La vita di un tassista non è di serie B. Disobbedienza civile! - Uritaxi

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La vita di un tassista non è di serie B. Disobbedienza civile! - Uritaxi
La vita di un tassista non è di
serie B. Disobbedienza civile!
                              Quanto riportato nel
                              nuovo Dpcm in materia di
                              trasporto pubblico non di
                              linea è di una gravità
                              senza precedenti!
                              Trattandosi di Dpcm, ed
                              intuendo dalle proteste
                              interne alla stessa
                              maggioranza, che qua la
                              mano sinistra non sappia
        cosa fa la mano destra, mi rivolgo direttamente
        al Presidente Conte, chiedendogli cosa direbbe
        lui se un suo congiunto fosse tassista, nel
        sapere che la clientela deve essere protetta
        dalla eventuale viralità di quest’ultimo, ma
        non viceversa. Ciò che ci indigna è che questo
        doppiopesismo relativo alla considerazione
        della vita umana è stato già stigmatizzato con
        comunicazioni protocollate, in quanto si
        protrae oramai da circa un mese, con
        l’aggravante che la nostra categoria ha visto
        tra le sue fila già tre vittime. Dobbiamo
        prendere atto che la non protezione economica
        della piccola imprenditoria in genere, nel
        nostro caso è anche non protezione di vite
        umane che evidentemente sono considerate di
        serie B.

        Il Governo deve colmare subito questo recidivo
        doppiopesismo! Fino ad allora, consapevoli che
        la violazione delle leggi dello Stato sia un
        reato, ma non nel caso di questo Dpcm nella
        parte che ci riguarda, vista la sua manifesta
        violazione dell’art. 3 Cost. sull’uguaglianza e
        pari dignità di tutti i cittadini, riteniamo
        doveroso che ogni operatore del trasporto non
        di linea, a tutela della propria dignità
        personale, in segno di disobbedienza civile, e
        a tutela della propria salute, di quella della
        propria famiglia, nonché della stessa clientela
        che siamo chiamati a servire, eviti di
        trasportare clientela sprovvista dei dispostivi
        di protezione individuali, finché per essi
        stessi invece ne permarrà l’obbligo.

        Claudio Giudici
        Presidente nazionale Uritaxi
La vita di un tassista non è di serie B. Disobbedienza civile! - Uritaxi
Nella pattumiera il liberismo!
Lettera aperta al direttore del
Corriere Fiorentino Paolo
Ermini
                                               Caro
                                               Direttor
                                               e, le
                                               scrivo
                                               dopo
                                               aver
                                               letto il
                                               suo
                                               ultimo
                                               editoria
                                               le dove
                                               parla di
                                               licenze
                                               taxi da
                                               liberali
                                               zzare.
                                               Premetto
                                               che il
        nostro settore è pronto da qualche anno – non
        da oggi dunque – a rafforzare la genetica e
        ontologica integrazione col trasporto pubblico
        di linea. Altresì, non dimentichiamoci che
        quando parliamo di mobilità a Firenze, si parla
        di una città che nell’ultimo decennio ha
        compiuto la scellerata scelta di perdere il
        controllo del trasporto pubblico di linea,
        trasformando in gravissimo costo sociale di
        inefficienza, quello che era un importante
        costo finanziario amministrativo. Un qualcosa
        che prima rispondeva a logiche di necessità
        cittadina, ed oggi risponde a logiche di
        profitto. Però non capisco la sua uscita. Forse
        è una sorta di “aiuto” all’Amministrazione
        cittadina per attuare il nuovo piano mobilità,
        ma, a parte il cinismo di non considerare che
        siamo a cospetto di lavoratori e famiglie che,
        ovviamente, come tutti, sono già abbastanza
        affrante e preoccupate, mi creda, non ve n’era
        proprio bisogno. L’idea di compensare i
        tassisti con una copertura dell’investimento
        per la licenza, a carico dei cittadini –
        soluzione che in ogni caso compete al
        legislatore nazionale e non al Comune -, viste
        le prospettive di mercato, e visto che circa il
        70% di noi è ancora indebitato con il sistema
        bancario, potrebbe oggi trovare una interessata
disponibilità, ma, mi dimenticherei io in
primis di tutelare il servizio pubblico taxi
che amo, e sopratutto, non può essere questo
l’unico dato a cui dovrebbe guardare un
amministratore pubblico.
Questa sua idea ci offre lo spunto per aprire
un dibattito sulle cause della crisi che oggi
tutti noi – non i tassisti, non i fiorentini o
gli italiani, ma tutta l’umanità! – stiamo
affrontando, anzi, direi, subendo. Dibattito,
sinora comodamente cassato. Infatti, vediamo
coloro i quali di questa crisi epocale ed
esistenziale sono corresponsabili per il ruolo
rivestito negli ultimi decenni di nocchieri
della carrozza, ancora nella medesima
posizione, o comunque, con spudorata baldanza,
continuare a pontificare. Come se niente fosse
successo in questi anni. Questa crisi, invece,
ci offre finalmente la grande occasione per
capire quanto la ricetta globalista, liberista,
finanziarista e rigorista, attraverso l’assenza
di regole nei settori da predare, e di iper-
burocrazia in quelli da ingessare (tipico del
liberismo ottocentesco col “calcio alla
scala”), ed ancor prima attraverso la rimozione
di un principio di etica pubblica del Bene
Comune – alfieri, questi, del culto liberista
da anteporre a tutto -, fosse sbagliata. Da
anteporre innanzitutto alla salute, di cui la
gravissima carenza sanitario-infrastrutturale é
lì oggi a piangere e urlare il proprio dolore
sul corpo dei morti che potevano non esserci;
da anteporre alla cura (manutenzione e
sviluppo) delle infrastrutture – i ponti,
viadotti, strade e lungarni crollati
nell’ultimo quinquennio erano lì, anch’essi
talvolta purtroppo con i loro morti, erano
campanelli di allarme -; da anteporre alla
qualità della vita di persone e famiglie, già
vittime da anni, alla sera, alla domenica, del
“distanziamento sociale” imposto dalle riforme
liberiste del diritto del lavoro, perché il pil
aveva da crescere (ma che comunque non
cresceva, perchè non era quello il vero modo
per farlo crescere); da anteporre ad una reale
salute delle finanze pubbliche, disintegrate
dai debiti finanziari in derivati contratti sia
a livello centrale che locale dalla metà degli
anni ‘90, e che venivano a far crescere il
nostro debito pubblico nonostante gli
impareggiabili tagli allo stato sociale (tanto
da essere l’Italia il paese ad aver registrato
più bilanci in avanzo primario al mondo dal
1995!).
Allora ci dobbiamo mettere d’accordo: o
l’attuale crisi sanitaria, tra le altre cose, è
        stata provocata dalle scelte scellerate degli
        ultimi anni, e allora non possiamo continuare a
        veder pontificare chi di quelle scelte è
        responsabile, e continuare col culto liberista
        di quelle ad ispirazione, oppure, come io
        credo, dobbiamo (costituzionalmente fra
        l’altro) distaccarci da tutto ciò e cambiare
        direzione.
        E allora, tornando al mio settore: siamo
        riusciti finanche in sede europea, le cui
        agitazioni liberiste sono a tutti note – e i
        cui risultati si vedono -, a far comprendere
        che sono la sicurezza della persona trasportata
        e l’universalità del servizio, i primi fattori
        a cui si debba guardare – cose che si possono
        garantire solo col sistema delle licenze, la
        prima, e della tariffa regolata, la seconda
        (pensi senza questa garanzia, oggi, quanto
        potrebbe chiedere un tassista al cittadino
        impaurito in cerca di un sicuro mezzo di
        trasporto?) – e lei oggi viene a proporre la
        liberalizzazione delle licenze? Cioè, uno dei
        pochi settori non rimasto vittima dell’orgia
        liberista, dove solo il più ricco ha potuto
        arbitrariamente, senza regole, godere delle sue
        schiave, nonostante questa crisi epocale, lo si
        vorrebbe sottoporre al medesimo trattamento?
        Perdoni, ma allora questa crisi, con la sua
        tragedia, non è davvero servita a niente, e la
        via della redenzione è ancora lunghissima.

        Claudio Giudici
        Presidente nazionale Uritaxi

Una proiezione sul fatturato
taxi (e non solo) nei prossimi
mesi
        In funzione delle progressive tredici
        riaperture previste nella bozza della
        Commissione Colao (che ovviamente potrà essere
        oggetto di modifiche), abbiamo provato a
        simulare una proiezione sull’incidenza che esse
        avranno, passo per passo, sul fatturato del
        settore.

        La simulazione prende a riferimento città a
vocazione turistica come Firenze e Roma, per
cui un primo rilevante fattore di contrazione
del fatturato è, e sarà nei mesi a venire,
rappresentato da una pressoché assenza di
turismo. Tale assenza l’abbiamo soppesata pari
ad un 50% del fatturato pre-Covid19. È evidente
che tale incidenza sarà più bassa (30%) nelle
città a maggior vocazione “affari” e sarà più
alta (70-80%) nelle realtà la cui economia è
pressoché totalmente legata al turismo.
Riteniamo però che le due città prese in esame
possano essere un buon campione mediano, e
dunque referente per tutto il Paese.

Rimettiamo quindi di seguito, sia la tabella
delle riaperture previste dalla Commissione
Colao, riprodotta dalle indiscrezioni di
cronaca, sia il grafico che mostra la dinamica
della contrazione del fatturato del settore
taxi. Tale contrazione sarà progressivamente
più bassa, in funzione delle graduali
riaperture socio-economiche.

La proiezione ci dice che se ad oggi il calo
del fatturato del settore taxi è del 97%, esso
si manterrà sopra la considerevole cifra
dell’80% fino ad estate inoltrata. Da
settembre, con la riapertura delle scuole, esso
dovrebbe subire un’accelerazione alla riduzione
del crollo, di 10 punti percentuali, fino ad
arrivare alla comunque pesante soglia del 67%
per fine anno. Dunque, da marzo di questo anno
a fine esercizio 2020, il crollo del fatturato
sarà tra “totale” e i due terzi del totale (tra
il 97% e il 67%).

Sarà da anno nuovo, con la fine di ogni
limitazione e la riapertura dei confini
prevista per il 31 marzo 2021, che un po’ di
luce potrebbe tornare, fino a raggiungere i
massimi che il mercato interno possa consentire
di avere: un fatturato che varrà la metà
rispetto all’era pre-Covid19.
L’esercizio che ogni tassista può fare per
        capire cosa ciò vorrà dire sulle proprie
        tasche, per dunque preparare un piano di spese
        rapportato alla tendenza delle entrate, è
        quello di applicare queste percentuali a quello
        che era nell’era pre-Covid19 il proprio
        fatturato medio (giornaliero o mensile) e
        sottrarle allo stesso, per capire a quanto
        ammonteranno le proprie entrate.

        La notizia ancora più brutta – come se ciò già
        non bastasse! -, è che questo tipo di dinamica
        è estendibile a molti altri settori
        dell’economia italiana, similmente legati al
        comparto turistico. Dunque, se questa
        proiezione può apparire eccessivamente
        prudenziale, o pessimistica, essa in realtà non
        sconta il fatto che lo stesso mercato interno
        sarà ben più debole rispetto a quello
        conosciuto fino ad oggi, a meno che, in via del
        tutto eccezionale, con provvedimenti
        straordinari, non intervenga un fattore esogeno
        al mercato, ossia lo Stato, proprio come è
        intervenuto, dalla mattina alla sera, per
        bloccare ogni attività e dunque ogni entrata di
        queste attività.

        Ufficio studi Uritaxi

Lettera di Uritaxi a Mit, Mise
e Mef
         Alla c.a. del Ministero delle Infrastrutture e
                                          dei Trasporti
p.c.: Ministero dello Sviluppo economico
                   Ministero Economia e Finanze

Oggetto: costo di sussistenza e prescrizioni
operative.

Firenze, 18 aprile 2020.

Gent.mi,

diversi dei nostri operatori – purtroppo non
tutti – hanno ricevuto il contributo di
solidarietà di 600€. Purtroppo esso è
assolutamente insufficiente sia ai fini di una
copertura dei costi aziendali base, sia di
quelli relativi ai costi familiari di prima
necessità.

Ci permettiamo di sottoporvi un semplice “conto
della serva”, al fine di rendervi più semplice
la risoluzione della questione.

1) Costi mensili aziendali per ogni operatore
taxi: 700€ (quota radiotaxi, manutenzione,
contabilità, carburante in rapporto ai minimali
attuali livelli di spostamento) + 500€ (rata
acquisto auto) + rata per l’eventuale mutuo
liquidità per il trasferimento della licenza.

2) Costi di sostentamento per una famiglia
“normale”: 1000€ (bollette, condominio,
alimentazione). Tale costo non tiene conto
dell’eventuale affitto per l’abitazione nè del
mutuo prima casa.

Di fatto ci troviamo di fronte ad un COSTO DI
SUSSISTENZA aziendale e familiare, stimato in
1700€ qualora i costi per affitto, mutuo (prima
casa o liquidità) e finanziamento (auto) siano
stati fermati alla fonte.

Vi preghiamo di considerare che:

da tali costi non dipendono soltanto le
famiglie dei 30.000 tassisti del settore, ma
anche le diverse migliaia di famiglie dei
dipendenti dei radiotaxi che, a loro volta,
dipendono esclusivamente dalla capacità di
reddito dei tassisti, col pagamento della loro
quota sociale mensile;

da tali costi dipende la stessa sopravvivenza
dell’infrastruttura radiotaxi, il cui rilievo
pubblicistico, per la cittadinanza, vi sarà
noto.

Ci permettiamo di riallegare le nostre proposte
per il rilancio del settore, tra cui spicca il
“Buono Taxi”, quale misura efficace sia dal
lato della cittadinanza (rispondendo alle sue
esigenze di mobilità in sicurezza), che per il
rilancio del settore.

Infine, necessitiamo di una serie di
precisazioni normative per consentire ai nostri
operatori di espletare in totale sicurezza e
con chiarezza di regole il proprio servizio.

Giustamente, avete previsto a carico di nostri
operatori, per la tutela della clientela,
l’obbligo di dotarsi sia di mascherina che di
guantini nell’espletamento del servizio, ma non
è stato previsto un correlativo obbligo a
carico della clientela. Avendo già registrato
tre decessi tra i nostri operatori (Angiolino
Masserdotti di Brescia, Giuseppe Allegri di
Milano e Stefano Martini di Firenze), il
provvedimento ha una certa urgenza.

[…]

Circa la circolare prodotta dal M.i.t. in
merito ai divisori interni al taxi, facciamo
presente che alla luce della stessa sia
impossibile trovare installatori che eseguano
una certificazione relativa ad un’installazione
fatta a “regola d’arte”. Riteniamo che vada, in
via emergenziale, previsto un discrimine che
consenta comunque, almeno in questa fase, una
copertura assicurativa volta a proteggere il
tassista da eventuali azioni di risarcimento
danni del cliente che eventualmente abbia
riportato danni a causa del divisorio.

Sperando di avervi offerto un valido contributo
riflessivo, porgiamo i nostri migliori saluti e
auguri di buon lavoro. Viva l’Italia!

Claudio Giudici
Presidente nazionale Uritaxi

N.d.r.: ieri, in data 20 aprile, è uscita una
nuova circolare del M.i.t. che aggiorna la
precedente, provando a rendere percorribile la
strada della dotazione del divisorio da parte
dell’operatore del tpl non di linea, attraverso
l’introduzione di un eccezionale discrimine.

Circ11169.20.04.2020ParatieProtezAbit
Il Governo ascolti l’ “appello
dei 101” per la monetizzazione
o sarà desertificazione
                              Se oggi milioni di
                              cittadini non sono in
                              piazza a manifestare, è
                              solo per il grande senso
                              di responsabilità degli
                              Italiani, e non per
                              un’implicita approvazione
                              all’operato di Unione
                              Europea e Governo.

        Come tassisti e relative famiglie, nell’attesa
        che il già richiesto obbligo di protezione
        sanitaria per la nostra clientela venga
        disposto dal Ministero delle Infrastrutture e
        dei Trasporti (Mit) prima di dover registrare
        altri decessi al nostro interno, ci limitiamo a
        rimettere all’attenzione del Governo un facile
        “conto della serva”, che alla luce delle azioni
        da esso sinora intraprese, probabilmente
        sfugge.

        Una famiglia normale, solo per la sussistenza,
        tra abitazione e alimentazione, se ha la
        fortuna di non avere un affitto, ha almeno
        1000€ al mese di spese. Se trattasi di un
        imprenditore, a questi costi dobbiamo
        aggiungere altri costi “n”. Nel caso di un
        tassista, al netto delle tasse, considerando
        che almeno l’80% dei tassisti ha da tempo
        desistito dal lavorare a causa di un crollo del
        lavoro tra il 95% e il 100% (in relazione ai
        turni), possiamo stimare in altri 700€ al mese
        i costi vivi di gestione (radiotaxi,
        manutenzione, contabilità, carburante
        rapportato ai livelli di spostamento
        attuali), tralasciando altri 500€ al mese per
        l’auto, qualora la rata ti sia stata sospesa.

        Senza cadere nella trappola del Meccanismo
        europeo di stabilità (Mes) in cui già la Grecia
        cadde – e comprendiamo che a certi ambienti la
        cosa non desti preoccupazione, visto che
l’austerità che ne deriverebbe, colpirebbe
        gravemente solo la persona e la famiglia media
        -, se il Governo non ricorre alla
        “monetizzazione” suggerita dai 101 economisti,
        tra cui Jean Paul Fitoussi e James Galbraith,
        tramite la Bce o con il “faremo da soli” più
        volte enunciato dal Primo Ministro Conte, si
        renderà responsabile di una desertificazione
        economica senza precedenti. Se il Governo ha un
        contatto con la realtà non può non sapere che
        oggi la stragrande maggioranza delle partite
        iva non ha risparmi per affrontare in autonomia
        lo zero reddito di questa fase e di quella
        molto simile che ci attende. Abbiamo già
        inviato ai tecnici del M.i.t. le nostre
        proposte per affrontare questa crisi, per ora
        grandemente inascoltate alla luce dei numeri
        sopra riportati, ma solo con la straordinaria
        “monetizzazione dei 101” potranno essere
        realizzate.

        I nostri piccoli imprenditori e le nostre
        famiglie sono al limite della tenuta, così come
        le cooperative radiotaxi con i loro dipendenti,
        e lo stesso vale per il complessivo tessuto
        produttivo che serviamo: se salta il
        ristoratore, l’albergo, il parrucchiere, il
        libero professionista, saltano pure tutti i
        loro dipendenti, e passata la crisi sanitaria,
        i pochi superstiti non avranno più un mercato
        da servire.

        Claudio Giudici
        Presidente nazionale Uritaxi

Governo imponga uso mascherine
anche per clientela e abbandoni
il culto liberista
                              I decessi per coronavirus
                              dei tassisti Angiolino
                              Masserdotti, Giuseppe
                              Allegri e Stefano
                              Martini, ci impongono di
                              richiedere immediatamente
                              al Governo di disporre
                              l’obbligo d’uso delle
                              mascherine per la
clientela. Avevamo
        richiesto al Ministero delle Infrastrutture e
        dei Trasporti le strumentazioni necessarie alla
        protezione dei tassisti, ma di tutta risposta
        ci è arrivato l’obbligo a dotarcene, ma questo
        obbligo, se tutela la clientela, non tutela chi
        lavora! Purtroppo, questa grave dimenticanza è
        frutto di quella scellerata cultura liberista
        che negli ultimi decenni ha riattecchito, e che
        insegna che il lavoro è merce… e dunque la vita
        è merce! Anche da una svolta su queste cose di
        ordine immediato e concreto, si può dimostrare
        di aver compreso la vera origine della crisi
        sanitaria italiana e globale, che è una crisi
        da tagli allo Stato sociale, alla tutela
        sanitaria e lavorativa (si pensi alla carenza
        delle mascherine per gli stessi sanitari o
        all’assenza di ammortizzatori sociali), alle
        infrastrutture. Infatti, la difesa
        dell’economia reale, e dunque delle persone, è
        stata sacrificata da lungo tempo a favore dei
        tagli di bilancio imposti, oltre che dall’UE,
        dal “mercato”, di fatto sottomettendo gli Stati
        e la loro capacità di operare per il Bene
        Comune, alle agenzie di rating e alla
        speculazione finanziaria.

        Claudio Giudici

        Presidente nazionale Uritaxi

SULLA SENTENZA DELLA CORTE
COSTITUZIONALE IN MERITO ALLA
NUOVA LEGGE SUL TRASPORTO
PUBBLICO NON DI LINEA
                              La sentenza 56/2020 della
                              Corte Costituzionale del
                              26 febbraio 2020, in
                              merito al giudizio di
                              costituzionalità promosso
                              dalla Regione Calabria
                              durante la presidenza
                              Oliverio, rappresenta un
                              importante sigillo di
                              solidità della normativa
        quadro del trasporto pubblico non di linea,
sicuramente dal punto di vista formale. Ma
essa, indirettamente, sferra anche un nuovo
durissimo colpo all’odiosa mistificazione, in
quanto strumentale a precisi interessi
privatistici, che troppe volte è stata fatta
contro la regolamentazione italiana del
settore, sia sul fronte taxi che su quello del
noleggio con conducente (NCC).

La Consulta offre l’occasione, contro l’intento
dei ricorrenti, per ribadire che la normativa
in essere sia assolutamente rispettosa del
nostro Dettato costituzionale (e fra l’altro,
come emerso in altra sede, delle normative
comunitarie). Secondo essa, a fare eccezione,
sarebbe soltanto un aspetto della novella del
2019 – che però era già in essere dal 2009 col
meglio conosciuto art. 29, co. 1-quater -, ma
che non ha mai trovato, de facto, costante
applicazione “su strada”, ossia l’obbligo del
rientro in rimessa alla fine di ogni servizio.

Dunque, oggi, proprio grazie a tale sentenza,
la complessiva normativa quadro del trasporto
pubblico non di linea, ne esce rafforzata.
Tuttavia, siamo certi che essa troverà ancora,
ma con argomenti ancor più spuntati di quanto
già non lo fossero, i suoi mendaci o
interessati profanatori: poco seri
rappresentanti sindacali, associazioni dei
consumatori ispirate da una cultura liberista,
ottocentesca e pre e pro-bellica, pensatoi
altrettanto liberisti, ottocenteschi e pre e
pro-bellici, testate e giornalisti al soldo di
qualche multinazionale. Riteniamo invece che
Autorità indipendenti come l’Autorità di
Regolazione dei Trasporti (ART) e l’Autorità
Garante per il Commercio e il Mercato (AGCM),
debbano adesso definitivamente interrompere la
impropria e scorretta opera di sistematico
tentativo di squalifica e destrutturazione
della normativa quadro, e dunque del settore,
proprio a tutela della credibilità dei poteri
che rappresentano.

Questa sentenza, infatti, segna un’altra
preoccupante bocciatura dell’opera, sia
dell’ART che dell’AGCM, su cui, in particolare
relativamente a quest’ultima, aveva cercato
perno la Regione Calabria nella promozione del
giudizio di costituzionalità contro la novella
del 2019. Per l’AGCM, questa bocciatura si
aggiunge all’altra recentissima, di un altro
giudice di ultima istanza, stavolta
amministrativo, il Consiglio di Stato, con
sentenza del 3 marzo 2020. L’Antitrust,
infatti, da anni, ribadendolo fra l’altro in
audizione parlamentare durante il procedimento
di conversione del d.l. 143/2018 (che, a scanso
di confusione, aveva assorbito il d.l.
135/2018), poi convertito in l. 12/2019, tenta
di scardinare la natura locale del servizio di
noleggio con conducente, proponendo
autorizzazioni nazionali e la rimozione
dell’istituto della rimessa, arrivando
all’indefinibile abuso di richiedere, di fronte
al legislatore (!), la disapplicazione della
legge nelle parti di non suo gradimento(!).
Essa, di fatto, incapace di avere una visione
sistemica del settore, ed accecata – è proprio
il caso di dirlo! – dal solo dio della
concorrenza, lavora da tempo alla
istituzionalizzazione ex lege di una
concorrenza sleale tra taxi e n.c.c., dove i
primi rimarrebbero gravati da tutta la serie di
obblighi diseconomici a tutela dell’utenza che
da lungo tempo li gravano, mentre i secondi,
finendo col potersi rivolgere al medesimo
mercato, ne sarebbero liberi.

Nello specifico, la Corte Costituzionale ha
affrontato ben cinque questioni di legittimità
costituzionale promosse dalla Regione
Calabria.

“La prima riguarda la violazione della
competenza residuale delle regioni ex art. 117,
quarto comma, della Costituzione, in materia di
trasporto pubblico locale. Delle altre
questioni, una evoca il principio di leale
collaborazione desumibile dall’art. 120 Cost.,
mentre le rimanenti si riferiscono a parametri
che non interessano il riparto di attribuzioni:
si tratta (seguendo l’ordine dei motivi di
ricorso) degli artt. 3, 9, 41 e 117, primo
comma, Cost., quest’ultimo in relazione agli
artt. 49, 56 e da 101 a 109 del Trattato sul
funzionamento dell’Unione europea, come
modificato dall’art. 2 del Trattato di Lisbona
del 13 dicembre 2007 e ratificato dalla legge 2
agosto 2008, n. 130.”

Lo sviluppo di queste cinque questioni, porta
la Corte ad esprimersi su ben nove punti
inerenti la novella introdotta dalla l. 21/92.
Di questi, ben 7 sono stati dichiarati
inammissibili o non fondati, solo due, di cui
uno conseguenza dell’altro, non hanno superato
il vaglio di costituzionalità.

La Regione Calabria lamenta innanzitutto la
violazione del riparto delle attribuzioni tra
lo Stato e le regioni, ma la Corte respinge
totalmente tale addebito mosso contro la
normativa in esame. Nel farlo, ribadisce
importantissimi punti che la caratterizzano.
Dice infatti testualmente:

  1. Il servizio NCC ha una “vocazione locale
     che giustifica la correlata introduzione
     di limiti al libero esercizio
     dell’attività di trasporto” (come d’altra
     parte vale per il servizio taxi), e che
     “ciò che viene percepito dalla ricorrente
     come una discriminatoria restrizione della
     concorrenza su base territoriale
     costituisce invece un limite intrinseco
     alla stessa natura del servizio”.
  2. Circa la legittimità degli obblighi che il
     legislatore ha imposto al servizio NCC:
     “l’estrema facilità con cui possono essere
     commessi abusi nel settore del trasporto
     pubblico locale non di linea e, per
     converso, l’estrema difficoltà dei
     controlli e di conseguenza della
     repressione delle condotte – ciò che rende
     l’apparato sanzionatorio (pur previsto)
     poco dissuasivo – giustificano l’adozione
     di misure rigorose dirette a prevenire la
     possibilità di abusi”.
     Fra l’altro, il dichiarare l’apparato
     sanzionatorio “poco dissuasivo”, apre la
     strada al legislatore ordinario per
     poterlo irrigidire.
  3. “…l’obbligo di ricevere le richieste di
     prestazioni e le prenotazioni presso la
     rimessa o la sede, anche con l’utilizzo di
     strumenti tecnologici, e l’obbligo di
     compilare e tenere un “foglio di servizio”
     (art. 11, comma 4, quarto, quinto e sesto
     periodo, della legge n. 21 del 1992, come
     sostituito dall’art. 10-bis, comma 1,
     lettera e), costituiscono misure non
     irragionevoli e non sproporzionate. Esse
     appaiono infatti per un verso adeguate ad
     assicurare l’effettività del fondamentale
     divieto per i vettori NCC di rivolgersi a
     un’utenza indifferenziata senza sottostare
     al regime del servizio pubblico di piazza,
     e per altro verso impositive di un onere a
     carico dei vettori NCC rapportato alle
     caratteristiche del servizio offerto – che
     presuppone pur sempre un’apposita e
     nominativa richiesta di prestazione – e
     non eccessivamente gravoso, essendo
     possibile farvi fronte senza un aggravio
     dell’organizzazione dell’azienda, che
presuppone comunque la necessità di una
   sede o di una rimessa come base
   dell’attività aziendale.”
   Quindi, la Corte precisa che l’obbligo di
   ricevere le commesse di servizio presso la
   rimessa o la sede, permanga “anche con
   l’utilizzo di strumenti tecnologici”.
   Questo inciso chiude definitivamente la
   porta a quegli operatori, ed ai loro
   apologeti, che pensassero di trovare
   legittimazione all’elusione della
   normativa, proprio in questa sentenza. La
   Corte, infatti, differentemente dalla
   confusa Antitrust, è ben consapevole che
   consentire ai “vettori NCC di rivolgersi a
   un’utenza indifferenziata senza sottostare
   al regime del servizio pubblico di piazza”
   istituzionalizzerebbe per legge una vera e
   propria concorrenza sleale dei primi in
   sfavore dei taxi.
4. E irragionevole non è neanche il “comma 6
   dell’art. 10-bis, che vieta
   temporaneamente il rilascio di nuove
   autorizzazioni per il servizio di NCC fino
   alla piena operatività del registro
   informatico pubblico nazionale delle
   imprese del settore, introdotto al comma 3
   dello stesso art. 10-bis, risulta superare
   gli indicati limiti. Essa è giustificata
   da ragioni di opportunità, avendo il fine
   di bloccare il numero delle imprese
   operanti nel settore per il tempo tecnico
   strettamente necessario ad adottare in
   concreto il nuovo registro. Né essa
   comporta, come lamenta la ricorrente,
   un’irragionevole restrizione della
   concorrenza a vantaggio dei titolari di
   licenze per taxi, per le quali il divieto
   temporaneo di rilascio non opera. La
   diversità – per modalità di svolgimento,
   regime tariffario, ambito di operatività,
   rapporti con l’utenza, eccetera – dei due
   tipi di autoservizi pubblici non di linea
   e la loro necessaria reciproca
   distinzione, a cui presidio sono poste
   proprio le misure in esame – compresa
   quella dell’iscrizione nel registro
   informatico in via di predisposizione –
   escludono che la politica delle licenze
   adottata per uno di essi possa determinare
   vantaggi o pregiudizi per l’altro.”
   Dunque, la Corte ribadisce come
   “necessaria” la “distinzione” tra taxi e
   NCC, contrastando in toto con la
   despecializzazione promossa sia
dall’Antitrust che dall’Autorità di
   Regolazione dei Trasporti.
5. La normativa poi non violerebbe gli artt.
   3 (sull’uguaglianza), 9 (nel caso
   d’ispecie, relativamente alla tutela del
   paesaggio), 41 (sulla libera iniziativa
   economica), 117 (sul riparto delle
   attribuzioni tra Stato e Regioni) e 120
   (sulla leale collaborazione tra Stato e
   gli altri livelli territoriali) della
   Costituzione.
6. “La verifica di adeguatezza e
   proporzionalità dell’intervento statale dà
   invece esito negativo quanto alla
   previsione dell’obbligo di iniziare e
   terminare ogni singolo servizio di NCC
   presso le rimesse, con ritorno alle
   stesse, ai sensi di quanto previsto dal
   secondo periodo del comma 4 dell’art. 11,
   della legge n. 21 del 1992, come
   sostituito dall’art. 10-bis, comma 1,
   lettera e), del d.l. n. 135 del 2018. Il
   rigido vincolo imposto dal legislatore –
   derogabile nei limitati casi previsti al
   nuovo comma 4-bis dell’art. 11 della legge
   n. 21 del 1992 e al comma 9 dell’art. 10-
   bis – si risolve infatti in un aggravio
   organizzativo e gestionale irragionevole,
   in quanto obbliga il vettore, nonostante
   egli possa prelevare e portare a
   destinazione uno specifico utente in ogni
   luogo, a compiere necessariamente un
   viaggio di ritorno alla rimessa “a vuoto”
   prima di iniziare un nuovo servizio. La
   prescrizione non è solo in sé
   irragionevole – come risulta evidente se
   non altro per l’ipotesi in cui il vettore
   sia chiamato a effettuare un servizio
   proprio dal luogo in cui si è concluso il
   servizio precedente – ma risulta anche
   sproporzionata rispetto all’obiettivo
   prefissato di assicurare che il servizio
   di trasporto sia rivolto a un’utenza
   specifica e non indifferenziata, in quanto
   travalica il limite della stretta
   necessità, considerato che tale obiettivo
   è comunque presidiato dall’obbligo di
   prenotazione presso la sede o la rimessa e
   da quello, previsto all’art. 3, comma 2,
   della legge n. 21 del 1992, di
   stazionamento dei mezzi all’interno delle
   rimesse (o dei pontili d’attracco).
   Neppure è individuabile un inscindibile
   nesso funzionale tra il ritorno alla
   rimessa e le modalità di richiesta o di
prenotazione del servizio presso la
rimessa o la sede «anche mediante
l’utilizzo di strumenti tecnologici»,
previste agli artt. 3, comma 1, e 11,
comma 4, primo periodo, della legge n. 21
del 1992, nel testo risultante dalle
modifiche introdotte al comma 1, lettere
a) ed e), dell’art. 10-bis. La necessità
di ritornare ogni volta alla sede o alla
rimessa per raccogliere le richieste o le
prenotazioni colà effettuate può essere
evitata, senza che per questo si creino
interferenze con il servizio di piazza,
proprio grazie alla possibilità,
introdotta dalla stessa normativa statale
in esame, di utilizzare gli strumenti
tecnologici, specie per il tramite di
un’appropriata disciplina dell’attività
delle piattaforme tecnologiche che
intermediano tra domanda e offerta di
autoservizi pubblici non di linea,
demandata dal comma 8 dell’art. 10-bis,
come visto, a un decreto del Presidente
del Consiglio dei ministri.”Quindi la
Corte ribadisce qui concetti
importantissimi utili alla corretta
applicazione della normativa: a) l’obbligo
di prenotazione presso la sede o la
rimessa e l’obbligo di stazionamento in
rimessa del NCC, b) la necessità che non
“si creino interferenze con il servizio di
piazza” (taxi). Diversamente, la parte che
dichiara costituzionalmente illegittima,
non è altro che una ripetizione di
quell’art. 29, co. 1-quater, che dal punto
di vista sostanziale niente aggiungeva (e
dunque niente oggi si toglie), alla
normativa così come strutturata nel 1992.
Infatti, già in più occasioni, il
Consiglio di Stato stesso aveva affermato
come quell’articolo non facesse altro che
specificare più puntualmente ciò che già
la l. 21/92 diceva.

“Il carattere sproporzionato della misura
non è superato – ma solo attenuato,
rispetto alla previgente disciplina più
restrittiva dettata dall’art. 29, comma 1-
quater, del d.l. n. 207 del 2008 – dalla
possibilità concessa al vettore di
utilizzare, per l’inizio e il termine del
servizio, una qualsiasi delle rimesse di
cui disponga nell’ambito territoriale
provinciale o di area metropolitana, di
cui all’art. 3, comma 3, della legge n. 21
del 1992, come sostituito dal comma 1,
     lettera a), dell’art. 10-bis.”
     “Per la loro stretta connessione
     all’obbligo di iniziare e terminare ogni
     viaggio alla rimessa, sono illegittime
     anche le norme che derogano in casi
     particolari allo stesso obbligo, e
     segnatamente il comma 1, lettera f), nella
     parte in cui ha aggiunto il comma 4-bis
     all’art. 11 della legge n. 21 del 1992, e
     il comma 9 dell’art. 10-bis del d.l. n.
     135 del 2018.”
     Quest’ultimo inciso, come già detto, è
     relativo alle deroghe che il legislatore
     del 2019 aveva introdotto all’obbligo del
     rientro in rimessa alla fine di ogni
     servizio, e dunque il suo venire meno
     risulta un’ovvia e neutra conseguenza.

CONCLUSIONI

La Corte Costituzionale con questa sentenza
sgombra ogni dubbio relativo alle improvvide
accuse di non costituzionalità talvolta rivolte
alla normativa del trasporto pubblico non di
linea, e sembra concedere l’onore delle armi
alla parte ricorrente, nel rimuovere
formalmente quell’obbligo di rientro in rimessa
alla fine di ogni servizio, che però di fatto
resta permanente nel momento in cui essa
stessa, in più passaggi, ribadisce l’obbligo
per l’NCC di stazionamento in rimessa e
prenotazione presso la sede o la rimessa. Essa,
altresì in più passaggi, ribadisce di
comprendere la logica della distinzione tra
taxi e NCC, e dunque la legittimità di impedire
lo stazionamento su piazza di questi ultimi, in
quanto privi degli obblighi di servizio dei
primi.

A questo punto, si fa definitivamente pressante
e non più procrastinabile da parte
dell’Esecutivo, la messa in opera del registro
elettronico nazionale, del foglio digitale di
servizio e di una regolamentazione delle
piattaforme. Tutto questo, dovrà essere
rispettoso dei sigilli apposti proprio da
questa sentenza 56/2020 e ben più forte motivo,
di quanto già non ne avessero, avranno gli
operatori del settore a richiedere la perfetta
applicazione della normativa.

Firenze, 2 aprile 2020.

Il Direttivo nazionale Uritaxi
Trasporto generi di prima
necessità: la Regione Toscana
risponde all’eccezionalità del
momento
                              Bene ha fatto la Regione
                              Toscana, seguendo altre
                              Regioni italiane, ad
                              autorizzare il trasporto
                              pubblico non di linea
                              all’eccezionale trasporto
                              di generi di prima
                              necessità.
                              Deve essere chiara una
                              cosa: si tratta di una
        risposta straordinaria alla fase emergenziale
        che la nostra comunità sta vivendo. Risposte
        straordinarie, legate al particolarissimo
        momento, che d’altra parte vengono date in
        molti altri settori.

        Da settimane stavamo ricevendo pressioni da
        parte degli operatori dei settori alimentare e
        farmaceutico, per il trasporto di generi di
        prima necessità, in quanto essi
        impossibilitati, se non con attese superiori ai
        venti giorni, a rispondere alle drammatiche
        esigenze della comunità. Il nostro settore,
        però, si è sempre dovuto rifiutare, in quanto
        le normative non lo consentivano. Adesso,
        limitatamente a questa eccezionale fase
        emergenziale – ci tengo a precisarlo -, e solo
        per essa, il nostro settore potrà dare risposta
        alla nostra comunità anche a tale proposito,
        dando una mano così a chi da sempre fa questo
        tipo di consegne. Non si preoccupino dunque gli
        operatori del trasporto merci! Sappiamo da
        sempre cosa voglia dire “specializzazione” ed è
        giusto che questo tipo di servizio, una volta
        finita l’emergenza, siano essi, e soltanto
        essi, a doverlo espletare. Anzi, aggiungo,
        saremo al loro fianco, così come lo fummo con
        gli ambulanti, se qualcuno pensasse in futuro
        di colpirne il mercato! Insieme al “just in
        time”, infatti, la “despecializzazione” è un
        altro frutto amaro della pianta del liberismo,
        così utile a favorire le concentrazioni di
        mercato, e di mercati, in poche grandi mani, ma
        così nocivo per la comunità, come già dimostrò
        il periodo tra fine ‘800 e le due guerre
        mondiali, e come altrettanto tristemente oggi
sta dimostrando l’emergenza che stiamo vivendo.
        Anch’essa, infatti, è figlia di cinquant’anni
        di politiche neo-liberiste, dove lo Stato
        sociale è stato disintegrato per aprire nuovi
        settori alla grande finanza: quelli sanitari,
        previdenziali, delle infrastrutture e della
        ricerca in primis.

        Claudio Giudici
        Presidente Nazionale Uritaxi

Crisi coronavirus: M.i.t. e
Governo diano risposte vere al
mondo del lavoro!
        Di fronte al Ministero delle Infrastrutture e
        dei Trasporti, in un clima surreale tra persone
        che non si sono potute salutare con la consueta
        stretta di mano, distanti almeno un metro l’una
        dall’altra, e con grande parte delle
        rappresentanze collegata in teleconferenza, si
        è tenuto oggi il primo incontro del comparto
        del trasporto pubblico non di linea (taxi e
        n.c.c.) con questo Governo, nonostante fossero
        stati annullati tutti gli altri incontri
        ministeriali, per affrontare l’emergenza della
        situazione che si è venuta a creare dall’ultima
        decade di febbraio in seguito al diffondersi
        del coronavirus.

        Comprendendo l’emergenzialità della situazione,
        ogni rappresentanza ha deciso di soprassedere
        sui capitoli inerenti la parte ancora vacante
        della l. 12/2019, e rappresentando sia il
        drammatico malessere in corso, che le proposte
        per provare ad attutire il colpo della fase
        epocale che, tutto d’un tratto, si è venuta a
        creare. Non era facilmente ipotizzabile che in
        società avanzate come la nostra, sarebbe stato
        un virus a creare una situazione di tipo sud-
        americano. Una situazione, sarà chiaro ai più,
        che non riguarda solo quel nostro settore che
        per quasi un quindicennio aveva respinto gli
        assalti neoliberisti di culture politiche
        malate, di governi tecnici, di multinazionali,
        ma che riguarda – ed è ancor peggio! – l’intera
        economia italiana. Dopo decenni di sacrifici e
        tagli a suon di austerità, in onore di quella
finanza mascherata dalla retorica de “i conti
devono tornare”, abbiamo ridotto talmente tanto
la capacità sanitaria del Paese, che alla prima
emergenza, siamo andati immediatamente, e per
primi in Europa, nel caos. Il combinato
disposto di un’economia capace ancora di
produrre ed avere relazioni in termini sia di
export che di import, ma di un apparato
statale, sanitario e delle tutele assistenziali
(e previdenziali), ridotto all’osso, ha già
rimesso quel “i conti devono tornare” nel
cassetto degli errori della storia, con appelli
immediati in buona parte d’Europa a “dobbiamo
sforare il patto di stabilità”. Ed è proprio
intorno a questo slogan, che i più ortodossi
fino a ieri ripudiavano, che si giocherà anche
il nostro futuro immediato, sia come Paese che
come settore.

In questo quadro, appena esploso, ma già capace
di trasformare finanche i nostri carceri in
piccole basi del terrore invece che in luoghi
di espiazione e recupero, il Sottosegretario
Margiotta ed il Capo di Gabinetto del M.i.t.,
Stancanelli, dimostrando di avere contezza
delle difficoltà operative del comparto, sia
sul fronte sanitario che su quello economico,
ci hanno detto alcune cose: a breve avremo per
tutti noi le indicazioni comportamentali
contingentate dall’emergenza sanitaria, e già
mercoledì, nel decreto che il Governo dovrà
partorire, si saprà se, quali e come le nostre
richieste saranno state accolte (per queste si
rimanda al documento già pubblicato).

E’ evidente che adesso un Governo sarà tale,
solo se saprà reagire con schemi mentali
diametralmente antitetici a quelli che per
qualche decennio hanno concimato l’attuale
apocalittica situazione, solo agli inizi. Se
chi è nei carceri oggi si sente in diritto di
organizzare sommosse, figuriamoci cosa potrà
fare il cittadino che fino ad oggi produceva e
lavorava, in ogni settore, se non troverà
risposte ispirate alla difesa del contratto
sociale e del Bene Comune, invece che del
contratto di credito e degli speculatori
padroni del “ce lo chiedono i mercati”. Adesso
ve lo chiede quel Popolo che da sempre i
governanti dovrebbero servire!

Claudio Giudici
Presidente Nazionale Uritaxi
MISURE A DIFESA DEL SETTORE
TAXI PER LA CRISI
“CORONAVIRUS”
        Nell’affrontare la crisi epocale del settore
        taxi, occorre avere presente che nella gran
        parte del Paese esso si esprime con la figura
        giuridica dell’impresa artigiana e con
        l’associazione della medesima in cooperative di
        servizi e/o consorzi che sono dotati di
        centrali radio, oppure con la figura del
        dipendente di cooperative di produzione e
        lavoro.

        Gli interventi, quindi, devono dare risposta a
        due questioni, nonché individuare elementi che
        sostengano e rilancino il settore.

        Si tratta di intervenire su:

          1. reddito dell’operatore (nonché del suo
             collaboratore familiare)
          2. costi d’impresa nella dimensione singola
             ed in quella associata

        Occorre quindi stabilire:

        In relazione al punto a):

          1. Ammortizzatori sociali per il titolare
             della licenza (e per il collaboratore
             familiare) con l’istituzione di uno
             specifico intervento mensile pari
             all’80% della media mensile
             dell’imponibile contributivo registrato
             come incasso di impresa complessivo annuo
             nel 2019, con un massimale relativo a
             quello esistente per la Cassa integrazione
             guadagni (CIG) dei dipendenti;
          2. Misure anti-cicliche: al fine di colmare
             il gap che tutto d’un tratto si è creato
             tra il fatturato ordinario e quello post-
             coronavirus, nella logica dei
             provvedimenti di tipo “moltiplicativo” e
             sull’esperienza già attuata nel tempo da
             diverse realtà locali con le categorie
             deboli, il Governo lanci un provvedimento
             “Buono Taxi” per tutto il territorio
             nazionale. Tale importo, stimabile in
             circa 50 milioni di euro mensili, dovrà
             essere distribuito tra tutte le realtà
comunali dotate di servizio taxi, in
     proporzione al numero delle licenze
     emesse. I beneficiari ne saranno le
     categorie deboli, tuttavia il fine deve
     primariamente essere quello di sostenere
     gli operatori del settore (oggi, nuova
     categoria debole!). Grazie ad esso si
     sosterrà la domanda, agevolando la
     mobilità degli Italiani (i quali vedranno
     liberato parte del loro reddito, così da
     poterlo spendere verso altri settori), ed
     allo stesso tempo, generando lavoro per il
     comparto, si consentirà che esso continui
     a far girare tutti quei settori legati al
     trasporto (carburante, meccanici e
     carrozzerie, gommai, ecc.) ed i consumi
     ordinari del tassista e della sua
     famiglia, generando così un effetto
     moltiplicatore.

In relazione al punto b):

    sospensione senza sanzioni di mutui,
    imposte e tasse nonché dei termini per i
    versamenti dei premi e delle relative rate
    di premio per l’assicurazione Rca.
    abbattimento di imposte e tasse di
    carattere nazionale attraverso la
    concessione di un credito d’imposta pari
    all’incidenza di tali elementi per il
    periodo della crisi; sgravi nella
    tassazione locale (in particolare Imu e
    Tari);
    abbattimento del c.o.s.a.p.;
    revisione degli strumenti di misurazione
    del reddito 2020;
    sospensione dei pagamenti assicurativi e
    previdenziali; loro abbattimento per il
    periodo della crisi con attribuzione della
    contribuzione figurativa;
    reintroduzione del rimborso totale delle
    accise sul carburante, nonché introduzione
    di un paritario trattamento (da determinare
    nel sottostante di riferimento) per i
    veicoli a trazione elettrica;
    decommissionamento totale dei sistemi di
    pagamento elettronico (come già avviene per
    i distributori di carburante).

Qualora si sia in presenza di una struttura
associativa quale la cooperativa e/o il
consorzio, determinare:

    intervento della CIGO e/o del Fondo
    d’integrazione salariale (FIS) (senza
    limitazioni dei fondi a disposizione) e/o
della CIG in deroga per i dipendenti della
    cooperativa e/o del Consorzio.
    al fine di assecondare le politiche anti-
    contagio, senza costringere le persone ad
    un’umiliante improduttività, una
    agevolazione del telelavoro con credito
    d’imposta del 200% per gli investimenti
    software ed hardware, e totale
    decontribuzione del corrispettivo da lavoro
    per tale tipologia di lavoro a distanza;
    la sospensione del pagamento delle utenze
    di elettricità, acqua e gas e della
    gestione dei rifiuti urbani e di ogni altra
    tassazione locale;
    la sospensione del pagamento dei premi e
    delle relative rate di premio per
    l’assicurazione R.c.a. delle auto
    sostitutive, nonché la sospensione di
    eventuali mutui contratti per l’acquisto
    dei medesimi.

In presenza di strumentazione radiotaxi
determinare:

    sospensione di eventuali mutui contratti
    per l’acquisto e/o l’ammodernamento della
    medesima;
    sgravi sulla tassazione delle frequenze
    radio.

Sul fronte del rilancio del lavoro, occorre
prevedere finanziamenti per una strategia di
comunicazione e d’immagine per il “prodotto
Italia”.

Nota conclusiva: il seguente contributo che
Uritaxi ha assunto integralmente, è il frutto
del lavoro prodotto dalle rappresentanze
sindacali fiorentine.

Firenze, 6 marzo 2020.

Claudio Giudici
Presidente Nazionale Uritaxi

Misure a difesa del settore taxi
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