INQUINAMENTO ACUSTICO IN TERAPIA INTENSIVA PEDIATRICA: STRATEGIE ASSISTENZIALI
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UNIVERSITÀ POLITECNICA DELLE MARCHE FACOLTÀ DI MEDICINA E CHIRURGIA _______________________________________ Corso di Laurea in Infermieristica INQUINAMENTO ACUSTICO IN TERAPIA INTENSIVA PEDIATRICA: STRATEGIE ASSISTENZIALI Revisione della letteratura Relatore: Tesi di Laurea di: Dott.ssa Mara Marchetti Martina Petrosino Correlatore: Dott.ssa Anna Rita Lampisti A.A. 2020/2021
INDICE ABSTRACT INTRODUZIONE .............................................................................................................. 1 GLI EFFETTI DEL RUMORE IN AMBITO OSPEDALIERO. ................................... 3 Mancata comunicazione in sala operatoria indotta dal rumore. .............................. 3 Il rumore nelle terapie intensive. ................................................................................. 4 Il problema dei falsi allarmi ......................................................................................... 5 GLI EFFETTI DELL’INQUINAMENTO ACUSTICO NEL NEONATO ................... 8 Dalla vita intrauterina a quella extrauterina ............................................................. 8 Fonti di rumore ........................................................................................................... 10 OBIETTIVO ...................................................................................................................... 11 MATERIALI E METODI ................................................................................................ 11 STATEGIE DI RICERCA ......................................................................................... 11 PICOM ......................................................................................................................... 12 CRITERI DI INCLUSIONE...................................................................................... 12 CRITERI DI ESCLUSIONE ..................................................................................... 12 RISULTATI ....................................................................................................................... 13 RISULTATI ATTESI ....................................................................................................... 13 DISCUSSIONE .................................................................................................................. 20 La misurazione dell’ambiente fonico, il SoundEar & monitor staff ...................... 20 L’importanza della formazione. ................................................................................ 20 Strategie comportamentali e ambientali ................................................................... 22 Utilizzo di paraorecchie .............................................................................................. 23 Progettazione architettonica ...................................................................................... 24 Controllo dei monitor ................................................................................................. 25 CONCLUSIONI ................................................................................................................ 26 BIBLIOGRAFIA
ABSTRACT BACKGROUND Il rumore rappresenta una particolare preoccupazione in unità di terapia intensiva pediatrica, dove operatori altamente qualificati e pazienti vulnerabili richiedono un ambiente tranquillo per favorire la guarigione. L’inquinamento acustico da un lato pone gli infermieri a rischio per eventi di sicurezza, mancati incidenti, prestazioni lavorative ridotte e affaticamento, dall’altro comporta effetti negativi sui piccoli pazienti, soprattutto sui neonati che presentano un’immaturità d’organo. Gli infermieri devono pertanto essere consapevoli dell’impatto del rumore sull’organismo prematuro, delle strategie da attuare per controllare l’ambiente sonoro e per prevenire un aumento di decibel (dB) nell’ambiente circostante. OBIETTIVI Revisionare la letteratura per individuare le migliori strategie da attuare nelle terapie intensive al fine di ridurre gli effetti negativi dell’inquinamento acustico e migliorare la qualità dell’assistenza. MATERIALI E METODI La ricerca e la raccolta degli articoli scientifici sottoposti a revisione è stata condotta consultando due tra le principali le banche dati (Pubmed e Scopus), utilizzando le seguenti parole chiave combinate tra loro: “noise reduction” AND “pediatric intensive care unit”, “noise pollution”, “noise” AND “intesive care unit”. La selezione degli articoli è stata effettuata valutandone dapprima i titoli, poi l’abstract e infine il full text. Sono stati individuati per questa revisione 8 articoli pubblicati negli ultimi dieci anni (2013-2022). RISULTATI Negli studi utilizzati per la revisioni sono emerse varie strategie per ridurre l’impatto dell’inquinamento acustico. Nella maggior parte degli articoli risulta che un programma costituito da sessioni educative, cambiamenti comportamentali e ambientali e misurazione dell’ambiente sonoro consentono di ridurre i livelli di dB.
CONCLUSIONI La ricerca testimonia gli apporti benefici dell’implementazione dei vari programmi volti alla riduzione dei livelli di dB, in particolare per quanto riguarda l’efficacia delle sessioni formative, l’attuazione di una “cultura del rumore”, il riassesto strutturale e l’utilizzo dell’approccio di cura individualizzato sulla riduzione dell’inquinamento acustico. PAROLE CHIAVE: “noise reduction”, “pediatric intensive care unit”, “neonatal intensive care unit”, “newborn education”.
INTRODUZIONE Le orecchie sono gli organi primari dell'udito, più del 80% della stimolazione ricevuta dal cervello ha origine da esso. Gli impulsi nervosi sono trasportati lungo l'8° (nervo statico- acustico) dalla coclea al tronco encefalico. Qui le fibre nervose raggiungono i nuclei dove si ritrasmettono con altre fibre nervose. Gli stimoli sonori producono interazione con altre parti del cervello per fornire risposte appropriate. Pertanto, un segnale di avvertimento produrrà un'immediata reazione generale che porterà alla fuga, ad accelerazione della frequenza cardiaca, tensione del muscolo e prontezza a muoversi. Le sensazioni prodotte dall'udito si fondono nel sistema nervoso centrale per renderli parte dell'intero ambiente in cui viviamo. (Graven, 2008) Il presente studio si propone di approfondire un aspetto che impatta sulla quotidianità di tutti gli esseri umani, ovvero l’inquinamento acustico, inteso come un insieme di rumori, che hanno un’energia acustica udibile che influenzano in maniera negativa l’equilibrio fisiologico e/o il benessere psicologico delle persone. (American Academy of Pediatrics, 1997; World Health Organization, 1999) Non solo nella quotidianità̀ e nell’esposizione a lungo termine il rumore rappresenta una minaccia, ma anche in ambito sanitario è riconosciuto come pericolo per la salute sin dal 1859, quando Florence Nightingale affermava che i rumori superflui rappresentano l’abuso di cura più crudele che può essere inflitto ai malati. (Nightingale, 1860) Nonostante la civiltà odierna abbia molte conoscenze dell’impatto del rumore sul benessere psichico - fisico – sociale, esso viene ancora minimizzato. (Kirk et al., 2009) Per questo motivo l’OMS ha stipulato dei valori soglia, ovvero 30/45 decibel (dB) per le emissioni foniche notturne e 50/55 dB per le emissioni foniche diurne che assicurino la tutela della salute e del benessere delle persone. Oltre a ciò, ha stilato una tabella con i valori soglia per gli ambienti specifici, ovvero: negli ospedali è raccomandato di mantenere un ambiente acustico il più silenzioso possibile (soglia massima 35 dB); invece nelle stanze da letto e nelle scuole le emissioni foniche sono accettate fino ad un livello di 30-35 dB. (WHO, 1999) Verrà esaminata questa tematica da una prospettiva particolare, ovvero l’impatto dell’inquinamento fonico su due fronti: i pazienti dei reparti di terapia intensiva pediatrica e neonatale e gli infermieri, responsabili dell’assistenza. 1
Il problema dell’inquinamento acustico viene studiato maggiormente a partire dagli anni 2008-2009 nelle terapie intensive neonatali ed è presente in moltissimi paesi, anche se la maggior parte degli studi vengono condotti negli Stati Uniti. 2
GLI EFFETTI DEL RUMORE IN AMBITO OSPEDALIERO. Mancata comunicazione in sala operatoria indotta dal rumore Le sale operatorie (OR) sono ambienti rumorosi con livelli di inquinamento acustico che superano regolarmente il limite massimo di 55 dB (A) di rumore per attività che richiedono un'elevata concentrazione mentale. Tutti i chirurghi hanno familiarità con il frastuono quasi costante della moderna sala operatoria. Il rumore ambientale può diventare rauco con la miriade di rumori intrinseci ed estrinseci inerenti alla tipica sala operatoria. I rumori intrinseci includono le conversazioni necessarie, gli allarmi, il rumore del dispositivo chirurgico, comprese le macchine di aspirazione e cauterizzazione, i cambi di turno e il conteggio dei casi chirurgici. Le fonti estrinseche di rumore includono conversazioni non necessarie, telefoni e segnali acustici, computer, porte che sbattono, traffico in tutta la stanza e rumore del corridoio. (Rogers, 2019) Una comunicazione efficace rappresenta la pietra miliare della sicurezza del paziente e del professionista durante qualsiasi procedura all'interno della sala operatoria. E ‘stato dimostrato che picchi di rumore di suoni improvvisi e di alto livello ostacolano la comunicazione del team chirurgico riducendo le informazioni rilevanti per il caso che è parte integrante di un flusso di lavoro efficiente; questo effetto è stato osservato essere più evidente nei giovani tirocinanti in chirurgia. Ne danno conferma Keller et al nel loro studio del 2019, in cui sono stati registrati i livelli di rumore in 110 interventi chirurgici addominali aperti e ai chirurghi di vario grado è stato chiesto di auto-segnalare la distrazione dal livello di rumore. I chirurghi di grado junior hanno riferito di essere stati più distratti da volumi inferiori di rumore di fondo e tutti i chirurghi hanno riferito di essersi sentiti più distratti durante i momenti critici della procedura. Si ritiene quindi che il rumore sia dannoso per l'efficacia cognitiva del chirurgo, causando distrazione e applicando un fattore di stress non necessario. (Keller, 2019) Tale mancanza d’attenzione potrebbe condurre a gravi errori, primo tra questi l’infezione del sito chirurgico (SSI), a una maggiore durata della degenza ospedaliera, a una peggiore qualità della vita e a un marcato aumento dei costi per l'ospedale. È stato constato che il comportamento e le distrazioni come il rumore durante l'intervento chirurgico possano contribuire alla mancanza di conformità ai principi asettici e quindi portare ad un aumento del rischio di sviluppare una SSI. (Dholakia, 2015) 3
In uno studio condotto nel Milton Keynes General Hospital a Buckinghamshire (Regno Unito), sono stati selezionati sessantatré pazienti di genere maschile che erano stati sottoposti a una riparazione elettiva dell'ernia inguinale sinistra, aperta, in day-case, tra gennaio 2014 e luglio 2014. Ogni operazione veniva cronometrata in modo da poter registrare i punti chiave dell'operazione e misurare le cause di eventuali grandi cambiamenti di rumore; i tempi della procedura potrebbero quindi essere confrontate con i dati sul rumore. I picchi sonori osservati al di sopra della linea di base media provenivano da una serie di fonti, inclusi strumenti, macchinari chirurgici e conversazioni, tutte cose che possono aumentare la difficoltà della procedura e avere influenze distraenti sull'operatore. Sulla base dei risultati di questo studio è stato ipotizzato che alti livelli di rumore possa influenzare la capacità degli operatori di eseguire un’adeguata chiusura asettica aumentando così il rischio di insorgenza di SSI, con gravi conseguenze per i pazienti e riscontri negativi per il Sistema sanitario nazionale. (Dholakia, 2015) Il rumore nelle terapie intensive Le terapie intensive ospitano un numero di pazienti critici e instabili dal punto di vista clinico e spesso non possono comunicare il loro malessere; è quindi necessario un continuo monitoraggio che può essere effettuato sia attraverso l'osservazione diretta del paziente (che richiede una specifica conoscenza e competenza da parte degli infermieri), che tramite l'ausilio di apparecchiature ad elevata componente e complessità tecnologica, primo tra tutti il monitor. Questi sono dei dispositivi dotati di uno schermo sul quale vengono riportati in continuo i parametri vitali del paziente (frequenza cardiaca, pressione arteriosa invasiva e non invasiva, frequenza respiratoria, saturazione dell’ossigeno e temperatura corporea). Ciascun monitor è inoltre collegato ad uno schermo centrale che consente l'osservazione contemporanea di tutti i pazienti ricoverati. Negli ultimi anni sono sempre più sofisticati e captano ogni minima variazione clinica; i dati forniti da queste attrezzature sono una fonte indispensabile per le cure, poiché monitorizzano la situazione del paziente in tempo reale e allertano i sanitari in caso di variazioni che possono indicare una compromissione dello stato di salute attraverso la configurazione di limiti parametrici, oltre i quali scatta un allarme. (Zamberlan C., 2019) Secondo la gravità del pericolo e del tipo di monitor, l’allarme attivato richiama l’attenzione, servendosi di diverse tipologie di output solitamente rappresentate da: toni acustici di diversa 4
entità a seconda dell’importanza o da variazioni cromatiche della casella del parametro associata all’allarme. Inoltre, ogni unità presenta dei dispositivi terapeutici necessari per mantenere stabili le condizioni dei pazienti: • un ventilatore meccanico, un apparecchio elettromedicale che aiuta i polmoni e i muscoli respiratori, in caso di insufficienza respiratoria e permette di rilevare la frequenza respiratoria, la frazione inspirata di ossigeno (FiO2), il volume corrente e il volume/minuto e la pressione positiva di fine espirazione (PEEP); • la macchina per dialisi è una sorta di “rene artificiale” che si sostituisce a quello non più funzionante del paziente: il sangue viene rimosso dall’organismo e pompato da un dispositivo esterno al corpo nel dializzatore. Il dializzatore filtra le scorie metaboliche dal sangue e, quindi, reintroduce il sangue purificato nel corpo del soggetto; • le pompe infusionali, infine, sono apparecchi che garantiscono la somministrazione di liquidi (farmaci, alimenti, …) sia in maniera continua che periodica, scegliendo la velocità di infusione più adeguata a quel paziente in quel momento; la presenza di un allarme indica la fine delle infusioni o la presenza di ostacoli al flusso. I singoli dispositivi medici attualmente generano allarmi in modo indipendente, senza alcun coordinamento o una diversa priorità di segnali rispetto con altri dispositivi, portando a una cacofonia in cui gli allarmi importanti possono essere persi tra quelli banali. (Koomen, 2021) Tuttavia, queste apparecchiature tendono a sovrastimare le variazioni e generano allarmi frequenti, che spesso non sono rilevanti per la sicurezza del paziente, oltre il 90% delle unità di terapia intensiva pediatrica (PICU) e oltre il 70% degli allarmi di terapia intensiva per adulti. (Bonafide, 2015) Molte volte, infatti, il suono si attiva a causa di artefatti nella rilevazione dei parametri vitali o perché il paziente si muove o tossisce, generando allarmi irrilevanti, o falsi allarmi. Il problema dei falsi allarmi La specificità dell’assistenza richiede la presenza di personale competente e specializzato che garantisca tempestività negli interventi, a volte salvavita per i pazienti. In particolare, la necessità di uno stretto contatto con i pazienti durante l'assistenza pone gli infermieri a 5
maggior rischio di esposizione rumore: questi lavorano in genere su turni da 8 a 12 ore e sono continuamente esposto a rumore eccessivo durante tale periodo, la durata dell'esposizione potrebbe essere sufficiente per essere un rischio per la loro salute. (Watson, 2015) Gli allarmi non significativi sono un gran numero e costituiscono una fonte di stress per il personale, che sottoposto ad un sovraccarico di allarmi può diventarne assuefatto e incorrere a gravi conseguenze per la sicurezza del paziente. Il fenomeno a cui si va incontro è la “alarm fatigue” (affaticamento da allarmi), ovvero un sovraccarico sensoriale che porta ad una desensibilizzazione da sensoriale che potrebbe causare problemi agli operatori sanitari nel distinguere tra diversi allarmi o ignorarli del tutto, allarmi per cui i sanitari tendono a sottovalutare l’importanza dell’allarme abbassando il volume, silenziandoli o impostando dei limiti troppo ampi per il paziente, che potrebbe portare gravi conseguenze, anche fatali per i pazienti. (Zamberlan C., 2019) Circa 40 anni fa, il numero di allarmi per paziente in condizioni critiche era inferiore a sei; la moderna tecnologia, con l’introduzione di dispositivi sempre più raffinati, ha portato ad un aumento del numero di allarmi che oscilla tra 150 e 400. Oggi più che mai il personale infermieristico deve dividere la propria attenzione tra la cura dei pazienti e la reazione ai segnali di numerosi dispositivi medici che, costituisce il 35% dell'orario di lavoro di un infermiere. L’utilizzo di queste apparecchiature rende l'ambiente ospedaliero ancora più rumoroso, mentre il senso di sicurezza, che la tecnologia dovrebbe teoricamente garantire, si rivela illusorio. Esistono diversi tipi di carico di lavoro: quantitativo (quantità di lavoro), qualitativo (complessità del lavoro), cognitivo e fisico. Il carico di lavoro cognitivo è correlato alla necessità per gli infermieri di terapia intensiva di elaborare le informazioni, spesso molto rapidamente. Gli allarmi causano un sovraccarico di lavoro in quantità, qualità, aree cognitive e fisiche. La reazione soggettiva al rumore più comune e meglio documentata è l'irritazione, che può comprendere anche paura e lieve rabbia, legate alla convinzione di essere interrotti di proposito. Un ambiente rumoroso può scoraggiare la collaborazione, intensificare l'aggressività e ostacolare la capacità di elaborare i segnali sociali. Il rumore è un fattore che può contribuire a creare un senso di paura e stress in un reparto. L’esposizione prolungata a 6
questo fattore sensoriale provoca stress, che è un determinante del burnout professionale negli infermieri di terapia intensiva. (Lewandowoska, 2020) Gli studi hanno dimostrato che le persone si adattano ad ambienti di lavoro rumorosi, si impegnano meno. Gli allarmi causano stress cognitivo tra i dipendenti, che è principalmente causato da un'interruzione nell'attività svolta, dalla distrazione e dalla priorità dell'urgenza dell'allarme. Gli infermieri di terapia intensiva provano ogni giorno irritazione a causa di gravosi e falsi allarmi, che genera negli operatori la spontanea reazione di sottometterli o spegnerli completamente. Di conseguenza, i segnali importanti che richiedono un intervento possono essere ignorati. Il malfunzionamento, l'uso improprio o l'impostazione inappropriata dell'allarme dei dispositivi di monitoraggio possono essere dannosi per il paziente. (Lewandowoska, 2020) In uno studio osservazionale condotto da Bonafide et al. (2015), l’affaticamento da allarmi è stato associato ad un aumento dei tempi d’intervento: sono state effettuate 40 sessioni tra 40 pazienti e 36 infermieri in 210 ore. I risultati principali di questo studio sono stati che la stragrande maggioranza degli allarmi non era attuabile (cioè causato da artefatti), il tempo di risposta agli allarmi che si verificavano mentre l'infermiera era fuori dalla stanza aumentava con l'aumento del numero di allarmi non attivabili nei 120 minuti precedenti. (Bonafide, 2015) Purtroppo, soltanto in seguito ad alcuni eventi avversi è stata affrontata questa tematica, che risulta invece già un problema conosciuto e prevenibile, con l’implementazione di un sistema aziendale di gestione degli allarmi. Dal database degli eventi sentinella della Joint Commission, sono stati rilevati 98 eventi correlati agli allarmi, nel periodo fra gennaio 2009 e giugno 2012. Dei 98 eventi segnalati, 80 hanno provocato la morte, 13 una disabilità permanente e 5 hanno prolungato il periodo di cura, anche se gli eventi relativi agli allarmi sono riconosciuti come eventi sottostimati. Per gli eventi segnalati, i fattori che hanno contribuito alla loro realizzazione, sono stati identificati: il sistema di allarme insufficiente o assente (30 casi); le impostazioni di allarme inadeguate (21 casi); allarmi disattivati impropriamente (36 casi). (The Joint Commission, 2013) 7
GLI EFFETTI DELL’INQUINAMENTO ACUSTICO NEL NEONATO Dalla vita intrauterina a quella extrauterina È noto che l’apprendimento uditivo inizia circa a 28 settimane di gestazione, tramite l’esposizione ripetitiva a suoni ritmici comuni (che non superano mai un valore al di sopra di 28 dB, come voce e musica) e durante i periodi di veglia o sonno tranquillo, seguito da un periodo di sonno attivo o rapid eye movement (REM). (Casavant, 2017) Proprio durante il sonno REM il cervello crea sinapsi a lungo termine nella corteccia uditiva e nel tronco celebrale, che possono diventare memorie uditive. Tuttavia, solo dall’ottavo mese di vita, i nervi del percorso uditivo dalla coclea al cervello si presentano maturi, nonostante la coclea abbia raggiunto una crescita definitiva alla ventesima settimana gestazionale. (Elsener, 2017) Dunque, il periodo che va dalla venticinquesima settimana di gestazione ai 6 mesi di età rappresenta il momento più importante per lo sviluppo della parte neurosensoriale del sistema uditivo. (Lavallée et al., 2019) Questo è dovuto al fatto che in quei mesi di sviluppo sono stati formati sufficienti connessioni neurali così che le cellule ciliate della coclea, gli assoni del nervo uditivo e i neuroni della corteccia uditiva del lobo temporale sono sintonizzati per ricevere segnali di specifiche frequenze e intensità. (Graven, 2008) Quindi la plasticità auditiva del cervello è direttamente collegata alla corteccia ed ai sistemi sensoriali. Inoltre, vi è una distinzione di sviluppo graduale delle mappe di frequenza tonotopiche, ovvero grazie alla plasticità dipendente della frequenza le regioni a bassa frequenza maturano prima delle regioni ad alta frequenza, questo permette al feto di ricevere stimoli sonori graduali per permettere un adeguato sviluppo sensoriale. (Graven, 2008) Proprio per questo motivo le onde sonore devono oltrepassare varie barriere prima di raggiungere il feto: la parete addominale della madre e il liquido amniotico fungono da scudi protettivi, essi agiscono da filtro a partire da una frequenza di 125 Hz a 2000 Hz. (Edwards & Austin, 2016; Lahav & Skoe, 2014) Oltre a ciò, i rumori a frequenza minore, ovvero sotto i 500 Hz., raggiungono con maggior probabilità̀ l’orecchio interno del feto rispetto ai rumori ad alta frequenza, ovvero sopra i 500 Hz., in quanto l'orecchio esterno e quello medio sono indeboliti a causa del fluido presente nelle loro cavità. (Lavallée et al., 2019) 8
Il neonato, una volta lasciato il grembo materno è esposto a una moltitudine di stimoli ambientali a cui di solito vi si adatta gradualmente. Questo adattamento può essere ostacolato se un bambino è ricoverato in un reparto di terapia intensiva neonatale (NICU) a causa di prematurità o malattia e quindi deve far fronte ad un ambiente insolitamente aggressivo dove il rumore, essendo più intenso e continuo, diventa un elemento importante e di disturbo. (Bremmer et al., 2003) Dato che non è più circondato dalla parete addominale materna e dal liquido amniotico questa nuova realtà richiede di autoregolarsi in base agli stimoli ambientali; tuttavia, l’immaturità̀ del SNC limita le capacità di filtraggio e/o di inibizione degli stimoli sonori in entrata e di conseguenza vi è un eccesso di stimoli nocivi che hanno un impatto sull’equilibrio fisiologico. (Bremmer et al., 2003) Inoltre, vi è un cambiamento di conduzione del suono, se nel grembo materno il neonato sentiva attraverso la conduzione ossea, nella UTIN è costretto a sentire attraverso la conduzione aerea (Lahav & Skoe, 2014). Oltre a ciò, il neonato viene privato dai suoni materni biologici che altrimenti avrebbe ascoltato in utero, questi suoni inglobano i suoni a bassa frequenza della voce materna e la stimolazione ritmica e costante del battito cardiaco materno. (Tortora, 2014) Già durante la vita fetale il rumore sembra comportare danni. È stato dimostrato che i neonati di madre esposta durante la gravidanza a rumori di 85-95 dB possono presentare deficit dell’udito all’età di 4-10 anni. (Graven, 2008) Il rumore è stato correlato a diversi effetti dannosi sui neonati soprattutto se prematuri a causa della immaturità dei principali sistemi corporei. Il suono al di sopra della soglia di innocuità è stato associato ad alterazioni dell’udito, a disturbi del sonno e a squilibri dello sviluppo emozionale del prematuro. Suoni forti e rumore possono causare risposte allo stress come apnea, ipossiemia, cambiamenti nella saturazione di ossigeno e aumento del consumo di ossigeno secondario a frequenze cardiache e respiratorie elevate. (Almadhoob, 2015) Inoltre, il rumore improvviso (picchi di rumore) può comportare un aumento di 10 mm Hg nella pressione arteriosa rispetto al valore fisiologico, un aumento di pressione intracranica, cambiamenti elettromiografici e modifiche comportamentali, che si potrebbero manifestare con pianti eccessivi, aumento della tensione muscolare e più in generale con agitazione psicomotoria. (Almadhoob, 2015) Da un lato, queste reazioni da parte dell’organismo prematuro causano un maggiore consumo di calorie, di conseguenza l’organismo ha a disposizione una ridotta quantità̀ di 9
energia da investire nella sua crescita e guarigione. (Bremmer et al., 2003) Dall’altro lato causano una diminuita perfusione e ossigenazione del tessuto celebrale. (Wachman, 2011) Quest’ultime risposte allo stress potrebbero aumentare il rischio di reazioni avverse sia nell’immediato che a lungo termine, come displasia broncopolmonare, retinopatia della prematurità, emorragia intraventricolare, leucomalacia periventricolare (necrosi della sostanza bianca periventricolare), difficoltà linguistiche, sviluppo celebrale alterato e disturbi del Sistema nervoso centrale (SNC). (Wachman, 2011) È stato provato che i neonati degenti nelle TIN presentano una probabilità di 10.3 volte superiore di perdita neurosensoriale e/o mista dell’udito rispetto a quelli che non sono stati ricoverati. Fonti di rumore Il reparto di Terapia intensiva Neonatale (TIN) o Neonatal Cure Intensive Unit (NCIU) è normalmente costituita da ambienti open-space che ospitano contemporaneamente più pazienti, all’interno del quale lavorano solitamente più operatori, a cui si aggiungono occasionalmente consulenti e anche i genitori dei neonati. (Bremmer, 2003) Secondo l’Accademia Americana di Pediatria, i livelli di pressione sonora (SPL), non devono superare i 45 dB. Il problema è che nella gran parte delle terapie intensive neonatali l’intensità del suono ambientale si aggira intorno ai 50-70 dB. Sono state individuate varie fonti responsabili dell’inquinamento fonico all’interno delle UTIN possono essere classificati in tre grandi gruppi: • rumori di fondo che derivano dalle apparecchiature elettromedicali tra cui i dispositivi le infusioni, gli incubatori stessi, le lampade di calore, gli ausili di ventilazione, i sistemi di estrazione/aspirazione, i sistemi di climatizzazione (…); • rumori molto elevati, di durata breve e improvvisi che possono essere le porte che si chiudono, i cassetti che sbattono, i cestini che si chiudono, gli allarmi dei dispositivi medici, le ante delle incubatrici, i telefoni che suonano, le stampanti (…); • rumori provocati dal personale durante le conversazioni, le consegne, e atteggiamenti non consoni durante le procedure. (Bremmer, 2003) 10
OBIETTIVI Individuare le migliori strategie da attuare nelle terapie intensive al fine di ridurre gli effetti negativi dell’inquinamento acustico e migliorare la qualità dell’assistenza. Valutare quale intervento attuare, in base anche alle risorse disponibili, per trarre benefici per il paziente e per l’operatore. Comprendere se può essere un valido approccio per il futuro. MATERIALI E METODI Strategie di Ricerca Sono stati inseriti i termini di ricerca nelle seguenti banche dati: PUBMED e CINAHL. Oltre alla consultazione di queste principali banche dati, è stata effettuata un’analisi della lista delle referenze degli articoli allo scopo di individuare ulteriori studi pertinenti alla ricerca. Per poter procedere a quanto prefissato è stato necessario scomporre il quesito della ricerca, formulato in parole chiave (keywords). Le parole chiave utilizzate sono state abbinate agli operatori booleani in stringhe di ricerca: “noise reduction “AND “neonatal intensive care uni”, “noise prevention”AND “infants” OR “newborn”, “education" AND “noise reduction” AND “neonatal intensive care unit”. La selezione è stata effettuata considerando i criteri di inclusione ed esclusione; dapprima sono stati valutati i titoli, poi gli abstract e i full-text ed infine gli articoli non a pagamento. Alla fine di tale valutazione, sono stati selezionati 8 articoli pubblicati negli ultimi dieci anni (2013-2022). 11
PICOM Problema/quesito Quali sono gli interventi da attuare per ridurre gli effetti negativi dell’inquinamento acustico nelle terapie intensive neonatali? P Neonati nei reparti di terapia intensiva I Cambiamenti comportamentali, ambientali e gestione degli allarmi. C / O Diminuzione dell’inquinamento acustico (non oltre i 45 dB) nelle unità di terapia intensiva neonatale e maggior benessere per i pazienti e gli infermieri M Revisione di letteratura CRITERI DI INCLUSIONE POPOLAZIONE Pazienti e infermieri delle NICU INTERVENTO Interventi comportamentali, strutturali. MISURE DI ESITO Riduzione dei dB a seguito degli interventi CARATTERISTICHE DEGLI STUDI o Lingua inglese o Letteratura pubblicata negli ultimi 10 anni o Ricerca condotta sugli umani o Studi primari CRITERI DI ESCLUSIONE POPOLAZIONE Pazienti adulti e infermieri di altri reparti. INTERVENTO / MISURE DI ESITO Valori invariati dopo l’attuazione degli interventi. CARATTERISTICHE DEGLI STUDI o Ricerca condotta su animali o Letteratura pubblicata oltre 10 anni fa o Studi secondari 12
RISULTATI Risultati attesi Ricercare nella letteratura internazionale le principali strategie da attuare nei vari reparti di terapia intensiva neonatale e i benefici apportati sui pazienti e sugli infermieri. La tabella seguente riporta i principali risultati degli studi analizzati. 13
ARTICOLO TIPO DI AUTORE - OBIETTIVO PRINCIPALI RISULTATI STUDIO RIVISTA - ANNO “Balancing the Studio Anastasia K. Ketko, L'obiettivo dello sforzo di QI Gli allarmi per ogni paziente monitorato Tension osservazionale MDa, Craig M. qui descritto era identificare e sono aumentati da 78 a 105 dopo il Between Hyperoxia sperimentale. Martinb, Michelle A. implementare strategie di restringimento dei limiti di allarme. Prevention and Nemshak, RNc, gestione degli allarmi che La modifica dell'algoritmo di allarme di Alarm Matthew Niedner, avrebbero ridotto il carico di saturazione elevata ha ridotto Fatigue in the MDd, Rebecca J. allarmi serrati a livelli sostanzialmente l'erogazione e l'escalation NICU.” Vartanian, commisurati ai dati pre- degli allarmi di saturazione di ossigeno a intervento. Si prevedeva che impulsi elevati (SpO2). Durante un doi: MDd l'attenzione e il miglioramento periodo pilota, l'utilizzo della tecnologia 10.1542/peds.2014-1550 Pediatrics. della frequenza degli allarmi dell'istogramma per personalizzare avrebbero migliorato la cura del individualmente i limiti di allarme ha 2015 Aug. paziente riportando il focus comportato un aumento del tempo della cura del paziente sul trascorso all'interno dell'intervallo di targeting dell'ossigeno piuttosto saturazione target e un minor numero di che sulla gestione degli allarmi. allarmi al giorno. “The effectiveness of Studio Emine Kol, Perihan Questo studio mirava a Sono stati confrontanti i livelli di rumore environmental osservazionale Aydın, and Oguz determinare l'efficacia di tra stanze multi-pazienti e stanze singola: strategies on noise analitico. Dursun. strategie ambientali (creazione i livelli di rumore prima e dopo i reduction di camere per pazienti singoli e cambiamenti ambientali sono stati 14
in a pediatric Journal for riduzione del rumore fonti) statisticamente significativi a 72,6 dB-A intensive care unit: Specialists in nella riduzione del rumore in e 56 dB-A, rispettivamente (p < 0,05). Creation of single- Pediatric Nursing. un'unità di terapia intensiva patient bedrooms pediatrica. and reducing noise 2015. sources” doi.org/10.1111/jspn.1 2116 “Nurses’ Perceptions Studio Sapna R. Esaminare i cambiamenti nelle Gli infermieri hanno riferito che rispetto of Pediatric Intensive trasversale Kudchadkar, MD, percezioni degli infermieri agli “open space” le stanze private Care Unit M. Claire Beers, RN, dell'ambiente di un'unità di monopaziente risultavano più favorevoli Environment MSN, Judith A. terapia intensiva pediatrica per per i pazienti che riuscivano a dormire and Work Ascenzi, RN, la promozione del sonno dei meglio la notte, promuovendo così un Experience DNP, Ebaa pazienti e dell'esperienza di normale ciclo sonno-veglia (P
doi: AMERICAN mono-paziente l'ambiente per la promozione del sonno in 10.4037/ajcc2016463 JOURNAL OF entrambi i contesti. Gli infermieri sono CRITICAL CARE, stati meno infastiditi dal rumore nelle settembre 2016, stanze per pazienti singoli (33%) rispetto volume 25, n. 5 alle stanze per più pazienti (79%; P
L’introduzione di un monitor di rumore è risultato efficace nel diminuire l’inquinamento acustico. Tuttavia, i livelli soglia raccomandanti dall’OMS sono stati superati “The effect of Studio Mujde Calikusu Questo studio è stato condotto L’introduzione di una formazione per il training on noise osservazionale Incekar, Serap Balci. al fine di determinare i livelli personale sanitario e l’applicazione di reduction in neonatal sperimentale Wiley. 21 di rumore nella NICU e di comportamenti volti a favorire un intensive February 2017 valutare l'effetto della ambiente sonoro adeguato e positivo si care units” formazione fornita al personale sono rilevati interventi efficaci nel ridurre sanitario (medici, infermieri, i livelli di dB presenti nell’UTIN, in doi: operatori sanitari) per il entrambe le fasi (fase 2 e fase 3). 10.1111/jspn.12181 controllo del rumore. Nei tre giorni pre-intervento è stato misurato 55.33 dB di rumore medio; dopo la terza fase di intervento è stata misurata 52.90 dB di rumore medio. “A targeted Studio Chawla S, Barach P, Questo studio L’introduzione di questo programma a noise osservazionale Dwaihy M, Kamat D, è stato condotto al quattro fasi volto alla riduzione reduction Shankaran S, fine di confrontare i dell’inquinamento observational Panaitescu B, Wang livelli di rumore study for B, Natarajan G. nella UTIN con i livelli 17
reducing noise J Perinatol. raccomandati dell’OMS, di acustico nella UTIN si è rilevato efficace in a neonatal determinare le nel diminuire i livelli di dB, evidenziando intensive unit” 2017 percezioni del personale e l’importanza dell’educazione fra “pari”. delle famiglie sul rumore e le Nella fase pre-intervento il livello medio doi: sue sorgenti e infine di ridurre i di rumore era di 57.5 dB, dopo 10.1038/jp.2017.93. livelli sonori ambientali l’implementazione di quest’ultimo presenti nella programma si constata una diminuzione di UTIN. 2.3 dB, ottenendo un livello medio di 55.2 dB. Tuttavia, i livelli soglia raccomandati dall’OMS e dall’APP sono stati superati. “Maternal Voice and Studio Renée A. Shellhaas, Valutare se l'esposizione Durante la registrazione del Infant Sleep in the osservazionale Shellhaas RA, Burns arricchita a un suono unico, polisonnigramma, un dispositivo di Neonatal Intensive sperimentale JW, Barks JDE, familiare e potenzialmente elaborazione del linguaggio digitale è Care Unit” Hassan F, Chervin benefico (la voce della madre) stato posizionato sul braccio della culla RD. potesse modificare le misure del bambino per registrare l'ambiente doi: oggettive della fisiologia del acustico. Sono stati considerate le 10.1542/peds.2019- Pediatrics. sonno neonatale; se registrazioni sia durante la lettura da parte 0288 l'esposizione alla voce della delle madri di alcuni libri, sia durante 2019 madre può avere effetti diversi l’assenza della voce materna. dal sospetto impatto negativo del rumore ambientale. 18
“The effectiveness of Studio Khalesi N, Khosravi Questo studio aveva lo scopo L’applicazione di paraorecchie ha un earmuffs on the controllato- N, Ranjbar A, di valutare l'efficacia delle effetto positivo sulla stabilità fisiologica physiologic and incrociato Godarzi Z, Karimi cuffie sulle risposte dei neonati dato che ha diminuito la behavioral A. fisiologiche e comportamentali frequenza respiratoria media di 46.17) e la stability in preterm nei neonati pretermine frequenza cardiaca (di media 138.25 infants” International Journal battiti al minuto), ha aumentato la of Pediatric saturazione (di media 97.60%) e ha doi: Otorhinolaryngology favorito un miglior sonno tranquillo (il 10.1016/j.ijporl.2017. punteggio della scala di valutazione ABSS 04.028 2017 era più basso) rispetto al gruppo di controllo che ha mostrato una frequenza respiratoria e cardiaca più elevata, una saturazione d’ossigeno minore e un aumento di sonno agitato e risvegli ripetuti con agitazione psicomotoria. 19
DISCUSSIONE In questa revisione sono stati analizzati 8 studi che trattano degli interventi all’interno delle unità di terapia intensiva neonatale che determinano la riduzione di rumore, seppur non arrivando ai valori soglia raccomandanti dall’OMS. La misurazione dell’ambiente fonico, il SoundEar & monitor staff Ahamed et al., 2017; Calikusu et al., 2017; Chawla et al., 2017, sono concordi nell’affermare che la misurazione dell’ambiente acustico, tramite fonometro, rappresenta una parte cruciale per poter dare inizio agli interventi di riduzione del rumore. Secondo i ricercatori è imperativo proseguire con la misurazione dei livelli di dB nelle UTIN, così da avere un feedback costante dell’efficacia dell’educazione e dei cambiamenti comportamentali e ambientali attuati. I ricercatori Chawla et al., (2017) oltre alle misurazioni tramite fonometro, raccomandano l’utilizzo di SoundEar, in quanto offre la possibilità di avere un’indicazione visibile istantanea sull’ambiente fonico. Invece secondo lo studio condotto da Ahamed et al., (2017), vi è una minima efficacia dell’applicazione del SoundEar; quindi, propone di nominare dei membri del team che ricoprono il ruolo di monitor; con l’obiettivo di valutare l’ambiente sonoro e i comportamenti del team, così da poter esprimere delle critiche costruttive per migliorare l’ambiente sonoro nelle UTIN. L’importanza della formazione Gli studi revisionati (Calikusu et al., 2017; Ahamed et al., 2017) dimostrano che l’educazione e la formazione del personale in concomitanza con la misurazione dell’ambiente acustico rappresenta la prima fase elementare nella diminuzione dell’inquinamento acustico, in quanto è volta a sensibilizzare il personale sanitario sul livello di rumore nella UTIN e sugli effetti negativi del rumore sull’organismo. Inoltre, offre delle strategie per diminuire il livello medio di rumore e aumenta la consapevolezza dell’importanza di salvaguardare l’ambiente fonico. Inoltre, i ricercatori Ahamed et al., (2017) hanno evidenziato quattro cicli sostanziali per diminuire l’inquinamento acustico nelle UTIN, nel primo ciclo ossia nel primo Plan-Do Study-Act (PDSA) l’educazione e la formazione del personale curante rappresenta il fondamento per i successivi PDSA. 20
Un aspetto emergente è rappresentato dall’importanza dell’educazione continua mensile, caratterizzata da momenti di condivisione della percezione individuale dell’ambiente acustico, da momenti di feedback sull’andamento dell’ambiente sonoro e da momenti di discussione su nuove strategie per ottenere un ambiente fonico positivo. È stato dimostrato che vi è un maggior impatto se i momenti d’educazione e di formazione vengono condotti da infermieri che appartengono al team curante (Chawla et al., 2017). Gli interventi educativi e formativi sono volti a sensibilizzare il personale curante sui livelli di rumore nella UTIN, sugli effetti negativi del rumore sull’organismo prematuro, sulle sorgenti di rumore modificabili e in un secondo momento offrono delle strategie per diminuire il livello di rumore. I ricercatori Calikusu et al. (2017), oltre ad affrontare gli aspetti citati in precedenza, trattano l’approccio di cura dello sviluppo individualizzato così da favorire un’assistenza neuroprotettiva. La messa in pratica di questo tipo di approccio richiede di creare un ambiente in cui gli infermieri, attraverso l’osservazione e la valutazione dei livelli di stress espressi dai neonati, riescano a modificare l’ambiente e le pratiche assistenziali. Da un lato questo approccio garantisce agli infermieri di essere maggiormente coinvolti nella cura e dall’altro lato favorisce l’eliminazione delle abitudini come chiudere i cestini, le porte, le incubatrici senza prestare attenzione all’intensità e utilizzare le incubatrici come appoggia oggetti (…) che inquinano l’ambiente sonoro. (Ahamed et al., 2017) L’educazione e la formazione, oltre a coinvolgere gli infermieri, dovrebbe riguardare anche i genitori dei neonati prematuri e altre figure professionali, in quanto anch’essi frequentano le UTIN e di conseguenza influenzano l’ambiente sonoro. (Ahamed et al., 2017) Per far sì che questo approccio sia proficuo, è necessario integrare delle sessioni di formazione continua, cosicché il personale curante abbia uno spazio in cui riceve dei feedback inerenti ai livelli acustici, alle nuove evidenze e ai miglioramenti possibili da attuare. (Chawla et al., 2017) Solo attraverso la costanza è possibile garantire il mantenimento della riduzione del livello acustico ottenuto o addirittura favorire un’ulteriore diminuzione dei dB presenti nelle UTIN. Ovviamente per poter raggiungere dei risultati significativi la presa di coscienza di tale problematica deve essere integrata all’attuazione di comportamenti concreti. 21
Strategie comportamentali e ambientali Diversi studi analizzati confermano che l’attuazione della “cultura del rumore”, che include cambiamenti comportamentali ed ambientali, ha un impatto significativo sulla riduzione dell’inquinamento fonico persistente nelle UTIN. Sicuramente diminuire il volume della voce e la frequenza delle conversazioni durante l’assistenza rappresenterebbe un passo importante, considerando che queste fonti sono considerate una delle principali cause d’inquinamento acustico nei reparti. Secondo diversi studi, (Ahamed et al.2017, Calikusu et al.,2017; Wang et al.,2014) per ottenere un’ulteriore diminuzione dei livelli di dB nelle UTIN si rende necessario limitare il numero di operatori presenti nelle stanze, diminuire le visite infermieristiche - mediche e muoversi a distanza dallo spazio effettivo delle incubatrici (almeno 2-3 passi di distanza). I ricercatori Ahamed et al., (2017) sostengono che il personale curante ha delle abitudini scorrette da modificare, ovvero chiudere le porte delle incubatrici delicatamente, non utilizzare gli incubatori come appoggia oggetti, poiché questo crea un effetto di “cassa di risonanza” all’interno dell’incubatrice; chiudere in modo delicato le porte e i cestini e di applicare dei silenziatori sulle porte presenti nelle UTIN. Un altro cambiamento ambientale che emerge in due studi (Ahamed et al., 2017; Calikusu et al., 2017) consiste nell’utilizzo di promemoria visivi, ossia di cartelloni che ricordino al personale curante e ai visitatori di mantenere un ambiente sonoro positivo. È possibile migliorare le caratteristiche acustiche degli ambienti, ma le maggiori criticità si osservano sull’utilizzo delle attrezzature e la manutenzione degli apparecchi con parti in movimento. I piani di manutenzione dovrebbero prevedere l’analisi del rumore prodotto dall’invecchiamento delle apparecchiature considerando non utilizzabili quelle che superano livelli tollerabili. La lubrificazione delle ruote o l’applicazione di gommini agli arredi mobili (sedie, carrelli, sostegni per le apparecchiature, ecc.) può ridurre notevolmente picchi fastidiosi di rumore. Inoltre, sono state dimostrate evidenze relative all’introduzione di un “quite time”, ovvero momenti caratterizzati dall’eliminazione (temporale) di conversazioni, non vengono svolte procedure di cure (se non urgenti), non vi è alcuna interazione fra personale curante – neonato prematuro - genitori, i cercapersone e i telefoni sono in modalità silenzioso, il volume degli allarmi dei monitor è diminuito al massimo (rispettando i criteri di sicurezza); 22
la durata di questo periodo silenzioso deve durare per almeno 90 minuti. (Ahamed et al., 2017; Chawla et al., 2017) Renée A. Shellhaas, et al. (2019), si soffermano su un particolare effetto dell’inquinamento acustico, ovvero l’alterazione del sonno che, come già chiarito, determina elevati livelli di stress nel neonato. Nel loro studio dimostrano quanto l’esposizione alla voce materna possa isolare i neonati dall’ambiente deleterio circostante, garantendo quindi un aumento dei livelli di sonno e riducendo gli effetti negativi dell’inquinamento acustico. Utilizzo di paraorecchie Nonostante sono i risultati ottenuti dall’attuazione di molti interventi in tutti gli studi, il valore limite di rumore raccomandato dall’OMS (45dB) e dalla APP (35 dB) è stato superato. Secondo gli studi analizzati, questo è dovuto al fatto che vi sono dei fattori non modificabili, che influenzano in maniera importante l’ambiente sonoro come: la struttura architettonica dei reparti, i dispositivi medici e l’ambiente sonoro circostante dell’ospedale. Per questo motivo gli studi condotti da Khalesi et al., (2017) propongono l’utilizzo di paraorecchie. Si tratta di un dispositivo semplice da applicare che non richiede molto tempo, sicuro e confortevole che protegge l'udito dei neonati prematuri dall'esposizione a rumori indesiderati, favorendo così un ambiente sonoro sicuro per la loro crescita e il loro sviluppo. I risultati hanno dimostrato che la riduzione dello stress da rumore durante l'uso dei paraorecchie ha influenzato positivamente la stabilità fisiologica e lo stato comportamentale dei neonati prematuri. Tuttavia, da un lato si tratta di un ausilio che richiede un investimento economico importante, dall’altro lato secondo la letteratura i neonati prematuri necessitano di percepire i rumori “sani”, che sperimenterebbero nel grembo materno; quindi, l’applicazione di un ausilio che evita di percepire determinati stimoli uditivi potrebbe rappresentare un ostacolo per lo sviluppo sano del SNC. Nonostante ciò, secondo i ricercatori Khalesi et al. (2017), quest’ultimo ausilio non rappresenta un limite in quanto diminuisce unicamente di 7dB la percezione del rumore e si tratta di un’applicazione periodica. Nel loro studio sono stati messi a confronto un gruppo che indossava i paraorecchie e un gruppo esposto all’ambiente acustico naturale: si è constatato che i neonati prematuri appartenenti al gruppo che ha fatto uso dei paraorecchie 23
mostrava una riduzione delle risposte comportamentali e di conseguenza hanno avuto un miglior ritmo sonno-veglia con periodi più lunghi di sonno tranquillo. Oltre a ciò, è stata osservata maggior stabilità della frequenza cardiaca, maggiori episodi di normopnea e livelli medi di saturazione più elevati. (Khalesi et al., 2017) Dopo la rimozione di quest’ultimi ausili si sono verificati attivazione psicomotoria con ritmo sonno-veglia alterato e instabilità dei parametri vitali: tachicardia - bradicardia, apnea e desaturazione. Le modifiche dell’attività psicomotoria e dei parametri vitali sono aumentati gradualmente; dopo un’ora dalla rimozione dei paraorecchie, i neonati prematuri hanno raggiunto le medesime alterazioni del gruppo di controllo. (Khalesi et al., 2017) Questa strategia risulta essere efficace, tuttavia, non sufficiente per garantire una stimolazione uditiva positiva, in quanto non appena l’ausilio viene rimosso, l’organismo prematuro reagisce agli stimoli stressanti dell’ambiente sonoro: occorrerebbe, quindi, combinare l’utilizzo di questi ausili con il controllo dell’ambiente sonoro. Progettazione architettonica La maggior parte delle PICU a livello internazionale, sono caratterizzate da un’architettura “open space” con stanze multipazienti che, sebbene convenienti per il flusso di lavoro della cura quotidiana dei pazienti, potrebbero non essere favorevoli per le condizioni di salute di pazienti ed operatori. La presenza di più postazioni, ognuna della quali comprende un certo numero di apparecchi elettromedicali (aspiratori, ventilatori, monitor), unita al maggiore numero di personale, determina un aumento dei livelli di rumore ambientale. Per risolvere questo problema Emine Kol et al. (2015), nel loro studio propongono un cambiamento strutturale: la creazione stanze mono-pazienti; sono stati confrontati i livelli di rumore prima e dopo cambiamenti nell'ambiente di terapia intensiva. I risultati ottenuti dimostrano che la realizzazione di camere singole ha determinato una riduzione dei livelli di rumore da 72,1 dB-A a 56 dB-A. Il progetto architettonico dell'unità di terapia intensiva pediatrica può svolgere un ruolo importante nell’ottimizzare l’ambiente per favorire sonno dei pazienti, migliorando al contempo i livelli di stress e l'esperienza lavorativa degli infermieri di terapia intensiva. (Kudchadkar, 2016) 24
Il passaggio dalle stanze per più pazienti alle stanze per pazienti singoli ha migliorato la percezione degli infermieri dell'ambiente della PICU, la loro capacità di controllo dell’ambiente sonoro esterno e soprattutto ha diminuito i livelli di stress lavorativo incrementando l’esperienza lavorativa complessiva e quindi la qualità dell’assistenza. (Kudchadkar, 2016) Controllo dei monitor Nello studio di Ketko AK. et al. (2015), un gruppo multidisciplinare composto da medici, infermieri e terapisti respiratori (Sat Pack), ha esaminato i risultati di studi clinici controllati randomizzati ed ha sviluppato un pacchetto di gestione degli allarmi applicando strategie per diminuire la frequenza degli allarmi. È stata sviluppata la seguente raccomandazione: - dotarsi di un processo di gestione e di risposta degli allarmi sicuro; - avere delle linee guida per le impostazioni degli allarmi; - avere delle linee guida per adattare le impostazioni dei limiti degli allarmi ai singoli pazienti; - ispezionare, controllare e gestire i dispositivi di allarme. Tra i molti cambiamenti, sono stati adottati parametri di allarme in base all’età, utilizzando la tecnologia istogramma per personalizzare singolarmente i limiti di allarme che hanno provocato aumento del tempo trascorso all’interno della gamma di saturazione mirata e un minor numero di allarmi al giorno. Qualitativamente, gli infermieri hanno riferito una maggiore soddisfazione quando non si verificavano allarmi frequenti. (Ketko AK, 2015) 25
CONCLUSIONI L’ospedale è un luogo ricco di stimoli stressanti per i neonati in quanto li costringe a rapportarsi con un ambiente innaturale. Il rumore rappresenta un ostacolo per il loro sviluppo e mette in pericolo la loro salute. Dal momento che l’esposizione con l’inquinamento acustico può avere delle conseguenze molto gravi sia nell’immediato che a lungo termine sull’organismo prematuro, è doverosa da parte degli infermieri una corretta prevenzione e gestione dell’ambiente sonoro nelle UTIN. (Abdeyazdan et al., 2014; Ahamed et al., 2017; Calikusu et al., 2017; Chawla et al., 2017; Khalesi et al., 2017) Questo sottolinea il fatto che se l’ambiente acustico non viene considerato come un elemento dannoso da modificare, ci saranno degli effetti devastanti sia per i neonati prematuri che per il personale curante delle UTIN. Esistono varie strategie per diminuire il livello medio di rumore delle UTIN: quali sessioni formative ed educative, cambiamenti ambientali e comportamentali, misurazione dell’ambiente sonoro e applicazione dei paraorecchie. (Abdeyazdan et al., 2014; Ahamed et al., 2017; Calikusu et al., 2017; Chawla et al., 2017; Khalesi et al., 2017) Tuttavia, non vi è una strategia più efficace dell’altra; anzi, unicamente la combinazione di tutte risulta efficace nel diminuire il più possibile l’inquinamento acustico nelle UTIN. Quindi vi è la necessità di inserire un programma multifattoriale per diminuire i livelli di dB, così da agire sulla complessità̀ dell’ambiente sonoro. Nello studio effettuato da Ahamed et al. (2017), si constata la maggior diminuzione di dB, in quanto alla fine dell’implementazione del programma di riduzione dell’inquinamento acustico, il rumore medio è diminuito di 6.3 dB, purtroppo mantenendo l’ambiente sonoro a 56.1 dB. L’utilizzo dei paraorecchie risulta essere una soluzione valida per proteggere l’organismo prematuro nei periodi più rumorosi della giornata, in quanto quest’ultimo ausilio favorisce una minor attività psicomotoria con periodi più lunghi di sonno tranquillo e maggior stabilità nel mantenere i valori dei PV nella norma. Tuttavia, non vi è nessun effetto benefico sull’aumento del peso corporeo dei neonati prematuri. (Khalesi et al., 2017) 26
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