LE TENDENZE DI MEDIO-LUNGO PERIODO DEL SISTEMA PENSIONISTICO ITALIANO - previsioni elaborate con il modello della RGS aggiornato al 2000

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MINISTERO DEL TESORO, DEL BILANCIO E DELLA PROGRAMMAZIONE ECONOMICA

               Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato

  LE TENDENZE DI MEDIO-LUNGO PERIODO DEL
       SISTEMA PENSIONISTICO ITALIANO
previsioni elaborate con il modello della RGS aggiornato al 2000
MINISTERO DEL TESORO, DEL BILANCIO E DELLA PROGRAMMAZIONE ECONOMICA

            DIPARTIMENTO DELLA RAGIONERIA GENERALE DELLO STATO

                    Ispettorato Generale per la Spesa Sociale

LE TENDENZE DI MEDIO-LUNGO PERIODO DEL SISTEMA PENSIONISTICO ITALIANO:
 LE PREVISIONI ELABORATE CON IL MODELLO DELLA RGS AGGIORNATO AL 2000

            TEMI DI FINANZA PUBBLICA E PROTEZIONE SOCIALE

                      Quaderno n.2 – novembre 2000

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Le tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico italiano:
  le previsioni elaborate con il modello della RGS aggiornato al 2000

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1. Premessa ....................................................................................................................................... 5
2. L’aggiornamento del modello ....................................................................................................... 5
3. I risultati........................................................................................................................................ 9
4. Le previsioni elaborate nell’ambito dell’EPC-WGA .................................................................. 15
    4.1. Gli obiettivi del progetto ..................................................................................................... 15
    4.2. Confronto fra lo scenario base dell’EPC-WGA e lo scenario RGS..................................... 15
    4.3. Confronto fra lo scenario base dell’EPC-WGA e lo scenario “Lisbona” ............................ 19
Appendice A: gli scenari di previsione ........................................................................................... 23
    A1. La coerenza interna degli scenari di previsione................................................................... 23
    A2. Ipotesi macroeconomiche e dinamiche demografiche ......................................................... 26
Appendice B: la definizione della spesa pensionistica pubblica ..................................................... 32
Bibliografia ..................................................................................................................................... 36

                                                                Roma, novembre 2000

                                                                                     3
Prefazione

      Il presente documento illustra e mette a confronto alcune previsioni del sistema
pensionistico italiano elaborate nel mese di maggio 2000 con il modello della
Ragioneria Generale dello Stato aggiornato al 2000. Si tratta, in particolare, delle
proiezioni basate sugli scenari demoeconomici nazionali incluse in un’apposita box del
DPEF 2001-2004 nonché quelle elaborate, più o meno nello stesso periodo, nell’ambito
del progetto di ricerca sugli effetti dell’invecchiamento demografico promosso dal
Comitato di Politica Economica dell’Ecofin, i cui risultati sono stati pubblicati nel mese
di novembre.
      Il livello di aggiornamento include i dati consolidati di spesa per il 1998, da cui
prende avvio la previsione, ed il quadro normativo-istituzionale vigente nel periodo di
elaborazione del DPEF 2001-2004. Non tiene, quindi, conto del riaccertamento del dato
di consuntivo della spesa pensionistica per il 1999 reso disponibile successivamente
all’approvazione del predetto documento né dell’aggiornamento delle previsioni per
l’anno 2000. Non tiene, altresì, conto delle modifiche normative previste nella legge
finanziaria per il 2001.

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Le tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico italiano:
                       le previsioni aggiornate al 2000

1. Premessa
       Nel presente lavoro verranno illustrati i risultati delle previsioni del sistema
pensionistico obbligatorio effettuate con il modello della Ragioneria Generale dello
Stato (RGS) aggiornato al 2000. Rispetto alla versione precedente (Ministero del
Tesoro-RGS, 1999) le modifiche apportate sono state numerose ed hanno riguardato, in
vario modo, i dati di base da cui prende avvio la previsione, l’ampliamento dei fondi
gestiti analiticamente, l’implementazione di nuove funzioni di calcolo e la revisione di
alcune basi tecniche. Nel paragrafo 2 verranno analizzati in dettaglio i contenuti delle
operazioni di aggiornamento del modello e l’indicazione di alcune lievi correzioni
apportate alla specificazione delle variabili di scenario.
      Il paragrafo successivo sarà dedicato all’analisi dei risultati della previsione basata
sullo scenario RGS ed al confronto con una previsione alternativa che sconta, per il
breve periodo, gli effetti degli andamenti programmatici della produttività e delle
variabili del mercato del lavoro assunti nel DPEF 2001-2004. Le due previsioni sono
state già presentate ed illustrate brevemente nella box “Scenari sull’evoluzione della
spesa pensionistica” inclusa nel documento sopra citato.
       L’ultimo paragrafo verrà utilizzato per illustrare le previsioni del sistema
pensionistico italiano elaborate con il modello di previsione della RGS sulla base degli
scenari demografici e macroeconomici definiti nell’ambito dell’EPC-WGA (Economic
Policy Committee - Working Group on Ageing). Poiché tali previsioni differiscono da
quelle della RGS solo per le ipotesi di scenario, particolare attenzione verrà dedicata alla
illustrazione del quadro macroeconomico e demografico sottostante ciascuna di esse.
      Inoltre, per meglio comprendere la logica che sottintende la formulazione delle
ipotesi contenute nello scenario RGS, la prima parte dell’appendice (appendice A) sarà
interamente dedicata all’illustrazione dei criteri generali seguiti nell’operazione. In tale
ambito, l’interesse sarà principalmente rivolto al problema della coerenza interna fra le
ipotesi demografiche e macroeconomiche in una prospettiva di medio-lungo periodo.
      La seconda parte dell’appendice (appendice B) tenterà di fornire un contributo di
chiarezza in merito alle diverse definizioni della spesa pensionistica italiana attualmente
disponibili. In particolare, verrà offerta una descrizione della definizione adottata nel
modello di previsione della RGS e verranno messe in luce le differenze rispetto alle altre
definizioni diversamente utilizzate.

2. L’aggiornamento del modello
      Relativamente agli aspetti più squisitamente tecnici, l’aggiornamento ha
riguardato, in primo luogo, la realizzazione e l’integrazione nel modello generale di un
sottomodello specifico relativo al comparto dei militari e delle forze di polizia così
come già era stato fatto in precedenza per altri sette comparti (FPLD e le tre gestioni dei
lavoratori autonomi, nell’ambito del settore privato, gli Ex Istituti di Previdenza, la
Scuola, i Ministeri e l’Università, nell’ambito del settore pubblico). Ciò ha elevato
dall’85% al 90% la porzione della spesa pensionistica gestita con modelli specifici,

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altamente analitici, in grado di riprodurre accuratamente le caratteristiche peculiari del
quadro normativo-istituzionale del sistema pensionistico italiano. La parte restante del
sistema (Gestioni Speciali presso l’INPS, l’INPGI, l’ENPALS, l’INPDAI, Ferrovie dello
Stato, Poste e Telecomunicazioni, Casse dei Liberi Professionisti) è trattata in forma
residuale con un maggiore livello di aggregazione. Relativamente a tale componente,
modelli specifici verranno predisposti in occasione dei prossimi aggiornamenti.
     Inoltre, al fine di consentire l’applicazione di probabilità di morte specifiche per i
pensionati di inabilità, le probabilità attribuite alla restante parte degli iscritti al sistema
sono state determinate in modo tale da non alterare le probabilità di morte della
popolazione generale adottate nell’ambito del quadro demografico.
      Per quanto riguarda le ipotesi di scenario, la nuova previsione della RGS ottenuta
con il modello aggiornato (da ora in avanti “scenario RGS”) conferma le ipotesi
demografiche dello scenario centrale Istat ed un quadro macroeconomico
sostanzialmente in linea con quello impiegato nella precedente elaborazione (Ministero
del Tesoro-RGS, 1999). In particolare, la dinamica endogena del PIL risulta confermata
poco al di sotto dell’1,5% medio annuo nell’intero periodo di previsione. Per il periodo
2001-2004, coerentemente con la scelta già operata nella previsione ’99, il tasso di
crescita del PIL è stato assunto pari al 2% annuo in linea con l’andamento medio degli
ultimi 20 anni.
      La ragione che ha spinto ad utilizzare una dinamica del PIL significativamente
inferiore a quella indicata nel DPEF 2001-2004 risponde alla necessità di adottare
ipotesi di scenario che colgano gli andamenti strutturali delle variabili
macroeconomiche in tutto il periodo di previsione. Infatti, l’adozione di dinamiche
congiunturali, seppure limitatamente ai primi anni, produce un’alterazione degli
equilibri di lungo periodo del sistema pensionistico in assenza di qualsiasi modifica dei
parametri strutturali del modello (parametri demografici, tassi di attività e di
disoccupazione, produttività, quadro normativo istituzionale, propensioni al
pensionamento ecc.). Al fine di evidenziare la rilevanza della scelta, si è proceduto ad
elaborare una seconda previsione coerente con gli andamenti programmatici di crescita
economica indicati nel DPEF per il quadriennio 2001-2004.
      Per quanto concerne le ipotesi relative alle variabili del mercato del lavoro, pur
confermando un tasso di variazione medio degli occupati sostanzialmente in linea con
quello della previsione ’99, sono stati apportati alcuni correttivi finalizzati a migliorare
la coerenza interna degli scenari di previsione. In particolare, confermando il criterio
generale secondo il quale, in assenza di specifiche politiche del lavoro, miglioramenti
nei tassi di occupazione possono realizzarsi solo in concomitanza con il calo della
popolazione attiva, è stata potenziata la correlazione fra le ipotesi occupazionali e le
dinamiche demografiche. Ciò ha comportato:
•=l’applicazione di una maggiore gradualità nell’elevamento generazionale del tasso di
  partecipazione femminile (l’incremento si applica a decorrere dal 2010 anziché dal
  2015);
•=una maggiore corrispondenza fra la riduzione annua del tasso di disoccupazione ed il
  calo della popolazione attiva;

                                                  6
•=una leggera revisione al rialzo del tasso di partecipazione femminile nella fascia di età
  30-50 che adesso aumenta di circa 21 punti percentuali passando dal 57% dell’inizio
  del periodo di previsione al 78% del 2050 (l’incremento era di 17 punti percentuali
  nella previsione ’99). Contestualmente, è stata limitata la riduzione del tasso medio di
  disoccupazione al 4,5% nel 2050 contro il 4% della previsione ’99.
       Inoltre, pur mantenendo invariata la dinamica dell’occupazione complessiva, sono
state apportate alcune modifiche alla ripartizione settoriale degli assicurati nei differenti
comparti del sistema pensionistico. Rispetto alle precedenti previsioni, tali modifiche
hanno prodotto un travaso significativo di ingressi in assicurazione dal settore pubblico
al settore privato nel medio-lungo periodo. Ciò, ovviamente, ha comportato un
corrispondente travaso nello stock di pensioni alla fine del periodo di previsione. Gli
effetti sulla spesa pensionistica complessiva non sono significativi in quanto,
nell’ambito del lavoro dipendente, i nuovi ingressi sono assoggettati allo stesso regime
contributivo.
      L’interazione fra l’evoluzione dei tassi di attività e la ricomposizione per età e
sesso della popolazione implicano, nello scenario demografico con dinamica centrale,
un aumento del tasso di attività (calcolato nella fascia di età 15-64 anni) dal 58,6% del
1998 al 68,7% del 2050. A tale incremento contribuiscono entrambi i sessi, seppure in
misura differenziata. Il contributo delle femmine è decisamente più rilevante: nel
periodo 1998-2050 il tasso di attività aumenta di 17 punti percentuali contro i 3 punti
dei maschi.1 L’interazione del livello e della struttura dei tassi di disoccupazione con la
ricomposizione per età e sesso delle forze di lavoro determina un tasso medio di
disoccupazione che passa dal 11,9% del 1998 al 4,5% del 2050 (7,5% medio nel periodo
di previsione). Separatamente per sesso, la riduzione è di 5,9 punti (da 9,2 a 3,3) per i
maschi e di 10,3 punti (da 16,4 a 6,1) per le donne. Al fine di evidenziare l’effetto delle
ipotesi di scenario relative al mercato del lavoro (aumento del tasso di partecipazione
femminile nelle fasce di età centrali e riduzione del livello dei tassi disoccupazione), la
fig. 1a mette a confronto il tasso di crescita del numero di occupati in presenza e in
assenza dell’adozione delle suddette ipotesi.
      Analogamente, sono state confermate le ipotesi sulla produttività media per
occupato che si attesta attorno all’1,8% medio nell’intero periodo di previsione anche se
è stato leggermente modificato il profilo temporale. Come emerge dalla fig. 1b, il 2% è
stato assunto a decorrere dal 2025 anziché 2021. Tale percentuale viene raggiunta con
gradualità a partire dall’1,4% del 2004.

1
  L’evoluzione dei tassi di attività è stata determinata in funzione dei seguenti tre fattori di variazione: l’elevamento dei requisiti
minimi per il pensionamento, l’evoluzione dei tassi di scolarità e la maggiore propensione delle giovani generazioni di donne ad
entrare stabilmente nel mercato del lavoro. Il calcolo è stato effettuato, distintamente per età e sesso, sottraendo dal totale della
popolazione residente la quota titolare di pensione diretta non supplementare (al netto della componente, fra l’altro abbastanza
esigua, dei “pensionati contribuenti”), la quota impegnata nel sistema scolastico ed universitario e quella che, a vario titolo, resta
esclusa dalle forze di lavoro. Di quest’ultima componente fanno parte i soggetti che restano permanentemente fuori dal mercato del
lavoro per ragioni psico-fisiche o familiari e coloro che, non occupati, sono comunque portatori di diritti pensionistici per il fatto di
aver precedentemente contribuito al sistema (i cosiddetti “silenti”). Tale componente è risultata, in passato, particolarmente
rilevante in campo femminile e si spiega con la scelta, compiuta da una parte delle donne lavoratrici, di restare fuori dal mercato del
lavoro o di uscirne, definitivamente o temporaneamente, dopo la nascita del primo figlio.

                                                                        7
Fig. 1: tassi di variazione delle pricipali variabili maroeconomiche -
      differenti ipotesi di evoluzione dei tassi di occupazione

Fig. 1a: tasso di variazione dell'occupazione

   2,0%

   1,5%

   1,0%

   0,5%

   0,0%

  -0,5%

  -1,0%

  -1,5%

  -2,0%
       1995 2000 2005 2010 2015 2020 2025 2030 2035 2040 2045 2050

Fig. 1b: tasso di variazione reale della produttività

  4,0%

  3,5%

  3,0%

  2,5%

  2,0%

  1,5%

  1,0%

  0,5%

  0,0%
      1995 2000 2005 2010 2015 2020 2025 2030 2035 2040 2045 2050

Fig. 1c: tasso di variazione reale del Pil

  4,0%

  3,5%

  3,0%

  2,5%

  2,0%

  1,5%

  1,0%

  0,5%

  0,0%
      1995 2000 2005 2010 2015 2020 2025 2030 2035 2040 2045 2050

             Tassi di occupazione crescenti                    Tassi di occupazione costanti (1)

(1) Fatta eccezione per le variazioni endogene indotte dalla modificazione dei requisiti di accesso al
pensionamento e dalla ricomposizione per età e sesso della popolazione attiva

                                                                          8
Infine, la fig. 1c evidenzia il tasso di crescita del PIL reale che scaturisce dalla
combinazione delle ipotesi sopra elencate. Come si evince dal grafico, il tasso di
sviluppo risulta superiore a quello medio nei primi 10/12 anni del periodo di previsione,
si colloca significativamente al di sotto nella parte centrale dove raggiunge un minimo
di circa l’1% nel decennio 2030-2040 per poi convergere verso il valore medio.

3. I risultati
       La fig. 2a illustra la previsione aggiornata al 2000 del rapporto fra la spesa
pensionistica pubblica (comprensiva delle pensioni sociali) ed il PIL sulla base dello
scenario macroeconomico di lungo periodo elaborato dalla RGS (‘scenario RGS’). La
curva presenta una crescita rapida nel primo terzo del periodo di previsione durante il
quale si registra un incremento di 1,3 punti percentuali di PIL passando dal 14,1% del
1998 al 15,4% del 2015. La crescita del rapporto prosegue con una dinamica molto
meno accentuata fra il 2016 ed il 2031 dove raggiunge il suo valore massimo di 15,9%
(circa 1,7% in più rispetto ai livelli iniziali). L’ultima parte del periodo di previsione si
caratterizza per una rapida e forte decrescita che porta il valore della curva al 13,3% nel
2050. La scomposizione del rapporto fra spesa pensionistica e PIL nel prodotto fra la
componente cosiddetta “demografica” (pensioni su occupati) e quella “normativo-
istituzionale” (pensione media su produttività del lavoro) consente di analizzare meglio
le ragioni di tale andamento (figg. 2b e 2c)2.
       La forte crescita iniziale è diversamente imputabile alla componente demografica
e normativo-istituzionale a seconda del periodo di riferimento. Nei primi 5 anni di
previsione, la spesa pensionistica in percentuale del PIL cresce esclusivamente per
effetto di un aumento del rapporto fra pensione media e produttività mentre il rapporto
fra pensioni ed occupati si mantiene sostanzialmente invariato. Il primo fenomeno è
dovuto ai più bassi livelli di crescita della produttività rispetto a quelli medi del periodo
unitamente ad un’accelerazione degli importi medi di pensione conseguente
all’inasprimento dei requisiti minimi di accesso al pensionamento. La stabilizzazione
del secondo rapporto è dovuto ai significativi incrementi occupazionali assunti nel
quinquennio e al contenimento del flusso annuo di pensioni di nuova decorrenza
conseguente all’inasprimento dei requisiti minimi di cui si è detto 3.
      Nei dieci anni successivi, l’incremento del rapporto fra spesa pensionistica e PIL è
imputabile, quasi esclusivamente, ad un aumento del numero di pensioni (solo
parzialmente compensato dall’aumento del numero di occupati) in presenza di una
sostanziale invarianza del rapporto fra pensione media e produttività. Poiché le pensioni
in essere sono rivalutate ai soli prezzi, ne consegue che l’effetto rinnovo dovuto ai
differenziali di importo fra le pensioni di nuova liquidazione e le pensioni cessate
produce sull’importo medio dello stock un effetto all’incirca pari alla crescita reale della
produttività media del lavoro. Ciò dipende prevalentemente dagli alti rendimenti del
sistema retributivo che trova piena applicazione a favore di gran parte dei soggetti che

2
  In merito alla prima delle due componenti, occorre precisare che il numeratore del rapporto si riferisce al numero di pensioni e
non già al numero di pensionati che, come noto, risulta molto più contenuto.
3
  Si ricorda che, nel periodo coperto dal DPEF (2001-2004), si è assunto una dinamica del PIL reale pari al 2% in linea con la
media degli ultimi 20 anni. La scomposizione fra tasso di crescita della produttività e del numero di occupati vede attribuita alla
prima componente un tasso medio di 1,2% e alla seconda componente un tasso medio dello 0,8%.

                                                                    9
accedono al pensionamento nel periodo considerato. Nella stessa direzione operano il
calo dimensionale delle pensioni di invalidità, di importo relativamente basso, e
l’aumento della contribuzione media conseguente all’inasprimento dei requisiti minimi
per l’accesso al pensionamento. Entrambi i fenomeni producono un contributo
importante nel contrastare l’aumento del numero di prestazioni ma, indirettamente,
favoriscono una espansione dell’importo medio di pensione.
      Il rallentamento della crescita del rapporto fra spesa pensionistica e PIL nella parte
centrale del periodo di previsione, è dovuto esclusivamente ad una riduzione del
rapporto fra pensione media e produttività. Tale risultato scaturisce da una forte
contrazione del tasso di crescita della pensione media in conseguenza dell’introduzione
graduale del sistema contributivo. In questi anni, infatti, trovano accesso al
pensionamento, in misura prevalente, gli assicurati assoggettati al regime misto.
L’effetto risulta così pronunciato da contrastare efficacemente il forte aumento del
rapporto fra numero di pensioni e numero di occupati conseguente alla transizione
demografica. E’, infatti, in questo periodo che le generazioni del baby boom
oltrepassano la soglia delle età di pensionamento impoverendo la platea degli occupati
ed aumentando, corrispondentemente, quella dei pensionati. Oltre ai noti fattori
demografici, la crescita del rapporto è favorita dalla cessazione dell’effetto di
contenimento prodotto dal calo delle pensioni di invalidità e dall’inasprimento dei
requisiti di accesso al pensionamento che operavano nel periodo precedente.
       L’ultima fase del periodo di previsione vede un forte e rapido calo del rapporto fra
spesa pensionistica e PIL dovuto al passaggio graduale dal regime misto al regime
contributivo in presenza di un rallentamento, prima, e di una inversione di tendenza, poi,
del rapporto fra numero di pensioni e numero di occupati. Tale rapporto raggiunge il suo
livello massimo di circa 123% nel 2043, allorquando inizia a decrescere in conseguenza
della progressiva eliminazione per morte delle generazioni del baby boom.
       Il contenimento iniziale e la successiva la caduta del rapporto fra pensione media e
produttività è da imputare, in buona parte, all’assenza di indicizzazione reale delle
pensioni e alla revisione decennale dei coefficienti di trasformazione effettuata in
coerenza con gli andamenti della speranza di vita assunti nello scenario demografico. La
rilevanza dei due fattori normativi è evidenziata nella fig. 3 dove la previsione a
normativa vigente è posta a confronto con le seguenti due alternative: coefficienti di
trasformazione costanti e assenza di indicizzazione reale; coefficienti di trasformazione
dinamici ed indicizzazione ai prezzi (secondo la normativa vigente) più la crescita reale
del PIL a decorrere dal 2005. L’impatto è rilevante. Con la prima ipotesi, la spesa
pensionistica arriva ad impegnare, alla fine del periodo di previsione, 1 punto
percentuale di PIL in più rispetto alla previsione a normativa vigente4. Con la seconda
ipotesi, tale percentuale raggiunge i 3 punti. L’incremento della spesa si scarica, come è
ovvio, quasi interamente sul rapporto fra pensione media e produttività (fig. 3b), il quale
risulta assai più elevato specie nella seconda ipotesi normativa.

4
  La simulazione è stata effettuata nell’ipotesi di invarianza delle propensioni al pensionamento assunte nella previsione a
normativa vigente.

                                                                10
Fig. 2: Spesa pensionistica in rapporto al PIL e sua
       scomposizione - la previsione basata sullo scenario RGS

Fig. 2a: spesa in rapporto al PIL

 20%
 19%
 18%
 17%
 16%
 15%
 14%
 13%
 12%
 11%
 10%
    1995 2000 2005 2010 2015 2020 2025 2030 2035 2040 2045 2050

Fig. 2b: rapporto tra pensione media e produttività del lavoro

 18%

 16%

 14%

 12%

 10%

  8%

  6%
    1995 2000 2005 2010 2015 2020 2025 2030 2035 2040 2045 2050

Fig. 2c: rapporto tra pensioni ed occupati

 1,6
 1,5
 1,4
 1,3
 1,2
 1,1
 1,0
 0,9
 0,8
 0,7
 0,6
   1995 2000 2005 2010 2015 2020 2025 2030 2035 2040 2045 2050

                                                          11
Fig. 3: spesa pensionistica in rapporto al PIL e sua
 scomposizione - differenti ipotesi di revisione dei coefficienti di
       trasformazione e di indicizzazione delle pensioni
Fig. 3a: spesa in rapporto al PIL

 20%
 19%
 18%
 17%
 16%
 15%
 14%
 13%
 12%
 11%
 10%
    1995 2000 2005 2010 2015 2020 2025 2030 2035 2040 2045 2050

Fig. 3b: rapporto tra pensione media e produttività del lavoro

 20%

 18%

 16%

 14%

 12%

 10%

  8%

  6%
    1995 2000 2005 2010 2015 2020 2025 2030 2035 2040 2045 2050

Fig. 3c: rapporto tra pensioni ed occupati

 1,6
 1,5
 1,4
 1,3
 1,2
 1,1
 1,0
 0,9
 0,8
 0,7
 0,6
   1995 2000 2005 2010 2015 2020 2025 2030 2035 2040 2045 2050

              Coefficienti di trasformazione dinamici ed indicizzazione ai soli prezzi

              Coefficienti di trasformazione costanti ed indicizzazione ai soli prezzi

              Coefficienti di trasformazione dinamici ed indicizzazione ai prezzi più la
              dinamica reale del PIL dal 2005

                                                               12
La fig. 4 mette a confronto la previsione basata sullo scenario RGS (curva
continua) con una previsione alternativa ottenuta recependo le indicazioni
programmatiche contenute nel DPEF per il periodo 2001–20045. In particolare, tale
previsione assume, in media nel quadriennio, una crescita occupazionale del 1,1% ed
una dinamica della produttività reale del 2% che porta il tasso di crescita del PIL reale al
3,1%. Nello scenario RGS, i corrispondenti tassi di variazione risultano,
rispettivamente, 0,8%, 1,2% e 2%. Entrambe le previsioni sono state effettuate
garantendo, a livello strutturale, la coerenza interna delle ipotesi del quadro
macroeconomico. Si tratta, in particolare, dell’uguaglianza fra il tasso di inflazione ed il
tasso di variazione del deflatore implicito del PIL e l’uguaglianza fra la dinamica delle
retribuzioni lorde (o redditi lordi) e quella della produttività.
       Come si evince dal grafico, l’adozione delle indicazioni macroeconomiche
contenute nel DPEF (curva tratteggiata) produce un forte e rapido miglioramento del
rapporto fra spesa pensionistica e PIL nel periodo 2001-2004 il quale passa dal 14,2%
circa del 2000 al 13,8% del 2004. Nello stesso periodo la previsione basata sullo
scenario RGS presenta, al contrario, un peggioramento del rapporto che raggiunge il
14,6% nel 2004. Poiché la dinamica della spesa pensionistica risulta sostanzialmente
invariata nelle due previsioni, l’andamento divergente del rapporto si spiega interamente
sulla base dei differenziali di crescita del PIL. Nel periodo successivo, la curva
tratteggiata cresce più rapidamente della curva continua cosicché nel punto di massimo
(2031) la differenza si riduce a circa 0,5 punti percentuali di PIL rispetto agli 0,8 punti
del 2004. Tale differenza tende a restringersi ulteriormente nella fase discendente della
curva attestandosi a 0,2 punti percentuali di PIL nel 2050.

5
    Cfr. il DPEF 2001-2004, riquadro “Scenari sull’evoluzione della spesa pensionistica”, pag. 24

                                                                      13
Fig. 4: spesa pensionistica in rapporto al PIL e sua
         scomposizione - confronto tra previsioni "nazionali"

Fig. 4a: spesa in rapporto al PIL

 20%
 19%
 18%
 17%
 16%
 15%
 14%
 13%
 12%
 11%
 10%
    1995 2000 2005 2010 2015 2020 2025 2030 2035 2040 2045 2050

Fig. 4b: rapporto tra pensione media e produttività del lavoro

 18%

 16%

 14%

 12%

 10%

  8%

  6%
    1995 2000 2005 2010 2015 2020 2025 2030 2035 2040 2045 2050

Fig. 4c: rapporto tra pensioni ed occupati

 1,6
 1,5
 1,4
 1,3
 1,2
 1,1
 1,0
 0,9
 0,8
 0,7
 0,6
   1995 2000 2005 2010 2015 2020 2025 2030 2035 2040 2045 2050

                  Scenario RGS
                  Scenario RGS integrato con le indicazioni DPEF 2001-2004

                                                          14
4. Le previsioni elaborate nell’ambito dell’EPC-WGA

4.1. Gli obiettivi del progetto
       Nell’ambito del comitato di politica economica del Consiglio Ecofin dell’Unione
Europea è stato costituito, nel dicembre del 1999, un gruppo di lavoro per lo studio degli
effetti dell’invecchiamento demografico nei paesi membri. Il gruppo di lavoro (da ora in
avanti “EPC-WGA”), composto da esperti dei singoli paesi, si pone come obiettivo la
predisposizione di previsioni di medio-lungo termine delle principali componenti della
spesa sociale esposte alle trasformazioni demografiche. Il progetto prevede, in primo
luogo, che gli scenari demografici e macroeconomici vengano definiti nell’ambito
dell’EPC-WGA in modo tale da garantire una sufficiente omogeneità fra gli stati
membri. In secondo luogo, prevede di affidare la responsabilità delle previsioni,
specifiche per paese, alle amministrazioni competenti previa verifica preliminare della
congruità degli strumenti di previsione in loro possesso.
       Al momento, si è conclusa la prima parte del progetto relativa alle previsioni degli
equilibri finanziari dei sistemi pensionistici pubblici. In tale contesto, oltre ad un’ampia
analisi di sensitività, sono state effettuate due distinte previsioni di cui la prima assume
le ipotesi di scenario sinteticamente etichettate come “scenario base” (o “a politiche
invariate”) mentre la seconda sconta ipotesi di scenario più “ottimistiche” volte a
recepire le indicazioni del Consiglio Lisbona ( “scenario Lisbona” o, detto anche, “a
politiche variate”). I risultati conseguiti sono raccolti e commentati, in termini
comparativi, in un rapporto del EPC-WGA approvato dal Consiglio Ecofin il 7
novembre del 20006.
       Per quanto riguarda l’Italia le previsioni del sistema pensionistico pubblico
prodotte nell’ambito dell’EPC-WGA sono state effettuate con il modello della RGS
nella versione aggiornata al 2000. Ciò implica che le differenze rispetto alle previsioni
illustrate nel paragrafo 3 (da ora in avanti “previsioni nazionali”), dipendono
esclusivamente dalle ipotesi demografiche e macroeconomiche.

4.2. Confronto fra lo scenario base dell’EPC-WGA e lo scenario RGS
      Per quanto riguarda gli scenari demografici, l’EPC-WGA si è avvalso della
collaborazione dell’Eurostat che ha appositamente prodotto previsioni demografiche
specifiche per ciascun paese sulla base di criteri metodologici comuni. Tali previsioni
sono state elaborate sotto tre differenti scenari definiti, rispettivamente, alto, basso e
centrale seguendo un’impostazione analoga a quella adottata dall’Istat. Lo scenario base
dell’EPC-WGA recepisce, per tutti i paesi, la previsione demografica elaborata
dall’Eurostat nell’ipotesi centrale. Per quanto riguarda l’Italia, tale scenario presenta
alcune differenze di rilievo rispetto allo scenario centrale dell’Istat impiegato nelle
previsioni nazionali (cfr. tab. 1 dell’appendice A).

6
    Cfr. Economic Policy Committee –Working Group on Ageing (2000)

                                                               15
In particolare, la speranza di vita alla nascita assume pressappoco gli stessi valori
nella prima parte del periodo di previsione, mentre diventa più alta, per entrambi i sessi,
nella parte finale. Nel 2050 l’incremento è di 0,8 anni per i maschi e 1,4 anni per le
femmine. Il tasso di fecondità totale, dopo una fase iniziale in cui risulta inferiore a
quello Istat, tende a stabilizzarsi ad un livello superiore a partire dal 2025 (1,5 contro
1,4). Il flusso netto di immigrati dell’ipotesi centrale Eurostat si colloca, invece, al un
livello superiore per tutto il periodo di previsione raggiungendo in poco tempo una
consistenza media annua di 80 mila unità contro le 50-60 mila dell’Istat. In conseguenza
delle differenze sopra elencate, l’indice di dipendenza degli anziani, che esprime
l’indicatore più adatto per l’analisi della sostenibilità della spesa pensionistica, presenta
valori sistematicamente più elevati nella previsione centrale Eurostat. La differenza
cresce nel tempo fino a raggiungere, nel 2050, uno scostamento di circa 4 punti
percentuali (66,8 contro il 62,6) nella fascia di età 20-64 anni.
       Per quanto riguarda le variabili del quadro macroeconomico corrispondenti allo
scenario base dell’EPC-WGA, sono state formulate ipotesi distinte in merito al tasso di
variazione della produttività, ai tassi di attività e ai tassi di disoccupazione.
Relativamente alla prima delle tre variabili, il criterio adottato è stato quello di definire
un valore di convergenza uguale per tutti i paesi ed un trend specifico per la fase
transitoria. Il valore di convergenza è stato fissato all’1,75%, mentre i valori relativi alla
fase transitoria sono stati indicati, per l’Italia, nella misura del 2,1% annuo, nel
quinquennio 2001-2005, e dell’1,9%, in quello successivo. Sebbene il tasso medio
nell’intero periodo di previsione (circa 1,77%) sia sostanzialmente equivalente a quello
adottato nello scenario RGS, risulta significativamente diverso il profilo temporale.
Infatti, mentre in quest’ultimo scenario il tasso di crescita della produttività risulta
crescente, in considerazione delle interrelazioni fra dinamiche demografiche e variabili
macroeconomiche illustrate nell’appendice A, nello scenario base dell’EPC-WGA le
ipotesi sul valore della produttività nel medio-lungo periodo sono definite in maniera
del tutto indipendente dall’evoluzione del quadro demografico.
       Così come per il tasso di crescita della produttività, anche per quanto attiene alle
ipotesi del mercato del lavoro, il criterio metodologico seguito è stato quello di definire
valori di convergenza per il lungo periodo ed un processo graduale di adeguamento nella
fase transitoria.
       Relativamente ai tassi di partecipazione, le indicazioni suggerite dall’EPC-WGA
come scenario base erano organizzate per anno di previsione, fascia quinquennale di età
e sesso. Al fine di assicurare la coerenza interna del modello in merito alla interazione
fra tassi di attività e requisiti di accesso al pensionamento ed evitare, allo stesso tempo,
di discostarsi significativamente dalle indicazioni fornite, è stato necessario adottare
tassi leggermente diversi, più alti nella fascia d’età 55-64 e più bassi nella fascia 20-54.
Per effetto della ponderazione con la popolazione, il tasso di attività medio nella fascia
di età 15-64, aumenta di circa 10 punti percentuali come media fra i due sessi (circa 20
punti per le sole femmine).
       Per quanto riguarda i tassi di disoccupazione è stato stabilito di mantenere, per
tutto il periodo di previsione, il livello tendenzialmente raggiungibile nel 2000 (fissato
al 10% per l’Italia). Rispetto a tale valore era consentita una riduzione non superiore ad
1/3 purché opportunamente argomentata sulla base dei possibili effetti derivanti

                                                16
dall’adozione di politiche del mercato del lavoro già approvate. Per quanto riguarda
l’Italia, è stata applicata una riduzione graduale del 30% sulla base delle seguenti due
considerazioni. In primo luogo, circa la metà di tale riduzione deriva automaticamente
dalla ricomposizione per età e sesso delle forze di lavoro a parità di tassi specifici per
età. In secondo luogo, alcune importanti misure sono state adottate negli ultimi anni con
l’obiettivo di favorire la riduzione del tasso di disoccupazione (maggiore flessibilità,
riduzione del costo del lavoro e del carico fiscale per le imprese, potenziamento della
formazione professionale) e i cui effetti devono in buona parte ancora espletarsi.
      Passando ai risultati della previsione ottenuti con lo scenario base dell’EPC-WGA
(curva tratteggiata), la fig. 5a mostra che il rapporto fra spesa pensionistica e PIL si
mantiene pressoché costante durante la prima decade del periodo di previsione; cresce
poi rapidamente fino a raggiungere il valore di 15,9% nel 2030 con un incremento di 1,7
punti percentuali in 30 anni7. Dopo una permanenza di alcuni anni sui livelli massimi,
inizia a scendere, prima lentamente poi più rapidamente, portandosi al 13,9% nel 2050,
appena sotto il livello iniziale.
      La costanza iniziale è principalmente dovuta al tasso di crescita della produttività
assunto ad un livello più elevato rispetto al valore di convergenza. Di conseguenza, il
rapporto fra pensione media e produttività decresce significativamente, soprattutto fra il
2001-2005, e supera l’effetto dovuto alla crescita del rapporto fra il numero di pensioni
e quello degli occupati.
       La rapida crescita registrata fra il 2008 ed il 2018 è, invece, quasi interamente
dovuta ad una crescita del numero di pensioni unita ad una decrescita dell’occupazione.
Infatti, il rapporto fra pensione media e produttività si mantiene sostanzialmente stabile.
Quest’ultimo aspetto è principalmente dovuto agli alti rendimenti del sistema retributivo
che continua ad applicarsi, in misura esclusiva o prevalente, ai soggetti che accedono al
pensionamento nel periodo in esame.
       Nel periodo successivo, fino al 2040, il rapporto fra pensioni ed occupati cresce
più rapidamente del periodo precedente a causa delle ben note ragioni demografiche.
Come già ricordato in precedenza, in questo periodo le generazioni del baby boom
oltrepasseranno la soglia dei 65 anni passando dalla popolazione attiva alla popolazione
anziana. Allo stesso tempo, tuttavia, il rapporto fra pensione media e produttività
decresce fortemente per effetto della graduale introduzione del sistema contributivo.
Infatti, in questo periodo, molte pensioni sono liquidate con il regime misto (retributivo
e contributivo). L’effetto è così pronunciato da compensare la rapida crescita del
rapporto fra pensioni ed occupati, nel periodo 2030-2034, per poi superarlo negli anni
successivi.

7
  In realtà, il punto di massimo si ha nel 2032 anno in cui il valore del rapporto supera leggermente quello del 2030 (16,01 contro
15,93). Si è fatto riferimento al valore del 2030 in coerenza con quanto emerge dalle tabelle incluse nel documento EPC-WGA
(2000) le quali forniscono i valori di previsione solo per quinquennio.

                                                                   17
Fig. 5: spesa pensionistica in rapporto al PIL e sua
                scomposizione - confronto tra previsioni
Fig. 5a: spesa in rapporto al PIL

 20%
 19%
 18%
 17%
 16%
 15%
 14%
 13%
 12%
 11%
 10%
    1995 2000 2005 2010 2015 2020 2025 2030 2035 2040 2045 2050

Fig. 5b: rapporto tra pensione media e produttività del lavoro

 18%

 16%

 14%

 12%

 10%

  8%

  6%
    1995 2000 2005 2010 2015 2020 2025 2030 2035 2040 2045 2050

Fig. 5c: rapporto tra pensioni ed occupati

 1,6
 1,5
 1,4
 1,3
 1,2
 1,1
 1,0
 0,9
 0,8
 0,7
 0,6
   1995 2000 2005 2010 2015 2020 2025 2030 2035 2040 2045 2050

                               Previsione "nazionale": scenario RGS
                               Previsione "EPC-WGA": scenario base

                                                          18
Il confronto con la previsione nazionale basata sullo scenario RGS (curva continua
di fig. 5a) mette in luce un andamento del rapporto spesa/PIL abbastanza simile: sotto
entrambe le ipotesi di scenario il picco è raggiunto tra il 2030 e il 2035 ed assume
grossomodo lo stesso valore (16% nello scenario base del EPC-WGA, 15,9% nello
scenario RGS); tuttavia la curva relativa allo scenario base dell’EPC-WGA presenta
valori più bassi nella prima parte del periodo di previsione e più elevati nella seconda
parte. Ovviamente, tali differenze non possono che dipendere dalle assunzioni
macroeconomiche e demografiche. Poiché la dinamica media del PIL è pressoché la
stessa nelle due previsioni, le differenze sono da attribuire al profilo temporale della
crescita economica. In particolare, lo scenario base dell’EPC-WGA assume una crescita
economica più alta fino al 2020 e più bassa successivamente. A ciò si deve aggiungere
che i più alti tassi di crescita del PIL nei primi 20 anni si traducono in una spesa
pensionistica più elevata alla fine del periodo di previsione. Infatti, un maggior numero
di occupati si trasforma in un più elevato numero di pensionati con 30-40 anni di
ritardo. Così come una maggiore dinamica della produttività si trasforma gradualmente
in importi di pensione più alti. Vale, infine, ricordare che la maggiore dinamica della
speranza di vita assunta nello scenario centrale Eurostat comporta, di per sé, un aumento
del numero di pensioni alla fine del periodo di previsione.

4.3. Confronto fra lo scenario base dell’EPC-WGA e lo scenario “Lisbona”
      Nell’ambito dell’EPC-WGA, lo scenario “Lisbona” o a “politiche variate”si
poneva come obiettivo quello di riprodurre il più fedelmente possibile le indicazioni
emerse dal Consiglio Lisbona. Le conclusioni del Consiglio esortavano i paesi
dell’Unione Europea ad adottare le misure più opportune affinché favorissero una
crescita del tasso di occupazione di 9 punti percentuali in media entro il 2010. Tuttavia,
nessuna menzione veniva fatta riguardo alle prospettive del mercato del lavoro per il
periodo successivo al 2010 e, analogamente, nessuna indicazione veniva fornita in
merito al tasso di crescita della produttività per tutto il periodo di previsione. Mancando
qualsiasi indicazione al riguardo, la specificazione delle ipotesi di scenario lasciava
ampi margini di discrezionalità.
      Come esplicitamente dichiarato nel Progress Report dell’EPC-WGA, il valore di
convergenza del tasso di crescita della produttività per la media dei paesi dell’Unione
Europea è stato mutuato da un’ipotesi di medio lungo-periodo adottata negli Stati Uniti.
Sulla base di tale criterio, sono stati specificati tassi di crescita della produttività, in
media, molto più bassi rispetto a quelli dello scenario base (per l’Italia, circa l’1,1%
contro l’1,8%) e con valori di convergenza diversificati per paese in funzione delle
differenze iniziali. Analogamente, il tasso di occupazione strutturale è stato determinato
sulla base di una media dei migliori risultati conseguiti nei paesi più “virtuosi”
dell’Unione Europea, sotto il profilo occupazionale. Per l’Italia, è stato assunto un
incremento complessivo di poco inferiore ai 25 punti percentuali che porta il tasso di
occupazione, nel 2050, non molto al di sotto dell’80%8. Tale incremento, più che

8
  Ad una prima analisi, potrebbe sembrare che la specificazione delle suddette ipotesi risponda ad una esigenza di coerenza interna
fra dinamica occupazionale e produttività in accordo con lo schema generale illustrato nell’appendice A il quale stabilisce una
relazione inversa fra i tassi di variazione delle due variabili. In realtà, tale correlazione, oltre a non essere dichiarata, non sembra
corrispondere allo schema indicato né dal punto di punto di vista quantitativo (l’effetto sulla produttività appare eccessivo) né dal

                                                                      19
doppio rispetto alle indicazioni contenute nelle conclusioni del Consiglio Lisbona, si
deve al fatto che le ipotesi di crescita occupazionale sono state estese anche al periodo
successivo al 2010 (quasi i 2/3 dell’incremento complessivo). Vale, inoltre, rilevare che
il numero di occupati risulta ulteriormente incrementato per effetto dell’adozione dello
scenario demografico alto dell’Eurostat il quale assume un flusso netto annuo di
immigrati ed un tasso di fecondità più elevati rispetto allo scenario centrale9.
      Le ipotesi relative all’evoluzione del mercato del lavoro contenute nello scenario
“Lisbona” hanno richiesto alcuni aggiustamenti al fine di poter essere recepite dal
modello con il dovuto livello di analiticità. Tali aggiustamenti hanno riguardato,
principalmente, la specificazione di tassi di attività per anno, sesso e generazione
coerenti con l’entità e la rapidità della crescita ipotizzata. In particolare, l’entità della
crescita doveva risultare compatibile con la struttura per età dei tassi di attività dato che,
nel lato destro e sinistro della distribuzione, una parte importante della popolazione si
colloca fuori dal mercato del lavoro per ragioni legate alla scolarità ed al
raggiungimento dei requisiti minimi di accesso al pensionamento. La rapidità della
crescita, invece, doveva essere resa coerente con l’approccio generazionale con il quale
il modello gestisce l’evoluzione dei tassi di attività a partire da una certa età. Per
superare tali difficoltà, sono state adottate alcune ipotesi che abbiamo ritenuto le più
appropriate nell’ambito dei vincoli imposti dallo scenario “Lisbona”.
      In primo luogo, assumendo le ipotesi di produttività e del tasso di disoccupazione
esplicitamente indicate, si è determinata la dinamica delle forze di lavoro in grado di
garantire un tasso di crescita del PIL esattamente pari a quello associato allo scenario
“Lisbona”.
        In secondo luogo, si è provveduto ad incrementare il tasso di partecipazione con la
massima velocità possibile mantenendo inalterati i requisiti normativi e le propensioni
per l’accesso al pensionamento impliciti nello scenario base. A tal fine, si è assunto che
tutti i giovani non coinvolti nel sistema scolastico entrino gradualmente a far parte delle
forze di lavoro e che i tassi di partecipazione femminili si collochino poco al di sotto di
quello maschili nelle fasce di età centrali. Questi ultimi, a loro volta sono stati
incrementati fino a raggiungere il 97% in media nella fascia di età 30-50 anni;
       Poiché tali aggiustamenti, per quanto rilevanti, non erano sufficienti a garantire il
rispetto delle indicazioni contenute nello scenario “Lisbona”, si è provveduto,
successivamente, a modificare le propensioni di accesso al pensionamento del sistema
contributivo. In particolare, l’età di ritiro è stata incrementata mediamente di 3 anni
passando da 60/61 a 63/64 anni. Tale incremento non risulta, di per sé, incompatibile
con l’attuale quadro normativo-istituzionale il quale prevede, per il regime contributivo,
un intervallo di età per l’accesso alla pensione compreso fra i 57 e i 65 anni. Tuttavia,
appare scarsamente prudenziale assumere che quasi tutti i lavoratori decidano di andare

punto di vista del profilo temporale. Basti pensare che il tasso di crescita medio del PIL in tutto il periodo di previsione risulta di
poco superiore a quello dello scenario base. Ciò significa che l’effetto, in termini di crescita economica, dei maggiori livelli
occupazionali risulta quasi interamente spiazzato dai più bassi livelli di produttività. Secondo lo schema delineato nell’appendice
A, la riduzione del tasso di crescita della produttività dovrebbe scaturire dai più bassi livelli di produttività attribuibili alle unità di
occupazione addizionali.
9
  Il flusso netto annuo di immigrati è di 100 mila unità ed il tasso di fecondità raggiunge l’1,8 nel 2050. Lo scenario demografico
alto dell’Eurostat, assume, inoltre un aumento della speranza di vita superiore rispetto a quello dello scenario centrale (la
maggiorazione risulta di 2,9 e 2 anni, rispettivamente, per maschi e femmine).

                                                                        20
in pensione in prossimità del raggiungimento del requisito massimo di età. Ne consegue,
pertanto, che misure di inasprimento dei requisiti minimi di pensionamento dovrebbero
essere prese in seria considerazione qualora si volessero conseguire i risultati impliciti
nelle ipotesi dello scenario “Lisbona” .
       Passando ai risultati, è interessante notare che il tasso di crescita del PIL implicito
nello scenario “Lisbona” non è molto differente da quello dello scenario base. Il tasso di
crescita medio è rispettivamente 1,435% contro 1,425%. Tuttavia, la scomposizione in
termini di dinamica della produttività e dinamica occupazionale presenta grosse
differenze. Mentre la prima componente risulta molto più bassa nello scenario
“Lisbona” rispetto allo scenario base EPC-WGA, l’opposto si verifica per la seconda
componente. La deviazione media annua nell’intero periodo di previsione ammonta ad
oltre lo 0,5%.
      Sebbene il tasso di crescita medio del PIL sia all’incirca lo stesso dello scenario
base, il rapporto fra spesa pensionistica e PIL si colloca molto al di sotto durante tutto il
periodo di previsione ad eccezione degli ultimi anni in cui le due curve tendono a
sovrapporsi (cfr. fig. 6a). La differenza massima ammonta ad 1,6% e si realizza nel
periodo 2034-2036. La ragione che spiega il contenimento del rapporto deve essere
rinvenuta nel più elevato tasso di crescita del PIL, durante la prima parte del periodo di
previsione, e nell’aumento dell’età media di accesso al pensionamento nella seconda
parte. In particolare, quest’ultimo fattore produce, oltre all’effetto espansivo sul tasso di
crescita del PIL, un abbattimento del numero delle pensioni solo gradualmente
compensato dalla crescita della pensione media.

                                                21
Fig. 6: spesa pensionistica in rapporto al PIL e sua
        scomposizione - confronto tra previsioni "EPC-WGA"

Fig. 6a: spesa in rapporto al PIL

 20%
 19%
 18%
 17%
 16%
 15%
 14%
 13%
 12%
 11%
 10%
    1995 2000 2005 2010 2015 2020 2025 2030 2035 2040 2045 2050

Fig. 6b: rapporto tra pensione media e produttività del lavoro

 18%

 16%

 14%

 12%

 10%

  8%

  6%
    1995 2000 2005 2010 2015 2020 2025 2030 2035 2040 2045 2050

Fig. 6c: rapporto tra pensioni ed occupati

 1,6
 1,5
 1,4
 1,3
 1,2
 1,1
 1,0
 0,9
 0,8
 0,7
 0,6
   1995 2000 2005 2010 2015 2020 2025 2030 2035 2040 2045 2050

                    Scenario "Lisbona"                           Scenario base

                                                          22
Appendice A: gli scenari di previsione

A1. La coerenza interna degli scenari di previsione.
      Gli equilibri finanziari di un sistema pensionistico dipendono dal quadro
normativo-istituzionale e dalle ipotesi di scenario. Queste ultime, a loro volta, attengono
alla definizione delle ipotesi demografiche, del mercato del lavoro e della produttività.
La specificazione delle ipotesi di scenario è estremamente importante in quanto un dato
assetto normativo-istituzionale può risultare più o meno sostenibile a seconda degli
scenari demoeconomici adottati così come, a parità di scenario demoeconomico,
differenti assetti normativi del sistema possono delineare equilibri finanziari diversi.
Tuttavia, è estremamente importante poter distinguere il contributo specifico delle due
componenti.
      Il contributo del quadro normativo-istituzionale può essere valutato assumendo un
contesto demoeconomico “neutrale” rispetto agli equilibri finanziari di un sistema
pensionistico10. Tale contesto viene, generalmente, identificato con lo stato stazionario il
quale rappresenta un ambiente “ideale” che esclude a priori ogni effetto riconducibile a
modificazioni della struttura demografica ed occupazionale.
       Un sistema pensionistico a ripartizione è in stato stazionario se la struttura per età
e sesso della popolazione (assicurata e pensionata) resta invariata nel tempo e se il tasso
di crescita del monte imponibile a fini contributivi è costante11. In tale contesto, è
dimostrato (Aaron 1966) che un sistema pensionistico a ripartizione è in equilibrio se
garantisce un tasso di rendimento pari al tasso di crescita del monte imponibile (o del
PIL nel caso di invarianza del rapporto tra monte imponibile e PIL)12. La suddetta
condizione implica, automaticamente, l’uguaglianza fra l'aliquota di equilibrio e quella
di finanziamento13.
       Gli equilibri finanziari effettivi di un sistema pensionistico normalmente
divergono dalle condizioni di equilibrio in stato stazionario in ragione dell’evoluzione
della struttura demografica ed occupazionale. Tale divergenza, in alcuni casi, è talmente
pronunciata da far emergere squilibri rilevanti anche all’interno di sistemi pensionistici
strutturalmente sostenibili sotto il profilo dell’assetto normativo (rendimento in linea

10
   In questo caso, gli effetti del quadro normativo includono anche gli effetti comportamentali relativi all’accesso al pensionamento
oltre i requisiti minimi.
11
     Più propriamente si dovrebbe parlare di “crescita stazionaria”.
12
   Inoltre, è dimostrato (Camera Deputati 1996, Aprile 1996) che, in stato stazionario, la sostenibilità finanziaria del sistema
pensionistico, così come disciplinato a regime dalla legge Dini, è garantita per tassi di crescita del PIL di poco superiori all’1,5%.
La maggiorazione rispetto all’1,5% è interamente spiegata dallo scarto fra l’aliquota di computo e quella di finanziamento (0,3%
per i lavoratori dipendenti e 1% per il lavoratori autonomi a partire dal 2014 quando l’aliquota di finanziamento raggiungerà il
19%). E’ interessante far notare che, nel contesto normativo delineato dalla legge Dini, gli aspetti comportamentali relativi
all’accesso al pensionamento assumono una rilevanza trascurabile sugli equilibri finanziari in stato stazionario.
13
   La condizione di equilibrio può essere espressa in due modi del tutto equivalenti: l’uguaglianza fra l’aliquota di finanziamento e
l’aliquota di equilibrio oppure l’uguaglianza fra il tasso di rendimento e il tasso di crescita del monte imponibile. Per cui, fissato
normativamente un certo valore dell'aliquota di finanziamento, risulta determinato il tasso di rendimento e il tasso di variazione del
monte imponibile compatibili con le condizioni di equilibrio. Al contrario, fissato il tasso di variazione del monte imponibile e,
quindi, il tasso di rendimento del sistema pensionistico in equilibrio, risulta individuata l'aliquota di finanziamento necessaria a
garantirlo.

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con la crescita economica del paese). Questo è quanto si realizzerà nei prossimi decenni
per effetto della ben nota transizione demografica la quale provocherà un aumento
dell’indice di dipendenza degli anziani che non ha precedenti per rapidità ed intensità di
crescita.
       Sebbene l’invecchiamento della popolazione presenti dinamiche future
estremamente preoccupanti per la sopravvivenza dei sistemi di protezione sociale nella
gran parte di paesi ad economia avanzata,14 le variabili del quadro macroeconomico
vengono, generalmente, specificate sulla base di procedimenti metodologici che ne
implicano la sostanziale neutralità rispetto alle trasformazioni demografiche. Ne è una
conferma il fatto che il livello strutturale di lungo periodo viene, spesso, desunto dagli
andamenti passati secondo una logica estrapolativa o comparativa. Il superamento di
tale atteggiamento metodologico pone due ordini di questioni.
      La prima questione riguarda la priorità attribuibile all’evoluzione del quadro
demografico rispetto alle variabili del quadro macroeconomico tenuto conto dell’azione
concomitante dei due fattori: un rallentamento della crescita economica può dipendere
tanto da un calo della popolazione attiva (variabile demografica) quanto da una
riduzione del tasso di occupazione o del tasso di crescita della produttività (variabili
economiche). I due effetti, fra l’altro, possono anche operare nel senso di un
rafforzamento o di un contenimento reciproco.
       Ciononostante, la priorità del fattore demografico risulta a nostro avviso
ampiamente giustificata in virtù delle caratteristiche della transizione demografica attesa
per i prossimi decenni. Essa, infatti, risulta in gran parte dipendente dall’attuale struttura
per età e sesso della popolazione e non è suscettibile di modificazioni decisive sulla
base delle assunzioni concernenti i parametri demografici. La forte crescita dell’indice
di dipendenza degli anziani, particolarmente intensa fra il 2015 ed il 2035, dipende in
larga misura dal passaggio delle generazioni del baby boom dalla fascia della
popolazione attiva a quella della popolazione anziana determinando così un travaso
contestuale dal denominatore al numeratore del rapporto. Poiché le generazioni
coinvolte appartengono alla popolazione attualmente in essere, tale effetto risulta tanto
certo quanto imponente. Le ipotesi circa l’evoluzione dei parametri demografici nel
periodo di previsione non sono in grado di contrastare efficacemente tale andamento. Il
tasso di fecondità, anche supposto in crescita, produrrà effetti contenuti nel periodo di
massima crisi demografica sia per il ritardo con cui i nati entrano nel mercato del lavoro
e sia anche perché essi interagiranno con generazioni di donne in età fertile ridotte per
effetto del calo della natalità degli ultimi decenni. I flussi migratori, che rappresentano
la variabile più aleatoria fra quelle sottostanti le previsioni demografiche, non saranno
comunque in grado di eliminare gli effetti della transizione pur in presenza di ipotesi
particolarmente ottimistiche15. Infine, la mortalità è destinata a decrescere e, quindi,

14
   Molti organismi economici interni ed internazionali si interrogano su come sarà possibile mantenere il benessere e la prosperità
in una società che invecchia. In particolare si veda OECD (1999).
15
   Si è calcolato il flusso annuo aggiuntivo di immigrati in grado di stabilizzare la popolazione in età attiva ai livelli previsti
nell’anno 2000 secondo le proiezioni Istat. Per raggiungere questo obiettivo sono necessari, in aggiunta rispetto a quelli già
contemplati nello scenario Istat con dinamica centrale, circa 200 mila immigrati all’anno fatta eccezione per il decennio 2030-2040
in cui tale valore sale a quasi 500 mila unità. La stabilizzazione della popolazione in età attiva tramite una politica di immigrazione
comporta, inoltre, un forte aumento del livello assoluto della popolazione (18 milioni in più nel 2050) e un’importante riduzione
dell’indice di dipendenza degli anziani (meno 15 punti percentuali) il quale rimane comunque significativamente crescente. Infatti,
a fronte della stabilizzazione del denominatore, si ha un aumento del numeratore che riflette sia l’effetto dell’invecchiamento

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