INAUGURAZIONE DELL'ANNO GIUDIZIARIO - 2020 RELAZIONE Presidente Rita Loreto - Corte dei ...
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SEZIONE GIURISDIZIONALE REGIONALE PER LA CALABRIA INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2020 RELAZIONE Presidente Rita Loreto CATANZARO, 21 FEBBRAIO 2020 CORTE DEI CONTI - CENTRO UNICO PER LA FOTORIPRODUZIONE E LA STAMPA - ROMA
SEZIONE GIURISDIZIONALE REGIONALE PER LA CALABRIA INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2020 RELAZIONE Presidente Rita Loreto CATANZARO, 21 FEBBRAIO 2020
INTRODUZIONE Un caloroso saluto desidero rivolgere al Presidente Angelo Buscema per averci voluto onorare della Sua presenza, al quale esprimo il sentito ringraziamento dei magistrati e del personale amministrativo della Corte dei conti calabrese, che ha la fortuna di annoverarlo fra i magistrati illustri che hanno prestato servizio in tale sede. Assidua ed affettuosa è stata l’attenzione mostrata dal Presidente verso la Corte dei conti della Calabria, sia per averla prescelta quale prima sede con cui dare l’avvio ad una innovativa opera di avvicinamento del Vertice istituzionale di questa Magistratura alle differenti e variegate realtà delle Sezioni regionali, spesso caratterizzate da esigenze organizzative e gestionali differenti rispetto a quelle centrali; sia per avere mantenuto costante tale interesse, rinnovando la Sua presenza nel territorio in occasione della recente cerimonia di parificazione del rendiconto regionale. Anche di questo, signor Presidente, La ringrazio e rinnovo l’augurio di buon lavoro. Saluto le Autorità civili, militari e religiose, i Magistrati degli altri Ordini giudiziari, gli Avvocati del foro pubblico e privato, i Rappresentanti del mondo accademico e i gentili Ospiti oggi presenti alla cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario 2020 della Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Calabria. Un cordiale saluto rivolgo al Capo di Gabinetto della Corte dei conti, Presidente Mauro Orefice, per la sua presenza alla odierna cerimonia. Saluto i colleghi della Sezione di controllo, per l’impegno mostrato nell’assicurare la correttezza dei conti pubblici e la legalità dell’azione amministrativa. Un particolare benvenuto va ai magistrati da poco assegnati a questa sede ed un caloroso ringraziamento rivolgo ai valenti colleghi Quirino Lorelli, Ida Contino e Andrea Luberti, ora in servizio presso altri Uffici, per l’impegno e la professionalità dimostrata nei lunghi anni di permanenza presso questa Sezione giurisdizionale. Unitamente ad essi, un saluto affettuoso rivolgo alla collega Rossella Scerbo, la quale solo lo scorso mese ha lasciato le funzioni di Procuratore regionale della Calabria per svolgere quelle di giudice presso una Sezione centrale di appello, che ringrazio per l’impegno professionale e la correttezza istituzionale con cui, unitamente a tutti i Magistrati del suo Ufficio, ha perseguito con serietà e determinazione la tutela degli interessi erariali. 1
Infine, particolare gratitudine rivolgo al rappresentante dell’Associazione Magistrati della Corte dei conti, Consigliere Paola Briguori, per l’attenzione dimostrata a tutela dell’autonomia e della indipendenza dei magistrati contabili. Secondo le linee guida approvate dal Consiglio di Presidenza della Corte dei conti, la relazione del Presidente della Sezione giurisdizionale illustrerà l’attività svolta nell’anno appena concluso, soffermandosi sugli interventi legislativi e gli indirizzi giurisprudenziali di maggiore rilievo che hanno riguardato la giustizia contabile. Ad essa faranno seguito le relazioni del Procuratore regionale Giovanni Di Pietro e del Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati Antonello Talerico. Seguiranno poi l’intervento del Presidente della Sezione regionale di controllo Vincenzo Lo Presti ed il saluto del rappresentante dell’Associazione Magistrati della Corte dei conti Consigliere Paola Briguori. 2
1. INTERVENTI NORMATIVI DI INTERESSE PER LA CORTE DEI CONTI 1.1 Le modifiche introdotte dal d.lgs. 7 ottobre 2019, n. 114 recante “Disposizioni integrative e correttive al codice di giustizia contabile”. Una disposizione normativa di rilievo ha riguardato le modifiche introdotte al codice di giustizia contabile dal d.lgs. 7 ottobre 2019, n. 114, che ha apportato alcuni correttivi sostanziali e formali alla disciplina processuale dei giudizi dinanzi alla Corte dei conti. Si segnalano solo le modifiche di maggiore interesse e quelle riferite in particolare al rito ordinario. Gli articoli 1 e 2 del decreto correttivo intervengono sul Capo I – relativo ai principi generali, introducendo importanti novità: - Si incide in materia di digitalizzazione ed informatizzazione, aggiungendo la sottoscrizione in forma digitale degli atti e dei provvedimenti del giudice e prevedendo che anche le parti possano effettuare le notificazioni degli atti direttamente a indirizzi di posta elettronica certificata risultanti da pubblici elenchi e registri (art. 1 che modifica l’art. 6, co. 3 e 4 del codice); - Si estende al giudizio pensionistico l’applicazione del rito ordinario del giudizio di responsabilità contabile, beninteso se non espressamente derogato (art. 2 che modifica l’art. 7 del codice). L’articolo 6 interviene sull’art. 17 del codice recando modifiche alla disciplina della translatio iudicii, in particolare nell’ipotesi in cui la giurisdizione sia declinata in favore del giudice contabile, al fine di adattare e rendere coerente, nei limiti consentiti dalla specificità della giurisdizione contabile, le previsioni recate dall’art. 59 della legge n. 69 del 2009 in ordine alla decisione delle questioni di giurisdizione nelle ipotesi in cui il giudice civile, amministrativo, contabile o tributario dichiari il proprio difetto di giurisdizione. Circa la procura alle liti, l’articolo 13, introducendo un comma 1-bis all’art. 29 del codice, prevede che per la fase pre-processuale essa rechi comunque l’elezione di domicilio e sia 3
rilasciata in calce o a margine dell’invito a dedurre o delle deduzioni difensive, con effetti che valgono anche per la fase del giudizio successivamente instaurato. Relativamente alla denuncia di danno, viene allargata la platea dei soggetti obbligati, ricomprendendovi anche i liquidatori di società a partecipazione pubblica e sono introdotte misure volte a garantire la riservatezza dei soggetti che segnalano al procuratore regionale eventi di danno (art. 19 che modifica l’art. 52 del codice). Il correttivo elimina l’obbligo di motivazione dell’attività istruttoria diretta del P.M., apparendo invasivo della sfera di autonomia del pubblico ministero l'obbligo, inizialmente previsto, di rendere ostensive le ragioni delle proprie scelte in ordine alle modalità investigative (art. 21 che modifica l’art. 56). Con riguardo alle richieste di documenti e di informazioni da parte del PM, si precisa che esso può richiedere atti e documenti, ancorché coperti dal segreto investigativo, a tutte le autorità giudiziarie (art. 22 che modifica l’art. 58 co 1 del codice). Viene soppresso l’onere, prima gravante sul PM, di emettere un decreto motivato per richiedere alle pubbliche amministrazioni le informazioni e i documenti necessari all’istruttoria, poiché in tali casi non sussistono quelle esigenze di tutela del destinatario che invece ricorrono con riguardo ad altre attività istruttorie per le quali il codice già impone specifica motivazione (art. 22 che modifica l’art. 58 co. 2). Viene, altresì, consentita la riapertura del fascicolo istruttorio se dopo l’archiviazione emergono non solo elementi nuovi consistenti in fatti sopravvenuti, ma anche preesistenti sebbene dolosamente occultati (art. 31 che modifica l’art. 70 del codice). Relativamente alle attività preprocessuali di parte, l’art. 32 modifica la disciplina dell’accesso al fascicolo istruttorio (di cui all’art. 71 del codice), riconoscendo il diritto di accedere al fascicolo depositato e a visionare ed estrarre copia di tutti gli atti e documenti ivi contenuti non solo al presunto responsabile, ma anche, ove nominato, al difensore purché dotato di procura alle liti. Il correttivo interviene poi sulla disciplina del sequestro conservativo, sia ante causam che in corso di causa e durante la pendenza dei termini per l’impugnazione, riconoscendo al terzo, che assume di essere stato leso da un provvedimento di sequestro, il diritto di opporsi intervenendo all’udienza in corso di causa (art. 34 che modifica l’art. 74 del codice) o proponendo reclamo avverso il provvedimento cautelare lesivo dei suoi diritti (art. 35 che modifica l’art. 75 del codice). 4
Nell’ambito delle disposizioni che regolano il giudizio di responsabilità secondo il rito ordinario, l’art. 43 elimina il riferimento, di difficile verificazione nel giudizio contabile, al litisconsorzio necessario sostanziale, prevedendo che il giudice tenga conto, nelle ipotesi di responsabilità parziaria, dell’apporto causale dei soggetti non evocati in giudizio in sede di determinazione della minor somma da imputare in sentenza ai condebitori convenuti in giudizio. Il decreto correttivo apporta alcune modifiche anche al giudizio di conto, introducendo, al fine di agevolare l’attività del giudice istruttore sul conto, la facoltà di nominare un commissario ad acta in ipotesi di inadempimento dell’amministrazione a fornire i documenti o gli elementi di giudizio necessari al fine di decidere (art. 11 che introduce il comma 1-bis all’art. 25 del codice). Vengono poi limitate alla previa autorizzazione del collegio le sole nomine di consulenti, mentre il giudice istruttore potrà liberamente effettuare ispezioni e accertamenti diretti. Ai fini di maggior completezza del contraddittorio, l’art. 62 modifica l’art. 147 del codice prevedendo che, all’atto dell’iscrizione del giudizio a ruolo d’udienza, la segreteria della Sezione è tenuta a comunicare non solo il decreto di fissazione di udienza ma anche la relazione istruttoria del giudice designato per l’esame sul conto all’agente contabile, alla amministrazione e al pubblico ministero. A garanzia del contraddittorio, la nuova disposizione dell’art. 148 introdotta dall’art. 62 dello schema correttivo consente all’agente contabile che sia presente in udienza, anche quando viene sentito dal collegio, di potersi sempre difendere, anche personalmente, essendo di difficile individuazione il discrimine tra il “fornire chiarimenti” e lo svolgere difese orali. E’ stato, infine introdotto il comma 2-bis., secondo cui il magistrato che ha sottoscritto la relazione sul conto di cui al comma 4 dell’articolo 145 non fa parte del collegio giudicante, al fine di assicurare una completa neutralità del giudizio del collegio. Alcune modifiche sono state apportate anche alla disciplina dei giudizi ad istanza di parte. Al fine di assicurare una più completa difesa, è stato ampliato da 60 a 90 giorni il termine massimo che può intercorrere fra il deposito del ricorso e l’udienza di discussione (art. 77 che modifica l’art. 173 del codice). 5
E’ poi previsto (art. 78) che il ricorso debba essere sempre notificato, a cura dell’istante, anche alla procura regionale e che il ricorso, unitamente alle relazioni di notificazione, debbano essere depositati in segreteria almeno 10 giorni prima dell’udienza di discussione. E’ stata semplificata la disposizione che prevedeva le conclusioni del pubblico ministero, che originariamente potevano essere scritte o formulate in udienza a seconda del tipo di giudizio ad istanza di parte. Il correttivo (art. 79), intervenendo sull’art. 175 del codice, ha ora stabilito che il procuratore debba sempre formulare conclusioni scritte da depositare in segreteria 20 giorni prima dell’udienza. Infine, la novella ha arrecato modifiche anche alla disciplina del giudizio pensionistico, prevedendo, riguardo al deposito, per tutti i ricorsi in materia di pensioni la facoltà di spedizione mediante raccomandata e, circa la costituzione del convenuto, la facoltà per quest’ultimo di indicare un indirizzo di posta elettronica certificata presso il quale effettuare le comunicazioni e le notificazioni, ferma restando la diversa opzione di dichiarare la residenza o eleggere domicilio nel comune in cui abbia sede il giudice adito (art. 68 che modifica l’art. 156 del codice). Per agevolare lo svolgimento dei giudizi nel rispetto dei principi del giusto processo, sono stati poi previsti prolungamenti dei termini processuali intercorrenti fra il deposito del ricorso e l’udienza di discussione (art. 67), tra la data di notificazione al convenuto e l’udienza di discussione, tra la prima udienza di trattazione e la successiva fissata alle parti per proporre mezzi di prova, nonché del termine massimo che il giudice può concedere per il deposito delle note difensive. 1.2 Le misure volte a valorizzare l’informatizzazione della pubblica amministrazione e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni. La legge di bilancio per l’anno 2020, n. 160 del 27 dicembre 2019 (in G.U. del 30.12.2019) ha previsto misure volte a promuovere e valorizzare l’informatizzazione della pubblica amministrazione sotto diversi profili. Alla Presidenza del Consiglio dei ministri è affidato lo sviluppo della Piattaforma digitale per le notifiche delle pubbliche amministrazioni attraverso la società per azioni PagoPa, 6
interamente partecipata dallo Stato, cui compete la gestione della piattaforma; sono a tal fine stanziate specifiche risorse finanziarie (co. 402 e 403). Risorse aggiuntive sono altresì destinate ai processi di innovazione tecnologica e di digitalizzazione di competenza del Dipartimento per la trasformazione digitale della Presidenza del Consiglio dei ministri e per l’attuazione dell’Agenda digitale italiana (co. 399-401). Sempre in materia di pubblica amministrazione, il comma 163 reca alcune modifiche all’articolo 46 decreto legislativo n. 33 del 2013, prevedendo che l’inadempimento degli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni, stabiliti dalla normativa vigente ed il rifiuto, il differimento e la limitazione dell’accesso civico (al di fuori delle ipotesi in cui tale accesso e limitato o precluso secondo quanto prevede l’articolo 5-bis del medesimo decreto legislativo) costituiscono elemento di valutazione negativa della responsabilità dirigenziale con applicazione di sanzioni differenziate dal modificato articolo 47 ed eventuale causa di responsabilità per danno all’immagine della pubblica amministrazione, e sia comunque valutata ai fini della corresponsione della retribuzione di risultato e del trattamento individuale collegato alla performance dei responsabili. 1.3. La legge sulla concretezza dell’azione della pubblica amministrazione e sul contrasto dell’assenteismo. In data 22 giugno 2019 è stata pubblicata la legge 19 giugno 2019, n. 56, recante “Interventi per la concretezza delle azioni delle pubbliche amministrazioni e la prevenzione dell’assenteismo”. La norma, che reca alcune modifiche al testo unico del pubblico impiego (d.lgs. n. 165 del 2001) introduce il concetto di “concretezza” dell’azione amministrativa, sul quale si misura la corretta applicazione delle disposizioni in materia di efficienza, funzionamento, trasparenza e digitalizzazione delle pubbliche amministrazioni e la conformità dell’attività amministrativa ai principi di imparzialità e buon andamento. A tal fine viene assunto l’impegno, con specifico decreto del Ministro per la Pubblica amministrazione, di piani triennali delle azioni concrete per l’efficienza delle pubbliche amministrazioni; viene costituito un organo di vigilanza denominato “Nucleo della 7
concretezza”, che si affianca agli organi di controllo interni ed esterni alla P.A. e che svolge a sua volta compiti di controllo, anche di tipo ispettivo, dell’osservanza delle prescrizioni del Piano da parte delle pubbliche amministrazioni e di correzione e sanzione in caso di inottemperanza. Il Nucleo si raccorda con la figura del Prefetto, il quale può segnalare eventuali irregolarità nell’azione amministrativa degli enti locali e chiedere l’intervento del Nucleo stesso. L’inosservanza delle prescrizioni del Nucleo rileva ai fini della responsabilità dirigenziale e disciplinare e determina l’iscrizione della pubblica amministrazione inadempiente in un elenco pubblicato nel sito del Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri. Entro il 30 giugno di ogni anno, il Dipartimento della funzione pubblica trasmette una relazione sugli esiti dei sopralluoghi e delle visite, segnalando i casi di mancato adeguamento al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro per l’interno e alla Corte dei conti. L’articolo 2 della legge prevede, altresì, misure volte al contrasto del fenomeno dell’assenteismo nelle amministrazioni pubbliche, da attuarsi attraverso sistemi di videosorveglianza degli accessi, che sostituiranno i diversi sistemi di rilevazione automatica attualmente in uso e mediante misure di verifica biometrica dell’identità, da adottarsi previo parere del Garante per la protezione dei dati personali. 1.4 Le modifiche al codice dei contratti pubblici e gli incentivi alla progettazione. La legge n. 55 del 14 giugno 2019 ha convertito, con modificazioni, il decreto c.d. Sblocca cantieri (d.l. 32 del 18 aprile 2019), introducendo diverse e rilevanti modifiche al Codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. 18 aprile 2016 n. 50 e s.m.i., nell’ottica di apportare sensibili semplificazioni e adeguamenti alla disciplina vigente in materia, e ciò anche al fine di dare riscontro ai rilievi mossi avverso tale comparto normativo in sede eurounitaria. La finalità ultima di tale riforma è quella di perseguire gli obiettivi di accelerazione delle procedure di affidamento dei contratti pubblici, materia oggetto di attenzione anche della giurisprudenza contabile in relazione ai correlati giudizi per responsabilità amministrativa, 8
nonché sottoposta al vaglio della attività consultiva delle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti. La riforma punta ad innovare le procedure di affidamento dei lavori, prevedendo, fra le altre, la reintroduzione fino al 31.12.2020 dell’appalto integrato, avendo previsto la sospensione fino a tale data del divieto di affidamento congiunto di progettazione ed esecuzione dei lavori. Viene introdotta più di una modifica al testo del comma 2 dell’art. 36 del Codice, al fine di modificare le diverse modalità di affidamento ivi previste per i contratti “sottosoglia”, nonché le corrispondenti classi di importo. Quanto ai criteri di aggiudicazione, il criterio del “minor prezzo” diventa alternativo rispetto al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa per i lavori sottosoglia. In modifica all’articolo 97, sono stati introdotti nuovi criteri di valutazione delle offerte anomale nei casi di aggiudicazione con il criterio del prezzo più basso. Viene dettata una disciplina transitoria del subappalto nelle more di una complessiva revisione del codice dei contratti pubblici. E’ stato poi modificato l’art. 35, commi 9 e 10 del Codice, prevedendo l’obbligo di computare il valore complessivo dei lotti, e non quello del singolo lotto, per stabilire le procedure di gara da seguire anche quando i lotti non vengono aggiudicati contemporaneamente. La riforma ha riguardato anche l’art. 113 del Codice, atteso che il d.l. 18 aprile 2019 n. 32 aveva reintrodotto tra le attività incentivate quelle della progettazione e del coordinamento della sicurezza in fase di progettazione e in fase di esecuzione, escludendo le attività di programmazione della spesa per investimenti e l’attività di predisposizione e controllo delle procedure di gara, ma in fase di conversione l’art. 113 è rimasto come nella precedente versione, per cui tali attività non sono più tra quelle incentivate, mentre lo sono, per contro, quelle di programmazione della spesa e di predisposizione e controllo delle procedure di gara. In tale quadro, risulta evidente che l’eclatante dietrofront avvenuto sulla reintroduzione degli incentivi per le funzioni di programmazione potrebbe dar luogo a rilevanti problemi applicativi di carattere inter-temporale; in particolare, relativamente alle attività incentivabili svolte nel periodo di vigenza del d.l. n. 32/2019. Tuttavia, va rammentato, secondo quanto di recente precisato dalla Sezione Autonomie della Corte dei conti (deliberazione n. 72 del 9 aprile 2019), che la corresponsione dell’incentivo necessita anche dell’ulteriore presupposto dell’avvenuto accantonamento delle risorse. °°°° 9
2. GLI INDIRIZZI GIURISPRUDENZIALI DI PARTICOLARE RILIEVO 2.1 Le sentenze della Corte costituzionale che hanno riguardato le materie di competenza del giudice contabile. 2.1.1 Merita senz’altro di essere menzionata l’importante sentenza n. 18, con cui la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 714, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)”, come sostituito dall’art. 1, comma 434, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019). La sentenza presenta molteplici spunti di interesse sia sul piano processuale che sostanziale. Sul primo, la Consulta ha riconosciuto alla Corte dei conti la possibilità di sollevare questioni di legittimità costituzionale in occasione del procedimento di esame del piano pluriennale di riequilibrio finanziario di cui agli artt. 243-bis e 243-quater d.lgs. 18 agosto 2000 n. 267, in ciò ponendosi in linea di netta coerenza con i propri precedenti specifici in materia ed assicurando un canale di accesso alla giustizia costituzionale in un settore della legislazione di estrema rilevanza, per la capacità di incidere concretamente sul godimento dei diritti fondamentali del cittadino, nonché per la tutela del “bene bilancio” quale valore costituzionale che, in mancanza di tale apertura, difficilmente giungerebbe all’esame del giudice delle leggi. Sotto il profilo sostanziale, invece, la pronuncia ha affrontato la questione relativa ai limiti temporali entro i quali è ragionevolmente possibile, per gli enti territoriali interessati dai piani, dilazionare la restituzione delle anticipazioni di liquidità ricevute. La Corte costituzionale ha quindi riconosciuto la illegittimità della norma per violazione degli articoli 81 e 97 della Costituzione, “sia sotto il profilo della lesione dell’equilibrio e della sana gestione finanziaria del bilancio, sia per contrasto con gli interdipendenti principi di copertura pluriennale della spesa e di responsabilità nell’esercizio del mandato elettivo”, escludendo tassativamente le anticipazioni di liquidità con ammortamento trentennale, essendo consentito l’indebitamento solo per investimenti “in modo da determinare un 10
tendenziale equilibrio tra la dimensione dei suoi costi e i benefici recati nel tempo alle collettività amministrate”. Il ricorso all’ammortamento trentennale delle anticipazioni di liquidità, secondo la Consulta, pone l’ente che se ne giova in contrasto non soltanto con il principio dell’equilibrio tendenziale del bilancio e con quello ad esso connesso della copertura pluriennale della spesa ma, allo stesso tempo, anche con il principio della responsabilità nell’esercizio del mandato elettivo dei suoi amministratori, visto che essi non avrebbero mai potuto presentarsi agli elettori «separando i risultati direttamente raggiunti dalle conseguenze imputabili alle gestioni pregresse». Occorre dunque trovare un punto di equilibrio tra l’esigenza di non spostare sulle generazioni future i costi finanziari delle politiche attuali e quella di non scaricare sugli amministratori subentrati il peso degli errori del passato, così vanificando egualmente il principio della responsabilità democratica. La sentenza si dà carico di sollecitare il legislatore ad adottare le soluzioni normative per salvaguardare la situazione degli enti in predissesto e in dissesto, che prescindano tuttavia dalla natura eccezionale delle sanatorie e che potrebbe attuarsi mediante la corretta operatività del Fondo di Solidarietà Comunale, principale strumento di perequazione finanziaria tra gli enti territoriali, sebbene ancora oggi privo della necessaria incisività ed efficacia. 2.1.2 Con la sentenza n. 83 la Corte, dando continuità a quanto già espresso con la pronuncia n. 275 del 2016, ha ribadito due importanti principi: la natura fondamentale del diritto all’istruzione delle persone con disabilità, che rientra nel nucleo dei diritti incomprimibili dal legislatore all’atto della destinazione delle risorse pubbliche e l’effettiva fruibilità di tale diritto, che non può dipendere da scelte discrezionali del legislatore. Per questa ragione è doveroso assicurare a questo tipo di servizi uno stanziamento adeguato e proiettato su un orizzonte temporale idoneo a dare certezza, per consentire alle Regioni una stabile programmazione dei relativi servizi in coerenza con la rilevanza dei valori costituzionali in gioco. 2.1.3 La sentenza n. 89 affronta la nota tematica della ammissibilità di tetti alla spesa del personale nel settore sanitario. 11
La questione di legittimità costituzionale sollevata ha riguardato l’articolo 1, comma 454, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2018), concernente la disciplina del concorso degli enti del Servizio sanitario nazionale alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica e, in particolare, la riduzione delle spese del personale, tacciata di indebita invasione dell’area riservata alle autonomie territoriali e in particolare alle competenze regionali nella materia concorrente della tutela alla salute. Nell’analizzare la questione la Corte ha ribadito la costante giurisprudenza costituzionale intesa ad affermare che «l’autonomia legislativa concorrente delle Regioni nel settore della tutela della salute ed in particolare nell’ambito della gestione del servizio sanitario può incontrare limiti alla luce degli obiettivi della finanza pubblica e del contenimento della spesa», al fine di “contenere i disavanzi del settore sanitario” (sentenza n. 193 del 2007). Il legislatore statale può, dunque, «legittimamente imporre alle Regioni vincoli alla spesa corrente per assicurare l’equilibrio unitario della finanza pubblica complessiva, in connessione con il perseguimento di obiettivi nazionali, condizionati anche da obblighi comunitari». 2.1.4 Con la sentenza n. 105 la Consulta esamina, ancora una volta, la legislazione relativa al beneficio di poter usufruire, a determinate condizioni, di nuovi termini per la riadozione del piano di riequilibrio finanziario pluriennale (nella specie l’art. 5, comma 11 septies, del d.l. 30 dicembre 2016, n. 244, conv. in l. 27 febbraio 2017 n. 19). La decisione, per quanto concluda con l’inammissibilità per difetto di rilevanza della questione, ancora una volta ha ribadito che per conferire “effettività nel tempo” alla tutela della finanza pubblica, occorre in primo luogo assicurare che le risultanze di bilancio, considerate come singole componenti e nella loro sintesi finale costituita dal risultato di amministrazione, rappresentino in maniera veritiera la sostanza della situazione economico-finanziaria dell’Ente, avendo riguardo al bilancio e, in particolare, agli equilibri ivi rappresentati, come un “unicum inscindibile nel tempo”. In tale ottica l’avanzo di amministrazione, in quanto risultato di amministrazione positivo, in grado di condensare e superare tutte le componenti negative del bilancio, è assolutamente incompatibile con un piano pluriennale di riequilibrio, che presuppone, al contrario, passività scaglionate nel tempo. 12
In secondo luogo, la Corte ha precisato il ruolo fondamentale che deve essere attribuito in tale ottica alla chiarezza ed univocità delle norme-fonte, al fine di evitare che proprio la formulazione ambigua della norma statale possa costituire il presupposto per introdurre nel sistema leggi di bilancio regionali in contrasto con i principi finanziari codificati dalla Costituzione. 2.1.5 Con la sentenza n. 146 la Corte ha affrontato la questione di costituzionalità, sollevata in sede di parifica dei rendiconti regionali dalla Sezione di controllo per la Campania, di alcune norme regionali (articolo 2 della l.r. 20/2002, nella parte in cui sostituisce il comma 2 dell’articolo 58 della l.r. 10/2001 e dell’articolo 1, comma 1, l.r. 25/2003, nella parte in cui aggiunge il comma 4 al citato articolo 58) che hanno introdotto previsioni di spesa per il trattamento accessorio del personale regionale. Le disposizioni vengono censurate in quanto, rispettivamente, istituiscono un fondo per finanziare le indennità da versare al personale comandato o distaccato, in servizio presso le strutture politiche (uffici a diretta collaborazione e supporto dei Presidenti di Commissioni, dei membri dell’Ufficio di Presidenza e dei gruppi consiliari) e un ulteriore fondo per il personale in servizio presso le strutture organizzative del Consiglio regionale al fine di assegnare risorse per l’assistenza agli organi istituzionali per l’incremento dell’attività. Secondo la Corte l’istituzione dei nuovi fondi, prevista dalle norme regionali in violazione della competenza legislativa esclusiva statale, determina un aggravio della spesa per il personale regionale, che costituisce un importante aggregato della spesa di parte corrente (cfr. sentenza 108/2011). Tale spesa, non autorizzata dal legislatore statale e dunque non divenuta oggetto di rinvio alla contrattazione di comparto, non può trovare per ciò stesso legittima copertura finanziaria. Essa incide negativamente sull’equilibrio dei bilanci e sulla sostenibilità del debito pubblico, in violazione degli articoli 81 e 97, primo comma, della Costituzione. 2.1.6 La sentenza n. 33 si è interessata del delicato rapporto fra l’autonomia comunale e l’intervento dello Stato volto ad imporre le forme di associazionismo obbligatorio nella gestione delle funzioni fondamentali, dichiarando l’incostituzionalità della norma (articolo 14, co. 28, d.l. 31 maggio 2010 n. 78) che impone ai Comuni con meno di 5.000 abitanti di gestire in forma associata le loro funzioni fondamentali, laddove non consente ai Comuni 13
medesimi di dimostrare che, in quella forma, non sono realizzabili economie di scala o miglioramenti nell’erogazione dei beni pubblici alle popolazioni di riferimento. In tale ottica, la sentenza appare espressione di un punto di equilibrio fra ruolo dello Stato che fissa principi di coordinamento della finanza pubblica attraverso strumenti (l’associazionismo) finalizzati a garantire il buon andamento (e solo in quanto e se tali strumenti siano idonei a perseguire quell’obiettivo nel rispetto del principio di adeguatezza) e ruolo delle autonomie strumentali al soddisfacimento di diritti fondamentali dei cittadini, come tra quest’ultimo ed il ruolo della Regione chiamata a scelte organizzative pur sempre tese a garantire i migliori servizi alla collettività. La Corte coglie l’occasione per ribadire, a proposito del mancato coinvolgimento degli enti locali nella definizione degli ambiti ottimali per l’esercizio delle funzioni associate, come «un sistema locale efficacemente strutturato», che dunque funzioni, non può risultare da un procedimento che escluda la «voce dei Comuni», ossia improntato ad un centralismo regionale che mortifica il principio di leale collaborazione essenziale «per assicurare il migliore servizio alla collettività» . 2.1.7 Con la sentenza n. 191 la Corte ha esaminato la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 51, commi 6 e 7, del codice di giustizia contabile, nella parte in cui esclude l’esercizio dell’azione del pubblico ministero contabile per il risarcimento del danno all’immagine conseguente a reati dolosi commessi da pubblici dipendenti a danno delle pubbliche amministrazioni, dichiarati prescritti con sentenza passata in giudicato pienamente accertativa della responsabilità dei fatti, ai fini della condanna dell’imputato al risarcimento dei danni patiti dalle parti civili costituite, in riferimento agli artt. 3, 76, 97 e 103 Cost. Pur sfociando in una pronuncia di inammissibilità, la Corte costituzionale ha prospettato una ricostruzione alternativa del quadro normativo non presa in considerazione dal giudice a quo. Ha cioè valutato l’ipotesi che il rinvio contenuto dal secondo periodo dell’articolo 17, comma 30-ter, del d.l. n. 78 del 2009 all’articolo 7 della legge n. 97 del 2001 (abrogato con l’entrata in vigore del codice di giustizia contabile) avesse carattere fisso, e non mobile, sì da consentire di ritenere che la prima disposizione debba tuttora essere integrata dalla seconda, pur abrogata, e non dalle previsioni dell’articolo 51 del codice di giustizia contabile. Per effetto di tale ricostruzione ermeneutica il danno all’immagine potrebbe 14
essere risarcito, tuttora, soltanto in presenza di una sentenza irrevocabile di condanna per uno dei delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione previsti dal capo I, titolo II, libro II, del codice penale. °°°° 2.2 Le pronunce della Corte di cassazione su questioni di giurisdizione 2.2.1 Numerose sono le sentenze con cui la Corte di cassazione ha affrontato il tema dei rapporti con la giurisdizione contabile in ambito di società partecipate, dettagliando i caratteri della società in house. Con la sentenza 5199 la Corte ha ribadito che, secondo giurisprudenza consolidata (S.U. n. 22409 del 2018) per società in house deve intendersi quella costituita da uno o più enti pubblici per l’esercizio di pubblici servizi, di cui esclusivamente i medesimi enti possano essere soci, che statutariamente esplichi la propria attività prevalente in favore degli enti partecipanti e la cui gestione sia per statuto assoggettata a forme di controllo analoghe a quello esercitato dagli enti pubblici sui propri uffici, e tali condizioni devono ricorrere tutte contemporaneamente. Sulla base di tali consolidati principi la Corte ha in alcuni casi affermato la giurisdizione del giudice contabile (sentt. nn. 5199 e 4132), in altri l’ha invece negata in favore del giudice ordinario (sent. n. 30006 e ord. n. 32608, quest’ultima nei confronti di una società partecipata da una Fondazione privata). In particolare, con la sentenza n. 16741 ha escluso la giurisdizione contabile sull’azione di responsabilità promossa nei confronti di una società per azioni a totale partecipazione pubblica per i danni provocati alla società a causa dell’attività degli amministratori e dei sindaci svolta quali organi gestori e di controllo, poiché la società, da disposizione statutaria, all’epoca delle condotte illecite contestate aveva un carattere aperto alla possibilità di partecipazione di soci privati. Al tal riguardo la Corte di cassazione ha stabilito che non può attribuirsi un carattere meramente formale al requisito della iscrizione nello statuto della società in house della clausola di appartenenza esclusiva del capitale sociale all’ente che esercita il controllo in termini analoghi a quelli propri del controllo gerarchico, al fine di manifestare nei rapporti interni ed esterni il carattere istituzionalmente servente della 15
società in house e la sua fisionomia di mera articolazione della pubblica amministrazione da cui promana. 2.2.2 Con la sentenza n. 17124 la Suprema Corte, recependo un orientamento già espresso (S.U. n. 22688/2011 e n. 25769/2015) ha confermato la sussistenza della giurisdizione contabile sull’azione promossa per il recupero di compensi erogati a dipendenti pubblici per incarichi espletati in assenza di autorizzazione e per fatti antecedenti alla introduzione del comma 7 bis dell’art. 53 del d.lgs. n. 165/2001 (ad opera dell’art. 1, comma 42, lett. b), legge 6 novembre 2012 n. 190), in forza del quale “l’omissione del versamento del compenso da parte del dipendente pubblico indebito percettore costituisce ipotesi di responsabilità erariale soggetta alla giurisdizione della Corte dei conti”. La Corte regolatrice ha riconosciuto la natura risarcitoria tipizzata di siffatta responsabilità, connotata da predeterminazione legale del danno “a valenza sanzionatoria”, con carattere chiaramente strumentale al corretto esercizio delle mansioni del pubblico dipendente, in quanto preordinata a garantirne il proficuo svolgimento attraverso il previo controllo dell’Amministrazione sulla possibilità, per il dipendente, di impegnarsi in un’ulteriore attività senza pregiudizio dei compiti di istituto. In questa ottica, si è precisato che la disposizione di cui al comma 7 bis dell’art. 53 del d.lgs. n. 165 del 2001, introdotta dalla legge n. 190 del 2012, non riveste carattere innovativo, ma si pone “in rapporto di continuità regolativa” con l’orientamento giurisprudenziale già delineatosi, con la conseguenza che la regola da essa esplicitata a livello di fonte legale è meramente ricognitiva della giurisdizione contabile sussistente anche in precedenza. 2.2.3 Con tre diverse sentenze (nn. 1035, 1034 e 10768) le Sezioni Unite si sono pronunciate sulla giurisdizione spettante in ordine alla verifica della inerenza e della conformità ai fini istituzionali delle spese rimborsate ai consiglieri regionali per le attività del gruppo medesimo, dando continuità ad un costante orientamento e riaffermando che la gestione dei fondi pubblici erogati ai gruppi partitici dei consigli regionali è soggetta alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di responsabilità erariale, sia perché a tali gruppi va riconosciuta natura essenzialmente pubblicistica in relazione alla funzione strumentale al funzionamento dell’organo assembleare da essi svolta, sia in ragione dell’origine pubblica delle risorse e della definizione legale del loro scopo, senza che rilevi il principio 16
dell’insindacabilità di opinioni e voti ex art. 122, quarto comma, Cost., non estensibile alla gestione dei suddetti contributi. Hanno, altresì, specificato che l’accertamento rimesso in tale ambito al giudice contabile non deborda dai limiti esterni imposti dalla sua giurisdizione, essendo alla Corte dei conti rimesso il giudizio di conformità alla legge dell’azione amministrativa, che si sostanzia nella verifica della non inerenza delle attività di gestione del contributo erogato ai gruppi consiliari rispetto alle finalità, di preminente interesse pubblico, che allo stesso imprime la normativa vigente, in termini di congruità e di collegamento teleologico delle singole voci di spesa ammesse al rimborso alle finalità pubblicistiche dei gruppi. 2.2.4 Sempre in tale ottica, la sentenza n. 11502 riconosce la giurisdizione della Corte dei conti sulle spese di consulenza fittizie e comunque diseconomiche, liquidate sul bilancio dei gruppi consiliari, “in patente contrasto con il canone di ragionevolezza e di quello di buon andamento dell’amministrazione”, per le quali nessun rilievo può riconoscersi alla insindacabilità prevista dall’articolo 122 Cost. a favore dei consiglieri regionali nell’esercizio delle funzioni di rappresentanza politica del Consiglio regionale. 2.2.5 Sul versante dei rapporti con la giurisdizione contabile, la sentenza n. 9680 ha escluso l’eccesso di potere giurisdizionale per invasione della sfera di discrezionalità dell’amministrazione a seguito della conclusione, rivelatasi dannosa, di un’operazione di finanza derivata (del tipo Interest Rate Swap) da parte del sindaco di un comune, degli assessori comunali e funzionari, condannati al risarcimento per avere concluso, o consentito di stipulare, il contratto senza avere esperienza delle operazioni derivate e senza avvalersi di una preventiva consulenza sul contenuto del contratto. La sentenza ha richiamato i principi ormai pacifici in tema di sindacato del giudice contabile sulle scelte discrezionali dell’amministrazione, pienamente rispettati nella fattispecie, essendosi la valutazione della Corte dei conti estrinsecata in piena aderenza ai criteri di efficacia ed economicità di cui all’art. 1 della legge n. 241 del 1990 e, dunque, secondo parametri di legittimità che ne collocavano la decisione all’interno della giurisdizione contabile. 2.2.6 Conforme alla giurisprudenza costantemente ribadita è poi l’ordinanza n. 13245, con la quale le Sezioni unite hanno affermata la sussistenza della giurisdizione contabile sul 17
danno erariale conseguente alla illecita percezione di contributi pubblici, essendo configurabile un rapporto di servizio tra la P.A. erogatrice del contributo ed i soggetti privati i quali, disponendo della somma erogata in modo diverso da quello preventivato o ponendo in essere i presupposti per la sua illegittima percezione, abbiano frustrato lo scopo perseguito dall’Amministrazione; viene in rilievo, ai fini del radicamento della giurisdizione, la natura pubblica del danno conseguente alle condotte illecite. 2.2.7 Va poi segnalato un recente arresto delle SS.UU. civili in sede nomofilattica, le quali, componendo un contrasto giurisprudenzale, con la sentenza n. 13246 hanno sostenuto che lo Stato o l’ente pubblico rispondono per i danni determinati al terzo da condotte illecite commesse dai propri dipendenti, pur se devianti o contrarie rispetto ai fini istituzionali. La corresponsabilità della pubblica amministrazione con il funzionario o dipendente sussiste purché l’azione illecita sia legata da un nesso di occasionalità necessaria con le funzioni svolte dal dipendente infedele, tale ritenendosi la correlazione tra funzioni ed evento lesivo per cui le prime abbiano determinato o agevolato il fatto lesivo; alla condizione che la condotta del dipendente costituisca (e l’amministrazione abbia potuto prefigurarla) un non imprevedibile sviluppo dello scorretto esercizio delle mansioni, poste in essere dai preposti approfittando della titolarità o dell’esercizio delle funzioni o dei poteri ad essi attribuiti, per la realizzazione di fini egoistici ed estranei a quelli pubblicistici in vista dei quali erano stati conferiti. La sentenza afferma importanti principi che vanno tuttavia raccordati, ai diversi fini del riparto di giurisdizione, sia con gli approdi ermeneutici dell’istituto dell’occasionalità necessaria, sia con il generale principio di immedesimazione organica che lega il dipendente alla P.A., oltre che, naturalmente, con l’affidamento dell’amministrazione pubblica sulla liceità e correttezza comportamentale dei suoi dipendenti, che sottostanno al dovere costituzionale di agire con fedeltà per il perseguimento del buon andamento della P.A. 2.2.8 Con le sentenze n. 4883 e n. 24859 la Corte di cassazione ha affrontato, risolvendolo positivamente, il quesito della possibile coesistenza dell’azione di responsabilità per danno erariale e di quella ordinaria civilistica risarcitoria promossa dall’amministrazione danneggiata. Le SS.UU. hanno infatti affermato la reciproca indipendenza delle due azioni, anche quando vertano sui medesimi fatti materiali, dal momento che la prima è volta alla 18
tutela dell’interesse pubblico generale al buon andamento della P.A. e al corretto impiego delle risorse; la seconda è finalizzata al pieno ristoro del danno, con funzione riparatoria ed integralmente compensativa dell’interesse particolare della singola amministrazione attrice. Da ciò discende che la P.A. danneggiata ben può promuovere dinanzi al giudice ordinario l’azione civilistica di responsabilità a titolo risarcitorio, anche contestualmente all’azione erariale e fino ad integrale risarcimento del danno erariale; l’eventuale interferenza fra i due giudizi, pertanto, pone esclusivamente un problema di osservanza del principio del ne bis in idem ma non dà luogo a questioni di giurisdizione. 2.2.9 In materia più strettamente attinente alla responsabilità contabile, la sentenza n. 1414 ha affermato la giurisdizione della Corte dei conti in ordine ad una controversia tra Comune e tesoriere finalizzata ad ottenere il rimborso delle anticipazioni di tesoreria risultanti alla fine della propria gestione, spettando al giudice contabile la verifica dei rapporti di dare – avere fra l’agente contabile e l’amministrazione comunale e del risultato di detti rapporti strettamente inerenti alla contabilità dell’ente locale. 2.2.10 Con riferimento alla materia sanitaria, si segnalano infine due sentenze per i possibili riflessi in ordine alla responsabilità amministrativa: la sentenza n. 32477 (Sez. IV penale) ha affrontato la questione della colpa da organizzazione in ambito sanitario, affermando che il direttore sanitario di una casa di cura privata è titolare, in virtù dei poteri di gestione e organizzazione della struttura, di una posizione di garanzia giuridicamente rilevante, tale da consentire di configurare una responsabilità colposa per fatto omissivo, per mancata o inadeguata organizzazione e per inottemperanza all’obbligo di adottare le cautele organizzative e gestionali necessarie a prevenire la commissione di reati. La sentenza n. 28985 (Sez. III civ.) ha invece diffusamente affrontato, in tema di colpa medica, la rilevanza del consenso informato e la sua diversa incidenza ai fini della risarcibilità del danno biologico derivato da condotta colposa del sanitario, puntualizzando che il medico è tenuto, in ogni caso, a rendere edotto il paziente sulle sue condizioni di salute e sui rischi dei possibili trattamenti sanitari e chirurgici, indipendentemente dalla riconducibilità o meno di tale attività informativa ad un vincolo contrattuale o ad un obbligo legale di contatto sociale. Ai fini della verifica della violazione del diritto alla libera autodeterminazione del paziente, non assume, dunque, alcun rilievo la modifica legislativa 19
della natura della responsabilità professionale medica, trasformata da contrattuale o paracontrattuale ad extracontrattuale dalle leggi intervenute nel 2012 (d.l. 158/2012 conv. in l. 189/2012, cd. Balduzzi) e nel 2017 (legge n. 24/2017, cd. Gelli-Bianco). °°°° 2.3 Le sentenze delle Sezioni riunite della Corte dei conti 2.3.1 Merita di essere menzionata, per l’attualità della tematica affrontata, la sentenza n. 26, con cui le Sezioni riunite in sede giurisdizionale si sono espresse sulla natura della responsabilità disciplinata dall’art. 53, commi 7 e 7 bis, del d.lgs. n. 165 del 2001, connessa all’omissione di versamento del compenso indebitamente percepito dai pubblici dipendenti che abbiano svolto incarichi extraistituzionali non autorizzati o non autorizzabili, al fine di chiarire se tale responsabilità possa essere sussunta nel paradigma delle ipotesi di responsabilità sanzionatoria, e quali siano le conseguenze da essa scaturenti anche sul piano processuale, in ragione del diverso rito applicabile rispetto a quello ordinario. La sentenza ha precisato che nella specie occorre distinguere la condotta costituita dall’obbligo di versamento dei compensi illecitamente percepiti da quella omissiva connotata dal mancato riversamento dei medesimi. In altre parole, una volta accertata l’assenza di autorizzazione e il successivo espletamento dell’incarico, nonché la percezione del compenso, scatta per il dipendente l’obbligo di versamento all’amministrazione di quanto percepito in violazione del dovere di esclusività. Tale obbligo, illustrato al comma 7 dell’art. 53, si connota in funzione di deterrenza per il dipendente pubblico della violazione della già indicata normativa posta a protezione dei beni, costituzionalmente tutelati, dell’imparzialità e dell’esclusività del rapporto di impiego pubblico, e entro tali limiti può ad esso essere riconosciuta la “valenza sanzionatoria” di cui parla la Corte di cassazione nella pronuncia n. 17124/2019. Ma – chiarisce la sentenza – è il successivo comma 7 bis, introdotto dalla legge n. 190 del 2012, ad individuare la diversa ed ulteriore condotta che sancisce espressamente la “responsabilità erariale” giustiziabile, secondo la norma, davanti alla Corte dei conti, anche se posta in evidente correlazione con l’obbligo primario di cui sopra. 20
Ebbene, secondo le Sezioni riunite la condotta, tipizzata dalla norma, dell’omissione di versamento del compenso all’amministrazione di appartenenza non può essere ricollegata al paradigma della responsabilità “sanzionatoria”, poiché con il comma 7 bis il legislatore non individua, oltre alla condotta, una “sanzione pecuniaria” eventualmente ricompresa fra un minimo ed un massimo entro cui il giudice dovrà esercitare il proprio potere discrezionale, come avvenuto per altre disposizioni normative che hanno introdotto ipotesi di vere e proprie responsabilità sanzionatorie ora normate dal codice di giustizia contabile agli articoli 133 e seguenti. Il comma 7 bis dell’art. 53, infatti, si limita a tipizzare la sola condotta del dipendente, omissiva dell’obbligo di riversamento e a stabilire la responsabilità erariale per la violazione di siffatto obbligo di versamento del compenso al bilancio dell’amministrazione di appartenenza, la quale deve destinarlo ad un apposito fondo in favore dei dipendenti. La sentenza ha quindi definito la questione di massima affermando che quella introdotta dal citato comma 7 bis è responsabilità pienamente risarcitoria e restitutoria “da mancata entrata”, cioè dell’introito indebito del dipendente infedele, che costituisce un’entrata tipica dell’amministrazione di appartenenza ed è vincolata ad una specifica destinazione. 2.3.2 Numerose sono state le ordinanze intervenute nel corso del 2019 con cui le Sezioni riunite in sede giurisdizionale, in sede di esame di regolamenti di competenza avverso ordinanze di sospensione del giudizio contabile in ragione della pendenza di altro giudizio, hanno ribadito il costante orientamento giurisprudenziale che esclude, nel processo contabile, ipotesi di sospensione disciplinate dall’art. 295 c.p.c., ora normata dall’art. 106 del codice di giustizia contabile, che siano riconducibili a ragioni di mera opportunità, dovendosi piuttosto ravvisare, al di fuori dei casi di sospensione necessaria prevista per legge, condizioni concrete e stringenti di evidente correlazione logico-giuridica tra la causa da definirsi e quella pendente presso altro giudice, così che la situazione giuridica della causa pregiudiziale, da accertarsi con efficacia di giudicato, si ponga come elemento costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo del distinto rapporto dedotto nella causa dipendente, salvaguardando altresì il principio di ragionevole durata del processo contabile, i cui tempi vengono dilatati in maniera considerevole in ragione della sospensione. 21
Si citano, fra le tante, l’ordinanza n. 6, che, accogliendo il proposto regolamento di competenza, ha escluso la necessità sospensione del giudizio contabile per la pendenza di giudizio civile teso ad accertare il diritto al risarcimento dei danni da inadempimento a carico dell’amministrazione danneggiata; e l’ordinanza n. 12, che ha accolto l’impugnazione avverso una ordinanza di sospensione motivata dalla necessità di accertare nel giudizio penale, all’esito del dibattimento di primo grado, la veridicità delle dichiarazioni testimoniali acquisite nell’ambito delle investigazioni effettuate dalla polizia giudiziaria, in quanto contestate dalla difesa dei convenuti nel giudizio di responsabilità. 2.3.3 Rilevante è stato l’apporto delle Sezioni riunite in speciale composizione nell’esaminare complesse problematiche riguardanti le impugnative, da parte di enti locali e di regioni, delle deliberazioni delle Sezioni regionali di controllo. Con la sentenza n. 16 le Sezioni riunite in speciale composizione, nell’affrontare la tematica della individuazione dello status di “società a controllo pubblico”, hanno sostenuto che la situazione di controllo pubblico non può presumersi in presenza di “comportamenti univoci o concludenti”, richiedendosi invece che essa possa desumersi da norme di legge, statutarie o da patti parasociali. Il concetto è stato ripreso e approfondito dalla sentenza n. 17, che ha statuito che la situazione di controllo pubblico, in definitiva, non può essere presunta ex lege in presenza di una partecipazione maggioritaria di più amministrazioni pubbliche, né si può automaticamente desumere da un coordinamento di fatto; essa deve risultare esclusivamente da norme di legge, statutarie o da patti parasociali (la cui esistenza può in determinate circostanze desumersi da comportamenti concludenti) che, richiedendo il consenso unanime o maggioritario di alcune delle pubbliche amministrazioni partecipanti, determinano la capacità di tali pubbliche amministrazioni di incidere sulle decisioni finanziarie e strategiche della società. Va poi segnalato che in sede di controllo le Sezioni riunite (n. 11/2019/Contr.) hanno ulteriormente affermato che il concetto di controllo pubblico può essere rivisto quando, nonostante la maggioranza delle quote, siano i soci privati ad avere un’influenza dominante, che però va provata sulla base di patti parasociali o specifiche clausole statutarie o contrattuali. 22
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