IL ROSONE DEL MISTERO TRINITARIO - Incendio di Borgo di Raffaello GAETANO BARBELLA

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IL ROSONE DEL MISTERO TRINITARIO - Incendio di Borgo di Raffaello GAETANO BARBELLA
GAETANO BARBELLA

     Incendio di Borgo di Raffaello
IL ROSONE DEL MISTERO TRINITARIO
IL ROSONE DEL MISTERO TRINITARIO - Incendio di Borgo di Raffaello GAETANO BARBELLA
1

                                      Incendio di Borgo di Raffaello

                      IL ROSONE DEL MISTERO TRINITARIO
                                       A cura di Gaetano Barbella

                                                Indice
Pagina                                            Denominazione

  3      Le Stanze vaticane di Raffaello

  3      Il mistero del rosone
  4      Le Stanze vaticane
  4      Stanza della Segnatura
  5      Stanza di Eliodoro
  5      Stanza dell’Incendio di Borgo
  6      Sala di Costantino

  6      Il rosone delle Cattedrali

  6      La storia
  7      Il significato
  8      Il Rosone della cattedrale di Troia (FG)

  9      Il rosone e il reliquiario del duomo di Orvieto

  9      Il duomo
  9      Il rosone
 10      Il Reliquiario
 10      Il miracolo di Bolsena

 11      La geometria del Reliquiario del Miracolo di Bolsena. Una ciclotomia ignota

 13      Procedura per la divisione di una circonferenza in 22 parti congruenti

 17      L'Incendio di Borgo

 17      Circostanze storiche
 17      Lettura dell'affresco
 18      Varie fasi della geometria composita

 18      Premessa
 20      Fase 1: rif.to illustr. 13
 20      Fase 2: rif.to illustr. 14
 21      Fase 3: rif.to illustr. 15
 22      Fase 4: rif.to illustr. 16

 23      Disputa del Sacramento
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25   Messa di Bolsena

25   La geometria composita
26   Dimostrazione analitica

27   Giuramento di Leone III

27   Alla ricerca di un emblema
28   Geometria delle due croci

30   Una croce greca che non si spiega

32   L'ombra di una croce templare in un laboratorio di fisica e chimica
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                 Incendio di Borgo di Raffaello
 IL ROSONE DEL MISTERO TRINITARIO
                                  A cura di Gaetano Barbella

                                                         « Sono venuto a portare il fuoco sulla terra;
                                                         e come vorrei che fosse già acceso! C'è un
                                                         battesimo che devo ricevere; e come sono
                                                         angosciato, finché non sia compiuto! ».
                                                                 (Vangelo di Luca 12,49-50)

                      Illustrazione 1: “Incendio di Borgo” di Raffaello. Stanze
                          vaticane. Particolare del papa Leone IV che spegne
                    l'incendio col segno della croce. In alto a sinistra un rosone
                                       emblematico di 22 raggi.

                           Le Stanze vaticane di Raffaello
                                      Il mistero del rosone
Guardando il particolare dell'Incendio di Borgo, che si vede attraverso l'illustr. 1, notiamo in primo
piano l'edificio da cui si affaccia Papa Leone IV che invoca l'intervento divino perché si spenga il
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fuoco ed è ciò che avviene con grande stupore. Spostando ora l'attenzione verso sinistra, vediamo
un altro edificio che si ipotizza sia la basilica paleocristiana di S. Pietro. A questo punto, si osservi
bene il particolare del rosone, posto in sommità della basilica anzidetta appena sotto il tetto, come
di consueto. Nulla che possa celare chissà che cosa di singolare questo rosone in apparenza, salvo a
renderci conto che esso è di 22 raggi e questo insospettisce non poco in materia di rosoni consueti
adottati nel IV secolo d.C., l'epoca in cui fu eretta la basilica in questione. I rosoni ricorrenti
potevano essere in generale di 5, 6, 7, 12, 24 ed altri raggi, ma anche nelle epoche successive fino ai
tempi di Raffaello, non si trovavano casi di chiese con 22 raggi, salvo a trovarlo nel duomo di
Orvieto. E guarda caso si tratta proprio di una cattedrale che fu eretta per celebrare il famoso
miracolo di Bolsena, evento che costituisce il tema di riferimento dell'affresco, la Messa di Bolsena,
posto nella Stanza di Eliodoro di Raffaello.
Ma anche l'Incendio di Borgo risente del miracolo di Bolsena, e ne parlerò in seguito, in relazione
alla trattazione del rosone a 22 raggi del duomo di Orvieto. Questo insolito rosone sarà l'argomento
che costituirà un interessantissimo polo, tutto all'insegna di un'ignota geometria che svelerà,
appunto, la virtù trinitaria del rosone a 22 raggi come promesso dal sottotitolo di questo saggio.
Infatti, come in parte appena accennato, il mistero viene risolto dalla geometria del Reliquiario del
Corporale del miracolo di Bolsena che si trova, appunto, nel duomo di Orvieto.
Sappiamo che Raffaello, nell'apprestarsi a dipingere il suddetto affresco, Messa di Bolsena che
riguarda il miracolo di Bolsena anzidetto, avrà ammirato il bel rosone della facciata principale del
duomo di Orvieto, ma resta un mistero come interpretare il numero dei sui raggi fuori dalla casistica
di tutti gli altri rosoni di cattedrali europee compreso l'Italia.
Ho intuito che Raffaello deve aver capito ogni cosa del rosone in questione meditando sul suddetto
prezioso Reliquiario, non c'è altra spiegazione secondo me. Dedicherò, naturalmente ampio spazio a
tutto ciò che riguarda questo rosone orvietano, ma prima occorre fare una sintetica lettura delle
notizie sugli affreschi delle Stanze di Raffaello, cose che ho rilevato interamente dall'enciclopedia
libera Wikipedia.1 Mentre tutte le immagini delle stesse Stanze in trattazione, sono state tratte dal
sito Web Gallery of Art: The Fire in the Borgo 1514.2
Le immagini di questo sito sono di alta risoluzione, cosa estremamente indispensabile per la
disamina geometrica che mi propongo di fare.

                                           Le Stanze vaticane
In origine queste stanze facevano parte dell’appartamento privato di Papa Giulio II e dei suoi
successori (fino a Gregorio XIII) che comprendeva anche la Sala dei chiaroscuri, la cappella
Niccolina (cappella privata del papa), la Loggia (anch'essa decorata da Raffaello, ma visitabile solo
dagli studiosi), e il cubiculum, ossia la camera da letto del pontefice (chiusa ai visitatori). iulio II
decise di trasferirsi qui lasciando l'Appartamento Borgia perché, come testimonia il suo
cerimoniere, “non volebat videre omni hora figuram Alexandri praedecessoris sui” (“non voleva
vedere in ogni istante l'immagine del suo predecessore Alessandro”, cioè Alessandro VI Borgia).
Raffaello e i suoi aiutanti affrescarono le stanze tra il 1508 e il 1524, a partire dalla Stanza della
Segnatura che rappresentò l’inizio della fortuna dell’urbinate a Roma; il suo successo fu tale che
durante l'esecuzione dei vari affreschi furono distrutte totalmente o in parte opere di Piero della
Francesca, Luca Signorelli, del Perugino per far posto ai suoi capolavori.
Le quattro stanze, dette di Raffaello, costituivano parte dell'appartamento situato al secondo piano
del Palazzo Pontificio scelto da Giulio II della Rovere (pontefice dal 1503 al 1513) come propria
residenza e utilizzato anche dai suoi successori. La decorazione pittorica fu realizzata da Raffaello e
dai suoi allievi tra il 1508 e il 1524.

                                        Le stanze e gli affreschi
1 http://it.wikipedia.org/wiki/Stanze_di_Raffaello
2 http://www.wga.hu/frames-e.html?/html/r/raphael/4stanze/3borgo/index.html
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Quattro sono le stanze decorate da Raffaello o dai suoi aiutanti:

                                       Stanza della Segnatura
È certamente la stanza più importante tra quelle affrescate da Raffaello. In origine essa era destinata
a servire da studio e biblioteca di Papa Giulio II, ed è stata interamente affrescata dal pittore
urbinate.
Il tema iconografico è di carattere teologico-filosofico e mira ad affermare le categorie
neoplatoniche del Vero, del Bene e del Bello. I temi sembrano comunque ricondursi alla
rappresentazione della Teologia, Filosofia, Giustizia e Poesia che sono i termini di classificazione di
una biblioteca umanistica del tempo, come quella che in effetti doveva accogliere la sala.
Questi gli affreschi alle pareti:
•         Disputa del Sacramento (Teologia)
•         Scuola di Atene (Filosofia)
•         Parnaso (Poesia)
•        Le Virtù Cardinali e Teologali, e la Legge, rappresentata da Gregorio IX riceve le Decretali
(legge canonica) e Triboniano consegna a Giustiniano le Pandette (legge civile). Quest'ultimo
affresco, avente come tema la Giustizia, fu eseguito da Lorenzo Lotto su disegni di Raffaello.
Oltre alle pareti, Raffaello ha dipinto la volta. In essa vi sono:
* quattro medaglioni raffiguranti la Teologia, la Filosofia, la Giustizia e la Poesia;
* quattro riquadri raffiguranti: Adamo ed Eva, il Primo Moto, il Giudizio di Salomone, Apollo e
Marsia.
Sui battenti della porta della stanza (realizzata probabilmente dall'allievo di Raffaello, Giovanni da
Udine), è invece raffigurato l'elefante Annone, un animale esotico molto celebre all'epoca, donato a
Leone X dal re del Portogallo, e che venne immortalato anche da Giulio Romano in un affresco in
Vaticano (ora perduto).

                                         Stanza di Eliodoro
In origine la stanza era destinata a sala di udienze e fu decorata totalmente da Raffaello, sia le pareti
che la volta. Il tema iconografico è di carattere politico: con esso si vuole sottolineare la protezione
accordata da Dio alla sua Chiesa, in alcuni momenti della sua storia. Quattro gli affreschi alle
pareti:
•         Messa di Bolsena
•         Liberazione di San Pietro
•         Incontro di Leone Magno con Attila
•         Cacciata di Eliodoro dal tempio.
Nel soffitto Raffaello ha rappresentato quattro episodi biblici: il Sacrificio di Isacco, il Roveto
ardente, la Scala di Giacobbe, l'Apparizione di Dio a Noè.

                                    Stanza dell’Incendio di Borgo
Realizzata tra il 1514 ed il 1515, in ordine cronologico questa è l'ultima stanza a cui lavorò
personalmente Raffaello, anche se è molto controversa l'esecuzione diretta di alcune parti degli
affreschi ed in particolare della raffigurazione dell'Incendio di Borgo. Il maestro infatti affidò gran
parte della realizzazione degli affreschi ai suoi allievi.
In origine essa era destinata a sala da pranzo. Il tema principale delle opere è quello di esaltare la
figura di Papa Leone X attraverso storie tratte dalla vita di altri due papi con lo stesso nome: Leone
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III e Leone IV.
Quattro gli affreschi alle pareti:
•         Incoronazione di Carlo Magno
•         Giuramento di Leone III
•         Incendio di Borgo
•         Battaglia di Ostia

                                         Sala di Costantino
In origine la sala era destinata ai ricevimenti e alle cerimonie ufficiali. Raffaello affidò ai propri
allievi la decorazione delle pareti, che continuarono l'opera del maestro dopo la sua morte (1520). Il
soffitto invece venne decorato nel 1585.
Il tema iconografico principale mira all'esaltazione della Chiesa, della sua vittoria sul paganesimo e
al suo insediamento nella città di Roma.
Quattro sono gli affreschi:
•       Visione della croce
•       Battaglia di Costantino contro Massenzio
•       Battesimo di Costantino
•       Donazione di Roma

                                     Il rosone delle Cattedrali
                                                                      La storia3
                                             Il rosone è un elemento decorativo a forma di finestrone
                                             circolare applicato alle facciate delle chiese di stile
                                             romanico e gotico.
                                             Solitamente è presente sull'asse della navata principale,
                                             talvolta anche di quelle secondarie, o in corrispondenza
                                             di cappelle o bracci trasversali.
                                             La forma circolare e la gamma cromatica disponibile
                                             hanno permesso a mastri vetrai di creare opere d'arte
                                             sacra raffigurando, sotto forma di icona, passi del
                                             Vangelo.
   Illustrazione 2: Parte della facciata     Il rosone, aperto sulla fronte delle chiese, è un elemento
   della cattedrale di Troia (FG) in cui     decorativo, risultante dalla composizione attorno a un
        spicca il rosone a 11 raggi.         centro o a un sistema di assi radiali di motivi geometrici
                                             ispirati alla flora variamente stilizzati, posto al centro di
spazi angolari simmetrici, come per esempio nei soffitti e nelle volte cassettonati.
Gli archetipi del rosone nell'architettura religiosa sono gli “occhi” delle basiliche romane del V-VI
secolo come ad esempio in San Giorgio al Velabro.
Esempi sporadici, anche se taluni molto belli, si ebbero nei secoli successivi (abbazia di Pomposa),
fino al XII secolo, quando i marmorari romani lo applicarono, oltre che a Roma, nel Lazio e
nell'Umbria (chiese di Santa Maria Assunta a Lugnano in Teverina, di Santa Maria Maggiore a
Tuscania).
Con l'architettura romanica il rosone divenne elemento costitutivo tipico della facciata (duomo di
3 http://webcache.googleusercontent.com/search?
  q=cache:Vtf8MYYG9iMJ:www.mat.uniroma3.it/users/falco/restauro0809/LiviaSchiarolirosone.pps+foto+rosoni+ca
  ttedrali&cd=7&hl=it&ct=clnk&gl=it
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Parma, duomo di Modena, basilica di San Zeno a Verona).
Lo schema decorativo si complicò nelle architetture romaniche pugliesi, che ancora risentivano
dell'influenza bizantina, dove il rosone era frequentemente incorniciato da un archivolto sostenuto
da colonne pensili (cattedrali di Bitonto e di Troia).
Il gotico italiano sviluppò i motivi romanici, con l'adozione di peculiari elementi costruttivo-
decorativi come nel Duomo di Siena, mentre nei paesi transalpini, e segnatamente in Francia,
l'adozione di ardite tecniche strutturali e di una avanzata tecnologia diede modo ai costruttori di
esaltare le dimensioni dei rosoni (che raggiunsero anche i 13 m di diametro), disposti in pareti le
cui funzioni strutturali erano ormai ridotte a una secondaria collaborazione con l'ossatura principale
dell'edificio, dando prova di grande abilità tecnico-artistica nella realizzazione dell'intelaiatura di
suddivisione del vano e di sostegno delle vetrate: cattedrali di Amiens, di Carcassonn, di Orléans,
di Poitiers, di Reims, di Notre-Dame a Parigi.
Nel Quattrocento, i rosoni comparvero ancora nelle zone d'Italia dove più forte era stata l'esperienza
gotica, segnatamente a Venezia (Frari, Santi Giovanni e Paolo), anche se ormai l'impiego di questo
elemento andò gradatamente sparendo fino a non avere più seguito nelle epoche successive. Fra gli
ultimi esempi quelli nelle facciate della cappella Colleoni a Bergamo, dell'Amadeo, della Madonna
del Calcinaio a Cortona, di Francesco di Giorgio Martini, e di Sant'Agostino a Montepulciano, di
Michelozzo, ormai tornati alle primitive, semplici strutture.
I rosoni delle finestre romaniche e gotiche sono in relazione con la simbologia astrale del cerchio e
si rifanno a modelli mesopotamici (M'schatta) e a modelli siriaci e copti (ruota del sole, cerchio
delle virtù, girotondo degli angeli e dei martiri).
Non di rado vogliono ricordare l'armonia platonica delle sfere: la rivoluzione celeste dei pianeti o
dei segni dello zodiaco col loro influsso sulla vita dell'uomo.

                                            Il significato4
Il rosone rappresenta il Sé dell’uomo trasposto sul piano cosmico. È unità nella totalità. Il rosone è
un mandala. Il simbolismo ricongiunge nel mozzo del rosone il centro cosmico e il centro mistico.
L’individuazione si compie e si armonizza quando si stabilisce una doppia corrente attraverso i
raggi dal centro alla circonferenza e da questa verso il centro. Come tale il rosone e la ruota si
inseriscono nel quadro generale dei simboli dell’emanazione-ritorno, che esprimono l’evoluzione
dell’universo e quello della persona.
Inoltre spesso fanno riferimento a Cristo, il sole della giustizia. Quando i rosoni circondano il
monogramma di Cristo, il segno del sole eterno, essi affermano la speranza nella vita eterna, nella
città celeste. L'unione della croce greca con la croce di S. Andrea per una figura circolare di dieci
parti, acquistava grande importanza per la disposizione dei vari elementi e per la simbologia dei
numeri. Il numero dieci indicava la perfezione e il compimento, l'ordine e l'assolutezza.
Il rosone è anche una riproduzione stilizzata della rosa. La rosa, emblema del femminile per
antonomasia, attraverso il culto di Iside si spiritualizza e l’Iniziato dopo aver sperimentato la
schiavitù della concupiscenza, sublimava gli istinti e, nutrendosi di rose, dava il via alla propria
rigenerazione interiore. Nella simbologia Cristiana la rosa diventa simbolo della Vergine Maria, la
Rosa Mistica delle Litanie e del Rosario: è equiparabile anche alla coppa quando ha i petali aperti,
quindi al Santo Graal; così come la rosa rossa è simbolo del Sacro Cuore di Gesù circondato da una
corona di spine. Ulteriori valenze simboliche sono poi legate al numero dei “petali” del rosone: sei
petali rappresentano la stella a sei punte emblema di sapienza, sette petali alludono all’ordine
settenario del cosmo, otto petali rappresentano rigenerazione.

4 http://webcache.googleusercontent.com/search?
  q=cache:Vtf8MYYG9iMJ:www.mat.uniroma3.it/users/falco/restauro0809/LiviaSchiarolirosone.pps+foto+rosoni+ca
  ttedrali&cd=7&hl=it&ct=clnk&gl=it
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                              Il Rosone della cattedrale di Troia (FG).5
                                               Dovendo presentarne almeno un rosone in questo
                                               capitolo, ho scelto di illustrare quello della cattedrale di
                                               Troia di Foggia (illustr. 3) per il numero dei suoi raggi
                                               che è 11. Questo numero è sottomultiplo di 22 che
                                               attiene al rosone della cattedrale di Orvieto, più volte
                                               citato in precedenza e che sarà oggetto di un prossimo
                                               intervento.
                                               Tuttavia il rosone di Troia è come se avesse 22 raggi per
                                               una sua peculiarità.
                                               Come si vede nell'illustr 3, tra le colonnine del rosone vi
                                               sono 11 transenne triangolari traforate, ciascuna con un
                                               disegno geometrico diverso; fra le transenne e la
                                               giunzione delle arcate, vi sono altrettante griglie
                                               trilobate, anch'esse l'una diversa dall'altra.
                                               Figure ricorrenti di questi trafori, ottenuti scolpendo
 Illustrazione 3: Rosone della cattedrale nastri intrecciati, sono: il quadrato, la losanga, la croce,
               di Troia (FG).                  il rombo, il cerchio, tutte figure geometriche fortemente
                                               simboliche:
     • Il quadrato, la losanga e il rombo: il finito, la perfezione (quattro lati uguali).
     • La croce: la salvezza, Gesù con le braccia aperte.
     • Il cerchio: la perfezione, l'eternità, il muori e risorgi.
     • All'incrocio delle arcate spiccano undici fori trilobati, tutti eguali tra loro: essi, formati da tre
         cerchi intersecanti, uguali e distinti allo stesso tempo. Questa figura è la rappresentazione
         simbolica della Trinità, cioè Dio uno e trino.
Ma ciò che intendo far notare è che in ogni transenna, fra quella in basso e in alto, figurano due tipi
di forature e questo fa sì che il rosone in questione sia concepibile di 22 raggi.
Questa osservazione mi permette di associare la simbolica energia spirituale, che il rosone è
preposto ad emanare, all'energia elettrica di corrente continua. I due generi di fori fra le colonnine
sembrano associarsi ai poli, positivo e negativo, di una pila in batteria con quelle adiacenti.
Praticamente, il rosone a 22 raggi può essere visto come rosone a 11 coppie di raggi.

                      Il rosone e il reliquiario del duomo di Orvieto
Ho fatto vedere e capire quanto sia fondata l'ipotesi che Raffaello, nel dipingere l'Incendio di Borgo,
abbia preso a modello il rosone del duomo di Orvieto per disegnare quello presente in questo
affresco. Di rosoni di 22 raggi così insoliti, come questo, non ve ne sono in tutta Europa, eccetto che
a Orvieto. Tanto più che Raffaello, nel dipingere l'affresco della Messa di Bolsena, da geniale artista
quale egli era per fama, avrà visitato la cattedrale di Orvieto per “respirare l'aria” dei luoghi in cui
era vivo il sentimento religioso e la devozione per il miracolo avvenuto a Bolsena.
La cattedrale di Orvieto – ma è stato detto anche in precedenza – fu eretta per celebrare questo
evento miracoloso, e Raffaello aveva bisogno di fare così per allestire i suoi lavori per le Stanze
vaticane.
Ma cosa poteva aver rappresentato per Raffaello il rosone a 22 raggi della cattedrale di Orvieto?
Si tratta di una configurazione geometrica che si distacca da tante altre di cattedrali, ricolme di
motivi teologici, ma questa, con 22 ramificazioni, sembra di no, a meno che si sconfini dalla
religione cristiano cattolica alla magia dei tarocchi, per esempio, o altro.
Dico subito che per me, la giusta ragione, secondo la quale Raffaello dovette innamorarsi a prima

5 http://xoomer.virgilio.it/guidoiam/arte/guidoiam/rosone.htm
IL ROSONE DEL MISTERO TRINITARIO - Incendio di Borgo di Raffaello GAETANO BARBELLA
9

vista del rosone a 22 raggi, è di ordine matematico e particolarmente geometrico e solo in questa
visione egli riuscì a capire la simbologia teologica riposta nei numeri e figure e farla sua.
Egli fu permeato da tutto ciò al punto da ispirarvisi per intonare gli affreschi delle Stanze vaticane
menzionati in precedenza.
È d'uopo quindi vedere da vicino il duomo di Orvieto col suo bel rosone a 22 raggi della sua
singolare e splendida facciata e poi un preziosissimo Reliquiario di questa cattedrale dove si
conserva il Corporale che si macchiò durante il miracolo di Bolsena. Sarà proprio questo
Reliquiario a svelarci la geometria cui pervenne Raffaello per dar valenza al rosone in questione.

                                              Il duomo
                                      Il Duomo di Orvieto, una delle massime realizzazioni
                                      artistiche del tardo Medioevo italiano, costituisce un unicum
                                      che sfugge ad ogni semplicistica classificazione di stile, in cui
                                      il sentimento animatore delle grandi cattedrali del due-
                                      trecento, le soluzioni architettoniche degli ordini mendicanti
                                      ed i motivi figurativi del gotico francese trovano una perfetta
                                      armonia di volumi e di linee nell'originale superamento della
                                      tradizione basilicale romana.
                                      “Blocco compatto e allungato” che si erge a caratterizzare lo
                                      spazio avvolgente della piazza, la cattedrale, intitolata alla
                                      Vergine Assunta, è stata edificata nel corso di più secoli, dal
                                      XIII al XVII. Vari sono i motivi della sua costruzione: politici,
                                      urbanistici, sociali, artistici e non solo religiosi, come
                                      vorrebbe la tradizione, che lega il Duomo al miracolo
                                      dell'Eucarestia avvenuto a Bolsena nel 1263.6

Illustrazione 4: facciata del duomo
             di Orvieto.

                                              Il rosone

                                      “Occhio aperto nel cuore della facciata a darle vita” (R.
                                      Bonelli), punto di convergenza dell'intera composizione, il
                                      rosone è costituito da un'armatura di 22 colonnine e capitelli,
                                      membrature e motivi ornamentali ogivi disposti in doppio giro
                                      attorno alla testa del Redentore, che ne rappresenta il centro.
                                      Opera eseguita tra il 1354 e il 1380 e tradizionalmente
                                      attribuita al fiorentino Andrea di Cione, detto l'Orcagna, ma
                                      forse iniziata da Andrea Pisano (1347-1348), la rosa è iscritta
                                      in due cornici quadrate, di cui l'esterna è suddivisa in formelle
                                      quadrilobe contenenti cinquantadue testine a rilievo.
                                      Gli angoli compresi tra il cerchio e il primo riquadro sono
                                      ornati da mosaici, eseguiti da Piero di Puccio nel 1388 e molto
  Illustrazione 5: Il rosone a 22     restaurati raffiguranti i quattro Dottori della Chiesa (S.
   raggi del duomo di Orvieto.        Agostino, S. Gregorio Magno, S. Girolamo, S. Ambrogio).
                                      A contornare il rosone, sempre nel '300, furono realizzate sei

6 http://www.opsm.it/duomo/011.html
10

nicchie binate per lato, opera di Petruccio di Benedetto da Orvieto (1372-88), all'interno delle quali
furono inserite le statue di marmo dei Dodici Profeti.
Più tardo è l'ordine di edicole a forma di conchiglia, compreso tra l'occhio ed il frontespizio; tale
soluzione, realizzata da Antonio Federighi tra il 1451 e 1455, elevando la cuspide centrale, ha
eliminato lo squilibrio tra l'altezza delle tre sezioni della fronte, dando alla stessa una maggiore
verticalità.
Le statue in travertino delle nicchie abbinate rappresentano i dodici Apostoli e sono opere di artisti
cinquecenteschi.7

                                                Il Reliquiario
Si tratta di un'opera di altissimo pregio artistico, che rappresenta l'opera più famosa dell'oreficeria
senese del XIV secolo, nella cui scuola venne applicata per la prima volta la tecnica degli smalti
translucidi dipinti. Inoltre era una novità per l'Italia l'idea nordeuropea di costruire una complessa
architettura gotica in miniatura: esso rappresenta infatti la facciata del Duomo di Orvieto, tripartita e
con i timpani più acuti che nella realtà; inoltre vi svettano una serie di pinnacoli sormontati da
statuette dorate, un dettaglio che non fa parte dell'architettura italiana ma transalpina e che dimostra
gli scambi tra le diverse culture, che proprio tramite le opere di oreficeria avevano un veicolo
privilegiato. Altre statuine a tutto tondo si trovano alla base del reliquiario.
Trentadue scene di smalto dipinto rappresentano le Storie del Corporale e della Passione di Cristo,
create con uno stile aggiornatissimo: ambientazioni architettoniche elaborate, linee
movimentatamente gotiche e cura nei dettagli fanno sì che vi si scorgano affinità con Simone
Martini e con i contemporanei Fratelli Lorenzetti, con un gusto ancora più marcatamente gotico, che
ne fanno un fondamentale esempio dell'arte pittorica della scuola senese. La tonalità dominante è
quella del blu, sulla quale spiccano punte brillanti di giallo, di verde e rosso, rendendo
perfettamente leggibili le scene e i sottili rilievi guida sottostanti.8

                                          Il miracolo di Bolsena
Miracolo d'arte sorto per custodire un Miracolo di fede, il Duomo di Orvieto, secondo
un'antichissima tradizione, fu edificato “dal cuore religioso, l'animo fermo […] di una piccola
popolazione” (L. Fumi) per celebrare un evento fondamentale per tutta la Cristianità: durante la
Messa miracolosa di Bolsena, come narra una sacra rappresentazione, presumibilmente della prima
metà del XIV sec, “accadè miracolo che sopra del Corporale l'ostia diventò vermiglia et fecesi
carne e sangue”.
Secondo la stessa sacra rappresentazione e la tradizione popolare da essa scaturita, nell'estate del
1263 un prete dell'Alta Magna, tormentato dal dubbio circa l'effettiva presenza del corpo e del
sangue di Cristo nell'ostia consacrata, si recò in pellegrinaggio a Roma per espiare la sua incredulità
e rafforzare la sua fede. Fermatosi a Bolsena sulla via del ritorno, chiese di poter celebrare la messa
sull'altare di S. Cristina; al momento della consacrazione, dopo aver implorato il Signore di
dissolvere i suoi dubbi, vide stillare dall'ostia spezzata delle gocce di sangue che bagnarono il
Corporale (il panno di lino usato nelle funzioni per appoggiare e poi ricoprire gli elementi
consacrati).
Appresa la notizia del prodigio, il papa, residente sulla rupe dal 1262, inviò il vescovo di Orvieto a
prendere il sacro lino. La reliquia fu portata ad Orvieto, dove fu accolta, sul ponte di Rio Chiaro, da
una solenne processione di prelati, clero e popolo guidata dal pontefice, che, inginocchiatosi, lo
adorò e, dopo averlo mostrato ai fedeli, lo ripose nella cattedrale di S. Maria Prisca.
Affidato a S. Tommaso d'Aquino l'incarico di comporre l'Ufficio del Corpus Domini, l'11 agosto
1264 il papa promulgò la Bolla Transiturus, che segnò l'istituzione di questa festività nell'ecumene

7 http://www.opsm.it/duomo/011.html
8 http://it.wikipedia.org/wiki/Reliquiario_del_Corporale_di_Bolsena
11

cristiano.
La cattedrale allora esistente parve alla cittadinanza orvietana vecchia, cadente ed indegna di
custodire la reliquia, segno prezioso della presenza divina; si cominciarono dunque a raccogliere
offerte per edificare una nuova chiesa che avrebbe superato tutte le altre in splendore e
magnificenza.
Per secoli il tradizionale legame tra il Duomo e il Miracolo di Bolsena ha continuato a sopravvivere
nella devozione cittadina, condiviso anche da storici e studiosi come Luigi Fumi. Papa Giovanni
Paolo II ha cercato di far chiarezza su questa “leggenda” affermando, nell'omelia pronunciata dal
Duomo di Orvieto il 17 giugno 1990, giorno del Corpus Domini, che: “anche se la sua costruzione
[del Duomo] non è collegata direttamente alla solennità del Corpus Domini, istituita dal papa
Urbano IV con la Bolla Transiturus, nel 1264, né al miracolo avvenuto a Bolsena l'anno
precedente, è però indubbio che il mistero eucaristico è qui potentemente evocato dal corporale di
Bolsena, per il quale venne appositamente fabbricata la cappella, che ora lo custodisce
gelosamente”.9

               La geometria del Reliquiario del Miracolo di Bolsena
                             Una ciclotomia ignota
                                                  Ho fatto un'anticipazione su una valida ragione,
                                                  secondo la quale Raffaello dovette innamorarsi a
                                                  prima vista del rosone a 22 raggi, che è di ordine
                                                  matematico e particolarmente geometrico. Solo in
                                                  questa visione – a mio giudizio – egli riuscì a
                                                  capire la simbologia teologica riposta in una
                                                  singolare regola geometrica, una cosa notevole per
                                                  i suoi tempi. E così dovette essere talmente
                                                  permeato da tutto ciò al punto da ispirarvisi per
                                                  intonare gli affreschi delle Stanze vaticane
                                                  menzionati in precedenza. Questo, come già detto
                                                  in precedenza, in stretta relazione dell'affresco della
                                                  Messa di Bolsena legato, appunto, al duomo di
                                                  Orvieto e di conseguenza al rosone della sua
                                                  facciata.
                                                  Ma una cosa per volta per la disamina.
                                                  Ora si comincerà dal rosone a 22 raggi del duomo
                                                  di Orvieto, proprio lo stesso che compare
                                                  nell'Incendio di Borgo.
                                                  Deve essere stato proprio questo rosone che
                                                  Raffaello ha preso come modello per l'affresco
                                                  anzidetto, poiché non ve ne sono altri in tutta
                                                  Europa con questo numero di raggi.
                                                 Il rosone a 22 raggi è difficile da interpretare a
     Illustrazione 6: Duomo di Orvieto.          differenza di tanti altri da 5, 6, 7, 8, 9, 10 e 12 (ma
  Reliquiario del Corporale del miracolo di      anche oltre) con convincenti ipotesi teologiche ed
                   Bolsena.                      esoteriche. Vi è un altro caso di rosone a 11 raggi,
                                                 quello delle cattedrale di Troia, e ne ho descritto i
dati salienti in un precedente capitolo. 11 è un numero sottomultiplo di 22 e questo è già qualcosa
per tentare di capire l'arcano di 22.

9 http://www.opsm.it/duomo/011.html
12

Resta però un mistero questo rosone che però, per vie geometriche, tale non è, poiché “sembra”
essere svelato da un attento esame geometrico del Reliquiario del Miracolo di Bolsena, della
comune cattedrale, dove è religiosamente custodito il Corporale che si macchiò di sangue.
Dico “sembra”, poiché non si dispone di documentazioni autografe all'origine della fattura del
Reliquiario in causa, eseguito nel XIV secolo, che attesterebbe il genere di geometria adottato.
Comunque una volta svelato l'arcano geometrico del Reliquiario vedremo che si capirà in pieno la
preziosità del rosone a 22 raggi e risalire alla spiegazione del perché Raffaello ne ha fatto uso come
modello per l'affresco dell'Incendio di Borgo. Sempre secondo la mia interpretazione.
L'unica prova che abbiamo è appunto il rosone, ma nessuno, finora, vi ha dato peso, cosa che invece
è davvero straordinaria e da mettere in luce. Diremo in termini teologici, da porre sul moggio
perché faccia luce e irradi il suo fuoco d'amore, perché era l'intimo tema dell'affresco Incendio di
Borgo per Raffaello: il giusto fuoco miracoloso che si sprigionava dalle mani in preghiera di papa
Leone IV per spegnere l'incendio divampato a Borgo del Vaticano. Giusto il passo evangelico di
Luca citato all'inizio, che riguarda il fuoco d'amore che Gesù intendeva far divampare negli uomini
con la sua venuta.
Ed ecco il momento di esaminare il Reliquiario che si vede nell'illustr. 6, forse allo stesso modo
come dovette farlo Raffaello nell'accingersi a meditarvi per trarvi illuminazioni sulle possibili
“divine proporzioni” geometriche che gli era parso di intravedere.
Poi sarà la volta della geometria che ho pensato di fare secondo l'illustr. 7 e che presenterò fra poco.
Si tratta di una procedura geometrica che serve a determinare 22 divisioni di una circonferenza,
uguali far loro, con l'uso di “riga e compasso”. Questa divisione rientra nei tanti problemi
cosiddetti della ciclotomia, che, insieme ad altri, rimasero da risolvere fino al XIX secolo,
allorquando si ebbe la possibilità di tradurre gli stessi in termini di equazioni algebriche mediante
l’uso della geometria analitica.
I greci costruirono poligoni regolari con 3, 4, 5, 6, 15 lati, oltre quelli ottenuti per bisezione di tali
lati, ma non con 7, 9, 11, 14 o 17 lati e però non sapevano per quali n fosse possibile la ciclotomia.
Tale problema fu risolto in modo esauriente nel 1801 da Karl Friederich Gauss (1777-1855).
Gauss dimostrò che è possibile dividere la circonferenza in un numero primo m di parti se e solo a
determinate condizioni.10
Risulta così che si può dividere una circonferenza in 15=3·5, 51=3·17, 30=2·3·5, 60=22 ·3·5,
120=23 ·3·5, 102=2·3·17, 255=3·5·17 parti uguali, mentre non si può dividere in 7, 9, 11, 13, 14,
18, 19, 21 parti uguali. E, dunque, anche 22 parti uguali essendo uguale a 2·11.

10 http://areeweb.polito.it/didattica/polymath/htmlS/argoment/ParoleMate/Feb_06/Ciclotomia.htm
13

                                                    Illustrazione 8: Divisione di una circonferenza in
                                                      22 parti congruenti noto un rettangolo di lati:
                                                           base = 1 e altezza = ½ √3. (AB e DA)
          Illustrazione 7: Duomo di Orvieto.
        Reliquiario del Corporale del Miracolo
        di Bolsena. Geometria del rosone a 22
                         raggi.

Riprendendo la tematica in corso sulla geometria emergente dal Reliquiario in trattazione, viene ora
posto in mostra il disegno a riguardo che vi è sovrapposta (illustr. 7) e la successiva (illustr. 8)
accanto: si tratta della procedura della suddivisione della circonferenza, la stessa del Reliquiario in
rosso.
Si nota che il rettangolo ABDE dell'illustr. 8 rimarca con fedeltà il riquadro delle 12 figure. Questo
rettangolo ha una particolare proprietà che è quella di corrispondere, attraverso la base e l'altezza,
ad un triangolo equilatero di base e altezza, uguale.
Ecco finalmente svelato l'arcano detto all'inizio col sottotitolo di questo saggio, Il rosone del
mistero trinitario!
Il triangolo equilatero inscritto nel rettangolo ABDE è stato sempre identificato come emblema e
simbolo della Santissima Trinità. Ma ora interessa capire come è possibile che da questo triangolo
equilatero si perviene alla definizione della geometria del rosone a 22 raggi.
Lo vedremo adesso attraverso la seguente procedura geometrica.

            Procedura per la divisione di una circonferenza in 22 parti congruenti
1. Caso del Reliquiario dell'illustr. 7 e 8:
    •     È noto un rettangolo, di base = 1 e altezza = ½ √3, come da illustr. 8.
    •     Si traccia il segmento AB di lunghezza uguale a 1 e poi con un compasso, di apertura AB, si
          disegnano i due archi di cerchio AC e BC, puntando prima su B e poi su A.
    •     Si ottiene così il triangolo equilatero ABC la cui altezza è uguale a ½ √3.
    •     Si disegna il segmento DE passante per C e così si ha il rettangolo ABDE richiesto in
          partenza.
14

   •   Si tracciano i due assi passanti per l'incrocio delle due diagonali AE e BD.
   •   Queste due diagonali sono 4 dei 22 raggi congruenti della circonferenza di raggio metà di
       una di esse. Riferite all'asse verticale formano un angolo che diviso in tre parti dà l'angolo
       ricercato della divisione in atto.
   •   Per ottenere quest'angolo si unisce D con F, di uno di questi settori formati dalle diagonali, e
       col compasso, di apertura DF, si punta in D e si traccia il primo archetto sulla circonferenza
       in G.
   •   Indi si procede sistematicamente utilizzando la stessa apertura di compasso precedente
       puntando, prima su G per ottenere H e poi su H per ottenere I, ed in questo modo si va
       avanti sul filo della circonferenza fino a segnare con un archetto tutti e 22 punti della
       divisione richiesta.
2. Caso generico da adottare nei testi didattici per l'insegnamento del disegno geometrico:
   •   È noto il raggio del cerchio: r = 1

                         Illustrazione 9: Divisione di una circonferenza in
                                22 parti congruenti noto il raggio AO.

   •   Si fissa il centro O della circonferenza e i relativi assi orizzontale e verticale passanti per
       esso.
   •   Si traccia col compasso la circonferenza di raggio OA e poi con la stessa apertura di
       compasso si traccia l'arco OB.
   •   Si traccia la retta passante per B parallela ad AO fino a D. Si collega con un'altra retta D con
       A.
   •   Si traccia la retta passante per B parallela ad FO fino a C.
   •   Si collega O con E e si prosegue fino ad intersecare la circonferenza in G.
   •   La retta che collega G con F individua l'arco corrispondente che è cumulativo di tre divisioni
       delle 22 ricercate.
   •   Non resta che utilizzare questo segmento con un compasso di uguale apertura e operare, in
       progressione tanti successivi archi per individuare, uno ad uno, le divisioni richieste. É la
15

       stessa operazione del precedente caso del Reliquiario (illustr. 12).
   •   Per via analitica così si calcola l'angolo della divisione per 22 del cerchio di raggio r = 1:
   •   EC = 1/4 √3 e CO = 1/2.
   •   Gli angoli CEO ed EOC sono uguali fra loro, per cui:
   •   L'angolo EOD (o GOF) = Arctang 2/√3 = 49,10660535...°.
   •   L'angolo VF (o uno dei tanti altri della circonferenza) = 49,10660535...°/ 3 =
       16,36886845...°.
   •   L'angolo ideale delle 22 divisioni del cerchio = 360°/ 22 = 16,36363636...°.
   •   La differenza dei due valori è 0,005232086...° in eccedenza.
3. Caso di una divisione della circonferenza in 11 parti (per 22 parti determinare le bisettrici) che è
contemplato nei testi di disegno geometrico adottato dalle scuole. Serve per il confronto con il
metodo di divisione precedente.
Vedasi Disegno Geometrico a cura di Saverio Malara. Edizione Zanichelli.

       Illustrazione 10: Divisione di una                   Illustrazione 11: Divisione di una
   circonferenza in 11 parti congruenti noto il        circonferenza in 11 parti congruenti noto il
                   raggio AO                            raggio AO. Serve per il calcolo analitico.

   •   Riferimento all'illustr. 10
   •   Tracciati i due diametri perpendicolari fra loro, AB e CD, si fa centro in A con apertura di
       compasso uguale al raggio e si interseca in 1 la circonferenza.
   •   Si congiunge 1 con B e si determina l'intersezione 2.
   •   Il segmento 1-2 è la misura da riportare sulla circonferenza per la suddivisione richiesta.
   •   Per via analitica così si calcola l'angolo della divisione per 11 del cerchio di raggio r = 1.
       Vedasi illustr. 11:
   •   AE = AO = raggio = 1
   •   Il triangolo AE1 è simile al triangolo rettangolo ABE inscritto nella semicirconferenza di
       raggio AO. Allora il segmento 1-2, che individua l'arco della divisione per 11 della
       circonferenza, è uguale a tang 30°.
16

   •   Si analizza uno degli 11 settori con arco 1-2, ossia il triangolo isoscele IOL diviso a metà
       dall'asse verticale OD in R.
   •   L'angolo DOL del triangolo rettangolo DOL è:
       DOL = arcsin ½ tang 30° = 16,77865488...°.
   •   L'angolo ideale delle 22 divisioni del cerchio = 360°/ 22 = 16,36363636...°.
   •   La differenza dei due valori è 0,415018518...° in eccedenza.
   •   Questa eccedenza è di gran lunga superiore a quella della ciclotomia del cerchio in 22 parti
       congruenti del caso precedente, relativa al Reliquiario della cattedrale di Orvieto:
                                     0,005232086...°
17

                                           L'Incendio di Borgo

                         Illustrazione 12: “Incendio di Borgo” di Raffaello. Stanze
                                                 vaticane.

                                              Circostanze storiche
Per l'Incendio di Borgo, l'esecuzione diretta di Raffaello è stata molto discussa. La vicenda – la
storia di un miracolo che forse allude alla contemporanea “miracolosa” azione diplomatica di Leone
X presso il re di Francia allora in guerra col papato – è narrata nel Liber pontificalis: nell'847 un
incendio divampato nel rione romano di Borgo sarebbe stato spento da Leone IV con un segno di
croce.
Notevole la ricostruzione di siti insigni di Roma, con riferimenti a al tempio di Marte Ultore al
tempio di Saturno.
Sulla sinistra, i due personaggi in fuga, uno sulle spalle dell'altro, rimandano a Enea e Anchise.
Si assiste qui al probabile esordio della scuola raffaellesca poi attiva nelle Logge vaticane.
Nell'affresco spettacolare dell'Incendio di Borgo la mano del maestro urbinate è difficilmente
rintracciabile, se sul problema hanno dovuto esercitarsi, e con esiti spesso diversi, i più grandi
conoscitori del nostro secolo. Evidente, del resto, è l'assenza, concettuale e figurativa, di Raffaello
dagli altri affreschi della nuova sala: la Giustificazione di Leone III, la Battaglia di Ostia e
l'Incoronazione di Carlo Magno, opera quest'ultima che autorizza l'ipotesi di una prosecuzione dei
lavori a tutto il 1515, perché collegabile – nel quadro della guerra in corso tra le forze della Lega
santa e la Francia – alle trattative per un accordo con Francesco I, svolte appunto in quell'anno.
Adesso, dunque, Raffaello non è presente e non rientrerà forse mai più nelle Stanze anche se una
leggenda vuole che una figura, nella immane sala di Costantino, dipinta a olio su muro, sia stata
eseguita dal maestro. Ma la storia delle Stanze è finita, mentre Raffaello, divenuto architetto di san
Pietro, riceve commissioni prestigiose ma non da Roma.11

                                              Lettura dell'affresco
È una cosa che traggo dall'enciclopedia libera di Wikipedia12, così come ho fatto in precedenza.
Raffaello ha (...) senz'altro ideato l'impianto scenografico dell'affresco, con il piano inclinato e i
pezzi architettonici che fanno da quinte, grande novità dell'opera. Nella prima metà del '500 si
inizia, infatti, a teorizzare la scenografia teatrale sulle basi delle opere di Vitruvio e nel 1540
Sebastiano Serlio pubblica i primi risultati nel Terzo Libro dell'Architettura. Il manierismo

11 Raffaello di Claudio Strinati. Art Dossier n. 97. Edizione Giunti
12 http://it.wikipedia.org/wiki/Incendio_di_Borgo
18

applicherà da subito questi concetti alla pittura, sganciandosi dalla rigida prospettiva scientifica
rinascimentale. In questo modo Raffaello riesce a rendere appieno la drammaticità dell'evento
storico, anche a costo di deformare la realtà.
Sullo sfondo si staglia la figura Papa Leone IV che con la sua benedizione placa l'incendio, simbolo
della sua volontà di far cessare le guerre all'interno del mondo cristiano. I tre personaggi nudi e
muscolosi sulla sinistra della scena sono un riferimento all'incendio di Troia. Il vecchio è Anchise
mentre il giovane che lo regge in spalla è Enea. La donna vestita in giallo ricorda la sibilla Libica
della cappella sistina di Michelangelo. L'altra, sulla destra, che porta una brocca, ricorda Giuditta,
Giuditta e Oloferne. La storia rappresentata viene raccontata soprattutto tramite le architetture.
Partendo dal fondo, c'è la basilica paleocristiana basilica di S. Pietro. L'edificio da cui si affaccia
Papa Leone IV è di tipo rinascimentale e si riconosce dalle guglie del 1400 e le loggette del 1500.
Le colonne a sinistra, che rappresentano il settizonio e sostengono una parte di trabeazione, sono
composite e corinzie, mentre le colonne a destra sono di ordine dorico.
Qui si esaurisce il “copia e incolla” dall'enciclopedia libera Wikipedia. Ed ora veniamo a particolare
tanto importante da cui si diparte tutto un mio ragionamento che, secondo me, porta alla supposta
spiegazione dell'enigma accennato in precedenza. Si tratta del rosone a 22 raggi della basilica
paleocristiana basilica di S. Pietro che si vede chiaramente osservando il particolare dell'Incendio di
Borgo, l'illustr. 1 iniziale. Di seguito svilupperò tutto un ragionamento su questo rosone e su altro
dell'affresco anzidetto sulla scorta di una mia personale geometria composita.

                          Varie fasi della geometria composita

                                             Premessa
In tema di geometria composita di opere d'arte rinascimentali, ripeto ciò che ho premesso in altre
occasioni di mie indagini di opere d'arte come questa. Il metodo da me seguito, per sviluppare
questi studi, non è nuovo poiché è lo stesso praticato dagli studiosi d’arte che si avvalgono di questa
geometria per entrare “dentro l’opera” di artisti del Rinascimento.
Quel che si accetta nel mondo accademico delle Belle Arti è che sicuramente gli artisti del
Rinascimento utilizzavano schemi geometrici, a volte complessi, per impaginare le loro figure nella
composizione generale, ed è altrettanto vero che tali schemi, il più delle volte ricostruibili “a
posteriori” (ossia solo sulla base dell’opera e non degli studi autografi), per essere credibili devono
intersecarsi con i punti salienti della composizione. Questa è la condizione fondamentale da
soddisfare, altrimenti, potremmo sovrapporre a questo o quel quadro figure geometriche a iosa o
selve di linee il cui percorso finirebbe per essere del tutto arbitrario.
Ma la geometria non finisce mai di meravigliare, poiché, approfondendo l’indagine conoscitiva
correlate alle ricerche geometriche composite, non solo delle suddette opere d’arte rinascimentali da
me trattate, ma anche ad altre di diverso genere, portano a supporre cose che forse neanche l’artista
ha immaginato di concepire, poiché su Raffaello Sanzio, uno di loro, converge la tematica in corso.
Infatti mi sono occupato di sondare con lo stesso criterio opere d’arte, non solo pittoriche, come
l’Arco di Trionfo di Costantino a Roma, e persino l’origine della pianta di Torino disposta dai
romani.
Dunque, se questo mio genere approccio alle opere d'arte dell’uomo, non solo pittoriche, è
sostenibile, nulla vieta di pensare ad un “potenziale” effettivamente disponibile in seno alle stesse
opere che al momento opportuno si esplica attraverso un imprevedibile “visitatore” capace, senza
che lui se ne renda conto visibilmente, di dinamicizzarlo in toto o in parte per dar luogo a singolari
resoconti. Ma ci si domanderebbe a ragione di che cosa il presunto “visitatore” riesce in questo
intento?
Quasi sempre grazie ad un minuscolo particolare, posto a bella posta dall'artista in un punto fuori
dall'osservazione comune, che può essere un oggetto o anche un suo vago ritratto. Si badi che sto
19

esprimendo la mia opinione personale.
Nell'affresco Incendio di Borgo, questo minuscolo particolare è appunto il rilevato rosone a 22 raggi
cui nessuno ha mai dato rilevanza. Questa cosa potrebbe associarsi al noto fenomeno definito
serendipità,13 che è un neologismo indicante la sensazione che si prova quando si scopre una cosa
non cercata e imprevista mentre se ne sta cercando un'altra.
D'altro canto come si può giudicare il lavoro di ricerca, che ho intrapreso sull'opera di Raffaello
delle quattro Stanze vaticane, il cui tema in corso di trattazione è chiaramente fuori dai canoni
accademici d'arte, addirittura ignoto? E se ho ragione da vendere, nel sostenere ciò che ora mi
accingo a presentare col supporto della geometria, in stretta relazione a quanto ho appena detto in
merito al “potenziale” insito negli affreschi raffaelleschi in studio, il mio ragionamento porta a
sfiorare quel che la razionalità umana non riesce a dominare. Si tratta del piano delle cose spirituali,
giusto il tema di fondo di questo saggio che fa riferimento al Fuoco di Cristo con la sua venuta
messianica.
Dunque un “potenziale” di un'energia spirituale intesa da Gesù quale fuoco da destare negli uomini
perché si informino ad un agape universale. Tant'è che molte cose, da me concepite in termini di
dialettica geometrica, è difficile attribuire ad una concreta geometria composita predisposta da
Raffaello e dai suoi aiutanti per impaginare le opere oggetto di trattazione in questo saggio. Non
possiamo disporre di documenti autografi che lo attestano. Tuttavia sono pure inoppugnabili le
diverse coincidenze geometriche che farò emergere portano a pensare, in mancanza del possibile
intervento volontario di Raffaello e/o collaboratori, all'opera occulta di una “mano estranea” non
soggetta alla volontà umana. L'azione dello Spirito Santo secondo la Chiesa?
Oppure come considerare razionalmente le suddette coincidenze geometriche? Con scetticismo
liquidandole come dei casi di pareidolia,14 che è la tipica tendenza umana a ricondurre a forme note
degli oggetti o dei profili dalla forma casuale? Ma si tratta di geometria, di matematica, che è
diverso.
Allora questione di probabilità, da insanabile matematico scettico? Fermo restando però che si è
scoperto un fatto di Raffaello, il rosone a 22 raggi, e la regola grafica della ciclotomia in merito alla
geometria per disegnarlo, a tutti ignoto, che non è poco!

13 http://it.wikipedia.org/wiki/Serendipit%C3%A0
14 http://it.wikipedia.org/wiki/Pareidolia
20

                                      Fase 1: rif.to illustr. 13
        Per le coordinate (in pixel) vedere Web Gallery of Art: The Fire in the Borgo 1514
          http://www.wga.hu/frames-e.html?/html/r/raphael/4stanze/3borgo/index.html
                                           Con la prima fase di procedura ci si accinge ad allestire
                                           l'orditura geometrica dell'affresco Incendio di Borgo, che
                                           presumibilmente deve avere eseguito preventivamente
                                           Raffaello, per mano sua o tramite i suoi aiutanti, in base a
                                           quanto fatto rilevare in relazione al particolare del rosone
                                           (della croce vedremo in seguito), si procede a segnare gli
                                           assi passanti per due punti.
                                               1. Riferendomi all'illustr. 3, il primo è il centro della
                                                  croce U ed il secondo punto è il centro del rosone
                                                  K.
                                               2. Si tracciano così gli assi orizzontali corrispondenti
                                                  GH e XX1 e gli assi verticali MN ed YY1.
                                               3. Vedremo nella fase 2 seguente che i punti K e U,
                                                  che identificano con le coordinate appena
                                                  tracciate, quali relazione geometriche hanno
                                                  reciprocamente e con il contesto di particolari
 Illustrazione 13: “Incendio di Borgo”            riferimenti dell'insieme pittorico.
       di Raffaello. Stanze vaticane.
Particolare del papa Leone IV che seda
     l'incendio col segno della croce.
       Geometria composita, fase 1.

                                     Fase 2: rif.to illustr. 14
        Per le coordinate (in pixel) vedere Web Gallery of Art: The Fire in the Borgo 1514
          http://www.wga.hu/frames-e.html?/html/r/raphael/4stanze/3borgo/index.html
   4. Gli assi passanti per il centro della croce U, segnati nell'illustr. 13, si riportano sull'immagine
      dell'illustr. 14. e si segnano i valori in pixel delle relative coordinate.
   5. Si procede per individuare la sagoma dell'arco E1F1 e si segnano le coordinate in pixel
      dell'asse orizzontale e quello verticale passante per il suo centro O. Si segnano poi le
      coordinate dei due estremi E1 ed F1 dell'arco e così pure del punto I1 in alto dell'arco
      sull'asse verticale relativo.
   6. Si procede per la verifica dell'esattezza del punto T dell'arco determinato dall'intersezione
      dell'asse orizzontale GH passante per il centro della croce U. Il triangolo rettangolo OTZ
      consente di calcolare la sua ipotenusa conoscendo i due cateti. Si tratta del raggio OT
      dell'arco che risulta esatto in relazione al suo diametro E1F1 sull'asse orizzontale EF.
   7. Infine si segna un asse nuovo che ho ritenuto importante al fine di rintracciare la sezione
      aurea che immagino abbia concepito Raffaello per l'affresco in studio allo scopo di dare
      significazione armonica ad un suo intento. É una cosa che poi avrò modo di interpretare. Mi
      è parso interessante il filare verticale del muro in corrispondenza del presunto figlio di Enea
      che col padre Anchise cerca di sfuggire all'incendio traslato a quello di Troia, ovviamente.
      Dunque abbiamo così l'asse verticale BS che interseca in V l'asse orizzontale GH e le
      relative coordinate.
21

                 Illustrazione 14: “Incendio di Borgo” di Raffaello. Stanze
                           vaticane.Geometria composita, Fase 2.

                                 Fase 3: rif.to illustr. 15
     Per le coordinate (in pixel) vedere Web Gallery of Art: The Fire in the Borgo 1514
       http://www.wga.hu/frames-e.html?/html/r/raphael/4stanze/3borgo/index.html

                 Illustrazione 15: “Incendio di Borgo” di Raffaello. Stanze
                           vaticane.Geometria composita, Fase 3.
8. Si è nella fase per la ricerca della sezione aurea e successivamente del rettangolo aureo.
9. Si tratta del segmento VT sull'asse orizzontale GH e il punto U, relativo al centro della croce
22

    sulla sommità del capo di Papa Leone III benedicente.
10. Il punto V divide in due parti il segmento VT, tali che VT : VU = VU : UT.
    Alla prova grafica per la ricerca della sezione aurea, come risulta dall'illustr. 5, questa
    proporzione è confermata. Per via analitica, servendoci delle coordinate dei punti V, U e T,
    risulta che
    VT = 1106 – 344 = 762 e
    VU = 815 – 344 = 471; dunque
    il rapporto 762 : 471 = 1,618 ca, c.v.d.
11. Con un operazione grafica successiva si individua il lato VS1 del rettangolo aureo VTQ1S1
    relativo al segmento VT.
12. La prima interpretazione della sezione aurea, rilevata con sufficiente esattezza, mette in
    relazione armonica tre cose, il Cristianesimo (la croce del punto U) e con esso la Chiesa
    attraverso il papa Leone III, col Cielo (del punto T dell'arco E1F1) e con la Terra, ossia la
    città di Roma che ha avuto origine dalla discendenza di Enea in Ascanio, il giovane in
    corrispondenza del filare di muro VS1.
13. L'interpretazione del rettangolo aureo, considerato che, nel Rinascimento, veniva stimato
    come il mattone di un costruendo edificio, viene da pensare che la triade di riferimenti, di
    cui al paragrafo precedente 1, sia retto dalle tre colonne scanalate di ordine corinzio e
    composito, mentre le due opposte sembrano reggere più perché fessurate vistosamente.
    La mia osservazione delle tre colonne, al di là del possibile nesso simbolico con il genere di
    ordine cui appartengono, è presa dalle scanalature, giusto in relazione della raggiera del
    rosone a 22 raggi della vecchia basilica San Pietro della quale se ne è parlato all'inizio.
    Questo rosone sarà oggetto di indagine nella Fase 4 prossima.

                                 Fase 4: rif.to illustr. 16
     Per le coordinate (in pixel) vedere Web Gallery of Art: The Fire in the Borgo 1514
       http://www.wga.hu/frames-e.html?/html/r/raphael/4stanze/3borgo/index.html

                 Illustrazione 16: “Incendio di Borgo” di Raffaello. Stanze
                           vaticane.Geometria composita, Fase 4.

14. Siamo finalmente nella fase del rosone a 22 raggi che è individuato dal punto K nell'illustr.
23

       6.
   15. Si traccia l'asse verticale YY1 passante per il punto K e poi l'asse orizzontale XX1 passante
       per lo stesso punto K.
   16. Per la didattica geometrica in corso ho disegnato il rosone come si vede nell'illustr. 6 e poi
       ho disegnato anche i prolungamenti dei 22 raggi.
   17. Graficamente risulta che VIII raggio sembra coincidere con F1 dell'incontro dell'asse-
       diametro dell'arco E1F1. La stessa analoga cosa per il XVI raggio con il punto V dell'asse
       GH. E così anche per il punto I prossimo a Y di mezzeria dell'arco.
   18. Naturalmente occorre verificare analiticamente e si procede nel modo seguente.
   19. Considerazioni sul triangolo rettangolo KY2F1, operando con le coordinate dei suoi vertici:
       L'angolo Y2KF1 teorico è 3 · 360° / 22 = 49,09° ca;
       KY2 = 646 – 159 = 487;
       Y2F1 = 1284 – 708 = 576;
       Verifica di uno dei due valori suddetti, mettiamo quello maggiore dove l'eventuale errore è
       accentuato:
       Y2F1 = 487 · tang 49,09° = 562,03 ca che è 14 pixel minore. É un valore da non poter essere
       accettato poiché può stimarsi buono un errore entro il pixel e non di più e né di meno.
   20. Considerazioni sul triangolo rettangolo KVY3, con le coordinate dei suoi vertici:
       L'angolo VKY3 teorico è 5 · 360° / 22 = 81,82° ca;
       VY3 = 708 – 344 = 364;
       KY3 = 214 – 159 = 55;
       Verifica del maggiore di questi due valori:
       VY3 = 55 · tang 81,82° = 382,53 ca che è 18,5 pixel maggiore. Anche per questo caso la
       supposta coincidenza non si può convalidare.
   21. Considerazioni sul triangolo I1I2K, con le coordinate dei suoi vertici:
       L'angolo I1KI2 teorico è 4,5 · 360° / 22 = 73,64° ca;
       I3O = 646 – 214 = 487;
       I1K = 708 – 671 = 37;
       I2I2 = raggio arco – I3O = 613 – 487 = 126;
       Verifica del maggiore di questi due valori:
       II1I2 = 37 · tang 73,64° = 126,01 ca. Ecco, ora con questo valore ci siamo in modo
       esemplare, con appena 1/100 di pixel in eccesso.
Che potrebbe significare questa azzeccata coincidenza del XXI raggio del rosone con il centro
dell'arco in I1? Tante cose e niente, poiché non disponendo nulla di autografo dell'autore di
Incendio di Borgo, Raffaello Sanzio, non si ha la prova egli abbia predisposta di proposito questa
precisa coincidenza.
Si potrebbe pensare da un' incredibile casualità. In tal caso, essendo certa di fatto e considerando
che il rosone riprende ragioni teologiche imperniare su una simbolica rosa mistica, ossia proprio il
fuoco d'amore che a Gesù premeva che divampasse nei cuori degli uomini (giusta la citazione
iniziale del passo 12,49-53 del vangelo di Luca apostolo), vale l'accostamento del miracolo dello
spegnimento dell'incendio divampato a Borgo operato da papa Leone III. Un parallelo che
certamente ha inteso disporre Raffaello, pur senza tanto far conto sulle implicazioni della geometria
del rosone posto in Incendio di Borgo. Questo sì.
Dunque una prova del fuoco in atto e miracolosamente superata, in relazione al papato del pontefice
anzidetto? Aspettiamo a dirlo perché farò vedere ben altre meraviglie allargando l'indagine visiva, e
sempre col supporto della geometria composita, ad altri affreschi di Raffaello delle Stanze vaticane.
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