria casa-madre solo dopo aver
                                                                      assolto le imposte dovute nello Stato estero (compresa l’eventuale ritenuta
                   Subsidiary
                                                                      sui dividendi in uscita).
                                                                      In Italia il dividendo sconterà la tassazione in base alla normativa interna,
                                                                      la quale, tuttavia, prevede un credito d’imposta per le imposte pagate
                                                                      all’estero su tale dividendo.

                                                                      Se da un punto di vista giuridico la stabile organizzazione non costituisce
                     Branch                                           un soggetto autonomo dalla casa-madre, ai fini tributari, si configura
                                                                      invece come un autonomo soggetto passivo d’imposta.

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Il regime di Branch exemption - Premessa

L’articolo 168-ter disciplina la c.d. branch exemption, ossia la possibilità che in capo ad un’impresa residente nel
territorio dello Stato non assumano rilevanza fiscale gli utili e le perdite realizzati dalle sue stabili organizzazioni
all’estero, da determinarsi in ogni caso con i criteri di cui all’articolo 152 del TUIR a specifiche condizioni di legge.

Tale regime rappresenta un’eccezione a quello per cui il reddito della branch è tassato prima nello Stato estero e poi in
Italia con riconoscimento del credito per le imposte estere.

La disposizione in esame non rende contestualmente più possibile procedere al calcolo del corrispondente credito
d’imposta eventualmente vantato, nonché al suo relativo utilizzo in detrazione dall’Ires dovuta.

La normativa consente ai contribuenti di esercitare l’opzione per esentare utili e perdite attribuibili a tutte
le proprie stabili organizzazioni all’estero; essa è irrevocabile ed è esercitata al momento di costituzione
della stabile organizzazione, con effetto dal medesimo periodo d’imposta.

Se la stabile organizzazione è localizzata in Stati o territori a regime fiscale privilegiato, l’opzione per la branch
exemption si esercita, relativamente alle stabili organizzazioni site in detti territori, purché ricorrano le “esimenti”
previste dalla legge.

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Il regime di Branch exemption – La disciplina
                   L’opzione
                   Nel dettaglio, il comma 1 dell’articolo 168-ter consente a un’impresa residente in Italia di esercitare l’opzione per
                   esentare utili e perdite attribuibili a tutte le proprie stabili organizzazioni all’estero.
   1
                   Tale opzione può essere esercitata, dunque, dalla generalità dei soggetti residenti che esercitano un’attività di
                   impresa (anche all’estero tramite una o più stabili organizzazioni) e, pertanto, non solo dalle società e dagli enti
                   di cui all’articolo 73, comma 1 lett. a), b) e c), del TUIR, ma anche dalle società di persone e dalle imprese
                   individuali.
                   Con riferimento alle modalità di esercizio dell’opzione, le imprese residenti nel territorio dello Stato esercitano
                   l’opzione nella dichiarazione dei redditi e decorre dal periodo d’imposta al quale la dichiarazione si riferisce.

                   Il meccanismo c.d. all in – all put
                   Viene confermato il principio “all in all out”, fatta eccezione per quelle a cui si rende applicabile la disciplina CFC:
                   l’opzione deve essere esercitata dalla casa madre residente nel territorio dello Stato per tutte le stabili
                   organizzazioni estere (esistenti al momento dell’esercizio dell’opzione, nonché costituite successivamente senza
    2              che sia necessaria una nuova opzione) con effetto dal medesimo periodo d’imposta per il quale è esercitata.
                   L’opzione è irrevocabile ed è esercitata al momento di costituzione della stabile organizzazione, con effetto dal
                   medesimo periodo d’imposta.
                   Una volta esercitata, l’opzione per il regime di branch exemption è irrevocabile e si estende automaticamente
                   anche alle stabili organizzazioni di nuova costituzione, senza che si renda necessario l’esercizio di una espressa
                   manifestazione di volontà da parte della casa madre residente.

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Il regime di Branch exemption – La disciplina
                   Cessazione degli effetti dell’opzione
                   L’irrevocabilità della scelta non consente, invece, di uscire volontariamente dal regime se non nei casi regolati dal
                   Provvedimento secondo cui l’efficacia dell’opzione cessa:
   3
                   • a seguito della chiusura, anche per liquidazione o cessione, di tutte le branch esenti;
                   • nei casi di operazioni straordinarie e cessioni che coinvolgono le stabili organizzazioni esenti, fatte salve le
                       ipotesi in cui l’avente causa sia già in regime di branch exemption o scelga di esercitare l’opzione nella
                       dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta di efficacia giuridica dell’operazione straordinaria.
                   La successiva costituzione di altre stabili organizzazioni richiede l’esercizio di una nuova opzione, ove l’impresa
                   scelga di ricominciare ad applicare il medesimo regime.

                   Ambito oggettivo
                   I soggetti che svolgono attività di impresa devono possedere una struttura estera qualificabile come stabile
                   organizzazione dell’impresa residente e, quindi, una sede fissa d’affari o un agente dipendente per mezzo
                   del quale l’impresa residente esercita in tutto a in parte all’estero un’effettiva attività d’impresa.
   4               Per aversi stabile organizzazione bisogna verificare la sussistenza dei requisiti previsti dall’articolo 162 del (che
                   reca i principi e i criteri per l’individuazione di una “stabile organizzazione di impresa”), ovvero, se del caso,
                   dall’articolo 5 della convenzione contro le doppie imposizioni in vigore con il Paese in cui essa è localizzata.
                   In merito si ricorda che l’articolo 1 del D.Lgs. n. 147/2015 ha introdotto l’articolo 31-ter nel d.P.R. n. 600/1973
                   che disciplina gli accordi preventivi per le imprese con attività internazionale.
                   Tra gli ambiti di applicazione della nuova norma rientra anche la possibilità per ogni impresa residente di
                   presentare apposita istanza di interpello per richiedere una valutazione preventiva della sussistenza o meno dei
                   requisiti che configurano una stabile organizzazione ai fini dell’applicazione del credito d’imposta o dell’esenzione.

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Il regime di Branch exemption – La disciplina                                                                                 (segue)
              Regime transitorio
              Il comma 6 disciplina il regime transitorio, ossia l’eventuale passaggio dall’attuale regime dell’imputazione dei redditi della
5             stabile organizzazione, con riconoscimento del credito per le imposte assolte all’estero, al regime dell’esenzione.
              Come chiarito dalla relazione illustrativa al decreto internazionalizzazione, al fine di consentire alle imprese di adeguare i
              propri sistemi contabili al nuovo regime, per le stabili organizzazioni già esistenti l’opzione per la branch exemption può
              essere esercitata entro il secondo periodo d’imposta successivo a quello di entrata in vigore della norma, con effetto dal
              medesimo periodo d’imposta.
              L’esercizio dell’opzione non determina in sé alcun realizzo di plusvalenze e minusvalenze.

              Recapture delle perdite
              Al fine di sterilizzare possibili effetti distorsivi tra imprese che, in sede di costituzione della propria prima stabile
              organizzazione, optano dall’inizio per il regime di esenzione e imprese che già posseggono delle stabili organizzazioni ed
              intendono passare dal metodo del credito d’imposta a quello dell’esenzione, è stato introdotto il meccanismo del recapture
              delle perdite.
              Per “recapture” si intende la partecipazione dei redditi realizzati dalla stabile organizzazione esente al reddito imponibile
              della casa madre fino a concorrenza delle perdite fiscali nette prodotte dalla medesima branch nei cinque periodi d’imposta
              antecedenti all’esercizio dell’opzione. Il c.d. recapture delle perdite che “scatta” quando l’impresa intende passare al metodo
6             dell’esenzione e in passato ha “importato” perdite fiscali dalla propria stabile organizzazione.
              Di conseguenza, se nei cinque periodi d’imposta antecedenti a quello di efficacia dell’opzione, la stabile organizzazione ha
              conseguito perdite fiscali imputate all’impresa:
              • I redditi realizzati dalla stabile organizzazione in regime di branch exemption partecipano alla formazione del reddito
                  imponibile della casa madre fino a concorrenza delle perdite fiscali nette pregresse prodotte dalla medesima stabile
                  organizzazione. Non rilevano le eventuali perdite fiscali conseguite dalla stessa branch in vigenza dell’opzione;
              • le perdite sono oggetto di recapture solo per l’ammontare delle stesse effettivamente utilizzato; la parte non utilizzata
                  non concorre a formare le perdite fiscali della casa madre riportabili da quest’ultima ai sensi dell’articolo 84 del TUIR,
                  che dovranno essere conseguentemente ridotte di pari importo.
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Il regime di Branch exemption – La disciplina                                                                             (segue)

              Determinazione del reddito/perdita della branch
              Per la determinazione del reddito o della perdita della branch esente è necessario apportare al risultato del rendiconto
              economico e patrimoniale, redatto secondo i criteri previsti per le società e gli enti commerciali non residenti derivanti
              da attività svolte nel territorio dello Stato mediante stabile organizzazione le variazioni in aumento e in diminuzione
              relative alla singola branch previste dalle disposizioni in materia di reddito d’impresa per i soggetti residenti nel
              territorio dello Stato.
 7
              Come indicato nella relazione illustrativa, in virtù del principio/finzione elaborato in ambito Ocse, che vede la stabile
              organizzazione quale “functionally separate entity”, ai fini in esame assumerà particolare importanza la conformità degli
              oneri documentali alle linee guida elaborate dall’Ocse in materia di prezzi di trasferimento e pertanto si renderà
              applicabile l’articolo 26 del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, e le relative disposizioni di attuazione, compresa
              quindi l’eventuale disapplicazione delle sanzioni.

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Il regime di Branch exemption – Stabile organizzazione e regime CFC

                                                                                      Le imprese, prima di esercitare l’opzione, dovranno
                                                                                      verificare se possiedono stabili organizzazioni all’estero per
                                                                                      le quali sussistono i requisiti per l’applicazione del regime
                                                                                      CFC      (Controlled     foreign   companies);       tali stabili
                                                                                      organizzazioni, una volta esercitata l’opzione, saranno
                                                                                      trattate differentemente in presenza o meno delle esimenti
                                                                                      di cui all’articolo 167 del TUIR.
                                                                                      In particolare, ai sensi del comma 3 dell’articolo 168-ter,
                                                                                      laddove la stabile organizzazione sia localizzata in Stati o
                                                                                      territori a regime fiscale privilegiato, ma ricorra l’esimente
                                                                                      secondo cui il soggetto controllato non residente
                                                                                      svolge un’attività economica effettiva, mediante
                                                                                      l’impiego di personale, attrezzature, attivi e locali,
                                                                                      l’opzione per la branch exemption si esercita, relativamente
                                                                                      alle stabili organizzazioni site in detti territori.
                                                                                      In    assenza      dell’esimente    per     le   proprie  stabili
                                                                                      organizzazioni si deve applicare la disciplina delle
                                                                                      Controlled foreign companies – CFC e le regole di
                                                                                      imputazione del reddito per trasparenza contenute
                                                                                      nell’articolo 167 TUIR.

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Il regime di Branch exemption – Stabile organizzazione e regime CFC - Sintesi
           Stabile
      organizzazione in
       Paese a fiscalità
         privilegiata
                                                                                       Inclusione nel
                                                                                       perimetro BEX

        Presenza delle
        esimenti ex art.
        167 TUIR

           Stabile
      organizzazione in
       Paese a fiscalità
         privilegiata
                                                                                         Tassazione per
                                                                                       trasparenza in via
                                                                                     separata ex 167 TUIR
       In assenza delle                                                                   (NO BEX)
       esimenti ex. Art.
           167 TUIR

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Il regime di Branch exemption – Stabile organizzazione ed «Exit Tax»                                                                             (segue)

                                                                                      Il D.Lgs. n. 142/2018, al fine di dare attuazione alle direttive
                                                                                      ATAD 1 (2016/1164) e ATAD 2 (2017/952) ha sottoposto a
                                                                                      revisione la disciplina relativa alla exit tax modificando l’art. 166
                                                                                      del TUIR.

                                                                                      In particolar modo, il riformulato articolo 166 Tuir prevede ora
                                                                                      l’applicazione della norma anche al trasferimento di attivi in
                                                                                      favore di una stabile organizzazione regime di branch
                                                                                      exemption.

                                                                                      In altri termini, il D.Lgs. 142/2018 ha riformulato l’ambito
                                                                                      oggettivo di applicazione della norma, definendo in maniera più
                                                                                      precisa ed articolata le varie fattispecie ricomprese nell’ambito
                                                                                      oggettivo della exit tax (a titolo esemplificativo, trasferimento di
                                                                                      residenza, trasferimento da stabile organizzazione italiana a
                                                                                      casa madre estera o da casa madre italiana ad una stabile
                                                                                      organizzazione estera in regime di branch exemption)
                                                                                      includendo in alcune fattispecie anche il trasferimento di singoli
                                                                                      attivi e non solo di aziende o di rami d’azienda.

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Il regime di Branch exemption – Stabile organizzazione ed «Exit Tax» - L’opinione
di Assonime

Sul punto è intervenuta recentemente Assonime con la Circolare
n. 24 del 4 agosto 2021.

Come evidenziato nella circolare di Assonime, la nuova ipotesi
che prevede l’applicazione della norma anche al trasferimento di
attivi in favore di una stabile organizzazione in regime di branch
exemption, non trova particolari spiegazioni nella relazione
illustrativa al decreto.

Secondo Assonime il nuovo art. 166 del TUIR non può che
interpretarsi in modo conforme alla giurisprudenza della Corte di
Giustizia che ha ritenuto in più occasioni di dover censurare
come restrizioni indebite del principio di libertà di stabilimento le
discipline interne che ostacolavano il trasferimento di attività
isolate.

Per questo motivo Assonime sostiene che nel caso di
trasferimento di attivi in favore di stabili organizzazioni in
regime di branch exemption (ipotesi di cui all’art. 166, comma
1, lett. b), la disciplina dell’art. 166 sia invocabile anche in caso
di trasferimento di beni singoli (o di insiemi di cespiti) che non
siano qualificabili come compendi aziendali, e che quindi anche
in questi casi si possa beneficiare della rateizzazione delle
imposte dovute prevista dalla norma.
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Partecipazione nelle CFC

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Il regime delle controlled foreign companies – La ratio della disciplina

La finalità della disciplina sulle “Controlled Foreign Companies Legislation” (CFC) è quella di evitare che i soggetti
che controllano società od enti in Paesi a tassazione ridotta privi di una vera e propria organizzazione imprenditoriale
possano attuare pratiche di pianificazione fiscale in virtù delle quali trasferiscano ingenti quantità di utili dalla società
controllante – soggetta ad elevata fiscalità – verso le società controllate soggette, invece, a tassazione ridotta.

A tal fine, il TUIR prevede l’imputazione per trasparenza al soggetto residente nel territorio dello Stato italiano dei
redditi conseguiti dal soggetto controllato non residente assoggettato a tassazione privilegiata (soggetto CFC), anche in
assenza di effettiva distribuzione di utili.

La normativa CFC, oggetto di numerose modifiche nel corso degli anni, è stata sostanzialmente riformata dall’articolo 4
del D.Lgs. 29 novembre 2018 n. 142 di attuazione della direttiva (UE) 2016/1164 del Consiglio del 12 luglio 2016,
recante norme contro le pratiche di elusione fiscale che incidono direttamente sul funzionamento del mercato interno
(cosiddetta “Direttiva ATAD”). Le nuove disposizioni legislative si applicano a decorrere dal periodo d’imposta
successivo a quello in corso al 31 dicembre 2018.

Le disposizioni del regolamento attuativo della disciplina CFC, definito con il decreto del Ministero dell’Economia e delle
Finanze n. 429 del 21 novembre 2001, restano applicabili, ove compatibili (articolo 13, comma 7, del D.Lgs. 29
novembre 2018, n. 142).

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Il regime delle controlled foreign companies – Ambito soggettivo
Rientrano nell’ambito di applicazione soggettivo della disciplina CFC (nel senso che ad essi può essere imputato il reddito conseguito da
un soggetto estero controllato) i seguenti soggetti passivi Irpef ed Ires, purchè siano residenti nel territorio dello Stato –
indipendentemente dal fatto che siano o meno titolari di reddito d’impresa – e controllino un soggetto CFC:
•     le persone fisiche residenti;
•     le società di persone e gli altri soggetti previsti dall’articolo 5 del TUIR;
•     le società di capitali, le società cooperative e di mutua assicurazione residenti, nonché le società europee e le società cooperative
      europee;
•     gli enti (pubblici e privati) e i trust che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali;
•     gli enti (pubblici e privati) e i trust che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali;
•     gli organismi di investimento collettivo del risparmio.
Quanto all’applicazione della CFC rule anche agli OICR, si è avuta recentemente conferma con la bozza di Circolare emanata dall’Agenzia
delle Entrate; tuttavia, tale ampliamento applicativo sta creando non poche problematiche in quanto:
(i)      gli OICR immobiliari non sono del tutto soggetti alle imposte sui redditi e quindi non è materialmente possibile obbligarli ad
         assoggettare a tassazione per trasparenza eventuali redditi prodotti da entità estere localizzate in Paesi a fiscalità privilegiata da
         loro controllate;
(ii) (ii) gli OICR diversi dai fondi immobiliari, pur essendo equiparati agli enti non commerciali dall’art. 73, comma 1, lett. c) del
     T.U.I.R., sono esenti dalle imposte sui redditi: anche per essi, pertanto, l’applicabilità del regime CFC appare materialmente
     impossibile.
Risultano altresì soggetti alla disciplina in esame le stabili organizzazioni italiane di società, enti di ogni tipo, compresi i trust, con o
senza personalità giuridica, non residenti, che controllano un soggetto CFC.
La relazione illustrativa al D.Lgs. 142/2018 precisa, al riguardo, che l’estensione alle stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di
soggetti non residenti si verifica limitatamente alle partecipazioni nella controllata estera che fanno parte del patrimonio della stabile
organizzazione.
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Il regime delle controlled foreign companies – Il requisito del controllo del
soggetto estero

Ai fini dell’applicazione della disciplina in esame, è                                 Il controllo del soggetto residente sul
necessario che i soggetti residenti indicati detengano                                 soggetto estero può realizzarsi anche nel
il controllo di imprese, società ed enti non residenti                                 caso in cui oltre il 50% della partecipazione
nel territorio dello Stato che si qualificano come                                     agli utili del soggetto estero è detenuto
soggetti CFC.                                                                          direttamente o indirettamente, mediante
Si considerano soggetti controllati le imprese, le                                     una o più società controllate ai sensi
società e gli enti non residenti, per i quali si verifica                              dell’articolo 2359 del codice civile o tramite
almeno una delle seguenti condizioni:                                                  società fiduciaria o interposta persona.
• sono controllati direttamente o indirettamente,                                      Nel caso di controllo indiretto, la bozza di
    anche tramite società fiduciaria o interposta                                      circolare precisa che:
    persona, ai sensi dell’ articolo 2359 del codice                                   - il controllo civilistico deve essere
    civile;                                                                                calcolato senza ricorrere al meccanismo
• oltre il 50% della partecipazione ai loro utili è                                        della demoltiplicazione della catena
    detenuto,      direttamente    o    indirettamente,                                    societaria;
    mediante una o più società controllate ai sensi                                    - ai fini del controllo economico, invece,
    dell’articolo 2359 del codice civile o tramite                                         la percentuale di partecipazione agli utili
    società fiduciaria o interposta persona.                                               è determinata tenendo conto della
Sono considerati soggetti controllati non residenti                                        eventuale demoltiplicazione prodotta
anche:                                                                                     dalla catena societaria partecipativa, ma
• le stabili organizzazioni all’estero dei soggetti                                        il computo delle partecipazioni agli utili
    controllati non residenti;                                                             nelle società indirettamente controllate
• le stabili organizzazioni all’estero di soggetti                                         rileva solo nel caso di soggetti intermedi
    residenti che abbiano optato per il regime di                                          controllati ai sensi dell’art. 2359 c.c.
    branch exemption previsto dall’articolo 168-ter                                        (i.e. in senso civilistico).
    del TUIR.

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Il regime delle controlled foreign companies – Verifica del requisito del controllo

                                                                                      Con riferimento al momento in cui deve essere effettuata la
                                                                                      verifica della sussistenza del controllo, l’articolo 1, comma 3, del
                                                                                      regolamento attuativo stabilisce che rileva la situazione esistente
                                                                                      alla data di chiusura dell’esercizio o periodo di gestione del
                                                                                      soggetto estero controllato.

                                                                                      A tal riguardo la relazione al regolamento specifica che tale
                                                                                      scelta, “oltre che introdurre elementi di certezza, presenta
                                                                                      caratteri di omogeneità con la prassi in materia di società di
                                                                                      persone dove gli utili si imputano nella loro interezza al socio che
                                                                                      è tale alla data di chiusura del periodo d’imposta della società, a
                                                                                      prescindere dai mutamenti della compagine sociale intervenuti in
                                                                                      corso d’anno. In analogia a quanto previsto per le società di
                                                                                      persone residenti, dunque, il reddito della partecipata estera è
                                                                                      imputato al socio controllante residente che risulta tale alla
                                                                                      chiusura dell’esercizio della partecipata e l’imputazione avviene
                                                                                      per l’intero ammontare a prescindere dalla circostanza che la
                                                                                      detenzione della partecipazione di controllo si sia protratta per
                                                                                      l’intero periodo d’imposta. Non trova, quindi, applicazione
                                                                                      l’imputazione del reddito pro rata temporis, con tassazione in
                                                                                      capo alla controllante del solo reddito prodotto dalla controllata
                                                                                      successivamente al verificarsi del requisito del controllo”.

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Il regime delle controlled foreign companies – Soggetti CFC
La principale modifica introdotta dal D.Lgs. n. 142/2018 consta sicuramente nell’abbandono della bipartizione tra il
regime delle c.d. CFC black list e il regime delle c.d. CFC white list.
In specie, in aderenza a quanto previsto in ambito internazionale, la nuova formulazione dell’art. 167, comma 4, del
TUIR ora prevede un unico regime CFC per i “soggetti esteri controllati”, al ricorrere di due requisiti:

a) sono assoggettati a tassazione effettiva inferiore alla metà di quella a cui sarebbero stati soggetti qualora residenti
   in Italia (effective tax rate);

b) oltre un terzo dei proventi da essi realizzati rientra in una o più delle seguenti categorie (passive income):
                 interessi o qualsiasi altro reddito generato da attivi finanziari;

                 canoni o qualsiasi altro reddito generato da proprietà intellettuale;

                 dividendi e redditi derivanti dalla cessione di partecipazioni;

                 redditi da leasing finanziario;
                 redditi da attività assicurativa, bancaria e altre attività finanziarie;

                 proventi derivanti da operazioni di compravendita di beni con valore economico aggiunto scarso o nullo,
                  effettuate con soggetti che, direttamente o indirettamente, controllano il soggetto controllato non residente,
                  ne sono controllati o sono controllati dallo stesso soggetto che controlla il soggetto non residente;

                 proventi derivanti da prestazioni di servizi, con valore economico aggiunto scarso o nullo, effettuate a favore
                  di soggetti che, direttamente o indirettamente, controllano il soggetto controllato non residente, ne sono
                  controllati o sono controllati dallo stesso soggetto che controlla il soggetto non residente; ai fini
                  dell’individuazione dei servizi con valore economico aggiunto scarso o nullo si tiene conto delle indicazioni
                  contenute nel decreto del Ministro dell’economia e delle finanze emanato ai sensi del comma 7 dell’articolo
                  110.
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Il regime delle controlled foreign companies – Soggetti CFC                                                           (segue)

A seguito delle modifiche normative del D.Lgs. n. 142/2018, la disciplina in esame non si dovrebbe applicare:

•     ai fondi armonizzati, amministrati secondo le disposizioni previste dalle direttive 85/611/ CEE e 2009/65/CE;

Infine, con riferimento all’assoggettamento alla disciplina CFC delle società controllate residenti nell’Unione Europea, si
precisa che secondo la giurisprudenza di legittimità l’articolo 167 del TUIR non contrasta con il diritto dell’Unione
Europea, né con la Convenzione contro le doppie imposizioni, atteso che per un verso tale norma è formulata in modo
speculare ai principi elaborati dalla Corte di Giustizia nella sentenza “Cadbury-Schweppes» e, per l’altro verso,
nell’ordinamento fiscale internazionale vige la clausola generale del beneficiario effettivo, in virtù della quale può fruire
dei vantaggi garantiti dai Trattati solo il soggetto sottoposto alla giurisdizione dell’altro stato contraente, che abbia
l’effettiva disponibilità giuridica ed economica del provento percepito (sentenza della Corte di Cassazione n. 25281 del
16 dicembre 2015).

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Il regime delle controlled foreign companies – Effective tax rate test

  Ai fini della verifica della prima condizione richiesta dalla lettera a) del comma 4 dell’articolo 167 del TUIR, è necessario
  confrontare il tax rate “effettivo” estero con il tax rate “virtuale” domestico, calcolato procedendo alla rideterminazione
  del reddito in base alle disposizioni fiscali italiane applicate all’utile ante imposte risultante dal bilancio della controllata.

  Sul punto la Relazione al D.Lgs. n. 142/2018 precisa che “è necessario un confronto tra tax rate ‘effettivo’ estero con
  tax rate virtuale interno - quest’ultimo calcolato procedendo alla rideterminazione del reddito in base alle disposizioni
  fiscali interne applicate all’utile ante imposte risultante dal bilancio della controllata - confronto che riguarda, sul fronte
  della tassazione virtuale interna, l’imposta sul reddito delle società (IRES)”.

  Nel corso di Telefisco 2019 l’Agenzia delle Entrate ha confermato tale aspetto, confermando che nel confronto tra tax
  rate “effettivo” estero e tax rate “virtuale” interno occorre fare esclusivo riferimento, in relazione alla tassazione
  virtuale domestica, all’Ires (senza considerare quindi l’Irap).

  Sul punto sono state introdotte delle novità con il nuovo schema di provvedimento dell’Agenzia delle Entrate, nel quale
  si stabilisce che nella determinazione della tassazione effettiva estera rilevano sia le imposte sul reddito
  effettivamente dovute dall’entità estera controllata nello Stato di localizzazione, al netto dell’utilizzo di eventuali crediti
  d’imposta per i redditi prodotti in Stati diversi da quello di insediamento, sia le imposte prelevate sui redditi
  della medesima entità estera in altre giurisdizioni, versate a titolo definitivo e non suscettibili di rimborso
  (criterio più equo). Inoltre, nell’ipotesi in cui la controllata estera aderisca a una forma di tassazione di gruppo,
  rilevano esclusivamente le imposte riferibili alla controllata, singolarmente considerata.

  Altra novità consiste nel fatto che, ai fini della tassazione virtuale italiana, rileva solo l’IRES e non anche le
  addizionali IRES. L’esclusione delle addizionali non viene giustificata in alcun modo. L’IRAP rimane esclusa.

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Il regime delle controlled foreign companies – Effective tax rate test                                                 (segue)

A norma dell’art. 167, comma 4, del TUIR, con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate sono indicati i criteri per
effettuare, con modalità semplificata, la verifica della condizione della tassazione effettiva, tra i quali quello della irrilevanza delle
variazioni non permanenti della base imponibile.

La dottrina inizialmente era concorde nel ritenere applicabili le regole indicate nel Provvedimento 16 settembre 2016, n. 143239;
tuttavia, il nuovo schema di provvedimento stabilisce che, ai fini del calcolo della tassazione effettiva estera, vanno considerati gli
effetti sul calcolo del reddito imponibile o delle imposte corrispondenti di qualsiasi agevolazione fruita dalla controllata ovvero
accordata in base ad un apposito accordo concluso con l’Amministrazione fiscale estera.
Il nuovo metodo di calcolo, da un lato, appare di più semplice applicazione, dato che il tax rate effettivo estero non è soggetto a
rettifiche per neutralizzare gli effetti delle agevolazioni di carattere non strutturale, ma produrrà sicuramente una estensione del
campo di applicazione della disciplina CFC. La circolare non contiene particolari precisazioni, salvo giustificare il cambio di
impostazione con la necessità di rendere la normativa nazionale coerente con la Direttiva ATAD. Per la prima volta, a quanto
risulta, vengono forniti chiarimenti ufficiali sul comportamento da tenere se la CFC è detenuta attraverso una società intermedia
residente in uno Stato che abbia già applicato analoga disciplina.

In sintesi, questi i criteri per la determinazione della tassazione effettiva estera e della tassazione virtuale interna alla luce dello
schema di provvedimento dell’Agenzia delle Entrate:
 il calcolo della tassazione virtuale interna è eseguito sulla base delle caratteristiche della controllata, partendo dai dati risultanti
  dal bilancio di esercizio o dal rendiconto della stessa, redatti secondo le norme dello Stato di localizzazione. In particolare, se il
  bilancio o il rendiconto sono redatti in conformità ai principi contabili internazionali, il socio residente è tenuto a determinare il
  reddito della controllata secondo le disposizioni appositamente previste per i soggetti che adottano tali principi contabili
  internazionali;

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