Marta Papini Selezione mostre - La Quadriennale di Roma

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Marta Papini Selezione mostre - La Quadriennale di Roma
Marta Papini
Selezione mostre
Marta Papini Selezione mostre - La Quadriennale di Roma
Shit and die
Curata con Myriam Ben Salah e Maurizio Cattelan
artissima, Palazzo Cavour, torino, 2014

                                                                                                                                        Shit and die, vedute della mostra.
                                                                                                              Opere di alexandre Singh and davide Balula; aldo Mondino

testo introduttivo dal catalogo

Questa é un’opera di fantasia. Nomi, person-             andare avanti a lungo a elencare i numerosi
aggi, luoghi, eventi e accadimenti sono frutto           personaggi della nostra complessa trama. al-
dell’immaginazione dei curatori o sono utilizzati        cuni magari li conoscete già, altri li scoprirete
in maniera ittizia. Ogni somiglianza a persone           per la prima volta, altri ancora li vedrete sotto
reali, vive o morte, o eventi è del tutto casuale.       una nuova luce. Questa mostra è una meticolosa
                                                         impresa di appropriazione. La città di torino –
il 10 agosto 1810, nasceva Camillo Paolo Filip-          che, per varie circostanze, ha inito per conquis-
po Giulio Benso, Conte di Cavour. Parlava                tare il centro della scena nell’allestimento della
francese, era un estimatore del ilosofo inglese          mostra – ha oferto spazi, racconti, leggende e
Jeremy Bentham e pare nutrisse una passione              personalità che sono diventati cibo per la nostra
proibita per le pratiche sessuali legate alle feci. il   immaginazione afamata e il materiale grezzo
17 marzo 1835, Giorgio Orsolano venne impic-             con cui elaborare un modesto racconto visivo
cato pubblicamente. aveva un Qi di ben 194 e             sui tormenti della vita. Sarebbe lecito pensare
intraprese la carriera di macellaio. era famoso          che ci siamo inventati almeno un titolo, ma
soprattutto per le salsicce di carne umana (es-          non è così. ne abbiamo preso uno in prestito da
clusivamente femminile) fatte in casa. il 27 gi-         un’opera dell’artista americano Bruce nauman:
ugno 1856, Virginia elisabetta Luisa Carlotta            One hundred Live and die. L’installazione,
antonietta teresa Maria Oldoini, Contessa di             creata originariamente nel 1984, é composta
Castiglione, ebbe un’avventura con napoleone             da scritte multicolori al neon che sintetizzano
iii. Si dice fosse narcisista, capricciosa e snob. Si    cento possibili modi, banali e tragici, di vivere
fece scattare numerose foto e aveva uno spiccato         e morire. “Shit and die” . una di esse. innanzi-
feticismo per i piedi. il 3 gennaio 1889, Friedrich      tutto, ammettiamolo, . accattivante, ed . la prima
Wilhelm nietzsche scoppi. in lacrime in piazza           caratteristica che un titolo deve possedere. Ma
Carlo alberto, a torino, dopo aver assistito al          – per fortuna – ha un legame pi. profondo con
maltrattamento di un animale. Portava dei bai            la mostra: l’associazione tra una semplice dichi-
particolari, folti, ben curati, aveva un debole per      arazione e una severità inlessibile, che scava a
il prospettivismo radicale e gli fu diagnosticata        fondo nell’esperienza umana universale senza
la siilide. il 28 ottobre 1940, l’architetto Carlo       imporre un signiicato n. prestabilito n. isso.
Mollino inaugurò la sede della Società ippica            Si tratta di una poesia, piccola e senza pretese,
torinese. aveva zigomi incredibilmente alti e            dell’esistenza, che mette in luce i concetti di
bizzarre gambe corte. Praticava lo sci e invitava        polarità, paradosso e mistero della condizione
regolarmente – e in segreto – delle prostitute a         umana, nonché la disperazione della mortalità.
casa sua ainché posassero per lui. Potremmo              Qualsiasi cosa una persona possa fare, essa vivrà,
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Shit and die, vedute della mostra.
                                                                                                                         Opera di Stelios Faitakis

cacherà e morirà: noi, voi, Giorgio Orsolano,            cando il concetto di “verità”. abbiamo interpre-
nietzsche, tutti. Facendo eco al titolo, e al cam-       tato tutto ci. che torino ha da ofrire come segni
mino dell’esistenza stessa, la mostra . un viag-         oggettivi che abbiamo strutturato attraverso la
gio privo di scopo, triste e insieme promettente,        sintassi dell’arte contemporanea, seguendo tal-
duro e assurdo, sciocco e drammatico, lieve e            volta ainità deliberatamente fortuite e talvolta
profondo. Fin dalle nostre prime visite a torino,        rilessioni pi. elaborate, ino a forgiare una nar-
non eravamo tanto interessati a immergerci nel           razione onirica: sulle prime può apparire arbi-
passato della città, quanto a esplorare le sor-          traria e non esaustiva, ma pian piano prende la
prendenti stigmate umane che si . lasciata alle          forma di un racconto coerente. . privo di una
spalle. il contesto industriale, per esempio, di         cronologia, nonostante il concetto di tempo –
per s. non ha attirato la nostra attenzione; era-        del tempo residuo – sia disseminato in diverse
vamo pi. afascinati dalle pi. ampie problemat-           opere esposte, creando un memento mori cos-
iche legate alla produzione e all’accumulo che           tante, in iligrana. in un certo senso, abbiamo
ne derivavano: non solo di oggetti ma anche di           realizzato il nostro personalissimo album della
idee, miti, utopie e, tangenzialmente, della loro        città, che abbiamo consegnato ai collaboratori
ineluttabile ine. abbiamo annodato le ila della          di questa pubblicazione. abbiamo composto
memoria collettiva e ci siamo imbattuti per caso         un’improvvisata melodia ossessivo-compulsiva
in destini personali molto particolari. tutti por-       e abbiamo chiesto loro di interpretarla. Loro
tavano in s. lo stesso senso di teatralità: i vizi, le   sono stati abbastanza folli da accettare, e i risul-
paure, le ossessioni e i feticismi erano enfatizza-      tati sono stati sorprendenti; ci hanno portati ben
ti al punto da rispecchiare i nostri vizi, le nostre     oltre la superstizione legata a torino, esploran-
paure, le nostre ossessioni e i nostri feticismi. Ci     do territori molto vasti: le formiche zombie e i
hanno permesso di viaggiare avanti e indietro            funghi parassitoidi, la vanitas contemporanea e
nel tempo e di distillare l’essenza stessa del mis-      la ine della morte, Roland Barthes e la psicana-
tero umano in sette sezioni diverse della mostra.        lisi dei selie, il post-femminismo di Beyoncé. e
Come probabilmente avete dedotto dalle righe             l’immaginario incorporeo di Google, i mercati
precedenti, non abbiamo stabilito una gerarchia          africani e le porte dell’inferno dell’antica Gre-
tra eventi di vita vissuta e chiacchiere oziose; di-     cia si aiancano agli archivi imprevisti di to-
ciamo che abbiamo optato per un’archeologia di           rino e vivono a stretto contatto con le voci di
chimere, oscillando costantemente sul crinale            coloro che hanno avuto abbastanza pazienza da
che distingue la storia dalla fantasia, trattando        rispondere alle nostre sciocche questioni sulla
la realtà come un materiale qualsiasi e demistii-        vita e sull’arte.
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Shit and die, vedute della mostra.
in senso orario: opere di dasha Shishkin, tracey emin, Zoe Leonard, VaLie eXPORt, natalia LL, Sarah Lucas, Lynda Benglis, Sylvia Sleigh
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Shit and die, vedute della mostra.
in senso orario: opere di Markus Schinwald, Florian Pugnaire & david Raini, Martin Creed; eric doeringer
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LO StatO deLLe COSe
altri tempi, altri miti,16a Quadriennale di Roma
Palazzo delle esposizioni, Roma, 2016
                                                                                                                                      Lo stato delle cose, installation views.
                                                                                                                 Works by Giorgio andreotta Calò, elena Mazzi e Sara tirelli

testo introduttivo dal catalogo

Il senso di ciò che dicono gli artisti in autoritratto   in mostra, ma alternano domande di metodo a
proviene dal riconoscimento non solo della loro          incursioni nella vita personale di ognuno.
autenticità, ma anche della mia che dava loro oc-        in questo susseguirsi di domande e risposte gli
casione di manifestarsi.                                 artisti afrontano la deinizione di se stessi, le
Carla Lonzi, Taci anzi parla. Diario di una fem-         modalità di relazione col pubblico, il rapporto
minista, 1978                                            col fallimento e le side – nel lavoro e nel privato
                                                         –, il valore del fare arte da un lato e la profes-
adelita husni-Bey, Giorgio andreotta Calò, al-           sionalizzazione dall’altro, anche in risposta a un
berto tadiello, Cristian Chironi, Yuri ancarani,         mercato sempre più imperante.
Margherita Moscardini, elena Mazzi e Sara                nelle pagine del catalogo, lo spostamento di at-
tirelli: nella lontananza tra le loro pratiche, che      tenzione dall’opera all’identità dell’artista fa da
rende impossibile assimilarle in una lettura uni-        contraltare alla centralità che i singoli lavori
voca, si apre uno spazio dialettico e di confronto       hanno in mostra, dove la parola non trova al-
tra le singole ricerche e il pubblico.                   trettanto spazio. il progetto espositivo, infatti,
Lo stato delle cose non è una mostra collettiva,         parte dalla considerazione che, in un’epoca di
dove immagini e signiicati si intrecciano grazie         frenetica produzione di contenuti, in cui pa-
alla tessitura curatoriale. È piuttosto un eser-         role e immagini si sovrappongono una sull’altra
cizio di attenzione: il pubblico, in rapporto uno        – cancellate da quelle più nuove, più lette, più
a uno con l’opera, può sofermarsi sulla ricerca          condivise sui media –, e dove il processo di le-
di ciascun artista sia nella mostra, sia attraverso      gittimazione critica viene sostituito dallo spazio
un public programme pensato come parte in-               di visibilità sugli schermi dei nostri cellulari, il
tegrante del progetto, che ne approfondisca la           momento di esperienza dell’opera attraverso i
complessità.                                             sensi abbia bisogno di un certo silenzio.
L’opera d’arte è qui intesa “come una possibilità        Le interviste e gli incontri sono quindi intesi
d’incontro, come un invito a partecipare rivolto         come strumento di indagine, pur sempre par-
dagli artisti a ciascuno di noi”, come scriveva          ziale, sugli artisti e sul valore della loro ricerca,
Carla Lonzi in autoritratto nel 1969. È a par-           attraverso una forma di auto-narrazione che
tire da questa suggestione che anche in queste           possa diventare un luogo di relazione e scambio
pagine la parola viene data agli artisti, attraverso     col pubblico, non in sostituzione ma in aggiunta
sette interviste che non si concentrano sull’opera       alla semplice fruizione dell’opera in mostra.
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Lo stato delle cose, vedute delle mostre.
in senso orario: adelita husni-Bey, Cristian Chironi, Yuri ancarani, alberto tadiello. Pagina sucessiva: Margherita Moscardini
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the aRtiSt iS PReSent
Curata con Maurizio Cattelan
Yuz Museum, Shanghai, 2018
                                                                                                      he Artist is Present, vedute della mostra. Opere di Jose dávila, Philippe Parreno, Lawrence Weiner,
                                                                                                                                                           Reena Spaulings; Gillian Wearing, Kaari Upson

Sin dal titolo, he Artist is Present è un atto    come uno strumento indispensabile per af-
di appropriazione. il complesso rapporto          frontare la nostra società contemporanea.
fra immagine e realtà, rappresentazione e         Mentre una replica in dimensioni reali della
presentazione, è da sempre uno degli el-          Cappella Sistina sta viaggiando per tutto il
ementi più importanti nell’arte. È ancor          Messico con visitatori che accorrono a ved-
più vero oggi, in un mondo dove siamo al          erla come se fosse una pop star in tour, he
tempo stesso alimentatori e avidi consuma-        Artist is Present può essere vista come un
tori di un mondo di simulacri, sospeso fra        manifesto basato sul concetto che un’opera
illusione e realtà.                               dipenda dal coinvolgimento delle idee,
Radicata in questo permanente diluvio di          piuttosto che sulla semplice gratiicazione
immagini, he Artist is Present è incentrata       visiva. La mostra esplora il modo in cui, at-
su progetti di artisti che propongono la sim-     traverso la ripetizione, si possa approdare
ulazione e la copia come paradigma della          all’originalità, e come gli originali stessi pos-
cultura globale.                                  sano essere conservati attraverso le copie.
il titolo stesso è volto a dimostrare come        essa consiste in un’immersione isica nel
l’atto di copiare possa essere considerato un     regno dell’imitazione, una terra dove i val-
nobile atto di creazione, caratterizzato dallo    ori fondamentali che una volta si identiica-
stesso valore artistico dell’originale.           vano con l’opera d’arte nel mondo occiden-
Le opere in mostra esaminano i più sacri          tale – valori quali l’originalità, l’intenzione,
principi dell’arte nell’era moderna: original-    l’espressione e l’autorialità – vengono dem-
ità, intenzione, espressione.                     oliti dalle fondamenta.
in un’era in cui tutto viene riprodotto, niente   in he Artist is Present la natura del proces-
mantiene realmente la propria aura di origi-      so creativo in sé si trova decostruita, e con
nalità, suggerendo l’urgenza di superare un       essa l’idea di creazione divina: l’unica fede
vecchio concetto di contrafazione in favore       che resta è che l’originalità sia senz’altro so-
di un nuovo modo di concepire le copie            pravvalutata.
Marta Papini Selezione mostre - La Quadriennale di Roma
he Artist is Present, vedute della mostra.
in senso orario: opere di hannah Levy, Jon Rafman, Mat-
thew Johnson, nina Beier, nevine Mahmoud; Kapwani Ki-
wanga; Josh Kline. Pagina successiva: Superlex, Maurizio
Cattelan, John armleder
aLeKSandRa MiR. tRiUMPh
Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, 2018

Triumph, la monumentale installazione ultima-          in realtà proprio della liturgia ecclesiastica, di
ta da aleksandra Mir nel 2009, è composta da           sollevare verso il cielo un calice d’argento. La
2.529 trofei, collezionati dall’artista nell’arco di   contraddizione stridente tra la produzione se-
un anno in Sicilia, tra Palermo e dintorni.            riale e il feticismo nostalgico del singolo trofeo
                                                       culmina, quando ormai il momento di gloria
Le coppe che compongono l’installazione, da-           è diventato un lontano, polveroso ricordo, nel
tate a partire dagli anni Quaranta, sono state         gesto catartico di donare all’artista quel che ri-
raccolte grazie a un annuncio su “il Giornale          mane dell’antica vittoria, come a liberarsi da un
di Sicilia” nel quale l’artista ofriva in cambio di    fardello.
ogni trofeo la cifra simbolica di cinque euro. il
risultato di questa iniziativa è una enorme, luc-      Sudore e fatica, gioia e commozione, gli applau-
cicante collezione di cimeli: un monumento alla        si e i festeggiamenti che si sono rilessi sulle su-
gioventù e alla gloria passate, alla cultura spor-     perici di questi trofei diventano in mostra de-
tiva amatoriale e patrimonio della storia popo-        boli eco lontane, che si sommano una sull’altra
lare italiana.                                         in cumuli di metallo inerte, plastica e marmo.
                                                       triumph è un vero e proprio memento mori,
Prodotti su scala industriale, i trofei sono in sé     una testimonianza visiva della transitorietà del
oggetti di scarso valore, se non quello afettivo       successo e della necessità di ogni essere umano,
per le persone che li hanno ottenuti primeg-           a un certo punto della propria vita, di fare i conti
giando in una competizione. innalzandoli al            con il passato abbandonando l’illusione di una
cielo, quei vincitori si appropriavano del gesto,      giovinezza eterna.
erroneamente attribuito all’antichità classica e
Aleksandra Mir. Triumph, veduta dell’installazione
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