Il ruolo della psicologia nella fecondazione assistita

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Il ruolo della psicologia nella fecondazione assistita

Marina Forte, Psicologa
GENERA, Centro di medicina della riproduzione ,Italia.

Introduzione

La procreazione rappresenta una tappa evolutiva fondamentale nell’acquisizione dell’identità personale e di coppia. La riproduzione
umana, tuttavia, si fonda su processi fisiologici, biologici e genetici finemente regolati, che talvolta possono deviare dal normale
funzionamento e da quell’ordine naturale che dovrebbe garantire a tutti noi, la possibilità di avere un bambino.
Anche se diventare genitori quindi, è un’aspettativa sociale tipica di diversi contesti culturali, è ormai noto che una coppia su sei ha
difficoltà nel raggiungere questo obiettivo (Burnett & Panchal, 2008; Dayus, Rajacich, & Carty, 2001). Nella coppia, la scoperta di
essere infertili mette profondamente in discussione la convinzione , per alcuni aspetti irrazionale, che per avere un bambino basti
volerlo, in quanto si diventa consapevoli che non sempre il desiderio di un figlio si traduce nell’immediata realizzazione; in risposta
alla frustrazione, la coppia inizia ad attivarsi verso la ricerca di possibili soluzioni al problema, che possono essere vissute come più
o meno stressanti, ma che hanno come fine ultimo, il raggiungimento di una gravidanza ad ogni costo. Ciò che prima era solo un
desiderio (dal latino desiderium, composto di [de] e [sidera], che significa “sentire la mancanza di”), in alcuni casi diventa un
pensiero quasi ossessivo e si trasforma in un bisogno che deve essere necessariamente soddisfatto.
Come definita dall’American Society for Reproductive Medicine (ASRM), l’infertilità rappresenta una disfunzione del sistema
riproduttivo, che compromette l’abilità del corpo a concepire un bambino; l’infertilità è tipicamente diagnosticata quando una
coppia è incapace di ottenere una gravidanza dopo un anno di rapporti liberi. La stima della prevalenza dell’infertilità varia nel
mondo da meno del 5% a più del 30% in certi Paesi, mentre la sua incidenza è stata vista essere in aumento nella popolazione
generale (WHO, 2003).
L’aumento dell’incidenza di tale condizione clinica ha incrementato sempre di più lo sviluppo e l’utilizzo di tecnologie innovative nel
campo della fecondazione assistita, come l’ICSI, migliori strategie di crioconservazione e di diagnosi/screening genetico preimpianto,
tutte finalizzate a migliorare l’efficacia clinica dei trattamenti di IVF. Tuttavia, la crescente attenzione per gli aspetti medici, biologici
e genetici dell’infertilità non è stata seguita da un simile riguardo per le problematiche di natura emotiva che caratterizzano le
coppie infertili. Il rischio è quindi quello di trascurare le difficoltà psicologiche che spesso emergono in queste coppie e che sono
state viste essere la principale causa non medica degli abbandoni nei trattamenti di IVF (Brandes et al., 2009).
In tale contesto, il ruolo della psicologia non è tanto quello di determinare i fattori psicologici che possono causare una condizione
di infertilità, come alcune teorie hanno sostenuto (Leiblum SR et al.1988), quanto quello di individuare ed intervenire sulle difficoltà
psicologiche che potrebbero derivare dalle complicazioni a concepire e dallo stress emotivo talvolta conseguente alle dinamiche del
percorso di fecondazione assistita. La visione del ruolo dei fattori psicosociali nell’infertilità, infatti, è ormai cambiata. All’inizio il
“modello dell’infertilità psicogena” (infertilità causata da problemi psicologici) ha dominato la ricerca in questo campo. Oggi non ci
sono studi che forniscono evidenza di un’infertilità causata da distress, pertanto il focus della ricerca scientifica è rappresentato
dagli effetti psicologici dell’infertilità e dei trattamenti di IVF (“modello delle conseguenze psicologiche”).

Il doppio impatto psicologico dell’infertilità sulle coppie

Cosa significa “sono infertile”

E’ ormai noto che l’esperienza dell’infertilità, in alcuni casi, può essere devastante per le coppie che desiderano un bambino. Per le
donne la gravidanza e la maternità rappresentano infatti delle tappe fondamentali dello sviluppo che sono significativamente
enfatizzate dalla nostra cultura, e talvolta gestire la pressione della società e della famiglia può rappresentare un compito
impegnativo. L’esperienza di essere incapace ad ottenere una gravidanza viene spesso descritta come una fonte di ansia, paura,
tristezza, frustrazione e rabbia (Serafini P et al. 2000; Farinati DM et al. 2006; Cousineau TM et al. 2007; Cwikel J et al. 2004), e non
in ultimo causa di sentimenti di impotenza ed importanti sintomi di distress (Farinati DM et al. 2006; Wichman CL et al. 2011;
Moreira SNT et al. 2006). L’infertilità in molti casi viene vissuta come una condizione stigmatizzante (Trindade ZA et al. 2002),
descritta dalle persone che la sperimentano come l’evento più stressante della loro vita (Freeman EW et al. 1985).
Sebbene sia gli uomini che le donne possano essere colpiti emotivamente dall’essere infertili, è stato riportato che mentre le donne

sono stressate dalla condizione stessa dell’infertilità, gli uomini sono maggiormente colpiti dai conflitti che si creano nella relazione
di coppia e dalla tristezza mostrata dalle proprie mogli (Shapiro, 2009). Nelle donne inoltre, la risposta alla diagnosi d’infertilità è
stata correlata ai modelli di elaborazione del lutto (Christie, 1997;), depressione (Syme, 1997) e ansia o stress (Mori, 1997). Le
donne infertili infatti sono significativamente più depresse delle loro controparti fertili, con livelli di ansia e depressione equivalenti
alle donne con malattie cardiache, cancro e donne positive all’HIV. Alcune delle difficoltà riferite dalle donne infertili sono
rappresentate dalla mancanza di spontaneità nella vita sessuale, mancanza di controllo della propria vita e pressione sociale ad
avere un bambino (Benyamini Y et al. 2005); le donne tendono a vivere la condizione di infertilità come un insulto alla propria
femminilità e alla propria autostima (Cwikel J et al. 2004).
Le parole di una donna che sperimenta una condizione d’infertilità sembrano riassumere bene quanto appena descritto:
                                            “Io non posso concepire un bambino; io sono infertile.
                                        La mia infertilità è un colpo alla mia autostima, una violazione
                                               della mia privacy, un attacco alla mia sessualità,
                                                 un esame finale sulla mia capacità di lottare,
                                               un affronto al mio senso di giustizia, un doloroso
                                               ricordo che niente può essere dato per scontato.
                                           La mia infertilità è una rottura nella continuità della vita.
                                           E’ prima di tutto una ferita, al mio corpo, alla mia psiche,
                                                     alla mia anima. Il dolore è intenso”.
                                                               (Jorgensen, 1982)

Un ulteriore differenza tra gli uomini e le donne è rappresentata dalla loro capacità nell’espressione delle proprie emozioni: mentre
le donne si sentirebbero più abili ad esprimere i propri sentimenti e a manifestare in modo esplicito tristezza e rabbia, gli uomini
possono avere difficoltà a confrontarsi con i propri sentimenti, si sentono spesso incapaci nel cercare di confortare le proprie
compagne e sono a volte frustrati per non essere in grado di risolvere la loro infertilità (Monach, 1993; Zolbrod, 1993). Per gli
uomini il problema dell’infertilità può essere vissuto come un “fallimento come uomo” e quindi un attacco alla propria mascolinità,
in risposta al quale possono generarsi sentimenti di perdita di potere e di potenza, che potrebbero determinare episodi di
impotenza, o al contrario promiscuità (Syme, 1997).

Le coppie infertili tendono spesso ad isolarsi (Salzer,1991). Il contatto con il mondo, dove segni di fertilità sono ovunque, può essere
a volte molto doloroso. La difficoltà a partecipare a funzioni sociali come “baby showers” o compleanni di famiglia per i bambini,
può essere vissuta come impossibile da affrontare, ed anche attività quotidiane come vedere bambini al supermercato o ai pranzi di
lavoro potrebbero scatenare una forte risposta emotiva. Lo stigma sociale della mancanza di bambini suscita sentimenti di
imperfezione e di un’identità “guasta” (Maill, 1986), in quanto esiste un’assunzione sociale per la quale tutte le coppie hanno
bambini. Alla stigmatizzazione dell’infertilità, le coppie talvolta rispondono con diverse strategie di coping, tentano di nascondere la
situazione, negano di volere un bambino, sviluppano altri interessi, ed evitano situazioni sociali.

Per la coppia tuttavia, la maggiore fonte di stress deriva dal senso di colpa e dal reciproco rimprovero, in quanto nei due terzi dei
casi il problema dell’infertilità risiede in uno o nell’altro partner (Menning, 1980; Zolbrod, 1993). Da non sottovalutare infine sono i
problemi sessuali che la coppia, in alcuni casi, deve affrontare, i quali potrebbero emergere dopo un prolungato periodo di tentativi
di ricerca di una gravidanza non andati a buon fine. Il sesso su richiesta è sicuramente molto diverso da un sesso di natura ricreativa.
Inoltre, l’urgenza di avere un rapporto sessuale in sincronia con il periodo dell’ovulazione potrebbe interferire con il raggiungimento
dell’orgasmo da parte della donna.

L’impatto psicologico dell’inizio di un trattamento per l’infertilità
Alle difficoltà derivanti dalla consapevolezza di essere infertili, si aggiunge, in alcuni casi, lo stress relativo ai trattamenti di
fecondazione assistita. Le iniezioni giornaliere, l’analisi del liquido seminale, monitoraggi, e procedure chirurgiche/diagnostiche
potrebbero rappresentare, in alcuni casi, una fonte di distress per entrambi i partner. Sono tuttavia le donne, secondo studi
prospettici, coloro che sperimentano elevati livelli di ansia durante l’IVF (Demyttenaere et al., 1991; Boivin and Takefman,1996).
In realtà, la maggior parte delle donne riescono ad affrontare con serenità le diverse fasi del percorso terapeutico di IVF, mostrando
buone capacità di adattamento, anche quando si confrontano con un fallimento; alcune di esse tuttavia, possono sviluppare
problemi emotivi (ansia e depressione), non tanto nelle fasi iniziali del trattamento (caratterizzate da un’aspettativa positiva di una
possibile soluzione al problema di infertilità ), quanto piuttosto quando si sottopongono a ripetuti cicli, sperimentando frustrazione
nel caso di un esito negativo (C.M.Verhaak et al., 2007). E’ stato visto infatti che quando un trattamento ha successo e quindi si
ottiene una gravidanza, le emozioni negative scompaiono immediatamente, a dimostrazione della criticità dell’esito, nello sviluppo
di sintomi depressivi (C.M.Verhaak et al., 2007). In risposta al fallimento del trattamento infatti, sia gli uomini che le donne,
rispondono con un aumento dei livelli di ansia e depressione (Newton et al., 1990; Thiering et al.,1993).
Quelle coppie che non possiedono strumenti e strategie adatte a far fronte ( coping) alla frustrazione del fallimento, o che per
caratteristiche personali non sono in grado di sopportare elevati livelli di stress, sono probabilmente maggiormente portate ad
abbandonare l’IVF. Gli studi condotti recentemente sull’identificazione delle principali cause del dropout delle coppie durante le
diverse fasi di IVF, hanno documentato che, (escludendo le ragioni mediche) è proprio lo stress emotivo, a condurle verso
l’abbandono del trattamento (Mahlstedt et al., 1987; Olivius et al., 2004; Brandes et al., 2009).
Queste evidenze dovrebbero fornire una cornice di riferimento per poter migliorare l’approccio globale alla coppia infertile,
rendendolo un approccio centrato sul paziente e permettendo alle coppie che ne necessitano, di accedere ad un servizio
psicologico per prevenire e/o ridurre il distress emotivo.

Gli interventi psicologici per le coppie infertili

Nel corso degli ultimi anni, la ricerca in campo psicologico ha dimostrato che, contrariamente a quanto precedentemente ipotizzato,
le coppie infertili non possono essere classificate e inserite in alcuna definita categoria psicopatologica (Hammer Burns & Covington,
1999). Tuttavia, la crescente attenzione al distress emotivo sperimentato da alcune coppie, ha portato universalmente a riconoscere
la necessità di introdurre nel percorso di IVF la possibilità di fornire, quando necessario, interventi psicologici per le coppie (Boivin
& Kentenich 2002).
Attualmente, esistono diversi tipi di interventi psicologici, i quali si focalizzano su specifici approcci terapeutici: interventi che
mirano a fornire informazioni (Daniluk,1988;Takefman, 1990), interventi focalizzati sulle emozioni e sul problema (McQueeney et
al., 1977), interventi di supporto di gruppo (Ferber, 1995), counselling psicologico o sessuale (Sarrel and DeCherney, 1985), terapia
di coppia (Diamond et al.,1999; Stammer et al., 2002), terapia cognitivo-comportamentale (Tuschen-Caffier et al., 1999), e mind-
body therapy (Domar et al., 1992b).
Generalmente gli interventi psicologici per le coppie con problemi di infertilità possono essere suddivisi in interventi individuali o
interventi di gruppo; inoltre dall’analisi della letteratura è possibile suddividere gli interventi in tale contesto in tre categorie:
interventi di counselling, interventi educativi focalizzati, e programmi educativi completi ( J. Boivin 2003). La caratteristica che
permette di fare una distinzione tra counselling e interventi educativi (focalizzati o completi) è l’obiettivo terapeutico. Lo scopo degli
interventi educativi è quello di fornire delle informazioni o incrementare le abilità della persona ( skill training). L’obiettivo
terapeutico del counselling è invece quello di promuovere l’espressione delle emozioni e fornire un supporto, e/o discutere con il
paziente riguardo i pensieri ed emozioni correlati alla condizione di infertilità. La differenza tra gli interventi educativi focalizzati o
completi è che mentre i primi sono centrati sull’insegnamento di una singola abilità (ad esempio il coping o il training di
rilassamento), i secondi garantiscono l’apprendimento di più di un’ abilità (ad esempio coping e training di rilassamento).
Un’ulteriore categoria che è possibile individuare tra gli interventi è ugualmente di natura educativa, ma consiste in interventi
psicosociali più strutturati e completi. Tra questi, troviamo il “Behavioral Medicine Program for Infertility” (BMPI, anche conosciuto
come il “ mind/body program”) (Domar, Seibel, & Benson, 1990), un programma di gruppo strutturato in dieci settimane che
include, per esempio, la ristrutturazione cognitiva, tecniche per l’espressione delle emozioni, e training di rilassamento.
E’ stato dimostrato che tali interventi psicosociali sono più efficaci nel ridurre le emozioni negative piuttosto che produrre dei
cambiamenti nel funzionamento interpersonale (relazioni sociali o di coppia), ma non sono tuttavia in grado di incidere sulla
pregnancy rate (J.Bovin, 2003). Tra gli interventi educativi ed il counselling, quelli significativamente più efficaci sono i primi, i quali
enfatizzano l’educazione e l’addestramento di alcune abilità (skill training), e a beneficiarne sono sia gli uomini che le donne
(J.Bovin, 2003).
Nel contesto della fecondazione assistita, alla luce di quanto emerso, il ruolo della psicologia potrebbe essere quello primario di
individuare tra tante, quelle coppie che necessitano di una consulenza psicologica. Sarebbe utile eseguire nel percorso della coppia,
uno screening iniziale pre-trattamento, seguito da uno screening a metà percorso e un ultimo, al termine di un trattamento con
esito negativo. Attraverso una valutazione ad hoc, si potrebbero analizzare diversi aspetti psicologici critici, come la presenza di
stress emotivo (possibili sintomi di ansia e/o depressione), la qualità della relazione di coppia, non in ultimo, la qualità della vita in
funzione dell’infertilità, mediante l’utilizzo di specifici strumenti standardizzati e attraverso un breve colloquio.
In seguito si potrebbe pensare ad una diversificazione dell’intervento sulla base delle specifiche problematiche emerse
nell’indagine.
Rimane tuttavia evidente come l’eterogeneità dei diversi modelli teorici su cui si fonda l’intervento psicologico, che si intende offrire
alla persona e/o alla coppia, sia un problema ancora irrisolto.

Conclusioni
Numerosi studi negli ultimi anni hanno raccomandato l’utilizzo degli interventi psicosociali per le coppie infertili. Tuttavia solo pochi
studi fino ad ora sono stati eseguiti nel rispetto di specifici criteri metodologici e spesso non sono supportati da evidenze empiriche
(Boivin, 2003). Uno dei pochi tentativi di integrazione delle diverse conoscenze ed evidenze scientifiche sugli interventi psicologici
per le coppie infertili è stato realizzato nel 1991 da esperti di diversi Paesi. Tale tentativo ha avuto come risultato la creazione di un
documento con il titolo “"Guidelines for Counselling in Infertility", che ha l’obiettivo di descrivere in modo accurato quelli che sono i
punti chiave per il counselling di persone che si sottopongono a trattamenti di IVF (J.Bovin et al., 2001). Le linee guida si basano
sulla migliore pratica corrente e rappresentano un valido supporto per il counselling.
Tuttavia, il counselling psicologico in tale contesto si basa su riferimenti teorici che possono variare molto spesso in funzione del
modello adottato dallo psicologo/psicoterapeuta. La cornice teorica di riferimento può, infatti, essere rappresentata dalla
psicoterapia psicodinamica, la psicoterapia cognitivo-comportamentale, la psicoterapia focalizzata sulla soluzione, interventi sulla
crisi e molti altri (Applegarth, 1999). E’ chiaro, quindi, che questa eterogeneità di differenti approcci allo stesso problema può
portare i counsellors ad utilizzare, nel loro lavoro con i pazienti infertili, una varietà di prospettive. Maggiori difficoltà possono
emergere in particolar modo nel momento in cui un counsellor adotta delle strategie dettate dal proprio modello teorico di
riferimento, ma che non sono in linea con le necessità e le richieste del paziente. Al momento, sfortunatamente, non ci possiamo
avvalere di evidenze scientifiche che dimostrino la superiorità di un approccio rispetto ad un altro, sulla base di una valutazione
dell’efficacia dell’ intervento terapeutico. Manca, infatti, un gold standard che possa garantire la condivisione di un modello che sia
stato scelto alla luce dei risultati di studi controllati randomizzati. Un importante obiettivo futuro pertanto è quello di individuare
quale approccio tra tanti sia più efficace per l’intervento psicologico delle coppie che si sottopongono ad IVF, valutando in modo
rigoroso gli outcomes che sono considerati essere determinanti per il benessere della singola persona (uomo-donna) e per la
coppia, con il fine ultimo di migliorare sensibilmente la qualità della loro vita. Solo in un secondo momento la ricerca scientifica in
tale contesto potrebbe dedicarsi all’analisi dei diversi fattori psicologici che possono in qualche modo contribuire allo sviluppo di un
quadro clinico di infertilità, o che possono influenzare la “pregnancy rate” delle pazienti.
Quello di cui si necessita al momento nella “psicologia dell’infertilità”, infatti, è un approccio psicologico pragmatico e integrato che
sia realmente efficiente nel ridurre il disagio e nell’arricchire la vita dell’individuo, ampliando il repertorio di possibilità della
persona, in vista di una più completa realizzazione personale e di coppia.
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