Invecchiamento cerebrale tra normalità e demenza. Dalla prevenzione alla terapia - A.M.A.d Bassano del Grappa 04/05/2017 - AMAD
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Invecchiamento cerebrale tra normalità e demenza. Dalla prevenzione alla terapia A.M.A.d Bassano del Grappa 04/05/2017 Fabio Lorico Geriatra-CDCD Responsabile S.S.O. “Decadimento Cognitivo” ASL 7 Pedemontana- Ospedale San Bassiano Bassano del Grappa
INVECCHIAMENTO CEREBRALE : QUADRO CLINICO Memoria a breve termine Fluidità verbale Capacità apprendimento Accesso al lessico Capacità astrazione Sensibilità gusto e olfatto Capacità ideazione Campo visivo e Labilità emotiva Tendenza alla depressione adattamento al buio Dogmaticità Latenza risposte a Alterazioni del ritmo sonno- stimoli visivi e somatici veglia
DEFINIZIONE DEMENZA La demenza è una sindrome clinica caratterizzata da perdita di più funzioni cognitive, tra le quali invariabilmente la memoria, di entità tale da interferire con le usuali attività sociali e lavorative del paziente ( Geldmacher, 1996 ). Oltre ai sintomi cognitivi sono presenti sintomi non cognitivi, che riguardano la sfera della personalità, l’affettività, l’ideazione e la percezione, le funzioni vegetative, il comportamento.
La malattia di Alzheimer (AD) è la causa più frequente (50-70% dei casi), il 10-20% è su base vascolare, mentre altre patologie neurodegenerative, quali la demenza a corpi di Lewy e la demenza fronto-temporale, costituiscono la causa della demenza nel 10-30% dei casi (Stephanie et al, 1999). Il 10-20 % è secondario a patologie potenzialmente reversibili.
QUADRO CLINICO La demenza è una sindrome clinica caratterizzata da perdita delle funzioni cognitive, tra le quali invariabilmente la memoria, di entità tale da interferire con le usuali attività sociali e lavorative del paziente. Oltre ai sintomi cognitivi sono presenti sintomi non cognitivi, che riguardano la sfera della personalità, l’affettività, l’ideazione e la percezione, le funzioni vegetative, il comportamento. Patologie somatiche • Farmaci SINTOMI Storia personale • Personalità SINTOMI COGNITIVI Disturbi di vita NON COGNITIVI Network familiare e sociale Boller F, Traykov L. Classification and diagnosis of dementias. In: Govoni S, Bolis CL, Trabucchi M. Dementias. Biological bases and clinical approach. Springer-Verlag Italia, Milano, pp. 51-76, 1999
QUADRO ANATOMOPATOLOGICO Perdita di neuroni , che inizia in corrispondenza della regione dell’ippocampo, per estendersi successivamente alle regioni parieto- temporali, frontali e quindi a tutte le strutture encefaliche. Tale perdita di neuroni genera l’atrofia cerebrale , con appiattimento delle circonvoluzioni e perdita di profondità delle scissure. Atrofia dei neuroni residui, con fenomeni degenerativi a carico del corpo cellulare, sfoltimento delle ramificazioni e delle spine dendritiche e conseguente decremento del numero delle sinapsi. Aumento della componente gliale.
Presenza di placche senili , formazioni di dimensioni variabili da 30 a 300 micron, caratterizzate da : Nucleo centrale di sostanza beta-amiloide -l'amiloide è costituita da frammenti di proteine prodotte normalmente dall’organismo ; -la Beta-amilode è un frammento di proteina formata a partire da un precursore chiamato APP ( amyloid precursor protein ) Nel cervello sano questi frammenti vengono eliminati man mano che si formano , mentre nell’AD si accumulano tra i neuroni formando placche insolubili Presenza all’esterno di neuroni degenerati Mantello di cellule gliali reattive
The limbic system consists of a number of structures, including the fornix, hippocampus, cingulate gyrus, amygdala, the parahippocampal gyrus and parts of the thalamus.The hippocampus is one of the first areas affected by Alzheimer’s disease. As the disease progresses, damage extends throughout the lobes.
IDENTIFICARE LA DEMENZA •Storia clinica •Valutazione dello stato mentale •Esame generale e neurologico •Valutazione dello stato funzionale della depressione dei sintomi non cognitivi IDENTIFICARE LA CONDIZIONE CHE CAUSA LA DEMENZA • Esami di laboratorio • Neuroimaging (TAC - RM encefalo- SPECT con DAT-SCAN - PET) • Test neuropsicologici Geldmacher DS, Whitehouse PJ. Evaluation of dementia. N Engl J Med 1996; 335: 330-336 Witthaus E et al. Burden of mortality and morbidity from dementia. Alzheimer Dis Assoc Disord 1999; 13(3): 176-181
L’esordio di una demenza è frequentemente caratterizzato da una progressiva difficoltà ad : apprendere e ricordare nuove informazioni: difficoltà a ricordare conversazioni recenti, eventi e appuntamenti eseguire compiti complessi: difficoltà ad eseguire un compito che richiede una sequenza complessa di azioni eseguire ragionamenti : non riesce a rispondere con una ragionevole strategia ai problemi insorti a casa o sul luogo di lavoro mantenere comportamenti socialmente adeguati: si mostra sorprendentemente poco riguardoso delle regole sociali di comportamento
….continua Linguaggio: difficoltà a trovare parole che esprimano ciò che vuole comunicare e a seguire le conversazioni (difficoltà anche nella scrittura e nella lettura) avere un comportamento adeguato: è più passivo, irritabile e sospettoso del solito, interpreta in modo sbagliato stimoli uditivi o visivi a volte si manifestano disturbi più selettivi e particolari come l’afasia , una difficoltà nel riconoscimento dei volti familiari (prosopoagnosia) o altri disturbi isolati come la difficoltà nell’organizzazione dei gesti orientarsi nello spazio e nel tempo: difficoltà nella guida dell’automobile, tende a perdersi anche in luoghi a lui/lei familiari
Quadro sintomatologico della demenza • Sintomi cognitivi Deficit mnesici Disorientamento temporale e spaziale Aprassia Afasia, alessia, agrafia Acalculia Agnosia Deficit visuospaziali
Quadro sintomatologico della demenza • Sintomi non cognitivi Psicosi (deliri paranoidei, allucinazioni) Alterazioni dell’umore (depressione, euforia, labilità emotiva) Ansia Sintomi neurovegetativi ( alterazioni del ritmo sonno-veglia, dell’appetito, del comportamento sessuale ) Disturbi dell’attività psicomotoria (vagabondaggio, affaccendamento afinalistico) Agitazione (aggressività verbale o fisica, vocalizzazione persistente) Alterazioni della personalità (indifferenza, apatia, disinibizione, irritabilità)
DEMENZA VASCOLARE Costituisce circa il 10-15% di tutte le demenze ed è causata da uno o più piccoli infarti o da infarti di grandi dimensioni. CRITERI DIAGNOSTICI: evidenza clinica di demenza evidenze cliniche e di neuroimaging (TAC, RMN, PET) di malattia cerebrovascolare relazione evidente o indiretta tra la demenza e la malattia cerebrovascolare (esordio, fluttuazioni, deterioramento "a scalini" dei deficit cognitivi).
• SOTTOTIPI : Demenza multi-infartuale (MID). E' la risultante di infarti multipli e completi, generalmente nel territorio di distribuzione, corticale o sottocorticale, dei grossi vasi. Demenza da singoli infarti strategici. E' data dai singoli infarti in aree cerebrali funzionalmente importanti per le prestazioni cognitive (giro angolare, proencefalo basale, talamo, etc.).
Demenza da coinvolgimento dei piccoli vasi. E' l'esito di lesioni ischemiche a carico dei vasi di piccolo calibro che irrorano le strutture sottocorticali. Demenza da ipoperfusione. E' la risultante di un danno ipossico acuto, cronico o ripetuto. Demenza emorragica. E' la sequela di lesioni emorragiche intraparenchimali (fra le più frequenti l'emorragia intracerebrale a sede capsulare ) o extraparenchimali ( ematoma sub-durale cronico, emorragia sub- aracnoidea )
DEMENZE DEGENERATIVE PRIMARIE SENZA SEGNI MOTORI PREMINENTI •Malattia di Alzheimer I criteri più utilizzati per la diagnosi della malattia di Alzheimer sono quelli proposti nel 1984 dal National Institute of Neurological and Communicative Disorders and Stroke; Alzheimer's Disease and Related Disorders Association Work Group (NINCDS-ADRDA) e dai criteri del DSM IV. •Demenza frontotemporale inclusa la demenza di Pick Questo gruppo di demenze, che in fasi tardive o intermedie possono essere indistinguibili dalla malattia di Alzheimer, sono caratterizzate in fase iniziale dalla preminenza dei sintomi comportamentali, affettivi e del linguaggio sul deficit di memoria che può essere lieve o addirittura assente.
•Creutzfeldt-Jakob e altre malattie da prioni • Queste demenze sono rarissime ma necessitano in ogni caso di essere riconosciute. Esiste infatti un rischio di trasmissione in seguito ad esposizione a tessuti contaminati .Nella demenza di C-J i segni motori possono diventare preminenti . •Malattia di Parkinson •La demenza complica frequentemente il quadro della malattia di Parkinson nelle sue fasi avanzate .
DEMENZE DEGENERATIVE PRIMARIE CON SEGNI MOTORI PREMINENTI (1) Demenza con corpi di Lewy •Particolarmente frequente e potrebbe contendere il 2° posto alle demenze vascolari. •Si accompagna sin dalle fasi precoci a segni parkinsoniani (bradicinesia, rigidità, mentre il tremore a riposo è raramente presente); deve essere sempre sospettata in quei casi di Malattia di Alzheimer che mostrano in fase iniziale segni extrapiramidali. •Rallentamento psicomotorio . •Frequente presenza, anche in fase iniziale di malattia, di sintomi allucinatori in particolare visivi, ben dettagliati e reiterati . •Progressione di malattia più veloce rispetto alla malattia di Alzheimer •Particolare sensibilità ai neurolettici di questi pazienti .
Evoluzione clinica della Malattia di Alzheimer
QUADRO CLINICO Tipo di Sintomi d'esordio Esame Modalità di Durata demenza più comuni Neurologico Progressione (anni) Malattia Deficit di memoria Normale Graduale 10-12 di Alzheimer Deficit di memoria e di A “gradini” con Segni “focali” Demenza linguaggio; disturbi periodi di disturbo della 8-10 vascolare dell’attenzione apparente marcia e della pianificazione stabilizzazione Demenza Deliri e allucinazioni Segni Graduale con 3-7 a corpi di Lewy episodi confusionali extrapiramidali fluttuazioni Alterazione del Demenza Segni di comportamento; disturbi Graduale 3-17 Frontale liberazione del linguaggio Geldmacher DS, Whitehouse PJ. Evaluation of dementia. N Engl J Med 1996; 335: 330-336 Baldereschi M et al. Sex differences in the incidence of dementing diseases in the Italian Elderly: the ILSA Study. Neurology 1999; 52 (Suppl 2): A436
OUTCOME NELLA CURA DELLE DEMENZE IN RELAZIONE ALLA GRAVITA’ DELLA MALATTIA Demenza iniziale Riconoscimento dei sintomi iniziali o preclinici Diagnosi precoce Sostegno dell’impatto della consapevolezza di malattia del paziente (insight) Sostegno dell’autonomia decisionale Trattamento dei sintomi cognitivi( AchE-I nell’AD ) Riabilitazione cognitiva ( ad es. ROT ) Stimolo dell’attività fisica e mentale Trattamento delle patologie somatiche concomitanti Qualità delle relazioni sociali e familiari Educazione dei caregiver (accettazione della malattia, adeguamento dei comportamenti) Assistenza sociale e legale
Demenza moderata Trattamento dei sintomi cognitivi Trattamento dei sintomi comportamentali Trattamento delle patologie somatiche concomitanti Riabilitazione comportamentale (ad es. validazione, reminiscenza) Stimolo della memoria procedurale e dell’autonomia funzionale residua Prevenzione dell’eccesso di disabilità Educazione e sollievo dei caregivers (adattamenti ambientali e comportamentali) Servizi sociali ed assistenziali (prevalentemente territoriali), temporanei o definitivi
Demenza severa Prevenzione delle complicanze ( ad es. cadute, incontinenza, immobilità ) Sostegno dell’alimentazione Stimolazione sensoriale Sostegno alla mobilità Trattamento delle complicanze somatiche (ad es. polmonite) Qualità globale della vita Educazione e sollievo dei caregivers (assistenza continuativa, elaborazione del lutto) Servizi sociali ed assistenziali (prevalentemente residenziali), temporanei o definitivi
La Genetica: quale ruolo? Inoltre è coinvolto un gene polimorfo localizzato nel Cr 19 che sintetizza l’Apolipoproteina E (APOE): 26
Fattori genetici, ambientali ed epigenetici nella malattia di Alzheimer La malattia di Alzheimer costituisce la forma più comune di demenza nell’anziano, caratterizzata da una perdita progressiva della memoria e delle capacità cognitive, in grado di interferire con la qualità della vita e le normali attività quotidiane. Le lesioni istopatologiche specifiche della malattia sono le placche senili ed i grovigli neurofibrillari costituiti rispettivamente da depositi extracellulari del peptide beta -amiloide e da aggregati intracellulari di proteina tau iperfosforilata
L’ AD è una malattia complessa ed eterogenea, attribuibile solo in una minoranza dei casi (10% circa) alla presenza di mutazioni in geni specifici (finora ne sono stati identificati tre: APP, PSEN1 e PSEN2) trasmessi nelle famiglie con modelli di eredità mendeliana. Tuttavia, nel 90% circa dei casi l’Alzheimer è il risultato dell’interazione tra fattori ambientali e fattori genetici di suscettibilità, non sufficienti da soli a determinarne la comparsa. Negli ultimi anni è stato inoltre proposto che alcuni fattori ambientali, quali ad esempio metalli e molecole presenti negli alimenti, possano avere effetti epigenetici rilevanti per l’insorgenza della malattia
Qual è il rischio di ereditare la malattia di Alzheimer? • Secondo una classificazione pubblicata sulla rivista Lancet nel 2013, la probabilità di identificare una mutazione genetica nella persona malata è la seguente: Persone affette dalla malattia Età di insorgenza della malattia Probabilità di identificare una mutazione genetica Persone malate in 3 generazioni < 60 anni (tutti) 86% Almeno 2 familiari di primo grado malati < 61 (almeno uno) 68% Almeno 2 familiari di primo grado malati < 65 anni (tutti) 15% Almeno 2 familiari di primo grado malati > 65 anni < 1%
Genetica della malattia di Alzheimer: geni causativi Rare mutazioni in tre geni causativi (APP, PSEN1 e PSEN2), a penetranza completa, sono responsabili delle forme mendeliane a trasmissione quasi esclusivamente autosomica dominante ed insorgenza precoce (< 65 anni) (early onset Alzheimer’s disease, EOAD). Mutazioni nel gene APP fanno aumentare i livelli totali di A-beta o solo quelli della forma A-beta 42, che è il principale componente delle placche senili. Mutazioni nei geni PSEN1 e PSEN2 provocano generalmente un aumento della produzione del peptide A-beta 42
Genetica della malattia di Alzheimer: geni di suscettibilità • Le forme sporadiche costituiscono oltre il 90% dei casi di AD e si manifestano generalmente dopo i 65 anni (late onset Alzheimer’s disease, LOAD ). Negli ultimi anni sono stati analizzati migliaia di polimorfismi in oltre seicento geni diversi quali candidati come fattori di suscettibilità per la loro insorgenza. Tra i geni principalmente studiati troviamo geni del metabolismo del colesterolo, geni della risposta infiammatoria, geni del metabolismo dei folati, geni correlati allo stress ossidativo ed alle difese antiossidanti cellulari, geni coinvolti nella produzione del peptide beta-amiloide e molti altri. Solo l’allele epsilon 4 del gene dell’APOE è emerso come chiaro fattore di rischio
Fattori ambientali • Numerosi fattori ambientali sono stati studiati quali possibili modulatori del rischio di sviluppare forme sporadiche di malattia di Alzheimer. Metalli, solventi e pesticidi, traumi cranici, campi elettromagnetici ed infezioni virali sono ritenuti possibili fattori di rischio per la malattia, mentre sostanze antiossidanti, dieta mediterranea e consumo di acidi grassi omega-3 sembrano svolgere un ruolo protettivo
Epigenetica della Malattia di Alzheimer •Il metabolismo dei folati è di fondamentale importanza nei processi epigenetici. Studi condotti in colture di cellule neuronali e nei roditori hanno dimostrato che la riduzione dei livelli di folati e di altre vitamine del gruppo B si ripercuote in demetilazione del promotore del gene PSEN1 con conseguente aumento di espressione della proteina presenilina 1.
FATTORI PROTETTIVI E PREVENTIVI • Consumare una dieta ricca di frutta e vegetali • Avere un rapporto adeguato di vitamina E, vitamina C, vitamina B12 e folati • Svolgere una regolare attività fisica • Mantenere l’attività mentale • Controllare l’ipertensione arteriosa • Controllare i disturbi sensoriali (vista, udito) • Usare estroprogestinici, per le donne in menopausa • Usare acido acetilsalicilico o altri antiaggreganti, per i soggetti a rischio di stroke • Prevenire e trattare l’apnea ostruttiva notturna • Curare la depressione • Evitare l’abuso di alcol • Evitare farmaci potenzialmente dannosi Ott A et al. Smoking and risk of dementia and Alzheimer's disease in a population-based cohort study: the Rotterdam Study. Lancet 1998; 351(9119): 1840-1843 Cobb JL et al. The effect of education on the incidence of dementia and Alzheimer's disease in the Framingham Study. Neurology 1995; 45(9): 1707-1712
FATTORI PROTETTIVI La prevenzione primaria delle demenze è un obiettivo difficile, ma non impossibile. Il rischio di demenza di Alzheimer e vascolare sembra possa essere ridotto da: • abitudini di vita e comportamenti alimentari corretti • controllo di patologie croniche quali l’ipertensione • uso di estroprogestinici nelle donne in menopausa • uso di antiossidanti Cobb JL, Wolf PA, Au R, White R, D'Agostino RB. The effect of education on the incidence of dementia and Alzheimer's disease in the Framingham Study. Neurology 1995; 45(9): 1707-1712
FATTORI DI RISCHIO Numerosi studi epidemiologici hanno individuato come principale fattore di rischio l’età avanzata, soprattutto per la malattia di Alzheimer e per le demenze vascolari. Non è stata dimostrata una causa specifica, se non nelle rare forme a difetto genetico. Fattori di rischio per i diversi sottogruppi della demenza vascolare Tipo di demenza Fattori di rischio Tipo di demenza Fattori di rischio • Demenza • Età avanzata • Demenza • Ipertensione multinfartuale • Ipertensione arteriosa da lesioni della arteriosa • Demenza sostanza bianca • Episodi di ipotensione • Sesso maschile sottocorticale da infarto cerebrale arteriosa in aree strategiche • Diabete mellito • Età avanzata • Iperviscosità ematica • Storia di Ictus • Malattie vascolari periferiche • Diabete mellito • Malattie cardiache • Iperviscosità ematica (fibrillazione atriale; • Malattie vascolari pregresso infarto periferiche miocardico) • Malattie cardiache • Abuso alcolico (fibrillazione atriale, • Anestesia generale pregresso infarto Bianchetti A, Zanetti O. La rete dei servizi per le demenze. In: Zanetti E (ed). Il nursing delle demenze. Lauri ed, Milano, pp. 51-64, 1999 miocardico) Ott A et al. Incidence and risk of dementia. The Rotterdam Study. Am J Epidemiol 1998; 147(6): 574-580 • Familiarità per malattie cardiovascolari • Abuso alcolico
FATTORI DI RISCHIO Fattori di rischio per la malattia di Alzheimer Accertati Possibili Ipotizzati e non confermati • Età avanzata • Traumi cranici • Età della madre alla nascita • Familiarità per demenza • Malattia cerebrovascolare o sindrome di Down • Mancinismo • Sindrome depressiva • Assetto allelico ApoE a esordio tardivo • Fattori ambientali (assunzione • Basso livello di scolarità • Familiarità per la malattia di alluminio, etc.) e di professione svolta di Parkinson per la maggior parte • Assenza di storia di fumo della vita • Ipotiroidismo di sigaretta • Sesso femminile • Mancata assunzione Ott A et al. Incidence and risk of dementia. The Rotterdam Study. Am J Epidemiol 1998; 147(6): 574-580 di estroprogestinici
Fattori genetici Cromosoma Gene Tipo di Quadro effetto genetico clinico 21 APP Mutazione MA Familiare ad esordio precoce 14 Presenilina 1 Mutazione MA familiare ad esordio precoce 1 Presenilina 2 Mutazione MA Familiare ad esordio precoce 19 ApoE Suscettibilità MA Familiare ad esordio tardivo e MA sporadico 38
Fattori genetici Cromosoma Gene Tipo di Quadro effetto genetico clinico 21 APP Mutazione MA Familiare ad esordio precoce 14 Presenilina 1 Mutazione MA familiare ad esordio precoce 1 Presenilina 2 Mutazione MA Familiare ad esordio precoce 19 ApoE Suscettibilità MA Familiare ad esordio tardivo e MA sporadico 39
Indici biologici - Liquor Concentrazione Liquor • Beta Amiloide (A1-42) Ridotta • Proteina (fosfo)Tau Aumentata* * Sensibilità e specificità scarsa 40
LO STATO CONFUSIONALE ACUTO ( delirium ) Stato clinico caratterizzato da alterazioni oscillanti delle funzioni cognitive, dell’umore, dell’attenzione, della vigilanza e della coscienza di sé, che insorge acutamente, sia in assenza di compromissione intellettiva precedente sia come sovrapposta a una compromissione intellettiva cronica. È più comune nell’anziano, probabilmente a causa di alterazioni a carico dei neurotrasmettitori, della diminuzione senile delle cellule cerebrali e di malattie concomitanti.
LO STATO CONFUSIONALE ACUTO ( delirium ) Lo stato confusionale acuto può insorgere con un’attività cerebrale normale, ma è più comune in persone con una patologia cerebrale di base, come la demenza. Può durare da poche ore fino a 6 mesi
Eziologia dello stato confusionale acuto Cause metaboliche o tossiche: praticamente, ogni alterazione metabolica può causare stato confusionale acuto. Negli anziani, gli effetti collaterali dei farmaci ne rappresentano la causa più comune. Cause organiche: le lesioni organiche che possono scatenare lo stato confusionale acuto comprendono lo stato post-commotivo , TIA , occlusioni vascolari ed ictus cerebrale, l’emorragia subaracnoidea , l’emorragia cerebrale , i tumori primitivi o metastatici , gli ematomi subdurali e gli ascessi cerebrali. Cause infettive: lo stato confusionale acuto può essere causato da meningite acuta, da encefalite o da infezioni sistemiche ( polmoniti , IVU , sepsi ) , forse per il metabolismo di tossine o per il rialzo termico.
TERAPIA FARMACOLOGICA DELLE DEMENZA L’approccio farmacologico non può prescindere dalla presa in carico del paziente e dei caregiver, con il loro fardello di problemi. Nel 1986 venne pubblicato sul New England Journal of Medicine il primo lavoro su 17 pazienti con AD moderata-severa nel quale si dimostrava l’efficacia della tacrina nel migliorare i sintomi cognitivi . Da allora numerosi studi hanno dimostrato l’efficacia degli anticolinesterasici non soltanto sulla sfera cognitiva, ma anche sul piano funzionale e comportamentale (soprattutto l’apatia e i sintomi psicotici). E’ stato inoltre dimostrato che gli anticolinesterasici riducono lo stress e il carico assistenziale dei caregiver e ritardano l’istituzionalizzazione in RSA .
I farmaci attualmente disponibili per il trattamento sintomatico della Malattia di Alzheimer sono il donepezil, la rivastigmina, la galantamina e la memantina. Agli anticolinesterasici vengono spesso associati antipsicotici tipici e atipici (per i disturbi comportamentali) , ipnotici ed antidepressivi (qualora necessario un effetto mirato) ed eventuali altre classi di farmaci (antiepilettici, antiparkinsoniani, etc..)
• Gli anticolinesterasici rappresentano una classe di composti relativamente sicuri. Tuttavia un monitoraggio degli indicatori antropometrici e biochimici dello stato nutrizionale e della funzionalità cardiaca, renale, epatica è raccomandabile sia per l’uso prolungato nel tempo degli AChEI che per la fragilità biologica della popolazione che li assume
Potenziali effetti avversi degli anticolinesterasici • Intero organismo: cefalea, rinite, astenia, affaticamento • Gastrointestinale: nausea e vomito, diarrea, dolori addominali, iporessia, ulcera peptica • Muscolare: crampi muscolari, tremori • Urogenitale: infezione delle vie urinarie, disturbi della minzione • Cardiovascolare: sincope, ipotensione posturale, bradicardia • SNC: vertigini,insonnia, sonnolenza e confusione, incubi notturni, convulsioni • BPSD: irascibilità, aggressività, facilità al pianto, allucinazioni
• Gli anticolinesterasici sono in grado di produrre nel malato affetto da malattia di Alzheimer da lieve a moderatamente grave un beneficio globale che va ben oltre il dominio prettamente cognitivo, a condizione che si raggiunga un dosaggio massimo ma compatibile con la tollerabilità
MEMANTINA Agisce in qualità di agonista non competitivo del recettore NMDA del glutammato. Si utilizza negli stadi moderati-avanzati di Malattia di Alzheimer, spesso associata agli anticolinesterasici. La dose massima giornaliera è di 20 mg/die; per ridurre gli effetti collaterali si inizia con 5 mg al giorno aumentando ogni settimana di 5 mg fino ad arrivare in 4 settimane al dosaggio massimo di 20 mg in unica somministrazione o in 2 somministrazioni/die.
Behavioral and Psychological Symptoms of Dementia (BPSD) •Definizione: •Alterazioni della percezione, •del contenuto del pensiero, •dell’umore o del comportamento, •che si osservano frequentemente in pazienti con demenza • •IPA Consensus Conference, 1996
Disturbi o disagi fisici, potenziali fonti di BPSD Dolore: malattie osteo-articolari, contratture muscolari nelle fasi avanzate, problemi podologici nel malato con dromomania, carie dentarie e paradontite per la scarsa igiene orale o uso protratto di farmaci anticolinergici, piaga da decubito da protesi dentaria, otite, ecc. Fame: malati con iperattività motoria necessiterebbero di una alimentazione ipercalorica, i malati si svegliano la notte con fame avendo cenato (troppo!) presto Sete: come sopra, in particolare nei mesi estivi
......continua Stanchezza: iperattività incessante, disturbi del sonno persistenti, privazione di sonnellini diurni da parte dei familiari per paura che il malato non dorma di notte Costipazione: alimentazione spesso sbagliata, edentulia, scarsa idratazione, scarsa mobilizzazione, effetti indesiderati da neurolettici Prurito: sia di natura idiopatica che secondaria a farmaci, insufficienza renale ed epatica Freddo: alterazioni della regolazione della temperatura corporea, sarcopenia
CLASSIFICAZIONE DEI BPSD I BPSD di natura primaria sono raggruppabili principalmente in quattro domini psicopatologici: a) psicotico: (deliri, disturbi dispercettivi, allucinazioni, ansia, aggressività) b) affettivo: (disforia, tristezza,irritabilità, labilità) c) comportamenti specifici: (iperattività motoria, disturbi della condotta sociale e personale, aggressività specifica). d) disturbi neurovegetativi: (alterato ritmo circadiano, disturbi sessuali e dell’alimentazione).
Classificazione sindromica dei BPSD La distinzione tra sintomi comportamentali e psichici della demenza (BPSD) si riferisce al fatto che quelli comportamentali sono in genere direttamente osservabili, mentre quelli psichici sono di solito raccolti attraverso un colloquio con un caregiver di riferimento. Si possono distinguere fondamentalmente 6 dimensioni psico- patologiche: i disturbi dell’attività motoria; le due sindromi psichiche, affettiva e psicotica; l’apatia; la sindrome da disinibizione e i sintomi neurovegetativi.
Frequenza delle alterazioni comportamentali nelle demenze Irrequietezza 64% Manierismi e movimenti ripetitivi 50% Aggressività fisica e verbale 43% Alterazioni ciclo sonno-veglia 39% Pedinare, spiare 32% Vagabondaggio 24% Comportamenti inappropriati 21% Disturbi dell’appetito 16%
BPSD: terapia non farmacologica • Modificazioni ambientali come musica di sottofondo, rumori bianchi,presenza di piante e/o animali • Parlare lentamente, dare comandi semplici e positivi, usare gesti e modi gentili • Tecniche di gestione comportamentale • Preferire attività strutturate e l’uso di schede • Praticare massaggi e favorire l’esercizio fisico
Se la terapia farmacologica è necessaria: • Guardare a sintomi complessi come depressione, psicosi o ansietà per guidare l’iniziale scelta del farmaco. • Se la terapia empirica è necessaria, scegliere molecole farmacologiche che minimizzano i possibili effetti collaterali e che danno la maggiore possibilità di efficacia. • Nella maggior parte dei casi i farmaci dovrebbero essere somministrati a dosi più piccole rispetto a quelle che si utilizzano per la popolazione adulta. • Idealmente usare come farmaci di prima linea quelli con efficacia dimostrabile.
La comunicazione con la persona con demenza Con il progredire della malattia la possibilità di comunicare si riduce progressivamente. Alcuni accorgimenti possono essere di aiuto: accertarsi dell'integrità di vista e udito; eventualmente provvedere con occhiali adeguati o apparecchi acustici parlare chiaramente e lentamente posizionarsi di fronte alla persona e guardandolo negli occhi non parlare da lontano o da dietro; usare un tono di voce adeguato ma senza urlare
…..e ancora mostrare affetto con il contatto fisico può essere utile se questo viene gradito fare attenzione al linguaggio del corpo: il paziente infatti si può esprimere anche attraverso messaggi non verbali (il linguaggio corporeo può esprimere ansia, paura, dolore) essere consapevoli anche del proprio linguaggio corporeo per non creare fraintendimenti (es. si può dire una cosa con grande calma ma dimostrare comunque di essere inquieti) individuare alcune parole “chiave”, (cioè parole facili da ricordare che ne possono suggerire altre), oppure particolari suggerimenti o spiegazioni che possono essere efficaci per comunicare con la persona con demenza
PER UNA BUONA COMUNICAZIONE E’ NECESSARIO: Intuizione: saper cogliere al di la delle manifestazioni quello di cui ha veramente bisogno l’anziano. Discrezione: rispetto attenzione e comprensione. Saper ascoltare. Empatia: capire quello che l’anziano prova senza coinvolgimento. Saper collaborare: lavorare con l’anziano per migliorare la sua qualità di vita.
NON E’ POSSIBILE NON COMUNICARE MA E’ POSSIBILE NON COMPRENDERE! Possiamo fallire nella interpretazione dei messaggi che ci vengono inviati dobbiamo valutare correttamente i messaggi e le richieste d’aiuto!
COME AIUTARE LA PERSONA CON DEMENZA NELLA CONVERSAZIONE? Mantenersi tranquillo, sereno e sorridente. Sedersi di fronte e cercare di capire cosa vuole dire. Non criticare se fa degli errori. Non prenderlo in giro per i suoi errori. Guardare negli occhi la persona. Controllare che non abbia qualche problema fisico. Non urlare.
Toccare, accarezzare il viso, la mano, significa rassicurare e creare fiducia. Componenti della comunicazione non verbale: i gesti lo sguardo la distanza il tono della voce il silenzio il sorriso il contatto fisico
COME COMUNICARE CON LA PERSONA CON DEMENZA? a) Il campo visivo-attentivo di solito è molto ristretto, la persona ha difficoltà a guidare gli occhi sulla mira e a mantenerla, consigli: Scegliere un ambiente ben illuminato Segnalare il nostro arrivo dicendo il nostro nome, toccandolo per evitare che si spaventi Mettersi davanti all’altezza degli occhi e alla distanza max di 1 metro e mezzo
b) Spesso il malato presenta ipersensibilità acustica e difficoltà a riconoscere i suoni, sopporta difficilmente i rumori (TV, radio, conversazioni, ecc..), consigli: Scegliere un ambiente tranquillo Non usare tono di voce alto, potrebbe spaventarsi c) Il malato ha difficoltà a svolgere due attività contemporaneamente, consigli: Richiamare la sua attenzione Non fargli svolgere altre attività mentre gli stiamo parlando Non svolgere noi altre attività mentre gli stiamo parlando d) Il malato può avere bisogno di stare in silenzio, consigli: Rispettare il bisogno perché non viva il contatto con gli altri in modo stressante e spiacevole
e) È sconsigliato parlare del malato in presenza di altri, potrebbe essere ferito da quello che viene detto. f) Bisogna essere empatici. g) Man mano che il malato perde la capacità di capire le parole usa il linguaggio gestuale, consigli: Attenzione alla comunicazione non verbale. Anche se non riconosce il viso, coglie il sorriso, lo sguardo, l’intonazione della voce, il movimento corporeo, il contatto fisico. h) Non trattare il malato come un bambino, è una persona adulta con la sua storia
CONCLUSIONI (I) • La demenza è un’alterazione delle capacità cognitive e deficit di memoria che si può presentare in diverse forme cliniche. • La malattia di Alzheimer è la principale forma di demenza degenerativa ad andamento progressivo e ad esito infausto. • La demenza senile è un termine generico ed improprio, mentre l’arteriosclerosi è un processo di invecchiamento dei vasi arteriosi che può provocare demenza se interessa i vasi cerebrali. • L’Alzheimer colpisce prevalentemente la popolazione anziana ma può insorgere più raramente anche in età presenile. • Si presenta con deficit di memoria associato ad altri deficit cognitivi e talvolta disturbi comportamentali tali da compromettere le normali attività della vita quotidiana ed interferire su quella sociale e/o lavorativa. • Ha un’evoluzione progressiva che termina con l’exitus ed una durata media di circa 10-12 anni dalla diagnosi alla morte 67
CONCLUSIONI (II) • Molte cause dell’Alzheimer sono ancora sconosciute anche se sono relativamente rare le forme genetiche. Fattori di rischio sono patologie neurologiche concomitanti, pregressi traumi cranici e scarsa attività intellettiva. • Non esistono cure nel senso di farmaci che permettono la guarigione, ma esistono terapie farmacologiche e non che rallentano la progressione della malattia e riducono o risolvono eventuali disturbi comportamentali. • La diagnosi, anche se talvolta presunta, deve essere comunicata con cautela ai familiari, ma con la maggiore chiarezza possibile al fine di prepararli alla gestione futura del paziente. • Si deve sospettare la malattia di Alzheimer quando il paziente o i familiari riferiscono cambiamenti comportamentali, deficit di memoria, difficoltà nelle abituali attività della vita quotidiana, anomie, aprassia etc. • Bisogna evitare l’uso dell’automobile o la gestione del denaro quando la malattia è già in fase moderata-grave e ci si rende conto che il paziente non è in grado di svolgere tali attività con la dovuta sicurezza. 68
CONCLUSIONI (III) • Si ricordano meglio avvenimenti remoti che sono già immagazzinati nella memoria, mentre è difficile memorizzare dati o avvenimenti nuovi. • Con la demenza spesso si accentuano i tratti caratteriali, con tendenza alla dogmaticità e si vive la fantasia come realtà e compaiono allucinazioni. • Per sostenere la famiglia dei malati di Alzheimer esistono supporti psicologici, economici e sociali, quali colloqui psicologici di sostegno per il caregiver, corsi di formazione per famigliari e badanti, assistenza economica con assegni di cura e indennità d’accompagnamento; eventuale inserimento in RSA, casa di riposo, o nucleo Alzheimer. • Per valutare la presenza di disfagia è opportuno eseguire una valutazione logopedica e controllare la capacità di deglutizione con acqua gelificata e/o cibi semisolidi. • L’obiettivo della terapia farmacologica è di rallentare l’andamento della malattia e ridurre gli eventuali disturbi comportamentali. Esistono anche terapie non farmacologiche come la musicoterapia, la stimolazione cognitiva, il memory training, la terapia di riorientamento (Rot). 69
Grazie per l’attenzione
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