IL GRANDE RESET DOPO LA - PANDEMIA di Aldo Zanchetta

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IL GRANDE RESET DOPO LA - PANDEMIA di Aldo Zanchetta
IL GRANDE RESET DOPO LA
PANDEMIA di Aldo Zanchetta

«Cari compagni e compagne: siamo nel pieno di un naufragio
della civiltà.
Dobbiamo organizzare il salvataggio -non solo delle persone,
ma anche delle idee e dei valori».
Jorge Riechmann

Preambolo

Mi sento come nel mezzo del guado di un torrente impetuoso
qual è la transizione epocale che stiamo vivendo, nella quale
è difficile fare pronostici: “Io speriamo che me la cavo” fu
il titolo di una gustosa raccolta di elaborati scolastici di
bambini napoletani di alcuni anni addietro. Dicendo “Io” però
intendo la mia specie, quella dell’homo sapiens, perché queste
acque impetuose o si attraversano tenendosi forte per mano o
si affoga. Insistendo con le metafore, di fronte alla realtà
presente mi sento come di fronte ad una scatola contenente le
tessere di un immenso puzzle, che da solo non riuscirò
certamente a ricomporre per intero, ma del quale posso
ricomporre alcuni pezzi, ed è quello che vorrei tentare di
fare. Per intuire almeno a grandi linee il disegno
complessivo. Le 3 grandi tessere sono:

– La Pandemia causata da un virus inopportuno (ma forse non
tanto, anche senza pensare a complotti: di necessità talora si
fa virtù, e nel male esso può a qualcuno può essere servito).

– Il Panottico digitale, iniziato con un lock-down,
giustificato da ragioni di sicurezza rese necessarie di fronte
a tale imprevisto, accompagna da un perentorio “Restate in
casa”.[1]

– Il Grande Riaggiustamento, The Great Reset, annunciato nel
giugno scorso dal World Economic Forum (WEF) e subito
riecheggiato dal Fondo Monetario Internazionale (FMI). In
realtà più che di un “riaggiustamento” si tratta, parole loro,
di una vera e propria Grande Trasformazione.

Nella confusione del momento sembra dimenticata l’emergenza
ambientale (clima+inquinamento), che prosegue nei fatti anche
se momentaneamente sembra non più presente nel pensiero degli
umani.
Collegare la pandemia al panottico è una necessità affermata
dalla dall’OMS e dai governi del pianeta.        Collegare la
pandemia al Reset è nella doxa di MEF e FMI ed è pensabile che
venga presto accettato ufficialmente dai vari stati, come lo
è già nei fatti. Resterebbe da vedere se verrà riconosciuta
una relazione fra panottico e grande reset, ma mi avventurerei
in ipotesi quanto meno premature. Tuttavia probabilmente, come
dicono oltr’Alpe, tout se tient.

Inizio dalla maxi-tessera, The Great Reset, il Grande
Riaggiustamento, annunciato a inizio del giugno scorso dal
WEF, per andare poi a ritroso alle altre due. Come è noto il
WEF è la Fondazione organizzatrice di incontri annuali
invernali nella nota stazione invernale svizzera di Davos,
dove, fra una culata e l’altra sulla neve (per i più aitanti)
i  del momento si scambiano pronostici politico-
economici e si applaudono stimolandosi vicendevolmente
disegnando le sorti del mondo, e dove i politici accorrono per
avere anticipazioni sugli ordini che riceveranno.

Il tema principale degli ultimi anni è costituita dalla Quarta
Rivoluzione Industriale, l’asso nella manica di un capitalismo
versatile ma un po’ in crisi, da tempo legato a corda doppia
con le meraviglie della tecnoscienza: Intelligenza Arificiale
(IA), nanotecnologie    e robotica in primis. L’evento 2020,
l’ultimo, era stato turbato dalle notizie dell’incipiente
pandemia e dalle previsioni elaborate appena tre mesi prima a
New York in occasione di una simulazione sulle conseguenze
che avrebbe causato l’arrivo di un virus, questa volta
pandemico, della famiglia dei coronavirus. La simulazione,
targata Event 201, era organizzata dal Johns Hopkins Center
for Health Security, l’ente pubblico statunitense che analizza
i possibili rischi sanitari del paese, assieme alla Fondazione
Bill&Melinda Gates e, per l’appunto, il WEF[2]. Essa aveva
evidenziato che la maggior parte dei paesi non era preparata a
fronteggiare l’evento e la necessità di accelerare una
rivoluzione riordinatrice (dall’alto, si intende) appariva
evidente. L’annuncio fatto a giugno della necessità di un
grande reset era stringato come un telegramma[3]:

– Il Great Reset è un’iniziativa del Word Economic Forum e di
Sua Altezza Reale (sic!) il Principe di Galles per guidare gli
attori delle decisioni (decision-makers) sul cammino di un
mondo più resiliente e sostenibile dopo il coronavirus.[4]

– La caduta causata dal COVID-19 domina le sensazioni del
rischio, ma essa è la sola opportunità per rimodellare
l’economia globale.
Qui risuona, con la stessa imperiosa categoricità, il There is
NO alternative, Non ci sono alternative, di Margaret Thatcher.
Poche settimane dopo, il 27 agosto, un altro annuncio
informava che il Forum 2021 verrà posticipato all’inizio
dell’estate, segno di una necessaria laboriosa preparazione.

Vediamo, dalle parole stesse dei protagonisti, di capire
meglio cosa sia questo Great Reset.

La Quarta Rivoluzione Industriale [5]

Per capire meglio di che si tratti riferiamoci alla
descrizione che ne aveva fatto nel 2016 Klaus Schwab,
“inventore” e Presidente esecutivo del Forum, in un testo
denso dal ritmo tambureggiante come si conviene a una chiamata
alle armi (metaforicamente si intende). Il tono è assertivo
fin dalla prima riga: “Siamo sull’orlo di una rivoluzione
tecnologica che cambierà radicalmente il modo in cui viviamo,
lavoriamo e ci relazioniamo gli uni con gli altri. Per scala,
portata e complessità, la trasformazione sarà diversa da
qualsiasi cosa l’umanità abbia mai sperimentato prima”. (Il
neretto, come i prossimi, è di chi scrive).

Un linguaggio quasi apocalittico, e imprevedibili le modalità
con cui essa avverrà: “Non sappiamo ancora come si svilupperà,
ma una cosa è chiara: la risposta deve essere integrata e
globale, coinvolgendo tutte le parti interessate della
politica globale, dai settori pubblico e privato al mondo
accademico e alla società civile”. Deve essere globale, anche
da parte della società civile, che a dire il vero, però non è
stata mai preventivamente interpellata in proposito. Del
resto, come dicono i transumanisti, che esistono e occupano
molte delle posizioni fra le persone più ricche del pianeta e
controllano alcune delle grandi reti informatiche, la
trasformazione digitale è inserita nel DNA umano, quindi
inevitabile, fino da Adamo ed Eva. [6]

Schwab prosegue con una piccola lezione storica: “La Prima
rivoluzione industriale ha utilizzato l’acqua e il vapore per
meccanizzare la produzione. La Seconda ha utilizzata l’energia
elettrica per creare una produzione di massa. La Terzo
l’elettronica e la tecnologia dell’informazione per
automatizzare la produzione. Ora sulla Terza sta costruendosi
una Quarta Rivoluzione Industriale, la rivoluzione digitale
che è iniziata dalla metà del secolo scorso. È caratterizzata
da una fusione di tecnologie che sta offuscando i confini tra
le sfere fisica, digitale e biologica”. Questa fusione è bene
da tenere a mente: l’homo sapiens grazie alla digitalizzazione
perderà la sua identità plurimillenaria.
Poi avverte di non confondere la terza rivoluzione con la
quarta. La terza è dovuta all’introduzione dell’informatica.
Nella quarta invece è dovuta alla congiunzione di molte
innovazioni    (robotica,    nanotecnologia,    intelligenza
artificiale etc. etc.) e i cambiamenti così indotti non
seguiranno più una crescita lineare ma iperbolica. Infatti:

Ci sono tre ragioni per le quali le trasformazioni odierne
rappresentano non solo un prolungamento della Terza
Rivoluzione Industriale ma piuttosto l’arrivo di una Quarta e
distinta rivoluzione: velocità, portata e impatto sui sistemi.
La velocità delle scoperte attuali non ha precedenti storici.
Se confrontata con le precedenti rivoluzioni industriali, la
Quarta si sta evolvendo a un ritmo esponenziale piuttosto che
lineare. Inoltre, sta sconvolgendo quasi tutti i settori in
ogni paese. E l’ampiezza e la profondità di questi cambiamenti
annunciano la trasformazione di interi sistemi di produzione,
gestione e governance.

Un fatto, riconosciuto ormai da molti, è che la velocità delle
innovazioni è oggi superiore alla capacità di riflessione
critica da parte –diciamo così- degli  nonché del
loro codice etico. Senza tenere conto che la stessa storia ci
insegna che gli effetti profondi di certi cambiamenti
 appaiono chiari solo molto tempo dopo che essi sono stati
introdotti. Figuriamoci in questo caso! Ma non c’è tempo per
riflettere adeguatamente: la IV rivoluzione industriale è
urgente (vedi nota 4).

Una nuova simbiosi

L’introduzione delle biotecnologie a fianco del digitale nel
collegato delle innovazioni implica un decisivo nuovo
elemento. Se nella scienza classica l’uomo indagava la natura
fisica, cioè operava in un sistema soggetto-oggetto, dove il
soggetto indagava l’oggetto (es: l’uomo studia l’atomo) le
nuove biotecnologie implicano esperimenti degli umani sul
proprio corpo o su quello di altri umani, e ora anche sulla
propria o altrui mente. Cioè in questo campo osservatore e
osservato non sono più separati: da ora in avanti l’homo
sapiens sta sperimentando su se stesso, e se compirà errori
gravi, questi potranno anche risultare irreversibili Arresto
qui questo argomento e proseguo con la lettura di Schwab:

“Le possibilità di miliardi di persone connesse tramite
dispositivi mobili, con una potenza di elaborazione, capacità
di archiviazione e accesso alla conoscenza senza precedenti,
sono illimitate. E queste possibilità saranno moltiplicate
dalle scoperte tecnologiche emergenti in campi come
l’intelligenza artificiale, la robotica, l’Internet delle
cose, i veicoli autonomi, la stampa 3-D, la nanotecnologia, la
biotecnologia, la scienza dei materiali, lo stoccaggio di
energia e il calcolo quantistico.[7]
[…] Le tecnologie di fabbricazione digitale, nel frattempo,
interagiscono quotidianamente con il mondo biologico.
Ingegneri, designer e architetti stanno combinando design
computazionale, produzione additiva, ingegneria dei materiali
e biologia sintetica per aprire la strada a una simbiosi tra i
microrganismi, i nostri corpi, i prodotti che consumiamo e
persino gli edifici in cui abitiamo”.

Qui le osservazioni da fare sono due: davvero le possibilità
così introdotte sono “illimitate” e ne usufruiranno “miliardi
di persone”? Anche lo sviluppo, nelle parole del suo
patrocinatore Truman, era illimitato ma il cambiamento
climatico, oltre ad altre cose, lo sta smentendo. Questo
concetto dell’illimitatezza applicato all’economia ha già
fatto danni irreparabili tanto da dare origine al detto: “Chi
pensa che la crescita possa essere illimitata è un folle
oppure è un economista” (Kenneth Boulding).          E questo
“illimitato” sarà “ancor più illimitato” grazie “alle scoperte
tecnologiche emergenti”! Non c’è un po’ di esaltazione in
tutto questo?

Sul secondo punto, la fruibilità da parte di miliardi di
persone, Schwab stesso, come vedremo poco sotto, si
contraddice ammettendo che ci saranno anche i perdenti.
Soffermiamoci un attimo sul fatto asserito che la biologia
sintetica apre la strada a “una simbiosi tra i microrganismi,
i nostri corpi, i prodotti che consumiamo e perfino gli
edifici in cui abitiamo”. Sul vocabolario la parola simbiosi
ha un duplice significato:

– In biologia, associazione tra due o più animali o vegetali
di specie diverse.

– Figurativo: Associazione o coesistenza, stretto rapporto,
compenetrazione di elementi diversi.

In entrambi i significati la simbiosi con i prodotti che
consumiamo, o gli edifici in cui abitiamo, siamo di nuovo nel
pieno del pensiero postumanista, con la sua prospettiva
dell’homo sapiens ibridato con le “cose”, in particolare la
sua mente ibridata con l’IA dei calcolatori quantici al fine
di sviluppare una superintelligenza. Anche questa, ça va sans
dire, illimitata, e quindi capace di arrivare a dominare
l’universo.[8] L’essere umano cederà la sua plurimillenaria
autonomia per trasformarsi in quello che si sta denominando
“simbionte”. Devo dire che in questa prospettiva apprezzo la
dichiarazione del filosofo morale Riechmann: “Io resto con la
mia tribù”.[9]

–       In effetti, dopo la millenaria epoca degli strumenti
intesi come  esterne di cui l’uomo si serviva
liberamente per i propri fini, dalle selci preistoriche in
poi, verso gli anni ’80 del XX secolo quel pensatore “scomodo”
che fu Ivan Illich, avvertì che stavamo entrando nell’epoca in
cui agli “strumenti” stavano subentrando i “sistemi”, che non
erano più protesi    dell’uomo a suo servizio, che potevano
essere prese o lasciate secondo la sua volontà, ma era l’uomo
a diventare protesi, integrato nei sistemi, perdendo la
propria autonomia e identità. Un esempio: il computer può
essere utilizzato come moderna macchina da scrivere, ma una
volta che è collegato alla rete, esso ci spia e noi siamo
ridotti a essere un terminale.[10]           Ogni volta che
cinguettiamo su facebook esso ci ruba informazioni relative al
nostro modo di essere e di pensare. Ma qui la privacy, per la
quale in altri momenti ci scanniamo, non conta. A questo punto
per non scrivere un testo di lunghezza “illimitata” e quindi
non leggibile per il lettore attuale, sempre frettoloso, sono
costretto a tagliare anche se a malincuore, perché il testo
sarebbe tutto da leggere[11].

Schema illustrante gli effetti della Quarta Rivoluzione
Industriale come sintetizzati nell’articolo di Schwab

Sfide e opportunità

“Non ci sono pasti gratis”, e se da un lato ci troviamo di
fronte a benefici “irrinunciabili”[12], occorrerà pure
accettare qualche rischio. E Schwab, che non vuole apparire
irresponsabile, ammette che ce ne sono:

«Allo stesso tempo (quello dei benefici, ndt), come hanno
sottolineato gli economisti Erik Brynjolfsson e Andrew McAfee,
la rivoluzione potrebbe produrre una maggiore disuguaglianza,
in particolare nel suo potenziale di perturbare i mercati del
lavoro. Poiché l’automazione sostituisce il lavoro nell’intera
economia, lo spostamento netto dei lavoratori dalle macchine
potrebbe esacerbare il divario tra rendimenti del capitale e
rendimenti del lavoro. D’altra parte, è anche possibile che lo
spostamento di lavoratori mediante la tecnologia, nel
complesso, si tradurrà in un aumento netto di posti di lavoro
sicuri e gratificanti».

E prosegue in questo itinerario ricco di “forse”, cercando di
dimostrarsi così più problematico e sensibile anche ad altri
aspetti:

«Non possiamo prevedere a questo punto quale scenario potrebbe
emergere e la storia suggerisce che il risultato sarà
probabilmente una combinazione dei due. Tuttavia, sono
convinto di una cosa: che in futuro il talento, più del
capitale, rappresenterà il fattore critico della produzione.
Ciò darà origine a un mercato del lavoro sempre più segregato
in segmenti “bassa qualificazione / bassa retribuzione” e
“alta qualificazione / alta retribuzione”, che a sua volta
porterà ad un aumento delle tensioni sociali.
Oltre ad essere una preoccupazione economica chiave, la
disuguaglianza rappresenta la più grande preoccupazione
sociale associata alla quarta rivoluzione industriale. […]
Questo aiuta a spiegare perché così tanti lavoratori sono
disillusi e temono che i propri redditi reali e quelli dei
loro figli continuino a ristagnare. […] Un’economia che
vincendo prende tutto e che offre solo un accesso limitato
alla classe media è una ricetta per il malessere democratico e
la disillusione».

Fra un colpo al cerchio e uno alla botte, Schwab prosegue
esaltando di nuovo i vantaggi “essenziali, che vanno dalla
lavanderia allo shopping, dalle faccende domestiche al
parcheggio, dai massaggi ai viaggi (e) inoltre, abbassano le
barriere alle imprese e ai singoli per creare ricchezza,
trasformando gli ambienti personali e professionali dei
lavoratori”. Poi entra nel tema della cosiddetta governance,
parola così carica di ambiguità, dettando con sicurezza, e con
qualche venatura vagamente anarchica, le linee guida per una
nuova forma di democrazia:
«Mentre i mondi fisico, digitale e biologico continuano a
convergere, le nuove tecnologie e piattaforme consentiranno
sempre più ai cittadini di interagire con i governi, esprimere
le loro opinioni, coordinare i loro sforzi e persino eludere
la supervisione delle autorità pubbliche. Allo stesso tempo, i
governi acquisiranno nuovi poteri tecnologici per aumentare il
loro controllo sulle popolazioni, sulla base di sistemi di
sorveglianza pervasivi e la capacità di controllare le
infrastrutture digitali. Nel complesso, tuttavia, i governi
dovranno affrontare sempre più pressioni per cambiare il loro
attuale approccio all’impegno pubblico e alla definizione
delle politiche, poiché il loro ruolo centrale nel condurre la
politica diminuisce a causa delle nuove fonti di concorrenza e
della ridistribuzione e decentralizzazione del potere che le
nuove tecnologie rendono possibile.
In definitiva, la capacità di adattamento dei sistemi
governativi e delle autorità pubbliche determinerà la loro
sopravvivenza. Se si dimostreranno capaci di abbracciare un
mondo di cambiamenti dirompenti, sottoponendo le loro
strutture a livelli di trasparenza ed efficienza che
consentiranno loro di mantenere il loro vantaggio competitivo,
resisteranno. Se non possono evolversi, dovranno affrontare
problemi crescenti. […]
A tal fine, i governi e le agenzie di regolamentazione
dovranno collaborare strettamente con le imprese e la società
civile.
I governi pertanto dovranno “veramente capire cosa stanno
regolando” (e questo non sarebbe male) e dovranno collaborare
strettamente con le imprese».

Questo mi ricorda la confessione dell’economista Joseph
Stiglitz il quale, dopo essere stato a capo dello staff
economico del presidente Clinton, in un suo libro ammise che,
seguendo i consigli delle lobby che li pressavano, “noi non
avevamo capito bene il da farsi, ma loro sì, lo sapevano”[13].
Un de profundis per i governi nazionali, già in coma del
resto, in nome di un governo planetario tecnocatico?
Naturalmente durante la trasformazione non mancheranno i
conflitti fra paesi e la sicurezza sarà un tema chiave:

La quarta rivoluzione industriale avrà anche un impatto
profondo sulla natura della sicurezza nazionale e
internazionale, influenzando sia la probabilità che la natura
del conflitto. La storia della guerra e della sicurezza
internazionale è la storia dell’innovazione tecnologica e oggi
non fa eccezione (una buona ammissione, con buona pace dei
culturi della tecnoscienza! nds). I conflitti moderni che
coinvolgono gli stati sono di natura sempre più “ibrida”,
combinando tecniche tradizionali del campo di battaglia con
elementi precedentemente associati ad attori non statali. La
distinzione tra guerra e pace, combattente e non combattente,
e persino violenza e nonviolenza (si pensi alla guerra
cibernetica) sta diventando scomodamente sfocata.
Man mano che questo processo ha luogo e le nuove tecnologie
come le armi autonome o biologiche diventeranno più facili da
usare, individui e piccoli gruppi si uniranno sempre più agli
stati per essere in grado di causare danni di massa. Questa
nuova vulnerabilità porterà a nuove paure. Ma allo stesso
tempo, i progressi della tecnologia creeranno il potenziale
per ridurre la portata o l’impatto della violenza, attraverso
lo sviluppo di nuove modalità di protezione, ad esempio, o una
maggiore precisione nel targeting.

In un momento di sincerità “calcolata” o di esaltazione
schizofreniica, segue una riflessione circa l’impatto sulle
persone:

La quarta rivoluzione industriale, infine, cambierà non solo
ciò che facciamo ma anche ciò che siamo. Influirà sulla nostra
identità e su tutte le questioni ad essa associate: il nostro
senso della privacy, le nostre nozioni di proprietà, i nostri
modelli di consumo, il tempo che dedichiamo al lavoro e al
tempo libero e il modo in cui sviluppiamo le nostre carriere,
coltiviamo le nostre capacità, incontriamo persone, e
coltiviamo le relazioni. Sta già cambiando la nostra salute e
sta portando a un sé “quantificato”[14] , e prima di quanto
pensiamo potrà portare a un aumento[15] umano. La lista è
infinita perché vincolata solo dalla nostra immaginazione.

Poi ricorda di essere un essere umano e confessa:

Sono un grande appassionato e uno dei primi ad adottare la
tecnologia, ma a volte mi chiedo se l’inesorabile integrazione
della tecnologia nelle nostre vite possa diminuire alcune
delle nostre capacità umane per eccellenza, come la
compassione e la cooperazione. Il nostro rapporto con i nostri
smartphone ne è un esempio. La connessione costante può
privarci di una delle risorse più importanti della vita: il
tempo per fare una pausa, riflettere e impegnarci in una
conversazione significativa.

Ma guarda un po’! Dopo i vantaggi per le faccende domestiche
un pensiero anche alla nostra vita interiore e ai confini
morali e etici di ciò che ha poco prima enfatizzato:

Una delle maggiori sfide individuali poste dalle nuove
tecnologie dell’informazione è la privacy. Capiamo
istintivamente perché è così essenziale, ma il monitoraggio e
la condivisione delle informazioni su di noi è una parte
cruciale della nuova connettività. I dibattiti su questioni
fondamentali come l’impatto sulla nostra vita interiore della
perdita di controllo sui nostri dati si intensificheranno solo
negli anni a venire. Allo stesso modo, le rivoluzioni che si
verificano nella biotecnologia e nell’intelligenza
artificiale, che stanno ridefinendo cosa significa essere
umani spingendo indietro le attuali soglie di durata della
vita, salute, cognizione e capacità, ci costringeranno a
ridefinire i nostri confini morali ed etici.

E infine, dulcis in fundo, tocca a noi plasmare il nostro
futuro:

Né la tecnologia né le rotture che ne derivano sono una forza
esogena sulla quale gli esseri umani non hanno alcun
controllo. Tutti noi siamo responsabili di guidarne
l’evoluzione, nelle decisioni che prendiamo quotidianamente
come cittadini, consumatori e investitori. Dobbiamo quindi
cogliere l’opportunità e il potere di cui disponiamo per
plasmare la Quarta rivoluzione industriale e indirizzarla
verso un futuro che rifletta i nostri obiettivi e valori
comuni.

“Tutti noi siamo responsabili” verso il futuro da plasmare:
dopo quanto affermato prima, Schwab non è un po’ ironico?

Alla fine, tutto dipende dalle persone e dai valori. Dobbiamo
plasmare un futuro che funzioni per tutti noi mettendo le
persone al primo posto e responsabilizzandole. Nella sua forma
più pessimistica e disumanizzata, la Quarta Rivoluzione
Industriale può effettivamente avere il potenziale per
“robotizzare” l’umanità e quindi privarci del nostro cuore e
della nostra anima. Ma come complemento alle parti migliori
della natura umana – creatività, empatia, amministrazione –
può anche elevare l’umanità a una nuova coscienza collettiva e
morale basata su un senso comune del destino. Spetta a tutti
noi assicurarci che quest’ultima prevalga.

È tempo di concludere. Nella narrazione di cui sopra regna il
silenzio sul fallimento della “globalizzazione”, sulla nuova
grande crisi finanziaria prevista già prima del Covid nonché
sulla “stagnazione secolare” dell’economia né infine
sull’ondata di proteste sociali che nel 2019 hanno erano
scoppiate in oltre trenta paesi del mondo[16]. Tutto questo
lungo discorso già nel 2016 apriva la strada al Great Reset,
che è il tema del Forum straordinario 2021, e quindi questo
non è un’emergenza dovuta al Covid-19. Una pandemia, della
cui realtà dannosa non dubitiamo, era stato prevista (vedi
sopra l’”Evento 101”) e ora viene sapientemente utilizzata
come acceleratore di questo grande reset, i cui decantati
vantaggi, a me uomo comune non sembrano controbilanciare il
prezzo da pagare che, ricordiamo, è costituito da un
“cambiamento radicale del modo in cui viviamo, lavoriamo e ci
relazioniamo gli uni con gli altri”,      una “trasformazione
(che) sarà diversa da qualsiasi cosa l’umanità abbia mai
sperimentato prima” e che “non sappiamo ancora come si
svilupperà” né “… possiamo prevedere a questo punto quale
scenario potrebbe emergere”. Però sappiamo con certezza che
“cambierà non solo ciò che facciamo ma anche ciò che siamo”.

Però, ormai sappiamo anche che col 5G in funzione, una persona
anche se “imbavagliata” e confusa in una manifestazione fra
migliaia di persone, sarà prontamente identificata dal solo
movimento delle spalle quando cammina. Se saranno molti a
“manifestare contro”, il necessario Panottico è già
sperimentato: con una pennellata di 5G, che sta entrando in
funzione in Nord America per poi trasmigrare in Europa, esso è
perfettamente funzionante. Il triangolo iniziale sarà così
chiuso.
Fra le molte battute attribuite al faceto Einstein pare ce ne
fosse una che avvertiva:

Aldo Zanchetta   (I – continua)

PS

È appena uscito un nuovo libro di Piketty, Capitale e
ideologia, che ribadisce la situazione di intollerabile
ingiustizia nella ridistribuzione finanziaria? “Ecco, vedete,
è necessario un grande reset!”. È uscito il libro Genere umano
di Rutger Bregman    che mostra come la nostra prospettiva
attuale si basa su ipotesi fondamentalmente sbagliate? “Ciò
che entrambi questi libri mostrano è che la nostra visione del
mondo era semplicemente inventata. E composto da un numero
sorprendentemente piccolo ma deprimentemente influente di
individui – da Machiavelli e Adam Smith, a Milton Friedman e
William Golding. Ma se l’abbiamo inventato una volta, possiamo
farlo di nuovo, e ci sono molte persone là fuori con nuove
fantastiche idee con cui lavorare se iniziassimo a prenderle
sul serio. COVID-19 ha mostrato la verità su entrambi questi
punti”. Quindi? Cambiare tutto col Grande Reset è possibile!
Questa la neolingua orwelliana con la quale ci parleranno
sfacciatamente i “decision makers” del “great reset”! In
guardia!

NOTE
[1] “Stay at home” è lo slogan impiegato negli Stati Uniti. Lo
stesso di una grande esercitazione atomica di alcuni anni or
sono.

[2] Event 201, a pandemic exercise to illustrate preparedness
… «Event 201 was a 3.5-hour pandemic tabletop exercise that
simulated a series of dramatic, scenario-based facilitated
discussions, confronting difficult, true-to-life dilemmas
associated with response to a hypothetical, but scientifically
plausible, pandemic. 15 global business, government, and
public health leaders were players in the simulation exercise
that highlighted unresolved real-world policy and economic
issues that could be solved with sufficient political will,
financial investment, and attention now and in the future».

[4]       Altrove       sul       sito      del       forum,
https://www.weforum.org/great-reset
 , la formulazione è un
po’ diversa: The Great Reset | World Economic Forum. There is
an urgent need for global stakeholders to cooperate in
simultaneously managing the direct consequences of the
COVID-19 crisis. To improve the state of the world, the World
Economic Forum is starting The Great Reset initiative. (I
neretti sono nell’originale). Qui i decision-makers sono
meglio precisati: sono gli stakeholders, parola generalmente
tradotta con azionisti, ma il cui vero significato è più
ampio:
proprietà, diritti o interessi nei confronti di una impresa e
delle sue attività, presenti e future, e il cui contributo è
essenziale per il raggiungimento di uno specifico obiettivo
dell’organizzazione. Sono gli azionisti, i clienti, i
dipendenti, i fornitori, la comunità con cui l’organizzazione
interagisce.>>

[5]
https://www.weforum.org/agenda/2016/01/the-fourth-industrial-r
evolution-what-it-means-and-how-to-respond/

[6]Vedi il sito dei transumanisti italiani: www.estropico.com
 .

[7] Il recente (ottobre 2019) supercalcolatore quantistico
realizzato sotto la guida di Ray Kurzweil, uno dei maîtres à
penser del postumanismo, può eseguire calcoli che i precedenti
avrebbero richiesto centinaia di anni.

[8]   Resta un dettaglio nel pensiero di Ray Kurzweil:
occorrerà “superare” o “aggirare” la velocità della luce, ma
recenti scoperte cosmologiche ci dicono che questo sarà forse
possibile. Ci torneremo in seguito.

[9] Jorge Riechmann ¿Derrotó el “smartphone” al movimiento
ecologista?: para una crítica del mesianismo tecnológico-
pensando                   en                 alternativas.
 La
Catarata, Madrid, 2017, p.117.

[10] Su questo leggasi Robert J. L’ultimo Illich, MUTUS liber,
L’età dei sistemi nel pensiero dell’ultimo Illich, Mutus
Liber,      Riola     Bo,     2019,     cap.     1    e     4.
(http://www.mutusliber.it/ripensare.html
 )

[11]
https://www.weforum.org/agenda/2016/01/the-fourth-industrial-r
evolution-what-it-means-and-how-to-respond/

[12] Schwab li elenca così:  Una concezione elevata
della vita, no?

[13] Citato a memoria.

[14]   Il significato di questa “quantificazione” non mi è
chiara.

[15] L’essere umano  è un tipico obiettivo
transumanista.

[16] Il noto quotidiano Le Monde fece una serie di servizi
sulla situazione in vari paesi.
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