L'Inps trovi soluzioni affinché i pensionati abbiano accesso alle informazioni sulle proprie pensioni

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L'Inps trovi soluzioni affinché i pensionati abbiano accesso alle informazioni sulle proprie pensioni
La newsletter dello Spi di Mantova n.° 03 13/02/2021
     Redazione: Via Altobelli, 5 46100-Mantova . Responsabile Salvatore Altabella del Direttivo provinciale Spi Cgil Mantova.
    Tel. 0376/ 2021/ 202221, fax 0376-320453 , e-mail spimantova@cgil.lombardia.it - sito nazionale http://www.spi.cgil.it/
    sito regionale www.spicgillombardia.it Questa newsletter viene trasmessa per posta elettronica , di norma, il 21 di ogni mese.
                       Viene pubblicata anche sul sito provinciale http:// www.cgil.mantova.it\SPI\

L'Inps trovi soluzioni affinché i pensionati abbiano accesso
alle informazioni sulle proprie pensioni

I Segretari generali di Spi Cgil, Fnp Cisl, Uilp Uil, Ivan Pedretti, Piero
Ragazzini, Carmelo Barbagallo, hanno scritto oggi al Presidente dell’Inps
Pasquale Tridico e al Presidente del Civ Inps Guglielmo Loy, chiedendo incontri
urgenti in cui affrontare finalmente il tema del divario digitale e delle difficoltà
per milioni di pensionati di avere accesso ai propri cedolini della pensione e,
quindi, alle informazioni sulle proprie pensioni.
Sono passati ormai sei anni da quando l’Inps ha deciso di sopprimere le
comunicazioni cartacee con cui inviava ai cittadini le informazioni sui trattamenti
pensionistici, rendendo le informazioni accessibili solo online dal sito dell’Istituto,
dopo rilascio di apposito Pin.
Il bilancio è sconfortante: solo 4,5 milioni di pensionati su 16 milioni usano il
Pin Inps e circa 12 milioni di pensionati oggi non riescono quindi a controllare
importi ed eventuali variazioni delle loro pensioni e ad accedere ai propri cedolini,
cosa quest’ultima che sarà resa ancora più difficile col passaggio da Pin Inps a
Spid. Già dal 1° ottobre 2020 è stato sospeso il rilascio di nuovi Pin Inps e dal 1°
ottobre 2021 l’unica modalità di accesso al sito dell’Inps (insieme a Carta di
identità elettronica 3.0 e a Carta nazionale dei servizi) sarà lo Spid, sistema di
identificazione più sicuro del Pin, ma più complesso da ottenere e da utilizzare,
anche perché presuppone la disponibilità di un indirizzo di posta elettronica e di
un telefono cellulare di esclusivo utilizzo del pensionato.
Il decreto semplificazioni ha previsto, per chi non ha accesso a un domicilio
digitale, altre modalità di messa a disposizione e consegna della documentazione
della pubblica amministrazione, da determinare con successivo decreto,

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L'Inps trovi soluzioni affinché i pensionati abbiano accesso alle informazioni sulle proprie pensioni
riconoscendo che esiste un problema di divario digitale. L’esclusione digitale
di una parte consistente della popolazione anziana e pensionata,2
soprattutto quella di età più avanzata, è un fatto reale e rischia di
aggravarsi ulteriormente.
Spi Cgil, Fnp Cisl, Uilp Uil lanciano, quindi, una campagna di comunicazione e
mobilitazione perché si trovino soluzioni rapide ed efficaci, chiedendo al Cda Inps
di dare risposte al problema e di garantire il diritto dei pensionati ad accedere al
proprio cedolino di pensione, superando le difficoltà sia nell’utilizzo del Pin Inps
in questa fase transitoria per coloro per i quali è ancora valido, sia
nell’ottenimento e nell’utilizzo dello Spid. Chiedono, inoltre, al Cda e al Civ Inps di
farsi portavoce nei confronti delle istituzioni della necessità di
affrontare il tema del divario digitale della popolazione anziana per
quanto riguarda l’accesso ai servizi della pubblica amministrazione e
specificatamente dell’Inps, anche mettendo in campo un grande progetto di
alfabetizzazione digitale e utilizzando le risorse del Next Generation Ue.
Fonte http://www.spi.cgil.it/

Superbonus 110% anche per l’abbattimento delle barriere
architettoniche per gli over 65
La misura era stata richiesta a gran voce al governo dal Sindacato dei pensionati
Spi-Cgil, da quello degli edili Fillea-Cgil e dall’Auser. Grazie ad uno specifico
emendamento della maggioranza è stata ora inserita nella legge di bilancio, in
approvazione entro la fine dell’anno.
Si tratta del superbonus del 110% anche per le opere di abbattimento delle
barriere architettoniche in favore delle persone che hanno più di 65 anni.
Significa che sarà possibile adeguare i condomini o le proprie abitazioni alle
esigenze specifiche degli anziani senza spendere nemmeno un euro.
I sindacati portano così “a casa” un risultato importante con una norma che
migliora fattivamente le condizioni di vita delle persone che rappresenta e che è
in grado anche di prevenire anche eventuali problemi in futuro.
“Una conquista – la definisce il Segretario generale dello Spi-Cgil Ivan Pedretti
commentando la notizia – frutto dell’iniziativa del sindacato e che potrà permettere
agli anziani di restare più a lungo in casa propria”.
Fonte   http://www.spi.cgil.it/

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Vaccini: Sindacati, è strage degli anziani; fate presto
#coronavirus

25 gennaio

“Bisogna fare presto perché stiamo assistendo ad una vera e propria
strage degli anziani nel nostro paese, che rischia di acuirsi ulteriormente nelle
prossime settimane per i ritardi nella messa in opera del piano vaccinale.
Dobbiamo dircelo con grande chiarezza e franchezza. Ogni giorno, ora o minuto
perso ha una diretta e drammatica conseguenza in termini di vite umane, in
particolare nella categoria anagrafica degli over60 dove da inizio pandemia si
concentra il 95,6% dei decessi”.
A lanciare l’allarme sono i Segretari generali dei Sindacati dei pensionati Spi-Cgil,
Fnp-Cisl, Uilp-Uil Ivan Pedretti, Piero Ragazzini e Carmelo Barbagallo.
“Non si tratta – continuano i Segretari - solo di voler uscire rapidamente da questa
situazione per tornare alla normalità ma di lottare contro il tempo per salvare
la vita dei nostri anziani.
Ci appelliamo per questo con forza a tutte le autorità competenti perché facciano
tutto il necessario e perché portino il nostro paese fuori dall’emergenza in tempi
rapidi. Ulteriori ritardi non sono più accettabili e bisogna lavorare ventre a terra per
recuperare in fretta quelli già accumulati”.
Fonte   http://www.spi.cgil.it/

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Nel labirinto del vaccino (longform)

    • Idea diffusa n.1 2021

di Carlo Ruggiero

I ritardi nella consegna da parte delle big pharma mettono in crisi i piani dei governi e
dell'Ue, ma fanno anche luce su una filiera complessa e su un sistema produttivo poco
conosciuto. Intanto il nodo dei brevetti rallenta l'immunità e scatena le contraddizioni
tra profitto delle aziende e salute dei cittadini

(coordinamento editoriale Maurizio Minnucci, foto Marco Merlini, grafiche Massimiliano
Acerra)

La corsa al vaccino anti-covid che il mondo ha intrapreso dalla fine dello scorso anno si sta
rivelando a dir poco accidentata. I ritardi registrati nella produzione e nella consegna
hanno dato il via libera a una scia infinita di polemiche, accuse e controaccuse tra Unione
europea, stati membri e grandi aziende farmaceutiche. Prima di Natale, Sanofi aveva già
annunciato sei mesi di ritardo nel rilascio del suo siero, poi a gennaio è stata la volta di
Pfizer-Biontech, che ha avuto intoppi nella produzione. Infine, è toccato ad AstraZeneca
mettere nei guai l'Unione europea dimezzando le dosi promesse. Un percorso a ostacoli
insomma, anche prevedibile, ma che ha messo in crisi il piano vaccinale disegnato dai
governi degli stai membri. E che ha evidenziato tutti i nervi scoperti di una filiera, quella
del farmaco, che per sua natura ha un andamento lento, macchinoso e qualche volta non
proprio trasparente. Una filiera che però, in piena emergenza sanitaria, ha subito
un'accelerata mai vista prima d'ora.

Generalmente lo sviluppo di un vaccino necessita dai sette ai dieci anni. Per quello
contro il Covid sono bastati meno di dieci mesi. Il tutto, ovviamente, grazie a una
cascata di soldi pubblici. L'Europa ha messo in atto una negoziazione centrale per avere
la prelazione su un numero altissimo di vaccini. I contratti sono stati firmati con 6
aziende e prevedono la prelazione su un miliardo e mezzo di fialette, più altri 700
milioni di dosi nel tempo.

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GLI ANELLI DELLA CATENA
La storia del vaccino contro il Covid, quindi, rappresenta un'anomalia. Ma anche
un'occasione, forse unica, per approfondire i rapporti sempre più agitati oggi tra proprietà
intellettuale, legittimo profitto per le aziende e diritto alla cura di ogni singolo cittadino. Un
vaccino, come un qualsiasi altro medicinale, prima di arrivare in farmacia deve infatti
seguire un percorso obbligato, che però parte sempre da un laboratorio di ricerca. Dopo
gli studi in vitro, il siero viene sottoposto a 4 fasi di sperimentazione, tre prima
dell’autorizzazione, la quarta quando è già sul mercato. In Europa, le aziende devono
dimostrare la sicurezza e l'efficacia di un prodotto alla European medicine agency (Ema).
Solo dopo l'approvazione dell’Ema e l'ok della Commissione europea, può iniziare il
processo di produzione sotto l'egida dell'Aifa, l'agenzia italiana del farmaco. Di solito ci
vogliono anni. Così come diversi mesi servono per la fabbricazione di un qualsiasi
prodotto biologico. Molto spesso le aziende devono anche adeguare o ricostruire da zero le
proprie linee produttive. Questo vale ancor di più per i vaccini innovativi basati sulla
molecola spike, come quelli oggi prodotti da Pfizer e Moderna. Poi ci sono le fasi
successive: l'infialamento e lo stoccaggio. Passaggi particolarmente complessi, soprattutto
per il siero Pfizer che dev'essere conservato a -70 gradi centigradi. Il trasporto rappresenta
l'ultimo miglio. Oggi la logistica farmaceutica italiana è composta da circa 300 aziende
autorizzate…
articolo integrale clicca qui Nel labirinto del vaccino - Collettiva

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Congedo straordinario per l’assistenza di familiari disabili
      Pubblicato: 11 Febbraio 2021

DOMANDA
Buongiorno, Mi chiamo A. F. e vorrei chiedere quali sono i requisiti per accedere al
Congedo straordinario che può arrivare fino ad un massimo di due anni. Usufruisco già dei
giorni di permesso mensili per l'invalidità di mio padre e mia madre non ha patologie.
RISPOSTA
Hanno titolo a fruire del congedo straordinario retribuito della durata di due anni (anche
frazionabili) nell'arco dell'intera vita lavorativa, i lavoratori dipendenti, a tempo determinato
(per la durata del contratto) o a tempo indeterminato, che assistono il familiare in
situazione di handicap grave. La persona disabile non deve essere ricoverata a tempo
pieno presso strutture ospedaliere o similari.
Inizialmente, avevano diritto a fruire del congedo straordinario i genitori (anche adottivi o
affidatari) e i fratelli e sorelle conviventi, a condizione che entrambi i genitori fossero
deceduti. La Corte costituzionale negli anni ha ampliato la platea dei beneficiari e
introdotto un preciso ordine di priorità tra gli aventi diritto:
     coniuge (o la parte di unione civile) convivente con il disabile;
     i genitori (naturali, adottivi o affidatari) di figlio/a gravemente disabile;
     il figlio/a convivente con il genitore gravemente disabile;
     i fratelli e le sorelle (anche adottivi) della persona gravemente disabile e con essa
       conviventi;
     Il parente o affine entro il terzo grado convivente.

Solo in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti
dei primi in lista, il diritto può essere concesso al soggetto successivo.
Per rispondere al suo quesito: per poter usufruire del congedo biennale lei dovrebbe
risultare convivente con il soggetto da assistere (papà) e il coniuge (mamma) dovrebbe
essere invalido, cioè impossibilitato a prestare l’assistenza.
Per ulteriori informazioni, la invitiamo a contattare la sede Inca Cgil più
vicina alla sua abitazione. Clicca qui per conoscere l’elenco delle sedi
territoriali
fonte : I DIRITTI CHE NON SAI (inca.it)

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Pensione di reversibilità e risarcimento dei danni agli eredi
Pubblicato: 09 Febbraio 2021

+Cassazione: La pensione di reversibilità non va detratta dal risarcimento dovuto
al familiare superstite.
Gli eredi di una persona defunta per colpa altrui hanno diritto al risarcimento del danno
patrimoniale, pur essendo titolari della pensione di reversibilità. A stabilirlo una recente
ordinanza della Corte di Cassazione, depositata il 1° febbraio scorso, accogliendo il
ricorso degli eredi di una persona morta a causa di un incidente stradale, contro la
sentenza della Corte d’Appello di Catanzaro, che aveva escluso la sussistenza di un
danno patrimoniale da lucro cessante solo perché i familiari della persona deceduta
percepivano una pensione di reversibilità.
Richiamando i principi già affermati dalle Sezioni Unite dell’Alta Corte, nella sentenza n.
12564 del 22 maggio 2018, la Cassazione ha stabilito che “dal risarcimento del danno
patrimoniale patito dal familiare di persona deceduta per colpa altrui non deve esser
detratto il valore capitale della pensione di reversibilità, accordata dall’Inps al familiare
superstite in conseguenza della morte del congiunto, trattandosi di una forma di tutela
previdenziale connessa ad un peculiare fondamento solidaristico e non è geneticamente
connotata dalla finalità di rimuovere le conseguenze prodottesi nel patrimonio del
danneggiato per effetto dell’illecito del terzo”.
Il caso esaminato dall’Alta Corte, riguardava una persona deceduta in conseguenza di un
incidente stradale, i cui eredi si sono rivolti al Tribunale di Lamezia Terme per chiedere il
risarcimento dei danni subiti. Richiesta che la sentenza ha accolto solo parzialmente per la
parte del danno non patrimoniale, rigettando la domanda di risarcimento per danno
patrimoniale da lucro cessante, derivante dalla perdita degli emolumenti che la vittima
destinava alla propria famiglia. Orientamento confermato anche dalla Corte d’Appello di
Catanzaro, ritenendo che la titolarità della pensione di reversibilità “fosse di per sé idonea
ad eliminare il pregiudizio patrimoniale provocato dal decesso del congiunto”.
Cassando su questo punto le sentenze dei tribunali di merito, la Cassazione ha quindi
rinviato alla Corte d’Appello di Catanzaro il riesame del caso applicando i principi già
stabiliti dalle Sezioni Unite dell’Alta Corte.

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Scuola. La conquista del «tempo perduto»
Prolungare l'anno scolastico non risolve il problema. Servono risorse per
incrementare gli organici e stabilizzare i precari. Come messaggio al nuovo
governo, martedì 16 febbraio presidio della Flc Cgil davanti al ministero della
Pubblica istruzione

Una cosa è certa. Se la frequenza con cui nelle agende politiche si colloca ai primi posti la
scuola fosse direttamente proporzionale all’impegno effettivo che si pone per colmarne
buchi e ritardi atavici, non ci ritroveremmo ad affrontare sempre gli stessi nodi, aggravati
ovviamente dalla situazione sanitaria. Non sorprende dunque che il presidente del
Consiglio incaricato, Mario Draghi, abbia – così come trapela da quanto riportato dalla
stampa – deciso di intervenire con decisione sul nostro sistema d’istruzione. In attesa di
vedere il governo alla prova concreta dei fatti, è utile ragionare su alcuni dei punti –
sempre da quanto riferito da fonti indirette – che il nuovo governo avrebbe l’intenzione di
affrontare.

Non si può non partire dal tema di cui più si è discusso in questi giorni e che ha,
giustamente, provocato l’ira di molti insegnanti: quello del presunto “tempo perso” a
scuola in questi mesi di pandemia e della necessità di recuperarlo con un ventilato
prolungamento dell’anno scolastico. Bisogna distinguere: tempo certamente non se ne è
perso. Insegnanti e studenti, hanno lavorato duramente, affrontando con sacrificio e
anche fantasia una novità assoluta: la didattica a distanza. Senza considerare che dal
nuovo anno scolastico in quasi tutte le regioni d’Italia le scuole primarie e secondarie
inferiori sono state in presenza. “Tra le mille difficoltà prodotte dalla pandemia e le
inefficienze che abbiamo denunciato – dice Francesco Sinopoli, segretario generale della
Flc Cgil –, una cosa è innegabile: la scuola ha retto e ha fatto la sua parte, nonostante
scelte sbagliate a livello ministeriale e nonostante l’inefficienza delle Regioni nella gestione
dei presìdi sanitari e dei trasporti”.

Fonte: https://www.collettiva.it/copertine/italia/2021/02/13/news/la_rincorsa_del_tempo_perduto-818382/

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    • La scuola non può essere regionalizzata

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LO SCRITTO

Antonio Gramsci:               «Odio       gli       indifferenti.    Vivere       significa
partecipare»
DI ILARIA ROMEO11/02/2021 – 07:25

L'11 febbraio 1917 il filosofo comunista, fondatore del Pci, scrive un testo destinato a
rimanere nella storia
Antonio Gramsci è “uno dei più originali pensatori dei nostri tempi, il più grande degli
italiani dell’epoca nostra, per la traccia incancellabile che col pensiero e coll’azione egli
ha lasciato”. Così lo definiva Palmiro Togliatti.
“La figura di Antonio Gramsci è di quelle che ingrandiscono a misura che si allontanano nel
tempo. - scriveva Giuseppe Di Vittorio nel primo anniversario della morte su La Voce degli
italiani del 27 aprile 1938 - Onorando la
memoria del martire, al quale i figli più
eletti di tutti i popoli rendono il più
commosso omaggio, noi abbiamo la
certezza di esprimere l’intimo sentimento,
non già d’un partito, ma di tutto il popolo
italiano, che intravide in Gramsci il grande
condottiero capace di guidarlo sulla via
della riscossa e della vittoria. (…)
 Nessuno aveva mai analizzato con eguale
profondità ed acutezza di Antonio
Gramsci, la composizione della società italiana, in tutti i suoi elementi costitutivi, nelle sue
classi, nei suoi ceti intermedi, nella dinamica dei rapporti intercorrenti fra di loro; nessuno
ne aveva mai determinato con eguale precisione i vizi fondamentali, le ingiustizie rivoltanti
e le gravi conseguenze che ne derivano per il popolo e la nazione italiana, e ne imbrigliano
lo slancio, ne ostacolano lo sviluppo e ne paralizzano lo sforzo progressivo. Ma Antonio
Gramsci non era un contemplatore, né il freddo scienziato che limiti la sua soddisfazione
alla esattezza della diagnosi. Antonio Gramsci rappresentava la sintesi più
completa dello scienziato scrupoloso, dell’uomo d’azione, del capo
rivoluzionario. Determinato il male di cui soffre la società italiana ed il suo popolo,
Gramsci si applica con eguale passione ad indicarne i rimedi".
E come un medico procedeva, secondo Di Vittorio: "Dopo la diagnosi, la cura, l’operazione
chirurgica che deve guarire e rigenerare l’Italia, spezzando l’involucro pesante che
costringe il suo popolo ad uno stato insopportabile di miseria, di arretratezza e
d’ignoranza, fra residui abbondanti di feudalismo e di servaggio, specialmente nel
Mezzogiorno e nella sua Sardegna. Lo studio profondo dei mali e del marcio di cui è
minata alla base la società italiana, e dei mezzi occorrenti per costruirne una nuova,

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fondata sulla giustizia sociale, sulla libertà, su dei principi che assicurino al paese il
massimo sviluppo economico, civile e culturale, ha condotto Antonio Gramsci a identificare
nella classe operaia la classe sfruttata più forte, più omogenea e più rivoluzionaria, capace
di porsi all’avanguardia del popolo e di costruire la nuova società, non già per liberare
soltanto se stessa, ma per liberare tutto il popolo, tutta la società, dalle catene secolari del
capitale. Antonio Gramsci fu incontestabilmente il più profondo studioso delle
teorie di Marx, di Engels e di Lenin; fu il più grande marxista che abbia avuto l’Italia,
quello che meglio d’ogni altro seppe trarne gli insegnamenti concreti e che compì i più
grandi sforzi per applicarne il metodo alla situazione del nostro paese. Divenuto capo del
Partito della classe operaia, Antonio Gramsci seppe vivere fra gli operai, seppe parlare con
loro, seppe apprendere da loro e seppe dar vita al più interessante movimento unitario
creato dalla classe operaia italiana, sia per la sua forma originale d’organizzazione che per
la precisione e l’ampiezza dei suoi obbiettivi: i Consigli di Fabbrica. Capo di un Partito
operaio, Gramsci portava un interesse appassionato alla situazione dei contadini, dei
braccianti, degli artigiani, dei piccoli commercianti, dei tecnici e degli intellettuali, di tutti
gli strati del nostro popolo (…) Il fascismo aveva compreso quale grande capo aveva in
Antonio Gramsci il popolo italiano, e glielo rapì, assassinandolo gradualmente,
freddamente, in oltre dieci anni di lento e sistematico supplizio (…)”.
"Vivere significa partecipare e non essere indifferenti a quello che succede" scriveva
Antonio Gramsci su La città futura l’11 febbraio 1917. Un testo attuale ancora oggi,
soprattutto oggi.
     Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive
     veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è
     parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti.
     L’indifferenza è il peso morto della storia. L’indifferenza opera potentemente
     nella storia. Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si
     può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio
     costruiti; è la materia bruta che strozza l’intelligenza. Ciò che succede, il male
     che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua
     volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia
     salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. Tra
     l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo,
     tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne
     preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che
     la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un
     terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto,
     chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. Alcuni
     piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o
     pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di
     far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo?
     Odio gli indifferenti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da

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eterni innocenti. Chiedo conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito
     che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e
     specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non
     dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime.
     Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività
     della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale
     non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla
     fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia
     alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono
     partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.
Parole sulle quali riflettere e dalle quali - magari – ripartire.

Fonte :Antonio Gramsci: «Odio gli indifferenti. Vivere significa partecipare» - Collettiva

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