In casa con voi, torna sui social la rubrica di Avvento sulla Parola - Diocesi di Cremona
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In casa con voi, torna sui social la rubrica di Avvento sulla Parola Anche quest’anno durante il tempo d’Avvento i canali social della diocesi (facebook, youtube e instagram) offriranno un momento di riflessione sulla Parola. Torna infatti la rubrica “In casa con voi”. Filo conduttore saranno i versetti proposti nel calendario dell’Avvento “In attesa di te”, proposto alle famiglie dalla Federazione oratori cremonesi, che durante tutta la settimana sviluppano il Vangelo della domenica. Le riflessioni sono affidate a diciotto parroci del territorio, con il percorso che sarà inaugurato e concluso dal vescovo Antonio Napolioni. I video saranno pubblicati, a partire dal 29 novembre, dal lunedì al venerdì, ogni mattina alle 6.30, rimanendo fruibili secondo le possibilità di ciascuno. Scarica e condividi il post:
“Vivere per dono”, verso il 2° Festival della Missione “Vivere per dono” è il tema dato al 2° Festival della Missione, che si terrà a Milano dal 29 settembre al 2 ottobre 2022. Lunedì 25 ottobre la conferenza stampa, che si terrà nel palazzo arcivescovile di Milano, aprirà ufficialmente il percorso che conduce al Festival. Si è aperto anche un sito internet dedicato in modo specifico a queste evento: www.festivaldellamissione.it. La scelta della location è il felice risultato di un percorso di discernimento promosso dalla Conferenza Episcopale Lombarda (CEL). I due promotori: CIMI (Conferenza degli Istituti Missionari Italiani) e Fondazione MISSIO ITALIA hanno rafforzato e innovato la struttura organizzativa, dando riconoscimento giuridico al Festival con la nascita del Comitato culturale Festival della Missione, e nominando un direttore generale a sostegno e a perno del progetto, nella
persona di Agostino Rigon (direttore di MISSIO Vicenza e responsabile della Commissione missionaria Triveneto). La Direzione Artistica è stata affidata alle competenze e alla passione di Lucia Capuzzi (Giornalista di “Avvenire”). Questa edizione vedrà sul territorio ospitante la realizzazione di un Pre-Festival e di un Post-Festival che vorrebbero coinvolgere, in modo particolare, le parrocchie, le scuole, le università e lasciare un “testimone” per la “staffetta” della futura edizione. Il Festival avrà un respiro nazionale, i beneficiari, quindi, non saranno solamente gli abitanti di Milano e provincia, ma potenzialmente tutti gli italiani sensibili al tema della missione. Il coinvolgimento dei diversi Uffici Missionari e degli Uffici di Pastorale Giovanile delle diocesi italiane, in particolare quelli della Lombardia, si spera assicuri la presenza di un numero considerevole di persone. IL LOGO Il logo scelto per il Festival della Missione – di cui Raffaele Quadri è l’autore – ha come finalità l’immediata individuazione dell’identità della proposta e di alcune idee portanti che soggiacciono all’impianto organizzativo. La prima cosa che colpisce del logo è il gomitolo con i suoi fili colorati che si srotola dal basso, ma subito dopo, notando la forma a sfera, particolarmente precisa, il pensiero si sposta facilmente verso un possibile “globo”. Si tratta proprio di un “mondo”, ma a definirlo non sono i contorni delle nazioni, a cui siamo generalmente abituati, ma i colori “fondamentali” (bianco, rosso, verde, blu e giallo) dei continenti, a cui i Paesi tutti appartengono. Il gomitolo senza le sagome dei
continenti, ma con i fili di diversi colori può richiamare anche altre “idee di fondo”, per esempio, che: il mondo reale, oggi, supera decisamente i confini politici territoriali in cui noi ci riconosciamo; il mondo reale, oggi, è essenzialmente interconnesso e interdipendente; il mondo reale, oggi, è palesemente plurale e cosmico. A dirla tutta, il mondo è anche “altro ancora”, è molto di più rispetto a quello che possiamo effettivamente dire per definirlo o per contenerlo. In questo contesto, la missione appare nel logo simbolicamente e indissolubilmente legata al destino del mondo, di chi – in questo mondo – viene scartato e costretto all’“invisibilità”. Ecco il perché dello srotolarsi del gomitolo dal basso, indicando così il Sud e le periferie della storia. È lì che si poseranno preferibilmente i nostri occhi. Da questo “luogo privilegiato” proveremo anche noi leggere e capire il mondo. In tutto questo, la “missione” svolge un RUOLO DI SVELAMENTO (® ben visibile dallo srotolarsi del gomitolo) continuo, anche se mai completo. Uno svelamento che ha avuto inizio già dall’azione di Dio lungo i secoli, attraverso i suoi profeti e martiri, sognatori e poeti, artisti e religiosi, donne e uomini semplici e molte volte sconosciuti ai più. Ma la “missione”, intesa innanzitutto come opera e presenza di Dio nella storia attraverso i suoi prolungamenti umani (pensiamo ai discepoli-missionari, ma anche e soprattutto “agli uomini e alle donne di buona volontà” di cui è piena la Terra e che fanno già – senza saperlo – tanta ”missione”), è anche il “luogo teologico e antropologico” che meglio riconosce il legame di fratellanza umana già presente in radice nel cuore dell’uomo e che unisce in una sola Famiglia Umana tutti e tutti, tutti a tutto! Possiamo parlare di un triplice svelamento: di NOI al mondo, perché tutti siamo “nella stessa barca” e nessuno può permettersi di vivere oggi da solo, isolato dal resto del mondo, indifferente a tutto ciò
che non gli appartiene; del MONDO a sé stesso, aiutando il mondo (fatto di persone e di popoli, compresi noi) a riconoscere l’alta vocazione umana a cui è chiamato, per il bene di tutti e la salvaguardia del creato; di DIO al mondo, per riconoscere le “tracce” della sua Presenza amorosa in ogni anfratto della storia millenaria dell’umanità ® come una Luce che impercettibilmente ci attrae al bene e verso cui tutti, inconsapevolmente, aneliamo. Il Festival, in fondo, si propone di narrare proprio questo, non solo gli accadimenti, ma anche e soprattutto “ciò che di invisibile, misterioso e prezioso già sta nascendo” si tratta di contribuire, con tanta umiltà e senza retorica, alla rigenerazione di un “nuovo mondo”, fondato sulla “fratellanza umana e l’amicizia sociale”, in cui riconoscerci tutti “fratelli e sorelle”. Chiesa di casa incontra la comunità del Seminario È nella terza Domenica d’Avvento che la Chiesa cremonese colloca tradizionalmente la Giornata del Seminario. E del Seminario si è trattato nell’appuntamento settimanale di Chiesa di Casa. Il dialogo, guidato da Riccardo Mancabelli, ha coinvolto don Francesco Cortellini, vicerettore del Seminario di Cremona, e Paolo Zuppelli, presente a nome di tutta la comunità di via Milano 5. Anzitutto, don Cortellini ha spiegato il senso della Giornata: «La terza Domenica d’Avvento introduce la figura di Giovanni
il Battista, colui che “indica” Gesù. Come lui, anche i seminaristi saranno presto chiamati ad indicare la presenza del Signore». L’occasione anche per presentare la fisionomia di questa particolare “scuola”, con le lezioni che si svolgono a Lodi in collaborazione con altre quattro diocesi. «I nostri seminaristi sono quattordici, più un quindicesimo che è diacono». La Giornata del Seminario pone all’attenzione anche il tema delle vocazioni, il cui calo è vissuto dal Seminario con «un po’ di preoccupazione per il futuro – come afferma Cortellini – ma, allo stesso tempo, con speranza». È proprio Paolo, l’altro ospite in studio, a dare testimonianza di questa positività, riferendosi alla propria esperienza: «La vocazione non è un segnale luminoso, ma qualcosa che cresce dentro di te; io ho iniziato a sentire bisogno di maggior vicinanza con il Signore, me ne sono accorto in quello che facevo, nel mio lavoro, in momenti che mi davano più felicità. Allora ho iniziato il percorso di discernimento, con tutti i dubbi del caso. Ma il percorso serve appunto per discernere!». Percorso di discernimento che, però, chiama in causa l’intera comunità cristiana: per aiutare a capire la vocazione di una persona, risulta necessaria «una équipe formativa – dice Cortellini -. Infatti, anche il cammino fatto insieme determina la capacità di rispondere al Signore». Ciononostante, c’è anche il livello del singolo «che si mette in gioco e si interroga». Vocazione per la gente e tra la gente, la strada del sacerdozio prevede sì una parte di «separazione», come dichiara don Cortellini, «rispetto agli altri percorsi scolastici e alla comunità», ma con lo scopo di raggiungere un’apertura sempre maggiore e profonda. Ciò è testimoniato dal tipo di studio che si affronta in Seminario: formazione sui libri, ma anche sul campo. Varie sono le esperienze di
servizio richieste ai seminaristi e molte sono le realtà che si offrono alla loro conoscenza: «Ogni comunità, come una famiglia, ha le sue particolarità», spiega Paolo, aggiungendo che si tratta proprio di imparare un metodo «non solo per una crescita dal punto di vista pastorale, ma anche per un arricchimento umano». Nel dialogo in studio, don Cortellini fa emergere come il vivere insieme la comunità, oggi, sia una sfida: «Siamo tentati dall’individualismo – racconta – cioè di essere in un posto guardandone altri». Spesso non veramente presenti dove siamo chiamati a stare, l’unico modo efficace è «imparare reciprocamente nella relazione con gli altri. Il vivere in comunità sfida l’individualismo», come afferma don Francesco. Su questo tema si è soffermato il messaggio del vescovo Napolioni, nello slogan per la Giornata di quest’anno: “Insieme si arriva lontano, li inviò a due a due davanti a sé”. Don Cortellini ha chiesto di continuare a pregare per nuove vocazioni, sottolineando la necessità di un cammino sempre comunitario: «la strada è il luogo in cui la fraternità si vive: la comunione si vive camminando insieme». #DonoDay dell’Università Cattolica, mercoledì a S. Monica lezione con il vescovo Napolioni Torna il #DonoDay dell’Università Cattolica del S. Cuore con l’edizione 2021 che parte ambiziosa, allargandosi sul territorio di Piacenza e Cremona e ampliandosi nel tempo:
l’avvio nella mattinata del 4 ottobre a Piacenza con il presidente della Nazionale italiana cantanti Enrico Ruggeri che racconterà agli studenti l’impegno costante dell’associazione per la solidarietà, con particolare riferimento alle Partite del cuore, e si chiuderà l’8 ottobre con un contributo su l’economia del dono curato da Stefano Zamagni, presidente della Pontificia Accademia delle Scienze sociali. La settimana sarà arricchita da oltre trenta incontri tra Cremona e Piacenza, in cui docenti e testimonial declineranno il tema del donare sotto il profilo formativo, giuridico ed economico. Mercoledì 6 ottobre ad aprire la giornata nel campus di S. Monica sarà, alle 8.30, l’intervento del vescovo Antonio Napolioni su “Il valore del “dono” una traiettoria di vita”, cui seguirà l’allestimento dei desk informativi di Avis, Centro di servizio per il volontariato e Consorzio Sol.co, proseguendo quindi nel pomeriggio con la dedica degli alberi del Campus ai corsi di laurea, alla presenza dei presidi di facoltà Anna Maria Fellegara e Marco Trevisan. Fortemente voluta dalle tre facoltà della sede, l’evento rappresenta un’occasione preziosa «per riflettere sul dono come una componente importante del vivere contemporaneo – sottolineano i presidi del campus, che hanno aperto la settimana nella mattinata di lunedì 4 ottobre in Auditorium Mazzocchi -. La riflessione teorica da già tempo considera, accanto all’economia di mercato e allo Stato, anche il ruolo dell’economia civile e quindi del volontariato, del terzo settore e di tutte quelle attività che non sono spinte primariamente dall’erogazione di beni pubblici o dal raggiungimento di certi livelli di profitto, ma proprio dal benessere collettivo, dalle relazioni tra le persone, dalla solidarietà». Nata per stimolare negli studenti dell’Università Cattolica di
Piacenza e Cremona e in tutta la comunità universitaria una riflessione continua sui valori della solidarietà e della fraternità, ambisce, anche attraverso la stretta collaborazione con le associazioni di volontariato che operano sui territori, a far luce su alcune possibili declinazioni con cui il dono può manifestarsi. Il ciclo di appuntamenti proposti dall’Università Cattolica di Piacenza, si inseriscono nell’iniziativa nazionale promossa dall’Istituto Italiano della Donazione (IID), che ha fortemente voluto una giornata nazionale dedicata a chi fa del dono una pratica quotidiana. Una riflessione ancora più necessaria oggi che siamo tutti chiamati ad affrontare con generosità e spirito solidale la prova dell’era post Covid. Scopri il ricco programma di eventi Unitalsi, domenica la Giornata dell’adesione con la Messa in Cattedrale Come ogni anno, nella prima domenica di Avvento, l’Unitalsi (Unione Nazionale Italiana Trasporto Ammalati a Lourdes e Santuari Internazionali) celebra la Giornata dell’adesione. L’occasione per tutti gli unitalsiani di rinnovare il proprio “mandato di servizio”, di abbracciare idealmente quanti sono segnati dalla sofferenza fisica e morale, realizzando in pienezza il carisma associativo, avverrà nella celebrazione eucaristica vissuta domenica 28 novembre alle 11 in Cattedrale, alla presenza del vescovo Antonio Napolioni.
La celebrazione, animata dai membri dell’Unitalsi e concelebrata dall’assistente diocesano don Maurizio Lucini, sarà trasmessa in diretta sui canali web diocesani e in tv su Cremona1. La Messa si concluderà, prima della benedizione finale, con la preghiera del volontario, quale segno di impegno nella carità. La Giornata dell’adesione proseguirà in Seminario con il pranzo e il pomeriggio in festa con raccolta fondi per l’abbattimento delle quote dei giovani e dei malati che parteciperanno al pellegrinaggi di sottosezione a Loreto e Lourdes nel 2022. Un appuntamento annuale irrinunciabile per gli oltre 70 soci dell’associazione presente in diocesi che si adoperano a fianco degli ammalati, dei disabili e delle persone più fragili sempre seguendo la via tracciata da Unitalsi, quella di una carità vissuta come servizio gratuito. «Accompagnare a Lourdes o a Loreto gli ammalati è il carisma fondante della nostra associazione – spiega il presidente dell’Unitalsi cremonese, Tiziano Guarneri (in foto a destra) –. Lo facciamo con il desiderio di manifestare l’amore di Dio attraverso le nostre mani come strumento di cura rivolto al prossimo». Dopo mesi di stop forzato, quest’anno sono ripartite tante
attività. «Noi di Cremona – racconta Guarneri – ad agosto siamo stati in pellegrinaggio al santuario mariano di Loreto, mentre a ottobre siamo andati in pullman a Lourdes insieme alle sottosezioni di Mantova e Bergamo. A livello diocesano noi riusciamo a organizzare due viaggi all’anno e abbiamo già messo in calendario quelli del 2022: saremo ancora a Loreto il prossimo maggio e andremo in preghiera alla grotta di Massabielle». Ma non ci sono solo i viaggi e pellegrinaggi: anche sul territorio dame e barellieri dell’Unitalsi continuano a essere a fianco di chi ha bisogno. «Manteniamo i nostri incontri di preghiera, organizziamo momenti di incontro e riflessione, ma soprattutto rimaniamo a fianco di uomini, donne, bambini e anziani che possono avere bisogno di noi. Recentemente siamo tornati nella rsa Opera Pia di Castelverde ad animare un pomeriggio con la recita del rosario, dei canti e una tombolata. Sono gesti semplici di presenza e carità, che però sono preziosi non solo per gli anziani che andiamo a incontrare, ma innanzitutto per noi stessi, per non perdere di vista il punto centrale delle nostre attività, che è il Signore», conclude Guarneri. Il prossimo 19 dicembre ci sarà la convocazione per il rinnovo delle cariche della sottosezione. Ogni cinque anni, infatti, scadono tutti i Consigli a livello nazionale, regionale e locale. La scadenza naturale di questi mandati sarebbe stata nel 2020, ma a causa del covid sono stati prorogati di un anno perché era impossibile tenere le elezioni. «La cosa bella – conclude Guarneri – è che qui a Cremona viviamo l’elezione come un momento di condivisione e totale messa a disposizione. Nessuno smania per avere “la carica”, siamo solo al servizio di un Disegno più grande in totale accordo e unità».
Settimana sociale: “Visioni di futuro e buone pratiche” Sostenibilità, resilienza, sviluppo, riscaldamento globale, disparità di genere. Sono alcuni temi emersi durante la seconda giornata della Settimana sociale, dedicata alle “visioni di futuro” del nostro pianeta e alle 274 “buone pratiche” censite nel percorso verso Taranto, alcune delle quali già visionate e raccontate dal Sir nei giorni precedenti all’appuntamento presso il PalaMazzola, dove sono riunite circa un migliaio di persone – tra vescovi, delegati e ospiti – in rappresentanza di 220 diocesi di 224. Ai lavori ha partecipato anche la delegazione cremonese guidata da Eugenio Bignardi, incaricato diocesano per la pastorale Sociale e del Lavoro, con Diana Afman ed Ester Tolomini, che durante il pomeriggio di oggi hanno preso parte anche alla visita delle delegazioni alla riserva di Torre Guaceto, una delle buone prassi indicate dalla Cei per questa Settimana, come modello virtuoso per le pratiche di conservazione della biodiversità. Serve una “ecologia ecclesiale”, la proposta della biblista Rosanna Virgili nella sua meditazione. “Passare dall’io al noi”, il suggerimento di mons. Stefano Russo, segretario generale della Cei, durante la messa celebrata nella concattedrale di Taranto a inizio mattinata, insieme a quella di mons. Angelo Spinillo, vescovo di Aversa, a Castellaneta. Sostenibilità. “La sostenibilità non è soltanto una questione ambientale, ma anche economica, sociale e istituzionale”. Ne è
convinto il ministro delle Infrastrutture, Enrico Giovannini, che ha esordito affermando che “la conversione ecologica, non solo la transizione ecologica, a cui ci richiama Papa Francesco è possibile. Siamo in un kairòs, siamo chiamati a dare il nostro contributo in maniera straordinaria. Dobbiamo balzare in avanti”. In questo senso, per il Ministro, il titolo della Settimana sociale “è un invito a sperare nel futuro, ma non in un futuro lontano, in un futuro che noi oggi abbiamo la possibilità di realizzare”. “Tra qualche mese – ha annunciato Giovannini – il Paese deciderà di cambiare la propria Costituzione per inserirvi il principio della giustizia tra le generazioni, che non c’è ancora. Il Senato e la Camera hanno già dato l’ok in prima lettura”. “L’attività economica non può andare a discapito della salute e dell’ambiente”, il principio innovativo che verrà inserito nella nostra Carta costituzionale, e che ha a che fare sia con l’art. 41 che con l’art. 9. “Se l’avessero inserito un pò di tempo fa, tutta una serie di scelte sarebbero state dichiarate incostituzionali”, il commento di Giovannini. “Lavorare insieme per cambiare, perché tutto è connesso”, l’invito alla platea di Taranto: “Al centro del Pnrr e del Next Generation Eu c’è il tema di non danneggiare l’ambiente. Nei prossimi giorni, con la legge di bilancio, approveremo gli investimenti in un’ottica decennale”. “Il concetto di resilienza ha a che fare con l’accettare che il futuro sarà fatto di choc, sanitari, economici, sociali, ma gli choc hanno anche una valenza positiva”, ha concluso il Ministro esortando a “trasformare i problemi in una soluzione”. “Proteggere, preparare, prevenire, promuovere, trasformare”, i verbi con cui deve avere a che fare la politica: “Viviamo un tempo difficile ma interessantissimo. È’ il momento giusto per la trasformazione verso il pianeta, la società e le persone che speriamo”. Sviluppo. “Il lavoro che si fa sul sociale non è cosa diversa dal lavoro per lo sviluppo”. A testimoniarlo è stato Carlo Borgomeo, presidente della Fondazione con il Sud. “Chi fa
assistenza domiciliare agli anziani, che gestisce i beni confiscati alla mafia, deve essere consapevole che in quel momento sta facendo due operazioni: non sta compiendo solo un atto di solidarietà e di lotta alle disuguaglianze, ma sta costruendo lo sviluppo”. E proprio di “organizzare percorsi di inclusione sociale” si occupa la Fondazione con il Sud, soprattutto per l’inclusione dei soggetti più fragili. Il tema ambientale è il versante cui si stanno concentrando le iniziative più recenti. Riscaldamento globale. “Se le emissioni di Co2 continueranno con i livelli attuali, ci stiamo dirigendo verso un riscaldamento globale del pianeta di quattro gradi”. A lanciare il grido d’allarme è stato Gaël Giraud, gesuita, economista, direttore della Center for Environmental Justice della Georgetown University. “A causa del riscaldamento globale – la previsione dello studioso – il 50% della massa terrestre vivrà ondate di calore estremo e tre quarti della popolazione umana mondiale avrà più di 20 giorni di calore estremo entro la fine del secolo, e non potrà difendersi con l’aria condizionata perché inquina troppo. Questo significa che le popolazioni migreranno”. “Se continueremo con i livelli di emissioni di carbonio che abbiamo oggi – ha fatto notare inoltre Giraud – entro la fine del secolo il bacino dell’Amazzonia sarà completamente disabitato, così come l’America Latina, il bacino del Congo in Africa e l’intera costa orientale, l’India e tutto il Sud est asiatico”. Disparità di genere. “Non è una colpa essere madri e lavorare”. Lo ha detto Giovanna Iannantuoni, economista e rettrice dell’Università Bicocca di Milano. “In Italia non solo la percentuale di donne lavoratrici è la più bassa d’Europa – ha denunciato la relatrice – ma le mamme che hanno figli in età scolare passano al lavoro part-time. Questo vuol dire che qualcuno ha commesso un errore”. “Non è una colpa essere madri e lavorare, anzi, è una ricchezza”, ha assicurato: il problema è che “viviamo in un mondo disegnato
dai maschi per i maschi”. Buone pratiche. Diocesi e comune insieme per aiutare a trovare lavoro per tutti coloro che sono rimasti esclusi a seguito della crisi del 2008. È il progetto “Insieme per il lavoro”, nato nel 2017 per iniziativa del card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna, e del sindaco della città. “Si tratta di un processo innovativo per lavoratori fragili – ha spiegato don Paolo Dall’Olio – quelli che non riescono a trovare lavoro e non rientrano nell’assistenza”. Dopo quattro anni, “Insieme per il lavoro” sta per firmare un nuovo protocollo che permette l’ingresso anche della Regione Emilia Romagna nel progetto. Per accedere al progetto, basta un’iscrizione on line, a cui segue un colloquio: in 4 anni, hanno fatto richiesta più di 5mila persone. Solo nell’ultimo anno, sono state collocate 542 persone, di cui la metà delle quali donne e giovani under 30. Settimana sociale, Papa Francesco: “Ai cattolici italiani è richiesto un po’ più di coraggio” “Non possiamo rassegnarci e stare alla finestra a guardare, non possiamo restare indifferenti o apatici senza assumerci la responsabilità verso gli altri e verso la società”. È il monito di Papa Francesco, nel messaggio inviato alla 49ma Settimana sociale, che si è aperta oggi a Taranto sul tema: “Il pianeta che speriamo. Ambiente, lavoro, futuro. Tutto è connesso”. Per uscire dalla crisi generata dal Covid,
“crisi insieme sanitaria e sociale” – l’appello di Francesco ai circa mille tra vescovi, delegati e ospiti radunati al Palamazzola – “è richiesto un di più di coraggio anche ai cattolici italiani”. A fargli eco è stato il card. Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, introducendo i lavori. “Occorre un balzo in avanti”, la proposta: “Serve uno sguardo lungo sulle sorti dell’Europa e soprattutto dell’Italia. Mai come oggi è necessario un nuovo patto sociale tra tutti gli uomini e le donne italiane di buona volontà per mettere a tema l’Italia e il suo futuro facendo proposte concrete e non solo belle parole sul nostro Paese”. “Accanto a un piano di sviluppo per l’Italia c’è bisogno anche di altro”, ha sottolineato il presidente della Cei: “Qualcosa di più profondo. Serve una profezia sull’Italia. È necessaria una voce alta e autorevole che sappia leggere i segni dei tempi: ovvero sappia comprendere e interpretare questo scorcio di XXI secolo”. Al termine della prima parte dei lavori è arrivato a sorpresa anche un videomessaggio del Santo Padre, in cui rivolge “un pensiero particolare e un incoraggiamento ai giovani” e offre “una carezza a tutte le mamme e a tutti i papà di Taranto che hanno pianto o piangono per la morte e le sofferenze dei propri figli”. Per fare della Settimana un’esperienza sinodale, raccomanda il Papa nel messaggio, “occorre ascoltare le sofferenze dei poveri, degli ultimi, dei disperati, delle famiglie stanche di vivere in luoghi inquinati, sfruttati, bruciati, devastati dalla corruzione e dal degrado”.
“Abbiamo bisogno di speranza”, la tesi di Francesco, che ha indicato tre “cartelli” per camminare con audacia su questa strada. Il primo è “l’attenzione agli attraversamenti”: “Troppe persone – la denuncia – incrociano le nostre esistenze mentre si trovano nella disperazione: giovani costretti a lasciare i loro Paesi di origine per emigrare altrove, disoccupati o sfruttati in un infinito precariato; donne che hanno perso il lavoro in periodo di pandemia o sono costrette a scegliere tra maternità e professione; lavoratori lasciati a casa senza opportunità; poveri e migranti non accolti e non integrati; anziani abbandonati alla loro solitudine; famiglie vittime dell’usura, del gioco d’azzardo e della corruzione; imprenditori in difficoltà e soggetti ai soprusi delle mafie; comunità distrutte dai roghi… Ma vi sono anche tante persone ammalate, adulti e bambini, operai costretti a lavori usuranti o immorali, spesso in condizioni di sicurezza precarie”. Il secondo cartello da rispettare sulla strada della speranza è il divieto di sosta. “Non sostiamo nelle sacrestie, non formiamo gruppi elitari che si isolano e si chiudono”, l’indicazione di rotta del Papa. “Quanto sarebbe bello che nei territori maggiormente segnati dall’inquinamento e dal degrado i cristiani non si limitino a denunciare, ma assumano la responsabilità di creare reti di riscatto”, il sogno di Francesco. Non ci sono via di mezzo, “si tratta di ridefinire il progresso”, propone il Papa rilanciando uno dei temi di fondo della Laudato sì: “Uno sviluppo tecnologico ed economico che non lascia un mondo migliore e una qualità di vita integralmente superiore non può considerarsi progresso. Talvolta prevalgono la paura e il silenzio, che finiscono per favorire l’agire dei lupi del malaffare e dell’interesse individuale. Non abbiamo paura di denunciare e contrastare
l’illegalità, ma non abbiamo timore soprattutto di seminare il bene!”. Il terzo cartello stradale è l’obbligo di svolta. “Lo invocano il grido dei poveri e quello della Terra”, scrive il Papa, che cita don Tonino Bello, “profeta in terra di Puglia”, il quale amava ripetere: “Non possiamo limitarci a sperare. Dobbiamo organizzare la speranza!”. Per Francesco, “la svolta verrà solo se sapremo formare le coscienze a non cercare soluzioni facili a tutela di chi è già garantito, ma a proporre processi di cambiamento duraturi, a beneficio delle giovani generazioni”. Nella parte finale della sua introduzione, il card. Bassetti si è rivolto direttamente ai giovani, chiamati ad essere i nuovi protagonisti del cambiamento d’epoca che stiamo vivendo. “L’epoca dei pifferai magici è passata e non deve tornare più”. “La vostra numerosa presenza qui a Taranto, oggi, mi rincuora e mi consola”, le parole di Bassetti: “Non rassegniamoci!”. “Come vorrei che da qui noi dessimo un segnale di apertura che racconti un futuro possibile”, il sogno del “padrone” di casa, mons. Filippo Santoro, arcivescovo di Taranto: “qui la speranza è precaria come il lavoro, qui l’inquinamento ha intossicato le coscienze prima ancora che l’aria, la terra e il mare”. “La Chiesa italiana ha la responsabilità di tracciare una parabola che non fronteggi l’emergenza della salute, dell’ambiente, del lavoro, con rattoppi dell’ultima ora come siamo abituati a subire da decenni, ma che sia lungimirante, che ponga le basi di una crescita per le nuove generazioni, che esprima la cura dell’educare e della gratuità”, l’appello del vescovo, che ha auspicato “un percorso virtuoso di ‘bonifica’ lungo la strada del concetto che il Papa ci ha
offerto: quello dell’ecologia integrale”, ripartendo “dai volti delle persone morte e ferite per causa dell’inquinamento ambientale, dal volto ferito di tutta la Casa comune, e dalle vittime del lavoro”. Don Paolo Scquizzato e il coraggio di guardare oltre Cosa rimane di questi due anni? Questa prima domanda, spiazzante nella sua semplicità, apre l’intervento di don Paolo Scquizzato, autore di numerosi libri ed esperto formatore, lettore e interprete della Parola. Dopo mesi di sofferenze, limitazioni, regole, lutti, è possibile concludere che, tutto sommato, non è andato tutto bene come promettevano gli hashtag e i cartelloni. Il rischio, però, è fare finta che non sia successo nulla, nascondere la testa sotto la sabbia. E invece – da qui il titolo dell’incontro organizzato presso il teatro dell’oratorio di Sant’Agata dalla Libreria Paoline di Cremona – «la sfida sta nel guardare oltre, cioè guardare attraverso quello che è stato, non bypassare: non “malgrado”, ma “attraverso”». D’altra parte, come insegnano le fiabe o la Divina Commedia, il protagonista deve necessariamente passare attraverso boschi magici o selve oscure per andare oltre, per proseguire nel suo viaggio. E il viaggio mette in crisi, ma – ricorda Scquizzato – «i vangeli sono pieni di crisi e Gesù è sempre stato in crisi. La crisi setaccia la vita, la scuote perché alla fine rimanga qualcosa». Ogni crisi insegna che la vita è incredibilmente “una”: nelle sue ambivalenze, dualità e sfaccettature va accolta e compresa
nella sua unità e totalità. Occorre quindi affrontare le crisi, lasciando da parte la ricerca della felicità, retaggio del sogno americano, scegliendo, invece, la salvezza. La connotazione moderna di felicità corrisponde alla rimozione delle zone d’ombra e dei limiti, all’anestesia dei conflitti, al rifiuto del buio e della sofferenza. La chiave di volta, invece, consiste nel riconoscere entrambe le facce della medaglia, nell’accogliere anche i lati oscuri e della vita – le brutture, il terrore, l’angoscia – che sono parte inevitabile della vita e del nostro essere, esattamente come la notte è imprescindibilmente e necessariamente parte del giorno insieme al dì. Un “cristianesimo maturo” spinge a trovare un senso anche negli aspetti drammatici dell’esistenza: l’invito è dunque quello ad accogliere la totalità della vita, includendo soprattutto i limiti e le vulnerabilità dentro le quali si nasconde Dio, perché «il fondo dell’anima è scuro e lì abita Dio». Il tutto si può riassumere in un bellissimo aneddoto sullo straordinario pianista jazz Keith Jarrett. Il limite di un pianoforte scordato, che costrinse il musicista in tour a Colonia a suonare spaziando tra sole tre ottave, ha permesso allo stesso di sfoggiare il meglio, in uno dei concerti più amati ed eccezionali della storia. Un po’ come ha saputo fare l’icona jazz Jarrett, tutti siamo chiamati ad accogliere anche le crisi, ad abbracciare gli ostacoli, diventando protagonisti e responsabili di una vera risposta ai limiti e alle fragilità della nostra esistenza. Da questo scaturisce il “coraggio di guardare oltre”: perché «avere coraggio, alla fine, significa attraversare la paura in tutte le sue forme».
“Il contributo dell’Amoris laetitia al rinnovamento ecclesiale e alla vita del sacerdote”: la relazione del vescovo Martinelli in Seminario “Il contributo dell’esortazione apostolica post-sinodale Amoris Laetitia al rinnovamento ecclesiale”: questo il tema su
cui si è incentrata la ricca, profonda, apprezzata riflessione offerta da Mons. Paolo Martinelli, vescovo ausiliario di Milano, ai preti della diocesi di Cremona, riuniti in assemblea plenaria presso il Seminario vescovile, la mattina di giovedì 7 ottobre. Accolto e introdotto dal vescovo Mons. Antonio Napolioni, che nella sua stimolante riflessione ha messo il punto, tra l’altro, sulla necessità di una “riforma come continua conformazione a Cristo”, Mons. Martinelli ha preso le mosse dalla una considerazione di fondo: l’Amoris Laetizia si colloca in rapporto con tutta la vita della Chiesa, che da essa viene rimessa in gioco, con una conseguente ricchissima molteplicità di implicazioni. Dunque, l’Amoris Laetitia comporta e sollecita il necessario ripensamento delle relazioni tra le diverse vocazioni, delle quale è necessario un riposizionamento comunionale. Dopo avere introdotto l’attualissimo tema della sinodalità della Chiesa, rilanciato con grande forza da Papa Francesco, il presule ha insistito e si è soffermato su come la famiglia, che vive ed esprime una sua vera e propria vocazione pienamente ecclesiale, ora debba porsi come primo soggetto di azione pastorale e di evangelizzazione e non più come oggetto: così, ha citato tra l’altro, “la famiglia cristiana si costituisce come soggetto dell’azione pastorale attraverso l’annuncio esplicito del Vangelo e l’eredità di numerose forme di testimonianza”. Una prospettiva certamente non nuova: infatti “la famiglia come soggetto di vita pastorale e di evangelizzazione è una modalità con cui Papa Francesco riprende l’idea patristica ed affermata dal Vaticano II in Gaudium et Spes della famiglia come Chiesa domestica”. Ecco allora che si passa da un uso “esclusivo” della azione pastorale” a uno “inclusivo”, che tiene conto e valorizza la vocazione alla santità di tutti i credenti. Certo, è innegabile che l’annosa eredità moderna, oltre ai complessi fenomeni della secolarizzazione e della attuale “impertinenza
della fede”, debbano comportare e richiedano passaggi decisivi, per la vita della Chiesa, attraverso un lungo percorso, che non prescinda dalla riflessione teologica (teologia del laicato), dai movimenti di vita cristiana (con la riscoperta del battesimo e della spiritualità familiare…), dal magistero (Gaudium et Spes, Lumen Gantium, Familiaris Consortio, Deus Caritas est, Amoris Laetitia…). L’Amoris laetitia allora non può non porsi come fondamentale contributo dal punto di vista della dinamica ecclesiale e pastorale, nell’ottica di una “pluriformità vocazionale nell’unità”. Federico Celini iFrame is not supported! Scarica le slide della presentazione Domenica alle 18 in Cattedrale il conferimento dei Ministeri: diretta sul web Domenica 24 ottobre, durante la Messa delle 18 in Cattedrale, il vescovo Antonio Napolioni conferirà il ministero del Lettorato e dell’Accolitato a otto studenti di Teologia del Seminario diocesano. La celebrazione sarà proposta in diretta streaming sul portale e i canali social diocesani. Lettorato e Accolitato sono ministeri laicali che affidano a chi li riceve una particolare responsabilità in ordine alla proclamazione della Parola di Dio e alla dimensione comunionale e caritativa dell’impegno nella comunità. Durante la celebrazioni queste due dimensioni sono sottolineate in
modo particolare da un gesto che ognuno compirà, individualmente, davanti al Vescovo e che sottolinea sia il carattere personale dell’impegno che ogni singolo si assume, ma anche l’apertura a alla comunità e alla Chiesa per la presenza del Vescovo e la dimensione comunitaria della celebrazione all’interno della quale si svolge questa consegna. Al futuri lettori sarà consegnata una Bibbia dal Vescovo, “strumento” essenziale per approfondire la conoscenza della Parola di Dio. Il lettore è, infatti, colui che proclama la parola di Dio, a lui è affidata. Chi riceve questo ministero è chiamato in modo particolare a formarsi e, soprattutto, farsi formare, lui per primo, dalla parola di Dio. I futuri lettori sono: Alberto Fà della parrocchia di S. Bassiano vescovo in Pizzighettone, Valerio Lazzari della parrocchia di S. Pietro apostolo in Vicomoscano e Giuseppe Valerio della parrocchia di S. Martino in Spinadesco. Ai futuri accoliti, invece, sarà consegnata una patena contenente il pane che sarà consacrato durante la liturgia eucaristica. Questa consegna sottolinea come l’accolito sia colui che si occupa di custodire i vasi sacri e di distribuire la Comunione. Egli è, quindi, ministro straordinario della comunione. Un altro aspetto fondamentale che viene conferito con questo ministero è quello della carità che deve acquisire una rilevanza sempre maggiore nella vita e nell’impegno all’interno della comunità da parte dell’accolito. I futuri accoliti sono Andrea Bani della parrocchia di S. Vittore martire in Agnadello, Claudio Mario Bressani della parrocchia dei Ss. Fermo e Rustico martiri in Caravaggio, Alex Malfasi della parrocchia di Ss. Filippo e Giacomo in Castelleone, Jacopo Mariotti della parrocchia di Cristo Re in Cremona e Paolo Zuppelli della parrocchia di S. Benedetto abate in Trigolo.
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