INAUGURAZIONE DELL'ANNO GIUDIZIARIO - 2020 RELAZIONE Presidente Rita Loreto - Corte dei ...

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INAUGURAZIONE DELL'ANNO GIUDIZIARIO - 2020 RELAZIONE Presidente Rita Loreto - Corte dei ...
SEZIONE GIURISDIZIONALE REGIONALE PER LA CALABRIA

                                                                                        INAUGURAZIONE
                                                                                  DELL’ANNO GIUDIZIARIO
                                                                                                 2020

                                                                                              RELAZIONE
                                                                                        Presidente Rita Loreto

                                                                                      CATANZARO, 21 FEBBRAIO 2020
CORTE DEI CONTI - CENTRO UNICO PER LA FOTORIPRODUZIONE E LA STAMPA - ROMA
INAUGURAZIONE DELL'ANNO GIUDIZIARIO - 2020 RELAZIONE Presidente Rita Loreto - Corte dei ...
SEZIONE GIURISDIZIONALE REGIONALE PER LA CALABRIA

            INAUGURAZIONE
      DELL’ANNO GIUDIZIARIO
                     2020

                  RELAZIONE
            Presidente Rita Loreto

          CATANZARO, 21 FEBBRAIO 2020
INTRODUZIONE

Un caloroso saluto desidero rivolgere al Presidente Angelo Buscema per averci voluto
onorare della Sua presenza, al quale esprimo il sentito ringraziamento dei magistrati e del
personale amministrativo della Corte dei conti calabrese, che ha la fortuna di annoverarlo
fra i magistrati illustri che hanno prestato servizio in tale sede.
Assidua ed affettuosa è stata l’attenzione mostrata dal Presidente verso la Corte dei conti
della Calabria, sia per averla prescelta quale prima sede con cui dare l’avvio ad una
innovativa opera di avvicinamento del Vertice istituzionale di questa Magistratura alle
differenti e variegate realtà delle Sezioni regionali, spesso caratterizzate da esigenze
organizzative e gestionali differenti rispetto a quelle centrali; sia per avere mantenuto
costante tale interesse, rinnovando la Sua presenza nel territorio in occasione della recente
cerimonia di parificazione del rendiconto regionale.
Anche di questo, signor Presidente, La ringrazio e rinnovo l’augurio di buon lavoro.
Saluto le Autorità civili, militari e religiose, i Magistrati degli altri Ordini giudiziari, gli
Avvocati del foro pubblico e privato, i Rappresentanti del mondo accademico e i gentili
Ospiti oggi presenti alla cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario 2020 della
Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Calabria.
Un cordiale saluto rivolgo al Capo di Gabinetto della Corte dei conti, Presidente Mauro
Orefice, per la sua presenza alla odierna cerimonia.
Saluto i colleghi della Sezione di controllo, per l’impegno mostrato nell’assicurare la
correttezza dei conti pubblici e la legalità dell’azione amministrativa.
Un particolare benvenuto va ai magistrati da poco assegnati a questa sede ed un caloroso
ringraziamento rivolgo ai valenti colleghi Quirino Lorelli, Ida Contino e Andrea Luberti,
ora in servizio presso altri Uffici, per l’impegno e la professionalità dimostrata nei lunghi
anni di permanenza presso questa Sezione giurisdizionale. Unitamente ad essi, un saluto
affettuoso rivolgo alla collega Rossella Scerbo, la quale solo lo scorso mese ha lasciato le
funzioni di Procuratore regionale della Calabria per svolgere quelle di giudice presso una
Sezione centrale di appello, che ringrazio per l’impegno professionale e la correttezza
istituzionale con cui, unitamente a tutti i Magistrati del suo Ufficio, ha perseguito con serietà
e determinazione la tutela degli interessi erariali.

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Infine, particolare gratitudine rivolgo al rappresentante dell’Associazione Magistrati della
Corte dei conti, Consigliere Paola Briguori, per l’attenzione dimostrata a tutela
dell’autonomia e della indipendenza dei magistrati contabili.

Secondo le linee guida approvate dal Consiglio di Presidenza della Corte dei conti, la
relazione del Presidente della Sezione giurisdizionale illustrerà l’attività svolta nell’anno
appena concluso, soffermandosi sugli interventi legislativi e gli indirizzi giurisprudenziali
di maggiore rilievo che hanno riguardato la giustizia contabile.
Ad essa faranno seguito le relazioni del Procuratore regionale Giovanni Di Pietro e del
Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati Antonello Talerico.
Seguiranno poi l’intervento del Presidente della Sezione regionale di controllo Vincenzo Lo
Presti ed il saluto del rappresentante dell’Associazione Magistrati della Corte dei conti
Consigliere Paola Briguori.

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1. INTERVENTI NORMATIVI DI INTERESSE PER LA CORTE DEI CONTI

1.1 Le modifiche introdotte dal d.lgs. 7 ottobre 2019, n. 114 recante “Disposizioni
      integrative e correttive al codice di giustizia contabile”.

Una disposizione normativa di rilievo ha riguardato le modifiche introdotte al codice di
giustizia contabile dal d.lgs. 7 ottobre 2019, n. 114, che ha apportato alcuni correttivi
sostanziali e formali alla disciplina processuale dei giudizi dinanzi alla Corte dei conti.
Si segnalano solo le modifiche di maggiore interesse e quelle riferite in particolare al rito
ordinario.
Gli articoli 1 e 2 del decreto correttivo intervengono sul Capo I – relativo ai principi generali,
introducendo importanti novità:
  -    Si incide in materia di digitalizzazione ed informatizzazione, aggiungendo la
       sottoscrizione in forma digitale degli atti e dei provvedimenti del giudice e
       prevedendo che anche le parti possano effettuare le notificazioni degli atti
       direttamente a indirizzi di posta elettronica certificata risultanti da pubblici elenchi e
       registri (art. 1 che modifica l’art. 6, co. 3 e 4 del codice);
  -    Si estende al giudizio pensionistico l’applicazione del rito ordinario del giudizio di
       responsabilità contabile, beninteso se non espressamente derogato (art. 2 che modifica
       l’art. 7 del codice).
L’articolo 6 interviene sull’art. 17 del codice recando modifiche alla disciplina della translatio
iudicii, in particolare nell’ipotesi in cui la giurisdizione sia declinata in favore del giudice
contabile, al fine di adattare e rendere coerente, nei limiti consentiti dalla specificità della
giurisdizione contabile, le previsioni recate dall’art. 59 della legge n. 69 del 2009 in ordine
alla decisione delle questioni di giurisdizione nelle ipotesi in cui il giudice civile,
amministrativo, contabile o tributario dichiari il proprio difetto di giurisdizione.
Circa la procura alle liti, l’articolo 13, introducendo un comma 1-bis all’art. 29 del codice,
prevede che per la fase pre-processuale essa rechi comunque l’elezione di domicilio e sia

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rilasciata in calce o a margine dell’invito a dedurre o delle deduzioni difensive, con effetti
che valgono anche per la fase del giudizio successivamente instaurato.
Relativamente alla denuncia di danno, viene allargata la platea dei soggetti obbligati,
ricomprendendovi anche i liquidatori di società a partecipazione pubblica e sono introdotte
misure volte a garantire la riservatezza dei soggetti che segnalano al procuratore regionale
eventi di danno (art. 19 che modifica l’art. 52 del codice).
Il correttivo elimina l’obbligo di motivazione dell’attività istruttoria diretta del P.M.,
apparendo invasivo della sfera di autonomia del pubblico ministero l'obbligo, inizialmente
previsto, di rendere ostensive le ragioni delle proprie scelte in ordine alle modalità
investigative (art. 21 che modifica l’art. 56). Con riguardo alle richieste di documenti e di
informazioni da parte del PM, si precisa che esso può richiedere atti e documenti, ancorché
coperti dal segreto investigativo, a tutte le autorità giudiziarie (art. 22 che modifica l’art. 58
co 1 del codice).
Viene soppresso l’onere, prima gravante sul PM, di emettere un decreto motivato per
richiedere alle pubbliche amministrazioni le informazioni e i documenti necessari
all’istruttoria, poiché in tali casi non sussistono quelle esigenze di tutela del destinatario che
invece ricorrono con riguardo ad altre attività istruttorie per le quali il codice già impone
specifica motivazione (art. 22 che modifica l’art. 58 co. 2).
Viene, altresì, consentita la riapertura del fascicolo istruttorio se dopo l’archiviazione
emergono non solo elementi nuovi consistenti in fatti sopravvenuti, ma anche preesistenti
sebbene dolosamente occultati (art. 31 che modifica l’art. 70 del codice).
Relativamente alle attività preprocessuali di parte, l’art. 32 modifica la disciplina
dell’accesso al fascicolo istruttorio (di cui all’art. 71 del codice), riconoscendo il diritto di
accedere al fascicolo depositato e a visionare ed estrarre copia di tutti gli atti e documenti
ivi contenuti non solo al presunto responsabile, ma anche, ove nominato, al difensore
purché dotato di procura alle liti.
Il correttivo interviene poi sulla disciplina del sequestro conservativo, sia ante causam che in
corso di causa e durante la pendenza dei termini per l’impugnazione, riconoscendo al terzo,
che assume di essere stato leso da un provvedimento di sequestro, il diritto di opporsi
intervenendo all’udienza in corso di causa (art. 34 che modifica l’art. 74 del codice) o
proponendo reclamo avverso il provvedimento cautelare lesivo dei suoi diritti (art. 35 che
modifica l’art. 75 del codice).

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Nell’ambito delle disposizioni che regolano il giudizio di responsabilità secondo il rito
ordinario, l’art. 43 elimina il riferimento, di difficile verificazione nel giudizio contabile, al
litisconsorzio necessario sostanziale, prevedendo che il giudice tenga conto, nelle ipotesi di
responsabilità parziaria, dell’apporto causale dei soggetti non evocati in giudizio in sede di
determinazione della minor somma da imputare in sentenza ai condebitori convenuti in
giudizio.
Il decreto correttivo apporta alcune modifiche anche al giudizio di conto, introducendo, al
fine di agevolare l’attività del giudice istruttore sul conto, la facoltà di nominare un
commissario ad acta in ipotesi di inadempimento dell’amministrazione a fornire i documenti
o gli elementi di giudizio necessari al fine di decidere (art. 11 che introduce il comma 1-bis
all’art. 25 del codice).
Vengono poi limitate alla previa autorizzazione del collegio le sole nomine di consulenti,
mentre il giudice istruttore potrà liberamente effettuare ispezioni e accertamenti diretti.
Ai fini di maggior completezza del contraddittorio, l’art. 62 modifica l’art. 147 del codice
prevedendo che, all’atto dell’iscrizione del giudizio a ruolo d’udienza, la segreteria della
Sezione è tenuta a comunicare non solo il decreto di fissazione di udienza ma anche la
relazione istruttoria del giudice designato per l’esame sul conto all’agente contabile, alla
amministrazione e al pubblico ministero.
A garanzia del contraddittorio, la nuova disposizione dell’art. 148 introdotta dall’art. 62
dello schema correttivo consente all’agente contabile che sia presente in udienza, anche
quando viene sentito dal collegio, di potersi sempre difendere, anche personalmente,
essendo di difficile individuazione il discrimine tra il “fornire chiarimenti” e lo svolgere
difese orali.
E’ stato, infine introdotto il comma 2-bis., secondo cui il magistrato che ha sottoscritto la
relazione sul conto di cui al comma 4 dell’articolo 145 non fa parte del collegio giudicante,
al fine di assicurare una completa neutralità del giudizio del collegio.
Alcune modifiche sono state apportate anche alla disciplina dei giudizi ad istanza di parte.
Al fine di assicurare una più completa difesa, è stato ampliato da 60 a 90 giorni il termine
massimo che può intercorrere fra il deposito del ricorso e l’udienza di discussione (art. 77
che modifica l’art. 173 del codice).

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E’ poi previsto (art. 78) che il ricorso debba essere sempre notificato, a cura dell’istante,
anche alla procura regionale e che il ricorso, unitamente alle relazioni di notificazione,
debbano essere depositati in segreteria almeno 10 giorni prima dell’udienza di discussione.
E’ stata semplificata la disposizione che prevedeva le conclusioni del pubblico ministero,
che originariamente potevano essere scritte o formulate in udienza a seconda del tipo di
giudizio ad istanza di parte. Il correttivo (art. 79), intervenendo sull’art. 175 del codice, ha
ora stabilito che il procuratore debba sempre formulare conclusioni scritte da depositare in
segreteria 20 giorni prima dell’udienza.
Infine, la novella ha arrecato modifiche anche alla disciplina del giudizio pensionistico,
prevedendo, riguardo al deposito, per tutti i ricorsi in materia di pensioni la facoltà di
spedizione mediante raccomandata e, circa la costituzione del convenuto, la facoltà per
quest’ultimo di indicare un indirizzo di posta elettronica certificata presso il quale effettuare
le comunicazioni e le notificazioni, ferma restando la diversa opzione di dichiarare la
residenza o eleggere domicilio nel comune in cui abbia sede il giudice adito (art. 68 che
modifica l’art. 156 del codice).
Per agevolare lo svolgimento dei giudizi nel rispetto dei principi del giusto processo, sono
stati poi previsti prolungamenti dei termini processuali intercorrenti fra il deposito del
ricorso e l’udienza di discussione (art. 67), tra la data di notificazione al convenuto e
l’udienza di discussione, tra la prima udienza di trattazione e la successiva fissata alle parti
per proporre mezzi di prova, nonché del termine massimo che il giudice può concedere per
il deposito delle note difensive.

1.2 Le misure volte a valorizzare l’informatizzazione della pubblica amministrazione e
    gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni.

La legge di bilancio per l’anno 2020, n. 160 del 27 dicembre 2019 (in G.U. del 30.12.2019) ha
previsto misure volte a promuovere e valorizzare l’informatizzazione della pubblica
amministrazione sotto diversi profili.
Alla Presidenza del Consiglio dei ministri è affidato lo sviluppo della Piattaforma digitale
per le notifiche delle pubbliche amministrazioni attraverso la società per azioni PagoPa,

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interamente partecipata dallo Stato, cui compete la gestione della piattaforma; sono a tal fine
stanziate specifiche risorse finanziarie (co. 402 e 403).
Risorse aggiuntive sono altresì destinate ai processi di innovazione tecnologica e di
digitalizzazione di competenza del Dipartimento per la trasformazione digitale della
Presidenza del Consiglio dei ministri e per l’attuazione dell’Agenda digitale italiana (co.
399-401).
Sempre in materia di pubblica amministrazione, il comma 163 reca alcune modifiche
all’articolo 46 decreto legislativo n. 33 del 2013, prevedendo che l’inadempimento degli
obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche
amministrazioni, stabiliti dalla normativa vigente ed il rifiuto, il differimento e la
limitazione dell’accesso civico (al di fuori delle ipotesi in cui tale accesso e limitato o
precluso secondo quanto prevede l’articolo 5-bis del medesimo decreto legislativo)
costituiscono elemento di valutazione negativa della responsabilità dirigenziale con
applicazione di sanzioni differenziate dal modificato articolo 47 ed eventuale causa di
responsabilità per danno all’immagine della pubblica amministrazione, e sia comunque valutata
ai fini della corresponsione della retribuzione di risultato e del trattamento individuale
collegato alla performance dei responsabili.

1.3. La legge sulla concretezza dell’azione della pubblica amministrazione e sul contrasto
    dell’assenteismo.

In data 22 giugno 2019 è stata pubblicata la legge 19 giugno 2019, n. 56, recante “Interventi
per la concretezza delle azioni delle pubbliche amministrazioni e la prevenzione
dell’assenteismo”. La norma, che reca alcune modifiche al testo unico del pubblico impiego
(d.lgs. n. 165 del 2001) introduce il concetto di “concretezza” dell’azione amministrativa, sul
quale si misura la corretta applicazione delle disposizioni in materia di efficienza,
funzionamento, trasparenza e digitalizzazione delle pubbliche amministrazioni e la
conformità dell’attività amministrativa ai principi di imparzialità e buon andamento.
A tal fine viene assunto l’impegno, con specifico decreto del Ministro per la Pubblica
amministrazione, di piani triennali delle azioni concrete per l’efficienza delle pubbliche
amministrazioni; viene costituito un organo di vigilanza denominato “Nucleo della

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concretezza”, che si affianca agli organi di controllo interni ed esterni alla P.A. e che svolge
a sua volta compiti di controllo, anche di tipo ispettivo, dell’osservanza delle prescrizioni
del Piano da parte delle pubbliche amministrazioni e di correzione e sanzione in caso di
inottemperanza. Il Nucleo si raccorda con la figura del Prefetto, il quale può segnalare
eventuali irregolarità nell’azione amministrativa degli enti locali e chiedere l’intervento del
Nucleo stesso.
L’inosservanza delle prescrizioni del Nucleo rileva ai fini della responsabilità dirigenziale e
disciplinare e determina l’iscrizione della pubblica amministrazione inadempiente in un
elenco pubblicato nel sito del Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del
Consiglio dei ministri.
Entro il 30 giugno di ogni anno, il Dipartimento della funzione pubblica trasmette una
relazione sugli esiti dei sopralluoghi e delle visite, segnalando i casi di mancato
adeguamento al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro per l’interno e alla
Corte dei conti.
L’articolo 2 della legge prevede, altresì, misure volte al contrasto del fenomeno
dell’assenteismo nelle amministrazioni pubbliche, da attuarsi attraverso sistemi di
videosorveglianza degli accessi, che sostituiranno i diversi sistemi di rilevazione automatica
attualmente in uso e mediante misure di verifica biometrica dell’identità, da adottarsi previo
parere del Garante per la protezione dei dati personali.

1.4 Le modifiche al codice dei contratti pubblici e gli incentivi alla progettazione.

La legge n. 55 del 14 giugno 2019 ha convertito, con modificazioni, il decreto c.d. Sblocca
cantieri (d.l. 32 del 18 aprile 2019), introducendo diverse e rilevanti modifiche al Codice dei
contratti pubblici di cui al d.lgs. 18 aprile 2016 n. 50 e s.m.i., nell’ottica di apportare sensibili
semplificazioni e adeguamenti alla disciplina vigente in materia, e ciò anche al fine di dare
riscontro ai rilievi mossi avverso tale comparto normativo in sede eurounitaria.
La finalità ultima di tale riforma è quella di perseguire gli obiettivi di accelerazione delle
procedure di affidamento dei contratti pubblici, materia oggetto di attenzione anche della
giurisprudenza contabile in relazione ai correlati giudizi per responsabilità amministrativa,

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nonché sottoposta al vaglio della attività consultiva delle Sezioni regionali di controllo della
Corte dei conti.
La riforma punta ad innovare le procedure di affidamento dei lavori, prevedendo, fra le
altre, la reintroduzione fino al 31.12.2020 dell’appalto integrato, avendo previsto la
sospensione fino a tale data del divieto di affidamento congiunto di progettazione ed
esecuzione dei lavori. Viene introdotta più di una modifica al testo del comma 2 dell’art. 36
del Codice, al fine di modificare le diverse modalità di affidamento ivi previste per i contratti
“sottosoglia”, nonché le corrispondenti classi di importo.
Quanto ai criteri di aggiudicazione, il criterio del “minor prezzo” diventa alternativo
rispetto al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa per i lavori sottosoglia. In
modifica all’articolo 97, sono stati introdotti nuovi criteri di valutazione delle offerte
anomale nei casi di aggiudicazione con il criterio del prezzo più basso. Viene dettata una
disciplina transitoria del subappalto nelle more di una complessiva revisione del codice dei
contratti pubblici. E’ stato poi modificato l’art. 35, commi 9 e 10 del Codice, prevedendo
l’obbligo di computare il valore complessivo dei lotti, e non quello del singolo lotto, per
stabilire le procedure di gara da seguire anche quando i lotti non vengono aggiudicati
contemporaneamente.
La riforma ha riguardato anche l’art. 113 del Codice, atteso che il d.l. 18 aprile 2019 n. 32
aveva reintrodotto tra le attività incentivate quelle della progettazione e del coordinamento
della sicurezza in fase di progettazione e in fase di esecuzione, escludendo le attività di
programmazione della spesa per investimenti e l’attività di predisposizione e controllo delle
procedure di gara, ma in fase di conversione l’art. 113 è rimasto come nella precedente
versione, per cui tali attività non sono più tra quelle incentivate, mentre lo sono, per contro,
quelle di programmazione della spesa e di predisposizione e controllo delle procedure di
gara.   In   tale   quadro,   risulta   evidente     che   l’eclatante dietrofront avvenuto   sulla
reintroduzione degli incentivi per le funzioni di programmazione potrebbe dar luogo a
rilevanti problemi applicativi di carattere inter-temporale; in particolare, relativamente alle
attività incentivabili svolte nel periodo di vigenza del d.l. n. 32/2019. Tuttavia, va
rammentato, secondo quanto di recente precisato dalla Sezione Autonomie della Corte dei
conti (deliberazione n. 72 del 9 aprile 2019), che la corresponsione dell’incentivo necessita
anche dell’ulteriore presupposto dell’avvenuto accantonamento delle risorse.
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2.   GLI INDIRIZZI GIURISPRUDENZIALI DI PARTICOLARE RILIEVO

 2.1 Le sentenze della Corte costituzionale che hanno riguardato le materie di competenza
     del giudice contabile.

2.1.1 Merita senz’altro di essere menzionata l’importante sentenza n. 18, con cui la Corte
costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 714, della legge
28 dicembre 2015, n. 208, recante “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)”, come sostituito dall’art. 1, comma 434, della
legge 11 dicembre 2016, n. 232 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2017
e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019).
La sentenza presenta molteplici spunti di interesse sia sul piano processuale che sostanziale.
Sul primo, la Consulta ha riconosciuto alla Corte dei conti la possibilità di sollevare
questioni di legittimità costituzionale in occasione del procedimento di esame del piano
pluriennale di riequilibrio finanziario di cui agli artt. 243-bis e 243-quater d.lgs. 18 agosto
2000 n. 267, in ciò ponendosi in linea di netta coerenza con i propri precedenti specifici in
materia ed assicurando un canale di accesso alla giustizia costituzionale in un settore della
legislazione di estrema rilevanza, per la capacità di incidere concretamente sul godimento
dei diritti fondamentali del cittadino, nonché per la tutela del “bene bilancio” quale valore
costituzionale che, in mancanza di tale apertura, difficilmente giungerebbe all’esame del
giudice delle leggi.
Sotto il profilo sostanziale, invece, la pronuncia ha affrontato la questione relativa ai limiti
temporali entro i quali è ragionevolmente possibile, per gli enti territoriali interessati dai
piani, dilazionare la restituzione delle anticipazioni di liquidità ricevute.
La Corte costituzionale ha quindi riconosciuto la illegittimità della norma per violazione
degli articoli 81 e 97 della Costituzione, “sia sotto il profilo della lesione dell’equilibrio e
della sana gestione finanziaria del bilancio, sia per contrasto con gli interdipendenti principi
di copertura pluriennale della spesa e di responsabilità nell’esercizio del mandato elettivo”,
escludendo tassativamente le anticipazioni di liquidità con ammortamento trentennale,
essendo consentito l’indebitamento solo per investimenti “in modo da determinare un

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tendenziale equilibrio tra la dimensione dei suoi costi e i benefici recati nel tempo alle
collettività amministrate”.
Il ricorso all’ammortamento trentennale delle anticipazioni di liquidità, secondo la
Consulta, pone l’ente che se ne giova in contrasto non soltanto con il principio dell’equilibrio
tendenziale del bilancio e con quello ad esso connesso della copertura pluriennale della
spesa ma, allo stesso tempo, anche con il principio della responsabilità nell’esercizio del
mandato elettivo dei suoi amministratori, visto che essi non avrebbero mai potuto
presentarsi agli elettori «separando i risultati direttamente raggiunti dalle conseguenze
imputabili alle gestioni pregresse».
Occorre dunque trovare un punto di equilibrio tra l’esigenza di non spostare sulle
generazioni future i costi finanziari delle politiche attuali e quella di non scaricare sugli
amministratori subentrati il peso degli errori del passato, così vanificando egualmente il
principio della responsabilità democratica.
La sentenza si dà carico di sollecitare il legislatore ad adottare le soluzioni normative per
salvaguardare la situazione degli enti in predissesto e in dissesto, che prescindano tuttavia
dalla natura eccezionale delle sanatorie e che potrebbe attuarsi mediante la corretta
operatività del Fondo di Solidarietà Comunale, principale strumento di perequazione
finanziaria tra gli enti territoriali, sebbene ancora oggi privo della necessaria incisività ed
efficacia.

2.1.2 Con la sentenza n. 83 la Corte, dando continuità a quanto già espresso con la pronuncia
n. 275 del 2016, ha ribadito due importanti principi: la natura fondamentale del diritto
all’istruzione delle persone con disabilità, che rientra nel nucleo dei diritti incomprimibili
dal legislatore all’atto della destinazione delle risorse pubbliche e l’effettiva fruibilità di tale
diritto, che non può dipendere da scelte discrezionali del legislatore.
Per questa ragione è doveroso assicurare a questo tipo di servizi uno stanziamento adeguato
e proiettato su un orizzonte temporale idoneo a dare certezza, per consentire alle Regioni
una stabile programmazione dei relativi servizi in coerenza con la rilevanza dei valori
costituzionali in gioco.

2.1.3 La sentenza n. 89 affronta la nota tematica della ammissibilità di tetti alla spesa del
personale nel settore sanitario.

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La questione di legittimità costituzionale sollevata ha riguardato l’articolo 1, comma 454,
della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario
2018), concernente la disciplina del concorso degli enti del Servizio sanitario nazionale alla
realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica e, in particolare, la riduzione delle spese del
personale, tacciata di indebita invasione dell’area riservata alle autonomie territoriali e in
particolare alle competenze regionali nella materia concorrente della tutela alla salute.
Nell’analizzare la questione la Corte ha ribadito la costante giurisprudenza costituzionale
intesa ad affermare che «l’autonomia legislativa concorrente delle Regioni nel settore della
tutela della salute ed in particolare nell’ambito della gestione del servizio sanitario può
incontrare limiti alla luce degli obiettivi della finanza pubblica e del contenimento della
spesa», al fine di “contenere i disavanzi del settore sanitario” (sentenza n. 193 del 2007). Il
legislatore statale può, dunque, «legittimamente imporre alle Regioni vincoli alla spesa
corrente per assicurare l’equilibrio unitario della finanza pubblica complessiva, in
connessione con il perseguimento di obiettivi nazionali, condizionati anche da obblighi
comunitari».

2.1.4 Con la sentenza n. 105 la Consulta esamina, ancora una volta, la legislazione relativa
al beneficio di poter usufruire, a determinate condizioni, di nuovi termini per la riadozione
del piano di riequilibrio finanziario pluriennale (nella specie l’art. 5, comma 11 septies, del
d.l. 30 dicembre 2016, n. 244, conv. in l. 27 febbraio 2017 n. 19).
La decisione, per quanto concluda con l’inammissibilità per difetto di rilevanza della
questione, ancora una volta ha ribadito che per conferire “effettività nel tempo” alla tutela
della finanza pubblica, occorre in primo luogo assicurare che le risultanze di bilancio,
considerate come singole componenti e nella loro sintesi finale costituita dal risultato di
amministrazione, rappresentino in maniera veritiera la sostanza della situazione
economico-finanziaria dell’Ente, avendo riguardo al bilancio e, in particolare, agli equilibri
ivi rappresentati, come un “unicum inscindibile nel tempo”.
In tale ottica l’avanzo di amministrazione, in quanto risultato di amministrazione positivo,
in grado di condensare e superare tutte le componenti negative del bilancio, è assolutamente
incompatibile con un piano pluriennale di riequilibrio, che presuppone, al contrario,
passività scaglionate nel tempo.

                                               12
In secondo luogo, la Corte ha precisato il ruolo fondamentale che deve essere attribuito in
tale ottica alla chiarezza ed univocità delle norme-fonte, al fine di evitare che proprio la
formulazione ambigua della norma statale possa costituire il presupposto per introdurre nel
sistema leggi di bilancio regionali in contrasto con i principi finanziari codificati dalla
Costituzione.

2.1.5 Con la sentenza n. 146 la Corte ha affrontato la questione di costituzionalità, sollevata
in sede di parifica dei rendiconti regionali dalla Sezione di controllo per la Campania, di
alcune norme regionali (articolo 2 della l.r. 20/2002, nella parte in cui sostituisce il comma 2
dell’articolo 58 della l.r. 10/2001 e dell’articolo 1, comma 1, l.r. 25/2003, nella parte in cui
aggiunge il comma 4 al citato articolo 58) che hanno introdotto previsioni di spesa per il
trattamento accessorio del personale regionale. Le disposizioni vengono censurate in
quanto, rispettivamente, istituiscono un fondo per finanziare le indennità da versare al
personale comandato o distaccato, in servizio presso le strutture politiche (uffici a diretta
collaborazione e supporto dei Presidenti di Commissioni, dei membri dell’Ufficio di
Presidenza e dei gruppi consiliari) e un ulteriore fondo per il personale in servizio presso le
strutture organizzative del Consiglio regionale al fine di assegnare risorse per l’assistenza
agli organi istituzionali per l’incremento dell’attività.
Secondo la Corte l’istituzione dei nuovi fondi, prevista dalle norme regionali in violazione
della competenza legislativa esclusiva statale, determina un aggravio della spesa per il
personale regionale, che costituisce un importante aggregato della spesa di parte corrente
(cfr. sentenza 108/2011). Tale spesa, non autorizzata dal legislatore statale e dunque non
divenuta oggetto di rinvio alla contrattazione di comparto, non può trovare per ciò stesso
legittima copertura finanziaria. Essa incide negativamente sull’equilibrio dei bilanci e sulla
sostenibilità del debito pubblico, in violazione degli articoli 81 e 97, primo comma, della
Costituzione.

2.1.6 La sentenza n. 33 si è interessata del delicato rapporto fra l’autonomia comunale e
l’intervento dello Stato volto ad imporre le forme di associazionismo obbligatorio nella
gestione delle funzioni fondamentali, dichiarando l’incostituzionalità della norma (articolo
14, co. 28, d.l. 31 maggio 2010 n. 78) che impone ai Comuni con meno di 5.000 abitanti di
gestire in forma associata le loro funzioni fondamentali, laddove non consente ai Comuni

                                               13
medesimi di dimostrare che, in quella forma, non sono realizzabili economie di scala o
miglioramenti nell’erogazione dei beni pubblici alle popolazioni di riferimento.
In tale ottica, la sentenza appare espressione di un punto di equilibrio fra ruolo dello Stato
che fissa principi di coordinamento della finanza pubblica attraverso strumenti
(l’associazionismo) finalizzati a garantire il buon andamento (e solo in quanto e se tali
strumenti siano idonei a perseguire quell’obiettivo nel rispetto del principio di adeguatezza)
e ruolo delle autonomie strumentali al soddisfacimento di diritti fondamentali dei cittadini,
come tra quest’ultimo ed il ruolo della Regione chiamata a scelte organizzative pur sempre
tese a garantire i migliori servizi alla collettività.
La Corte coglie l’occasione per ribadire, a proposito del mancato coinvolgimento degli enti
locali nella definizione degli ambiti ottimali per l’esercizio delle funzioni associate, come
«un sistema locale efficacemente strutturato», che dunque funzioni, non può risultare da un
procedimento che escluda la «voce dei Comuni», ossia improntato ad un centralismo
regionale che mortifica il principio di leale collaborazione essenziale «per assicurare il
migliore servizio alla collettività» .

2.1.7 Con la sentenza n. 191 la Corte ha esaminato la questione di legittimità costituzionale
dell’articolo 51, commi 6 e 7, del codice di giustizia contabile, nella parte in cui esclude
l’esercizio dell’azione del pubblico ministero contabile per il risarcimento del danno
all’immagine conseguente a reati dolosi commessi da pubblici dipendenti a danno delle
pubbliche amministrazioni, dichiarati prescritti con sentenza passata in giudicato
pienamente accertativa della responsabilità dei fatti, ai fini della condanna dell’imputato al
risarcimento dei danni patiti dalle parti civili costituite, in riferimento agli artt. 3, 76, 97 e
103 Cost.
Pur sfociando in una pronuncia di inammissibilità, la Corte costituzionale ha prospettato
una ricostruzione alternativa del quadro normativo non presa in considerazione dal giudice
a quo. Ha cioè valutato l’ipotesi che il rinvio contenuto dal secondo periodo dell’articolo 17,
comma 30-ter, del d.l. n. 78 del 2009 all’articolo 7 della legge n. 97 del 2001 (abrogato con
l’entrata in vigore del codice di giustizia contabile) avesse carattere fisso, e non mobile, sì
da consentire di ritenere che la prima disposizione debba tuttora essere integrata dalla
seconda, pur abrogata, e non dalle previsioni dell’articolo 51 del codice di giustizia
contabile. Per effetto di tale ricostruzione ermeneutica il danno all’immagine potrebbe

                                                 14
essere risarcito, tuttora, soltanto in presenza di una sentenza irrevocabile di condanna per
uno dei delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione previsti dal capo I,
titolo II, libro II, del codice penale.

                                               °°°°

2.2 Le pronunce della Corte di cassazione su questioni di giurisdizione

2.2.1 Numerose sono le sentenze con cui la Corte di cassazione ha affrontato il tema dei
rapporti con la giurisdizione contabile in ambito di società partecipate, dettagliando i
caratteri della società in house. Con la sentenza 5199 la Corte ha ribadito che, secondo
giurisprudenza consolidata (S.U. n. 22409 del 2018) per società in house deve intendersi
quella costituita da uno o più enti pubblici per l’esercizio di pubblici servizi, di cui
esclusivamente i medesimi enti possano essere soci, che statutariamente esplichi la propria
attività prevalente in favore degli enti partecipanti e la cui gestione sia per statuto
assoggettata a forme di controllo analoghe a quello esercitato dagli enti pubblici sui propri
uffici, e tali condizioni devono ricorrere tutte contemporaneamente. Sulla base di tali
consolidati principi la Corte ha in alcuni casi affermato la giurisdizione del giudice contabile
(sentt. nn. 5199 e 4132), in altri l’ha invece negata in favore del giudice ordinario (sent. n.
30006 e ord. n. 32608, quest’ultima nei confronti di una società partecipata da una
Fondazione privata).
In particolare, con la sentenza n. 16741 ha escluso la giurisdizione contabile sull’azione di
responsabilità promossa nei confronti di una società per azioni a totale partecipazione
pubblica per i danni provocati alla società a causa dell’attività degli amministratori e dei
sindaci svolta quali organi gestori e di controllo, poiché la società, da disposizione statutaria,
all’epoca delle condotte illecite contestate aveva un carattere aperto alla possibilità di
partecipazione di soci privati. Al tal riguardo la Corte di cassazione ha stabilito che non può
attribuirsi un carattere meramente formale al requisito della iscrizione nello statuto della
società in house della clausola di appartenenza esclusiva del capitale sociale all’ente che
esercita il controllo in termini analoghi a quelli propri del controllo gerarchico, al fine di
manifestare nei rapporti interni ed esterni il carattere istituzionalmente servente della

                                               15
società in house e la sua fisionomia di mera articolazione della pubblica amministrazione da
cui promana.

2.2.2 Con la sentenza n. 17124 la Suprema Corte, recependo un orientamento già espresso
(S.U. n. 22688/2011 e n. 25769/2015) ha confermato la sussistenza della giurisdizione
contabile sull’azione promossa per il recupero di compensi erogati a dipendenti pubblici
per incarichi espletati in assenza di autorizzazione e per fatti antecedenti alla introduzione
del comma 7 bis dell’art. 53 del d.lgs. n. 165/2001 (ad opera dell’art. 1, comma 42, lett. b),
legge 6 novembre 2012 n. 190), in forza del quale “l’omissione del versamento del compenso
da parte del dipendente pubblico indebito percettore costituisce ipotesi di responsabilità
erariale soggetta alla giurisdizione della Corte dei conti”. La Corte regolatrice ha
riconosciuto la natura risarcitoria tipizzata di siffatta responsabilità, connotata da
predeterminazione legale del danno “a valenza sanzionatoria”, con carattere chiaramente
strumentale al corretto esercizio delle mansioni del pubblico dipendente, in quanto
preordinata a garantirne il proficuo svolgimento attraverso il previo controllo
dell’Amministrazione sulla possibilità, per il dipendente, di impegnarsi in un’ulteriore
attività senza pregiudizio dei compiti di istituto.
In questa ottica, si è precisato che la disposizione di cui al comma 7 bis dell’art. 53 del d.lgs.
n. 165 del 2001, introdotta dalla legge n. 190 del 2012, non riveste carattere innovativo, ma
si pone “in rapporto di continuità regolativa” con l’orientamento giurisprudenziale già
delineatosi, con la conseguenza che la regola da essa esplicitata a livello di fonte legale è
meramente ricognitiva della giurisdizione contabile sussistente anche in precedenza.

2.2.3 Con tre diverse sentenze (nn. 1035, 1034 e 10768) le Sezioni Unite si sono pronunciate
sulla giurisdizione spettante in ordine alla verifica della inerenza e della conformità ai fini
istituzionali delle spese rimborsate ai consiglieri regionali per le attività del gruppo
medesimo, dando continuità ad un costante orientamento e riaffermando che la gestione dei
fondi pubblici erogati ai gruppi partitici dei consigli regionali è soggetta alla giurisdizione
della Corte dei conti in materia di responsabilità erariale, sia perché a tali gruppi va
riconosciuta natura essenzialmente pubblicistica in relazione alla funzione strumentale al
funzionamento dell’organo assembleare da essi svolta, sia in ragione dell’origine pubblica
delle risorse e della definizione legale del loro scopo, senza che rilevi il principio

                                                16
dell’insindacabilità di opinioni e voti ex art. 122, quarto comma, Cost., non estensibile alla
gestione dei suddetti contributi.
Hanno, altresì, specificato che l’accertamento rimesso in tale ambito al giudice contabile non
deborda dai limiti esterni imposti dalla sua giurisdizione, essendo alla Corte dei conti
rimesso il giudizio di conformità alla legge dell’azione amministrativa, che si sostanzia nella
verifica della non inerenza delle attività di gestione del contributo erogato ai gruppi
consiliari rispetto alle finalità, di preminente interesse pubblico, che allo stesso imprime la
normativa vigente, in termini di congruità e di collegamento teleologico delle singole voci
di spesa ammesse al rimborso alle finalità pubblicistiche dei gruppi.

2.2.4 Sempre in tale ottica, la sentenza n. 11502 riconosce la giurisdizione della Corte dei
conti sulle spese di consulenza fittizie e comunque diseconomiche, liquidate sul bilancio dei
gruppi consiliari, “in patente contrasto con il canone di ragionevolezza e di quello di buon
andamento dell’amministrazione”, per le quali nessun rilievo può riconoscersi alla
insindacabilità prevista dall’articolo 122 Cost. a favore dei consiglieri regionali nell’esercizio
delle funzioni di rappresentanza politica del Consiglio regionale.

2.2.5 Sul versante dei rapporti con la giurisdizione contabile, la sentenza n. 9680 ha escluso
l’eccesso di potere giurisdizionale per invasione della sfera di discrezionalità
dell’amministrazione a seguito della conclusione, rivelatasi dannosa, di un’operazione di
finanza derivata (del tipo Interest Rate Swap) da parte del sindaco di un comune, degli
assessori comunali e funzionari, condannati al risarcimento per avere concluso, o consentito
di stipulare, il contratto senza avere esperienza delle operazioni derivate e senza avvalersi
di una preventiva consulenza sul contenuto del contratto. La sentenza ha richiamato i
principi ormai pacifici in tema di sindacato del giudice contabile sulle scelte discrezionali
dell’amministrazione, pienamente rispettati nella fattispecie, essendosi la valutazione della
Corte dei conti estrinsecata in piena aderenza ai criteri di efficacia ed economicità di cui
all’art. 1 della legge n. 241 del 1990 e, dunque, secondo parametri di legittimità che ne
collocavano la decisione all’interno della giurisdizione contabile.

2.2.6 Conforme alla giurisprudenza costantemente ribadita è poi l’ordinanza n. 13245, con
la quale le Sezioni unite hanno affermata la sussistenza della giurisdizione contabile sul

                                               17
danno erariale conseguente alla illecita percezione di contributi pubblici, essendo
configurabile un rapporto di servizio tra la P.A. erogatrice del contributo ed i soggetti privati
i quali, disponendo della somma erogata in modo diverso da quello preventivato o ponendo
in essere i presupposti per la sua illegittima percezione, abbiano frustrato lo scopo
perseguito dall’Amministrazione; viene in rilievo, ai fini del radicamento della
giurisdizione, la natura pubblica del danno conseguente alle condotte illecite.

2.2.7 Va poi segnalato un recente arresto delle SS.UU. civili in sede nomofilattica, le quali,
componendo un contrasto giurisprudenzale, con la sentenza n. 13246 hanno sostenuto che
lo Stato o l’ente pubblico rispondono per i danni determinati al terzo da condotte illecite
commesse dai propri dipendenti, pur se devianti o contrarie rispetto ai fini istituzionali. La
corresponsabilità della pubblica amministrazione con il funzionario o dipendente sussiste
purché l’azione illecita sia legata da un nesso di occasionalità necessaria con le funzioni
svolte dal dipendente infedele, tale ritenendosi la correlazione tra funzioni ed evento lesivo
per cui le prime abbiano determinato o agevolato il fatto lesivo; alla condizione che la
condotta del dipendente costituisca (e l’amministrazione abbia potuto prefigurarla) un non
imprevedibile sviluppo dello scorretto esercizio delle mansioni, poste in essere dai preposti
approfittando della titolarità o dell’esercizio delle funzioni o dei poteri ad essi attribuiti, per
la realizzazione di fini egoistici ed estranei a quelli pubblicistici in vista dei quali erano stati
conferiti.
La sentenza afferma importanti principi che vanno tuttavia raccordati, ai diversi fini del
riparto di giurisdizione, sia con gli approdi ermeneutici dell’istituto dell’occasionalità
necessaria, sia con il generale principio di immedesimazione organica che lega il dipendente
alla P.A., oltre che, naturalmente, con l’affidamento dell’amministrazione pubblica sulla
liceità e correttezza comportamentale dei suoi dipendenti, che sottostanno al dovere
costituzionale di agire con fedeltà per il perseguimento del buon andamento della P.A.

2.2.8 Con le sentenze n. 4883 e n. 24859 la Corte di cassazione ha affrontato, risolvendolo
positivamente, il quesito della possibile coesistenza dell’azione di responsabilità per danno
erariale e di quella ordinaria civilistica risarcitoria promossa dall’amministrazione
danneggiata. Le SS.UU. hanno infatti affermato la reciproca indipendenza delle due azioni,
anche quando vertano sui medesimi fatti materiali, dal momento che la prima è volta alla

                                                18
tutela dell’interesse pubblico generale al buon andamento della P.A. e al corretto impiego
delle risorse; la seconda è finalizzata al pieno ristoro del danno, con funzione riparatoria ed
integralmente compensativa dell’interesse particolare della singola amministrazione attrice.
Da ciò discende che la P.A. danneggiata ben può promuovere dinanzi al giudice ordinario
l’azione civilistica di responsabilità a titolo risarcitorio, anche contestualmente all’azione
erariale e fino ad integrale risarcimento del danno erariale; l’eventuale interferenza fra i due
giudizi, pertanto, pone esclusivamente un problema di osservanza del principio del ne bis
in idem ma non dà luogo a questioni di giurisdizione.

2.2.9 In materia più strettamente attinente alla responsabilità contabile, la sentenza n. 1414
ha affermato la giurisdizione della Corte dei conti in ordine ad una controversia tra Comune
e tesoriere finalizzata ad ottenere il rimborso delle anticipazioni di tesoreria risultanti alla
fine della propria gestione, spettando al giudice contabile la verifica dei rapporti di dare –
avere fra l’agente contabile e l’amministrazione comunale e del risultato di detti rapporti
strettamente inerenti alla contabilità dell’ente locale.

2.2.10 Con riferimento alla materia sanitaria, si segnalano infine due sentenze per i possibili
riflessi in ordine alla responsabilità amministrativa: la sentenza n. 32477 (Sez. IV penale) ha
affrontato la questione della colpa da organizzazione in ambito sanitario, affermando che il
direttore sanitario di una casa di cura privata è titolare, in virtù dei poteri di gestione e
organizzazione della struttura, di una posizione di garanzia giuridicamente rilevante, tale
da consentire di configurare una responsabilità colposa per fatto omissivo, per mancata o
inadeguata organizzazione e per inottemperanza all’obbligo di adottare le cautele
organizzative e gestionali necessarie a prevenire la commissione di reati.
La sentenza n. 28985 (Sez. III civ.) ha invece diffusamente affrontato, in tema di colpa
medica, la rilevanza del consenso informato e la sua diversa incidenza ai fini della
risarcibilità del danno biologico derivato da condotta colposa del sanitario, puntualizzando
che il medico è tenuto, in ogni caso, a rendere edotto il paziente sulle sue condizioni di salute
e sui rischi dei possibili trattamenti sanitari e chirurgici, indipendentemente dalla
riconducibilità o meno di tale attività informativa ad un vincolo contrattuale o ad un obbligo
legale di contatto sociale. Ai fini della verifica della violazione del diritto alla libera
autodeterminazione del paziente, non assume, dunque, alcun rilievo la modifica legislativa

                                               19
della natura della responsabilità professionale medica, trasformata da contrattuale o
paracontrattuale ad extracontrattuale dalle leggi intervenute nel 2012 (d.l. 158/2012 conv.
in l. 189/2012, cd. Balduzzi) e nel 2017 (legge n. 24/2017, cd. Gelli-Bianco).

                                              °°°°

2.3 Le sentenze delle Sezioni riunite della Corte dei conti

2.3.1 Merita di essere menzionata, per l’attualità della tematica affrontata, la sentenza n. 26,
con cui le Sezioni riunite in sede giurisdizionale si sono espresse sulla natura della
responsabilità disciplinata dall’art. 53, commi 7 e 7 bis, del d.lgs. n. 165 del 2001, connessa
all’omissione di versamento del compenso indebitamente percepito dai pubblici dipendenti
che abbiano svolto incarichi extraistituzionali non autorizzati o non autorizzabili, al fine di
chiarire se tale responsabilità possa essere sussunta nel paradigma delle ipotesi di
responsabilità sanzionatoria, e quali siano le conseguenze da essa scaturenti anche sul piano
processuale, in ragione del diverso rito applicabile rispetto a quello ordinario.
La sentenza ha precisato che nella specie occorre distinguere la condotta costituita
dall’obbligo di versamento dei compensi illecitamente percepiti da quella omissiva
connotata dal mancato riversamento dei medesimi.
In altre parole, una volta accertata l’assenza di autorizzazione e il successivo espletamento
dell’incarico, nonché la percezione del compenso, scatta per il dipendente l’obbligo di
versamento all’amministrazione di quanto percepito in violazione del dovere di esclusività.
Tale obbligo, illustrato al comma 7 dell’art. 53, si connota in funzione di deterrenza per il
dipendente pubblico della violazione della già indicata normativa posta a protezione dei
beni, costituzionalmente tutelati, dell’imparzialità e dell’esclusività del rapporto di impiego
pubblico, e entro tali limiti può ad esso essere riconosciuta la “valenza sanzionatoria” di cui
parla la Corte di cassazione nella pronuncia n. 17124/2019.
Ma – chiarisce la sentenza – è il successivo comma 7 bis, introdotto dalla legge n. 190 del
2012, ad individuare la diversa ed ulteriore condotta che sancisce espressamente la
“responsabilità erariale” giustiziabile, secondo la norma, davanti alla Corte dei conti, anche
se posta in evidente correlazione con l’obbligo primario di cui sopra.

                                               20
Ebbene, secondo le Sezioni riunite la condotta, tipizzata dalla norma, dell’omissione di
versamento del compenso all’amministrazione di appartenenza non può essere ricollegata
al paradigma della responsabilità “sanzionatoria”, poiché con il comma 7 bis il legislatore
non individua, oltre alla condotta, una “sanzione pecuniaria” eventualmente ricompresa fra
un minimo ed un massimo entro cui il giudice dovrà esercitare il proprio potere
discrezionale, come avvenuto per altre disposizioni normative che hanno introdotto ipotesi
di vere e proprie responsabilità sanzionatorie ora normate dal codice di giustizia contabile
agli articoli 133 e seguenti. Il comma 7 bis dell’art. 53, infatti, si limita a tipizzare la sola
condotta del dipendente, omissiva dell’obbligo di riversamento e a stabilire la responsabilità
erariale per la violazione di siffatto obbligo di versamento del compenso al bilancio
dell’amministrazione di appartenenza, la quale deve destinarlo ad un apposito fondo in
favore dei dipendenti.
La sentenza ha quindi definito la questione di massima affermando che quella introdotta
dal citato comma 7 bis è responsabilità pienamente risarcitoria e restitutoria “da mancata
entrata”, cioè dell’introito indebito del dipendente infedele, che costituisce un’entrata tipica
dell’amministrazione di appartenenza ed è vincolata ad una specifica destinazione.

2.3.2 Numerose sono state le ordinanze intervenute nel corso del 2019 con cui le Sezioni
riunite in sede giurisdizionale, in sede di esame di regolamenti di competenza avverso
ordinanze di sospensione del giudizio contabile in ragione della pendenza di altro giudizio,
hanno ribadito il costante orientamento giurisprudenziale che esclude, nel processo
contabile, ipotesi di sospensione disciplinate dall’art. 295 c.p.c., ora normata dall’art. 106 del
codice di giustizia contabile, che siano riconducibili a ragioni di mera opportunità,
dovendosi piuttosto ravvisare, al di fuori dei casi di sospensione necessaria prevista per
legge, condizioni concrete e stringenti di evidente correlazione logico-giuridica tra la causa
da definirsi e quella pendente presso altro giudice, così che la situazione giuridica della
causa pregiudiziale, da accertarsi con efficacia di giudicato, si ponga come elemento
costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo del distinto rapporto dedotto nella causa
dipendente, salvaguardando altresì il principio di ragionevole durata del processo
contabile, i cui tempi vengono dilatati in maniera considerevole in ragione della
sospensione.

                                                21
Si citano, fra le tante, l’ordinanza n. 6, che, accogliendo il proposto regolamento di
competenza, ha escluso la necessità sospensione del giudizio contabile per la pendenza di
giudizio civile teso ad accertare il diritto al risarcimento dei danni da inadempimento a
carico dell’amministrazione danneggiata; e l’ordinanza n. 12, che ha accolto l’impugnazione
avverso una ordinanza di sospensione motivata dalla necessità di accertare nel giudizio
penale, all’esito del dibattimento di primo grado, la veridicità delle dichiarazioni
testimoniali acquisite nell’ambito delle investigazioni effettuate dalla polizia giudiziaria, in
quanto contestate dalla difesa dei convenuti nel giudizio di responsabilità.

2.3.3 Rilevante è stato l’apporto delle Sezioni riunite in speciale composizione
nell’esaminare complesse problematiche riguardanti le impugnative, da parte di enti locali
e di regioni, delle deliberazioni delle Sezioni regionali di controllo.
Con la sentenza n. 16 le Sezioni riunite in speciale composizione, nell’affrontare la tematica
della individuazione dello status di “società a controllo pubblico”, hanno sostenuto che la
situazione di controllo pubblico non può presumersi in presenza di “comportamenti univoci
o concludenti”, richiedendosi invece che essa possa desumersi da norme di legge, statutarie
o da patti parasociali.
Il concetto è stato ripreso e approfondito dalla sentenza n. 17, che ha statuito che la
situazione di controllo pubblico, in definitiva, non può essere presunta ex lege in presenza
di una partecipazione maggioritaria di più amministrazioni pubbliche, né si può
automaticamente desumere da un coordinamento di fatto; essa deve risultare
esclusivamente da norme di legge, statutarie o da patti parasociali (la cui esistenza può in
determinate circostanze desumersi da comportamenti concludenti) che, richiedendo il
consenso unanime o maggioritario di alcune delle pubbliche amministrazioni partecipanti,
determinano la capacità di tali pubbliche amministrazioni di incidere sulle decisioni
finanziarie e strategiche della società.
Va poi segnalato che in sede di controllo le Sezioni riunite (n. 11/2019/Contr.) hanno
ulteriormente affermato che il concetto di controllo pubblico può essere rivisto quando,
nonostante la maggioranza delle quote, siano i soci privati ad avere un’influenza
dominante, che però va provata sulla base di patti parasociali o specifiche clausole statutarie
o contrattuali.

                                               22
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