INDIA - Ministero dello Sviluppo
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Istituto nazionale per il Commercio Estero INDIA 1. QUADRO MACROECONOMICO a) Andamento congiunturale e rischio Paese Il 2003 si e’ concluso, per l’India, in un clima di autentica euforia per l’andamento dei principali aggregati economici. L’ulteriore, ed in larga parte inatteso, incremento del tasso di crescita del PIL, che estrapolando il dato relativo al secondo trimestre dell’anno fiscale 2003, avrebbe raggiunto l’8,4%, torna ad alimentare aspettative ambiziose di sviluppo economico. Le riserve in valuta estera detenute dalla banca Centrale indiana hanno superato a dicembre la soglia dei 100 miliardi di dollari. Un traguardo significativo, sul piano psicologico, per un Paese che ancora ricorda le conseguenze della crisi fiscale e valutaria del 1990. L’indice “Sensex” e’ passato da 5000 ad oltre 6000 in soli 25 giorni, tra dicembre ed i primi di gennaio, pur tornando a quota 5500 a marzo. Dopo anni di attesa, e nonostante i segnali di crisi che sembrano emergere dalla performance piu’ recente della Borsa di Mumbai, l’ottimismo sembra ispirare nuovamente le scelte di imprenditori e politici. Un dato importante, alla vigilia delle elezioni politiche nazionali, che relega temporaneamente sullo sfondo, nella percezione collettiva dello stato del Paese, le perplessita’ che pure un esame attento della situazione delle finanze pubbliche legittimerebbe.La lusinghiera crescita del reddito nazionale registratasi nel 2003 e’ stata solo in parte motivata dal favorevole andamento climatico. Nel periodo aprile-settembre 2003, il settore agricolo – la cui “performance” incide in maniera determinante sul dato aggregato - e’ cresciuto di poco piu’ del 4%, rispetto ad un “annus horribilis” per l’agricoltura indiana come il 2002. La crescita maggiore la si e’ avuta nel periodo luglio-settembre (7,4%), complice un monsone particolarmente abbondante. Un contributo notevole all’incremento della produzione aggregata e’ venuto anche da altri settori: servizi turistici, di comunicazione e di trasporto, tutti con tassi superiori al 10%; servizi finanziari (7,2%) e di intermediazione immobiliare (+7%). Il settore manifatturiero nel suo complesso ha fatto registrare una crescita del 6,8%, di almeno un paio di punti superiore alla media dell’ultimo quinquennio. Le previsioni di crescita per il biennio 2003-2004 si portano al 7%. Il dato relativo al secondo trimestre dell’anno fiscale 2003-2004 fa dell’India, con una crescita su base annua dell’8,4% una delle economie piu’ dinamiche del pianeta, seconda, per velocita’ di crescita, soltanto alla Cina. Per quanto favorito da una serie di circostanze favorevoli ed in larga misura eccezionali, il dato relativo alla crescita indiana nell’anno appena conclusosi nasconde dinamiche interessanti che stanno trasformando l’economia del Paese. Innanzitutto, la crescita sostenuta del settore manifatturiero, ormai da quasi un anno e mezzo costantemente al di sopra del 6%. Per quanto abbia potuto pesare sull’andamento della domanda aggregata il maggior potere d’acquisto a disposizione del settore agricolo, si e’ legittimati a credere che siano stati altri i fattori che hanno maggiormente inciso sulla buona “performance” del settore industriale: tassi di interesse nel credito al consumo piu’ bassi rispetto al passato; una politica fiscale espansiva (rafforzata dal ciclo elettorale), che ha dato ulteriore impulso alla produzione industriale. Rapporti Paese congiunti Ambasciate/Uffici Ice estero 2^ sem. 2003
Istituto nazionale per il Commercio Estero Il superamento della soglia dei 100 miliardi di dollari in riserve valutarie ha prodotto sull’opinione pubblica indiana la confortante sensazione che siano definitivamente alle spalle i tempi difficili della crisi valutaria del 1990, quando la Banca Centrale, per fronteggiare una grave crisi di bilancia dei pagamenti e difendere il corso della Rupia fu costretta a disfarsi della quasi totalita’ delle proprie riserve. E’ proprio il dato psicologico quello piu’ rilevante nel fenomeno di accumulazione delle riserve, specie per le sue conseguenze politiche. L’abbondanza di valuta si riflette nelle proposte ambiziose delle associazioni imprenditoriali indiane, che chiedono al Governo di farsi promotore della costituzione di una Banca regionale di sviluppo dell’Asia meridionale e di un fondo di stabilita’ per le valute dell’area. L’eccellente “peformance” della Borsa di Mumbai nel periodo 2002-2003 e’ stata seguita con euforia dalla classe media, che, grazie anche ad alcune recenti privatizzazioni (tra tutte, la seconda “tranche” del capitale Maruti), ha cominciato ad investire massiciamente sul mercato azionario. A portare in alto l’indice di Borsa non e’ stata soltanto la ripresa del settore delle teconologie dell’informazione, che qui in India e’ stata piu’ rapida che altrove (i titoli Bharti – principale operatore di telefonia mobile – hanno guadagnato il 359% nell’anno solare 2003). Un contributo decisivo e’ venuto dai settori piu’ tradizionali della “old economy”: siderurgia (Tata Steel), industria meccanica (Tata Motors), energia (Bharat e Tata Power). Molti gli investitori istituzionali stranieri che hanno cominciato a rivolgersi al mercato azionario indiano, attirati da una crescita che nel 2003 ha superato l’80%. Da gennaio a meta’ marzo l’indice SESEX della Borsa di Mumbai ha cominciato a flettere, tornando, dopo il picco storico di 6063 registrato il 15 gennaio, a quota 5520. Al ribasso le quotazioni dei grandi gruppi industriali, come Reliance e TATA, che maggiormente avevano contribuito ad alimentare la crescita. Meno pronunciato il calo delle quotazioni delle aziende ad alta tecnologia. Il ridimensionamento del valore di titoli di Borsa sarebbe dovuto, a giudizio di molti commentatori, al drenaggio di liquidita’ provocato da ingenti emissioni di titoli del debito pubblico. L’ottimismo degli analisti economici e delle famiglie permane nonostante le ultime vicende di borsa, e fa passare in secondo piano le preoccupazioni legate alla situazione fiscale. L’aumento del PIL, del resto, ha gia’ alimentato un gettito superiore alle aspettative, riducendo il deficit programmato. Il Governo ha intanto varato una serie di misure che dovrebbero concorrere a modificare il meccanismo di formazione del disavanzo di bilancio, sia a livello centrale, sia sul piano statale. Tra queste, merita di essere menzionata la disposizione che pone un limite al numero massimo di componenti dei governi statali, in rapporto alla popolazione. Troppo poco, forse, per risolvere in via definitiva un problema che rischia di destabilizzare l’intera struttura fiscale del Paese; abbastanza, tuttavia, per dare all’opinione pubblica ed agli ambienti politici locali una misura della determinazione del Governo centrale a far si’ che il miracolo economico indiano non debba arenarsi sulle secche della finanza pubblica. In crescita l’inflazione, dal 2,79% del luglio 2002, al 5,9% del dicembre 2003 Il fenomeno e’ dovuto principalmente all’aumento del costo delle materie prime e del greggio, e sarebbe destinato a rientrare, secondo la maggioranza degli analisti, nella seconda meta’ di quest’anno. Sulla dinamica dei prezzi grava quella della domanda aggregata: se quest’ultima dovesse continuare a crescere a ritmi sostenuti, e’ difficile scartare a priori una maggiore pressione sui prezzi al consumo. Nonostante le pressioni inflazionistiche, il “prime rate” praticato dalle maggiori banche commerciali e’ diminuito, nel 2003, di circa due punti percentuali, passando dall’8,5% del dicembre 2002 al 4% di fine 2003 (i dati si riferiscono alle sole banche del settore pubblico). Rapporti Paese congiunti Ambasciate/Uffici Ice estero 2^ sem. 2003
Istituto nazionale per il Commercio Estero La sensibile diminuzione del costo reale del denaro ha favorito la “performance” delle aziende con maggiore accesso al credito. Meno avvantaggiate invece le imprese medio-piccole, per le quali i tassi di interesse nominali sono rimasti pressoche’ invariati nel periodo di riferimento. Il “tasso d’interesse-obiettivo” fissato dalla Reserve Bank of India per il biennio 2003/2004 e’ del 6,25%. Finanza pubblica. Come nella maggioranza dei Paesi in via di sviluppo, anche in India il gettito fiscale costituisce una percentuale minima del Prodotto Interno Lordo: per l’anno fiscale 2003-2004 essa dovrebbe attestarsi al 6,8% (1.875 miliardi di Rupie). A tale importo vanno aggiunti quelli derivanti da fonti non fiscali (1.546 miliardi di Rupie), per un totale di 2.630 miliardi di Rupie. I proventi derivanti dalla riscossione di dazi doganali ammontano a 494 miliardi di Rupie: un importo superiore al gettito dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (403 miliardi di Rupie), e che dimostra quanto importanti siano ancora le tariffe doganali nel contesto delle finanze pubbliche indiane. Il dato relativo ai proventi da privatizzazione di imprese pubbliche e’ stato sistematicamente sovrastimato negli ultimi budget indiani. L’efficienza del sistema fiscale indiano e’ pregiudicata da un elevato tasso di evasione e dall’eccessiva complessita’ delle procedure di riscossione delle imposte. L’introduzione dell’IVA, piu’ volte annunciata, e’ stata rinviata sine die nel giugno del 2003. Nelle more della riforma della fiscalita’ indiretta, continua ad essere in vigore in India un complesso articolato di imposte, riscosse sia a livello centrale (sales tax, service tax, excise duties) sia a quello locale (octroi tax). Le aliquote variano su base regionale, rendendo indispensabile un complesso sistema di compensazione amministrato a livello centrale. La spesa pubblica complessiva nel 2003-2004 e’ ammontata a 4.743 miliardi di Rupie, pari al 12,8% del PIL. Circa 1.215 miliardi di Rupie hanno alimentato gli investimenti compresi nel piano quinquennale, principalmente di ordine infrastrutturale. Quasi un terzo della spesa restante e’ derivato dal servizio del debito pubblico. L’incremento del tasso di crescita dell’economia indiana ha propiziato una diminuzione del rapporto deficit/PIL rispetto alle previsioni, dal 5,6% al 4,8%. Il dato resta comunque alto, e le condizioni che l’hanno favorito sembrano possedere il carattere dell’eccezionalita’. Troppo presto, dunque, per parlare di inversione definitiva di tendenza. Debito pubblico. L’entita’ del debito pubblico continua a suscitare apprensione negli analisti dell’economia indiana: negli ultimi anni, un deficit di bilancio costantemente prossimo al 10% del PIL ha alimentato la crescita dell’indebitamento del settore pubblico, portandolo, nel giugno 2003, al 66,4% del PIL. La cause del deficit di bilancio sono molteplici: oneri salariali elevati (pari a circa il 10% della spesa pubblica totale), riduzione del gettito fiscale (a causa di una crescita inferiore alle attese), elevato costo del servizio del debito pubblico. A preoccupare maggiormente gli osservatori, tuttavia, e’ la disinvoltura mostrata dai governi statali nella gestione della finanza locale. Il processo di decentramento delle funzioni pubbliche attuato dal governo in carica ha accresciuto l’autonomia degli Stati in materia fiscale: ne e’ derivato un immediato aumento dell’indebitamento delle Autorita’ locali (che hanno facolta’ di emettere propri titoli del debito pubblico). Nell’ultimo esercizio finanziario, poco piu’ della meta’ del deficit fiscale era imputabile al Governo centrale; la parte restante, pari a circa il 4,2% del PIL (c.a. 1.028 miliardi di Rupie indiane) proveniva dai Governi locali. Alcuni degli Stati indiani si trovano in una situazione finanziaria critica, in particolar modo quelli, come il Kerala, che hanno conservato delle seppur minime strutture di protezione sociale. Rapporti Paese congiunti Ambasciate/Uffici Ice estero 2^ sem. 2003
Istituto nazionale per il Commercio Estero Bilancia dei pagamenti. La quota indiana sul totale degli scambi internazionali e’ stata negli ultimi 5 anni intorno al 2%. L’ammontare totale delle esportazioni indiane (circa 53 miliardi USD 2002/03, ultimi dati disponibili) e’ ancora al di sotto delle aspettative, e non riflette le reali potenzialita’ del sistema produttivo. Nell’anno finaziario 2002/2003, la bilancia commerciale ha chiuso con un saldo negativo di 8.693 milioni di Dollari. In sensibile crescita il saldo degli investimenti diretti provenienti dall’estero (+5.187 MUSD contro 2.936 MUSD del semestre precedente a quello di riferimento). Il saldo della bilancia dei pagamenti e’ stato, nel primo semestre del 2003, di +12.916 MUSD. Struttura dell’economia indiana Dati principali Superficie 3.287.263 Kmq Popolazione 1.027.015.000 ultimo censimento Marzo ' 01, ma la stima 2003 conta 1.37 mld di abitanti Forma istituzionale Repubblica federale di 29 stati e 6 territori dell’Unione Unita’ monetaria Rupia Indiana (la convertibilità è limitata alle partite correnti eccezion fatta per gli investitori stranieri) Anno fiscale 1 aprile – 31 marzo Misure Sistema metrico decimale. Numeri frequentemente espressi in LAKHS (100.000) e CRORES (10 mln) Lingua Sono diffusi 18 principali idiomi. L’HINDI è il più diffuso parlato dal 38% della popolazione, mentre l’inglese è comunemente usato nel mondo economico. Religione Induisti (82%), Musulmani (12.1%), Cristiani (2.3%), Sikh (1.9%), alter (1.7%) Sede di governo New Delhi FONTE: EIU, Indian Economic Survey 2002-2003 Rapporti Paese congiunti Ambasciate/Uffici Ice estero 2^ sem. 2003
Istituto nazionale per il Commercio Estero Indicatori generali 1999-2003 1999 2000 2001 2002 2003 2004* PIL a prezzi correnti (mld Rupie) 19.369 20.589 22.821 24.695 26.525 PIL a prezzi correnti (mld US$) 444,4 450,7 478,5 510,2 571,4 Variazione annuale del PIL reale (%) 7,1 3,9 5,1 4,6 8,1 7,3 Inflazione media prezzi al consumo ( %) 4,7 4 3,8 4,3 3,8 4,4 Popolazione (mln) 997,9 1,014,00 1.030,00 1.045,80 1.061,60 Riserve valutarie – escluso oro (mln US$) 32.667 37.902 45.871 67.666 98.903 Debito estero totale (mld US$) 98,3 99,1 97,3 98 101,3 106,6 Tasso di cambio medio Rs:US$ 43,06 44,94 47,19 48,61 46,58 45,51 Fonte: EIU Economist Intelligence Unit 2004 ; * previsioni EIU 2. INDIVIDUAZIONE DELLE AREE DI INTERVENTO a) Valutazione della penetrazione commerciale sul mercato locale Un’economia dinamica come quella indiana offre un’amplissima gamma di opportunita’ per gli operatori italiani. I settori su cui ci si sofferma in seguito sono elencati a puro scopo esemplificativo. Il settore agro-alimentare.In India circa il 70% della popolazione rurale e l’8% di quella urbana e’ impiegata nel settore agricolo, che contribuisce per il 25% al GDP del paese. Grazie alla diversita’ dei climi presenti nel territorio, l’India produce un’ampia varieta’ di prodotti, tipica delle regioni tropicali, temperate e secche. Attualmente e’ il secondo produttore di frutta e verdura del mondo (partecipa per il 13,7% circa alla produzione mondiale d’ ortaggi e per il 10% a quella di frutta). Grandi potenzialita’ future si ravvisano nel settore agro-alimentare, soprattutto in termini di trasferimento di know-how, vendita di apparecchiature specializzate e trasformazione dei prodotti. Alcuni degli aspetti piu’ qualificanti del settore: Investimenti previsti nei prossimi 10 anni Terreno coltivato: 182 milioni di ettari, di cui solo (capitali, tecnologia, finanza: 30 mld di US$ 65 sfruttati commercialmente Il 52% del budget familiare viene speso nel Minor costo della “forza lavoro” e ampia settore alimentare reperibilita’ di manodopera Oltre 5000 unita’ produttive nel Food Secondo produttore di ortofrutta al mondo di cui Processing solo il 2% viene processato Dichiarato dal governo settore prioritario con 26 Parchi Alimentari in via di allestimento numerosi incentivi Rapporti Paese congiunti Ambasciate/Uffici Ice estero 2^ sem. 2003
Istituto nazionale per il Commercio Estero Modernizzazione del settore agricolo. In India circa il 70% della popolazione rurale e l’8% di quella urbana sono impiegate nel settore agricolo, che contribuisce per il 25% al GDP del Paese. Grazie alla diversita’ dei climi presenti nel territorio, l’India produce un’ ampia varieta’ di prodotti, tipici delle regioni tropicali, temperate e secche. Attualmente, e’ il secondo produttore di frutta e verdura del mondo (contribuisce alla produzione mondiale di ortaggi per il 13,7% circa e alla produzione di frutta per il 10%). Il settore agricolo in India non e’ stato ancora toccato in maniera significativa dall’automazione ed e’ ancora caratterizzato in larga parte dalla presenza di piccoli proprietari e dalla bassa produttivita’ della terra. Molti sono i fattori che ne rallentano lo sviluppo: il basso consumo di “inputs” di qualita’ (semi, fertilizzanti), la scarsa conoscenza di tecnologie avanzate, la limitata meccanizzazione dell’attivita’ agricola, la rigidita’ nella concessione del credito da parte delle banche (il costo del denaro, per il 93% dei contadini supera il 13%). A cio’ va aggiunto che, in termini di “outputs”, mancano infrastrutture adeguate per il magazzinaggio, la trasformazione e la selezione dei prodotti (soltanto il 2% dei prodotti in India viene trasformato, contro il 70% degli Stati Uniti). La frammentazione della vendita al dettaglio e i rudimentali mezzi di trasporto rendono, infine, i costi delle transazioni eccessivamente elevati. Da cio, deriva un’ alta percentuale di sprechi (10% di cereali e 25% di frutta e verdura) e una scarsa partecipazione dell’India al commercio mondiale. Cio’ detto, l’India sta oggi faticosamente adottando metodi di produzione piu’ moderni, che le consentano di tenere il passo con la migliore concorrenza internazionale. Benche’ le capacita’ di investimento dei singoli produttori siano generalmente limitate (la scala media delle aziende agricole e’ ancora insufficiente), non mancano interessanti opportunita’ di cooperazione con consorzi di produttori ed enti locali. A parte il settore delle macchine agricole, in cui le vendite di trattori si sono rivelate inferiori alle attese, restano interessanti quello delle apparecchiature specializzate, delle tecnologie per l’agricoltura biologica e dei sistemi di irrigazione. Alcuni gruppi industriali indiani stanno analizzando possibili soluzioni per incrementare la produttivita’ del settore ed eliminare le diseconomie di scala attualmente esistenti. Fino ad oggi il settore agricolo in India non e’ stato toccato in maniera significativa dall’automazione ed e’ ancora caratterizzato in larga parte dalla presenza di piccoli proprietari e dalla bassa produttivita’ della terra. Molti sono i fattori che ne rallentano lo sviluppo: il basso consumo di “inputs” di qualita’ (semi, fertilizzanti), la scarsa conoscenza di tecnologie avanzate, la limitata meccanizzazione dell’attivita’ agricola, la rigidita’ nella concessione del credito da parte delle banche (il costo del denaro, per il 93% dei contadini, supera il tasso del 13%). La frammentazione della vendita al dettaglio e i rudimentali mezzi di trasporto rendono, infine, i costi delle transazioni eccessivamente elevati. Da cio, deriva un’ alta percentuale di sprechi (10% di cereali e 25% di frutta e verdura) euna scarsa partecipazione dell’India al commercio mondiale. Sono allo studio progetti di sviluppo finalizzati alla costituzione di centri commerciali in grado di offrire una gamma differenziata di servizi tra cui servizi bancari, vendita di sementi, vendita di macchinari, corsi di formazione. La costituzione di “Parchi agro-tecnologici”, sottoposti a regimi fiscali particolarmente vantaggiosi, rientra nell’azione di governo diretta ad attrarre capitali stranieri. Nell’attesa che le politiche governative facciano effetto, il settore continua a far notizia per le potenzialita’ inespresse. Ma anche per le indubbie opportunita’ che racchiude. Food processing. L’India, dopo aver raggiunto l’autosufficienza alimentare nel 1980 grazie alla cosiddetta “rivoluzione verde” degli anni ’70, seguita negli anni ‘80 dalla “rivoluzione bianca” nel settore lattiero che l’ha portata ad occupare il primo posto al mondo per produzione di latte, si accinge ora a dare forte impulso al settore del “Food Processing”. Rapporti Paese congiunti Ambasciate/Uffici Ice estero 2^ sem. 2003
Istituto nazionale per il Commercio Estero Quest’ultimo ha iniziato una crescita stabile (intorno al 3% annuo) nel 1991, anno che ha segnato l’inizio della liberalizzazione economica in questo Paese. La politica nazionale del settore prevede di innalzare il livello degli alimenti processati dal 2 al 10% entro il 2010 e al 25% entro il 2025. Oggi, nonostante solo il 2 % dell’ortofrutta e il 15% dell’enorme produzione di latte vengano processati, il settore del “Food processing” rappresenta il 6,3 % del PNL, il 13 % delle esportazioni e il 6 % degli investimenti industriali. Il mercato indiano offre pertanto possibilita’ in gran parte inesplorate. Gran parte della produzione agricola in India deperisce prima di giungere al consumatore finale, per la mancanza di sistemi di trasformazione e conservazione adeguati. La c.d. “catena del freddo” e’ ancora l’eccezione; l’inaffidabilita’ dei sistemi di trasporto e di distribuzione contribuisce all’inefficienza generale del sistema. Vi sono, dunque, ampi spazi ed ampie opportunita’ per gli investimenti stranieri che dovrebbero crescere notevolmente via via che le politiche governative si mettono al passo con le riforme gia’ avanzate in altri settori. Va inoltre tenuto presente che una serie di fattori sta rapidamente cambiando lo stile di vita delle famiglie, soprattutto di quelle appartenenti alla cosiddetta “Great Indian Middle Class”, valutata in circa 100 milioni di persone: ?? la crescente urbanizzazione, ?? una più diffusa istruzione, ?? l’avvento della “famiglia mononucleare” nei centri urbani, ?? un crescente numero di donne lavoratrici, non da ultimo, ?? l’impatto dei mass media e dell’informatizzazione. Ciò sta velocemente spostando l’interesse di tale ampia fascia di consumatori dai prodotti primari a quelli pre-confezionati e di veloce preparazione, sia locali che di importazione. Tecnologie dell’Informazione. Il settore dell’Information Technology, negli ultimi 5 anni ha registrato una crescita nelle vendite (software e hardware) media del 50% all’anno, fatturando nel 2003 circa 12 milardi di US$ ed espandendo il volume delle esportazioni da 70 mln di US$ nel 1988 a 9,5 mld di US$ nel 2003. Il governo centrale e quelli statali stanno promuovendo piani di sviluppo dell’industria del software e dei servizi correlati (tra cui la realizzazione di nuovi parchi tecnologici), e le statistiche indicano che tale settore garantisce attualmente il 21.3% delle esportazioni totali, impiega 5 milioni di addetti, riceve annualmente circa 1,6 mln di US$ di nuovi investimenti. Il comparto IT ospita in India aziende leaders quali IBM, Intel, Microsoft, Oracle, Cisco, Sun, HP, Alcatel e numerose aziende attive nei settori piu’ avanzati dell’innovazione informatica, quali Juniper, Dell, Compaq, Cerent Tellabs. Accanto ad esse spiccano, tra le oltre 5000 compagnie indiane, Infosys, Wipro, Satyam, CTS e Pentafour.Alcuni degli aspetti piu’ qualificanti dell’IT indiano: settore con tasso di crescita del 50% (media Fatturato del settore: 16.5 miliardi di US $ nel 2002-03 annuale) a partire dal 1991 12 delle 19 aziende che hanno ottenuto il Livello 5 una “forza lavoro” informatica di oltre mezzo milione di di qualita’ SEI-CMM sono indiane professionisti oltre 900 colleges che offrono specializzazioni IT oltre il 40% delle aziende di Fortune 500 esternalizza i propri in 250 universita’, complementati da oltre 10.000 servizi e l’intero comparto informatico a ditte indiane instituti privati 5000 aziende nel comparto software e servizi di cui Fatturato: 35% aziende locali; 65% multinazionali. 60% locali e 40% multinazionali Rapporti Paese congiunti Ambasciate/Uffici Ice estero 2^ sem. 2003
Istituto nazionale per il Commercio Estero Principali servizi offerti dall’ITC indiana. Formazione IT (due giganti indiani in questo settore sono NIIT e Aptech); Processi e servizi di back-office a diversi settori, soprattutto i servizi, fra cui la finanza, le assicurazioni, il turismo, i media; Sviluppo di software: l’India sviluppa anche ottimi applicativi per l’industria manifatturiera; Supporto per l’installazione e il mantenimento anche a distanza di pacchetti software; Software per internet; IT-enabled Services (ITES): il più importante comparto dall’industria indiana ha le sue origini a metà degli Anni ‘90 quando società come American Express, British Airways e GE Capital trasferirono in India le loro unità di customer -care e servizi di gestione delle transazioni elettroniche. L’offerta indiana di IT-ENABLED SERVICES può essere a sua volta così segmentata: ?? Servizi d’interazione con i consumatori (compresi i call centers); ?? Servizi di supporto/contabilità/ caricamento dati/ conservazione dati/risorse umane; ?? Servizi di trascrizione/traduzioni; ?? Sviluppo dei contenuti/ animazione /composizione e design/GIS; ?? Altri servizi inclusi la formazione a distanza, ricerca dati, ricerche di mercato, ?? Consulenza per le reti e management. ?? Rapporti assicurativi ; ?? Procedure legate alle buste paga; ?? Inserimento dati. Investimenti stranieri Investimenti stranieri fino al 100% sono consentiti per aziende mirate esclusivamente all’ esportazione. Incentivi: importazione duty free di beni capitali, materie prime, componenti, “tax holidays” contro le esportazioni, accesso al mercato domestico. Le sfide future dell’informatica indiana. Gli entusiasmi suscitati dalla crescita del settore informatico in India sono stati soltanto in parte attenuati dalla consapevolezza che per competere a lungo termine sui mercati internazionali, il vantaggio competitivo rappresentato dalla disponibilita’ a basso costo di abbondante forza-lavoro intellettuale anglofona non sara’ sufficiente. Gli investimenti compiuti in India dalle principali multinazionali del settore informatico hanno principalmente lo scopo di internalizzare il vantaggio di costo, concentrando nel sub-continente parte delle attivita’ a piu’ basso valore aggiunto. Anche a causa della concorrenza portata fin dentro le pareti domestiche dai giganti mondiali dell’informatica, le societa’ indiane hanno avuto difficolta’, fino ad oggi, a “risalire la filiera del valore aggiunto”: il loro dominio d’elezione resta, per ora, lo sviluppo di software la cui architettura di base viene configurata altrove. Le stesse difficolta’ di innalzamento della soglia di valore aggiunto dei servizi offerti, le societa’ indiane le hanno sperimentate nel settore dei servizi dove, nonostante alcune significative eccezioni, i piu’ ricchi contratti pluriennali di “outsourcing” continuano ad essere appannaggio delle grandi multinazionali. Le quali, nelle maggioranza dei casi, dispongono di filiali indiane a cui affidare parte delle attivita’. Rapporti Paese congiunti Ambasciate/Uffici Ice estero 2^ sem. 2003
Istituto nazionale per il Commercio Estero Cominciano a venire buone notizie, per l’informatica, dal settore, ad alto valore aggiunto, del software “incorporato” (“embedded software”). Si tratta dei programmi informatici che consentono il funzionamento, tra l’altro, dei prodotti di elettronic a di consumo e delle macchine utensili. Priva di un’industria elettronica all’avanguardia, e non particolarmente competitiva nel settore meccanico, l’India aveva avuto difficolta’ a sviluppare proprie autonome capacita’ in questa specifica branca dell’informatica. Oggi, grazie anche ai massicci investimenti compiuti da societa’ statunitensi ed europee, gli operatori indiani sembrano aver cominciato a colmare tale lacuna. Industria cinematografica. L’India vanta la piu’ grande industria cinematografica del mondo. Nel 2002 sono stati prodotti 1200 films, con una crescita di quasi il 20% rispetto all’anno precedente. Esistono nel paese 25 studi cinematografici e 3 citta’ del cinema. Nonostante il rilevante dato numerico, si tratta di una produzione essenzialmente “autoreferenziale”, diretta prevalentemente al mercato interno e dominata da films in “hindi” e in altre lingue locali, con trame narrative spesso ripetitive e poco sofisticate (c.d. Bollywood). Sono ancora poche le produzioni destinate al mercato estero, ma il successo di films come “Monsoon Wedding”, “Bend it like Beckham”, “East is East”, “The Guru”, ha messo in evidenza l’alto potenziale commerciale di films diretti anche a un pubblico non indiano. Secondo i dati forniti dall’ultimo rapporto redatto dalla Federation of Indian Chambers of Commerce and Industry, nel 2002 l’industria cinematografica indiana ha registrato un giro d’affari di circa 833,33 milioni di dollari. Le aspettative di sviluppo del settore sono positive, con una crescita annuale del 19% e una previsione di fatturato di 1,93 miliardi di dollari per il 2007. Il cinema contribuisce per il 24% all’industria dello spettacolo, creando un indotto anche in altri segmenti, come quelli dell’industria televisiva, radiofonica e musicale. Le previsioni positive di crescita sono principalmente dovute all’avvio di un processo di razionalizzazione dell’industria cinematografica, fino ad oggi caratterizzata dalla presenza di imprese a gestione familiare e poco integrata nei diversi componenti della produzione e della distribuzione. Dal 2000/01 il Governo ha inaugurato una nuova politica fiscale per il cinema, conferendo alla produzione cinematografica lo “status” di industria e consentendole cosi’ di accedere agli incentivi e ai finanziamenti istituzionali. E’ stato abolito il tetto agli investimenti stranieri ed e’ stato ridotto il carico fiscale (per un periodo di 5 anni) per le aziende impegnate in attivita’ di costruzione e gestione delle sale multiplex. L’”Industrial Development Bank of India” ha stanziato circa 20,83 milioni di dollari per l’industria cinematografica negli anni 2001/02 e approvato il finanziamento di 7 progetti per circa 13,22 milioni di dollari nel 2001. Animazione. Costi di produzione per un programma animato di mezz’ora Paesi Costo in USD US and Canada $250,000-400,000 Korea and Taiwan $110,000-$120,000 Philippines $90,000-100,000 India $60,000 Rapporti Paese congiunti Ambasciate/Uffici Ice estero 2^ sem. 2003
Istituto nazionale per il Commercio Estero I bassi costi delle produzioni indiane in 2-D e 3-D, la competenza che l’India vanta nel settore della Information Technology, la presenza di 12 studi specializzati nel paese, nonche’ l’ampia diffusione della lingua inglese, rendono il mercato indiano particolarmente interessante nel settore dell’animazione, soprattutto per le possibilita’ di “outsourcing” che offre. Confrontato con i costi di altri paesi, quali il Canada, la Korea, Taiwan e le Filippine, il mercato indiano dell’animazione risulta altamente competitivo. Opportunita’ di “outsorcing” esistono nei seguenti settori: produzioni cinematografiche, programmi televisivi, pubblicita’, giochi, istruzione online, applicazioni specifiche nel campo architettonico, medico, assicurativo. Si stima che il mercato dell’animazione in India possa raggiungere nel 2005 un volume di 1,5 miliardi di US$. Co-produzioni. L’Italia ha negoziato un accordo con l’India per la regolamentazione di coproduzioni tra i due Paesi nel settore audiovisivo. Una volta finalizzato, l’accordo consentira’ alle coproduzioni italo-indiane di usufruire delle agevolazioni riconosciute dalle rispettive legislazioni nazionali. Set cinematografico. La Svizzera e’ rinomata per aver aperto le porte, sin dagli anni 60, alla cinematografia indiana, offrendo lo scenario alpino come alternativa alle montagne del Kashmir. In Svizzera alcuni operatori turistici si occupano quasi esclusivamente di seguire le produzioni cinematografiche indiane. L’Italia, con il patrimonio artistico e naturale di cui dispone, puo’ rappresentare un’ interessante destinazione per le produzioni cinematografiche indiane. Il settore delle Macchine Utensili. E’ un settore tradizionalmente di punta dell’export italiano verso l’India. Nei campi della lavorazione del legno, dei marmi, e delle materie plastiche, la forte crescita della capacita’ produttiva installata offre opportunita’ significative agli operatori italiani. Quando le misure annunciate dal Ministro delle Finanze Singh nel descrivere i contenuti del “Budget 2004” entreranno a regime, la prevista riduzione (del 5%) dei dazi sulle macchine utensili rendera’ i prodotti italiani piu’ competitivi rispetto a quelli locali. Il comparto delle macchine utensili si avvale di circa 450 aziende con 150 unita’ produttive. Circa il 70% della produzione e’ tuttavia detenuta da una decina di aziende. I tre quarti della produzione proviene da aziende con certificazione ISO. L’industria ha una capacita’ istallata di circa 222 milioni US$ ed impiega 65mila lavoratori, tra specializzati e non. Percentuale della domanda di macchine utensili nei settori di maggiore utilizzazione: ?? Auto 30-40% ?? Compon. Auto 10%; ?? Difesa 10-15%; ?? Ingegneria 15-20% L’India importa circa il 50% del consumo totale di macchine utensili. Nel 2001-02 (ultimo dato disponibile) le esportazioni italiane erano cresciute del 38% rispetto all’anno precedente, salendo al terzo posto, dopo Germania e Giappone. Le imprese italiane potrebbero avere dunque buone opportunita’ se non fosse che scontano, soprattutto in un periodo di forte apprezzamento dell’Euro sul Dollaro, svantaggi competitivi in termini di prezzo rispetto alla concorrenza “low - end” dei Paesi emergenti. Rapporti Paese congiunti Ambasciate/Uffici Ice estero 2^ sem. 2003
Istituto nazionale per il Commercio Estero Industria farmaceutica. L’industria della chimica farmaceutica indiana fa parte di quei settori “ad alta intensita’ di conoscenza” nei quali l’India e’ emersa negli ultimi dieci anni come uno dei punti di riferimento tra i Paesi in via di sviluppo. Il settore, in crescita dinamica, produce praticamente l’intera gamma dei prodotti terapeutici dalle materie prime alle attrezzature farmaceutiche. In aggiunta alle notevoli capacita’ indigene negli ambiti della ricerca scientifica e tecnologica, un numero cospicuo di aziende internazionali ha stimolato e assistito la crescita del settore consentendo cosi’ all’India di inserirsi nella mappa mondiale dell’industria farmaceutica. Attualmente L’India e’ il quarto produttore mondiale di prodotti farmaceutici, con una quota dell’8% della produzione globale per volume e dell’1,5% per valore. Nel campo dei medicinali generici si colloca fra i primi 5 produttori mondiali e fra i primi 20 esportatori al 17esimo posto. Oltre il 60% della produzione indiana di farmaci generici viene esportata ed il resto e’ venduto localmente ad altre industrie farmaceutiche. Il Paese e’ largamente autosufficiente nel settore, con un consumo locale di formulazioni pari a oltre l’85% della produzione. Vengono comunque importati alcuni farmaci salva-vita di ultima generazione. Per anni l’industria indiana e’ cresciuta all’ombra di una normativa nazionale di tutela della Proprieta’ Intellettuale che, proteggendo esclusivamente il processo di produzione, e non la molecola incorporante il principio attivo, ha consentito alle aziende locali di produrre farmaci coperti all’estero da licenza con minime varianti nella composizione degli eccipienti. Oggi l’industria indiana dispone di autonome capacita’ di sviluppo (pur restando debole nelle attivita’ di ricerca) e, grazie a condizioni di costo favorevoli, e’ estremamente competitiva nella produzione di famaci generici. A differenza dei prodotti della prima ondata, quelli su cui si concentra la produzione attuale sono farmaci fabbricati nel pieno rispetto delle norme internazionali di tutela della Proprieta’ Intellettuale: farmaci il cui brevetto e’ scaduto, suscettibili di essere esportati verso i principali mercati mondiali. La nuova regolamentazione del WTO segnera’ per l’India dal 2005 una fase di importante transizione dal regime dei brevetti sui processi a quello dei brevetti sul prodotto, cio’ che portera’ ad una radicale trasformazione del settore farmaceutico indiano. Non a caso, le spese per la Ricerca e lo Sviluppo sono sensibilemnte aumentate, mentre nel 2000 il governo ha creato il PRDC (Commissione per la Ricerca e lo Sviluppo Farmaceutico) che, guidata dal Direttore Generale dell’Istituto Nazionale di Ricerca Industriale (CSIR) ha il compito di accelerare, in stretta simbiosi con l’industria, lo sviluppo scientifico del settore nonche’ di proporre riforme nel regime dei prezzi. Oggi numerose aziende spendono il 5% del fatturato in ricerca e sviluppo. L’industria farmaceutica comprende 20.053 unita’ produttive. Le aziende indiane leader del settore hanno installato attivita’ produttive e di marketing in oltre 60 Paesi, inclusi gli Stati Uniti e l’Europa Esistono 250 aziende maggiori nel settore, che controllano il 70% del mercato. Le societa’ indiane possono contare su un vantaggio economico rispetto alle aziende di altri Paesi industrializzati per cui il costo di un medicinale prodotto in India e’ quasi un ventesimo del costo di analogo prodotto non indiano. L’industria farmaceutica indiana comprende sia multinazionali che societa’ locali. Mentre le multinazionali una volta dominavano il mercato, la loro quota e’ progressivamente diminuita dal 75% del 1971 al 35% attuale. Per promuovere l’industria nazionale il governo ha introdotto nuove norme nell’Indian Patent Act del 1970 per la registrazione dei marchi, di cui le aziende del settore hanno ampiamente beneficiato. Rapporti Paese congiunti Ambasciate/Uffici Ice estero 2^ sem. 2003
Istituto nazionale per il Commercio Estero Gli investimenti esteri Le licenze Le licenze industriali nel settore farmaceutico sono state abolite tranne per: ?? medicinali generici ottenuti con “recombinant DNA technolgy” ?? medicinali generici che richiedono l’uso di acidi nucleici in -vivo quali componenti attivi ?? formulazioni che agiscono su specifiche cellule o tessuti Sono permessi gli investimenti 100% con approvaziopne automatica, eccetto per i medicinali che richiedono licenza. Farmacologia tradizionale Circa 7000 varieta’ di piante medicinali sono usate in India nella medicina tradizionale (dove i sistemi Ayurveda, Siddha e Unani si affiancano alla naturopatia e ad un vastissimo utilizzo dell’omeopatia). L’India, che riconosce ufficialmente tutti i sistemi di medicina naturale, e’ forte di circa 46.000 medici in questo settore. Le esportazioni indiane di piante medicinali si sono triplicate negli ultimi dieci anni. Contro un mercato globale di circa 60 miliardi US$ all’anno, l’India esporta solo 100 milioni US$ di medicinali naturali, tanto quanto ne importa la sola Germania. Tuttavia l’interesse per questo settore nel mondo e’ in forte crescita e puo’ offrire interessanti opportunita’ di collaborazione. Il Governo si sta adoperando per aiutare l’industria ad ottenere una maggior fetta delle esportazioni mondiali, ora dominate dai prodotti della medicina cinese. Considerato il posto di preminenza che l’Ayurveda detiene in questo settore, l’India si prepara a condurre una battaglia in sede UE per contrastare l’implementazione dell’annunciata direttiva “Traditional Herbal Medicinal Products Directive” (THMPD) intesa a restringere l’uso di prodotti erboristici, inclusi quelli Ayurvedici, in Europa. In ogni caso, con l’entrata nel mercato delle medicine ayurvediche di grosse aziende produttrici di farmaci allopatici e di grandi gruppi industriali indiani quali TATA e Hindustan Lever, nonche’ a seguito del successo di prodotti di fabbricazione indiana quali Isabgol, Neem e anche Spirulina, non passera’ molto tempo prima che la farmacologia tradizionale si affianchi ai successi di quella allopatica. Biotecnologie. Il settore delle biotecnolgie si sta affermando in India, come uno dei mercati di punta. Il Paese vanta significative potenzialita’ di ricerca (lo dimostra il discreto numero di brevetti registrati da aziende indiane) e di eccelenti professionalita’ reperibili a costi contenuti. Rapporti Paese congiunti Ambasciate/Uffici Ice estero 2^ sem. 2003
Istituto nazionale per il Commercio Estero L’India e’ infine un potenziale importante mercato di sbocco per alcuni prodotti biotecnologici (in primis, vaccini e proteine bioattive). L’outsourcing di attivita’ di sviluppo di biotecnologie in India e’ pratica diffusa tra le principali multinazionali del settore, in particolare nei campi della sperimentazione clinica dei nuovi agenti chimici e della bioinformatica. Il Governo prevede la costituzione di Parchi Biotecnologici, che avranno lo scopo di creare esternalita’ favorevoli allo sviluppo di imprese private. Telecomunicazioni. Il mercato indiano delle telecomunicazioni resta sottodimensionato rispetto alle potenzialita’: il tasso di “teledensita’” dell’India, dato dalla disponibilita’ di connessioni telefoniche per cento abitanti, e’ di poco superiore a 4. Misura esigua, sia se confrontata alla media asiatica (10,85), sia rispetto a quelle di altri Paesi in via di sviluppo o in transizione (Cina 13,81; Brasile 21,78; Egitto 10,30; Malaysia 19,91). Decenni di monopolio pubblico, e di cronica insufficienza delle risorse impiegate in investimenti infrastrutturali, sono all’origine del precario stato in cui ancor oggi versa la rete, e della relativamente scarsa articolazione di quest’ultima. La circostanza che la stessa produzione di apparecchiature per la telefonia fosse appannaggio esclusivo di imprese pubbliche, ha contribuito all’isolamento tecnologico del paese ed all’accumulazione di ritardi ancor oggi non del tutto superati. Eppure, il settore delle telecomunicazioni in India, conosce una crescita impetuosa, con piu’ di mezzo milione di nuove connessioni al mese (dati 2001-2002). In parte, tale fenomeno e’ la naturale conseguenza dei numeri, proporzionati alla scala del Paese. In parte, tuttavia, esso e’ frutto di un radicale processo di riforma del settore, avviato dal Governo piu’ di dieci anni orsono e non ancora giunto a compimento. Non sempre il ridimensionamento della presenza pubblica nelle telecomunicazioni indiane si e’ accompagnato ad una maggiore apertura verso il capitale straniero. Restano in vigore limiti significativi alla possibilita’ di controllo societario da parte di investitori non indiani: la soglia massima di partecipazione al capitale da parte straniera e’ fissata al 49% per il paging e la telefonia di base e mobile; al 74% per i gestori di “gateways” Internet al 100% per tutti gli altri Internet Service Providers. La “Telecom Regulatory Authority of India” esercita dal 1997 il controllo regolamentare sul mercato. Le nuove norme in materia di “licenza unica” varate dal Parlamento alla fine del 2003 hanno ripristinato l’ordine nel settore dopo mesi di conflitti tra operatori agenti su diverse piattaforme. Telefonia mobile. La “New Telecom Policy” del 1999 consente a qualunque societa’ di diritto indiano di richiedere al Dicastero delle Telecomunicazioni il rilascio di una licenza all’offerta di servizi di telefonia cellulare. L’eventuale partecipazione di capitale straniero non puo’ eccedere il 49%. La licenza viene rilasciata dal Ministero in base all’avviso espresso dalla Telecom Regulatory Authority of India (TRAI). Dal 1994 al 2001 le Autorita’ indiane hanno rilasciato 59 licenze per i 22 circoli in cui e’ suddiviso il Paese. In ognuna delle quattro principali aree metropolitane (Delhi, Mumbai, Calcutta e Chennai) si contano oggi tre operatori privati ed un operatore pubblico in concorrenza tra loro. Agli operatori su piattaforma GSM vanno accomunati quelli su piattaforma “Wireless in Local Loop” (WLL), ai quali, prima dell’entrata in vigore delle norme sulla licenza unica, venivano accordati i vantaggi normativi riservati ai gestori di telefonia fissa, pur potendo essi fornire servizi del tutto analoghi, nella percezione dell’utente, a quelli del pacchetto GSM. Due importanti imprese familiari hanno impegnato ingenti risorse nel settore: gli Ambani, proprietari del colosso petrolchimico Reliance, attraverso Reliance Communications Ltd.; i Tata, a capo dell’omonima holding industriale, attraverso Tata Teleservices Ltd. Rapporti Paese congiunti Ambasciate/Uffici Ice estero 2^ sem. 2003
Istituto nazionale per il Commercio Estero E’ nella telefonia mobile che si concentrano gran parte degli investimenti stranieri diretti al mercato indiano delle telecomunicazioni. Dopo aver massicciamente investito in India, tuttavia, da qualche anno i gestori europei di telefonia cellulare sembrano attraversare una fase di ripensamento: la stessa STET International ha interrotto nel 2000 la sua collaborazione con Barthi, azionista di maggioranza di Airtel. Sulle cause dell’apparente, quantomeno temporanea disaffezione degli operatori europei al mercato indiano della telefonia mobile si avra’ luogo di tornare in seguito. Telefonia fissa. Dal 2001 il settore della telefonia di base e’ stato aperto ai privati. Le condizioni per l’ottenimento di una licenza sono analoghe a quelle previste per la telefonia mobile, inclusi i limiti posti alla partecipazione straniera al capitale sociale. In due anni sono state rilasciate 31 nuove licenze di telefonia fissa, tutte di durata ventennale e non esclusive. I principali operatori del settore restano Mahanagar Telephone Nigam Limited (MTNL) e Bharat Sanchar Nigam Limited (BSNL), aziende di proprieta’ pubblica che hanno ereditato i residui vantaggi dell’abolito monopolio. Long distance nazionale. Il settore e’ aperto ai privati dal 2000. Non esiste un numero massimo di licenze accordabili. Oggi il mercato e’ appannaggio di tre operatori principali: Reliance, Bharti e l’ex monopolista pubblico Videsh Sanchar Nigam Ltd (VSNL), recentemente privatizzato (ed incorporato nella Holding TATA). Long distance internazionale. Il settore e’ aperto alla concorrenza dal 1 aprile 2002. Dalla stessa data e’ consentita la partecipazione di soggetti stranieri al capitale delle societa’ (obbligatoriamente di diritto indiano) che offrono tale servizio. Il limite massimo di tale partecipazione e’ ancora una volta del 49%. Quattro gli operatori presenti sul mercato: VSNL, Bharti, Reliance e Data Access. Tre nuove licenze sono in corso di perfezionamento. Le comunicazioni internazionali sono il settore in cui risiede una delle piu’ manifeste anomalie delle telecom indiane. Il rapporto tra telefonate in entrata ed in uscita e’ all’incirca di cinque ad uno: in parte per il diverso potere d’acquisto della diaspora indiana rispetto ai residenti; in parte per le difficolta’ d’accesso alla rete telefonica con cui ancora deve misurarsi l’utente indiano. Internet Services. Dal 1997 il settore e’ sostanzialmente liberalizzato: qualunque societa’ indiana, con una partecipazione di capitale straniero non superiore al 74% puo’ costituire e gestire un Internet Gateway. Previa autorizzazione ad hoc, agli stessi operatori e’ dato di offrire servizi Internet di telefonia vocale (attualmente le societa’ autorizzate sono 93). Le prospettive future: limiti del processo di liberalizzazione. Il X Piano quinquennale, recentemente approvato dall’Esecutivo, prevede per il periodo 2003-2007 una crescita media annuale dell’indice di teledensita’ di circa un punto, per giungere, nel 2007, all’obiettivo di 9,91. Un programma tanto ambizioso non puo’ prescindere da un adeguato flusso di investimenti: pubblici (si stima che le due compagnie telefoniche pubbliche BSNL e MTNL dovranno assicurare 39.500.000 nuove connessioni nel quinquennio di riferimento), ma soprattutto privati. E’ evidente, pero’, che indipendentemente dalla congiuntura internazionale, le prospettive di successo del X Piano quinquennale riposano sulla possibilita’ per gli investitori di individuare nel settore delle telecomunicazioni un ambiente favorevole agli investimenti. Perche’ tale percezione delle prospettive di investimento si affermi, e’ indispensabile che al completamento del processo di liberalizzazione si accompagnino alcuni interventi correttivi di altrettante distorsioni che alterano il corretto funzionamento del mercato. Rapporti Paese congiunti Ambasciate/Uffici Ice estero 2^ sem. 2003
Istituto nazionale per il Commercio Estero Numero elevato di operatori nella telefonia mobile. Ai quattro operatori di telefonia cellulare detentori di licenze per i principali centri urbani vanno (andranno) aggiunti i fornitori di servizi WLL. Alcune Compagnie lamentano gli effetti negativi che l’affollamento del mercato genererebbe sui margini operativi. Norme e regole mutevoli e talvolta discriminatorie. La vaghezza del quadro normativo di riferimento, e l’ampiezza dei poteri discrezionali delle Autorita’ pubbliche su alcuni aspetti decisivi dell’attivita’ delle imprese del settore contribuiscono a deprimere il flusso di investimenti dall’estero. Valga per tutti l’esempio dell’interconnessione WLL-GSM, e della vicenda ad esso legata della piattaforma concessa agli operatori di “Wireless Local Loop”. Negli utlimi mesi il Governo ha compiuto significativi passi avanti verso una maggiore trasparenza normativa: il nuovo regime di licenza unica. Limiti troppo angusti alla partecipazione di stranieri nel capitale delle societa’ indiane del settore. La regola pressoche’ generale del 49% priva gli operatori stranieri del potere effettivo di controllo delle societa’ partecipate. Non manc ano, all’interno degli stessi ambienti governativi, voci favorevoli ad una maggiore liberalizzazione: in tal senso, ad esempio, si e’ espresso il “panel” sugli investimenti esteri diretti costituito dalla Commissione per il Piano (c.d. “Rapporto Singh”). Problemi di allocazione dello spettro.Lo spettro massimo allocato dalle Autorita’ indiane e’ di 2x8 MHz (il limite teorico di legge e’ di 2x10 MHz). Si tratta di valori ben lontani dalla media internazionale (2x17 MHz), tali, a giudizio degli operatori del settore, da compromettere l’efficienza tecnica ed economica del servizio. Incertezza sul tema del Servizio Pubblico Universale. Gli orientamenti del Governo in materia di definizione del servizio pubblico universale restano in gran parte indefiniti. Lo scenario che gli investitori sono chiamati ad esaminare nel valutare le opportunita’ di investimento risulta cosi’ privo di una componente fondamentale: dai confini che saranno attribuiti al servizio universale, dall’identita’ degli operatori a cui sara’ affidato, e dalla natura del sostegno pubblico di cui questi ultimi potranno godere deriveranno infatti conseguenze di assoluto rilievo sulla remunerazione degli investimenti effettuati. Inadeguatezza delle infrastrutture. E’ un problema comune alla quasi totalita’ dell’industria indiana, ma che assume, nelle telecomunicazioni, contorni particolarmente preoccupanti. Si stima che il costo infrastrutturale per linea telefonica si aggiri sui 650USD. Tenendo conto di ammortamento, oneri finanziari e manutenzione ordinaria, il costo mensile per utente della sola nuova infrastruttura si aggira sui 20 USD al mese. Cifra alla portata di solo il 2-3 % delle famiglie indiane. Per quanto ampia e decisa, l’azione governativa di riforma delle telecomunicazioni indiane ha trascurato elementi tutt’altro che marginali. La capacita’ di attrarre investimenti diretti esteri, e dunque di finanziare un processo destinato a modificare in profondita’ l’economia e la cultura indiane derivera’ anche dalla chiarezza con cui il Governo esporra’ le proprie politiche in materia, e dalla coerenza che dimostrera’ nell’attuarle (importante, ad esempio, sara’ la sorte del “Convergence Bill”). Dalla sua volonta’ di creare condizioni eque, “cost-based”, prevedibili e non discriminatorie in materia di interconnessione. Dalla determinazione con cui consolidera’ sul piano internazionale le aperture passate e future. Dalla velocita’ con cui portera’ a termine il processo di contenimento della presenza pubblica nel settore, e dalla sua disponibilita’ ad accettare la cessione del controllo delle compagnie telefoniche ad operatori stranieri. Rapporti Paese congiunti Ambasciate/Uffici Ice estero 2^ sem. 2003
Istituto nazionale per il Commercio Estero Opportunita’ per gli operatori italiani Aziende italiane sono gia’ presenti in India nella filiera del “long distance internazionale”. Nel settore della telefonia mobile, dopo l’interruzione dell’esperienza Telecom, l’offerta sembra gia’ piuttosto affollata di operatori. Le migliori opportunita’ sono offerte dall’imponente opera di adeguamento infrastrutturale che i “service providers” stanno realizzando. L’ hardware per le telecomunicazioni, settore in cui mancano adeguate alternative indiane, offre notevolissime possibilita’ di affari alle imprese italiane. Per il 2004, gli analisti prevedono l’esplosione, in India, del mercato dei servizi in banda larga: I princip ali operatori indiani stanno gia’ attrezzandosi in tal senso. Turismo. Dopo la flessione generalizzata che ha afflitto il settore del turismo mondiale nel post 11 settembre (-8.1%) quello indiano è di nuovo in crescita, essendo l’offerta eccezionalmente vasta (2003, +2.5%). Con 15 milioni di addetti è la principale fonte di valuta pregiata per il Paese. L’Italia, nota al turista indiano soprattutto per Roma, Firenze, Pisa e Venezia, ha tutti gli ingredienti per soddisfare le esigenze del viaggiatore indiano. Oltre alle grandi citta’ dell’arte, anche i centri minori, l’agriturismo, la cucina, i laghi, la storia, la moda, il design si possono considerare punti di forza dell’offerta turistica italiana. Per contro l’India, con la sua rilevante classe media e la sua propensione per i viaggi, puo’ diventare un mercato importante per l’industria turistica italiana. Situazione del mercato indiano: dati sul turismo. ?? Chi viaggia per affari può portare fino a US $ 25.000 a viaggio, mentre il turista ha la possibilità di portare US $ 5.000 all’anno. Questo significa che una famiglia di 4 membri può arrivare a esportare US $ 20.000. ?? Dal Marzo 1999 le Carte di Credito Internazionali sono disponibili senza alcuna restrizione ed il loro acquisto è in costante ascesa. ?? Il turismo verso l’estero ha segnato una crescita pari al 15-20% annuo e quello verso gli USA in particolare ha toccato un incremento del 17% negli ultimi 5 anni, superando l’Inghilterra come destinazione finale preferita. ?? Solo nel 2000 più di 4.4 milioni di indiani hanno viaggiato all’estero, mentre il turismo interno ha mosso circa 100 milioni di indiani. La classe media indiana, che è in costante crescita, ha superato attualmEnte i 280 milioni di persone. ?? Il WTTC (Consiglio Mondiale del Turismo) ha redatto uno studio secondo il quale gli indiani sono nel mondo i turisti più proni allo spendere con una proiezioni che li vedrebbe passare da un totale di 16.1 miliardi di rupie a 51 miliardi di rupie (1.2 miliardi US$) nel 2011. ?? Secondo il Consiglio Nazionale per la Ricerca Economica Applicata (NCAER), l’India annovera 5 milioni di super ricchi con un reddito annuo dai 5 ai 20 milioni di rupie (120 ai 450 mila US$). ?? Più del 50% di queste categorie vive a Mumbai ed a Delhi e si comprende come queste due metropoli rappresentino più del 70% del traffico aereo internazionale di tutta l’India Rapporti Paese congiunti Ambasciate/Uffici Ice estero 2^ sem. 2003
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