Maniera di pensare e girare il cinema di genere italiano
←
→
Trascrizione del contenuto della pagina
Se il tuo browser non visualizza correttamente la pagina, ti preghiamo di leggere il contenuto della pagina quaggiù
Il talento del Calabrone: il thriller che ci racconta, prima di tutto, una nuova maniera di pensare e girare il cinema di genere italiano Conoscete la storia del paradosso del Calabrone? Beh, penso proprio di sì, perché non solo è attribuita ad Albert Einstein, ma anche perché molto diffusa in rete ed infine perché molto abusata da vari coach e formatori in vari corsi di self help e miglioramento personale, comunque per chi non la conoscesse ve la riassumo brevemente: Secondo le leggi dell’aerodinamica, visto il rapporto superficie alare – massa corporea, il calabrone non potrebbe volare, eppure lo fa. Come è possibile che questo insetto violi le leggi della fisica? Allora, fatemi fare brevemente il debunker di questa “ennesima bufala” (collaborando con Armando De Vincentiis alla rubrica “Il sonno della Ragione” ci ho preso gusto). Tre, fra le altre, sono le inesattezze di questa vera e propria leggenda metropolitana: 1. la definizione non è di Albert Einstein, ma sembra contenuta negli studi di un entomologo francese, tale Antoine Magnan, che la enunciò negli anni ‘30 del secolo scorso, per poi rifare i calcoli e scoprire che erano sbagliati. 2. la traduzione di calabrone è sbagliata, l’insetto protagonista di questa leggenda è il Bombo (Bombus terrestris), che è un imenottero della famiglia degli Apidi che in inglese si chiama/scrive “bumblebee”; la parola calabrone (Vespa crabro) in italiano invece designa un insetto della famiglia dei Vespidi sul quale non c’è mai stato alcun dubbio sul fatto che potesse volare. 3. un recente studio ha dimostrato, attraverso una serie di riprese ad alta velocità sulla meccanica alare, che il Bombo vola ad una velocità pari a 230 battiti d’ali al secondo, molto più veloce, per capirci, sia di quello di altri insetti, sia di quello di un colibrì, ed è questa caratteristica che gli permette appunto di volare. Ma perché vi sto parlando di questo paradosso, anzi pseudo-paradosso? Perché questo stesso paradosso è alla base della trama del film “Il talento del Calabrone” un’Amazon Exclusive che, dallo scorso 18 novembre 2020, è disponibile sulla piattaforma Amazon Prime Video. Cominciamo subito con il dire che, nonostante qualche problema nella sceneggiatura, il film ci è piaciuto. Primo lungometraggio del 43enne Giacomo Cimini, talentuoso regista romano con molti anni di esperienza all’estero che, dopo aver studiato filmmaking alla New York Film Academy (e dopo essere rientrato in Italia, ed aver lavorato per la televisione e diretto qualche spot e videoclip), a trent’anni si trasferisce a Londra per frequentare la London Film School, dove si diploma nel 2009.
Ed il “Talento del Calabrone” risente di questa esperienza internazionale per diversi motivi: innanzitutto per il genere, il film infatti è un thriller poliziesco, come se ne vedono pochissimi in Italia, che da sempre vede una tradizione cinematografica più incentrata sulla commedia o il genere drammatico. Poi, ed è questo che rende il film ancora più interessante, “Il talento del Calabrone” è girato utilizzando tecniche ed effetti speciali che sono una vera rarità per il nostro cinema, da sempre innamorato del “vero” sia per le scenografie, comprese le ambientazioni, che per la messa in scena in generale, che fa scarso uso di “effetti speciali”. Prendiamo ad esempio l’ambientazione: il film si svolge in una splendida e notturna Milano, ma in realtà è stato girato interamente a Roma negli studios sulla Tiburtina (e sul terrazzo del Palazzo della BNL, sempre a Roma, per le pochissime scene all’aria aperta), dove è stata realizzata una gigantesca piattaforma rialzata che sorreggeva il finto studio radiofonico di “Radio 105”, nel quale si svolge gran parte del film e dove opera il giovane Dj Steph (un Lorenzo Richelmy perfettamente a fuoco in questo ruolo), che conduce un programma notturno molto seguito. L’altra principale location, l’interno della macchina del potenziale suicida dinamitardo, il Calabrone/Carlo De Mattei (uno straordinario ed intensissimo Sergio Castellitto, che rappresenta il vero motore di questo film) in realtà non esiste, o meglio ne esistono solo i pochi pezzi inquadrati, ed anche questa è pressoché una novità per il nostro cinema. Quindi sono già due le anomalie rispetto al cinema italiano: innanzitutto le location sono state “ricreate” e non “cercate”; secondo, invece di usare il chroma key, Cimini ha preferito utilizzare una tecnica molto più “classica” (risale agli anni ’70) e spettacolare, infatti la pedana rialzata del set serviva a nascondere dei potenti videoproiettori, più potenti di quelli utilizzati nelle sale IMAX, che su degli schermi tutto intorno proiettavano i fondali e le scenografie del film. Quindi gli attori recitavano vedendo già i fondali e non dei semplici panni verdi o blu come quelli utilizzati nel chroma key, dove solo in fase di post produzione si inseriscono i fondali. Ma, senza volervi svelare troppo di quest’opera togliendovi il gusto di vederla, vogliamo dirvi ancora due cose, una negativa e l’altra positiva. Cominciamo da quella negativa: come abbiamo detto il film risente di una sceneggiatura davvero debole, con diversi buchi e con molti nonsense ai quali non sempre la bravura del cast riesce a
sopperire, un cast che vede, oltre a Lorenzo Richelmy e Sergio Castellitto, anche la splendida Anna Foglietta nel ruolo del tenente colonnello dei Carabinieri Rosa Amedei, tostissima e determinata, fino a rasentare il cinismo, incaricata delle indagini su questo caso. Il personaggio della Foglietta, ci dispiace dirlo, è quello che funziona meno ed appare il più stereotipato del film. Tutta colpa di una sceneggiatura debole, come detto, che tratteggia più degli stereotipi che dei veri personaggi e che mette in secondo piano pure il soggetto del film stesso che, si capirà solo alla fine, è non solo molto attuale, ma anche socialmente rilevante. La cosa forse più positiva, almeno a nostro parere, è che questo film fa un interessante lavoro di meta-cinema, mostrandoci attraverso tutto il suo svolgimento una serie di trucchi della messa in scena, Un viaggio dietro lo schermo, potremmo dire, che ci s-vela, è proprio il caso di dirlo, il funzionamento di quella machina meravigliosa che è il cinema, che rende vere ed autentiche visioni che possono essere false e artificiali, ma non per questo meno emozionanti ed immersive per lo spettatore. Un discorso, quello sulla realtà delle nostre esperienze non solo visive, quanto mai attuale in un mondo in cui il progresso tecnologico, ma questa volta principalmente informatico, crea una “post- verità” troppe volte non solo più vera, ma anche più attraente – e quindi più pericolosa – della realtà. I p r o t a g o n i s t i d e l f i lm: Lorenzo Richelmy, Sergio Castellitto e Anna Foglietta. Quindi, concludendo, noi vi invitiamo a guardare “Il talento del Calabrone” e successivamente ad approfondire le informazioni disponibili su questo film, che alla fine rappresenta una ventata di freschezza nel nostro panorama cinematografico e dimostra, qualora ce ne fosse bisogno, che il nostro cinema, nonostante quest’anno disastroso all’insegna del Covid-19, è vivo più che mai e lotta insieme a noi.
Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter
Puoi anche leggere