LA RIVOLUZIONE DEI NUOVI MEDIA - opportunità e rischi - Terenzio Del Grosso 2014 - WEBWEAVER

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LA RIVOLUZIONE DEI NUOVI MEDIA - opportunità e rischi - Terenzio Del Grosso 2014 - WEBWEAVER
LA RIVOLUZIONE DEI NUOVI MEDIA
       opportunità e rischi

          Terenzio Del Grosso - 2014
LA RIVOLUZIONE DEI NUOVI MEDIA - opportunità e rischi - Terenzio Del Grosso 2014 - WEBWEAVER
Il divario formativo tra XX e XXI secolo

                                                              L’uomo del primo
                                                              Novecento e quello
                                                              di oggi, sono tra loro
                                                              diversissimi.
                                                              A dividerli c’è il
                                                              cinema, la radio, il
                                                              telefono, la
                                                              televisione, prima
                                                              ancora del digitale e
                                                              di Internet, ma alle
                                                              spalle hanno lo
                                                              stesso modello di
                                                              formazione.
 Tratto da: «Roberto Maragliano - Immobile scuola - CastelloVolante|Mur – 2011»
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L’approccio multimediale alla conoscenza

La cultura non può più coincidere con la parola scritta e la stampa. Il mondo
accademico e della scuola, al contrario, ha rifiutato il ben più complesso approccio
multimediale e si è arroccato nella difesa di un modello chiuso che stride con
quello che sta avvenendo ed è avvenuto nella società.

             Tratto da: «Roberto Maragliano - Immobile scuola - CastelloVolante|Mur – 2011»
LA RIVOLUZIONE DEI NUOVI MEDIA - opportunità e rischi - Terenzio Del Grosso 2014 - WEBWEAVER
Il riverbero della comunicazione multimediale

                                                              Tv, multimedialità, web,
                                                              non sono elementi
                                                              distraenti, sono il nuovo
                                                              paradigma culturale del
                                                              presente e del futuro.
                                                              Il problema consiste
                                                              nell’acquisire una
                                                              sostanziale consapevolezza
                                                              di quanto è avvenuto e
                                                              continua ad avvenire, non
                                                              solo attorno, ma pure
                                                              dentro di noi.

     Tratto da: «Roberto Maragliano - Immobile scuola - CastelloVolante|Mur – 2011»
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La crisi della forma scritturale del mondo

                                                Molti ritengono che i nuovi media
                                                siano fondamentalmente «distraenti» e
                                                responsabili della corruzione dei
                                                giovani e dei più recenti orientamenti
                                                della politica.
                                                In realtà la rivoluzione della
                                                comunicazione multimediale di rete
                                                intacca il bagaglio delle più intime e
                                                storiche convinzioni quali la
                                                piramidalità del sapere fondato sulla
                                                trasmissione «ex cathedra» dei saperi.
                                                La crisi della forma scritturale del
                                                mondo, anticipata dall’arte letteraria e
                                                figurativa, ma anche dalla filosofia,
                                                comincia sempre più ad essere
                                                evidente.

  Tratto da: «Roberto Maragliano - Immobile scuola - CastelloVolante|Mur – 2011»
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L’attacco al predominio della cultura scritta

                                                             Già tra fine Ottocento e inizio
                                                             Novecento, la fotografia, il
                                                             cinema, il grammofono, la
                                                             radio, il telegrafo, e il telefono
                                                             determinarono uno
                                                             stravolgimento delle modalità
                                                             comunicative ampliando gli
                                                             spazi dell’immaginario
                                                             collettivo, portando un duro
                                                             attacco al predominio della
                                                             cultura scritta fondata sul
                                                             processo egemonizzante
                                                             dell’alfabetizzazione.

   Tratto da: «Roberto Maragliano - Immobile scuola - CastelloVolante|Mur – 2011»
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Digitale e reti quali infrastrutture

                                                        Digitale e rete vanno intesi
                                                        come condizioni per l’esercizio
                                                        dei media a un tempo nuovi e
                                                        antichi, in quanto a questi
                                                        forniscono le irrinunciabili
                                                        infrastrutture.
                                                        In quanto infrastrutture, il
                                                        digitale sta ai media di nuovo e
                                                        vecchio conio come l’alfabeto
                                                        sta alla scrittura dei testi, e
                                                        Internet sta ai nuovi media
                                                        esattamente come la rete
                                                        stradale sta ai veicoli su
                                                        gomma.

Tratto da: «Roberto Maragliano - Immobile scuola - CastelloVolante|Mur – 2011»
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La convergenza digitale

Sembrerebbe di poter sostenere che oggi non c’è mondo che non sia per una qualche parte
coincidente con il mondo del digitale e della rete che costituiscono delle cornici
infrastrutturali, atte ad accogliere e ospitare indifferentemente elementi di elevazione e di
illusione, di nobiltà intellettuale e di intrattenimento sensuale.

               Tratto da: «Roberto Maragliano - Immobile scuola - CastelloVolante|Mur – 2011»
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L’intelligenza della stanza

                                                            Quando la conoscenza
                                                            entra a far parte di una
                                                            rete, la persona più
                                                            intelligente della stanza
                                                            non è la persona che
                                                            tiene la lezione davanti a
                                                            noi, né è la saggezza
                                                            collettiva delle persone
                                                            presenti. La persona più
                                                            intelligente nella stanza è
                                                            la stanza stessa: la rete
                                                            che unisce persone e idee
                                                            presenti e le collega con
                                                            quelle all’esterno.
                                                                      David Weinberger

Tratto da: «Gianni Riotta – Il web ci rende liberi? - Einaudi – 2013»
LA RIVOLUZIONE DEI NUOVI MEDIA - opportunità e rischi - Terenzio Del Grosso 2014 - WEBWEAVER
Il secolo personal
                                  Siamo in presenza di un sostanziale
                                  passaggio dall’età delle masse all’età delle
                                  persone ovvero all’età della produzione e
                                  diffusione di prodotti e contenuti
                                  personalizzati e non più distribuiti in
                                  Broadcasting

                                  Nella cultura e nei media, l’impatto del
                                  secolo personal ha rivoluzionato l’industria,
                                  dalla musica ai giornali, alle case editrici, alla
                                  tv e al cinema. Poi l’onda tocca la scuola, la
                                  religione, le famiglie.
                                  In ogni aspetto della vita umana i nuovi
                                  contenuti che esprimiamo segnano l’era
                                  digitale.
                                  La battaglia sull’egemonia dei contenuti è
                                  appena iniziata …

Tratto da: «Gianni Riotta – Il web ci rende liberi? - Einaudi – 2013»
I veri guai della privacy

I veri guai della privacy
vengono dalla scelta con cui,
volontariamente , i cittadini
mettono le loro vite in
pubblico, in diretta, senza
filtri. Su Facebook, su Twitter,
sui blog, milioni di esseri
umani raccontano le vicende
e le gaffe più imbarazzanti di
sé e dei propri cari, cadute,
sciocchezze, tradimenti, che
tutti immaginavamo avessero
voluto celare al mondo.

                    Tratto da: «Gianni Riotta – Il web ci rende liberi? - Einaudi – 2013»
La comunicazione «parassita»

                                           Habermas, sollevando numerosi
                                           commenti ostili online, conclude
                                           definendo questa nuova comunicazione
                                           «parassita».
                                           Per il filosofo che ha fondato la dottrina
                                           dell’opinione pubblica nelle democrazie
                                           di massa, il web è isolamento, rumore
                                           di fondo
                                              fondo.
                                           Per lui, non solo cade, malinconica
                                           foglia nell’autunno della comunicazione
                                           di massa, l’aggettivo «critica»
                                           dell’«opinione pubblica», ma troppe
                                           opinioni opposte, senza sintesi, senza
                                           razionalità, scatenano populismo ed
                                           estremismo.

Tratto da: «Gianni Riotta – Il web ci rende liberi? - Einaudi – 2013»
La tecnologia e la necessità di contenuti

La rivoluzione tecnologica ha necessità di contenuti altrettanto rivoluzionari, senza
contenuti rivoluzionari la sola tecnologia non scatena svolte nella storia.

                    Tratto da: «Gianni Riotta – Il web ci rende liberi? - Einaudi – 2013»
Il mondo digitale e i bisogni dei cittadini

L’informazione si è diffusa online non perché «gratis» o accessibile ovunque, ma perché il
web, con la sua duttilità, irriverenza, ubiquità, con la sua sfida all’autorità centrale o
istituzionale, con la capacità di creare comunità e tenerle in contatto ventiquattro ore al
giorno, risponde meglio ai bisogni dei cittadini del XXI secolo di quanto non riesca a fare
la copia di un giornale.

                    Tratto da: «Gianni Riotta – Il web ci rende liberi? - Einaudi – 2013»
La sindrome della celebrità

Andy Warhol aveva predetto che tutti avrebbero potuto avere il oro quarto d’ora di celebrità,
ma è molto peggio di quello che si poteva immaginare.
In Facebook la sindrome della celebrità è diffusa, è un obiettivo a portata di tutti, i suoi
confini sono però incerti visto che si richiede un aggiornamento compulsivo del proprio
profilo e del proprio stato, una fiducia assoluta e una trasparenza radicale nei confronti
delle macchine che ci conoscono meglio di quanto non ci conosciamo noi e possono
facilmente consigliarci gadget prodotti apposta per noi. Lo stadio finale dell’involuzione
psicologica sui Facebook è quindi la pornografia emotiva e relazionale.

                    Tratto da: «Ippolita – Nell’acquario di Facebook – ippolita.net – 2012»
La pornografia emotiva

                      Come già da tempo insegnano i talk show e i reality
                      show televisivi, strapparsi i capelli, piangere, urlare,
                      contorcersi, litigare e insultarsi di fronte ad un pubblico
                      votante è fonte di grande piacere. Ci si sente famosi,
                      anche quando nessuno ci conosce.
                      Non serve avere competenze specifiche, saper recitare,
                      cantare, ballare, o almeno parlare, e nemmeno esser
                      belli: basta dare tutto alle telecamere, le emozioni allo
                      stato puro, senza filtri.
                      Facebook intensifica questo programma di pornografia
                      emotiva su cala mondiale, introducendo strumenti di
                      trasparenza eccezionali, sotto forma di caselle da
                      validare, form da compilare o spazi vuoti da riempire.
                      Qual è la tua situazione sentimentale? E’ importante
                      che tutti sappiano se sei libero, occupato, divorziata,
                      disposta all’avventura. Condividi il tuo stato emotivo,
                      dicci ora, «A cosa stai pensando?». Sii trasparente!

Tratto da: «Ippolita – Nell’acquario di Facebook – ippolita.net – 2012»
Big Data

                                  I «Big Data» costituiscono la raccolta in grandissimi
                                  data set (insiemi di dati su un relativo argomento) di
                                  tutte le informazioni che vengono emesse nella rete.
                                  I Data Set si sviluppano su tre dimensioni: velocità,
                                  volume e varietà. Con velocità definiamo la capacità
                                  di un dato di fluire nei centri di elaborazione in
                                  modo veloce, permettendoci analisi in tempi
                                  ristretti. Con volume, invece, intendiamo la somma
                                  delle dimensioni dei vari dati che compongono un
                                  data set, mentre la varietà dipende dalle fonti di
                                  provenienza dei dati (immagini jpg, file di log, ecc.).
                                  I big data sono perciò dei grandi data set che, date
                                  le ingenti dimensioni, sono analizzabili solo con
                                  strumenti speciali. Sono molto importanti perché
                                  possono essere utilizzati non solo per la ricerca
                                  economico/finanziaria, bensì anche in altri ambiti,
                                  come ad esempio quello scientifico.

Tratto da: http://blog.artera.it/curiosita-web/big-data-definizione-e-utilizzo-in-italia
La socialità automatica

                                 La socialità automatica gestita dalle macchine
                                 è una bufala. Anche senza entrare nel dettagli
                                 della critica, possiamo affermare con certezza
                                 che i dati in generale, e i Big Data in
                                 particolare ( raccolta in grandissimi data set
                                 (insiemi di dati su un relativo argomento) di
                                 tutte le informazioni che vengono emesse
                                 nella rete), non sono intelligenti.
                                 La quantità di informazione non genera
                                 socialità. I Big Data non sono socievoli. I Big
                                 Data non ci rendono automaticamente liberi,
                                 felici. L’intelligenza collettiva delle reti è un
                                 sogno di controllo reazionario.
                                 Quando l’individuo smette di autoriconoscersi,
                                 di riflettere su di sé, approda ad un
                                 immaginario collettivo cristallizzato che da
                                 luogo a istituzioni oppressive.

Tratto da: «Ippolita – Nell’acquario di Facebook – ippolita.net – 2012»
Il mondo dei soli amici

Quello che comporta la partecipazione di massa di Facebook è la costruzione di un mondo
illusorio in cui esistono solo amici, ma nessun nemico: quel che è peggio è che per tenersi
stretti gli «amici», invece di incontrarli, è necessario passare più tempo possibile a ritoccare
il proprio profilo, in una spirale di autoreferenzialità ossessiva.
Secondo Facebook, il privato dovrebbe tendere a diventare il più possibile pubblico.
Pubblico nel senso di gestito da Facebook, pubblicato da Facebook, reso disponibile da
Facebook, che è una società privata.
Sostenere la libera circolazione dei saperi non ha nulla a che fare con questo genere di
condivisione, automatica e forzata, di qualsiasi cosa.

                     Tratto da: «Ippolita – Nell’acquario di Facebook – ippolita.net – 2012»
L’impronta digitale

L’impronta personale e di gruppo è derivabile dai dati conservati dai nostri browser,
specialmente se non cancelliamo mai la cronologia dei siti visitati, i cookies, i da ti di login
sui nostri social network. Per ottenere questi dati si fanno convergere gli utenti su un sito
web civetta, promettendo qualche vincita favoloso o pornografia gratuita…
Il codice nascosto (javascript o simili) si occupa di scaricare, immagazzinare e incrociare i
dati del browser utilizzato, la storia di navigazione, le password, i cookies, la versione
utilizzata, ogni cosa.
                    Tratto da: «Ippolita – Nell’acquario di Facebook – ippolita.net – 2012»
I socialbots

I socialbots sono programmi che imitano i comportamenti di utenti reali. Questi
programmi creano profili fasulli e inviano richieste di amicizia, rispondendo in maniera
adattiva alle reazioni degli utenti reali.
Quando un socialboot si guadagna la fiducia, può, come il corrispettivo umano, accedere ai
dati protetti; in questo modo, i dati degli utenti sono ancora più esposti rispetto a un
accesso completamente pubblico, per il fatto che gli utenti ritengono quei programmi loro
amici, e non pezzi di codice programmati per accumulare i loro dati.

                   Tratto da: «Ippolita – Nell’acquario di Facebook – ippolita.net – 2012»
La sezione merceologica dell’identità

                                                     Un account su Facebook, su
                                                     Google+, su Twitter, non è
                                                     proprietà dell’utente. È uno
                                                     spazio messo gratuitamente a sua
                                                     disposizione in cambio della sua
                                                     disponibilità a farsi sezionare in
                                                     porzioni merceologicamente
                                                     interessanti.

   Tratto da: «Ippolita – Nell’acquario di Facebook – ippolita.net – 2012»
Il simulacro che maschera l’assenza

                                  Nei social network il tatto, il gusto, l’odorato
                                  sono completamente esclusi, e del resto sono
                                  utilizzati poco anche offline. L’udito viene
                                  nutrito da suoni di bassa qualità, dagli mp3 alle
                                  suonerie dei cellulari, un abisso rispetto alla
                                  stereofonia analogica. Eppure ciò che si ricerca
                                  nei social media è pur sempre un contatto con
                                  gli altri, e quindi un contatto fisico, per quanto
                                  mediato.
                                  In questo senso, tutti i media sociali sono
                                  mezzi per surrogare la presenza, per mostrare
                                  un simulacro che mascheri un’assenza e una
                                  lontananza fisica. Per rendere concreto
                                  l’evanescente ricordo dell’altro.
                                  L’esperienza della solitudine è diventata rara,
                                  come quella del silenzio, della lentezza e della
                                  profondità.

  Tratto da: «Ippolita – Nell’acquario di Facebook – ippolita.net – 2012»
Un’affollata solitudine

                       I siti «social» rappresentano delle nuove, potenti droghe
                       da cui molte persone sono ormai dipendenti.

                       Nel nostro mondo imprevedibile, incessantemente
                       sorprendente e tenacemente imperscrutabile, la
                       prospettiva di essere lasciati soli può generare infatti
                       un vero e proprio senso di terrore, e sono svariati i
                       motivi che rendono la solitudine profondamente
                       sgradevole, minacciosa e orribile.

                       Quando si evita a ogni costo di ritrovarsi soli, si rinuncia
                       all’opportunità di provare la solitudine: quel sublime
                       stato in cui è possibile raccogliere le proprie idee,
                       meditare, riflettere, creare e, in ultima analisi, dare
                       senso e sostanza alla comunicazione. Certo, chi non ne
                       ha mai gustato il sapore non saprà mai ciò che ha perso,
                       ha lasciato indietro, a cosa ha rinunciato.

Tratto da: «Zygmunt Bauman - Cose che abbiamo in comune - Laterza - 2012»
Una produzione ipertrofica di merce/contenuto

                                   Nell’ambito dell’opulenza mediatica e
                                   dell’esorbitanza della comunicazione «social» atta a
                                   non perdere il contatto, ciò che emerge è lo spreco
                                   e la condizione di rifiuto contenutistico che assume
                                   la stragrande maggioranza dei post.
                                   Siamo di fronte al principio di «crescita illimitata»,
                                   dell’espansione senza fine che per sostenersi ha
                                   bisogno di una produzione ipertrofica di
                                   merce/contenuto che a sua volta implica una
                                   continua emarginazione ed espulsione di ciò che è
                                   subito vecchio. Paradossalmente quando abbiamo
                                   troppe informazioni e relazioni comunicative,
                                   difficilmente riusciamo a trovarne un senso. La
                                   quantità di dati e la rapidità con cui le informazioni
                                   ci piovono addosso, rende farraginosa qualsiasi
                                   analisi, o la protrae per un tempo potenzialmente
                                   infinito, rendendola vana e impossibile.

        Tratto da: «Ippolita – Nell’acquario di Facebook – ippolita.net – 2012»
L’inconsistenza di 1000 amici

                                    Le dimensioni contano eccome. Al di là di
                                    una certa dimensione, la gerarchia fissa è
                                    necessaria per gestire i rapporti tra gli esseri
                                    umani e gli altri esseri viventi e non. Questo
                                    perché tutto è relativo, cioè «in relazione a».
                                    Se invece di dieci persone in spazi limitati
                                    che intrattengono relazioni del tutto uniche
                                    fra di loro, abbiamo a che fare con centinaia,
                                    migliaia o milioni di persone, la relatività
                                    cede il passo all’omologazione.
                                    Avere mille amici non ha senso, non
                                    abbiamo il tempo né le energie per
                                    valorizzarli.

Tratto da: «Ippolita – Nell’acquario di Facebook – ippolita.net – 2012»
Data retention

La data retention sancita con la direttiva europea direttiva 2006/24/CE è una minaccia.
I tempi di conservazione troppo lunghi atterrirebbero il cittadino, la mancata
regolamentazione riguardo alla conservazione dei dati esporrebbe a rischi la vita privata dei
cittadini. La Direttiva Europea sulla data retention, secondo l'avvocato Generale della Corte
di Giustizia dell'Unione Europea, è da riscrivere.
Se accorpati e analizzati questi dati possono ricostruire l'identità di un individuo e
suggerire molto a proposito della sua vita di relazione: creano, secondo Villalón "una
mappatura tanto fedele quanto esaustiva di una parte importante dei comportamenti di una
persona facenti strettamente parte della sua vita privata, se non addirittura un ritratto
completo e preciso della sua identità privata"
         Tratto da: http://punto-informatico.it/3956305/PI/News/ue-data-retention-una-minaccia.aspx
La profilazione digitale dell’identità

                                                           Ovunque un utente di servizi e
                                                           strumenti digitali lasci una traccia,
                                                           questa può essere oggetto di
                                                           profilazione mediante operazioni di
                                                           controllo e archiviazione dei dati.

                                                           Noi utenti siamo i «pesci da pescare» e
                                                           pertanto da individuare e conoscere a
                                                           fondo per poter predire i nostri desideri
                                                           e soddisfare la nostre brame compulsive
                                                           con oggetti sempre nuovi e subito
                                                           obsoleti.

Non siamo più noi a costruire un discorso, sono i dati ad avere la parola.
Sarà un algoritmo a dirci che cosa vogliamo davvero; come già ci consiglia quale libro
comperare su Amazon, corregge le nostre ricerche su Google, suggerisce quale nuovo film,
quale musica meglio si adatta ai nostri gusti.

                  Tratto da: «Ippolita – Nell’acquario di Facebook – ippolita.net – 2012»
La clonazione del vissuto

                        L’aspetto paradossale è che per poter essere più attivi
                        socialmente, per esercitare e far crescere il nostro io
                        digitale, dobbiamo necessariamente essere più
                        passivi fisicamente.
                        È in atto una mutazione antropologica governata dai
                        media, capaci di far dimenticare la propria
                        caratteristica di mediazione, di interpolazione fra i
                        corpi.
                        I surrogati di presenza allontanano la realtà e
                        tendono a sostituirsi alla realtà stessa in maniera più
                        convincente e meno impegnativa.
                        È in atto una clonazione del vissuto, non nel senso
                        che i media possono sostituire l’esperienza ma nel
                        senso che essi si pongono come condizioni
                        necessarie di essa: si impongono a noi con la
                        seduzione della suadente tecnologia , la cui carta
                        vincente è sempre stata il lascivo sussurro all’orecchio
                        «io ti servo»
Tratto da: «Ippolita – Nell’acquario di Facebook – ippolita.net – 2012»
La distrattenzione tecnologica

                                            Ogni sms, ogni squillino, ogni post,
                                            mail, tweet, oltre alla cosiddetta
                                            funzione comunicativa, ha anche una
                                            funzione primaria di rassicurarci della
                                            nostra esistenza all’interno di una
                                            rete sociale.
                                            La distrattenzione frenetica derivata
                                            dall’uso dei media sociali è, almeno in
                                            parte, dovuta alla relativa novità di
                                            queste tecnologie. Stiamo ancora
                                            imparando a confrontarci con la vita in
                                            tempo reale.
                                            Se abbiamo bisogno di essere
                                            rassicurati, significa che viviamo in un
                                            timore perenne della solitudine e
                                            dell’abbandono.

Tratto da: «Ippolita – Nell’acquario di Facebook – ippolita.net – 2012»
FOMO (Fear Of Missing Out)

                               Paradossalmente, i media sociali sono al
                               contempo fonte di rassicurazione e di
                               frustrazione.
                               Abbiamo bisogno di controllare di esistere
                               soprattutto a livello sociale perché è sempre
                               possibile che gli altri si riuniscano senza di noi,
                               che si stiano divertendo altrove.
                               Gli psicologi parlano di FOMO (Fear Of Missing
                               Out).
                               L’esperienza della solitudine è diventata rara,
                               come quella del silenzio, della lentezza, della
                               profondità. Forse perché avendo gettato tutto
                               online, rimanere soli significherebbe fare i
                               conti con un vuoto interiore insopportabile,
                               oltre con un corpo mutilato dei suoi strumenti
                               di connessione.

Tratto da: «Ippolita – Nell’acquario di Facebook – ippolita.net – 2012»
Saper-fare VS Far-sapere

Solo individui che hanno acquisito un saper-fare che vada oltre il far-sapere, cioè
competenze che non siano forme di mera autopromozione, possono avere qualcosa di
interessante da comunicare e condividere.

                  Tratto da: «Ippolita – Nell’acquario di Facebook – ippolita.net – 2012»
I data center

                            La leggerezza impalpabile dei bit va di pari passo
                            con la pesantezza dei data center sparsi in giro per
                            il pianeta.
                            I data center sono enormi capannoni industriali
                            ricolmi di hard disk collegati tra loro, fragili
                            monumenti di memoria totale che consumano
                            quantità straordinarie di energia con un forte
                            impatto ambientale.
                            Ogni volta che accediamo da remoto ai nostri
                            profili online per controllare di esistere, da
                            qualche parte c’è un computer acceso oltre al
                            nostro, e molti altri computer che mediano il
                            nostro percorso in rete, migliaia e miglia di
                            chilometri di cavi, per collegarci al nostro
                            computer online.

Tratto da: «Ippolita – Nell’acquario di Facebook – ippolita.net – 2012»
Il default power

Occupare molto spazio online significa gestire un corpo che oltrepassa i limiti della fisicità.
Un corpo che, nel caso dei social media, è sottoposto al default power, cioè a modifiche
forzose non richieste. Un corpo digitale che non appartiene agli utenti, e che gli utenti
possono gestire solo seguendo regole imposte dall’esterno.

                    Tratto da: «Ippolita – Nell’acquario di Facebook – ippolita.net – 2012»
La de-corporeizzazione

                                                          L’affermarsi delle reti sociali
                                                          online è un fenomeno che
                                                          può essere inquadrato in un
                                                          processo di lunga durata di
                                                          de-corporeizzazione e di
                                                          investimento nella vista a
                                                          discapito degli altri sensi,
                                                          attraverso l’invenzione di
                                                          tecnologie mediatiche. È da
                                                          molto tempo che
                                                          cerchiamo di allontanare la
                                                          realtà e dominarla
                                                          dall’esterno con uno
                                                          sguardo onnipotente,
                                                          cercando nel contempo di
                                                          parteciparvi, senza farci
                                                          ferire.

Tratto da: «Ippolita – Nell’acquario di Facebook – ippolita.net – 2012»
Il controllo tecnologico

In Cina, i cloni analoghi di Facebook, Twitter e Google sono controllati direttamente dal
governo, invece che tramite accordi ad alto livello e collaborazioni più o meno segrete come
negli USA.

                   Tratto da: «Ippolita – Nell’acquario di Facebook – ippolita.net – 2012»
Frammentazione e semplificazione

La spinta alla trasparenza, combinata alla frammentazione convulsa dei messaggi online e al
calo tendenziale delle capacità di attenzione, favorisce l’emergere di messaggi estremistici,
per loro natura semplificatori, e rende più difficile articolare ragionamenti complessi.

                   Tratto da: «Ippolita – Nell’acquario di Facebook – ippolita.net – 2012»
Il circo contemporaneo globalizzato

I telegiornali di oggi, così come i blog, i video di Youtube e i tweet, sono il circo
contemporaneo globalizzato, un modo comodo e de-corporeizzato per vivere la realtà in
presa diretta senza alzare un dito, senza polvere, senza sangue, toccando solo con gli occhi la
tragedia.
Conosciamo molti particolari degli tsunami che sconvolgono luoghi lontani e non sappiamo
quasi nulla di quello che accade attorno a noi. Quello che non è su Google non esiste, e ciò
che non lascia nemmeno un tweet dietro di sé non è degno di nota. Ma neanche quando il
voyerismo si eleva a politica dell’indignazione, l’afflato di protesta lascia il tempo che trova e
si riduce presto a sterile rivendicazione, spesso ancora prima di subire la repressione.
                     Tratto da: «Ippolita – Nell’acquario di Facebook – ippolita.net – 2012»
La distrazione comunicativa

                                               Internet ha portato in molte società
                                               autoritarie proprio quel genere di
                                               distrazione che le persone cercano
                                               per evadere da una realtà
                                               deludente: pornografia a basso
                                               costo, gossip, innocue serie
                                               televisive, quiz, gioco d’azzardo,
                                               videogiochi, chat per incontri fra
                                               cuori solitari, forum per
                                               chiacchierare di argomenti apolitici
                                               sotto la vigile sorveglianza
                                               governativa. Esattamente lo stesso
                                               tipo di distrazioni che serve ai
                                               cittadini dei regimi democratici per
                                               evadere dalla loro realtà.

Tratto da: «Ippolita – Nell’acquario di Facebook – ippolita.net – 2012»
La tecnocrazia

                                    La tecnocrazia si fonda sulla delega ad altri
                                    della gestione dei saperi, dei poteri tecnici.
                                    In assenza di meccanismi di delega condivisi,
                                    le gerarchie tendono a strutturarsi in
                                    maniera autoritaria, e a perdere la coscienza
                                    del proprio carattere storico, frutto di
                                    convenzioni e accordi sociali.
                                    La tecnolatria è una conseguenza inevitabile
                                    della tecnocrazia.

Tratto da: «Ippolita – Nell’acquario di Facebook – ippolita.net – 2012»
La conoscenza reticolare
                                                                L’idea che capire e sapere
                                                                significhino entrare in
                                                                profondità in ciò che
                                                                studiamo, fino a raggiungerne
                                                                l’essenza, è una bella idea che
                                                                sta morendo: la sostituisce
                                                                l’istintiva convinzione che
                                                                l’essenza delle cose non sia
                                                                un punto, ma una traiettoria,
                                                                non sia nascosta in
                                                                profondità ma dispersa in
                                                                superficie, non dimori dentro
                                                                le cose, ma si snodi fuori da
                                                                esse, dove realmente
incominciano, cioè ovunque. In un paesaggio del genere, il gesto di conoscere dev’essere
qualcosa di affine al solcare velocemente lo scibile umano, ricomponendo le traiettorie
sparse che chiamiamo idee, o fatti, o persone. Nel mondo della rete, a quel gesto hanno
dato un nome preciso: surfing (coniato nel 1993, non prima, preso in prestito da quelli che
cavalcano le onde su una tavola).
                Tratto da: «A. Baricco – I barbari, saggio sulla mutazione – Feltrinelli – 2006»
Superficie al posto di profondità

                                              La vedete la leggerezza del cervello che
                                              sta in bilico sulla schiuma delle onde?
                                              Navigare in rete, diciamo noi italiani.
                                              Mai nomi furono più precisi.
                                              Superficie al posto di profondità, viaggi
                                              al posto di immersioni, gioco al posto di
                                              sofferenza. Sapete da dove viene il
                                              nostro caro vecchio termine cercare?
                                              Porta nella pancia il termine greco
                                              kìrkos, cerchio: avevamo in mente
                                              quello che continua a girare in cerchio
                                              perché ha perso qualcosa, e lo vuole
                                              trovare. Capo chino, sguardo su un
                                              fazzoletto di terra, tanta pazienza e un
                                              cerchio sotto i piedi che sprofonda a
                                              poco a poco.
                                              Che mutazione, ragazzi.

Tratto da: «A. Baricco – I barbari, saggio sulla mutazione – Feltrinelli – 2006»
Nella corrente della mutazione

                                         «Ognuno di noi sta dove stanno tutti,
                                         nell’unico luogo che c’è, dentro la corrente
                                         della mutazione, dove ciò che ci è noto lo
                                         chiamiamo civiltà, e quel che ancora non ha
                                         nome, barbarie. A differenza di altri, penso
                                         che sia un luogo magnifico.»

                                         Non c’è mutazione che non sia governabile.
                                         Abbandonare il paradigma dello scontro di
                                         civiltà e accettare l’idea di una mutazione in
                                         atto non significa che si debba prendere
                                         quel che accade così com’è, senza lasciarci
                                         l’orma del nostro passo. Quel che
                                         diventeremo continua a esser figlio di ciò
                                         che vorremo diventare. Così diventa
                                         importante la cura quotidiana, l’attenzione,
                                         il vigilare.

Tratto da: «A. Baricco – I barbari, saggio sulla mutazione – Feltrinelli – 2006»
Nella corrente della mutazione
Tanto inutile e grottesco è il ristare impettito di tante muraglie avvitate su un confine che
non esiste, quanto utile sarebbe piuttosto un intelligente navigare nella corrente, capace
ancora di rotta, e di sapienza marinara.
[…] Detto in termini elementari, credo che si tratti di essere capaci di decidere cosa, del
mondo vecchio, vogliamo portare fino al mondo nuovo. Cosa vogliamo che si mantenga
intatto pur nell’incertezza di un viaggio oscuro. I legami che non vogliamo spezzare, le radici
che non vogliamo perdere, le parole che vorremmo ancora sempre pronunciate, e le idee
che non vogliamo smettere di pensare.
                                                      E’ un lavoro raffinato. Una cura. Nella
                                                      grande corrente, mettere in salvo ciò che
                                                      ci è caro. E’ un gesto difficile perché non
                                                      significa, mai, metterlo in salvo dalla
                                                      mutazione, ma, sempre, nella mutazione.
                                                      Perché ciò che si salverà non sarà mai
                                                      quel che abbiamo tenuto al riparo dai
                                                      tempi, ma ciò che abbiamo lasciato
                                                      mutare, perché ridiventasse se stesso in
                                                      un tempo nuovo.

                 Tratto da: «A. Baricco – I barbari, saggio sulla mutazione – Feltrinelli – 2006»
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