Omicidio Nada Cella, parla l'investigatore privato che ha fatto riaprire il caso: "Sarà dura trovare l'assassino, a meno che "

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Omicidio Nada Cella, parla l'investigatore privato che ha fatto riaprire il caso: "Sarà dura trovare l'assassino, a meno che "
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     Omicidio Nada Cella, parla l’investigatore privato che ha
     fatto riaprire il caso: “Sarà dura trovare l’assassino, a
     meno che…”
     di Katia Bonchi
     26 Maggio 2021 – 16:27

     Genova. E’ merito suo, oltre che della giovane criminologa pugliese Antonella Pesce
     Delfino, se la Procura di Genova ha deciso di riaprire le indagini sulla morte di Nada Cella
     venticinque anni dopo, anche se il suo nome non compare mai quando i media rispolverano
     il cold case sull’omicidio che ha sconvolto il 6 maggio 1996 la tranquilla cittadina di
     Chiavari. La scelta di mantenere “un basso profilo” è fondamentale nel suo lavoro.

     Lui è Adriano Venturi ed è un investigatore privato. Maresciallo dei carabinieri (ha
     diretto per 15 anni il nucleo operativo di Chiavari), è andato in pensione nel 1996, a soli 43
     anni, e ha deciso di mettere a frutto le competenze acquisite sul campo e la conoscenza del
     territorio per avviare la sua attività, la Venturi investigazioni.

     Di Chiavari, dove è arrivato da Viareggio nel 1974, conosce tutti i segreti e difficilmente gli
     sfugge un dettaglio. Conosceva bene Bruno Cella, il papà di Nada, e per questo subito
     dopo la morte della ragazza aveva cominciato a dare una mano alla famiglia: “Dapprima li
     ho aiutati a leggere e a ‘tradurre’ le carte giudiziarie – racconta Venturi – poi dopo la
     richiesta di archiviazione, sono stato nominato consulente di parte e ho potuto
     visionare tutte le carte del fascicolo”. La prima relazione alla Procura Venturi la fa nel
     1999 segnalando alcuni aspetti che a suo avviso erano stati trascurati dalle indagini. Dopo
     qualche anno ci sarà la prima riapertura del caso da parte della procura di Chiavari con
     nuove indagini e nuovi sospettati, ma l’inchiesta si è arenata ancora. Due anni fa Venturi ci
     ha riprovato: “Ho ripreso in mano le carte per verificare se gli spunti che avevo segnalato

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     fossero stati raccolti e mi sono accorto che alcune delle cose che suggerivo erano state
     verificate, altre no, così insieme alla mamma di Nada, Silvana Smaniotto, ho presentato
     una seconda relazione che ho depositato il 29 novembre del 2019 dopo aver
     ricevuto a settembre un nuovo incarico dalla famiglia”. Quella che ha portato alla
     recente riapertura del caso Cella e che è stata supportata anche dal lavoro della
     criminologa Delfino Pesce.

     Venturi una pista in testa ce l’ha ma di questo non vuole assolutamente parlare: “Ci sono
     le indagini e ho l’obbligo di riservatezza”. Ma non è solo quello: “Io non ho la verità in
     tasca – dice – ho una mia ipotesi investigativa, ma sono passati 25 anni e ci sono
     pochissime probabilità che un’indagine tradizionale porti a scoprire il colpevole. A
     meno che…”. Per spiegare i puntini di sospensione Venturi racconta una storia di cui è
     stato protagonista: l’arresto avvenuto a Chiavari di Pietro Vietri e Gabriella Vanzini, due
     dei cinque della ‘banda dei ragionieri’, una gang di insospettabili che organizzò nel 1974
     e nel 1981 due sequestri di persona: prima una bambina, poi Franco Monzino, fondatore
     della Standa. “Li abbiamo arrestati qui a Chiavari su mandato del nucleo investigativo di
     Milano. Erano conosciuti da tutti, avevano appartamenti, il negozio di nautica e molto
     altro. E nessuno avrebbe mai pensato a come avevano fatto quei soldi, se uno dei cinque –
     erano tutti di Milano ma Pietri e la moglie si erano trasferiti qui – non si fosse pentito dopo
     cinque anni restituendo la sua parte dei riscatti e confessando tutto. Senza quel
     pentimento nessuno li avrebbe mai presi”.

     Insomma, l’onestà intellettuale e la lunga esperienza di detective impediscono a Venturi di
     alimentare false speranze sulla possibilità di trovare l’assassino di Nada. Per il detective
     comunque ad uccidere non è stato qualcuno che abitava al civico 14 di via Marsala.
     E’ qualcuno che in quell’edificio ci è entrato un po’ dopo le 8.30, quando la signora che
     lavava le scale del condominio ha lasciato il portone aperto per farle asciugare. Qualcuno
     che probabilmente aveva visto Nada salire in ufficio in anticipo quella mattina, dopo aver
     accompagnato la madre al lavoro ed essere ripassata da casa a cambiarsi.

     Non ha dovuto suonare al citofono del portone l’assassino, ma ha suonato direttamente
     all’interno 5. Nada gli ha aperto la porta perché lo conosceva. Ma non era contenta di
     vederlo. Probabilmente gli ha detto di andarsene sennò avrebbe chiamato i carabinieri e
     probabilmente è tornata indietro lungo il corridoio proprio per arrivare al telefono e
     comporre il 112 quando è stata colpita da un impeto di rabbia. Chi è l’assassino (o
     l’assassina?) e cosa voleva da Nada? Venturi un’idea ce l’ha a ci ha lavorato a lungo, ma
     ovviamente non la dice.

     La notizia della riapertura del caso Cella è arrivata nel giorno del 25esimo anniversario
     della morte di Nada, il 6 maggio. Il procuratore Franco Cozzi, che a Chiavari ha fatto il
     capo della Procura per tre anni dal 2010 al 2013, quel delitto insoluto non lo ha mai
     digerito. Anche per questo forse, proprio ora che è in procinto di andare in pensione (a
     luglio scade il mandato per raggiunti limiti di età) ha ripreso in mano le carte ed ha
     affidato il fascicolo al sostituto Gabriella Dotto, che a Chiavari vive e ha lavorato per molti
     anni. Ci sono anche tracce tra cui un Dna femminile che verranno analizzate in base alle
     più moderne tecniche di analisi e che dovranno essere confrontate.

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     Il manifesto funebre che annuncia la morte della zia di Soracco

     Proprio mentre passiamo davanti al vecchio tribunale di Chiavari, attraversando i carruggi
     del centro storico di nuovo animati dai tavolini dei bar all’aperto pieni di persone che
     chiacchierano e i banchi del mercato comunale, Venturi nota un manifesto funebre. E’
     quello di Fausta Bucchioni, zia di Marco Soracco, morta il 20 maggio a 95 anni. Abitava,
     prima di essere ricoverata in una rsa, all’interno 12 del civico di via Marsala, dove è stata
     uccisa Nada, nell’appartamento accanto a quello dove Marco Soracco viveva con la madre,
     Teresa Bucchioni.

     In base a quanto Nada raccontava alla famiglia e alle amiche nei quattro anni in cui
     lavorava come segretaria dal commercialista le due donne avrebbero cercato di
     convincerla a prendere in considerazione l’ipotesi di una relazione con Soracco
     tessendogliene le lodi, ma Nada non ci aveva mai voluto sentire. C’entra qualcosa tutto
     questo con la morte di Nada? Probabilmente no: La posizione di Soracco, sospettato
     numero uno. era stata archiviata dopo meno di un anno di indagini. La madre di lui, nota
     alla cronache perché quella mattina pulì dal sangue di Nada, che era stata portata via dai
     soccorsi ancora viva, le scale del condominio e l’ingresso dell’ufficio, ha agito
     probabilmente senza pensare perché in quel momento non era affatto chiaro cosa fosse
     accaduto alla segretaria di suo figlio.

     Ma tante, troppe tracce, andarono perse in quelle ore e altre piste potrebbero essere
     state trascurate. Ora forse è troppo tardi (nonostante la squadra mobile agli ordini di
     Stefano Signoretti si sia messa subito al lavoro) a meno che non accada quel che è
     accaduto con la banda dei ragionieri e qualcuno, per liberarsi la coscienza dopo 25 anni,
     non racconti quello che ha sempre voluto tacere.

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