La vita di un tassista non è di serie B. Disobbedienza civile! - Uritaxi
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La vita di un tassista non è di serie B. Disobbedienza civile! Quanto riportato nel nuovo Dpcm in materia di trasporto pubblico non di linea è di una gravità senza precedenti! Trattandosi di Dpcm, ed intuendo dalle proteste interne alla stessa maggioranza, che qua la mano sinistra non sappia cosa fa la mano destra, mi rivolgo direttamente al Presidente Conte, chiedendogli cosa direbbe lui se un suo congiunto fosse tassista, nel sapere che la clientela deve essere protetta dalla eventuale viralità di quest’ultimo, ma non viceversa. Ciò che ci indigna è che questo doppiopesismo relativo alla considerazione della vita umana è stato già stigmatizzato con comunicazioni protocollate, in quanto si protrae oramai da circa un mese, con l’aggravante che la nostra categoria ha visto tra le sue fila già tre vittime. Dobbiamo prendere atto che la non protezione economica della piccola imprenditoria in genere, nel nostro caso è anche non protezione di vite umane che evidentemente sono considerate di serie B. Il Governo deve colmare subito questo recidivo doppiopesismo! Fino ad allora, consapevoli che la violazione delle leggi dello Stato sia un reato, ma non nel caso di questo Dpcm nella parte che ci riguarda, vista la sua manifesta violazione dell’art. 3 Cost. sull’uguaglianza e pari dignità di tutti i cittadini, riteniamo doveroso che ogni operatore del trasporto non di linea, a tutela della propria dignità personale, in segno di disobbedienza civile, e a tutela della propria salute, di quella della propria famiglia, nonché della stessa clientela che siamo chiamati a servire, eviti di trasportare clientela sprovvista dei dispostivi di protezione individuali, finché per essi stessi invece ne permarrà l’obbligo. Claudio Giudici Presidente nazionale Uritaxi
Nella pattumiera il liberismo! Lettera aperta al direttore del Corriere Fiorentino Paolo Ermini Caro Direttor e, le scrivo dopo aver letto il suo ultimo editoria le dove parla di licenze taxi da liberali zzare. Premetto che il nostro settore è pronto da qualche anno – non da oggi dunque – a rafforzare la genetica e ontologica integrazione col trasporto pubblico di linea. Altresì, non dimentichiamoci che quando parliamo di mobilità a Firenze, si parla di una città che nell’ultimo decennio ha compiuto la scellerata scelta di perdere il controllo del trasporto pubblico di linea, trasformando in gravissimo costo sociale di inefficienza, quello che era un importante costo finanziario amministrativo. Un qualcosa che prima rispondeva a logiche di necessità cittadina, ed oggi risponde a logiche di profitto. Però non capisco la sua uscita. Forse è una sorta di “aiuto” all’Amministrazione cittadina per attuare il nuovo piano mobilità, ma, a parte il cinismo di non considerare che siamo a cospetto di lavoratori e famiglie che, ovviamente, come tutti, sono già abbastanza affrante e preoccupate, mi creda, non ve n’era proprio bisogno. L’idea di compensare i tassisti con una copertura dell’investimento per la licenza, a carico dei cittadini – soluzione che in ogni caso compete al legislatore nazionale e non al Comune -, viste le prospettive di mercato, e visto che circa il 70% di noi è ancora indebitato con il sistema bancario, potrebbe oggi trovare una interessata
disponibilità, ma, mi dimenticherei io in primis di tutelare il servizio pubblico taxi che amo, e sopratutto, non può essere questo l’unico dato a cui dovrebbe guardare un amministratore pubblico. Questa sua idea ci offre lo spunto per aprire un dibattito sulle cause della crisi che oggi tutti noi – non i tassisti, non i fiorentini o gli italiani, ma tutta l’umanità! – stiamo affrontando, anzi, direi, subendo. Dibattito, sinora comodamente cassato. Infatti, vediamo coloro i quali di questa crisi epocale ed esistenziale sono corresponsabili per il ruolo rivestito negli ultimi decenni di nocchieri della carrozza, ancora nella medesima posizione, o comunque, con spudorata baldanza, continuare a pontificare. Come se niente fosse successo in questi anni. Questa crisi, invece, ci offre finalmente la grande occasione per capire quanto la ricetta globalista, liberista, finanziarista e rigorista, attraverso l’assenza di regole nei settori da predare, e di iper- burocrazia in quelli da ingessare (tipico del liberismo ottocentesco col “calcio alla scala”), ed ancor prima attraverso la rimozione di un principio di etica pubblica del Bene Comune – alfieri, questi, del culto liberista da anteporre a tutto -, fosse sbagliata. Da anteporre innanzitutto alla salute, di cui la gravissima carenza sanitario-infrastrutturale é lì oggi a piangere e urlare il proprio dolore sul corpo dei morti che potevano non esserci; da anteporre alla cura (manutenzione e sviluppo) delle infrastrutture – i ponti, viadotti, strade e lungarni crollati nell’ultimo quinquennio erano lì, anch’essi talvolta purtroppo con i loro morti, erano campanelli di allarme -; da anteporre alla qualità della vita di persone e famiglie, già vittime da anni, alla sera, alla domenica, del “distanziamento sociale” imposto dalle riforme liberiste del diritto del lavoro, perché il pil aveva da crescere (ma che comunque non cresceva, perchè non era quello il vero modo per farlo crescere); da anteporre ad una reale salute delle finanze pubbliche, disintegrate dai debiti finanziari in derivati contratti sia a livello centrale che locale dalla metà degli anni ‘90, e che venivano a far crescere il nostro debito pubblico nonostante gli impareggiabili tagli allo stato sociale (tanto da essere l’Italia il paese ad aver registrato più bilanci in avanzo primario al mondo dal 1995!). Allora ci dobbiamo mettere d’accordo: o
l’attuale crisi sanitaria, tra le altre cose, è stata provocata dalle scelte scellerate degli ultimi anni, e allora non possiamo continuare a veder pontificare chi di quelle scelte è responsabile, e continuare col culto liberista di quelle ad ispirazione, oppure, come io credo, dobbiamo (costituzionalmente fra l’altro) distaccarci da tutto ciò e cambiare direzione. E allora, tornando al mio settore: siamo riusciti finanche in sede europea, le cui agitazioni liberiste sono a tutti note – e i cui risultati si vedono -, a far comprendere che sono la sicurezza della persona trasportata e l’universalità del servizio, i primi fattori a cui si debba guardare – cose che si possono garantire solo col sistema delle licenze, la prima, e della tariffa regolata, la seconda (pensi senza questa garanzia, oggi, quanto potrebbe chiedere un tassista al cittadino impaurito in cerca di un sicuro mezzo di trasporto?) – e lei oggi viene a proporre la liberalizzazione delle licenze? Cioè, uno dei pochi settori non rimasto vittima dell’orgia liberista, dove solo il più ricco ha potuto arbitrariamente, senza regole, godere delle sue schiave, nonostante questa crisi epocale, lo si vorrebbe sottoporre al medesimo trattamento? Perdoni, ma allora questa crisi, con la sua tragedia, non è davvero servita a niente, e la via della redenzione è ancora lunghissima. Claudio Giudici Presidente nazionale Uritaxi Una proiezione sul fatturato taxi (e non solo) nei prossimi mesi In funzione delle progressive tredici riaperture previste nella bozza della Commissione Colao (che ovviamente potrà essere oggetto di modifiche), abbiamo provato a simulare una proiezione sull’incidenza che esse avranno, passo per passo, sul fatturato del settore. La simulazione prende a riferimento città a
vocazione turistica come Firenze e Roma, per cui un primo rilevante fattore di contrazione del fatturato è, e sarà nei mesi a venire, rappresentato da una pressoché assenza di turismo. Tale assenza l’abbiamo soppesata pari ad un 50% del fatturato pre-Covid19. È evidente che tale incidenza sarà più bassa (30%) nelle città a maggior vocazione “affari” e sarà più alta (70-80%) nelle realtà la cui economia è pressoché totalmente legata al turismo. Riteniamo però che le due città prese in esame possano essere un buon campione mediano, e dunque referente per tutto il Paese. Rimettiamo quindi di seguito, sia la tabella delle riaperture previste dalla Commissione Colao, riprodotta dalle indiscrezioni di cronaca, sia il grafico che mostra la dinamica della contrazione del fatturato del settore taxi. Tale contrazione sarà progressivamente più bassa, in funzione delle graduali riaperture socio-economiche. La proiezione ci dice che se ad oggi il calo del fatturato del settore taxi è del 97%, esso si manterrà sopra la considerevole cifra dell’80% fino ad estate inoltrata. Da settembre, con la riapertura delle scuole, esso dovrebbe subire un’accelerazione alla riduzione del crollo, di 10 punti percentuali, fino ad arrivare alla comunque pesante soglia del 67% per fine anno. Dunque, da marzo di questo anno a fine esercizio 2020, il crollo del fatturato sarà tra “totale” e i due terzi del totale (tra il 97% e il 67%). Sarà da anno nuovo, con la fine di ogni limitazione e la riapertura dei confini prevista per il 31 marzo 2021, che un po’ di luce potrebbe tornare, fino a raggiungere i massimi che il mercato interno possa consentire di avere: un fatturato che varrà la metà rispetto all’era pre-Covid19.
L’esercizio che ogni tassista può fare per capire cosa ciò vorrà dire sulle proprie tasche, per dunque preparare un piano di spese rapportato alla tendenza delle entrate, è quello di applicare queste percentuali a quello che era nell’era pre-Covid19 il proprio fatturato medio (giornaliero o mensile) e sottrarle allo stesso, per capire a quanto ammonteranno le proprie entrate. La notizia ancora più brutta – come se ciò già non bastasse! -, è che questo tipo di dinamica è estendibile a molti altri settori dell’economia italiana, similmente legati al comparto turistico. Dunque, se questa proiezione può apparire eccessivamente prudenziale, o pessimistica, essa in realtà non sconta il fatto che lo stesso mercato interno sarà ben più debole rispetto a quello conosciuto fino ad oggi, a meno che, in via del tutto eccezionale, con provvedimenti straordinari, non intervenga un fattore esogeno al mercato, ossia lo Stato, proprio come è intervenuto, dalla mattina alla sera, per bloccare ogni attività e dunque ogni entrata di queste attività. Ufficio studi Uritaxi Lettera di Uritaxi a Mit, Mise e Mef Alla c.a. del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti
p.c.: Ministero dello Sviluppo economico Ministero Economia e Finanze Oggetto: costo di sussistenza e prescrizioni operative. Firenze, 18 aprile 2020. Gent.mi, diversi dei nostri operatori – purtroppo non tutti – hanno ricevuto il contributo di solidarietà di 600€. Purtroppo esso è assolutamente insufficiente sia ai fini di una copertura dei costi aziendali base, sia di quelli relativi ai costi familiari di prima necessità. Ci permettiamo di sottoporvi un semplice “conto della serva”, al fine di rendervi più semplice la risoluzione della questione. 1) Costi mensili aziendali per ogni operatore taxi: 700€ (quota radiotaxi, manutenzione, contabilità, carburante in rapporto ai minimali attuali livelli di spostamento) + 500€ (rata acquisto auto) + rata per l’eventuale mutuo liquidità per il trasferimento della licenza. 2) Costi di sostentamento per una famiglia “normale”: 1000€ (bollette, condominio, alimentazione). Tale costo non tiene conto dell’eventuale affitto per l’abitazione nè del mutuo prima casa. Di fatto ci troviamo di fronte ad un COSTO DI SUSSISTENZA aziendale e familiare, stimato in 1700€ qualora i costi per affitto, mutuo (prima casa o liquidità) e finanziamento (auto) siano stati fermati alla fonte. Vi preghiamo di considerare che: da tali costi non dipendono soltanto le famiglie dei 30.000 tassisti del settore, ma anche le diverse migliaia di famiglie dei dipendenti dei radiotaxi che, a loro volta, dipendono esclusivamente dalla capacità di reddito dei tassisti, col pagamento della loro quota sociale mensile; da tali costi dipende la stessa sopravvivenza dell’infrastruttura radiotaxi, il cui rilievo
pubblicistico, per la cittadinanza, vi sarà noto. Ci permettiamo di riallegare le nostre proposte per il rilancio del settore, tra cui spicca il “Buono Taxi”, quale misura efficace sia dal lato della cittadinanza (rispondendo alle sue esigenze di mobilità in sicurezza), che per il rilancio del settore. Infine, necessitiamo di una serie di precisazioni normative per consentire ai nostri operatori di espletare in totale sicurezza e con chiarezza di regole il proprio servizio. Giustamente, avete previsto a carico di nostri operatori, per la tutela della clientela, l’obbligo di dotarsi sia di mascherina che di guantini nell’espletamento del servizio, ma non è stato previsto un correlativo obbligo a carico della clientela. Avendo già registrato tre decessi tra i nostri operatori (Angiolino Masserdotti di Brescia, Giuseppe Allegri di Milano e Stefano Martini di Firenze), il provvedimento ha una certa urgenza. […] Circa la circolare prodotta dal M.i.t. in merito ai divisori interni al taxi, facciamo presente che alla luce della stessa sia impossibile trovare installatori che eseguano una certificazione relativa ad un’installazione fatta a “regola d’arte”. Riteniamo che vada, in via emergenziale, previsto un discrimine che consenta comunque, almeno in questa fase, una copertura assicurativa volta a proteggere il tassista da eventuali azioni di risarcimento danni del cliente che eventualmente abbia riportato danni a causa del divisorio. Sperando di avervi offerto un valido contributo riflessivo, porgiamo i nostri migliori saluti e auguri di buon lavoro. Viva l’Italia! Claudio Giudici Presidente nazionale Uritaxi N.d.r.: ieri, in data 20 aprile, è uscita una nuova circolare del M.i.t. che aggiorna la precedente, provando a rendere percorribile la strada della dotazione del divisorio da parte dell’operatore del tpl non di linea, attraverso l’introduzione di un eccezionale discrimine. Circ11169.20.04.2020ParatieProtezAbit
Il Governo ascolti l’ “appello dei 101” per la monetizzazione o sarà desertificazione Se oggi milioni di cittadini non sono in piazza a manifestare, è solo per il grande senso di responsabilità degli Italiani, e non per un’implicita approvazione all’operato di Unione Europea e Governo. Come tassisti e relative famiglie, nell’attesa che il già richiesto obbligo di protezione sanitaria per la nostra clientela venga disposto dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (Mit) prima di dover registrare altri decessi al nostro interno, ci limitiamo a rimettere all’attenzione del Governo un facile “conto della serva”, che alla luce delle azioni da esso sinora intraprese, probabilmente sfugge. Una famiglia normale, solo per la sussistenza, tra abitazione e alimentazione, se ha la fortuna di non avere un affitto, ha almeno 1000€ al mese di spese. Se trattasi di un imprenditore, a questi costi dobbiamo aggiungere altri costi “n”. Nel caso di un tassista, al netto delle tasse, considerando che almeno l’80% dei tassisti ha da tempo desistito dal lavorare a causa di un crollo del lavoro tra il 95% e il 100% (in relazione ai turni), possiamo stimare in altri 700€ al mese i costi vivi di gestione (radiotaxi, manutenzione, contabilità, carburante rapportato ai livelli di spostamento attuali), tralasciando altri 500€ al mese per l’auto, qualora la rata ti sia stata sospesa. Senza cadere nella trappola del Meccanismo europeo di stabilità (Mes) in cui già la Grecia cadde – e comprendiamo che a certi ambienti la cosa non desti preoccupazione, visto che
l’austerità che ne deriverebbe, colpirebbe gravemente solo la persona e la famiglia media -, se il Governo non ricorre alla “monetizzazione” suggerita dai 101 economisti, tra cui Jean Paul Fitoussi e James Galbraith, tramite la Bce o con il “faremo da soli” più volte enunciato dal Primo Ministro Conte, si renderà responsabile di una desertificazione economica senza precedenti. Se il Governo ha un contatto con la realtà non può non sapere che oggi la stragrande maggioranza delle partite iva non ha risparmi per affrontare in autonomia lo zero reddito di questa fase e di quella molto simile che ci attende. Abbiamo già inviato ai tecnici del M.i.t. le nostre proposte per affrontare questa crisi, per ora grandemente inascoltate alla luce dei numeri sopra riportati, ma solo con la straordinaria “monetizzazione dei 101” potranno essere realizzate. I nostri piccoli imprenditori e le nostre famiglie sono al limite della tenuta, così come le cooperative radiotaxi con i loro dipendenti, e lo stesso vale per il complessivo tessuto produttivo che serviamo: se salta il ristoratore, l’albergo, il parrucchiere, il libero professionista, saltano pure tutti i loro dipendenti, e passata la crisi sanitaria, i pochi superstiti non avranno più un mercato da servire. Claudio Giudici Presidente nazionale Uritaxi Governo imponga uso mascherine anche per clientela e abbandoni il culto liberista I decessi per coronavirus dei tassisti Angiolino Masserdotti, Giuseppe Allegri e Stefano Martini, ci impongono di richiedere immediatamente al Governo di disporre l’obbligo d’uso delle mascherine per la
clientela. Avevamo richiesto al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti le strumentazioni necessarie alla protezione dei tassisti, ma di tutta risposta ci è arrivato l’obbligo a dotarcene, ma questo obbligo, se tutela la clientela, non tutela chi lavora! Purtroppo, questa grave dimenticanza è frutto di quella scellerata cultura liberista che negli ultimi decenni ha riattecchito, e che insegna che il lavoro è merce… e dunque la vita è merce! Anche da una svolta su queste cose di ordine immediato e concreto, si può dimostrare di aver compreso la vera origine della crisi sanitaria italiana e globale, che è una crisi da tagli allo Stato sociale, alla tutela sanitaria e lavorativa (si pensi alla carenza delle mascherine per gli stessi sanitari o all’assenza di ammortizzatori sociali), alle infrastrutture. Infatti, la difesa dell’economia reale, e dunque delle persone, è stata sacrificata da lungo tempo a favore dei tagli di bilancio imposti, oltre che dall’UE, dal “mercato”, di fatto sottomettendo gli Stati e la loro capacità di operare per il Bene Comune, alle agenzie di rating e alla speculazione finanziaria. Claudio Giudici Presidente nazionale Uritaxi SULLA SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE IN MERITO ALLA NUOVA LEGGE SUL TRASPORTO PUBBLICO NON DI LINEA La sentenza 56/2020 della Corte Costituzionale del 26 febbraio 2020, in merito al giudizio di costituzionalità promosso dalla Regione Calabria durante la presidenza Oliverio, rappresenta un importante sigillo di solidità della normativa quadro del trasporto pubblico non di linea,
sicuramente dal punto di vista formale. Ma essa, indirettamente, sferra anche un nuovo durissimo colpo all’odiosa mistificazione, in quanto strumentale a precisi interessi privatistici, che troppe volte è stata fatta contro la regolamentazione italiana del settore, sia sul fronte taxi che su quello del noleggio con conducente (NCC). La Consulta offre l’occasione, contro l’intento dei ricorrenti, per ribadire che la normativa in essere sia assolutamente rispettosa del nostro Dettato costituzionale (e fra l’altro, come emerso in altra sede, delle normative comunitarie). Secondo essa, a fare eccezione, sarebbe soltanto un aspetto della novella del 2019 – che però era già in essere dal 2009 col meglio conosciuto art. 29, co. 1-quater -, ma che non ha mai trovato, de facto, costante applicazione “su strada”, ossia l’obbligo del rientro in rimessa alla fine di ogni servizio. Dunque, oggi, proprio grazie a tale sentenza, la complessiva normativa quadro del trasporto pubblico non di linea, ne esce rafforzata. Tuttavia, siamo certi che essa troverà ancora, ma con argomenti ancor più spuntati di quanto già non lo fossero, i suoi mendaci o interessati profanatori: poco seri rappresentanti sindacali, associazioni dei consumatori ispirate da una cultura liberista, ottocentesca e pre e pro-bellica, pensatoi altrettanto liberisti, ottocenteschi e pre e pro-bellici, testate e giornalisti al soldo di qualche multinazionale. Riteniamo invece che Autorità indipendenti come l’Autorità di Regolazione dei Trasporti (ART) e l’Autorità Garante per il Commercio e il Mercato (AGCM), debbano adesso definitivamente interrompere la impropria e scorretta opera di sistematico tentativo di squalifica e destrutturazione della normativa quadro, e dunque del settore, proprio a tutela della credibilità dei poteri che rappresentano. Questa sentenza, infatti, segna un’altra preoccupante bocciatura dell’opera, sia dell’ART che dell’AGCM, su cui, in particolare relativamente a quest’ultima, aveva cercato perno la Regione Calabria nella promozione del giudizio di costituzionalità contro la novella del 2019. Per l’AGCM, questa bocciatura si aggiunge all’altra recentissima, di un altro giudice di ultima istanza, stavolta amministrativo, il Consiglio di Stato, con sentenza del 3 marzo 2020. L’Antitrust,
infatti, da anni, ribadendolo fra l’altro in audizione parlamentare durante il procedimento di conversione del d.l. 143/2018 (che, a scanso di confusione, aveva assorbito il d.l. 135/2018), poi convertito in l. 12/2019, tenta di scardinare la natura locale del servizio di noleggio con conducente, proponendo autorizzazioni nazionali e la rimozione dell’istituto della rimessa, arrivando all’indefinibile abuso di richiedere, di fronte al legislatore (!), la disapplicazione della legge nelle parti di non suo gradimento(!). Essa, di fatto, incapace di avere una visione sistemica del settore, ed accecata – è proprio il caso di dirlo! – dal solo dio della concorrenza, lavora da tempo alla istituzionalizzazione ex lege di una concorrenza sleale tra taxi e n.c.c., dove i primi rimarrebbero gravati da tutta la serie di obblighi diseconomici a tutela dell’utenza che da lungo tempo li gravano, mentre i secondi, finendo col potersi rivolgere al medesimo mercato, ne sarebbero liberi. Nello specifico, la Corte Costituzionale ha affrontato ben cinque questioni di legittimità costituzionale promosse dalla Regione Calabria. “La prima riguarda la violazione della competenza residuale delle regioni ex art. 117, quarto comma, della Costituzione, in materia di trasporto pubblico locale. Delle altre questioni, una evoca il principio di leale collaborazione desumibile dall’art. 120 Cost., mentre le rimanenti si riferiscono a parametri che non interessano il riparto di attribuzioni: si tratta (seguendo l’ordine dei motivi di ricorso) degli artt. 3, 9, 41 e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione agli artt. 49, 56 e da 101 a 109 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, come modificato dall’art. 2 del Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007 e ratificato dalla legge 2 agosto 2008, n. 130.” Lo sviluppo di queste cinque questioni, porta la Corte ad esprimersi su ben nove punti inerenti la novella introdotta dalla l. 21/92. Di questi, ben 7 sono stati dichiarati inammissibili o non fondati, solo due, di cui uno conseguenza dell’altro, non hanno superato il vaglio di costituzionalità. La Regione Calabria lamenta innanzitutto la violazione del riparto delle attribuzioni tra
lo Stato e le regioni, ma la Corte respinge totalmente tale addebito mosso contro la normativa in esame. Nel farlo, ribadisce importantissimi punti che la caratterizzano. Dice infatti testualmente: 1. Il servizio NCC ha una “vocazione locale che giustifica la correlata introduzione di limiti al libero esercizio dell’attività di trasporto” (come d’altra parte vale per il servizio taxi), e che “ciò che viene percepito dalla ricorrente come una discriminatoria restrizione della concorrenza su base territoriale costituisce invece un limite intrinseco alla stessa natura del servizio”. 2. Circa la legittimità degli obblighi che il legislatore ha imposto al servizio NCC: “l’estrema facilità con cui possono essere commessi abusi nel settore del trasporto pubblico locale non di linea e, per converso, l’estrema difficoltà dei controlli e di conseguenza della repressione delle condotte – ciò che rende l’apparato sanzionatorio (pur previsto) poco dissuasivo – giustificano l’adozione di misure rigorose dirette a prevenire la possibilità di abusi”. Fra l’altro, il dichiarare l’apparato sanzionatorio “poco dissuasivo”, apre la strada al legislatore ordinario per poterlo irrigidire. 3. “…l’obbligo di ricevere le richieste di prestazioni e le prenotazioni presso la rimessa o la sede, anche con l’utilizzo di strumenti tecnologici, e l’obbligo di compilare e tenere un “foglio di servizio” (art. 11, comma 4, quarto, quinto e sesto periodo, della legge n. 21 del 1992, come sostituito dall’art. 10-bis, comma 1, lettera e), costituiscono misure non irragionevoli e non sproporzionate. Esse appaiono infatti per un verso adeguate ad assicurare l’effettività del fondamentale divieto per i vettori NCC di rivolgersi a un’utenza indifferenziata senza sottostare al regime del servizio pubblico di piazza, e per altro verso impositive di un onere a carico dei vettori NCC rapportato alle caratteristiche del servizio offerto – che presuppone pur sempre un’apposita e nominativa richiesta di prestazione – e non eccessivamente gravoso, essendo possibile farvi fronte senza un aggravio dell’organizzazione dell’azienda, che
presuppone comunque la necessità di una sede o di una rimessa come base dell’attività aziendale.” Quindi, la Corte precisa che l’obbligo di ricevere le commesse di servizio presso la rimessa o la sede, permanga “anche con l’utilizzo di strumenti tecnologici”. Questo inciso chiude definitivamente la porta a quegli operatori, ed ai loro apologeti, che pensassero di trovare legittimazione all’elusione della normativa, proprio in questa sentenza. La Corte, infatti, differentemente dalla confusa Antitrust, è ben consapevole che consentire ai “vettori NCC di rivolgersi a un’utenza indifferenziata senza sottostare al regime del servizio pubblico di piazza” istituzionalizzerebbe per legge una vera e propria concorrenza sleale dei primi in sfavore dei taxi. 4. E irragionevole non è neanche il “comma 6 dell’art. 10-bis, che vieta temporaneamente il rilascio di nuove autorizzazioni per il servizio di NCC fino alla piena operatività del registro informatico pubblico nazionale delle imprese del settore, introdotto al comma 3 dello stesso art. 10-bis, risulta superare gli indicati limiti. Essa è giustificata da ragioni di opportunità, avendo il fine di bloccare il numero delle imprese operanti nel settore per il tempo tecnico strettamente necessario ad adottare in concreto il nuovo registro. Né essa comporta, come lamenta la ricorrente, un’irragionevole restrizione della concorrenza a vantaggio dei titolari di licenze per taxi, per le quali il divieto temporaneo di rilascio non opera. La diversità – per modalità di svolgimento, regime tariffario, ambito di operatività, rapporti con l’utenza, eccetera – dei due tipi di autoservizi pubblici non di linea e la loro necessaria reciproca distinzione, a cui presidio sono poste proprio le misure in esame – compresa quella dell’iscrizione nel registro informatico in via di predisposizione – escludono che la politica delle licenze adottata per uno di essi possa determinare vantaggi o pregiudizi per l’altro.” Dunque, la Corte ribadisce come “necessaria” la “distinzione” tra taxi e NCC, contrastando in toto con la despecializzazione promossa sia
dall’Antitrust che dall’Autorità di Regolazione dei Trasporti. 5. La normativa poi non violerebbe gli artt. 3 (sull’uguaglianza), 9 (nel caso d’ispecie, relativamente alla tutela del paesaggio), 41 (sulla libera iniziativa economica), 117 (sul riparto delle attribuzioni tra Stato e Regioni) e 120 (sulla leale collaborazione tra Stato e gli altri livelli territoriali) della Costituzione. 6. “La verifica di adeguatezza e proporzionalità dell’intervento statale dà invece esito negativo quanto alla previsione dell’obbligo di iniziare e terminare ogni singolo servizio di NCC presso le rimesse, con ritorno alle stesse, ai sensi di quanto previsto dal secondo periodo del comma 4 dell’art. 11, della legge n. 21 del 1992, come sostituito dall’art. 10-bis, comma 1, lettera e), del d.l. n. 135 del 2018. Il rigido vincolo imposto dal legislatore – derogabile nei limitati casi previsti al nuovo comma 4-bis dell’art. 11 della legge n. 21 del 1992 e al comma 9 dell’art. 10- bis – si risolve infatti in un aggravio organizzativo e gestionale irragionevole, in quanto obbliga il vettore, nonostante egli possa prelevare e portare a destinazione uno specifico utente in ogni luogo, a compiere necessariamente un viaggio di ritorno alla rimessa “a vuoto” prima di iniziare un nuovo servizio. La prescrizione non è solo in sé irragionevole – come risulta evidente se non altro per l’ipotesi in cui il vettore sia chiamato a effettuare un servizio proprio dal luogo in cui si è concluso il servizio precedente – ma risulta anche sproporzionata rispetto all’obiettivo prefissato di assicurare che il servizio di trasporto sia rivolto a un’utenza specifica e non indifferenziata, in quanto travalica il limite della stretta necessità, considerato che tale obiettivo è comunque presidiato dall’obbligo di prenotazione presso la sede o la rimessa e da quello, previsto all’art. 3, comma 2, della legge n. 21 del 1992, di stazionamento dei mezzi all’interno delle rimesse (o dei pontili d’attracco). Neppure è individuabile un inscindibile nesso funzionale tra il ritorno alla rimessa e le modalità di richiesta o di
prenotazione del servizio presso la rimessa o la sede «anche mediante l’utilizzo di strumenti tecnologici», previste agli artt. 3, comma 1, e 11, comma 4, primo periodo, della legge n. 21 del 1992, nel testo risultante dalle modifiche introdotte al comma 1, lettere a) ed e), dell’art. 10-bis. La necessità di ritornare ogni volta alla sede o alla rimessa per raccogliere le richieste o le prenotazioni colà effettuate può essere evitata, senza che per questo si creino interferenze con il servizio di piazza, proprio grazie alla possibilità, introdotta dalla stessa normativa statale in esame, di utilizzare gli strumenti tecnologici, specie per il tramite di un’appropriata disciplina dell’attività delle piattaforme tecnologiche che intermediano tra domanda e offerta di autoservizi pubblici non di linea, demandata dal comma 8 dell’art. 10-bis, come visto, a un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.”Quindi la Corte ribadisce qui concetti importantissimi utili alla corretta applicazione della normativa: a) l’obbligo di prenotazione presso la sede o la rimessa e l’obbligo di stazionamento in rimessa del NCC, b) la necessità che non “si creino interferenze con il servizio di piazza” (taxi). Diversamente, la parte che dichiara costituzionalmente illegittima, non è altro che una ripetizione di quell’art. 29, co. 1-quater, che dal punto di vista sostanziale niente aggiungeva (e dunque niente oggi si toglie), alla normativa così come strutturata nel 1992. Infatti, già in più occasioni, il Consiglio di Stato stesso aveva affermato come quell’articolo non facesse altro che specificare più puntualmente ciò che già la l. 21/92 diceva. “Il carattere sproporzionato della misura non è superato – ma solo attenuato, rispetto alla previgente disciplina più restrittiva dettata dall’art. 29, comma 1- quater, del d.l. n. 207 del 2008 – dalla possibilità concessa al vettore di utilizzare, per l’inizio e il termine del servizio, una qualsiasi delle rimesse di cui disponga nell’ambito territoriale provinciale o di area metropolitana, di cui all’art. 3, comma 3, della legge n. 21
del 1992, come sostituito dal comma 1, lettera a), dell’art. 10-bis.” “Per la loro stretta connessione all’obbligo di iniziare e terminare ogni viaggio alla rimessa, sono illegittime anche le norme che derogano in casi particolari allo stesso obbligo, e segnatamente il comma 1, lettera f), nella parte in cui ha aggiunto il comma 4-bis all’art. 11 della legge n. 21 del 1992, e il comma 9 dell’art. 10-bis del d.l. n. 135 del 2018.” Quest’ultimo inciso, come già detto, è relativo alle deroghe che il legislatore del 2019 aveva introdotto all’obbligo del rientro in rimessa alla fine di ogni servizio, e dunque il suo venire meno risulta un’ovvia e neutra conseguenza. CONCLUSIONI La Corte Costituzionale con questa sentenza sgombra ogni dubbio relativo alle improvvide accuse di non costituzionalità talvolta rivolte alla normativa del trasporto pubblico non di linea, e sembra concedere l’onore delle armi alla parte ricorrente, nel rimuovere formalmente quell’obbligo di rientro in rimessa alla fine di ogni servizio, che però di fatto resta permanente nel momento in cui essa stessa, in più passaggi, ribadisce l’obbligo per l’NCC di stazionamento in rimessa e prenotazione presso la sede o la rimessa. Essa, altresì in più passaggi, ribadisce di comprendere la logica della distinzione tra taxi e NCC, e dunque la legittimità di impedire lo stazionamento su piazza di questi ultimi, in quanto privi degli obblighi di servizio dei primi. A questo punto, si fa definitivamente pressante e non più procrastinabile da parte dell’Esecutivo, la messa in opera del registro elettronico nazionale, del foglio digitale di servizio e di una regolamentazione delle piattaforme. Tutto questo, dovrà essere rispettoso dei sigilli apposti proprio da questa sentenza 56/2020 e ben più forte motivo, di quanto già non ne avessero, avranno gli operatori del settore a richiedere la perfetta applicazione della normativa. Firenze, 2 aprile 2020. Il Direttivo nazionale Uritaxi
Trasporto generi di prima necessità: la Regione Toscana risponde all’eccezionalità del momento Bene ha fatto la Regione Toscana, seguendo altre Regioni italiane, ad autorizzare il trasporto pubblico non di linea all’eccezionale trasporto di generi di prima necessità. Deve essere chiara una cosa: si tratta di una risposta straordinaria alla fase emergenziale che la nostra comunità sta vivendo. Risposte straordinarie, legate al particolarissimo momento, che d’altra parte vengono date in molti altri settori. Da settimane stavamo ricevendo pressioni da parte degli operatori dei settori alimentare e farmaceutico, per il trasporto di generi di prima necessità, in quanto essi impossibilitati, se non con attese superiori ai venti giorni, a rispondere alle drammatiche esigenze della comunità. Il nostro settore, però, si è sempre dovuto rifiutare, in quanto le normative non lo consentivano. Adesso, limitatamente a questa eccezionale fase emergenziale – ci tengo a precisarlo -, e solo per essa, il nostro settore potrà dare risposta alla nostra comunità anche a tale proposito, dando una mano così a chi da sempre fa questo tipo di consegne. Non si preoccupino dunque gli operatori del trasporto merci! Sappiamo da sempre cosa voglia dire “specializzazione” ed è giusto che questo tipo di servizio, una volta finita l’emergenza, siano essi, e soltanto essi, a doverlo espletare. Anzi, aggiungo, saremo al loro fianco, così come lo fummo con gli ambulanti, se qualcuno pensasse in futuro di colpirne il mercato! Insieme al “just in time”, infatti, la “despecializzazione” è un altro frutto amaro della pianta del liberismo, così utile a favorire le concentrazioni di mercato, e di mercati, in poche grandi mani, ma così nocivo per la comunità, come già dimostrò il periodo tra fine ‘800 e le due guerre mondiali, e come altrettanto tristemente oggi
sta dimostrando l’emergenza che stiamo vivendo. Anch’essa, infatti, è figlia di cinquant’anni di politiche neo-liberiste, dove lo Stato sociale è stato disintegrato per aprire nuovi settori alla grande finanza: quelli sanitari, previdenziali, delle infrastrutture e della ricerca in primis. Claudio Giudici Presidente Nazionale Uritaxi Crisi coronavirus: M.i.t. e Governo diano risposte vere al mondo del lavoro! Di fronte al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, in un clima surreale tra persone che non si sono potute salutare con la consueta stretta di mano, distanti almeno un metro l’una dall’altra, e con grande parte delle rappresentanze collegata in teleconferenza, si è tenuto oggi il primo incontro del comparto del trasporto pubblico non di linea (taxi e n.c.c.) con questo Governo, nonostante fossero stati annullati tutti gli altri incontri ministeriali, per affrontare l’emergenza della situazione che si è venuta a creare dall’ultima decade di febbraio in seguito al diffondersi del coronavirus. Comprendendo l’emergenzialità della situazione, ogni rappresentanza ha deciso di soprassedere sui capitoli inerenti la parte ancora vacante della l. 12/2019, e rappresentando sia il drammatico malessere in corso, che le proposte per provare ad attutire il colpo della fase epocale che, tutto d’un tratto, si è venuta a creare. Non era facilmente ipotizzabile che in società avanzate come la nostra, sarebbe stato un virus a creare una situazione di tipo sud- americano. Una situazione, sarà chiaro ai più, che non riguarda solo quel nostro settore che per quasi un quindicennio aveva respinto gli assalti neoliberisti di culture politiche malate, di governi tecnici, di multinazionali, ma che riguarda – ed è ancor peggio! – l’intera economia italiana. Dopo decenni di sacrifici e tagli a suon di austerità, in onore di quella
finanza mascherata dalla retorica de “i conti devono tornare”, abbiamo ridotto talmente tanto la capacità sanitaria del Paese, che alla prima emergenza, siamo andati immediatamente, e per primi in Europa, nel caos. Il combinato disposto di un’economia capace ancora di produrre ed avere relazioni in termini sia di export che di import, ma di un apparato statale, sanitario e delle tutele assistenziali (e previdenziali), ridotto all’osso, ha già rimesso quel “i conti devono tornare” nel cassetto degli errori della storia, con appelli immediati in buona parte d’Europa a “dobbiamo sforare il patto di stabilità”. Ed è proprio intorno a questo slogan, che i più ortodossi fino a ieri ripudiavano, che si giocherà anche il nostro futuro immediato, sia come Paese che come settore. In questo quadro, appena esploso, ma già capace di trasformare finanche i nostri carceri in piccole basi del terrore invece che in luoghi di espiazione e recupero, il Sottosegretario Margiotta ed il Capo di Gabinetto del M.i.t., Stancanelli, dimostrando di avere contezza delle difficoltà operative del comparto, sia sul fronte sanitario che su quello economico, ci hanno detto alcune cose: a breve avremo per tutti noi le indicazioni comportamentali contingentate dall’emergenza sanitaria, e già mercoledì, nel decreto che il Governo dovrà partorire, si saprà se, quali e come le nostre richieste saranno state accolte (per queste si rimanda al documento già pubblicato). E’ evidente che adesso un Governo sarà tale, solo se saprà reagire con schemi mentali diametralmente antitetici a quelli che per qualche decennio hanno concimato l’attuale apocalittica situazione, solo agli inizi. Se chi è nei carceri oggi si sente in diritto di organizzare sommosse, figuriamoci cosa potrà fare il cittadino che fino ad oggi produceva e lavorava, in ogni settore, se non troverà risposte ispirate alla difesa del contratto sociale e del Bene Comune, invece che del contratto di credito e degli speculatori padroni del “ce lo chiedono i mercati”. Adesso ve lo chiede quel Popolo che da sempre i governanti dovrebbero servire! Claudio Giudici Presidente Nazionale Uritaxi
MISURE A DIFESA DEL SETTORE TAXI PER LA CRISI “CORONAVIRUS” Nell’affrontare la crisi epocale del settore taxi, occorre avere presente che nella gran parte del Paese esso si esprime con la figura giuridica dell’impresa artigiana e con l’associazione della medesima in cooperative di servizi e/o consorzi che sono dotati di centrali radio, oppure con la figura del dipendente di cooperative di produzione e lavoro. Gli interventi, quindi, devono dare risposta a due questioni, nonché individuare elementi che sostengano e rilancino il settore. Si tratta di intervenire su: 1. reddito dell’operatore (nonché del suo collaboratore familiare) 2. costi d’impresa nella dimensione singola ed in quella associata Occorre quindi stabilire: In relazione al punto a): 1. Ammortizzatori sociali per il titolare della licenza (e per il collaboratore familiare) con l’istituzione di uno specifico intervento mensile pari all’80% della media mensile dell’imponibile contributivo registrato come incasso di impresa complessivo annuo nel 2019, con un massimale relativo a quello esistente per la Cassa integrazione guadagni (CIG) dei dipendenti; 2. Misure anti-cicliche: al fine di colmare il gap che tutto d’un tratto si è creato tra il fatturato ordinario e quello post- coronavirus, nella logica dei provvedimenti di tipo “moltiplicativo” e sull’esperienza già attuata nel tempo da diverse realtà locali con le categorie deboli, il Governo lanci un provvedimento “Buono Taxi” per tutto il territorio nazionale. Tale importo, stimabile in circa 50 milioni di euro mensili, dovrà essere distribuito tra tutte le realtà
comunali dotate di servizio taxi, in proporzione al numero delle licenze emesse. I beneficiari ne saranno le categorie deboli, tuttavia il fine deve primariamente essere quello di sostenere gli operatori del settore (oggi, nuova categoria debole!). Grazie ad esso si sosterrà la domanda, agevolando la mobilità degli Italiani (i quali vedranno liberato parte del loro reddito, così da poterlo spendere verso altri settori), ed allo stesso tempo, generando lavoro per il comparto, si consentirà che esso continui a far girare tutti quei settori legati al trasporto (carburante, meccanici e carrozzerie, gommai, ecc.) ed i consumi ordinari del tassista e della sua famiglia, generando così un effetto moltiplicatore. In relazione al punto b): sospensione senza sanzioni di mutui, imposte e tasse nonché dei termini per i versamenti dei premi e delle relative rate di premio per l’assicurazione Rca. abbattimento di imposte e tasse di carattere nazionale attraverso la concessione di un credito d’imposta pari all’incidenza di tali elementi per il periodo della crisi; sgravi nella tassazione locale (in particolare Imu e Tari); abbattimento del c.o.s.a.p.; revisione degli strumenti di misurazione del reddito 2020; sospensione dei pagamenti assicurativi e previdenziali; loro abbattimento per il periodo della crisi con attribuzione della contribuzione figurativa; reintroduzione del rimborso totale delle accise sul carburante, nonché introduzione di un paritario trattamento (da determinare nel sottostante di riferimento) per i veicoli a trazione elettrica; decommissionamento totale dei sistemi di pagamento elettronico (come già avviene per i distributori di carburante). Qualora si sia in presenza di una struttura associativa quale la cooperativa e/o il consorzio, determinare: intervento della CIGO e/o del Fondo d’integrazione salariale (FIS) (senza limitazioni dei fondi a disposizione) e/o
della CIG in deroga per i dipendenti della cooperativa e/o del Consorzio. al fine di assecondare le politiche anti- contagio, senza costringere le persone ad un’umiliante improduttività, una agevolazione del telelavoro con credito d’imposta del 200% per gli investimenti software ed hardware, e totale decontribuzione del corrispettivo da lavoro per tale tipologia di lavoro a distanza; la sospensione del pagamento delle utenze di elettricità, acqua e gas e della gestione dei rifiuti urbani e di ogni altra tassazione locale; la sospensione del pagamento dei premi e delle relative rate di premio per l’assicurazione R.c.a. delle auto sostitutive, nonché la sospensione di eventuali mutui contratti per l’acquisto dei medesimi. In presenza di strumentazione radiotaxi determinare: sospensione di eventuali mutui contratti per l’acquisto e/o l’ammodernamento della medesima; sgravi sulla tassazione delle frequenze radio. Sul fronte del rilancio del lavoro, occorre prevedere finanziamenti per una strategia di comunicazione e d’immagine per il “prodotto Italia”. Nota conclusiva: il seguente contributo che Uritaxi ha assunto integralmente, è il frutto del lavoro prodotto dalle rappresentanze sindacali fiorentine. Firenze, 6 marzo 2020. Claudio Giudici Presidente Nazionale Uritaxi Misure a difesa del settore taxi
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