La mitigazione del conflitto fra l'uomo e il lupo
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La mitigazione del conflitto fra l’uomo e il lupo Nicola Canetti - Biologo, tecnico faunistico Lorenzo Rigacci - Provincia di Bologna, Servizio Tutela e Sviluppo Fauna Descrizione del conflitto Il primo dato oggettivo che ha testimoniato la presenza del lupo nel territorio bolognese dopo decenni di assenza è stato il ritrovamento di una carcassa nel comune montano di Lizzano in Belvedere nel 1990. Da allora sono state registrate diverse segnalazioni indirette (escrementi) e avvistamenti, finchè nel 1998 è stata accertata la presenza stabile di due gruppi familiari nell’area di crinale tra i comuni di Castiglion dei Pepoli e Lizzano in Belvedere. A partire dal 2000 si sono verificati i primi attacchi al bestiame attribuibili a “canidi”, nei comuni di Castiglion dei Pepoli, Monzuno, Sasso Marconi, Monghidoro, Monterenzio e Castel San Pietro Terme, in 10 diversi allevamenti, per un totale 50 capi ovicaprini uccisi, e dal 2002 in avanti il fenomeno dei “danni da canidi” ha assunto una dimensione più rilevante. Come si può osservare nelle Figure 1 e 2 si è registrata una dinamica parallela tra espansione territoriale e incremento demografico del lupo, distribuzione geografica e aumento dell’entità dei danni. E’ opportuno ricordare che anche il cane vagante (sia esso di proprietà, da guardia o da pastore, randagio o inselvatichito) è in grado di aggredire e uccidere bestiame, ma molto spesso, in base al solo esame della carcassa predata, non è possibile distinguere quale dei due predatori, lupo o cane, sia il responsabile del danno (per tale motivo nel testo verrà sempre usata la dizione “danni da canidi”). Durante l’attività di monitoraggio della popolazione di lupo, attraverso l’esperienza diretta degli agenti del Corpo di Polizia provinciale, la raccolta sistematica di notizie da tutte le categorie di potenziali informatori, frequentatori dell’ambiente naturale (residenti, pastori, agricoltori, cacciatori, pescatori, fungaioli, tartufai, escursionisti, fotografi naturalisti, agenti e operai forestali, guardie giurate volontarie), e soprattutto grazie alla tecnica del videotrappolaggio, è emersa una presenza costante e diffusa di cani di proprietà liberi di vagare sul territorio, mentre del tutto sporadica sembra essere la presenza di cani inselvatichiti. Non si può pertanto escludere che una parte degli attacchi al bestiame sia avvenuta ad opera di cani e sulla base delle indicazioni diagnostiche rilevate dalle perizie veterinarie ufficiali, necessarie (ma non sempre sufficienti) alla determinazione del predatore, quali localizzazione dei morsi, distanza tra i canini e grado di consumo della carcassa, si stima tale quota inferiore al 10% del totale. E’ molto probabile, ad esempio, che nei comuni di pianura, quali Budrio e Malalbergo, un vitello e dieci agnelli siano stati uccisi da cani vaganti, ma non è impossibile che eventi di predazione in aree planiziali possano essere causati da giovani lupi in dispersione; del resto la presenza storica del lupo nella pianura bolognese è testimoniata dai toponimi, tra gli altri, Lovoleto nel comune di Granarolo e Cantalupo nel comune di Minerbio. La legislazione regionale vigente prevede l’indennizzo a favore degli allevatori che subiscono danni al bestiame in seguito all’attacco di cani inselvatichiti o altri animali predatori. 1
BOX: Il randagismo canino Fattore limitante non trascurabile, strettamente correlato per motivi biologici e gestionali alla presenza del lupo, è il randagismo canino, complesso fenomeno in cui si sovrappongono aspetti conservazionistici, economici e culturali. Sulla base del differente regime di controllo cui i cani sono sottoposti è possibile distinguere tre diverse categorie di “cani vaganti”: - cani padronali vaganti: hanno un proprietario, ma sono soggetti a scarso controllo e spesso non sono ufficialmente registrati. Frequentano gli ambienti suburbani e rurali e vengono nutriti più o meno regolarmente dal proprietario. Appartengono questa categoria cani da caccia, da pastore o da guardia e l’impatto con la fauna selvatica e domestica è sempre potenzialmente elevato; - cani randagi: privi di proprietario e completamente liberi. Frequentano soprattutto gli ambienti rurali e dipendono dall’uomo per l’alimentazione e la sussistenza; la fauna selvatica o domestica può spesso costituire una risorsa alternativa importante; - cani inselvatichiti: rifuggono l’uomo mostrando tratti comportamentali simili ad animali selvatici. Frequentano gli ambienti forestali o comunque scarsamente antropizzati. Le loro fonti alimentari più importanti sono la fauna selvatica e gli animali domestici incustoditi. Le categorie non sono indipendenti, ma legate da un continuo flusso di individui che generalmente dall’ambiente suburbano tende a spostarsi verso quello rurale e forestale. A livello nazionale, la presenza di cani randagi e inselvatichiti interessa soprattutto le regioni centrali e meridionali, mentre il fenomeno dei cani vaganti, ed in parte anche randagi, rappresenta una realtà che ha raggiunto livelli tangibili anche nella nostra provincia, con implicazioni legate soprattutto al disturbo della fauna selvatica e danni al patrimonio zootecnico. Le norme per il controllo del randagismo canino sono dettate dalla L.R. n. 27/2000, ed i provvedimenti che dovrebbero essere applicati dagli Enti competenti per giungere alla soluzione del problema sono i seguenti: - anagrafe canina obbligatoria con strumenti di identificazione inamovibile (tatuaggio o microchip) in modo da permettere una sicura identificazione e la possibilità di risalire rapidamente al proprietario; - istituzione e potenziamento dei canili municipali, sia per quanto riguarda le infrastrutture che il personale; contenimento delle risorse trofiche disponibili attraverso l’eliminazione delle discariche abusive e l’efficace recinzione di quelle autorizzate; - controllo diretto dei cani attraverso la loro cattura con mezzi selettivi da parte di personale appositamente incaricato e preparato; - informazione e sensibilizzazione dell’opinione pubblica sui diversi aspetti del problema e sulle motivazione delle scelte gestionali adottate. Pare opportuno sottolineare che a fronte di continui casi di aggressione alle persone da parte di cani padronali anche di grossa taglia, con esiti troppo spesso mortali, non esistono casi documentati di attacco all’uomo da parte di lupi da due secoli e anche nelle zone in cui gli animali frequentano aree prossime a centri abitati, essi mantengono un comportamento particolarmente elusivo e diffidente nei confronti dell’uomo. 2
Descrizione del fenomeno “danni da canidi” Per descrivere il fenomeno “danni da canidi” sono state analizzate 4 variabili: i costi d’indennizzo (Fig. 3 e Tab.1, Fig. 4 e Tab. 2), i capi uccisi (Fig. 5, Tab. 3 e Tab. 4), gli eventi di predazione (Fig. 6 e Tab. 5) e gli allevamenti danneggiati (Fig. 7 e Tab. 6). I costi d’indennizzo per danni da canidi vengono mostrati in due diverse suddivisioni, in Fig. 3 e Tab.1 per anno finanziario (1° novembre - 31ottobre) e in Fig. 4 e Tab. 2 per anno solare (1° gennaio - 31 dicembre). Si è ritenuto opportuno riportare gli esborsi relativi all’anno finanziario, perché rappresentano i dati ufficiali trasmessi dalla Provincia al Servizio Veterinario della Regione Emilia Romagna, entro il 31 ottobre di ogni anno, come previsto dalla normativa vigente, per il trasferimento dei fondi relativi. La differenza nell’esborso totale del periodo 2002-2010 di euro 3.289,41 è dovuta all’aggiunta di tale importo per eventi occorsi tra il 31 ottobre e il 31 dicembre 2010. Nelle successive analisi dei diversi parametri si sono sempre considerati i dati riferiti all’anno solare. I dati totali, riferiti alle 4 variabili analizzate, risultano i seguenti: nell’arco di 9 anni, dal 2002 al 2010, in provincia di Bologna, per danni da canidi a carico del bestiame, sono stati spesi euro 125.399,32 per risarcire 988 capi uccisi in 259 aggressioni a carico di 124 diversi allevamenti. Il fenomeno è senza dubbio in aumento come evidenziato dal passaggio da un minimo di euro 4.897,72 spesi per 40 capi uccisi in 13 attacchi nel 2003, soltanto 7 aziende danneggiate nel 2004, fino ad un massimo di euro 26.950 spesi per rifondere 33 aziende danneggiate nel 2010 e di 182 capi predati in 46 aggressioni nel 2008. Suddividendo il periodo d’indagine in due gruppi, dal 2002 al 2006 e dal 2007 al 2010, e confrontando le medie dei valori dei medesimi parametri si conferma la tendenza del fenomeno all’incremento: tra il 2002 e il 2006 l’esborso medio risulta di euro 7.740,67 mentre tra il 2007 e il 2010 l’esborso medio risulta di euro 21.673,99, quasi triplicato; il numero di capi risulta più che raddoppiato, passando da 69 a 161 capi uccisi in media per anno, così come il numero di eventi di predazione da 18 a 42; infine il numero medio di aziende danneggiate raddoppia da 13,6 a 27. Per interpretare correttamente il maggior incremento del parametro economico rispetto agli altri, occorre ricordare che dal 2009 la normativa regionale prevede l’indennizzo delle spese per lo smaltimento delle carcasse dei capi uccisi, precedentemente a carico degli allevatori, fino a euro 100,00 per attacco: la somma totale finora rimborsata ammonta ad euro 2.696,80. All’incremento degli indennizzi ha contribuito inoltre l’uccisione di 2 puledri e 15 vitelli, rispetto ad un solo vitello del periodo precedente, per un ammontare di euro 10.217,50. L’espansione demografica della popolazione bolognese di lupo dal 2002 al 2006 ha portato ad accertare da 4 a 7 territori occupati, mentre dal 2007 al 2010 i territori sono ulteriormente aumentati da 8 a 13. In questo ultimo periodo diversi nuclei riproduttivi di lupo hanno dunque occupato stabilmente gran parte del territorio collinare e di media montagna. 3
Da un’analisi di maggior dettaglio geografico del fenomeno dei danni da canidi, ovvero mediante la suddivisione delle medesime 4 variabili (costi d’indennizzo, capi uccisi, eventi di predazione e allevamenti danneggiati) su base comunale, si può osservare nella Tab. 7, 12, 13 e 14 e relative Fig. 8, 9, 10 e 11, come il fenomeno si sia esteso negli anni a quasi tutti i comuni della porzione collinare-montana della provincia e dove siano situate le maggiori criticità. Attualmente i territori occupati dai diversi gruppi familiari sono 13, come riportato nella Fig. 12. L’estensione media del territorio occupato da un nucleo familiare è stata stimata in circa 120 km 2. Ne consegue che, considerando mediamente 4-5 individui per territorio, la consistenza stimata in provincia di Bologna risulta essere di circa 50-70 individui. Se le consistenze di ungulati selvatici disponibili come prede, stimate in base ai censimenti e, per il cinghiale, in base all’analisi dei dati generali degli abbattimenti e della capacità riproduttiva, di circa 20.000 caprioli, 1.300 cervi, 900 daini e 5.000-15.000 cinghiali, non subiranno decrementi significativi, la previsione per il prossimo futuro (2011-2015) è l’insediamento di 18-20 nuclei riproduttivi, per un totale di 70-100 individui, che rappresentano presumibilmente la capacità portante dei circa 2.200 km2 di territorio collinare-montano bolognese (considerando un’estensione di circa 200 km2 esterna ai confini amministrativi provinciali che comprende porzioni di territori a cavallo con Modena, Prato, Firenze e Ravenna) per una popolazione vitale di lupo molto vicina alla densità biologica. Il fenomeno di espansione demografica del lupo nell’area pedemontana bolognese ricalca quanto sta avvenendo in gran parte del territorio nazionale, documentato in particolare nelle province di Forlì, Modena, Parma, Firenze, Grosseto, Pesaro-Urbino, Ancona e Roma, e non è certamente da attribuirsi a reintroduzioni effettuate da associazioni ambientaliste, ma è conseguenza del boom degli ungulati. La dinamica della popolazione italiana di lupo è correlata quella degli ungulati selvatici e oggi questo predatore si sostiene principalmente su cinghiale e capriolo, e solo saltuariamente, ove accessibili perchè non adeguatamente protetti, anche su ungulati domestici (pecore, capre, vitelli e puledri). Gli studi effettuati in Italia dagli anni ’70 ad oggi dimostrano che parallelamente all’incremento degli ungulati selvatici si riscontra una diminuzione significativa della presenza del bestiame nella dieta del lupo. La predazione sul bestiame è dipendente dalla specie, dalla classe d’età, dalle modalità d’allevamento e dalla disponibilità di prede selvatiche. In particolare, vengono preferiti dal lupo gli ovini e i caprini nei confronti dei bovini e, tra questi i vitelli d’età inferiore ai 15 giorni. Inoltre la predazione avviene soprattutto su bestiame allevato al pascolo brado privo di sorveglianza o con sorveglianza saltuaria inadeguata e i danni sono concentrati su pochi allevamenti, suggerendo che anche il contesto ambientale abbia importanza nel determinare il rischio di attacchi. Comunque, dal quadro della realtà bolognese finora esposto, l’impatto della predazione dei canidi sul bestiame e il conseguente conflitto con le attività zootecniche appare evidente: come mostrato in Tab. 3 e Tab. 4 il comparto maggiormente danneggiato risulta essere quello ovicaprino con 970 capi uccisi (98% del totale) a fronte di 16 vitelli e 2 puledri. 4
La successiva Fig. 13 mostra che la maggior parte delle aggressioni sono distribuite da aprile ad ottobre, in coincidenza con la permanenza del bestiame sui pascoli e con il ciclo biologico del lupo che necessita del maggior fabbisogno alimentare nel periodo primaverile-estivo di allevamento delle cucciolate. Dall’analisi delle Tab. 7, 8, 9 e 10 risulta che la maggioranza delle aziende presenta un basso livello di conflitto e un ristretto numero di allevamenti, circa l’11%, appare danneggiato in maniera ingente e/o ricorrente. In particolare la Tab. 9 mostra che le aziende che hanno subito danni ingenti o ricorrenti nel periodo analizzato sono 14 e rappresentano l’11,3% del totale delle aziende colpite (n=124). L’ammontare complessivo del danno economico di queste aziende è stato di 53.130 euro per 364 capi uccisi, che rappresentano circa il 40% dei danni risarciti nell’intera provincia. La Tab. 10 mette inoltre in evidenza che soltanto 13 aziende, pari al 10,5% del totale hanno subito da 4 a 20 attacchi, mentre 111 aziende, ovvero l’89,5% del totale, hanno subito negli anni da 1 a 3 attacchi. Distribuzione e consistenza del bestiame in provincia di Bologna L’odierna realtà zootecnica bolognese viene sintetizzata nella Tab. 15 (dati del Ministero della Sanità al seguente indirizzo: http://www.salute.gov.it/sanitaAnimale/sanitaAnimale.jsp). Nella Fig. 14 viene mostrata la consistenza e la tendenza dei comparti zootecnici oggetto di predazione e conseguente danneggiamento da parte di canidi: gli allevamenti bovini risultano in diminuzione, mentre quelli ovicaprini sono in costante aumento, da 236 nel 2004 a 768 allevamenti nel 2010. Nella Tab. 16 e relativa Fig. 15 vengono descritte distribuzione e consistenza degli allevamenti ovicaprini nei comuni interessati da danni da canidi: le aziende risultano costituite da una media di 16 capi per allevamento, evidenziando così il carattere amatoriale (autoconsumo o reddito integrativo per il conduttore agricolo) del comparto, ove le 49 aziende professionali, che allevano bestiame come attività principale, con oltre 50 capi rappresentano soltanto l’8,8 % del totale di 557 allevamenti. Le successive Tab. 17, 18, 19, 20 permettono di valutare l’incidenza dei danni da canidi sul patrimonio zootecnico provinciale, ovicaprino e bovino-bufalino: a livello provinciale la massima rilevanza si ottiene nel 2010 per il comparto ovicaprino con 31 aziende danneggiate su 768, pari al 4% degli allevamenti e una percentuale inferiore al 2% di capi predati rispetto a quelli censiti. Se da quanto finora illustrato, anche considerato l’elevato grado di antropizzazione dell’appennino bolognese, è possibile affermare che il livello di conflitto nel complesso appare scarsamente rilevante, come anche testimoniato dall’esiguo numero di cadaveri recuperati negli ultimi vent’anni sul territorio provinciale (19 carcasse di cui soltanto 4 per cause certamente riconducibili ad atti deliberati di bracconaggio, come illustrato in dettaglio nella Fig. 16), è altrettanto vero che le perdite subite per predazioni di canidi gravano significativamente sull’attività del singolo allevatore. Spesso, inoltre, il danno economico reale non viene affatto riconosciuto, perché l’attuale normativa regionale non prevede l’indennizzo dei cosiddetti danni indotti o indiretti, ovvero capi dispersi (non rintracciabili e certificabili 5
dal Veterinario Ufficiale AUSL nel verbale di accertamento, che è il documento indispensabile per ricevere il risarcimento), capi feriti con relative spese mediche, perdita ponderale e/o di produzione lattea, ed anche aborti e feti di femmine gravide. In realtà il danno non viene mai risarcito adeguatamente in quanto viene riconosciuto un valore economico pari al 90% del valore di mercato riferito al momento del decesso, e non a fine ciclo di allevamento (calcolato sul peso medio che l’animale raggiungerebbe prima della vendita o della macellazione), e ricavato dalla media dei prezzi rilevati su tutte le piazze riportate nell’ultimo listino settimanale pubblicato dall’ISMEA (Istituto per Studi, Ricerche ed Informazione sul Mercato Agricolo). Il rimborso, poi, viene ottenuto dall’allevatore danneggiato dopo diversi mesi, a causa di lunghi tempi burocratici: la Provincia trasmette al Servizio Veterinario della Regione Emilia Romagna l’elenco degli aventi diritto con relativo importo entro il 31 ottobre di ogni anno, l’accredito dei fondi alla Provincia avviene nel mese di febbraio dell’anno successivo e l’allevatore riceve il rimborso in aprile-maggio. Nel peggiore dei casi un’aggressione subita in novembre viene risarcita in maggio dell’anno successivo. Strategie d’intervento per la gestione del lupo in provincia di Bologna Di fronte alla situazione descritta, estremo dinamismo della popolazione di lupo provinciale e incremento significativo dei danni da canidi, il cui solo risarcimento economico non è misura sufficiente soddisfacente a mitigare il conflitto, l’Amministrazione provinciale ha affrontato il problema della gestione del lupo adottando una strategia d’intervento con il documento programmatico del Piano faunistico venatorio provinciale 2007-2012 e con lo specifico “Progetto Lupo: Misure per la mitigazione del conflitto uomo- lupo”, nell’ambito del Piano di azione ambientale della Regione Emilia Romagna per un Futuro Sostenibile. Il Piano Faunistico Venatorio Provinciale 2007-2012, in linea con il Piano d’azione nazionale per la conservazione del lupo, prevede quale obiettivo prioritario la mitigazione del conflitto uomo-lupo, attraverso la realizzazione di un protocollo di efficaci misure di prevenzione dei danni al patrimonio zootecnico, principalmente messa in opera di barriere di difesa, integrate da costante guardiania mediante cani addestrati e ricovero notturno del bestiame. BOX: Documento programmatico del Piano Faunistico Venatorio Provinciale 2007-2012 In linea con il “Piano d’azione nazionale per la conservazione del Lupo (Canis lupus)” lo scopo del progetto è l’avvio di una strategia di conservazione del lupo in provincia di Bologna finalizzata al mantenimento e alla ricostituzione, nel medio e nel lungo periodo, di una popolazione vitale in coesistenza con l’uomo, come parte integrante degli ecosistemi e del paesaggio. L’obiettivo generale è quello di migliorare lo stato delle conoscenze su: - distribuzione, consistenza e dinamica della locale popolazione di lupo; - impatto sulle attività umane; - efficacia delle misure di prevenzione e risarcimento dei danni. Le suddette finalità, espressamente richieste dall’attuale quadro normativo nazionale (D.P.R. 357/97, art.7 c.2) mediante la realizzazione del monitoraggio delle popolazioni di lupo da parte di Regioni e Province, potranno essere realizzate con le seguenti azioni, in stretta collaborazione tra il Servizio Tutela 6
e Sviluppo Fauna e la Sezione Fauna e Flora Protetta del Corpo di Polizia Provinciale ed il coordinamento di operatori volontari: - prosecuzione dell’indagine sulla distribuzione e consistenza del Lupo nel territorio provinciale con il metodo naturalistico (wolf-howling e snow-tracking) e della collaborazione con l’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica relativa al monitoraggio genetico del lupo in Emilia Romagna (raccolta e analisi di campioni biologici), allargando la ricerca stessa all’area collinare e submontana per evidenziare una possibile espansione d’areale; - monitoraggio del randagismo, in particolare nella componente cani padronali non controllati e dei fenomeni di predazione da parte dei cani vaganti sul bestiame domestico, erroneamente attribuiti al lupo, con conseguente inasprimento del conflitto uomo-lupo, mediante l’avvio di un’indagine sulla attribuzione specifica delle predazioni a lupo o cani vaganti attraverso il trappolaggio fotografico. - realizzazione di una banca-dati sui danni al patrimonio zootecnico provinciale e di un protocollo di efficaci misure di prevenzione, quali messa in opera di barriere di difesa, integrate da costante guardiania e ricovero notturno del bestiame; - attivazione di campagne di sensibilizzazione ed informazione, al fine di attenuare l’atteggiamento ostile di alcune componenti sociali, causa primaria di diffuso bracconaggio in Italia nei riguardi del lupo e dei predatori in genere. - attuazione di un monitoraggio più approfondito mediante la tecnica del radio-tracking nel territorio di media e bassa collina recentemente colonizzato dal lupo, in collaborazione con altri Enti interessati, in particolare Parchi Regionali e Università, al fine di acquisire le conoscenze sull’utilizzo dello spazio in ambienti ad elevata antropizzazione ed elaborare adeguate strategie d’intervento in caso di eventuale impatto sulle attività umane. L’intera letteratura internazionale sull’argomento è concorde nell’affermare che il più importante fattore che determina la predazione del bestiame domestico è la mancanza di adeguati sistemi di prevenzione, dissuasione e protezione. A tale scopo il Servizio Tutela e Sviluppo Fauna ha appositamente incaricato, dal gennaio 2008, un funzionario biologo a fornire l’assistenza agli allevatori sulla procedura di richiesta di risarcimento danni e la consulenza sulla messa in opera di adeguati dispositivi di dissuasione. Si è semplicemente cercato di assecondare il famoso detto “uomo avvisato mezzo salvato” che nel caso specifico suona “pastore assistito meno risentito” o anche “allevatore informato meno arrabbiato”. In altri termini si è prestata una seria attenzione al disagio subito dall’allevatore nella consapevolezza che vedersi portar via o trovare sbranati animali allevati e cresciuti di persona è una perdita che non può essere calcolata solo in denaro. L’immediata presenza sul luogo dell’aggressione di un rappresentante delle istituzioni che si prende a cuore il problema, non fa sentire la persona danneggiata abbandonata a se stessa, in balia tanto di una fauna selvaggia e ostile quanto di leggi umane percepite come assurde, è il primo passo per mitigare il risentimento e avviare un rapporto di convivenza con i lupi. Bisogna essere disponibili ad ascoltare il legittimo sfogo di chi con i lupi condivide l’habitat, riconoscendo i motivi che i pastori hanno di temere e detestare tali predatori come un’angosciosa calamità. Occorre dimostrare comprensione riguardo alla fatica di sopportare di dover pagare di tasca propria l’onere, imposto dalla politica dei ”cittadini”, del mantenimento di una specie di interesse culturale, scientifico e ambientale i cui “costi” di conservazione devono investire tutta la collettività e non essere a carico solo di una categoria sociale. Questo può essere il punto di partenza per instaurare un buon rapporto di 7
collaborazione con gli allevatori e trovare insieme, soggetti privati ed ente pubblico, soluzioni ecologicamente sostenibili per la biodiversità ed economicamente sostenibili per la zootecnia. Il primo indispensabile sopralluogo presso l’allevamento avviene da parte del Veterinario Ufficiale dell’ASL, unica figura abilitata dalla legislazione ad accertare e certificare le cause del decesso dei capi predati. Congiuntamente o successivamente interviene il personale competente della Provincia (Agenti della Polizia provinciale e il biologo incaricato), Guardaparco e anche personale volontario motivato e adeguatamente formato che forniscono la prima necessaria consulenza per evitare il ripetersi di aggressioni, sovente nelle due settimane successive al primo attacco: il ricovero notturno in strutture idonee a rendere il bestiame inaccessibile alla predazione; come seconda misura viene sempre caldeggiata la dotazione di cani da difesa del bestiame di razza idonea (mastino abruzzese, altrimenti detto pastore maremmano). A tal proposito giova ricordare l’esperienza pilota, tuttora in corso, avviata a partire da maggio 2008 nel territorio del Circondario Imolese: mediante due lezioni sul campo e due incontri sul tema aperti al pubblico, organizzati dalla Federazione Italiana della Caccia locale, è stata attuata la formazione di una trentina di operatori volontari, quali veterinari, cacciatori, allevatori, guardie volontarie venatorie ed ecologiche. Essi, in costante contatto con il biologo del Servizio Tutela e Sviluppo Fauna, hanno realizzato non solo il capillare monitoraggio della presenza di lupi e cani vaganti sul territorio (mediante videofototrappolaggio e raccolta di campioni biologici per l’indagine genetica), ma anche un’opera di informazione e sensibilizzazione della popolazione rurale altrettanto assidua e, soprattutto, azioni di “pronto intervento” di assistenza agli allevatori in tutti gli eventi di predazione accaduti. Nel corso degli ultimi 3 anni il tecnico del Servizio Tutela e Sviluppo Fauna, coadiuvato dalla Polizia provinciale e da personale volontario nel Circondario imolese, ha potuto visitare quasi tutti gli allevamenti interessati da episodi di predazione (80 su 83). In tali occasioni, dopo aver espletato le pratiche necessarie al rimborso dei capi uccisi, motivando le valutazioni degli stessi in base alla normativa di riferimento, ha svolto la funzione di assistenza tecnica fornendo suggerimenti e proponendo soluzioni diversificate ritenute idonee alle situazioni contingenti, in un’ottica di piena collaborazione con le richieste formulate dagli stessi allevatori ed è pertanto iniziata la installazione di sistemi di prevenzione, sperimentando anche nuovi dispositivi, quali dissuasori acustici (n°15) e luminosi (n°15), oltre alle più tradizionali barriere costituite da recinzioni metalliche fisse (12.500 mt), eventualmente integrate da filo elettrico e filo spinato. A parità di pratiche istruite, sono triplicati i sopralluoghi effettuati presso le aziende dal tecnico incaricato: Anni 2008 2009 2010 Pratiche istruite per danni da canidi 43 45 46 Sopralluoghi effettuati presso l’azienda 19 52 61 Una prima valutazione dell’efficacia del lavoro svolto, dal 2002 ad oggi, può essere indicata dal numero di aziende, e relativa percentuale, che non hanno subito danni successivi al primo episodio o alla prima serie di attacchi, grazie agli accorgimenti messi in atto dagli allevatori con i suggerimenti ed i materiali forniti dall’Amministrazione provinciale: 111 su 124 aziende, pari a circa il 90% di tutte quelle danneggiate (vedi Tab. 10) 8
L’attività di consulenza tecnica è stata inoltre rivolta, in maniera realmente preventiva e con la dovuta discrezione al fine di non creare allarmismo, a 18 allevamenti che non avevano mai subito danni da parte di canidi, situati in aree in aree a maggior rischio di aggressione, in vicinanza di tane o siti di allevamento di lupo (rendez-vous) accertati: un caso in particolare va citato, come esempio di proficua collaborazione tra pubblico e privato, ed è quello di un allevatore che con una recinzione integrata, costituita da rete metallica e filo elettrico (fornito dalla Provincia) collegato ad un dispositivo di dissuasione acustica (di propria progettazione) è riuscito a tutelare i suoi animali nonostante la presenza di un rendez-vous con 8 cuccioli di lupo nel 2008 a meno di un chilometro dalla struttura. Grazie ai positivi risultati ottenuti in termini di prevenzione del conflitto è in progetto il coinvolgimento dei Servizi Veterinari dell’ASL, dell’APA Associazione Provinciale Allevatori, del CPGEV Corpo provinciale guardie ecologiche volontarie e dell’Associazione culturale provediemozioni.it, in una campagna informativa preventiva “porta a porta”, rivolta ai circa 500 allevamenti di ovicaprini che non hanno subito danni da parte di canidi, ma che sono potenzialmente a rischio vista la costante espansione del lupo. E’ stata inoltre preliminarmente testata l’efficacia di potenziali dissuasori olfattivi, costituiti da campioni biologici di orso, leone, tigre, leopardo e uomo, mediante videotrappolaggio del comportamento del lupo a contatto con dette sostanze, al momento senza risultati apprezzabili. Sul fronte dello snellimento della burocrazia, si è proceduto innanzitutto ad una semplificazione della procedura di risarcimento predisponendo un modulo unificato per la richiesta di contributo per l'indennizzo delle perdite di capi di bestiame causate da cani inselvatichiti o altri animali predatori, con la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà (art. 47 DPR 28 dicembre 2000 n.445) ai sensi della normativa di riferimento (Legge regionale 7 aprile 2000 n.27 e Delibere del Consiglio Regionale n.416/2002, n.32/2005 e n.207/2008). Si è cercato inoltre di non trascurare la comunicazione e l’informazione del pubblico e a questo scopo è stata presentata l’attività svolta dalla Provincia di Bologna nei riguardi del lupo e delle problematiche connesse alla sua ricolonizzazione del territorio, sotto forma di proiezione multimediale in occasione di diverse iniziative culturali sul tema, organizzate da: Parco dei Gessi Bolognesi (Bologna, 25.01.2008), Biblioteca comunale (Pianoro, 23.07.2008), Canale 11 Video Regione (Imola, 03.09.2008), Biblioteca comunale (Monterenzio, 30.11.2008), Nuovo Circondario Imolese (Imola, 31.03.2009), WWF Emilia Romagna (Casalecchio, 21.04.2009), Federcaccia Emilia Romagna (Imola, 07.12.2009), Assessorato comunale alla Qualità Ambientale (San Lazzaro di Savena, 19.04.2010) e Associazione culturale Provediemozioni.it (Gaggio Montano, 19.11.2010). E’ stato altresì costituito un “Tavolo Lupo” (riunitosi il 14.11.2008 e il 10.10.2010) formato da rappresentanti delle Organizzazioni Professionali Agricole, dall’Associazione Allevatori, dalle Aziende USL, dai Parchi e da esperti in materia. Un primo risultato di collaborazione tra Enti è la elaborazione e 9
proposta di un Progetto Integrato relativo alla mitigazione del rapporto uomo-lupo presentato alla Regione Emilia Romagna nell’ambito del Piano triennale Parchi, con relativa richiesta di finanziamenti che saranno destinati all’acquisto e alla messa in opera di sistemi preventivi per gli allevamenti suscettibili di razzie di lupi. Il Progetto Lupo: misure per la mitigazione del conflitto uomo-lupo è nato dal tavolo di coordinamento delle Aree Protette in collaborazione con il Servizio Tutela e Sviluppo Fauna della Provincia di Bologna, in raccordo operativo con il Tavolo di Coordinamento Regionale. Scopo del progetto è stato quello di mettere in sinergia tutte le competenze per la conservazione del lupo e favorire nel contempo una corretta informazione, con una particolare attenzione al mondo agricolo, che abbia come obiettivo la mitigazione del conflitto uomo-lupo reale e potenziale. Il progetto si è inserito nel quadro programmatico del Piano Faunistico Venatorio della Provincia di Bologna, nell’ambito del quale è previsto, in linea con il “Piano d’azione nazionale per la conservazione del Lupo (Canis lupus)”, un progetto finalizzato al mantenimento e alla ricostituzione nel medio e lungo periodo di una popolazione vitale di lupo in coesistenza con l’uomo. Ricordiamo, infatti, che per il Piano Faunistico Venatorio Provinciale diventa fondamentale prevenire il possibile impatto sulle attività umane causato dall’espansione della specie nell’appennino bolognese, valutando l’efficacia delle misure di prevenzione e di risarcimento dei danni. 25 aziende sono state selezionate per la fornitura gratuita in comodato d’uso di presidi di prevenzione diversificati, da applicare alle singole realtà ambientali: sono stati stanziati 88.000 euro (75% Regione - 25% Provincia) per l’acquisto di recinzioni fisse in rete metallica (8.500 mt), reti elettrificate (5.700 mt) recinzioni elettriche fisse (5.500 mt) ed adeguata dotazione di pali in legno e in ferro. Inoltre, si copriranno le spese per l’acquisto di altri presidi di prevenzione quali dissuasori ottici (n°150 lampeggianti), dissuasori acustici( n°20 detonatori, n°20 scacciacani e n°20 dispositivi dotati di sensore di movimento o di timer), barriere Fladry (n°1000), collari antilupo per i cani da difesa del bestiame numero (n°60). In conclusione pare opportuno ricordare che iniziative volte a contenere numericamente la popolazione di lupo, utilizzando strumenti come il controllo faunistico, non sono mai state applicate in Italia fino ad oggi . A tale proposito occorre riportare in sintesi la legislazione nazionale ed internazionale vigente a tutela della specie e il parere dell'ISPRA ex INFS (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), organo scientifico e tecnico di ricerca e consulenza per lo Stato, le regioni e le province L.157 art. 7). 10
BOX Progetto Lupo. Misure per la mitigazione del conflitto con gli allevatori Piano d’Azione Ambientale Regione Emilia Romagna Progetto integrato Codice identificativo BO/09/02 Intervento BO/09/02/a Misura A “Conservazione della Biodiversità” L’obiettivo specifico del presente progetto riguarda la prevenzione dei danni e l’attenuazione dei conflitti tra comunità locali e lupo, al fine di salvaguardare le produzioni zootecniche del territorio e controllare tempestivamente la potenziale opposizione alla presenza di questa specie che ha recentemente ampliato il prpprio areale di distribuzione in provincia, come in tutta la regione, arrivando a ridosso delle zone urbanizzate. Una finalità più ampia del progetto è anche quella di dotare la Rete Natura 2000 in Provincia di Bologna di strutture e strumenti finalizzati a realizzare progetti di conservazione delle specie tutelate dalla Direttiva Habitat, con particolare riferimento a quelle specie che attualmente necessitano di azioni prioritarie, quali appunto il lupo. La linea di intervento del progetto riguarda l’acquisto di attrezzature, in primo luogo necessarie per attuare efficaci misure di prevenzione del danno, in secondo luogo per realizzare il monitoraggio del randagismo canino. Le misure di prevenzione volte a limitare i danni rappresentano un aspetto rilevante nelle strategie di conservazione dei grandi predatori. Il solo rimborso dei capi predati, non accompagnato da un’adeguata politica di prevenzione, rischierebbe, infatti, di rivelarsi una strategia sterile dal momento che non incentiva gli allevatori a ridurre i danni in maniera attiva. La riduzione delle perdite di bestiame dovute al lupo contribuisce ad una convivenza meno conflittuale con il predatore. E’ necessario ed improcrastinabile quindi dotarsi di strumenti idonei da mettere in campo nei prossimi anni. I risultati attesi si potranno misurare in base al numero di danni da lupo che si verificheranno nei prossimi anni in rapporto all’espansione della specie. Sulla base dell’ampia letteratura disponibile sull’argomento, a livello nazionale ed internazionale, di numerose sperimentazioni positive realizzate in Emilia-Romagna e in Italia centrale, in particolare in alcuni Parchi Nazionali e nella Provincia di Firenze, nonché sull’esperienza maturata direttamente in provincia di Bologna dal Servizio Tutela e Sviluppo Fauna, con la fattiva collaborazione degli allevatori locali, sono stati identificati presidi di prevenzione diversificati da applicare alle singole realtà ambientali, gestionali ed economiche. Essi sono i seguenti, con note sulle caratteristiche tecniche dei materiali: Recinzioni fisse in rete metallica: rete metallica elettrosaldata di altezza 2 m, diametro filo 2 mm, maglia non superiore a 75x75 mm; Reti elettrificate a maglie termo formate, con fili conduttori orizzontali, completa di pali di supporto diametro 19 mm con doppia punta altezza 1,50 m e altezza 1,00 m; Recinzioni elettriche fisse a 6 fili di corrente orizzontali con dotazione di isolatori a vite per pali legno, isolatori a ghiera per tondino 18 mm, paline di terra, cavi in acciaio galvanizzato mm 2,5 con carico di rottura non inferiore kg 200, cavo antistrappo in cordino da mm 5 con resistenza elettrica 11 Ohm/100 m e carico rottura kg 490, cavo zincato per massa, cartelli monitori a norma UNI-ISO; Elettrificatori con alimentazione 220 volts ed energia di carica non inferiore a 4.5 Joule e con alimentazione 12 volts ed energia di carica non inferiore a 2.5 Joule, entrambi con microprocessore; Batterie ricaricabili 12 Volts, 80Ah; Cancelli in acciaio zincato con maniglie isolate per l’apertura; Pali in legno di altezza 2,5 m e diametro 8-10 cm; Pali in ferro di altezza 2,5 m e diametro 18 mm; 11
Barriere Fladry in nylon di colore rosso larghezza 8 cm, lunghezza 60 cm; Detonatori: cannoncini a gas con timer; Rivoltelle a salve “scacciacani”; Dissuasori acustici con sensore di passaggio e/o timer; Dissuasori ottici: lampeggianti a intermittenza; Collari antilupo con cui dotare i cani da guardiania; Cartelli di avvertimento: “Attenzione cani da difesa del gregge” con cui perimetrale il pascolo. Sono risultate 25 le aziende richiedenti e disponibili ad installare strutture di protezione, ubicate nelle aree più sensibili. Alcune di queste aziende non figurano tra quelle danneggiate nell’ultimo triennio, ma hanno ugualmente subito attacchi che possono verosimilmente ripetersi in quanto collocate in aree che presentano caratteristiche di vulnerabilità rispetto alla probabilità del danno e si sono dimostrate particolarmente motivate alla sperimentazione di sistemi di protezione. I criteri di selezione per la quantificazione, la localizzazione e l’assegnazione di materiali di protezione/prevenzione sono stati i seguenti: - entità del danno subito, per numero di attacchi e numero di capi uccisi. - imprese professionali, allevamenti di differenti specie (ovicaprine, bovine, equine); -localizzazione dell’azienda all’interno o in prossimità di aree protette (Parchi regionali, Riserve naturali, Oasi di protezione, Sic, Zps) e/o in aree a maggior rischio di aggressione, in vicinanza di tane o siti di allevamento di lupo (rendez-vous) accertati; - volontà di collaborazione, disponibilità all’utilizzo e sperimentazione di sistemi di protezione da parte dell’allevatore. In secondo luogo il progetto si prefigge di potenziare l’azione di monitoraggio della presenza del lupo e di cani vaganti. A tale scopo verranno acquistate n°12 videofototrappole digitali con le quali poter effettuare la documentazione di attacchi o eventi di predazione. Le attrezzature verranno gestite direttamente dalla Provincia di Bologna o date in dotazione alle Aree Protette. È inoltre prevista la realizzazione di un numero monografico del periodico Il Divulgatore dedicato al lupo, con l’intento di far conoscere i metodi di prevenzione del conflitto, le modalità di utilizzo delle strutture, la gestione degli allevamenti in modo da difendere gli animali dagli attacchi dei predatori, nonché valorizzare il significato culturale dell’iniziativa intrapresa a favore di un positivo rapporto uomo lupo sul territorio. 12
BOX Quadro giuridico nazionale e internazionale a tutela del lupo Secondo il quadro normativo internazionale il lupo è considerato: Specie potenzialmente minacciata ai sensi dell’appendice II della Convenzione di Washington (1973) che prevede una regolamentazione del commercio, dell’importazione, dell’esportazione e della detenzione. Specie strettamente protetta ai sensi dell’allegato II della Convenzione di Berna del 19 settembre 1979 che ne proibisce in particolare la cattura, l’uccisione, la detenzione ed il commercio. Specie soggetta a protezione rigorosa ai sensi dell’allegato D della Direttiva Habitat (92/43/CEE) che ne proibisce la cattura, l’uccisione, il disturbo, la detenzione, il trasporto, lo scambio ed il commercio. Secondo il quadro normativo nazionale il Lupo appartiene alla categoria delle specie particolarmente protette (L. 157/92, art. 2) per il cui abbattimento, cattura o detenzione sono previste sanzioni penali (L. 157/92, art. 30). Al fine di prevenire danni gravi all’allevamento è prevista la possibilità di deroga ai divieti di cattura o abbattimento dietro autorizzazione del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, sentito l’INFS, a condizione che non esistano altre soluzioni praticabili e che la deroga non pregiudichi il mantenimento,in uno stato di conservazione soddisfacente, delle popolazioni (L. 157/92, art. 19; D.P.R. 357/97, art. 11). 13
BOX Il parere dell'ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) In risposta alle interrogazioni di diversi Enti, in particolare della Regione Toscana e della Regione Piemonte l'ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) si è espresso nei seguenti termini: tale Istituto parte dalla premessa che il lupo, superato lo stato di conservazione estremamente precario degli anni settanta, ha mostrato, negli ultimi decenni, una costante espansione di areale e un incremento della consistenza numerica, che ha portato la specie a ricolonizzare diverse aree del territorio italiano, fino a raggiungere le Alpi occidentali, espandendosi quindi alle Alpi centrali e al territorio di diversi Paesi confinanti, quali Francia, Svizzera e Germania. Al recente miglioramento dello stato di conservazione del lupo hanno concorso le politiche di tutela introdotte dallo Stato italiano, anche in applicazione del regime di protezione accordato a questa specie dalla Convenzione di Berna, che ha inserito il lupo nell'Allegato II tra le specie strettamente protette e dalla Direttiva Habitat 92/43/CEE, che lo ha inserito tra le specie di interesse comunitario che richiedono una protezione rigorosa. Il regime nazionale di tutela della specie è stato formalizzato con la legge n. 157 del 1992, che all'articolo 2, elenca detta specie tra quelle particolarmente protette ed è stato confermato dal Piano di azione per la conservazione del lupo, redatto dall'ex INFS con la collaborazione di un gruppo di lavoro istituito dal Ministero dell'ambiente e pubblicato nel 2002 nella collana «Quaderni di conservazione della natura». Tale documento, presentato formalmente alla Convenzione di Berna e in ambito comunitario, rappresenta, pertanto, il documento formale di riferimento per la politica nazionale in materia di conservazione e gestione della specie. Tale politica si basa essenzialmente su un regime di stretta tutela che esclude ogni ricorso ad abbattimenti per il periodo di validità del documento stesso, il quale ha evidenziato in modo particolare che i conflitti tra uomo e lupo vanno affrontati attraverso politiche di prevenzione dei danni agli allevamenti, anche condizionando la compensazione dei danni all'attivazione di misure di prevenzione e impiegando prioritariamente le risorse disponibili nelle aree critiche per la conservazione delle specie. Premesso quanto sopra, occorre prendere atto, ad avviso dell'ISPRA, che lo status di conservazione del lupo in Italia ha mostrato negli ultimi anni significativi mutamenti, sia per la progressiva espansione dell'areale di questa specie, sia anche in relazione ai fenomeni di ibridazione con il cane che sono stati accertati in diverse aree del Paese. In relazione a quest'ultima questione, l'ISPRA comunica che in collaborazione con la Provincia di Siena e la Federparchi, ha organizzato, nell'ambito dell'iniziativa «Cantieri della biodiversità», un workshop dedicato alle problematiche sollevate dall'ibridazione tra specie selvatiche e animali domestici, svoltosi a Siena nel dicembre 2009. A conclusione di tale iniziativa, è stato adottato un documento finale che ha affermato - tra l'altro - che l'ibridazione antropogenica è un grave pericolo per la diversità biologica, rappresenta una minaccia crescente per la sopravvivenza stessa delle specie e richiede, pertanto, risposte urgenti e efficaci. In tale ottica, ogni scelta gestionale deve essere basata sulle migliori conoscenze scientifiche disponibili, dando prioritaria importanza alla necessità di controllo della presenza diffusa negli ambienti naturali dei cani randagi, mediante risposte flessibili, sviluppate caso per caso e basate su una specifica valutazione condotta dallo stesso ISPRA, e al divieto di allevamento e commercio di ibridi cane-lupo per fini amatoriali. Dai partecipanti al workshop è emersa, infine, l'esigenza di ulteriore approfondimento delle problematiche legate all'ibridazione e la richiesta ai Ministeri competenti di promuovere indirizzi gestionali adeguati in risposta al fenomeno, attivando, se necessario, un confronto con la Commissione Europea, sulla ineludibile base del contributo tecnico- scientifico dell'ISPRA. Alla luce di quanto sopra esposto l'ISPRA.manifesta il più ampio consenso a partecipare a seminari con le Amministrazioni locali per il rilancio di una strategia di conservazione del lupo, nell'ottica di assicurare l'integrità della specie e, contestualmente, la tutela delle attività zootecniche. 14
confini comunali confini comunali Distribuzione_lupo_2000-01 Distribuzione_danni_2000-01 10 5 0 10 km . 10 5 0 10 km . Fig. 1 Distribuzione della presenza stabile del lupo e dei danni accertati da canidi su base comunale negli anni 2000-2001 confini comunali confini comunali Distribuzione_lupo_2010 Distribuzione_danni_2010 10 5 0 10 km . 10 5 0 10 km . Fig. 2 Distribuzione della presenza stabile del lupo e dei danni accertati da canidi su base comunale negli anni 2002-2010 1
30.000 23.891 24.296 25.000 21.636 20.000 16.798 15.000 10.526 10.000 8.211 6.163 5.897 4.691 5.000 0 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 Fig. 3 Andamento dell’esborso per danni da canidi in provincia di Bologna dal 2002 al 2010 in veste grafica in riferimento all’anno finanziario (1novembre-31ottobre) Anno finanziario Indennizzo 2002 10.526,11 2003 6.163,13 2004 8.210,91 2005 4.691,16 2006 5.897,25 2007 16.798,05 2008 21.636,00 2009 23.891,30 2010 24.296,00 Totale 122.109,91 Tab. 1 Andamento dell’esborso per danni da canidi in provincia di Bologna dal 2002 al 2010 in riferimento all’anno finanziario (1novembre-31ottobre) 2
30.000 26.950 25.000 22.887 19.126 20.000 17.733 15.000 11.536 10.000 7.854 8.284 6.131 4.898 5.000 0 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 Fig. 4 Andamento dell’esborso per danni da canidi in provincia di Bologna dal 2002 al 2010 in veste grafica in riferimento all’anno solare Anno solare Indennizzo 2002 11.535,76 2003 4.897,72 2004 7.854,42 2005 8.284,22 2006 6.131,25 Media 7.740,67 2007 17.733,15 2008 22.887,00 2009 19.125,80 2010 26.950,00 Media 21.673,99 Totale 125.399,32 Tab. 2 Andamento dell’esborso per danni da canidi in provincia di Bologna dal 2002 al 2010 in riferimento all’anno solare. 3
200 182 179 180 152 160 140 130 114 120 100 79 80 59 53 60 40 40 20 0 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 Fig. 5 Andamento del numero di capi predati da canidi nel periodo 2002-2010 in provincia di Bologna Anno Equini Bovini Caprini Ovini Totale 2002 0 3 111 114 2003 0 10 30 40 2004 0 4 55 59 2005 1 12 66 79 2006 0 13 40 53 Media 0,2 8,4 60,4 69 2007 1 1 34 116 152 2008 1 4 39 138 182 2009 0 4 16 110 130 2010 0 6 29 144 179 Media 0,5 3,75 29,5 127 160,75 Totale 2 16 160 810 988 Tab. 3 Numero di capi predati suddivisi per famiglia dal 2002 al 2010 4
Anno Equini Bovini Caprini Ovini Totale 2002 0,0% 2,6% 97,4% 100,0% 2003 0,0% 25,0% 75,0% 100,0% 2004 0,0% 6,8% 93,2% 100,0% 2005 1,3% 15,2% 83,5% 100,0% 2006 0,0% 24,5% 75,5% 100,0% Media 0,3% 14,8% 84,9% 100,0% 2007 0,7% 0,7% 22,4% 76,3% 100,0% 2008 0,5% 2,2% 21,4% 75,8% 100,0% 2009 0,0% 3,1% 12,3% 84,6% 100,0% 2010 0,0% 3,4% 16,2% 80,4% 100,0% Media 0,3% 2,3% 18,1% 79,3% 100,0% Totale complessivo 0,2% 1,6% 16,2% 82,0% 100,0% Tab. 4 Percentuale di capi predati suddivisi per famiglia dal 2002 al 2010 50 46 44 45 41 37 40 35 30 23 23 25 17 20 15 13 15 10 5 0 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 Fig. 6 Andamento annuale del numero di eventi di predazione dal 2002 al 2010 in veste grafica 5
Anno Totale 2002 23 2003 13 2004 15 2005 23 2006 17 Media 18,2 2007 37 2008 46 2009 41 2010 44 Media 42 Totale 259 Tab. 5 Andamento annuale del numero di eventi di predazione dal 2002 al 2010 6
33 35 28 30 25 25 22 18 20 17 15 15 11 10 7 5 0 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 Fig. 7 Grafico dell’andamento annuale del numero di aziende danneggiate n° Aziende Anno danneggiate 2002 18 2003 11 2004 7 2005 17 2006 15 Media 13,6 2007 25 2008 28 2009 22 2010 33 Media 27,0 Media totale 19,6 Tab. 6 Andamento annuale del numero di aziende danneggiate con le medie riferite ai periodi 2002-2006 e 2007- 2010 7
Anno Numero di aziende con diversi eventi di predazione 1 2 3 4 5 6 2002 14 3 1 0 0 0 2003 10 0 1 0 0 0 2004 4 1 1 0 0 1 2005 13 3 0 1 0 0 2006 13 2 0 0 0 0 2007 17 6 1 0 1 0 2008 19 3 4 1 1 0 2009 11 6 3 1 1 0 2010 27 3 2 0 1 0 Media 14,2 3,0 1,4 0,3 0,4 0,1 Tab. 7 Riassunto del numero di Aziende che hanno subito da 1 fino a 6 attacchi da canidi dal 2002 al 2010 8
Anno Percentuale di aziende con diversi eventi di predazione 1 2 3 4 5 6 2002 77,8% 16,7% 5,6% 0,0% 0,0% 0,0% 2003 90,9% 0,0% 9,1% 0,0% 0,0% 0,0% 2004 57,1% 14,3% 14,3% 0,0% 0,0% 14,3% 2005 76,5% 17,6% 0,0% 5,9% 0,0% 0,0% 2006 86,7% 13,3% 0,0% 0,0% 0,0% 0,0% 2007 68,0% 24,0% 4,0% 0,0% 4,0% 0,0% 2008 67,9% 10,7% 14,3% 3,6% 3,6% 0,0% 2009 50,0% 27,3% 13,6% 4,5% 4,5% 0,0% 2010 81,8% 9,1% 6,1% 0,0% 3,0% 0,0% Media 73,0% 14,8% 7,4% 1,6% 1,7% 1,6% Tab. 8 Percentuale di Aziende che hanno subito da 1 fino a 6 attacchi da canidi dal 2002 al 2010 N° Id Azienda Esborso Capi attacchi Azienda 028 9.877 67 20 Azienda 011 5.995 40 8 Azienda 042 5.132 10 10 Azienda 073 4.376 29 11 Azienda 110 3.960 25 6 Azienda 103 3.266 35 8 Azienda 030 3.245 32 2 Azienda 048 3.159 27 4 Azienda 040 2.773 21 3 Azienda 116 2.581 14 3 Azienda 107 2.390 22 1 Azienda 021 2.295 4 3 Azienda 095 2.081 20 7 Azienda 003 2.002 18 2 Tab. 9 Esborso e capi predati in Aziende con danni cumulativi superiori ai 2.000 dal 2002 al 2010 9
Numero Numero % attacchi Aziende Aziende da 1 a 3 attacchi 111 89,5% da 4 a 20 13 10,5% totale 124 100,0% Tab. 10 Ripartizione del numero di aziende con diversi attacchi da lupo dal 2002 al 2010 10
Totale Anno 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 complessivo Borgo Tossignano 1.587,60 2.250,00 1.201,50 5.039,10 Budrio 472,50 472,50 Camugnano 688,50 945,00 270,00 1.903,50 Casalfiumanese 733,57 405,00 792,45 1.642,50 364,50 3.938,02 Castel d'Aiano 261,00 855,00 1.116,00 Castel del Rio 576,95 243,00 1.780,20 675,00 1.738,80 900,00 5.913,95 Castel di Casio 330,06 243,00 642,60 103,50 1.319,16 Castel S.Pietro Terme 2.041,20 3.964,50 3.784,50 9.790,20 Castello di Serravalle 319,50 2.074,00 2.393,50 Castiglione dei Pepoli 454,65 459,00 643,50 1.557,00 505,00 3.619,15 Fontanelice 99,00 360,00 459,00 Gaggio Montano 2.389,90 119,70 270,00 662,50 3.442,10 Granaglione 324,00 324,00 Grizzana Morandi 367,25 382,57 715,50 594,00 945,00 3.645,00 832,50 572,50 8.054,32 Lizzano in Belvedere 555,43 1.230,03 2.903,13 324,00 2.353,50 1.260,00 139,50 8.765,59 Loiano 845,14 411,75 1.030,50 1.332,00 3.619,39 Malalbergo 900,00 900,00 Marzabotto 1.026,00 1.331,83 235,04 333,00 108,00 2.921,50 5.955,37 Monghidoro 1.622,69 594,00 2.216,69 Monte S.Pietro 1.134,00 1.206,00 2.340,00 Monterenzio 1.431,48 912,24 1.959,75 1.298,25 1.525,50 2.970,00 4.346,50 2.250,00 16.693,72 Monzuno 949,46 1.397,25 234,00 1.480,50 568,00 4.629,21 Ozzano dell'Emilia 295,20 157,50 1.620,00 2.072,70 Pianoro 652,00 3.178,44 2.651,40 810,00 1.495,80 243,00 2.016,00 3.937,50 14.984,14 Porretta Terme 97,82 675,00 315,00 544,50 932,50 2.564,82 San Benedetto Val di Sambro 83,65 360,00 443,65 San Lazzaro di Savena 632,50 632,50 Sasso Marconi 130,50 166,50 3.380,40 702,00 665,50 4.778,50 9.823,40 Savigno 1.220,50 1.220,50 Vergato 753,14 753,14 Totale complessivo 11.535,76 4.897,72 7.854,42 8.284,22 6.131,25 17.733,15 22.887,00 19.125,80 26.950,00 125.399,32 Tab. 11 Esborso dei danni da canidi dal 2002 al 2010 suddiviso per comune 11
Totale Anno 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 complessivo Castiglione dei Pepoli 5 4 3 15 3 30 Castel di Casio 4 1 7 1 13 San Lazzaro di Savena 4 4 Monterenzio 18 12 21 17 4 4 22 5 103 San Benedetto Val di Sambro 1 4 5 Grizzana Morandi 4 3 9 3 6 28 2 1 56 Loiano 8 1 6 9 24 Marzabotto 8 10 3 3 1 21 46 Castel d'Aiano 3 9 12 Ozzano dell'Emilia 3 1 14 18 Monte S.Pietro 12 8 20 Savigno 9 9 Castel del Rio 7 3 19 7 6 6 48 Fontanelice 1 4 5 Lizzano in Belvedere 5 9 18 3 19 8 1 63 Camugnano 6 7 3 16 Porretta Terme 1 5 1 6 8 21 Borgo Tossignano 15 22 13 50 Monghidoro 22 7 29 Gaggio Montano 22 1 2 3 28 Vergato 5 5 Casalfiumanese 6 1 7 13 4 31 Malalbergo 10 10 Pianoro 5 20 24 6 13 3 16 26 113 Monzuno 8 12 2 13 5 40 Castel S.Pietro Terme 22 40 33 95 Castello di Serravalle 2 12 14 Sasso Marconi 1 2 31 7 4 31 76 Budrio 1 1 Granaglione 3 3 Totale complessivo 114 40 59 79 53 152 182 130 179 988 Tab. 12 Numero di capi predati da canidi dal 2002 al 2010 suddiviso per comune 12
Totale COMUNE 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 complessivo Borgo Tossignano 2 3 1 6 Budrio 1 1 Camugnano 1 1 2 4 Casalfiumanese 2 1 3 2 1 9 Castel d'Aiano 1 3 4 Castel del Rio 1 1 3 3 2 2 12 Castel di Casio 1 1 2 1 5 Castel S.Pietro Terme 4 3 7 14 Castello di Serravalle 1 3 4 Castiglion dei Pepoli 1 1 2 1 1 6 Fontanelice 1 1 2 Gaggio Montano 1 1 1 2 5 Granaglione 1 1 Grizzana Morandi 2 2 2 1 1 10 2 1 21 Lizzano in Belvedere 1 4 2 1 3 1 1 13 Loiano 2 1 2 1 6 Malalbergo 1 1 Marzabotto 1 2 1 1 1 4 10 Monghidoro 4 1 5 Monte S.Pietro 3 1 4 Monterenzio 7 3 6 5 3 3 11 5 43 Monzuno 2 4 1 3 1 11 Ozzano dell'Emilia 1 1 3 5 Pianoro 1 6 6 1 2 1 8 4 29 Porretta Terme 1 1 1 2 3 8 San Benedetto Val di Sambro 1 1 2 San Lazzaro di Savena 2 2 Sasso Marconi 1 2 9 3 3 5 23 Savigno 2 2 Vergato 1 1 Totale complessivo 23 13 15 23 17 37 46 41 44 259 Tab. 13 Numero di attacchi da canidi nei diversi comuni della provincia di Bologna nel periodo 2002-2010. 13
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