Il nuovo lavoratore sportivo - Il lavoratore sportivo e l'amatore

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IL NUOVO LAVORATORE SPORTIVO

                          Il nuovo lavoratore sportivo

                        Il lavoratore sportivo e l’amatore

    La Riforma dello Sport ha dimensioni epocali per tante ragioni ma lo ha in
particolar modo -e per i temi che mi stanno a cuore come avvocato lavorista
“pro labour”- per tanti operatori del settore ai quali finalmente verrà riconosciuto
(già dal gennaio 2022) uno “status”: quello di “lavoratore sportivo” o in
alternativa di “amatore” e, con l’entrata in vigore della parte prorogata a oggi al
gennaio 2024, anche quelle tutele, lavoristiche, previdenziali, assistenziali,
assicurative e fiscali che sino ad oggi sono mancate e che sono state tanto
rivendicate negli ultimi anni.
    Le norme più impattanti di questo Decreto e, in particolare, quelle
riguardanti la nuova disciplina del lavoro sportivo, avrebbero dovuto entrare in
vigore in data 1° luglio 2022; ma il termine è stato rinviato per buona parte di
esse al 1° gennaio 2024 al momento della conversione del Decreto Sostegni
(art. 30, commi da 7 a 11, l. 21 maggio 2021 n. 69).
    In ogni caso ritengo che, ove il d. lgs. 28 febbraio 2021, n. 36, sul «riordino
e riforma delle disposizioni in materia di enti sportivi professionistici e
dilettantistici, nonché di lavoro sportivo» non dovesse venire modificato da ora
a fine 2023, l’organizzazione, le dimensioni e le capacità economiche delle
realtà sportive dovranno cambiare radicalmente ed essere ripensate per poter
sostenere economicamente i nuovi oneri conseguenti alla giusta estensione
allo Sport delle forme di tutela previste per la generalità dei lavoratori: su tutti,
quelli in tema di infortuni e malattie professionali, incluse ovviamente le
consequenziali e onnipresenti questioni burocratiche. E ciò senza contare

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l’impatto che i tempi di definitiva uscita dalla pandemia potranno avere nel
frattempo sulle realtà sportive economicamente più deboli e, in generale, sulla
“sostenibilità” del sistema. Tali rilevanti temi hanno portato per ora solo a
posticipare l’entrata in vigore di norme di tutela diritti fondamentali di chi lavora
nello Sport: mi auguro che questo rinvio non sia un preludio a una loro definitiva
archiviazione.
     A prescindere dalle pur importanti e delicate questioni appena accennate,
ove il d. lgs. 36/2021 dovesse mantenere intatte le regole già approvate, dal 1°
gennaio 2024 sarà superata la distinzione che ha sempre contraddistinto il
mondo dello Sport tra “dilettante” e “professionista” -terminologia cui
probabilmente si continuerà a fare riferimento quantomeno nel gergo comune-
per dare spazio a due nuove figure: il lavoratore sportivo e l’amatore.
     L’istituzione della figura del “lavoratore sportivo” è infatti una delle novità
più importanti e viene riconosciuto tale «l’atleta, l’allenatore, l’istruttore, il
direttore tecnico, il direttore, sportivo, il preparatore atletico e il direttore di gara
che, senza alcuna distinzione di genere e indipendentemente dal settore
professionistico o dilettantistico, esercitano l’attività sportiva verso un
corrispettivo» (art. 2, comma 1). Il Decreto introduce dunque una definizione
“sostanziale” di professionismo sportivo che supera quella indicata dalla l.
91/1981, che la limitava tale riconoscimento solo a coloro che erano qualificati
tali dalle Federazioni Sportive Nazionali.
     L’articolo 25 disciplina i “lavoratori sportivi” prevedendo una presunzione di
subordinazione, soprattutto per i lavoratori sportivi dei settori professionistici
(di cui all’art. 27) ove l’attività sportiva si considera principale e continuativa,
ma anche la possibilità di formalizzare il rapporto come collaborazione
coordinata e continuativa ai sensi dell’art. 409, comma 1, n. 3, c.p.c., o, ancora
con la forma della prestazione occasionale, secondo la disciplina prevista
dall’art. 54-bis, d.l. 50/2017 (nel rispetto dei relativi tetti economici).
     Il lavoratore sportivo potrà dunque avere un rapporto di lavoro subordinato,
ma anche autonomo (in quanto rientrante nella tipica collaborazione coordinata
e continuativa), ma ciò comporterà comunque un obbligo di iscrizione all’INAIL
e di iscrizione al Fondo Pensione Sportivi Professionisti dello Sport gestito da
INPS o, ancora, alla gestione separata.

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     Emerge quindi la scelta operata dal legislatore di riformare in maniera
decisa una tipologia contrattuale prima sostanzialmente priva di tutele e
caratterizzata dalla presenza di un ampio precariato (e di contenzioso) in
quanto, a partire dal gennaio 2024, tutti i lavoratori sportivi, anche non
subordinati, accederanno comunque alla tutela assistenziale Inail (art. 34) e al
trattamento contributivo pensionistico (art. 35).
     Diversamente, prima della riforma, poteva essere inquadrato come
“lavoratore sportivo” solamente chi svolgeva la propria attività in ambito
professionistico, escludendo di conseguenza dalla categoria in questione
l’atleta “dilettante”. L’attività sportiva di quest’ultimo non si basava dunque su
un contratto di lavoro bensì su un accordo di collaborazione, motivo per cui il
relativo compenso non era versato a titolo di remunerazione ma,
esclusivamente, a titolo di rimborso spese o di premio e non era prevista alcuna
tutela assistenziale e previdenziale.
     Come accennato, nei “settori professionistici” -attivabili dalle singole
Federazioni sportive nazionali (FSN)- sono ricompresi, ai sensi dell’art. 27, gli
atleti che svolgono attività sportiva in via principale e continuativa e con
presunzione di subordinazione. A riguardo il Decreto riprende l’impianto della
l. 91/81 circa la costituzione e formalizzazione del rapporto come subordinato,
prevedendo un contratto “tipo” predisposto dalla federazione di riferimento e
con obbligo di deposito dello stesso presso la FSN. L’art. 38 demanda alle FSN
e alle Discipline sportive associate la distinzione le discipline professionistiche
e dilettantistiche, osservando in ciò le direttive e criteri CONI nonché
dell’ordinamento sportivo internazionale, ma stabilendo “letteralmente” il
divieto di introdurre alcuna distinzione di “genere”. Tale indicazione è un
elemento sostanziale della riforma in quanto, come noto, sino ad oggi alle
donne non era possibile svolgere attività sportiva quali professioniste. Inoltre
l’art. 39 ha previsto espressamente un Fondo per il professionismo negli sport
femminili per agevolare il passaggio al professionismo dei settori sportivi
femminili.
     Riguardo le ulteriori specificità del rapporto di lavoro subordinato sportivo
è prevista, ai sensi dell’art. 26, l’esclusione dell’applicazione di alcune
specifiche norme lavoristiche: i controlli, le sanzioni disciplinari e le norme sulle

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limitazioni ai licenziamenti individuali e collettivi, sui contratti a termine (visto il
termine di durata del contratto prevista in 5 anni con possibilità di proroga e di
cessione) nonché il divieto di prevedere patti di non concorrenza per il periodo
successivo alla risoluzione del contratto.
    Ho detto che una buona parte delle norme entrerà in vigore dal gennaio
2024 (e in particolare le tutele per i lavoratori sportivi) ma è importante ricordare
che tutte le definizioni contenute nell’art. 2 entreranno in vigore dal 1° gennaio
2022.
    Allora la definizione di “lavoratore sportivo” contenuta nell’art. 2 si
sovrapporrà per certo un periodo a quella del “collaboratore sportivo”,
regolamentato dall’art. 25, l. 133/1999, così come modificato dall’art. 37, l.
342/2000 e dall’art. 67, comma 1, lett. m), 917/86 (TUIR), e del “collaboratore
amministrativo-gestionale” disciplinato art. 90, l. 289/2002. Dal gennaio 2024
poi esisteranno solo “lavoratori sportivi” e “amatori” ed entreranno in vigore le
relative tutele.
    Ricordo che tra i cc.dd. “collaboratori sportivi” di cui alla normativa
precedente rientravano altresì:
   ● tecnici; dirigenti accompagnatori; ufficiali di gara;
   ● assistenti di vasca, custodi, magazzinieri, addetti alle pulizie o alla
       manutenzione degli impianti sportivi o delle attrezzature sportive, addetti
       al taglio dell’erba del campo di gioco, accompagnatori degli atleti con
       pullmino, medici che presenziano all’attività sportiva e svolgono la
       propria attività occasionalmente e non professionalmente;
   ● collaboratori coordinati e continuativi di carattere amministrativo-
       gestionale e di natura non professionale (compiti tipici di segreteria, quali
       ad esempio la raccolta delle iscrizioni, la tenuta della cassa e la tenuta
       della contabilità da parte di soggetti non professionisti).
    Dal 2022 avremo dunque dei veri e propri lavoratori dello Sport, definiti dal
Decreto, i quali però fino al gennaio 2024 potranno continuare ad essere
qualificati come “collaboratori sportivi” e a percepire i rimborsi, con le solite
franchigie (di cui all’art. 67 TUIR) e senza le tutele lavoristiche, previdenziali,
assistenziali, fiscali e assicurative (se non nell’ambito della farraginosa
normativa precedente). Va da sé che il mondo dello Sport si appresta ad

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affrontare altri due anni e mezzo di incertezza normativa e, soprattutto, il
grosso rischio di ulteriori e ancor più fondati contenziosi in ambito lavoristico
fondati in particolare sul diritto alla riqualificazione dei rapporti di lavoro in
ambito dilettantistico.
    Categoria residuale rimarrà presumibilmente (e mi auguro) quella degli
“amatori”, ovvero tutti coloro che non prestino la loro attività a fronte di un
compenso ma che lo facciano in maniera volontaria e senza fini di lucro.
Ebbene le attività di tale categoria (svolgimento diretto dell’attività sportiva,
formazione, didattica e preparazione atleti) che in base all’art. 29, comma 2,
«non sono retribuite in alcun modo», potranno però ricevere indennità di
trasferta e rimborsi spese anche forfetarie nei limiti dell’art. 69, comma 2, TUIR
(con un massimo annuo di 10 mila euro).
    Da notare che in caso di superamento della soglia previste dalla citata
norma del TUIR “scatterà” la riqualificazione dell’amatore in lavoratore
sportivo, le prestazioni dell’amatore saranno considerate di natura
professionale e pertanto l’intero importo sarà assoggettato a contribuzione e
tassazione diretta ai fini Irpef.
    In ultimo, è interessante evidenziare come la riforma abbia valutato anche
la posizione dei lavoratori dipendenti della pubblica amministrazione: essi
potranno collaborare con società ed associazioni sportive dilettantistiche, al di
fuori dell’orario di lavoro, esclusivamente nella forma prevista per le prestazioni
amatoriali.
    Elemento opportuno e necessario per evitare abusi nell'applicazione della
scelta contrattuale e/o per aiutare le realtà sportive ad evitare massicci numeri
di cause di riqualificazione del rapporto, sarà la "certificazione" del rapporto
(art. 25, comma 3), procedura rivitalizzata grazie a questa riforma e che dovrà
basarsi sugli “indici” utili ai sensi dell’art. 78, d.lgs. 276/2003, che saranno
individuati dai CCNL stipulati da Federazioni, Discipline Sportive Associate e
le organizzazioni più rappresentative delle categorie dei lavoratori sportivi.
Unico neo di questa previsione risiede nel fatto che non esistano ancora i
CCNL che richiederanno del tempo per la loro negoziazione.
    Altri punti cardine della riforma sono:

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   ● abolizione del vincolo sportivo (probabilmente uno dei temi più delicati e
      discussi) con contropartita premio per formazione tecnica finalizzato al
      sostentamento del club e dalla forma contrattuale dell’apprendistato con
      esclusione dell’applicazione del d.lgs. 81/2015;
   ● regolamentazione dell’impiantistica degli sport invernali;
   ● revisione dell’ambito di operatività degli enti sportivi;
   ● istituzione del registro delle attività sportive dilettantistiche.
    Proprio quest’ultime rivestono un ruolo di particolare interesse per tutti gli
“addetti ai lavori”, in quanto introducono elementi innovativi rispetto alla
disciplina previgente.
    In conclusione, appare evidente come questa riforma imponga un
prepotente cambiamento all’ordinamento sportivo alla luce della significatività
delle disposizioni introdotte e dell’ingentissima diffusione delle “collaborazioni”
prive di alcuna tutela.
    Valorizzare e chiarire alcune criticità sarà senza dubbio la sfida degli anni
a venire.

                                                          a cura di Paolo M. Angelone

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