Il Prof. La Torre dal mondiale di Doha - Nuoto.com

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Il Prof. La Torre dal mondiale di
Doha
written by Redazione | 30 Settembre 2019

Abbiamo raggiunto telefonicamente il direttore tecnico della Federazione italiana
di atletica leggera professor Antonio La Torre, impegnato a Doha con la
squadra nazionale per i Campionati del mondo, gli abbiamo posto alcune
domande sulle problematiche legate alla prestazione sportiva in condizioni
climatiche proibitive come quelle della maratona femminile di Doha.

Atlete boccheggianti, atlete svenute come l’italiana Sara Dossena, prestazioni
compromesse, registrati quasi 30 ritiri su 68 partenti e circa il medesimo numero
di atlete che hanno raggiunto il pronto soccorso, durante o dopo la gara. Questo il
risultato del contesto della maratona femminile andata in scena a Doha alla
mezzanotte di sabato scorso con il termometro che segnava 32,7 gradi ed un
tasso di umidità del 73,3%, condizioni decisamente impegnative, estreme per una
gara di endurance, non solo sono state compromesse le prestazioni delle atlete,
ma è stata messo a rischio la loro salute.

“Gara svolta tra barelle e ambulanze”, “Una via crucis più che una maratona”
queste alcune delle descrizioni utilizzate dai media, in tale cornice la nostra
Eleonora Giorgi è riuscita a gestire la situazione vincendo una straordinaria
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medaglia di bronzo.

Un contesto quello di Doha che gli atleti di tutte le discipline sportive potrebbero
ritrovare in occasione dei Giochi di Tokyo della prossima estate, compresi i
nuotatori in acque libere, ecco cosa ci ha spiegato in merito il dt Antonio La
Torre, che ringraziamo per la cortesia.

Secondo lei a Tokyo potranno esserci condizioni simili a Doha?
Le temperature a Tokio non arriveranno a quelle di Doha. Le lunghe distanze a
Tokyo sono previste al mattino, iniziando addirittura alle 5.30. Il vero problema è
che l’umidità rischia di avere tassi di umidità ancor più elevati di Doha. Abbiamo
mandato un’equipe dei nostri migliori atleti della marcia nello stesso periodo delle
olimpiadi. Forse questo 2019 è stato anche per il Giappone uno degli anni più
caldi degli ultimi 50 anni. Nella popolazione ci sono stati parecchi decessi per le
alte temperature.
I nostri atleti e le nostre atlete con temperature intorno ai 25 gradi, a causa
dell’umidità percepivano temperature intorno ai 40-42 gradi centigradi.
Dunque Tokyo sarà una spedizione da curare con estrema accuratezza, tenendo
conto per le gare di resistenza di questa variabile delle condizioni climatiche che
incidono pesantemente sulla prestazione. C’è anche molta preoccupazione nel
comitato organizzatore, perché il tema riguarderà non solo gli atleti ma anche gli
spettatori.
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ph: IAFF.COM

Quanto il clima può condizionare la prestazione? Scambio termico,
idratazione e quali altre possono essere le problematiche connesse?

Un tema ormai battutissimo nella letteratura scientifica e non solo. Ci sono ormai
centri nel mondo che si sono organizzati. Proprio qui a Doha c’è l’ospedale
Aspetar (struttura ospedaliera privata specializzata nello sport), uno dei centri
più avanzati al mondo con scienziati di primissimo piano, tra le cose che studia ci
sono proprio le risposte al caldo in condizioni di esercizio fisico ma anche di vita
“naturale”.
La performance svolta attorno a temperature che si aggirano attorno ai 30 a volte
ai 35 gradi , ma soprattutto l’abbinamento del dato della temperatura legato a
quello dell’alta umidità condiziona pesantemente la prestazione di resistenza nel
senso che uno dei problemi che gli atleti hanno in queste condizioni, è che una
parte del sangue che serve a portare sangue nutrimento e scambio termico è
costretto ad irrorarsi in periferia per far si che il corpo non si surriscaldi, e quindi
viene in parte sottratto a quello che è il motore centrale la pompa cardiaca. Il
famoso riferimento il massimo consumo VO2max che è un po’ la rappresentazione
(volgarizzazione) della cilindrata del motore, in quelle condizioni non può mai
toccare le punte massime, quindi diciamo che in quelle condizioni l’atleta deve
consapevolmente gestire una riduzione di potenza per evitare di collassare o di
trovarsi improvvisamente privo di energie proprio a causa del calore abbinato
all’umidità.
Uno degli organi che più subisce questa influenza del caldo è direttamente
proprio la testa, e anche quindi il cervello con tutto quello che ne consegue e
bisogna preparare queste gare un po’ come coloro che si allenano non per
prestazioni sportive ma che sono costretti ad esempio in missioni militari a volte
nel deserto a saper stare esposti al caldo estremo per tante ore senza che questo
diminuisca l’efficacia della loro prestazione fisica ma anche quella degli aspetti
cognitivi.
Il problema più grande è di tenere rinfrescata la superficie corporea, di evitare
che l’eccesso di umidità impedisca la traspirazione della pelle (primo organo ad
avvertire il problema) i suggerimenti sono che gli aspetti coinvolti a queste
condizioni di caldo particolare se non estremo sono quelle collegate sia ai classici
parametri metabolici cardio respiratori e circolatori, l’altro è proprio un aspetto
l’idratazione e la nutrizione, ultimo ma non ultimo l’allenamento del brain, vero e
proprio allenamento del cervello a riuscire a rimanere e sopportare queste
condizioni senza perdere lucidità e farsi sopraffare dal calore.

Pensa che il tema delle alte temperature per l’atletica abbia ricadute
simili a quelle delle acque calde per il nuoto?
Sicuramente gli effetti sia in acqua che sulla terra ha conseguenze negative.
 L’aneddoto: Paltrinieri tornava dalla gara di Tokio svolta nelle acque in
condizioni che bollivano i pesci (intorno ai 31 gradi l’acqua) si è incontrato con la
Palmisano la nostra campionessa che tornava in questo stage fatto in Giappone in
corrispondenza dei giorni dell’olimpiade, entrambi si sono confessati
reciprocamente sulla difficoltà. Quando la risposta arriva da due campioni così la
risposta è scontata : sia in acque libere che durante le gare di maratona e marcia
su strada l’influenza di queste condizioni ambientali è pesantemente negativa
sulla prestazione, bisogna quindi allenarsi a preparare le risposte corporee a
queste condizioni.

        PROF. ANTONIO LA TORRE

Estratto da FIDAL – Ha ricoperto diversi ruoli nell’ambito della struttura tecnica
federale, dal 2017 alla nuova nomina di Direttore Tecnico FIDAL nel settembre
2018 è stato responsabile del comparto endurance e poi anche come advisor
dell’ufficio della Preparazione Olimpica del CONI. Autore di cento pubblicazioni
scientifiche su riviste con “impact factor”, oltre ad un centinaio altri articoli
divulgativi di carattere tecnico-didattico.

        Qui il curriculum completo

Foto di copertina dal sito Fidal.it
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