Lettorato sulla Critica della ragion - pratica
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Lettorato sulla Critica della ragion pratica PRESENTAZIONE DEL CORSO 1. Contestualizzazione dell’opera 2. Ricostruzione della struttura dell’opera, delle sue finalità, dei suoi obiettivi 3. Analisi di passi tratti dall’opera, commento e collocazione all’interno dell’opera 4. Capacità di valutazione critica di alcune questioni che l’opera pone
Lettorato sulla Critica della ragion pratica CONTENUTI 1. Genesi e struttura dell’opera nel contesto filosofico del tardo Settecento, all’interno del criticismo kantiano e nell’ambito degli scritti morali dell’autore 2. Il significato della ragion pura pratica 3. Leggi e massime; il significato della legge fondamentale della ragion pura pratica; il fatto della ragione 4. Legge morale e libertà 5. Principi, oggetti, moventi della ragion pratica 6. Sommo bene, bene supremo, bene perfetto, virtù e felicità 7. Autonomia, formalismo e deontologia: cenni alla storia degli effetti dell’opera
Lettorato sulla Critica della ragion pratica BIBLIOGRAFIA, TESTI D’ESAME E STRUMENTI 1. Testo di Kant: edizione con testo a fronte: adottato 2. F. Gonnelli, Guida alla lettura della Critica della ragion pratica: adottato 3. A. Guerra, Introduzione a Kant: consigliato 4. S. Landucci, La Critica della ragion pratica di Kant. Introduzione alla lettura: consigliato 5. C. Korsgaard, L’approvazione riflessiva, in C. Korsgaard (a cura di), Le origini della normatività, ETS, Pisa 2014, pp. 77-126: sarà fornito in dispensa.
Lettorato sulla Critica della ragion pratica 1. L’autore: cenni a vita (1724-1804) e opere 2. Il contesto culturale (illuminismo e pietismo) e le filosofie pratico-morali contemporanee a Kant (Wolff, Crusius, Hucheson, Rousseau: perfezione; conformità al volere di Dio; sentimento morale; virtù, felicità e purezza dell’intenzione) 3. Il tema morale nella produzione kantiana precedente e successiva: antecedenti, anticipazioni e riprese 4. Il criticismo e le domande lasciate aperte dalla Critica della ragion pura
Lettorato sulla Critica della ragion pratica L’elaborazione del tema morale nelle opere precedenti e successive 1755: Nova dilucidatio (un’azione è libera non perché sia senza causa, ma perché la causa non è estrinseca al soggetto; la felicità ha un lato materiale e un lato formale) 1756-7: lezioni di filosofia pratica in cui Kant tratta i concetti di necessità, norma, sentimento morale, libertà 1763: Osservazioni sul sentimento del bello e del sublime: (l’azione sublime è disinteressata) 1764: Indagine sulla chiarezza dei principi della teologia naturale e della morale (necessitas problematica e necessitas legalis) 1785: Fondazione della metafisica dei costumi (dovere; imperativo ipotetico e categorico; autonomia ed eteronomia; le tre formulazioni dell’imperativo categorico; la libertà trascendentale come fondamento infondabile) 1797: Metafisica dei costumi (doveri perfetti e imperfetti, verso se stessi e verso gli altri)
Lettorato sulla Critica della ragion pratica La libertà e lo statuto della filosofia pratica Libertà che eccede l’autonomia come non eteronomia delle cause efficienti Libertà come concetto positivo di cui si avverte l’esigenza ma che non si riesce a dimostrare «come la ragione pura possa essere pratica, il che sarebbe tutt’uno col compito di spiegare come la libertà sia possibile»(GMS)
Lettorato sulla Critica della ragion pratica Il tema morale nella Critica della ragion pura «La ragion pura contiene, dunque, per vero, non nel suo uso speculativo, ma in un certo suo uso pratico, ossia in quello morale, principii della possibilità dell’esperienza, cioè di azioni che, conformemente ai precetti morali, potrebbero incontrarsi nella storia degli uomini» (KrV B835)
Lettorato sulla Critica della ragion pratica «Io ammetto che realmente ci sono leggi morali pure, che determinano affatto a priori (senza riguardo a motivi empirici, cioè alla felicità) il fare e il non fare, cioè l’uso della libertà di un essere razionale in generale; e che queste leggi comandano assolutamente (non semplicemente in modo ipotetico, col presupposto di altri fini empirici), e quindi sono per ogni rispetto necessarie. Io posso presupporre questa proposizione, appellandomi non soltanto alle dimostrazioni dei più chiari moralisti, ma al giudizio morale di ogni uomo, quando egli vuol pensare chiaramente una simile legge» (KrV B835) Le leggi morali sono le condizioni di possibilità delle azioni morali
Lettorato sulla Critica della ragion pratica «La libertà pratica può essere dimostrata per esperienza. Perché non soltanto ciò che stimola, cioè che tocca immediatamente i sensi, determina l’arbitrio umano, ma noi abbiamo il potere di vincere con le rappresentazioni di ciò che è, se anche lontanamente, utile o dannoso, le impressioni esercitate sulla facoltà sensibile di desiderare: ma queste riflessioni intorno a ciò che, rispetto a tutta la nostra condizione, è desiderabile, cioè buono e utile, riposano sulla ragione. Questa ci dà dunque anche leggi, che sono imperativi, cioè leggi oggettive, della libertà, e che esprimono quello che deve accadere, sebbene forse non accada, e si distinguono in ciò dalle leggi di natura, le quali trattano solo di ciò che accade; e però si dicono anche leggi pratiche» (KrV B830)
Lettorato sulla Critica della ragion pratica Il significato del trascendentale La filosofia morale può essere trascendentale? Posta la distinzione tra conoscere e pensare, possiamo fare un uso noumenico delle categorie? Possiamo pensare i concetti soprasensibili (Dio, anima, mondo intelligibile)? Mostrare l’unità della ragione pura teoretica e pratica mediante la possibilità di pensare concetti soprasensibili dal punto di vista pratico.
Lettorato sulla Critica della ragion pratica La fede razionale come soluzione al Pantheismusstreit o Spinozasstreit Jacobi e Mendelssohn interpretano Lessing rispettivamente come uno spinozista e come un razionalista che lascia aperta la possibilità di dimostrare l’esistenza di Dio Secondo Jacobi l’esito più coerente del razionalismo (cfr. Spinoza) è l’ateismo; secondo Mendelssohn è possibile dimostrare razionalmente l’esistenza di Dio e la libertà della volontà umana
Lettorato sulla Critica della ragion pratica Mendelssohn cita implicitamente Kant, che aveva invalidato il passaggio dalla logica alla realtà nello scritto L’unico argomento possibile per la dimostrazione dell’esistenza di Dio Kant stesso interviene nella discussione con lo scritto Cosa significa orientarsi nel pensiero in cui distingue tra fede e sapere e fa riferimento alla fede razionale:
Lettorato sulla Critica della ragion pratica «La fede razionale fondata sul bisogno dell’uso della ragione dal punto di vista pratico la si potrebbe chiamare “postulato della ragione”: non come se si trattasse di un’intellezione in grado di soddisfare tutti i requisiti logici della certezza, bensì perché quest’assenso […] non è secondo per grado a nessun sapere, anche se da questo differisce totalmente per specie» (Cosa significa orientarsi nel pensiero).
Lettorato sulla Critica della ragion pratica Obiettivi e finalità della Critica della ragion pratica: - Connessione tra uso speculativo e uso pratico della ragione pratica - Tale connessione si rivela possibile grazie all’esistenza della libertà come capacità di agire moralmente sulla base di un imperativo che la ragione prescrive immediatamente alla volontà - Sulla base della definizione della legge suprema della ragione pura pratica si può elaborare una sistematica della ragione pura pratica stessa - Un anelito alla felicità percorre tuttavia l’intera opera.
Lettorato sulla Critica della ragion pratica La struttura dell’opera: L’opera ha un andamento sintetico, non analitico, a differenza della Fondazione della metafisica dei costumi Prefazione Introduzione Dottrina degli elementi della ragione pura pratica Dottrina del metodo della ragione pura pratica La Dottrina degli elementi si divide in due libri: Analitica e Dialettica A sua volta, l’analitica si divide in tre capitoli (analitica dei principi, degli oggetti, dei moventi)
Lettorato sulla Critica della ragion pratica Libro primo: concetti fondamentali e definizione del principio supremo della moralità o legge fondamentale della ragione pura pratica; finalità dell’agire morale (Gegenstand, oggetto); intento dell’agire morale (Triebfeder, movente) Analogie e differenze con la struttura della CrPura: La ragione pura conosce gli oggetti; la ragione pratica produce i suoi oggetti. Si comincia dai principi per capire quali la ragione deve usare per produrre azioni, per poi indagare a quali condizioni la ragione deve applicare tali principi. Cosa produce la ragion pratica? Le azioni. Ragione pura pratica = ragione che determina azioni in quanto pura
Lettorato sulla Critica della ragion pratica Nella prima parte dell’Analitica dei principi si possono riconoscere quattro blocchi tematici: principi, leggi e massime; distinzione tra formale e materiale; imperativo categorico e libertà; autonomia ed eteronomia; A questa parte fanno seguito la Deduzione dei principi della ragione pura pratica e il Diritto della ragion pura, nel suo uso pratico, a una estensione che non le è possibile nel suo uso speculativo. Il secondo capitolo tratta del bene e del male e ne fa parte una Tipica. Al terzo capitolo Kant fa seguire la Dilucidazione critica. Nella dialettica Kant indaga l’antinomia legata alle concezioni del sommo bene. Si sofferma inoltre sul Primato della ragion pura pratica nella sua unione con la speculativa e sui postulati della ragione pratica in generale.
Lettorato sulla Critica della ragion pratica Prefazione: i presupposti e la struttura dell’opera - Ragion pratica/ragion pura pratica: differenza tra pratico e morale - Libertà trascendentale, Dio e immortalità dell’anima (pp. 3-5) - La prima è la condizione della legge morale, le seconde sono condizioni dell’oggetto, ovvero condizioni dell’applicazione della volontà determinata moralmente all’oggetto che le è dato a priori (il sommo bene) (p. 5). - Le categorie: o sono contenute nella determinazione necessaria a priori della volontà o sono legate indissolubilmente con l’oggetto di essa (p. 9). - La realtà della libertà consente un utilizzo legittimo delle categorie: ora la ragion pratica, per se stessa e senza aver fatto un accordo colla ragione speculativa, procura la realtà a un oggetto soprasensibile della categoria della causalità, cioè alla libertà (benché, come concetto pratico, anche soltanto per l’uso pratico), e perciò conferma mediante un fatto quello che colla speculazione poteva essere semplicemente pensato (p. 9).
Lettorato sulla Critica della ragion pratica Dopo aver definito il contenuto dell’opera e averne esplicitato presupposti e obiettivi, Kant passa velocemente in rassegna la struttura e i guadagni principali di alcune parti (per esempio il capitolo secondo dell’Analitica): - Il concetto di bene non è stabilito prima del principio morale (p. 15). Dopo una digressione sul linguaggio adottato nell’opera, Kant chiarisce il rapporto fra razionale e a priori: - Conoscenza razionale e conoscenza a priori sono identiche (p. 21).
Lettorato sulla Critica della ragion pratica Introduzione Dell’idea di una critica della ragion pratica In questa brevissima introduzione Kant esplicita il significato di: - Uso pratico della ragione (p. 27); - Volontà (p. 27); Si chiede se la ragione basti per se stessa a determinare la volontà e risponde positivamente (pp. 27-29); Conia la distinzione tra uso della ragione pura come immanente e uso empiricamente condizionato della ragione come trascendente (nella sfera morale) (p. 29); Definisce analitica e dialettica (p. 29); Spiega il motivo per cui in quest’opera parte dai principi (pp. 29-31).
Lettorato sulla Critica della ragion pratica Capitolo I - Analitica dei principi § 1: principi, leggi e massime §§ 2-3: determinazione formale e materiale della volontà §§ 4-7: imperativo categorico, libertà, realtà di una ragione pura pratica § 8: autonomia della volontà-eteronomia del libero arbitrio Deduzione dei principii della ragione pura pratica Del diritto della ragione, nel suo uso pratico, a un’estensione che non le è possibile nel suo uso speculativo per sé
Lettorato sulla Critica della ragion pratica §1: principi pratici (determinazione universale della volontà) si dividono in massime (soggettive) e leggi (oggettive); queste ultime sono gli imperativi e si distinguono in ipotetici e categorici; a rigor di termini, sosterrà Kant nello scolio, solo gli imperativi categorici sono leggi pratiche, mentre gli imperativi ipotetici sono precetti dell’abilità. Oggettivo significa valido per la ragione in quanto tale, ovvero per la ragione di ogni essere razionale. Se la ragione da sola è motivo determinante della volontà, allora esistono leggi oggettive. Perché Kant definisce i principi pratici ricorrendo al termine «universale»? Perché si tratta di una regola generale che io assumo e che riguarda l’intera sfera pratica. All’interno dei principi pratici devo ritrovare quelli legati solo alla ragione che comanda immediatamente alla volontà e che sono quindi oggettivi (cfr. anche p. 39) Riepilogo: distinzione tra principi, massime e leggi.
Lettorato sulla Critica della ragion pratica §2 (teorema I): materiale e formale Materia = oggetto = empirico Principio materiale = ogni principio che presuppone un oggetto della facoltà di desiderare come motivo determinante della volontà ( p. 41). I principi materiali sono sempre soggettivi. § 3 (teorema II): principi pratici materiali e felicità corollario: facoltà di desiderare inferiore e superiore Scolio I: se anche si trattasse di un piacere intellettuale, dovremmo escluderlo in quanto estrinseco rispetto alla vita morale: il problema non è da dove deriva il piacere, ma il sentimento stesso del piacere come motivo determinante della volontà. La facoltà di desiderare superiore (p. 49) Scolio II: la felicità
Lettorato sulla Critica della ragion pratica Scolio II: la felicità come oggetto soggettivamente necessario, legge soggettivamente necessaria che connette oggetti e facoltà di desiderare (p. 51) 1) Essere felici è il desiderio di tutti 2) Ma ciascuno individua empiricamente e diversamente da ogni altro l’oggetto che lo rende felice Di conseguenza: Il principio dell’amor proprio non potrebbe esser mai spacciato da essi per una legge pratica; poiché quest’unanimità sarebbe anch’essa soltanto accidentale (p. 53) Mentre, al contrario, Le leggi pratiche […] hanno una necessità affatto soggettiva, e devono essere conosciute a priori mediante la ragione e non mediante l’esperienza (ibidem).
Lettorato sulla Critica della ragion pratica § 4, teorema III: come devono essere le leggi pratiche? (NON stiamo ancora rispondendo alla domanda se esistano leggi pratiche) cfr. p. 55 Le leggi pratiche o non esistono (esistono cioè solo motivi determinanti soggettivi) oppure sono formali, cioè è la forma a determinare il loro essere leggi pratiche La legge pratica deve essere formale Perché? Le massime devono avere la forma della legge, ovvero devono avere un movente oggettivo, universale; Poter pensare un motivo determinante formale implica la realtà pratica di esso
Lettorato sulla Critica della ragion pratica Tutto ciò che è materia è soggettivo; Se si dà una legge morale, essa è forma; Forma di una legge = determinazione di oggetti in modo universale e necessario. Scolio: esempio del deposito e test dell’universalizzabilità. §§ 5-6: implicazione reciproca di libertà e legge morale.
Lettorato sulla Critica della ragion pratica § 5: che volontà è quella a cui è sufficiente la semplice forma legislativa delle massime come motivo determinante? Risposta: una volontà libera (pp. 59-61) § 6: che tipo di legge è quella adatta a determinare la volontà libera? Risposta: la legge, per essere tale, deve essere formale (p. 61). Il motivo determinante della volontà libera è la forma legislativa.
Lettorato sulla Critica della ragion pratica Scolio: corrispondenza reciproca tra libertà e legge pratica incondizionata. Da dove comincia la nostra conoscenza dell’incondizionato pratico? Dalla legge morale Devi dunque puoi: esempio conclusivo dello scolio (egli giudica dunque di poter fare qualche cosa, perché è conscio di doverlo fare). La legge morale è più forte di qualunque inclinazione.
Lettorato sulla Critica della ragion pratica Nel § 7, dopo aver chiarito la differenza tra materiale e formale, specificata la natura della felicità, spiegato il rapporto tra legge morale e libertà, Kant giunge all’enunciazione della legge fondamentale della ragione pura pratica: Opera in modo che la massima della tua volontà possa sempre valere in ogni tempo come principio di una legislazione universale (p. 65) Nello scolio successivo Kant fa riferimento al fatto della ragione come coscienza della legge fondamentale (p. 67)
Lettorato sulla Critica della ragion pratica Corollario: La ragione pura è per sé sola pratica (p. 67) La ragione pura è pratica nel senso che determina la volontà mediante la legge morale Scolio: perché abbiamo bisogno di una legge morale? Perché non siamo infiniti (pp. 69- 71)
Lettorato sulla Critica della ragion pratica § 8 – teorema IV: differenza tra autonomia della volontà ed eteronomia del libero arbritrio; libertà in senso negativo e positivo. Al teorema IV seguono due scolii. Il primo è molto breve e ribadisce che la materia non può costituire il motivo determinante della felicità (p. 73); il secondo scolio è molto ampio. Kant vi riprende il tema della felicità come amor proprio.
Lettorato sulla Critica della ragion pratica Inoltre, Kant nel secondo scolio passa in rassegna le filosofie pratiche precedenti e ne smaschera puntualmente la materialità. Prima di sintetizzare tutti i motivi determinanti pratici materiali sulla cui base opera la classificazione delle filosofie precedenti, Kant ribadisce che non si può comandare la felicità (p. 81) e che i sentimenti non possono essere motivi determinanti della legge morale, pur ammettendo che seguire la legge morale può produrre una certa contentezza di sé (p. 85)
Lettorato sulla Critica della ragion pratica Kant riassume nella tabella a p. 87 tutti i motivi determinanti pratici materiali che ha analizzato e conclude lo scolio II a p. 89, mostrando ancora una volta come l’unico motivo determinante possibile della legge morale debba essere formale e, quindi, universale. Concludono l’Analitica dei principi due paragrafi:
Lettorato sulla Critica della ragion pratica I. Della deduzione dei principi della ragione pura pratica Deduzione = giustificazione di un diritto = giustificazione del valore oggettivo e universale del principio Nel paragrafo Kant riassume il che cosa e il come dell’Analitica dei principi (p. 91), torna sul fatto della ragione (p. 101), sull’uso trascendente e immanente della ragione (p. 103), fa riferimento al primato della ragion pura pratica sulla speculativa (p. 105)
Lettorato sulla Critica della ragion pratica II. Del diritto della ragion pura, nell’uso pratico, a una estensione che non le è possibile nell’uso speculativo per sé Qui Kant indaga la possibilità di pensare una causalità libera. Dopo un interessantissimo excursus sulla critica humeana al concetto di causalità e sulla risposta elaborata da Kant stesso nella Crpura, si trovano una definizione di causalità libera (p. 119) e torna sulle idee di oggetti soprasensibili (p. 123).
Lettorato sulla Critica della ragion pratica Il secondo capitolo dell’Analitica: Del concetto di un oggetto della ragion pura pratica Come si può concepire un oggetto della ragione pratica? Concetto = rappresentazione di un oggetto come effetto possibile mediante libertà Relazione tra la volontà e l’azione: come faccio a riconoscere quali sono gli oggetti della ragione pura pratica? Se l’oggetto è il motivo determinante, allora il mio è un potere fisico di fare o non fare Se la legge a priori è il motivo determinante, allora in questione è la possibilità morale dell’oggetto (mi è lecito volere un’azione diretta all’esistenza dell’oggetto?) La possibilità morale precede la possibilità fisica Oggetti della ragione pratica sono soltanto il bene e il male, che non risiedono nel risultato, ma nell’intenzione
Lettorato sulla Critica della ragion pratica Qual è il rapporto tra legge morale e concetto di bene? Quale dei due precede l’altro? Il bene non è né può essere fondamento della legge morale (p. 127) La distinzione tra Gute e Wohl e tra Uebel e Böse (pp. 129-131) La bontà dell’azione è la conformità alla legge stessa e la volontà la cui massima è sempre conforme a questa legge è assolutamente buona (p. 135) Per tale ragione Kant può riprendere quanto enunciato a p. 127 (la determinazione del bene viene dopo la legge, non prima) e riassumerlo a p. 137.
Lettorato sulla Critica della ragion pratica Bene e male sono conseguenze della determinazione a priori della volontà Esse presuppongono dunque un principio puro pratico, cioè una causalità Gli oggetti della ragione pratica, a differenza dei fenomeni, sono tutti raggruppabili sotto una sola categoria, sono tutti modi di una sola categoria, quella della causalità, poiché è la libertà a produrre oggetti Di nuovo la domanda è come, non che cosa
Lettorato sulla Critica della ragion pratica L’azione buona è l’azione della ragione pura pratica, ovvero l’azione della ragione libera dall’empirico e dagli impulsi Ogni azione libera, tuttavia, è anche un evento nel mondo e come tale la possiamo categorizzare, non per unificare il molteplice sensibile sotto un’unica intuizione, ma per mostrare come il molteplice dei desideri possa trovare una sua unificazione nella ragione pratica (pp. 141-143)
Lettorato sulla Critica della ragion pratica La tavola delle categorie della libertà procede dal bene-male personali (wohl e uebel) al bene-male riferiti all’azione (gute e böse); il che significa che si passa dal pratico al puro pratico (pp. 143-145) Conclude il capitolo una breve Tipica del giudizio puro pratico che risponde alla domanda se un’azione sia conforme alla regola stabilita oppure no (p. 147)
Lettorato sulla Critica della ragion pratica Dopo aver ribadito che, a differenza di quanto accade per la ragione teoretica, non possiamo stabilire il che cosa, ma solo il come, e che quindi dobbiamo concentrarci sulla forma della legge, Kant riprende il test dell’universalizzabilità. Egli sostiene quindi che per capire se un’azione vada compiuta o meno è necessario chiedersi se possa valere per tutti (addirittura come legge della natura) (p. 151) Le inclinazioni degradano l’umanità se innalzate a principio supremo della moralità (p. 155)
Lettorato sulla Critica della ragion pratica Il terzo capitolo dell’Analitica è dedicato ai moventi della ragione pura pratica Movente = ciò che muove, guida, indirizza l’intenzione morale Differenza tra movente e motivo determinante: soggettivo e oggettivo; relazione analoga a quella che intercorre tra massima e legge
Lettorato sulla Critica della ragion pratica Il capitolo si apre con la differenza tra legalità e moralità (p. 157), che si esplica proprio a partire dalla diversità dei moventi Alla luce di tale distinzione e dell’esplicitazione del tema del capitolo, Kant si chiede in che modo la legge morale può diventare movente La legge morale non solo prescinde dalle inclinazioni e le esclude, ma le danneggia
Lettorato sulla Critica della ragion pratica Soddisfare le proprie inclinazioni significa cedere all’egoismo, che può essere di due tipi: benevolenza verso se stessi; compiacenza verso se stessi (cfr. Rousseau, amor proprio e amore di sé). Alla prima la ragione pura pratica reca semplicemente danno, mentre abbatte completamente la seconda. Indebolendo la presunzione, la legge morale è oggetto di rispetto, un sentimento non di origine empirica e conosciuto a priori (p. 161)
Lettorato sulla Critica della ragion pratica Il sentimento del rispetto di noi stessi scaturito dal rispetto della legge morale che abbatte la nostra presunzione è un sentimento sui generis: la nostra sensibilità è la condizione, ma la sua causa è la ragione pura pratica. Il ragionamento di Kant a tal proposito si trova alle pp. 163-167 Questo sentimento (col nome di sentimento morale) è dunque prodotto soltanto dalla ragione (p. 167)
Lettorato sulla Critica della ragion pratica Il rispetto della legge è un sentimento prodotto dalla ragione Scoprire in me la legge morale comporta il suo rispetto, che ne è quindi un effetto indiretto. Com’è possibile? Ma siccome la stessa legge oggettivamente, cioè nella rappresentazione della ragion pura, è un motivo determinante immediato della volontà, e perciò quest’umiliazione avviene solo relativamente alla purezza della legge, così l’abbassamento delle pretese della stima morale di sé, cioè l’umiliazione dal lato sensibile, è un’elevazione della stima morale, cioè pratica, della legge stessa dal lato intellettuale:
Lettorato sulla Critica della ragion pratica In una parola, è il rispetto alla legge, e quindi anche un sentimento positivo, quanto alla sua causa intellettuale, il quale vien conosciuto a priori. Poiché ogni diminuzione degli ostacoli di un’attività è un’agevolazione di quest’attività stessa. Ma il riconoscimento della legge morale è la coscienza di un’attività della ragion pratica per principi oggettivi, che non manifesta il suo effetto in azioni semplicemente perché cause soggettive (patologiche) lo impediscono. Dunque il rispetto alla legge deve esser considerato anche come un effetto positivo, ma indiretto, di essa sul sentimento, in quanto indebolisce l’influsso contrario delle inclinazioni mediante l’umiliazione della presunzione, e quindi come principio soggettivo dell’attività, cioè come movente all’osservanza di questa legge, e come principio di massime di un modo di vivere ad essa conforme (p. 173)
Lettorato sulla Critica della ragion pratica Prima di passare alla Dilucidazione critica, Kant chiarisce ulteriormente l’influenza del sentimento del rispetto nella scelta morale. In primo luogo, egli sottolinea che il rispetto è capace di produrre un interesse all’osservanza della legge, che possiamo chiamare interesse morale (p. 175); In secondo luogo, tramite il rispetto si può ripristinare anche una certa approvazione di sé precedentemente esclusa (p. 177); In terzo luogo, il dovere richiede nell’azione oggettivamente l’accordo con la legge, soggettivamente il rispetto di essa (ibidem). Torna così la differenza tra “conforme al dovere” e “per il dovere”.
Lettorato sulla Critica della ragion pratica Dopo aver ribadito tale distinzione, l’attenzione di Kant torna sul concetto di dovere: La legge morale è per la volontà di un essere perfettissimo una legge della santità, ma per la volontà di ogni essere finito razionale è una legge del dovere, del costringimento morale e della determinazione delle azioni di essa mediante il rispetto a questa legge e per ossequio al dovere (p. 179) Noi siamo membri di un regno dei costumi di cui tuttavia siamo sudditi; il comandamento dell’amore e l’amore pratico (p. 181) La nostra virtù è intenzione morale in lotta (p. 185) Affondo contro il fanatismo morale (chi crede di non aver bisogno di una disciplina) (p. 187)
Lettorato sulla Critica della ragion pratica Chiudono il capitolo prima della Dilucidazione un elogio del dovere (p. 189), una definizione di libertà come facoltà di essere soggetti a leggi speciali (ibidem), una ripresa del tema del regno dei fini in connessione con i concetti di umanità santa, di personalità e del rispetto (p. 191), una sintesi che chiarisce definitivamente la connessione tra la ricerca del movente e il tema della sublimità della nostra esistenza soprasensibile (p. 193).
Lettorato sulla Critica della ragion pratica Dilucidazione critica dell’Analitica della ragion pura pratica Nella Dilucidazione Kant sviluppa quattro temi: 1) Torna sulla differenza tra conoscere e produrre, tra pura e pura pratica (da p. 195 a p. 201); 2) Affronta nuovamente il tema della felicità (da p. 201 a p. 205); 3) Enuclea il tema della libertà in connessione con il tema del tempo e con il concetto di Dio; 4) Torna sul rapporto tra categorie e libertà.
Lettorato sulla Critica della ragion pratica 1) La felicità non può essere esclusa dal discorso morale. La questione della felicità deve essere sviluppata in stretta connessione con il tema della legge morale: Ma questa differenza del principio della felicità da quello della moralità non è perciò addirittura un’opposizione, e la ragion pura pratica non vuole che si rinunzi alle pretese della felicità ma soltanto che, appena si tratta del dovere, non si abbia in nulla riguardo alla felicità (p. 203)
Lettorato sulla Critica della ragion pratica 2) Non potendo spiegare la natura della conoscenza a priori del principio supremo della moralità, potremmo forse riflettere sulla natura della libertà e chiederci in che senso essa è conoscibile. A questo punto si apre la trattazione del tema della libertà o della sua conoscibilità. Se essa fosse conoscibile in senso fenomenico, essa sarebbe necessaria.
Lettorato sulla Critica della ragion pratica Se voglio attribuire la libertà a un essere la cui esistenza è calata nel tempo, non posso ricavare la libertà stessa dalla necessità naturale degli eventi. Tuttavia, la causalità delle cose è nel tempo. Per salvare la libertà, bisogna distinguere tra necessità naturale propria del soggetto come fenomeno e libertà propria del soggetto come cosa in sé (p. 209). Tale distinzione è tanto inevitabile, quanto densa di difficoltà.
Lettorato sulla Critica della ragion pratica Come risolvere tali difficoltà? In altre parole, come togliere l’apparente contraddizione fra meccanismo naturale e libertà in una sola e medesima azione? La soluzione si trova nell’idealità del tempo come determinazione del soggetto agente in quanto fenomeno. Ma lo stesso soggetto, che d’altronde è anche conscio di sé come cosa in sé, considera anche la sua esistenza, in quanto essa non sta sotto le condizioni del tempo, e considera se stesso soltanto come determinabile secondo le leggi che si dà mediante la ragione stessa […] l’intera successione della sua esistenza come essere sensibile non è da riguardare nella coscienza della sua esistenza intelligibile se non come conseguenza (p. 213)
Lettorato sulla Critica della ragion pratica Noi non siamo capaci di un altro sguardo(p. 217) Ovvero, noi non possiamo intuire la spontaneità del soggetto né la libertà, ma c’è la legge morale. Un conto è l’esistenza determinabile nel tempo e nello spazio, un conto è l’esistenza delle cose in sé. Essendo il tempo ideale, essendo cioè forma dell’intuizione sensibile, esso è il modo di rappresentazione del soggetto in quanto appartenente al mondo sensibile e non contraddice l’idea della libertà del soggetto come cosa in sé (p. 219). Tali aspetti debbono soltanto essere uniti e collegati tra loro.
Lettorato sulla Critica della ragion pratica Chi crede all’esistenza del tempo come determinazione delle cose in sé non può salvare la libertà umana. Tra costoro Kant annovera Mendelssohn, che considera Dio fuori dal tempo ma creatore del tempo e causa di esso come determinazione delle cose in sé (p. 221). Se Dio è causa fisica, noi non siamo liberi. Se tempo e spazio appartengono a Dio, l’unica filosofia coerente è lo spinozismo; se non gli appartengono, devo ammettere che Dio non è causa fisica, ma noumenica, ovvero delle cose in sé, non dei fenomeni. La creazione non è principio determinante dei fenomeni, ma dei noumeni, in cui non c’è la dimensione del tempo (pp. 223-225). Gli esseri del mondo non esistono nel tempo come cose in sé. La sfera pratica è essenziale perché nell’esperienza di date azioni come eventi nel mondo noi non potevamo sperare di trovare questa connessione, perché la causalità mediante la libertà deve essere sempre cercata fuori del mondo sensibile, nell’intelligibile (p. 229).
Lettorato sulla Critica della ragion pratica La Dialettica della ragion pura pratica si struttura in due capitoli: - Di una dialettica della ragion pura pratica in generale; - Di una dialettica della ragion pura nella determinazione del concetto del sommo bene. - Nel primo capitolo Kant chiarisce il motivo per cui anche nella CRPratica è necessaria una dialettica: anche dal punto di vista pratico la ragione aspira alla totalità e all’unificazione. In tal caso si tratta di trovare una connessione tra virtù e bene, chiarendo la natura di tale bene; in quanto correlato oggettivo del nostro agire morale, il bene deve essere all’altezza del nostro essere noumenici.
Lettorato sulla Critica della ragion pratica Nel secondo capitolo della dialettica, Kant compie le seguenti operazioni: - Chiarisce il concetto di sommo bene come unione di bene supremo e bene perfetto; - Si interroga sul legame tra i due: tale legame può essere analitico o sintetico. Il primo caso viene escluso perché si tratterebbe di un’identità, che non si dà per noi esseri razionali finiti; - Kant esamina quindi la possibilità che tale legame sia sintetico e lo fa istruendo un’antinomia, per la quale propone due soluzioni; - L’autore si rende conto che la prima soluzione non è del tutto soddisfacente, per cui è necessario ammettere due postulati: immortalità dell’anima ed esistenza di Dio; - Negli ultimi paragrafi Kant ribadisce la necessità di un’estensione pratica della ragione pura. Le idee della ragione da regolative diventano immanenti e costitutive.
Lettorato sulla Critica della ragion pratica Il nucleo fondante del secondo capitolo consiste nella definizione del sommo bene, nell’enunciazione dell’antinomia e nelle sue soluzioni, delle quali la seconda conduce a postulare immortalità dell’anima ed esistenza di Dio. Definizione di sommo bene: unione di bene supremo (virtù) e bene perfetto (felicità); Tale legame non può essere analitico, come invece credevano epicurei e stoici. Tuttavia, il fatto che il legame sia sintetico conduce a un’antinomia. L’antinomia è enunciata nel modo seguente: O il desiderio della felicità dev’esser la causa movente per la massima della virtù, o la massima della virtù dev’essere la causa efficiente della felicità. Il primo caso è assolutamente impossibile […] Ma il secondo caso è anche impossibile, perché nel mondo ogni connessione pratica delle cause e degli effetti, come conseguenza della determinazione della volontà, non si conforma alle intenzioni morali della volontà, ma alla cognizione delle leggi naturali e al potere fisico di usarle per i propri fini, e quindi nel mondo non si può attendere nessuna connessione necessaria e sufficiente pel sommo bene, della felicità con la virtù, mediante l’osservanza esattissima della legge morale (pp. 249-251).
Lettorato sulla Critica della ragion pratica La prima soluzione dell’antinomia proposta da Kant chiama in causa due idee: 1) La contentezza di sé derivante dalla coscienza della possibilità di agire indipendentemente dalle inclinazioni (p. 259); 2) Un sentimento analogo al bastare a se stessi, che si può attribuire solo all’essere supremo (p. 261). La determinazione del sommo bene come legame del condizionato con la sua condizione appartiene interamente alla relazione soprasensibile delle cose, e non può punto essere data secondo leggi del mondo sensibile (p. 263). Occorre dunque ancora cercare tale connessione, interamente soprasensibile, facendo ricorso all’interesse della ragione ad agire moralmente e all’idea di sommo bene come conseguibile in un mondo capace di oltrepassare i vincoli della sensibilità.
Lettorato sulla Critica della ragion pratica Si rivela quindi necessario postulare: 1) l’immortalità dell’anima come progresso all’infinito verso la santità, una condizione in cui virtù e felicità giungano a unificarsi; 2) l’esistenza di Dio: La legge morale ha condotto nell’analisi precedente al problema pratico che, senz’alcun intervento di moventi morali, viene prescritto semplicemente mediante la ragion pura, cioè alla completezza necessaria della parte prima e principale del sommo bene, la MORALITÀ; e, poiché questo problema non può essere risolto completamente se non in un’eternità, al postulato dell’IMMORTALITÀ. Questa legge deve anche condurre alla possibilità del secondo elemento del sommo bene, cioè alla FELICITÀ proporzionata a quella moralità, con tanto disinteresse come prima, per semplice e imparziale ragione, vale a dire alla supposizione dell’esistenza di una causa adeguata a questo effetto; cioè deve postulare l’esistenza di Dio, come appartenente necessariamente alla possibilità del sommo bene (il quale oggetto della volontà è legato necessariamente con la legislazione morale della ragion pura (p. 273). Ammettere l’esistenza di Dio è una necessità soggettiva
Lettorato sulla Critica della ragion pratica Nelle pagine successive Kant rilegge il Cristianesimo in continuità con la legge dell’autonomia della ragione pura pratica. La felicità è possibile a patto che l’uomo se ne renda degno e a patto che si ammetta l’esistenza di Dio come autore saggio (p. 289). Dal punto di vista della ragione pura pratica, le idee diventano immanenti e costitutive, senza la pretesa di essere conoscitivamente necessarie (pp. 297-299). Che cos’è la fede della ragion pura pratica (p 319).
Lettorato sulla Critica della ragion pratica La dottrina del metodo della ragion pura pratica (p. 327 e p. 345). Il valore dell’esempio e dell’esercizio. La conclusione (p. 353).
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